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1
E
cioè
i
concetti
basilari
di
spazio
e
di
tempo
legati
alla
definizione
di
Sistemi
di
Riferimento.
Furono
le
riflessioni
di
Giordano
Bruno,
René
Descartes, “Cartesio”,
e
soprattutto
Galileo
Galilei
a
comporre
un
quadro
epistemologico
generale
in
cui,
nello
specifico,
il
ruolo
del
Sistema
di
Riferimento
(SR)
rispetto
a
cui
descrivere
il
moto
diveniva
centrale.
Galilei
fu
il
primo
ad
esprimere
compiutamente
in
un
discorso
organico
il
problema
del
moto;
infatti
egli,
interrogando
la
natura,
giunse
a
ritenere
ogni
moto
relativo.Celebre
ed
abusata
è
la
citazione
sul
fatto
che
gli
esperimenti
e
le
osservazioni
condotti
su
una
nave
danno
gli
stessi
risultati
sia
che
si
svolgano
in
quiete
che
in
moto
(rettilineo)
uniforme;
in
pratica
ciò
significa
che
la
velocità
non
ha
alcuna
importanza
ed
è
ininfluente
ai
fini
dei
fenomeni
fisici.Tutto
questo
era
ben
noto
ed
acquisito
quando
giunse
sulla
scena
Isaac
Newton
con
le
sue
tre
leggi
della
dinamica
che
colgono
l’essenza
della
realtà
fenomenica
ma
che
si
riferiscono
ad
uno
“spazio
assoluto”
ed
a
un
“tempo
assoluto”
E
questa
scelta
non
fu
fatta
superficialmente
dal
fisico
inglese,
come
lo
stesso
Einstein
amava
ripetere,
che
anzi
era
ben
avvertito
delle
problematiche
che
ciò
si
portava
dietro
ma
non
poteva
ancora
farne
a
meno2.Del
resto
l’idea
di
uno
scenario
fisso
ed
immutabile
rispetto
a
cui
si
verificano
i
fenomeni
era
(ed
è)
troppo
legata
all’intuizione
fisica
e
al
buon
senso
per
rinunciarci
facilmente.
Le
cose
quindi
andarono
avanti
–potremmo
dire-‐
chiudendo
un
occhio
nel
senso
che
c’erano
zone
dell’allora
fisica
teorica
non
logicamente
inattaccabili
ma
alla
fine
le
“cose
funzionavano”
e
quindi
non
si
vedeva
il
motivo
di
essere
troppo
zelanti3.Si
consideri
infatti
che
la
meccanica
newtoniana
spiegava
e
spiega
tuttora
benissimo
i
moti
planetari
ed
è
ancora
utilizzata
ai
tempi
odierni
molto
più
della
Relatività
o
della
Meccanica
Quantistica.
In
ogni
caso
la
presenza
di
uno
spazio
e
di
un
tempo
“assoluti”
non
impedirono
a
Newton
di
considerare
valido
il
principio
di
relatività
dei
moti
se
scrive
nel
Corollario
5
dei
Principia
(8)
pag.
68:
“I
moti
dei
corpi
inclusi
in
un
dato
spazio
si
conservano
uguali
l’uno
rispetto
all’altro,
sia
che
tale
spazio
si
trovi
in
stato
di
quiete,
sia
che
si
trovi
in
stato
di
moto
uniforme
e
rettilineo,
senza
movimento
circolare”.
Il
problema
della
scarsa
chiarezza
sui
Sistemi
di
Riferimento
emerse
tuttavia
nel
XVIII
secolo
quando
d’Alambert
giunse
alla
nota
equazione
differenziale
alle
derivate
parziali
per
le
onde
e
ne
trovò
anche
la
soluzione.
L’equazione
d’onda,
non
è
invariante
per
le
trasformazioni
di
Galilei
e
questo
significa
che
quando
si
passa
da
un
SR
ad
un
altro
in
moto
rettilineo
uniforme,
cioè
inerziale4,
la
forma
d’onda
cambia
e
questo
è
in
contrasto
con
la
relatività
del
moto
di
Galilei.Tuttavia
i
fisici
di
allora
non
ne
furono
troppo
turbati
perché
riferivano
il
moto
al
“mezzo
trasmissivo”,
come
l’aria
o
l’acqua,
da
considerarsi
in
quiete.Con
questo
espediente
non
c’erano
più
problemi
di
invarianza
ma
si
introduceva,
di
fatto,
un
Sistema
di
Riferimento
assoluto.
