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1.

INTRODUZIONE
Descrivere un oggetto contrariamente a quanto si possa pensare non è semplice. L’esposizione
verbale hai dei limiti dovuti sia all’enunciazione, sia all’interpretazione a causa delle diversità dei
linguaggi utilizzati. Lo stesso dicasi per lo strumento fotografico, in quanto è vero il detto giapponese:
“un’immagine vale più di mille parole”, ma in questo modo è possibile esprimere meglio i dettagli
esterni di un oggetto, ma non quelli interni. Non si può dire nulla sulle dimensioni dell’oggetto.
Il disegno tecnico si può definire un linguaggio grafico universale (valido in tutte le nazioni del mondo)
con le sue regole e i suoi codici, definiti norme e convenzioni, che possono essere suddivisi in tre
categorie:
1. norme e convenzioni di rappresentazione: regole a cui è necessario attenersi nella
rappresentazione grafica degli oggetti come per esempio: formato dei fogli, tipi di linea,
sistemi di rappresentazione, metodi di proiezioni, quotatura e modalità di sezionatura;
2. norme di quotatura: regole che consentono il consentono il dimensionamento degli oggetti,
per esempio: sistemi di quotatura, disposizione delle quote sul disegno, applicazione delle
tolleranze dimensionali e geometriche;
3. norme per la designazione: regole che definiscono la forma e le dimensioni degli oggetti
commerciali (viti, dadi, rosette, spine, chiavette, linguette, cuscinetti, cinghie, tenute,
materiali.
Queste norme semplificano notevolmente la rappresentazione grafica di oggetti quali: ruote dentate,
filettature, alberi scanalati, cuscinetti, tenute, zigrinature, in modo da agevolare la standardizzazione
e la catalogazione dei pezzi commerciali, facilitando l’acquisto.
Ogni nazione industrializzata ha un proprio ente, riconosciuto e regolarmente finanziato per
occuparsi della predisposizione e dell’aggiornamento delle suddette norme.
Con l’obiettivo di rendere il disegno tecnico sempre più un linguaggio universale, l’organismo
sovranazionale denominato ISO (International Standard Organization) opera in modo da
omogeneizzare le norme previste dai singoli enti nazionali come riportato nella tabella seguente:

tabella 1

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1.1 Formati, squadratura dei fogli e tabella
La grandezza del foglio da utilizzare per il disegno di un oggetto dipende dalle sue dimensioni e dal
numero di viste adoperate per rappresentarlo. Le tabelle UNI prevedono i formati unificati riportati di
seguito:

tabella 2
Il formato base, denominato A0, ha un’area di 1 m2 e il rapporto dei lati è pari a √2. I formati più
piccoli sono ottenuti dimezzando successivamente il lato maggiore. Il formato di riferimento è
denominato A4 e ad esso sono riportati tutti gli altri formati più grandi con piegature successive per
la loro archiviazione facendo in modo che sulla facciata esterna rimanga sempre il riquadro delle
iscrizioni nell’angolo inferiore destro del foglio

tabella 3 [UNI 936 dimensioni in mm]


All’interno del foglio deve essere sempre eseguita una squadratura che prevede bordi di diverse
dimensioni in funzione del formato

tabella 4 Squadratura dei fogli e posizionamento della tabella.

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1.2 Stazione di lavoro per il disegno computerizzato: CAD
Negli ultimi anni il tecnigrafo è stato sostituito dalla tecnologia CAD, acronimo di Computer Aided
Design letterale Disegno Assistito da Computer che si avvale delle grandi potenzialità dei computer
nella gestione di appositi programmi dedicati all’esecuzione e alla modifica dei disegni.
Fattori determinanti per il successo della tecnologia CAD sono:
 elevata velocità e precisione nella realizzazione dei disegni e successive modifiche;
 facile archiviazione elettronica dei disegni su supporti magnetici e/o ottici;
 possibilità di riutilizzo di interi disegni già esistenti o di loro parti;
 trasmissione a distanza dei disegni su file mediante posta elettronica;
 possibilità di utilizzo di intere librerie di simboli o componenti commerciali;
 collegamento diretto con la produzione mediante la tecnologia CAM (Computer Aided
Manufacturing);
 possibilità di effettuare simulazioni con l’applicazione di carichi statici e dinamici sugli organi
disegnati, per valutarne le deformazioni e verificarne il dimensionamento
La stazione grafica è la postazione di lavoro dedicata al disegno computerizzato ed è costituita da
due parti fondamentali:
1. hardware ovvero un sistema di elaborazione vero e proprio (formato da parti meccaniche,
elettriche ed elettroniche);
2. software (CAD) o meglio programma di disegno.
L’unità di elaborazione è la macchina che elabora tutte le informazioni attraverso i seguenti
componenti:
 la CPU (Central Processing Unit) ovvero unità centrale di processo che guida tutti i
componenti nella decodifica e nell’esecuzione delle istruzioni contenute nel programma;
 ROM (Read Only Memory) memoria di sola lettura (permanente) contiene le informazioni
necessarie alla CPU per la decodifica e l’esecuzione dei programmi anche a computer
spento;
 RAM (Random Access Memory) memoria ad accesso casuale RAM (volatile) contiene le
istruzioni che si stanno utilizzando e i dati che si stanno elaborando (persi a computer
spento).
Le unità in ingresso sono costituite da: tastiera, mouse, floppy disk, CD, penna ottica, tavoletta
grafica, quelle in uscita sono: monitor, stampanti, plotter, modem, scanner, floppy disk, CD.
1.3 Tipi di linee
Le linee definiscono le forme, le dimensioni e tutte le altre informazioni degli oggetti necessarie alla
comprensione del disegno. La norma UNI 3968, uniformandosi alla corrispondente norma ISO 128,
definisce i tipi e le grossezze delle linee da utilizzare nei disegni tecnici come riportato nella seguente
tab:

tabella 5

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Se nello stesso disegno si dovessero sovrapporre differenti tipi di linea l’ordine di priorità è il
seguente:
 contorni e spigoli in vista (tipo A);
 contorni e spigoli nascosti (tipo E o F);
 tracce dei piani di sezione (tipo H);
 assi di simmetria o tracce dei piani di simmetria (tipo G);
 linee per applicazioni particolari (tipo K);
 linee di riferimento (tipo B).

