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Nato nell’ottobre del 1813 e morto di tifo nel febbraio del 1837, in poco più di 23 anni,

Büchner riuscì a conquistarsi autorevolezza come scienziato, intellettuale e, soprattutto,


autore di teatro.

Sulle orme del padre, si iscrisse e laureò in medicina, destando l’interesse del mondo
accademico con una dissertazione sul sistema nervoso dei pesci. Contemporaneamente agli
studi in medicina, fu un fervente attivista per l’emancipazione delle masse popolari,
fondando, con l’amico Ludwig Weidig, la Società per i diritti umani e pubblicando opuscoli
esplicitamente rivoluzionari (“Pace alle capanne! Guerra ai palazzi!”). L’impegno politico gli
valse il sospetto delle autorità, tanto da costringerlo all’esilio, prima a Strasburgo e poi a
Zurigo, nella cui Università discusse la tesi di laurea.

Probabilmente fu proprio a causa di questo essere sorvegliato dalle autorità che il giovane
medico decise di portare avanti le sue idee su un piano più mediato, iniziando a scrivere per
il teatro. Nel breve volgere di 2 anni scrisse tre opere teatrali: il dramma storico La morte di
Danton, sulle derive della rivoluzione; la commedia Leonce e Lena, amara riflessione sulle
ingiustizie sociali e sul conflitto insanabile tra ragion di stato e sentimenti; il dramma
Woyzeck, rimasto incompiuto, ma, nonostante ciò, fondamentale pietra miliare della
letteratura teatrale di tutti i tempi. In quest’ultimo dramma incompiuto, ispirato ad un fatto di
cronaca, Büchner affronta tematiche quali l’alienazione sociale, anticipando in modo
prodigioso il teatro di Bertolt Brecht ed espressionista in genere. Dal Woyzeck, il
compositore Alban Berg trasse il suo Wozzeck, capolavoro della musica atonale e tra i più
importanti esiti del teatro musicale del novecento.

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