In
realtà,
svolgendo
un’analisi
più
approfondita
dal
punto
di
vista
teorico
si
sarebbe
messo
in
luce
una
certa
debolezza
concettuale
perché
la
presenza
di
un
Sistema
di
Riferimento
assoluto
dava
problemi
dal
punto
di
vista
dell’impianto
complessivo
della
2
Riguardo
alle
proprietà
inerziali
della
materia
arriverà
a
dire:
“eppure
la
cosa
non
è
del
tutto
modo.
4
Semplifico
molto
una
tematica
molto
complessa,
quella
della
definizione
non
tautologica
dei
Sistemi
di
Riferimento
Inerziali,
(SRI)
che
ho
affrontato
in
un
altro
articolo.
Qui
supporremo
che
un
SRI
è
tale
se
è
in
moto
rettilineo
uniforme
rispetto
alle
“stelle
fisse”
cioè
ad
una
opportuna
media
di
tutta
la
materia
dell’universo.
teoria.Cosa
del
resto
già
presente
anche
in
Newton5.
Quando
poi
nel
XIX
secolo
furono
scritte
le
equazioni
di
Maxwell
e
l’equazione
d’onda6
per
la
luce,
ci
si
trovò
in
una
situazione
analoga;
c’era
un’onda
quindi
“qualcosa”
doveva
vibrare
per
trasmettere
l’onda
stessa.Questo
qualcosa,
simile
all’aria,
fu
chiamato
“etere”.Ci
si
mise
quindi
alla
ricerca
di
questo
elemento
che
conduceva
le
vibrazioni
elettromagnetiche
luminose
(traverse)
ma
tutti
gli
esperimenti
volti
a
scoprire
un
ipotetico
moto
della
Terra
rispetto
all’etere
diedero
risultati
negativi.
Si
poteva
però
immaginare
che
l’etere
fosse
trascinato
dal
moto
della
Terra,
ma
questo
“stato
dinamico
dell’etere”
non
era
lo
stesso
per
tutti
gli
esperimenti
e
le
osservazioni;
ad
esempio,
l’osservazione
dell’aberrazione
stellare
scoperta
da
Bradley
conduceva
all’ipotesi
di
un
etere
immobile;
quella
di
Fizeau
ad
un
etere
parzialmente
trascinato
e
quella
di
Michelson
–
Morley
ad
un
etere
totalmente
trascinato.
L’unico
modo
per
far
quadrare
tutto
lo
trovò
Lorentz
che
ipotizzò
un
etere
immobile
(che
fungeva
da
Sistema
di
Riferimento
assoluto)
con
una
contrazione7,
detta
di
“Lorentz
–
Fitzgerald”,
delle
lunghezze
nella
direzione
del
moto
stesso.
Invece,
Albert
Einstein,
impregnato
dell’influenza
di
filosofia
machiana,
negò
decisamente
qualsiasi
cittadinanza
al
moto
assoluto
e
introdusse
unicamente
il
moto
relativo
tra
Sistemi
Inerziali.A
questo
punto
la
prospettiva
era
completamente
nuova:
fenomeni
tipicamente
relativistici
come
la
contrazione
delle
lunghezze
e
la
dilatazione
dei
tempi
divenivano
simmetrici
tra
un
osservatore
e
l’altro
(e
questo
proprio
per
rispettare
il
principio
di
relatività).Era
nata,
nel
1905,
la
teoria
della
Relatività
Speciale
(RS)
che
oltre
all’equivalenza
di
tutti
i
Sistemi
di
Riferimento
Inerziali
prevedeva,
per
postulato,
la
costanza
della
velocità
della
luce
nel
vuoto.Tuttavia
la
RS
aveva
una
grande
pecca8:
era
incompatibile
con
la
gravitazione.Questo
principalmente
per
il
fatto
che
la
gravitazione
newtoniana
implica
una
trasmissione
immediata
degli
effetti
gravitazionali
ritenendo,
infinita
la
velocità
della
luce
che
invece
in
RS
è
finita
e
costante.Dal
1905
al
1915
Einstein
ed
altri
fisici
e
matematici
si
adoperarono
per
trovare
una
teoria
relativistica
che
includesse
la
gravitazione;
dapprima,
come
è
naturale,
cercando
di
estendere
la
RS
considerando
uno
spaziotempo
pseudoeulideo
e
poi
passando
ad
uno
spaziotempo
curvo.