tabella 6 Diversi tipi di linea utilizzati nel disegno tecnico

1.4 Scritte sui disegni


Le scritte sui disegni tecnici (UNI 7559) devono avere le seguenti caratteristiche:
 leggibilità (forma e caratteri unificati);
 uniformità e omogeneità (proporzioni tra le lettere);
 riproducibilità (spessore e distanze appropriate).
Le regole pratiche per la scrittura:
 rispettare le proporzioni

 usare mina tenera (HB) e mai ripassare due volte lo stesso carattere;
 utilizzare le altezze H raccomandate: 2,5; 3,5; 5; 7; 10; 20;
 per la forma e la disposizione dei caratteri attenersi alla proposta delle tabelle UNI

tabella 7

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1.5 Scale di rappresentazione
Nel caso in cui risulta difficile rappresentare nel disegno al naturale un oggetto si utilizzano le scale
di riduzione o di ingrandimento (previste dalla tabella UNI 3967) in modo che risulti ugualmente
chiaro e possa contenere tutte le informazioni necessarie. Il rapporto di riduzione o di ingrandimento
si chiama scala come riportato nella tabella seguente:

tabella 8
1.6 I tratteggi dei materiali
Il tratteggio viene utilizzato nel disegno quando un oggetto viene idealmente tagliato in
corrispondenza delle sue parti interne con la tecnica delle sezioni. La parte del materiale interessata
dalla suddetta immaginaria operazione di taglio viene ricoperta con linee continue fini (tipo B, UNI
3968) secondo quanto prescrive la norma UNI 3972. Per i tratteggi da utilizzare nelle sezioni si
possono verificare i seguenti tre casi:
 tratteggio generico di sezionatura eseguito con linee parallele continue fini (tipo B, UNI 3968),
inclinate di 45° rispetto agli assi principali o ai contorni della figura

 tratteggi generali di identificazione utilizzati per esprimere la differenza tra materiali solidi,
terreni, aeriformi e fluidi

 tratteggi specifici per materiali solidi (fig. E.7) impiegati quando si vuole specificare la
differenza tra i diversi materiali solidi.

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1.6.1 Norme particolari
Sono elencate alcune norme particolari che regolano le modalità di tratteggio dei materiali nel
disegno tecnico in tre casi:
a. nella sezionatura di superfici ampie il tratteggio può essere limitato alla sola zona vicina ai
bordi per una fascia di larghezza proporzionale all’estensione della superficie stessa:

b. nella sezionatura superfici strette (esempio: lamiere o profilati) si procede al riempimento


totale della parte sezionata, lasciando una fessura bianca di separazione tra i diversi
particolari quando più pezzi sono rappresentati affiancati e l’annerimento non evidenzierebbe
compiutamente i profili:

c. nella rappresentazione di complessivi sezionati, per meglio identificare i diversi particolari si


cambiano le direzioni o le distanze dei tratteggi dei pezzi attigui, con l’avvertenza che il
tratteggio delle diverse parti dello stesso particolare deve mantenere la stessa direzione e lo
stesso passo:

1.7 Serie dei numeri normali o di Renard: UNI 2017


In alcuni casi di progettazione il disegnatore si trova nelle condizioni di dover assegnare le
dimensioni agli oggetti che sta rappresentando. Si è pensato di utilizzare una serie dei numeri
normali previste dalla norma UNI 2017, detti anche numeri di Renard, a cui si deve far
riferimento quando si assegnano non solo grandezze dimensionali, ma anche volumi, pesi,
pressioni, potenze, velocità. Lo scopo è quello di favorire una maggior uniformità, realizzare
un’economia di spazio nell’immagazzinamento dei pezzi ottenendo una riduzione del numero
di prodotti, una maggior intercambiabilità fra loro e un più facile raffronto. È possibile
assegnare le grandezze utilizzando i numeri della serie R5; in caso di necessità, si passa
all’utilizzo dei numeri della serie R10 e, successivamente, a quelli della serie R20. I valori
della serie complementare R40 devono essere raramente utilizzati e solo in caso di estrema
necessità.

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2. RAPPRESENTAZIONE DELLA FORMA
2.1 Proiezione centrale e proiezione parallela.
la rappresentazione grafica della forma degli oggetti si effettua mediante l’uso di due tipi
principali di proiezione:
1. proiezione centrale o conica: sono fondamentali tre elementi o meglio un punto di
proiezione (posto a distanza finita) - un piano di proiezione - l’oggetto, posizionato tra
il punto e il piano di proiezione come evidenziato in figura:

Fig. 2.1
Questo tipo di rappresentazione viene utilizzato nelle proiezioni prospettiche.
2. proiezione parallela: in questo caso il punto di proiezione è posto a distanza molto
elevata (a distanza infinita). I sistemi di rappresentazione che utilizzano questo
metodo sono le proiezioni ortogonali e assonometriche. Le tecniche di proiezione più
utilizzate, classificate dalla tabella UNI 3969, sono le proiezioni: prospettiche –
assonometriche – le proiezioni ortogonali.

Fig. 2.1

2.2 Metodo delle proiezioni prospettiche: UNI 7349


Con il metodo delle proiezioni prospettiche la vista realizzata sul piano del disegno è
ottenuta proiettando ogni elemento dell’oggetto da un solo punto di fuga
(centrale/frontale) – due punti di fuga (accidentale) – da tre punti di fuga (razionale)
posti a distanza finita:

Fig. 2.2

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2.3 Metodo delle proiezioni assonometriche: UNI 4819
Il disegno dell’oggetto con il metodo delle proiezioni ortogonali viene realizzato nella
vista più significativa. La rappresentazione tridimensionale risulta simile a quella
osservata dall’occhio umano, ma visualizza l’oggetto in modo approssimato,
alterandone le proporzioni della forma. Le assonometrie più frequentemente utilizzate
nel disegno, previste dalle tabelle UNI sono:
♦ assonometria ortogonale isometrica: gli assi x, y e z del sistema di riferimento
sono disposti in modo che formino tra loro uguali di 120°. Questa assonometria
rappresenta l’oggetto ingrandito di 1,22 volte, per cui l’immagine risulta
notevolmente deformata. Per avere una rappresentazione corretta, occorrerebbe
ridurre le dimensioni contemporaneamente sui tre assi di 0,82 (1:1,22).

Fig. 2.3
♦ assonometria ortogonale dimetrica: gli assi del sistema di riferimento sono disposti in
modo da formare tra loro gli angoli riportati nella figura 2.4. Le dimensioni proiettate
dell’oggetto rispettano quelle reali sugli assi x e z, mentre subiscono una riduzione di
1/2 sull’asse y. L’assonometria ortogonale dimetrica rappresenta abbastanza
fedelmente l’oggetto perché ingrandito di sole 1,06 volte e perciò la deformazione
risulta accettabile.

