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Principi della dinamica - Wikipedia http://it.wikipedia.

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I principi della dinamica sono la base concettuale di quella


branca della fisica che studia e descrive le relazioni tra il
movimento di un corpo e gli enti che lo modificano. All'interno
della formalizzazione logico-matematica della meccanica
newtoniana essi svolgono il ruolo di assiomi. Tali principi
vengono anche detti Principi di Newton, dal nome dello scienziato
che li ha proposti nel celebre Philosophiae Naturalis Principia
Mathematica, pubblicato nel 1687. Gli enunciati che oggi si
utilizzano sono una riformulazione attuale di quelli scritti nei
Principia; il volerli attribuire in breve a Newton è improprio. Si
noti inoltre che le attuali formulazioni differiscono spesso l'una
dall'altra in alcuni dettagli, non del tutto inessenziali.

Ai principi di Newton si affianca, nella meccanica classica, il


principio di relatività di Galileo che stabilisce l'invarianza dei
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principi di Newton sotto taluni cambiamenti di coordinate, dette


appunto trasformazioni galileiane. È molto importante tenere
presente che i principi della dinamica sono validi in sistemi di
riferimento inerziali e per sistemi i cui componenti siano a velocità
lontane da quella della luce.

I principi non valgono in sistemi di riferimento non


inerziali. Per poter studiare anche questi ultimi, infatti, è
stata necessaria l'introduzione di forze apparenti, quali la
forza centrifuga e la forza di Coriolis dovute alle
accelerazioni del sistema di riferimento.
La meccanica classica privata della gravitazione è
inclusa completamente nella teoria della relatività
ristretta: entrambe le teorie sono valide in sistemi di
riferimento inerziali, ma la prima si può considerare
un'approssimazione della seconda per basse velocità
(relativamente alla velocità della luce).

Indice

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1 Primo principio detto d'inerzia o di Galileo


2 Secondo principio detto di proporzionalità o di Newton o di
conservazione
3 Terzo principio detto di azione e reazione
4 Formulazione moderna
4.1 La fisica di Berkeley
4.2 La fisica di Feynman
5 Note
6 Bibliografia

Si parla di principio e non di legge né di assioma per ragioni di


metodo scientifico, in quanto alla base della conoscenza fisica:
rispettivamente nessuna teoria o legge derivata da assiomi e

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riguardante il movimento dei corpi può falsificarlo, ma può invece


farlo l'esperienza diretta, anche se le innumerevoli prove finora
effettuate non lo hanno tuttora fatto.

Aristotele nella sua “Fisica” del IV secolo a.C. asseriva che lo


stato naturale dei corpi è la quiete, ossia l'assenza di moto, e che
qualsiasi oggetto in movimento tende a rallentare fino a fermarsi, a
meno che non venga spinto a continuare il suo movimento. Nel
Medioevo, Guglielmo di Ockham e poi, nel Quattrocento, il
Cusano, nell'opera "Il gioco della palla", e Leonardo da Vinci
ripensarono la dinamica aristotelica, cominciando a dimostrarne
l'infondatezza. Il principio di inerzia non è infatti di banale
osservazione sulla Terra, dominata dagli attriti: consideriamo per
esempio una biglia (assimilabile nella nostra trattazione ad un
punto materiale) che rotola su una superficie piana orizzontale
molto estesa. La nostra esperienza ci dice che con il passare del
tempo la biglia rallenta fino a fermarsi; questo è dovuto al fatto
che interagisce con il piano e con l'aria. Si può osservare,
comunque, che facendo diminuire progressivamente questi attriti
(rarefacendo l'aria e lisciando il piano per diverse volte) la biglia
percorre sempre più strada prima di fermarsi. L'idea che sta alla

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base del primo principio è che facendo diminuire gli attriti fino a
renderli nulli (in teoria), il corpo non rallenti e quindi non si fermi
mai, cioè persista nel suo stato di moto rettilineo uniforme.
Riferendosi invece alla tendenza di ogni corpo a mantenere lo
stato di quiete o di moto si usa parlare di inerzia.