Fu
nel
1916
che
Einstein
pubblicò
le
sue
equazioni
di
campo,
un
sistema
di
16
equazioni
differenziali
non
lineari
alle
derivate
parziali
(di
cui
solo
6
indipendenti
per
motivi
di
simmetria
ed
invarianza),
che
avevano
come
incognite
gli
elementi
del
tensore
metrico
che
a
loro
volta
definivano
il
moto
lungo
una
geodetica9.In
questo
modo
la
gravità
non
era
più
una
forza
come
le
altre
ma
diveniva
una
caratteristica
geometrica
fondamentale
dello
spaziotempo:
la
sua
curvatura.
Le
equazioni
di
campo
rispettano
però
solo
parzialmente
la
filosofia
machiana10
e
questo
fece
sorgere
dubbi
sempre
più
stringenti
ad
Einstein
che
finì
per
distaccarsene.
5
Tali
debolezze
sono
per
esempio
una
certa
ambiguità
nella
individuazione
di
tali
Riferimenti
di
minor
credito.
7
Tale
contrazione
era
spiegata
con
modifiche
“relativistiche”
alle
forze
molecolari,
quindi
nell’ambito
di
una
teoria
elettromagnetica
con
cui
Lorentz
ed
altri
fisici
avevano
l’ambizione
di
spiegare
tutto
il
mondo
fisico,
anche
la
meccanica.
8
C’è
anche
da
dire
che
la
RS
nasce
“solo”
per
spiegare,
come
dice
il
titolo
del
famoso
articolo
di
Einstein
del
1905,
“l’elettrodinamica
dei
corpi
in
movimento”
e
non
ha,
almeno
inizialmente,
alcun
altra
ambizione.
9
In
questo
modello
Einstein
vede
finalmente
una
doppia
azione
dello
spaziotempo:
agisce
sulla
materia
tramite
le
geodetiche,
ma
ne
è
a
sua
volta
influenzato
tramite
la
massa.Invece
nel
modello
newtoniano
lo
spazio
agisce
sulla
materia
(è
l’origine
dell’inerzia),
ma
la
materia
non
può
influenzarlo
essendo
“assoluto”.
10
Ad
esempio
ci
sono
soluzioni
in
assenza
di
materia.
2)
La
meccanica
di
Mach
La
filosofia
di
Mach
è
contenuta
in
un
libro
che
ebbe
una
influenza
determinate
sul
giovane
Einstein.Tale
opera
è:
La
meccanica
nel
suo
sviluppo
storico
–
critico11
ed
è
del
1883.
Il
libro
ripercorre
appunto
criticamente
la
storia
della
meccanica
partendo
dai
princìpi
della
statica
e
della
dinamica
per
giungere
ad
un’analisi
approfondita
dell’opera
di
Newton
e
all’estensione
matematica
di
tali
principi
in
quello,
ad
esempio,
della
minima
azione
fino
agli
sviluppi
formali
di
Hamilton
e
della
meccanica
razionale
(che
l’autore
chiama
“analitica”).Interessante
poi
è
l’ultimo
capitolo
sui
rapporti
della
meccanica
con
gli
altri
campi
della
scienza.
Di
tutto
questo
materiale
che
costituisce
indubbiamente
un
lavoro
di
grande
valore
anche
pedagogico
e
di
insegnamento
a
noi
interessa
però
la
parte
filosofica
che
verte
sull’analisi
critica
dei
principi
della
dinamica
di
Newton
per
giungere
all’enunciazione
dei
concetti
che
riguardano
l’origine,
per
molti
aspetti
(ancora)
misteriosa,
dell’inerzia.L’idea
base
di
Mach
è
che
l’inerzia
sia
di
origine
gravitazionale
e
precisamente
dovuta
all’azione
di
tutti
i
corpi
dell’universo
sul
corpo
in
esame.Mach
non
espresse
matematicamente
questo
rivoluzionario
concetto
(lo
farà
molti
anni
dopo
Sciama
proponendo
una
equazione)
ma
la
sua
idea
è
qualitativa
e
non
per
questo
meno
foriera
di
influenza
su
uno
spirito
ribelle
ed
anticonformista
come
quello
del
giovane
Einstein
che
venne
immediatamente
catturato
dal
modo
di
pensare
di
Mach.