Fig. 2.4
♦ assonometria obliqua cavaliera: due assi sono disposti a 90° mentre il terzo asse,
indicante la profondità, forma con l’orizzontale un angolo variabile α di 45°. Le
dimensioni proiettate dell’oggetto rimangono inalterate sugli assi ortogonali ma
subiscono una riduzione di 1/2 sul terzo asse inclinato

Fig. 2.5

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2.4 Metodo delle proiezioni assonometriche: UNI 4819
Il metodo delle proiezioni ortogonali è stato sviluppato dal matematico francese
Gaspard Monge (1746-1818), utilizzando la tecnica della proiezione parallela.
Si rappresenta graficamente un oggetto in grandezza reale mediante una o più
viste, proiettandole una per volta sul piano di rappresentazione da un punto di
vista posto a distanza infinita. Tutte le viste dell’oggetto vengono riprodotte in
grandezza reale e senza alterazione della forma, utilizzando raggi paralleli fra di
loro e perpendicolari al piano di proiezione. Le sei facce di un oggetto
tridimensionale, di forma prismatica, potranno essere proiettate sulle sei facce,
dette piani di proiezione, di un ipotetico cubo che lo contiene, detto cubo delle
proiezioni.

Fig. 2.6
I piani del cubo delle proiezioni sono detti piani coordinati. Le loro intersezioni
definiscono gli assi x, y, z e l’origine O. I piani individuati dagli assi xz, xy, yz si
chiamano, rispettivamente, Piano Verticale P.V., Piano Orizzontale P.O. e Piano
Laterale P.L., mentre l’asse x è detto Linea di Terra L.T.

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2.4.1 Metodi di proiezioni ortogonali
La disposizione delle varie viste con il metodo delle proiezioni ortogonali può
essere organizzata secondo tre metodi:
a) Il metodo del primo diedro, detto metodo E – Europeo perché utilizzato
soprattutto in Europa, realizza le viste considerando l’oggetto disposto tra
il punto di proiezione e il rispettivo piano coordinato. Le sei viste ottenute
sulle corrispondenti facce del diedro delle proiezioni, ribaltate per renderle
complanari, sono riportate nella figura con la loro denominazione:

Fig. 2.7
b) il metodo del terzo diedro, detto metodo A - Americano perché utilizzato
soprattutto in America, le viste sono ottenute ipotizzando il piano di
disegno disposto fra l’osservatore e l’oggetto. Su ciascuna faccia del
diedro delle proiezioni risulterà rappresentata la vista adiacente
dell’oggetto per cui, dopo il ribaltamento dei piani, la vista da destra sarà
disposta a destra, la vista da sinistra a sinistra, la vista dall’alto sopra e la
vista dal basso sotto. Le viste anteriore e posteriore rimangono disposte
come nel metodo E.

Fig. 2.8

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c) Il metodo delle frecce complementare è alternativo agli altri due, partendo
dalla vista anteriore o principale A, indica con frecce e lettere le direzioni
di proiezione e di osservazione e rappresenta le relative viste, liberamente
disposte sul disegno, accompagnate dalla corrispondente lettera di
identificazione.

Fig. 2.9
2.4.2 Rappresentazioni particolari
In caso di necessità si può segnalare la direzione di osservazione con la freccia e la lettere
disporre la vista come indicato

Fig. 2.10
Detta vista può essere parziale, cioè limitata alla sola parte sufficiente alla comprensione
da una linea continua fine irregolare (tipo C, UNI 3968) a, oppure da una linea continua fine
regolare a zigzag (tipo D, UNI 3968) b.

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2.5 Rappresentazione della forma con sezioni
La sezione è la rappresentazione, in proiezione ortogonale, di una delle parti in cui viene
diviso l’oggetto da un taglio immaginario eseguito secondo un piano detto piano di sezione.
Viene utilizzata per una miglior comprensione della forma interna. I contorni e gli spigoli
interni, evidenziati dalla divisione in due dell’oggetto, devono essere rappresentati con linea
continua grossa (tipo A, UNI 3968), mentre la superficie sezionata viene tratteggiata con linea
continua fine (tipo B, UNI 3968).

Fig. 2.11
2.5.1 Tipi di sezioni
Le sezioni, in funzione della posizione del piano di taglio, possono essere distinte in:
 semplici su un unico piano

Fig. 2.12

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 deviate su piani diversi:

Fig. 2.13
 sfalsate o per piani paralleli:

Fig. 2.14
 sviluppate secondo superfici cilindriche:

Fig. 2.15

13
2.6 I tratteggi di campitura nelle sezioni
Alle norme generali si aggiungono le seguenti precisazioni:
 la distanza fra le linee del tratteggio deve essere proporzionata alle dimensioni
dell’area da ricoprire;
 il tratteggio va interrotto in presenza di quote e scritte interne alla zona di campitura;
 non si rappresentano, in sezione, oggetti pieni attraversati da un piano di sezione
longitudinale. Questa regola vale per alberi, elementi di collegamento (viti, perni,
copiglie, linguette, chiavette ecc.), razze e denti di ruote, nervature, sfere e rulli.

Fig. 2.16 Tratteggi di campitura: a) di parti longitudinali – b) di nervature

 oggetti simmetrici possono essere rappresentati metà in vista e metà in sezione

Fig. 2.17
 le sezioni ribaltate attorno al proprio asse possono essere riportate in prossimità del
pezzo sul prolungamento della traccia di sezione o in luogo, all’interno dell’oggetto,
quando sono simmetriche. In quest’ultimo caso anche il contorno viene disegnato
con linea fine (tipo B, UNI 3968).

Fig. 2.18

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 le parti interne di pezzi di forma semplice possono essere rappresentate direttamente
sulla vista, eseguendo su di essa delle sezioni parziali. La linea utilizzata per
delimitare la zona rappresentata in sezione è continua fine irregolare (tipo C, UNI
3968) o continua fine irregolare a zigzag (tipo D, UNI 3968)

Fig. 2.19
3. QUOTATURA NEL DISEGNO TECNICO
La quotatura di un oggetto consiste nell’assegnare a ogni sua dimensione il relativo valore numerico.
L’insieme delle regole da rispettare nella quotatura dei disegni tecnici è definito dalle norme riportate
nelle tabelle UNI 3973, UNI 3974 e UNI 3975. Gli elementi che si utilizzano nella quotatura di un
oggetto sono quattro:
 quote: indicano il valore numerico, espresso sempre in millimetri, che definisce le dimensioni
di un oggetto

Fig. 3.1
 linee di misura: individuano la dimensione dell’oggetto definito dalla quota e devono essere
tracciate con linee continue fini (tipo B, UNI 3968).