Ma solo dopo quasi 2000 anni Galileo Galilei (1564-1642)


capovolse l'errore di Aristotele con un esperimento ideale,
immaginando il caso limite di un corpo che si muove su un piano
orizzontale senza attriti. Un tale esperimento, come aveva ben
compreso il grande scienziato pisano, non è riproducibile sulla
Terra, ove è impossibile eliminare completamente tutti gli attriti. In
realtà l'effetto degli attriti su un corpo in movimento è quello di
trasformare l'energia cinetica in energia termica (calore); ciò
avviene sempre nell'assoluto rispetto di un altro importantissimo
principio: il principio di conservazione dell'energia. Ciò viene
dettagliatamente descritto in due sue opere, rispettivamente, nel
1632 e nel 1638: il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
e Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove
scienze attenenti alla meccanica e i movimenti locali Scrive
Galileo nel Dialogo: “il mobile durasse a muoversi tanto quanto

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durasse la lunghezza di quella superficie, né erta né china; se tale


spazio fusse interminato, il moto in esso sarebbe parimenti senza
termine, cioè perpetuo”. Ma questo, scrive ancora Galileo: “deve
intendersi in assenza di tutti gli impedimenti esterni e accidentari”
… e che gli oggetti in movimento siano: “immuni da ogni
resistenza esterna: il che essendo forse impossibile trovare nella
materia, non si meravigli taluno, che faccia prove del genere, se
rimanga deluso dall'esperienza”. La sua prima enunciazione
formale è tuttavia di Isaac Newton (Philosophiae Naturalis
Principia Mathematica), che pur ne riconosce la paternità
galileiana: “Lex prima: Corpus omne perseverare in statu suo
quiescendi vel movendi uniformiter in directum, nisi quatenus a
viribus impressis cogitur statum illum mutare.”. Newton chiarisce
inoltre il concetto nella definizione 3:

« La vis insita, o forza innata della materia, è il potere di resistere


attraverso il quale ogni corpo, in qualunque condizione si trovi, si
sforza di perseverare nel suo stato corrente, sia esso di quiete o di
moto lungo una linea retta. Questa forza è proporzionale alla forza
che si esercita sul corpo stesso e non differisce affatto
dall'inattività della massa, ma nella nostra maniera di concepirla.

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Un corpo, dall'inattività della materia, è tolto non senza difficoltà


dal suo stato di moto o quiete. Dato ciò questa vis insita potrebbe
essere chiamata in modo più significativo vis inertiae, o forza di
inattività. Ma un corpo esercita questa forza solo quando un'altra
forza, impressa su di esso, cerca di cambiare la sua condizione [di
moto o di quiete, NdT]; e l'esercizio di questa forza può essere
considerato sia resistenza che impulso; è resistenza quando il
corpo, cercando di mantenere il suo stato attuale, si oppone alla
forza impressa; è impulso quando il corpo, non dando libero corso
alla forza impressa da un altro cerca di cambiare lo stato di
quest'ultimo. La resistenza è solitamente ascritta ai corpi in quiete
e l'impulso a quelli in moto; ma moto e quiete, come vengono
intesi comunemente, sono solo relativamente distinti; e d'altronde,
quei corpi che comunemente sono considerati in quiete non lo
sono sempre realmente. » (Isaac Newton, Philosophiae Naturalis
Principia Mathematica)

In sintesi:[1]

Se la forza totale applicata a un punto materiale in stato


di quiete è uguale a zero, allora esso resterà inerte.
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Se la forza totale applicata a un punto materiale in stato


di movimento è uguale a zero, allora esso continuerà a
muoversi di moto rettilineo uniforme.

allora se un corpo è fermo o si muove di moto rettilineo uniforme,


vuol dire che non è soggetto a forze oppure che la risultante delle
forze che agiscono su di esso è nulla. Il principio di inerzia vale
nei cosiddetti sistemi di riferimento inerziali, definiti in realtà come
l'ambito di validità del Principio di azione-reazione.