Einstein
con
la
RS
rivoluzionò
la
fisica
e
continuò
a
farlo
con
la
RG
(e
la
MQ).L’influenza
di
Mach
si
esplicita
in
due
direzioni:
nella
RS
con
l’abolizione
dell’etere
e
la
completa
relatività
del
moto
nei
Sistemi
di
Riferimento
Inerziali
(SRI)
e
nella
RG
che
ha
una
duplice
natura:
è
contemporaneamente
una
teoria
della
gravitazione
e
una
teoria
della
covarianza
generale
di
tutte
le
leggi
fisiche12.
Dobbiamo
dire
che
Mach
fu
uno
dei
“maestri”
di
Einstein
e
che
in
un
primo
tempo
non
fu
ostile
alla
RS
ma
che
lo
divenne
in
seguito.
Come
accennato
Einstein
fu
profondamente
impressionato
dall’opera
di
Mach
sulla
meccanica
e
questo
avvenne
grazie
a
Michele
Besso
un
suo
collega
studente
ed
amico
che
gliela
aveva
fatta
conoscere
a
Zurigo
e
successivamente
l’aveva
ristudiata
con
i
suoi
amici
dell’
Akademie
Olympia
a
Berna
in
Svizzera.
Inizialmente,
nel
1909,
Mach
sembra
essere
stato
influenzato
positivamente
dalla
Relatività
(7)
pag.
304,
ma
poi
nel
1913
scrisse:
“Devo
(…)
negare
recisamente
di
essere
un
precursore
dei
relativisti
così
come
rifiuto
le
credenze
atomistiche
del
giorno
d’oggi”
(7)
pag.
305.
Questo
atteggiamento
fu
poi
spiegato
da
Einstein,
in
maniera
abbastanza
superficiale,
con
l’invecchiarsi
del
suo
idolo
di
gioventù.
Einstein
infatti
scrisse
nel
1930:
“Non
vi
può
essere
dubbio
alcuno
che
questa
(reazione
di
Mach)
fu
una
conseguenza
della
riduzione
della
sua
capacità
di
assimilazione
a
causa
dell’età,
perché
tutto
l’indirizzo
di
pensiero
di
questa
teoria
è
in
accordo
con
quello
di
Mach,
così
che
è
giustificato
considerare
Mach
come
il
precursore
della
teoria
della
relatività
generale”
(7)
pag.
305.
Del
resto
il
limite
di
Mach
e
quindi
del
positivismo
logico
nello
spirito
del
Circolo
di
Vienna
è
proprio
in
un
totale
“credo”
nel
metodo
sperimentale
positivo.Il
che
non
è
certo
negativo,
anzi.Tuttavia,
occorre
far
notare
che
il
solo
metodo
sperimentale
può
provocare
rallentamenti
notevoli
allo
sviluppo
della
scienza.Ad
esempio,
nel
caso
specifico
di
Mach,
egli
non
credette
mai
all’esistenza
degli
atomi
perché
non
erano
“direttamente
visibili”.Inoltre
Mach
non
poteva
11
Die
Mechanik
in
ihrer
Entwickelung
historisch-krtisch
dargestellt.
12
Spesso
questi
due
aspetti
vengono
sorprendentemente
confusi
ma
sono
concettualmente
Abbiamo
riportato
l’intero
brano
proprio
per
la
sua
importanza.
Einstein,
seguendo
Mach,
ci
dice
che
l’accelerazione
(rispetto
alle
“stelle
fisse”)
e
non
solo
la
velocità
devono
essere
relative.
In
realtà
l’esperimento
ideale
proposto
da
Einstein
non
è
che
il
rifacimento
di
un
altro
esperimento
ideato
da
Newton
(e
realizzato
concretamente).
Sappiamo
dal
Principio
di
Relatività,
sia
galileiana
che
einsteniana,
che
la
velocità
“non
ha
importanza”;
con
questa
espressione
intendiamo
dire
che
l’esito
di
un
esperimento
di
fisica
non
risente
dello
stato
di
moto
uniforme
del
sistema
di
riferimento
in
cui
avviene
o,
in
modo
matematico,
che
le
equazioni
differenziali
che
rappresentano
il
fenomeno
sono
invarianti
(cioè
non
cambiano
forma)
nel
passaggio
da
un
Sistema
di
Riferimento
Inerziale
ad
un
altro.