Fig. 3.2
 linee di riferimento: collegano un elemento dell’oggetto con gli estremi della linea di misura,
oltrepassandola leggermente e devono essere tracciate con linee continue fini (tipo B, UNI
3968).

Fig. 3.3
 contrassegni di estremità: sono posti nelle intersezioni fra le linee di misura e le linee di
riferimento e possono essere costituiti da frecce aperte o chiuse (quelle chiuse possono
essere piene o vuote), brevi tratti inclinati di 45° rispetto alle linee di misura infine
circonferenze aventi diametro di circa 3 mm, qualora l’intersezione stessa indichi un’origine.

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3.1 Linee di misura e di riferimento
Le linee di misura devono essere posizionate, quando è possibile, all’esterno del pezzo ed
essere distanti dal contorno del pezzo stesso (e tra di loro) almeno 8 mm, per quanto è
possibile non devono intersecare altre linee del disegno o linee di riferimento:

Fig. 3.4
Nella quotatura di pezzi simmetrici, le linee di misura possono essere interrotte e disposte
sfalsate, in modo da risultare facilmente identificabile rispetto a quale punto/linea la quota si
riferisce

Fig. 3.5
3.2 Norme per la scrittura delle quote
Per la scrittura delle quote si utilizzano i caratteri numerici unificati (tabella UNI 7559):
• criterio A: le quote sono disposte sulle linee di misura, leggermente staccate e a
esse parallele, in modo che possano essere lette dalla base e dal lato destro del
disegno

Fig. 3.6

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• criterio B: la disposizione del testo di quota deve essere tale da consentirne la
lettura solo dalla base del disegno.

Fig. 3.7
N.B. Nello stesso disegno è preferibile usare, a scelta, un solo criterio (A o B).

3.3 Sistemi di quotatura: UNI 3974


1. Quotatura in serie o in catena: consente di assegnare ogni quota rispetto alla quota
contigua (adiacente).

Fig. 3.8
2. Quotatura in parallelo: prevede di riferire a un’origine comune, fissata su un punto
dell’oggetto, tutte le quote lungo una stessa direzione.

Fig. 3.9
3. Quotatura a quote sovrapposte: è la semplificazione della quotatura in parallelo.

Fig. 3.10

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4. Quotatura in coordinate cartesiane: consiste nell’indicare sul disegno un punto di
origine e le direzioni degli assi, numerando gli elementi da quotare. Le coordinate di
ogni elemento e le rispettive caratteristiche (per esempio, diametro e profondità)
vengono riportate in una tabella.

Fig. 3.11
5. Quotatura in coordinate polari: consiste nel definire sul disegno un punto di origine,
la linea di partenza per la misura degli angoli e il verso di percorrenza (normalmente
sinistrorso). Le distanze dei diversi punti del profilo dal punto di origine corrispondenti
a diversi angoli di misura, vengono riportate in una tabella costruita in prossimità del
disegno. Questo sistema viene utilizzato per quotare profili irregolari (per esempio,
camme) e può comprendere anche un rullo di controllo

Fig. 3.12
3.4 Convenzioni particolari di quotatura: UNI 3975
La quotatura di angoli, archi e corde deve essere effettuata in base a convenzioni particolari,
prescritte dalla tabella UNI 3975

Fig. 3.13
La quota dei diametri, nelle rappresentazioni longitudinali di fori e cilindri, deve essere preceduta
dal simbolo ø

Fig. 3.14

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Nella quotatura dei diametri, rappresentati su un piano perpendicolare al loro asse, non si utilizza il
simbolo ø e non si possono avere più di due linee di misura che si intersecano

Fig. 3.15
La quota del raggio di un raccordo è preceduta dal simbolo R

Fig. 3.16
quella di una sfera dai simboli Sø, se esprime il diametro, e SR se esprime il raggio

Fig. 3.17
La quotatura di smussi

Fig. 3.18
La quotatura di filettature interne ed esterne:

Fig. 3.19 Filettatura a) esterna e b) interna

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4. RUGOSITA’ – Definizioni generali: UNI 3963/1
Lo stato della superficie di un oggetto si chiama rugosità, viene designato nelle tabelle UNI con Ra
e dipende dal tipo di lavorazione che ha subito. Nei disegni la rugosità si indica mediante un numero
espresso in micron [μm].
L’importanza della rugosità delle superfici è legata all’aspetto estetico dell’oggetto e alla sua
funzionalità. La rugosità delle superfici deve essere prevista in fase di progetto e deve essere
indicata sul disegno tecnico assieme alla quotatura.
La prescrizione della rugosità viene effettuata in funzione dei seguenti fattori:
• aspetto estetico della superficie del pezzo;
• tolleranze dimensionali assegnate alle dimensioni;
• tipo di contatto fra le superfici (fisso o mobile);
• usura prevista fra le superfici striscianti;
• estensione delle superfici di contatto;
• pressione esercitata sulle superfici di appoggio;
• sollecitazione presente sui pezzi.
Nella tabella sottostante sono riportati i valori di rugosità adottati di preferenza espressi in micron
[μm], i corrispondenti valori di rugosità espressi in micropollici [μin] e alcune applicazioni più comuni
dedotte dalle tabelle UNI.

tab 4.1: Valori di rugosità Ra e loro applicazioni più comuni

Nella tabella 4.2 si riportano le rugosità ottenibili con le principali lavorazioni sui materiali metallici
Nella prima parte della tabella sono riportate le rugosità delle superfici ottenute senza asportazione
di truciolo (simbolo aperto); nella seconda parte sono riportate quelle ottenute
con asportazione di truciolo (simbolo chiuso). I valori di rugosità più frequenti sono indicati da aree
rettangolari, quelli delle rugosità meno frequenti da aree triangolari.

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tab 4.2: Relazione fra tipo di lavorazione e rugosità

4.1 Indicazioni della rugosità sulle superfici: UNI 4600


Il segno grafico di base Si esegue con linea fine e con dimensioni tali da renderlo leggibile e
riproducibile, come riportato nella figura sottostante:

Fig. 4.1 Segni grafici per l’indicazione della rugosità.

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 Orientamento del segno: deve essere tale per cui la sua lettura possa avvenire sempre dalla
base o dal lato destro del disegno. Nel caso in cui tale disposizione non sia possibile, il segno
grafico può essere orientato in una posizione qualunque (perciò con la punta rivolta verso
l’alto o verso sinistra) ma la scritta, che esprime il valore numerico della rugosità, deve essere
disposta in modo conforme alla regola generale.