Infine va detto che il primo principio non è banalmente un caso


particolare del secondo, ma ne chiarisce l'ambito di validità,
ovvero i sistemi inerziali, in cui operano esclusivamente forze
reali (azione o interazione tra due corpi). I principi, in questa
formulazione non valgono nei sistemi accelerati (non inerziali)
come i sistemi rotanti, perché in questi entrano in gioco forze
apparenti (ad esempio la forza centrifuga).

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Per approfondire, vedi la voce legge di conservazione


della quantità di moto.

In ogni istante l'accelerazione di un corpo è determinata dalla


forza non equilibrata che agisce su di esso: l'accelerazione ha la
stessa direzione e lo stesso verso della forza, il suo modulo è
proporzionale alla forza e inversamente proporzionale alla massa
del corpo. Ovvero, un punto materiale (cioè un corpo di
dimensioni trascurabili rispetto al sistema di riferimento in esame e
contemporaneamente dotato di massa) al quale sia applicata una
forza, varia la quantità di moto in misura proporzionale alla forza,
e lungo la direzione della stessa. In altre parole, secondo una
formulazione analoga a quella di Eulero: il cambiamento di moto è
proporzionale alla forza impressa, ed avviene lungo la linea retta
secondo la quale, la forza è stata impressa.

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Alternativamente, il rapporto fra i moduli della forza applicata e


dell’accelerazione è costante e pari alla massa (più propriamente
massa inerziale) del corpo.

A massa costante:[1]

[2]

che rappresenta l'equazione fondamentale della meccanica


classica.

La forza è formalmente un concetto definito indipendentemente


dal secondo principio, grazie alle formule note che quantificano le
interazioni dei tipi fondamentali.

Nel sistema internazionale l'unità di misura della forza è il newton,


simbolo N, che equivale a chilogrammo per metro su secondo
quadro; nel sistema CGS l'unità di misura è il dyne, simbolo dyn,
equivalente a grammo per centimetro su secondo quadro, ovvero
1 dyn = 10−5 N.
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Il secondo principio della dinamica fornisce una spiegazione per il


fatto che tutti i corpi cadono con una velocità, che è indipendente
dalla loro massa. Simile risultato fu raggiunto da Galileo Galilei
con lo studio del piano inclinato e l'esperimento della caduta dei
gravi.

Nel 1981 Mordehai Milgrom propose una sua modifica volta a


spiegare il problema delle curve di rotazione delle galassie a
spirale in modo alternativo all'introduzione della materia oscura,
denominata MOND dall'acronimo inglese per Dinamica
Newtoniana Modificata che teneva conto dello strappo, che però
gode di scarso consenso presso la comunità scientifica attuale,
anche se i più le riconoscono almeno il merito di essere più
falsificabile delle teorie a base di materia ed energia oscura.

Newton enunciava il principio in un modo lievemente diverso da

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quello odierno, da cui deriva il suo nome: "Ad ogni azione


(termine da lui usato nell'accezione generale di forza, mai di
accelerazione) prodotta su un corpo A corrisponde sempre
in un sistema inerziale una reazione su un altro corpo B uguale e
contraria e tale che la loro coppia sia nulla".[1] In termini
matematici:

È da notare comunque che, nonostante il nome comune di questa


legge, non si deve pensare ad "azione e reazione" come qualcosa
che accade in due momenti diversi: se il corpo A esercita una
forza su B, la forza che B esercita su A è "contemporanea"; perciò
azione e reazione è un modo sbagliato di etichettare questo
principio.