Le
velocità,
secondo
la
Teoria
della
Relatività
Speciale,
sono
tutte
relative
e
non
ha
senso
alcuno
parlare
di
una
velocità
assoluta,
riferita
ad
uno
spazio
assoluto.
A
questo
punto
viene
naturale
chiedersi
se
tale
ragionamento
si
possa
fare
anche
per
l’accelerazione
(che
è
una
variazione
nel
tempo
della
velocità
cioè
tecnicamente
la
sua
derivata).E
cioè
se
abbia
senso
o
meno
parlare
di
“accelerazione
assoluta”
o
se
occorra
parlare
solo
di
accelerazioni
relative.
Questo
argomento
è
molto
sottile.Lo
stesso
Newton
se
ne
occupò
nel
suo
Principia
Mathematica
Philosophiae
Naturalis
pubblicato
nel
1687.
Newton
fa
il
seguente
esempio.:
ESPERIMENTO
DEL
VASO
ROTANTE
“…….Si
sospenda
un
recipiente
ad
un
filo
abbastanza
lungo,
e
si
agisca
con
moto
circolare
continuo
sino
a
che
il
filo
a
causa
della
torsione
si
indurisce
completamente.
Si
riempia
il
recipiente
con
acqua
e
lo
si
faccia
riposare
insieme
con
l’acqua;
lo
si
muova
poi
con
forza
subitanea,
in
senso
contrario,
in
cerchio;
allora,
allentando
il
filo,
continuerà
a
lungo
in
tale
moto.
All’inizio
la
superficie
dell’acqua
sarà
piana,
come
prima
del
moto
del
vaso;
e
poiché
il
vaso,
comunicata
gradualmente
la
forza
all’acqua,
fa
in
modo
che
anche
essa
inizi
gradualmente
a
ruotare,
l’acqua
comincerà
a
ritirarsi
a
poco
a
poco
dal
centro
e
salirà
verso
i
lati
del
vaso
formando
una
figura
concava
(
come
io
stesso
ho
sperimentato)e,
a
causa
del
moto
sempre
più
accelerato,
salirà
via
via
finché,
compiendo
le
sue
rivoluzioni
interne
al
vaso
in
tempi
uguali,
giacerà
nel
medesimo
in
quiete
relativa………………….All’inizio,
quando
il
moto
relativo
dell’acqua
nel
vaso
era
massimo,
quello
stesso
moto
in
nessun
modo
eccitava
lo
sforzo
di
allontanamento
dall’asse;
l’acqua
non
tendeva
alla
circonferenza
con
l’ascendere
verso
i
bordi
del
vaso,
ma
rimaneva
piana
e
perciò
non
era
ancora
iniziato
il
vero
moto
circolare
(assoluto).Dopo,
diminuito
il
movimento
relativo
dell’acqua,
la
sua
ascesa
lungo
le
pareti
del
vaso,
indicava
lo
sforzo
di
allontanamento
dall’asse
del
moto,e
questo
sforzo
indicava
che
il
vero
moto
circolare
cresceva
continuamente
sino
al
punto
massimo
in
cui
l’acqua
giaceva
in
quiete
relativa
nel
vaso.”
(Philosophiae
Naturalis
Principia
Mathematica,
Capitolo
Definizioni
e
Assiomi
Scolio
IV,
1687).
Dunque
Newton
studia
il
moto
relativo
di
acqua
e
vaso
(trascurando
totalmente
il
resto
dell’universo)
dividendolo
in
diverse
fasi.
0)
Dopo
aver
annodato
una
fune
inizialmente
vaso
e
acqua
sono
fermi:
moto
relativo
nullo,
deformazione
acqua
nulla
(forma
geometrica
assunta
dall’acqua:piano).
1)
Si
lascia
andare
la
corda.Il
vaso
comincia
a
ruotare
l’acqua
all’inizio
conserva
la
forma
di
una
superficie
piana.
2)
Il
vaso
ruotando
comunica,
grazie
alla
forza
centrifuga,
il
moto
all’acqua
che
sale
lungo
i
bordi
e
si
dispone
in
forma
di
un
paraboloide.
All’equilibrio
tra
la
forza
di
gravità
e
quella
centrifuga
l’acqua
e
il
vaso
sono
in
quiete
relativa
tra
loro
e
la
deformazione
è
massima
(paraboloide)
3)
Si
ferma
il
vaso
e
l’acqua
ha
la
forma
(ancora)
di
un
paraboloide.Esiste
un
moto
relativo
con
deformazione
dell’acqua.