Fig. 4.2 Orientamento dei segni grafici indicanti la rugosità.

 Disposizione del segno: il segno grafico della rugosità deve essere posizionato con il
vertice sulla superficie a cui si intende assegnare la rugosità o su un suo prolungamento
(linea di riferimento). Qualora la rugosità richiesta sia la stessa per tutte le superfici del
pezzo, l’indicazione può essere fatta con un unico segno grafico posto nelle vicinanze del
disegno del pezzo o nel riquadro delle iscrizioni. Nel caso in cui su alcune superfici del
pezzo occorra prevedere rugosità diverse, la designazione avviene riportando i rispettivi
simboli sulle superfici interessate e, in prossimità della tabella, il simbolo grafico generale
con accanto, tra parentesi, quelli relativi alle altre superfici.

Fig. 4.3 Indicazione della rugosità con un segno generale e più segni particolari.

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 Indicazioni complementari: Il segno grafico per l’indicazione della rugosità può essere
utilizzato per dare altre indicazioni, disposte nelle diverse zone, come riportato nella figura
sottostante.

Fig. 4.4 Indicazioni complementari alla rugosità.


a) rugosità minima e massima qualora s’intenda prescrivere un intervallo di rugosità;
b) tipo di lavorazione; per esempio, indurire alla fiamma (zona b), lucidare (zona b’);
c) lunghezza di base del profilo, espressa in millimetri, su cui misurare la rugosità;
d) direzione dei solchi di lavorazione, espressa con i segni grafici;
e) sovrametallo di lavorazione, espresso in millimetri, da lasciare per successive
lavorazioni;
f) altre informazioni riferite alla superficie scritte fra parentesi; per esempio, portanza.

Si riportano alcune definizioni che servono a identificare gli elementi di una generica superficie utili
alla determinazione della rugosità:

Fig. 4.5 Definizioni dei parametri che caratterizzano la rugosità.

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 Superficie nominale: superficie ideale che delimita un corpo separandolo dall’ambiente e
rappresentata con il disegno.
 Superficie reale: superficie del pezzo effettivamente realizzata con la lavorazione.
 Superficie rilevata: superficie rilevata con gli strumenti di misura che rappresenta con
approssimazione quella reale.
 Superficie media: superficie di compenso uguale a quella nominale ma che giace in una
posizione tale da rendere minima la somma dei quadrati delle distanze (misurate
perpendicolarmente a essa) dalla superficie reale; rispetto alla superficie reale, il volume
delle parti sporgenti dalla superficie media uguaglia il volume di quelle rientranti.
 Sezione normale trasversale: sezione che si ottiene dall’intersezione fra la superficie e un
piano perpendicolare alla direzione delle irregolarità superficiali.
 Sezione normale longitudinale: sezione che si ottiene dall’intersezione fra la superficie e un
piano parallelo alla direzione delle irregolarità superficiali.
 Profilo: contorno di una sezione per ciascuna superficie definita; si avrà il profilo medio come
contorno della superficie media, il profilo trasversale come contorno della sezione trasversale
e il profilo trasversale come contorno della superficie trasversale.
Calcolo della rugosità: si definisce rugosità e si indicherà con Ra il valore medio, espresso in micron
[μm], delle distanze y1, y2, ... yn del profilo rilevato con gli strumenti sulla superficie reale, misurate
in valore assoluto rispetto alla linea media.

Fig. 4.6 Sezione trasversale di una superficie reale.


Con riferimento alla figura 4.6, considerando la distanza in valore assoluto, con n rilevamenti a
intervalli regolari, la rugosità si calcola con la seguente equazione:

Il costo di produzione cresce con l’aumentare del grado di finitura superficiale richiesto, pertanto è
conveniente assegnare valori di rugosità più alti possibile e prescriverla soltanto sulle superfici la cui
funzionalità è condizionata dalla rugosità stessa.

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5. ZIGRINATURE
5.1 Dimensioni e forme
Si definisce zigrinatura una particolare finitura superficiale, ottenuta mediante deformazione plastica
con rulli zigrinatori, avente lo scopo di rendere più ruvide le superfici di manovra per migliorarne
l’aderenza. I parametri principali sono:
 passo p: è la distanza fra due rigature successive, espresso in millimetri e scelto tra quelli
previsti dalla UNI 149 (in neretto quelli consigliati): 0,5 - 0,6 - 0,8 - 1 - 1,2 - 1,5 - 1,6 - 2
 angolo del profilo α: è l’angolo del profilo zigrinato in una sezione perpendicolare alle rigature;
viene indicato nella designazione solo se diverso da 90°;
 diametro nominale d1: è il diametro esterno del pezzo che si ottiene dopo aver effettuato la
zigrinatura;
 diametro di rullatura d2: è il diametro del pezzo prima dell’esecuzione della zigrinatura,
calcolato con le relazioni riportate nella tabella 5.2;
 forma: è definita dall’orientamento delle rigature e identificata con una lettera maiuscola.
Nella tabella 5.1 sono riportati: nella prima colonna i simboli letterali; nella seconda colonna il
diametro di rullatura d2 con le relative formule per la sua determinazione in funzione del diametro
nominale d1 e il passo p; nella terza colonna le denominazioni delle diverse forme di zigrinatura;
nella quarta colonna le rappresentazioni grafiche e nella quinta le applicazioni più comuni delle
zigrinature.

Tab. 5.1 Segni grafici complementari per indicare la direzione dei solchi di lavorazione

25
Tab. 5.2 Zigrinatura delle superfici: UNI 149

5.2 Designazione e rappresentazione convenzionale


Nella figura 5.1 viene riportata una zigrinatura con la relativa designazione e rappresentazione
convenzionale. La designazione si compone del nome Zigrinatura nel caso in cui non sia evidente,
del numero di tabella UNI 149, del simbolo letterale di identificazione della forma della zigrinatura,
del valore del passo espresso in millimetri e del valore dell’angolo del profilo α, se diverso da 90°.

Fig. 5.1 Designazione e rappresentazione convenzionale delle zigrinature.

26
6 TOLLERANZE DIMENSIONALI ISO
Le dimensioni reali di un oggetto differiscono sempre da quelle nominali (teoriche, previste dal
disegno) di una certa quantità dipendente dalla lavorazione. La dimensione nominale rappresenta
perciò il valore di riferimento, espresso dalla quota, per la grandezza da essa indicata. Si definisce
tolleranza, lo scarto dimensionale (errore) ammesso nella lavorazione. Il suo valore risulta essere la
differenza fra le dimensioni massima e minima ammesse. Le lavorazioni con tolleranza sono
indispensabili per garantire l’intercambiabilità dei pezzi nel sistema di lavorazione in serie. Le
dimensioni degli alberi vengono rappresentate con lettere minuscole, mentre quelle dei fori con
lettere maiuscole.