Un esempio chiaro è l'applicazione al sistema Terra-Luna ,


di cui sono sottosistemi la Terra T e la Luna L. La forza totale
esercitata dalla Terra sulla Luna deve essere uguale ma di senso
opposto alla forza totale esercitata dalla Luna sulla Terra: ciò
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viene effettivamente confermato dalla legge di gravitazione


universale.

Ciò permette di familiarizzare col concetto di forza: essa


è una informazione sul grado di interazione tra due
corpi, lorda per comprenderne il moto, che viene invece
influenzato direttamente (principio di proporzionalità)
dall'accelerazione, che può essere intesa come una
misura netta della modificazione dello stato inerziale.
Un esempio tipico che si può fare di applicazione
controintuitiva del principio, è quello della semplice
camminata: nella situazione noi imprimiamo forza al
suolo all'indietro tramite il piede, il suolo reagisce con
una forza uguale e contraria che poi è quella che ci
spinge in avanti. Ma il suolo invece sembra non subire
alcuna forza, poiché non accelera: la contraddizione si
risolve considerando che la massa inerziale della Terra è
enorme in confronto a quella dell'individuo, e perciò la
forza si traduce in un'accelerazione piccola al punto da
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essere inosservabile.

Per generalizzare massimamente in meccanica classica la legge,


allargandola ai sistemi non inerziali ed estesi, il concetto di
azione viene oggi invece ristretto alle sole forze e momenti
meccanici (Lagrangianamente si parla di forze generalizzate) per
cui vale questo principio, cioè che implicano la reazione; infine
per la simmetria tra i due concetti che scaturisce da questo
principio (come evidenziato negli esempi precedenti) si preferisce
oggi parlare di interazione: "l'interazione tra i corpi è reciproca, e
unica sorgente di forza reale e momento meccanico reale": una
forza generalizzata applicata su un corpo A è reale, se dovuta
all'influenza di un altro corpo B, e solo allora si manifesta su B
con orientazione antiparallela". Ricordiamo che un sistema
inerziale è definito proprio in base a questo principio come sistema
di riferimento in cui si manifestano solo interazioni tra i corpi,
ovvero forze reali, e le forze apparenti sono appunto quelle che
non provenendo dai corpi in quanto non reciproche, vengono
imputate al sistema di riferimento, e non sono reali solo nel senso
che non sono assolute, e non nel senso di ininfluenti sui corpi
quando presenti. In termini matematici:
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Sia un sistema meccanico composto dai punti


che interagiscono coll'ambiente attraverso
forze e momenti.
Sia un sub-sistema di
Sia un sub-sistema di e il suo complementare (
).

Allora vale:

dove:

e significano in questo
contesto la distribuzione di forze e di momenti interni a

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che descrivono l'influenza di su .


e sono le distribuzioni di
forze e di momenti interni a che descrivono
l'influenza di su .
sono invece i momenti indotti.

Questo tipo di ragionamenti stanno alla base dei metodi per la


rivelazione delle azioni interne ai corpi di cui si occupa la
meccanica del continuo, e vengono quindi ampiamente utilizzati
in statica delle strutture ad esempio per il calcolo delle
deformazioni.

Va detto infine che ai fini della ricerca delle equazioni del moto
viene oggi utilizzato indirettamente sotto la forma di Principio di
conservazione della quantità di moto, equivalente in meccanica
classica, ma dimostrato essere più generale
dall'Elettromagnetismo. Perciò nella fisica moderna esso
sopravvive soltanto sotto questa rienunciazione.

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Per poter avere un quadro generale della riformulazione attuale


della dinamica, si citano le formulazioni utilizzate da alcuni tra i
più diffusi testi di meccanica di livello universitario.