Dunque,
in
0)
e
2)
non
esiste
un
moto
relativo,
ma
una
volta
non
vi
è
deformazione
della
superficie
del
liquido
(superficie
piana)
0)
e
l’altra
sì
(paraboloide)
2).Quindi,
deduce
Newton,
non
è
il
moto
relativo,
tramite
l’accelerazione
centrifuga,
che
provoca
la
deformazione
della
superficie
dell’acqua
(che
altrimenti
assumerebbe
sempre
la
stessa
forma),
ma
bensì
un
moto
assoluto.Tale
moto
non
può
essere
rispetto
alla
Terra
che
è
deformata
ai
poli
e
quindi
deve
essere
rispetto
ad
uno
“spazio
assoluto”.
La
prima
critica
a
questo
ragionamento
emerse
dal
vescovo
George
Berkley
una
ventina
di
anni
dopo;per
lui
il
vaso
agiva
sull’acqua,
ma
lo
faceva
in
modo
assolutamente
trascurabile
a
causa
della
sua
piccola
massa
mentre
il
resto
della
materia
dell’Universo
-‐le
“stelle
fisse”-‐
lo
facevano
in
maniera
ben
più
determinante.
Successivamente
Leibnitz,
Mach
ed
Einstein
condivisero
questa
critica.
Il
moto
è
rispetto
alle
“stelle
fisse”
cioè
rispetto
ad
una
“media”
(ponderata)
di
tutta
la
materia
dell’Universo.
Per
Mach,
in
particolare
(1)
pag.
249,
se
si
inspessissero
le
pareti
del
vaso
rotante
fino
a
qualche
“miglio”
la
situazione
cambierebbe.In
tal
caso,
infatti,
lo
spessore
del
vaso
rotante
produrrebbe
forze
centrifughe
sull’acqua
(alterando
la
situazione
di
simmetria
0)
e
2)).
Questo
indurrebbe
a
pensare
che
le
forze
centrifughe
siano
dovute
ad
un
moto
relativo
dell’acqua
rispetto
alle
altre
masse
del
cosmo.
Dunque
immaginiamo
ora
un
esperimento
mentale
in
cui
si
riescano
a
ruotare
le
stelle
fisse
e
tutta
la
materia
del
cosmo
rispetto
al
vaso
invece
che
ruotare
il
vaso
rispetto
alle
stelle.Cosa
accadrebbe
alla
forma
dell’acqua?
Newton
riteneva
che
in
questo
caso
la
forma
dell’acqua
sarebbe
rimasta
piana
perché
l’accelerazione
doveva
considerarsi
assoluta
e
non
relativa.Invece,
Mach
riteneva
che
anche
in
questo
caso
l’acqua
sarebbe
salita
lungo
le
pareti
del
vaso
assumendo
esattamente
la
stessa
forma
e
cioè
una
superficie
parabolica.Questo
perché
Mach
ed
Einstein
ritenevano
che
solo
l’accelerazione
relativa
(rispetto
alle
stelle
fisse)
e
non
quella
assoluta
avessero
senso.
Mach
riteneva
che
l’inerzia
sia
dovuta
alla
interazione
gravitazionale
di
tutta
la
massa
dell’universo
sulla
massa
considerata
(in
questo
caso
l’acqua).
A
questo
concetto
Einstein
dette
poi
il
nome
di
“Principio
di
Mach”.
“Secondo
me,
tutto
sommato,
non
esiste
che
un
moto
relativo
e
non
scorgo
a
questo
riguardo
alcuna
distinzione
fra
la
rotazione
e
la
traslazione.Una
rotazione
relativa
alle
stelle
fisse
dà
origine
in
un
corpo
a
delle
forze
di
allontanamento
dall’asse.
Se
la
rotazione
non
è
relativa
alle
stelle
fisse,
queste
forze
di
allontanamento
non
esistono.
Io
non
mi
oppongo
al
fatto
che
si
dia
alla
prima
rotazione
il
nome
di
assoluta,
però
non
si
deve
dimenticare
che
essa
non
è
altro
che
una
rotazione
relativa
rispetto
alle
stelle
fisse.
Possiamo
fissare
il
vaso
d’acqua
di
Newton,
poi
fare
girare
il
cielo
delle
stelle
fisse
e
provare
allora
che
queste
forze
di
allontanamento
non
esistono?