Fig. 6.1 Parametri che caratterizzano le tolleranze e gli accoppiamenti con giuoco.

6.1 Termini e definizioni: UNI ISO 286/1


 Albero: termine usato convenzionalmente per indicare elementi esterni anche non cilindrici.
 Foro: termine usato convenzionalmente per indicare elementi interni anche non cilindrici.
 Dimensione nominale: valore di quota attribuito dal disegno a una dimensione; essa
determina la posizione della linea dello zero e viene indicata con Dn per i fori, o gli elementi
interni, e dn per gli alberi o gli elementi esterni. Alla dimensione nominale vengono riferiti gli
scostamenti.
 Dimensione effettiva: dimensione reale di un oggetto realizzata dalla lavorazione e rilevata
mediante misurazione.
 Scostamento: differenza algebrica fra la dimensione effettiva (reale) e la dimensione
nominale (teorica); esso può essere positivo o negativo e si calcola con le formule seguenti:
E = Deff − Dn e = deff − dn
 Scostamento superiore: differenza algebrica fra le dimensioni massima e nominale:
ES = Dmax – Dn es = dmax − dn
 Scostamento inferiore: differenza algebrica fra le dimensioni minima e nominale:
EI = Dmin − Dn ei = dmin − dn
 Scostamento fondamentale: definisce la posizione della tolleranza rispetto alla linea dello
zero. Coincide, per convenzione, con lo scostamento più vicino alla linea dello zero, quindi
con lo scostamento inferiore per tolleranze sopra la linea dello zero e con lo scostamento
superiore per tolleranze sotto la linea dello zero.
 Dimensione massima: massima dimensione ammessa, somma algebrica della dimensione
nominale e dello scostamento superiore:
Dmax = Dn + ES dmax = dn + es
 Dimensione minima: minima dimensione ammessa, somma algebrica della dimensione
nominale e dello scostamento inferiore:
Dmin = Dn + EI dmin = dn + ei
 Giuoco: differenza fra la dimensione del foro e quella dell’albero, quando il foro è più grande
dell’albero:
G=D–d

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 Interferenza: differenza fra la dimensione dell’albero e quella del foro, quando l’albero è più
grande del foro:
I=d–D
 Accoppiamento: relazione fra due elementi, albero e foro, destinati a essere accoppiati;
 Accoppiamento con giuoco (libero): assicura sempre giuoco fra albero e foro:
dmax < Dmin Gmax = Dmax − dmin Gmin = Dmin − dmax
 Accoppiamento con interferenza (bloccato o stabile): assicura sempre interferenza fra
albero e foro (fig. 6.2):
dmin > Dmax Imax = dmax − Dmin Imin = dmin − Dmax
 Accoppiamento incerto: si può verificare giuoco o interferenza a seconda delle dimensioni
effettive:
Dmax > dmin e dmax > Dmin Imax = dmax − Dmin Imin = dmin − Dmax

Fig. 6.2 Accoppiamento: a) con interferenza; b) incerto.

6.2 Gradi di tolleranza IT


Il sistema di tolleranze ISO comprende 20 gradi di tolleranza normalizzati, designati con le sigle IT
(International Tollerance) seguite da un numero che va da 01 a 0, di uso non generale, per la sola
gamma di dimensioni nominali comprese tra 0 e 500 mm, e da 1 a 18, di uso generale, per la gamma
di dimensioni nominali comprese tra 0 e 3150. La lavorazione è tanto più precisa quanto più piccolo
è il grado di tolleranza concesso.
Nella tabella 6.1 sono riportati i valori delle tolleranze in funzione dei gruppi di dimensioni nominali
e dei gradi di tolleranza IT normalizzati, da 1 a 18, più utilizzati.
Osservando i valori riportati nella tabella si nota che:
 a parità di grado di tolleranza IT, la tolleranza aumenta progressivamente con l’aumentare
della dimensione nominale (colonne verticali);
 a parità di dimensione nominale, la tolleranza aumenta progressivamente con il grado di
tolleranza IT, che, crescendo, esprime qualità di lavorazioni meno precise e più grossolane
(righe orizzontali).

28
Tab. 6.1 Valori delle tolleranze: UNI ISO 286

6.3 Posizioni delle tolleranze e scostamenti


Nel sistema di tolleranze ISO le posizioni delle tolleranze sono designate da una o più lettere,
maiuscole per i fori o elementi interni (da A a ZC) e minuscole per gli alberi o elementi esterni (da a
a zc). Nella figura 6.3 sono visualizzate le posizioni delle tolleranze per gli alberi e per i fori. È
importante notare come a ogni posizione di tolleranza corrisponda un diverso valore dello
scostamento fondamentale, che a volte coincide con lo scostamento superiore e a volte con quello
inferiore, poiché viene sempre fatto coincidere con la minima distanza della tolleranza dalla linea
dello zero.
Nelle tabelle 6.2 e 6.2a sono riportati i valori numerici degli scostamenti fondamentali degli alberi,
mentre nelle tabelle 6.3 e 6.3a sono riportati i valori numerici degli scostamenti fondamentali dei fori.
In quest’ultima tabella relativa ai fori, per alcune posizioni (da K a ZC) e per alcuni gradi di tolleranza
(fino a IT8 per le posizioni K, M ed N e fino a IT7 per le posizioni da P a ZC), per avere i valori degli
scostamenti fondamentali occorre incrementare il numero rilevato nella tabella di un valore Δ fornito
dalla tabella stessa.

29
Fig. 6.3 Posizione delle tolleranze per alberi e fori.

6.4 Accoppiamenti con tolleranze ISO – Generalità


Alberi e fori possono essere collegati tra loro per dare origine a un accoppiamento. Nel caso si tratti
di componenti non cilindrici, gli accoppiamenti consistono nella connessione della dimensione
esterna di un oggetto con quella interna di un altro oggetto (accoppiamento prismatico). Nel sistema
di tolleranze ISO gli accoppiamenti vengono designati con la dimensione nominale, comune ai due
elementi, seguita dalle lettere e dai numeri che indicano rispettivamente, prima per il foro poi per
l’albero, la posizione e il grado di tolleranza, per esempio:
ø 50 H7/f6
Nella scelta dei gradi di tolleranza occorre tenere presente che si lavorano più facilmente le parti
esterne (alberi) di quelle interne (fori). Perciò, soprattutto nelle lavorazioni precise, si accoppiano
alberi con grado di tolleranza IT(n) con fori di grado IT(n+1). Nella figura 6.4 viene schematizzata la
relazione fra i gradi di tolleranza e le lavorazioni.