Il testo La fisica di Berkeley riporta come ipotesi fondanti la


meccanica classica le seguenti (cit.):

1. Lo spazio è Euclideo
2. Lo spazio è isotropo, ovvero le proprietà fisiche sono le
stesse in tutte le direzioni (...)
3. Le leggi del moto di Newton valgono in un sistema
inerziale determinato, per un osservatore fermo sulla
terra, unicamente tenendo conto dell'accelerazione della
terra nel suo moto intorno al proprio asse e della sua
orbita intorno al sole.
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4. È valida la legge della gravitazione universale di


Newton. Questa legge stabilisce che tra due qualsiasi
masse puntiformi poste a distanza l'una dall'altra, si
esercita sempre una forza attrattiva
dove è una costante

Citando sempre dallo stesso libro, le 3 leggi di Newton sono così


formulate:

1. Prima legge di Newton. Un corpo non soggetto a forze


esterne, o tale che la risultante delle forze esterne agenti
su di esso è pari a zero, permane nello stato di quiete o di
moto rettilineo uniforme (accelerazione nulla), cioè,
quando .
2. Seconda legge di Newton. La risultante delle forze
applicate su un corpo è uguale al prodotto della massa
del corpo per l'accelerazione:
3. Terza legge di Newton. Quando due corpi interagiscono,
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la forza , che il primo corpo (1) esercita sul


secondo (2) è uguale e opposta alla forza che il
secondo (2) esercita sul primo (1).

Da quest'ultimo principio, integrando rispetto al tempo, discende il


principio della conservazione della quantità di moto e viceversa.

La fisica di Feynman ha una impostazione sui generis che non


consente di estrarre agevolmente un corpus di principi della
dinamica espressi in maniera formale, poiché ha l'intento di
costruire una visione unitaria della fisica, "filtrandola" col criterio
della validità nella moderna teoria dei campi per non introdurre
come invece si fa solitamente con l'approccio storico dei concetti
che risultano in una teoria più ampia falsificati o particolari.
Tuttavia riportiamo alcuni brani che a nostro avviso sono quanto
più si avvicina ad una formulazione di tali principi. Citiamo
quindi:

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Galileo fece un gran progresso nella


comprensione del moto quando scoprì il principio
di inerzia: se un oggetto è lasciato solo, se non è
disturbato, continua a muoversi con velocità
costante in linea retta se era originariamente in
movimento, o continua a stare in quiete se era del
tutto immobile.

Qui discutiamo (...) la Seconda Legge, la quale


asserisce che il moto di un oggetto è cambiato dalle
forze in questo modo: la rapidità temporale della
variazione di una quantità chiamata quantità di
moto è proporzionale alla forza. (...) Ora la quantità
di moto di un oggetto è il prodotto di due parti: la
sua massa e la sua velocità. Così la Seconda Legge
di Newton può essere scritta matematicamente in
questo modo: .

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Per quanto riguarda il terzo principio della dinamica, Feynman lo


considera, al pari della legge di gravitazione universale, una delle
due sole cose sulla natura delle forze che Newton disse:

Newton disse soltanto due cose sulla natura delle


forze. (...) Tutta la conoscenza di Newton sulla
natura delle forze è dunque racchiusa nelle leggi di
gravitazione ed in questo principio. Il principio è
che la reazione è uguale all'azione.

Secondo Feynman, Newton caratterizzò il concetto di forza


tramite l'enunciazione di un principio generale (il terzo principio
della dinamica, appunto) e tramite la formulazione di una legge di
forza particolare (quella gravitazionale).

1. ^ a b c The Penguin Dictionary of Physics, op. cit.


2. ^ Una regola mnemonica per ricordare la formula è costituita

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dalla seguente frase: "Fame= molto appetito".

Charles Kittel e altri, La fisica di Berkeley 1 Meccanica.


Bologna, Zanichelli, 1970.
Richard Feynman, La fisica di Feynman. Bologna,
Zanichelli, 2001.
C. Mencuccini, V. Silvestrini, Fisica 1. Napoli, Liguori
Editore, 2006.
The Penguin Dictionary of Physics - "Newton's laws of
motion" (http://www.credoreference.com/entry/pendphys
/newton_s_laws_of_motion) (in inglese), Londra,
Penguin, 2009.

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