Questa
esperienza
è
irrealizzabile;
questa
idea
è
priva
di
senso,
poiché
i
due
casi
sono
indiscernibili
fra
loro
nella
percezione
sensibile.
Dunque
io
considero
questi
due
casi
come
ne
formassero
uno
solo
e
la
distinzione
che
ne
fa
Newton
come
illusoria”.
(1)
pag.
254.Tuttavia
questo
brano
è
presente
solo
nella
quarta
edizione
e
scompare
nelle
successive.
Si
osservi,
tra
l’altro,
come
nel
caso
dell’esistenza
di
due
soli
corpi
nell’universo,
il
paradosso
dei
gemelli
della
Relatività
Speciale
tornerebbe
ad
essere
un
vero
paradosso
anche
in
Relatività
Generale
perché
l’accelerazione
sarebbe
necessariamente
relativa
all’altro
gemello
e
si
perderebbe
la
asimmetricità
invocata
per
risolvere
il
paradosso13.
Einstein
cercherà
di
quantificare
questo
principio
in
alcuni
lavori
relativi
alla
sua
Teoria
della
Relatività
Generale
che
è
del
1916.
In
seguito
Einstein
si
allontanerà
dal
Principio
di
Mach
e
dalla
sua
filosofia,
perché
furono
trovate
soluzioni
delle
equazioni
di
campo
anche
in
assenza
di
materia
(ma
con
la
presenza
della
cosiddetta
costante
cosmologica).
Per
la
RG,
come
detto,
l’accelerazione
è
anch’essa
relativa
ma
rispetto
alle
“stelle
fisse”
definite
come
opportuna
media
di
tutta
la
materia
dell’universo;
invece,
l’accelerazione
relativa
tra
due
corpi
in
moto
invece
non
esiste
perché
solo
uno
dei
due
sperimenterà
le
forze
inerziali
e
i
loro
effetti
fisici.
Mentre
gli
effetti
di
contrazione
delle
lunghezze
e
della
dilatazione
delle
durate
sono
simmetrici
nella
Relatività
13
Sono
noti
anche
metodi
per
risolvere
il
“paradosso”
nell’ambito
della
RS,
ad
esempio
quello
Come abbiamo visto Einstein si accorse ben presto che la gravità non era compatibile con la RS;
furono fatti alcuni tentativi da lui e da altri fisici ma alla fine Einstein scelse una strada nuova. Il
punto di partenza è sempre l’equazione di campo della fisica classica, e cioè la equazione di Poisson
per il potenziale scalare gravitazionale che insieme alla seconda legge di Newton determina il moto
di una particella in uno spaziotempo piatto o euclideo.Einstein si accorse che la nuova teoria della
gravitazione doveva partire dalla equazione classica di Poisson e poi generalizzarla in una forma
più complessa, aumentando il numero dei potenziali gravitazionali e legandoli alla stessa metrica
dello spazio tempo.
L’equazione (di campo), dal punto di vista qualitativo, doveva connettere geometria e
materia/energia e quindi essere del tipo:
cioè,
14
In
generale
questo
non
è
vero
perché
un
campo
gravitazionale
è
centrale
e
quindi
non
uniforme.
15
Oppure
può
essere
essa
stessa
vista
come
una
forza
inerziale
o
apparente
alla
stessa
stregua
della
forza
centrifuga
e
di
quella
di
Coriolis.Sono
“forze”
che
dipendono
unicamente
dal
Sistema
di
Riferimento
scelto
e
possono
venire
annullate
(la
gravità,
localmente).
(2)
Se per “geometria” si intendevano le componenti del tensore metrico, per “materia” quindi si
doveva intendere il tensore energia – impulso16. I potenziali gravitazionali17 visti come incognite
del sistema di equazioni differenziali non lineari diventavano 10 (tenendo conto della simmetria) e
la meccanica si complicava molto.La coerenza con la teoria classica era garantita dal PdE che
permetteva alle equazioni di campo della RG di ridursi a quella di Poisson nell’ipotesi di “campo
debole”.L’influenza di Mach su queste equazioni sembra estrinsecarsi sulla fatto che i componenti
della metrica sono influenzati dalla materia dell’universo.
Einstein quindi propone il “Principio di Mach” (1918): “il campo G è completamente determinato
dalle masse dei corpi.Poiché massa ed energia sono secondo i risultati della teoria della relatività
speciale la stessa cosa, e l’energia è descritta formalmente dal tensore d’energia simmetrico (
), ciò significa che il campo G è fissato e determinato dal tensore d’energia della materia”
(6) pag. 1.