Fig. 6.4 Relazione fra gradi di tolleranza e lavorazioni.

30
Tab. 6.2 Valori numerici degli scostamenti fondamentali degli alberi [μm]: ISO 286

31
Tab. 6.2a Valori numerici degli scostamenti fondamentali degli alberi [μm]: ISO 286

32
Tab. 6.3 Valori numerici degli scostamenti fondamentali dei fori [μm]: ISO 286

33
Tab. 6.3a Valori numerici degli scostamenti fondamentali dei fori [μm]: ISO 286

34
Sistemi di accoppiamento albero-base e foro-base
I sistemi di accoppiamento albero-base e foro-base sono utilizzati per ridurre l’elevato numero di
accoppiamenti possibili. Il sistema albero-base realizza tutti gli accoppiamenti assegnando sempre
all’albero la tolleranza di posizione h e al foro le posizioni da A a ZC (fig. 6.5). Si utilizza di preferenza
questo sistema quando si usano alberi di acciaio trafilati, calibrati o rettificati forniti dalle acciaierie,
già lavorati con tolleranze di posizioni h.

Fig. 6.5 Sistema di accoppiamento albero-base.

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Il sistema foro-base realizza tutti gli accoppiamenti assegnando sempre al foro la tolleranza di
posizione H e all’albero le posizioni da a a zc (fig. 6.6). Questo sistema si utilizza nell’industria
automobilistica, nell’industria aeronautica, nella costruzione delle macchine utensili e, in generale,
quando si vuole ridurre gli alesatori per la finitura dei fori e i calibri di controllo.

Rispetto a questa configurazione lo scostamento della tolleranza dell'albero può disporsi


liberamente.

Fig. 6.6 Sistema di accoppiamento foro-base.

36
6.5 Accoppiamenti raccomandati
I sistemi di accoppiamento albero-base e foro-base contribuiscono a ridurre notevolmente l’elevato
numero di possibili combinazioni fra le diverse posizioni delle tolleranze dei due elementi che
vengono accoppiati e i relativi gradi di tolleranza. Gli accoppiamenti rimangono comunque ancora
troppo elevati. Allo scopo di limitare ulteriormente la gamma degli accoppiamenti che si possono
realizzare con le diverse posizioni delle tolleranze, le norme UNI ISO raccomandano l’uso
preferenziale di alcuni accoppiamenti che garantiscono la funzionalità e assicurano economia di
fabbricazione.
Nelle tabelle 6.4 e 6.5 si riporta una rassegna di accoppiamenti raccomandati da utilizzare nella
progettazione, di impiego più comune, rispettivamente foro-base e albero-base, con le rispettive
applicazioni in funzione della precisione e del tipo di accoppiamento.

Tab. 6.4 Accoppiamenti raccomandati foro-base di impiego comune

37
Tab. 6.5 Accoppiamenti raccomandati albero-base di impiego comune

38
Per esempio: Φ50 H7/f6
𝐻𝐻7𝐸𝐸𝐸𝐸= 0.025𝑚𝑚𝑚𝑚
𝐸𝐸𝐸𝐸= 0 𝑚𝑚𝑚𝑚

𝑓𝑓6𝑒𝑒𝑒𝑒= −0.025𝑚𝑚𝑚𝑚
𝑒𝑒𝑒𝑒=− 0.041 𝑚𝑚𝑚𝑚

tolleranza foro IT F =0.025 mm


tolleranza albero IT A = 0.016 mm
gioco max G m ax = 0.066 mm
gioco min G m i n = 0.025 mm

dmax < Dmin Gmax = Dmax − dmin = (50.025 - 49.959) = 0.066 mm


Dmax = Dnom. + ES = (50.00 + 0.025) mm= 50.025 mm
dmin = dnom. + ei = (50.00 - 0.041) mm = 49.959 mm

Gmin = Dmin − dmax = (50.00- 49.975) = 0.025 mm


Dmin = Dnom. + Ei = (50.00 + 0) mm= 50.00 mm
dmax = dnom. + es = (50.00 - 0.025) mm = 49.975 mm

6.6 Tolleranze dimensionali generali: UNI ISO 2768/1


Alle quote senza indicazione di tolleranza dimensionale vanno applicate le tolleranze generali per le
dimensioni lineari e gli scostamenti limite ammessi per le dimensioni angolari, previsti dalla norma
UNI ISO 2768/1, riportati nelle tre tabelle seguenti. L’assegnazione delle tolleranze generali sui
disegni viene fatta riportando all’interno o nei pressi del riquadro delle iscrizioni il riferimento alla
suddetta norma seguita dalle lettere f, m, c o v, indicanti la classe di tolleranza prescelta.

Tab. 6.6 Scostamenti limite ammessi per dimensioni lineari [mm]

39
Tab. 6.7 Scostamenti limite ammessi per dimensioni lineari di smussi e raccordi per
eliminazione di spigoli (per raccordi esterni e altezze di smusso) [mm]

Tab. 6.8 Scostamenti limite ammessi per dimensioni angolari

6.7 Relazione fra tolleranze e rugosità


Le tolleranze e le rugosità risultano correlate fra loro soprattutto nelle piccole dimensioni. Durante la
fase di montaggio di due elementi accoppiati, si verifica una fase di usura, detta primaria, con le
creste delle asperità superficiali che si appianano e si deformano attenuandosi all’incirca del 50%.
Questo causa una variazione delle dimensioni massime per gli alberi e minime per i fori con la
conseguente modifica della funzionalità dell’accoppiamento previsto dalle tolleranze assegnate.
Per tale motivo la norma ISO raccomanda i valori massimi della rugosità Ra in funzione dei valori
delle tolleranze IT e delle dimensioni riportati nella tabella 6.9. In particolare si può dire che il valore
da attribuire alla rugosità superficiale:
 diminuisce con il diminuire della tolleranza;
 aumenta con l’aumentare delle dimensioni.

Tab. 6.9 Rugosità Ra massima ottenibile in funzione della tolleranza: ISO 4287/1

40
6.8 Sistema di tolleranze per le filettature metriche: UNI ISO 5541
Il sistema di tolleranze ISO per le filettature metriche prevede l’assegnazione della tolleranza sul
diametro medio e sul diametro di cresta (esterno per la vite e di nocciolo per la madrevite). Si
definiscono tre gradi di qualità di lavorazione: precisa, media e grossolana, con campi di tolleranze
legati alla lunghezza di avvitamento espressa con le lettere S (corta), N (normale) e L (lunga).
L’assegnazione convenzionale della tolleranza avviene scrivendo di seguito alla quota della
filettatura, e separati da essa da un trattino, i seguenti elementi:
 il grado di precisione, indicato da un numero da 3 a 9;
 la posizione del campo di tolleranza rappresentata da una lettera, minuscola per le viti e
maiuscola per i fori filettati.
La prima tolleranza si riferisce al diametro medio, la seconda al diametro di cresta. L’assegnazione
di una sola tolleranza s’intende riferita ad ambedue.
Esempi di designazione:
M8-6g7g: vite filettata M8, con grado di precisione e posizione di tolleranza
sul diametro medio 6g e sul diametro esterno 7g;

M14-6H: madrevite filettata M14, con campo di tolleranza comune al


diametro medio e di nocciolo 6H;

M12-5H6H/5g6g (r = 0,135): accoppiamento filettato mobile M12, qualità di lavorazione media,


tolleranza della madrevite sul diametro medio 5H e sul diametro di
nocciolo 6H; tolleranza della vite sul diametro medio 5g e sul diametro
esterno 6g, con raccordo sul fondo del filetto di raggio minimo pari a
0,135 mm.

Tab. 6.10 Campi di tolleranze raccomandati per le filettature: UNI ISO 5541

41
6.9 Catene di tolleranze
Nell’esecuzione della quotatura occorre tenere presente che gli scostamenti di ciascuna quota,
derivanti dalla tolleranza assegnata o non assegnata e perciò generale, si possono concatenare
tra di loro. Il concatenamento degli scostamenti avviene in modo diverso per i diversi tipi di quotatura.
In particolare:
 nella quotatura in serie, gli scostamenti inferiore e superiore della quota complessiva
risultano essere la somma algebrica degli scostamenti assegnati alle quote intermedie

Fig. 6.7 Legame fra gli scostamenti nella quotatura in serie.


In presenza di quotatura in serie, la quota complessiva avrà le seguenti caratteristiche:
Dmin = (15 + 0,1) + (10 − 0,1) + (15 − 0,2) + (15 + 0) = 54,8
Dmax = (15 + 0,2) + (10 + 0,1) + (15 + 0,1) + 15 + 0,2) = 55,6
Quota con tolleranza: 55(+0,6 / -0,2)

 nella quotatura in parallelo, a quote sovrapposte e per coordinate, gli scostamenti di ogni
quota sono indipendenti da quelli delle altre quote; però le distanze fra le singole entità
geometriche dipendono dagli scostamenti delle rispettive quote

Fig. 6.8 Legame fra le distanze nella quotatura a quote sovrapposte e per coordinate.
In presenza di quotatura per coordinate, la distanza fra il foro 1 e il foro 4 avrà le seguenti
caratteristiche:
Dmin = (38 − 0,2) − (10 + 0,1) = 27,7
Dmax = (38 + 0,2) − (10 − 0,1) = 28,3
Quota con tolleranza: 28 (± 0,3)

42
7 TOLLERANZE GEOMETRICHE ISO
7.1 Segni grafici e indicazioni sui disegni
Le tolleranze geometriche applicate agli elementi punto, linea, superficie o piano di simmetria,
definiscono la zona all’interno della quale deve essere compreso ciascun elemento considerato, che
può essere un’area o uno spazio. La norma UNI 7223/1 elenca i simboli e le modalità per
l’assegnazione delle tolleranze geometriche di forma, orientamento, posizione e oscillazione.
I segni grafici fondamentali per l’assegnazione sui disegni delle tolleranze geometriche alle diverse
entità sono riportati nelle tabelle seguenti dove vengono visualizzate anche le zone di tolleranza
concesse e le indicazioni dettagliate per la loro interpretazione.

Tab. 7.1: Tolleranze geometriche di forma e di posizione: UNI 7226, ISO 1101

43
Tab. 7.2: Tolleranze geometriche di forma e di posizione: UNI 7226, ISO 1101

44
Tab. 7.3: Tolleranze geometriche di forma e di posizione: UNI 7226, ISO 1101

45
Tab. 7.4: Tolleranze geometriche di forma e di posizione: UNI 7226, ISO 1101

46
Tab. 7.5: Tolleranze geometriche di forma e di posizione: UNI 7226, ISO 1101

47
Tab. 7.6: Tolleranze geometriche di forma e di posizione: UNI 7226, ISO 1101

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Le indicazioni delle tolleranze geometriche sui disegni avvengono con l’utilizzo di un riquadro
rettangolare, diviso in più caselle, come rappresentato nella figura seguente. Nelle caselle si
dovranno riportare nell’ordine:
• il segno grafico della caratteristica oggetto di tolleranza;
• il valore della tolleranza espresso in millimetri, preceduto dal simbolo ø se la zona di
tolleranza è circolare o cilindrica;
• eventuali lettere maiuscole indicanti l’elemento o gli elementi di riferimento;
• eventuali annotazioni relative alla tolleranza.

Fig. 7.1: Indicazioni sui disegni delle tolleranze geometriche.


Il riquadro sarà unito all’elemento su cui si intende applicare la tolleranza, con una linea di richiamo
terminante con una freccia, la cui estremità è posizionata:
• sull’elemento o su una linea di prolungamento, quando la tolleranza si applica a una linea o
a una superficie;
• sul prolungamento della linea di misura, quando la tolleranza si applica all’asse o al piano
mediano della parte quotata;
• sull’asse, quando la tolleranza si applica all’asse o al piano mediano di tutti gli elementi che
hanno in comune quell’asse o quel piano.
Gli elementi di riferimento vengono identificati con lettere maiuscole racchiuse in un riquadro e unite
con una linea e un triangolo, pieno o vuoto, nelle seguenti posizioni:
• sulla linea di contorno o su un suo prolungamento, quando l’elemento di riferimento è una
linea o una superficie;
• sul prolungamento della linea di misura, quando l’elemento di riferimento è l’asse o il piano
di simmetria (è ammesso l’utilizzo di una delle frecce della linea di misura);
• sull’asse o sul piano mediano, quando l’elemento di riferimento è l’asse o il piano mediano
comune a due o più elementi.
La lettera di riferimento e la corrispondente casella possono essere omesse quando il riquadro può
essere unito direttamente all’elemento di riferimento con linea e relativo triangolo.

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