Si noti che qui Einstein intende per “campo G” (da non confondersi con la costante gravitazionale
“G” nelle equazioni di campo) la “condizione dello spazio descritta dal tensore fondamentale”, cioè
il tensore metrico che “determina le proprietà metriche dello spazio, il comportamento inerziale dei
corpi in esso…”.
Einstein già nel 1912 aveva considerato in un articolo che un guscio di materia sferico incrementa
la massa inerziale di un punto materiale posto al suo interno e, secondo questo modello, l’intero
universo agisce nello stesso modo su ogni punto materiale.
Tuttavia questa visione verrà inficiata successivamente dalla scoperta di soluzioni delle equazioni di
campo della RG anche in assenza di materia.Questo implica che una particella di test ha proprietà
inerziali anche in un universo senza materia (5 pag. 35). Da notare inoltre che la RG intesa come
teoria della gravitazione abbia dato luogo ad una nuova (almeno in senso quantitativo) scienza: la
cosmologia.
4)
La
legge
di
induzione
inerziale
di
Sciama
D.
Sciama
in
un
suo
famoso
articolo
(5)
scritto
nel
1952
afferma
che
lo
stesso
Einstein
riteneva
che
la
RG
non
avesse
affrontato
in
maniera
soddisfacente
l’origine
delle
proprietà
inerziali
della
materia.
Abbiamo
visto
nel
paragrafo
precedente
come
secondo
Einstein
il
Principio
di
Mach
agisce
nella
RG
tramite
l’influenza
della
materia
dell’universo,
rappresentata
dal
tensore
energia
–
impulso,
sulla
metrica
dello
spaziotempo.Tuttavia,
come
detto,
esistono
soluzioni
delle
equazioni
di
campo
anche
in
assenza
di
materia18
e
questo
in
contrasto
con
il
Principio
di
Mach
stesso.
Dunque
Sciama
propone
una
nuova
teoria
che
differisce
dalla
RG
in
tre
punti:
16
Einstein
ebbe
a
dire
che
il
primo
membro
dell’equazione
(la
geometria)
era
costituito
di
marmo
pregiato
mentre
il
secondo
di
legno
scadente
(la
materia).
17
I
potenziali
elettromagnetici
che
compaiono
nelle
equazioni
(lineari)
di
Maxwell
sono
solo
4
18
Scoperte
da
Willem
de
Sitter
in
assenza
di
materia
e
con
costante
cosmologica
positiva.Questa
soluzione
è
chiaramente
anti
-‐
machiana
perché
vede
nello
spazio
stesso
e
non
nella
materia
l’origine
dell’inerzia.
(1)
Permette
di
stimare
la
quantità
di
materia
dell’universo
dalla
conoscenza
della
costante
gravitazionale.
(2)
Il
Principio
di
Equivalenza
è
una
conseguenza
della
teoria
e
non
un
postulato.
(3)
La
teoria
implica
che
la
gravità
deve
essere
attrattiva.
(5)
pag.
1.
L’ipotesi
sull’origine
della
massa
inerziale
proposta
da
Mach
è
di
tipo
qualitativo.
Infatti
il
principio
di
Mach
si
può
esemplificare
nel
seguente
modo:
“L’origine
delle
forze
inerziali
risiede
nell’attrazione
gravitazionale
esercitate
dalle
masse
presenti
nell’universo”
(3)
pag.
499.
Sciama nel 1953 giunse ad una formula molto interessante. Egli utilizza l’analogia della gravità con
l’elettrodinamica e scrivere per l’azione reciproca tra due masse inerziali m1 e m2 una dipendenza
funzionale del tipo:
Il termine tra parentesi della (5) dovrebbe valere 1 dando ragione della validità dell’usuale
espressione di Newton
Come si vede in questa equazione l’influenza della massa dell’intero universo è nella costante tra
parentesi che dipende dalla densità dell’universo, dalla costante di Hubble e dalla costante di
gravitazionale di Newton. Il valore trovato per tale costante nella (5) è 0.3 mentre per riavere la nota
formula di Newton il suo valore deve essere 1.Possiamo anche dire che la (1) rappresenta la
componente “dinamica” dell’interazione gravitazionale mentre la legge della gravitazione
universale rappresenta la parte “statica” (2) pag.49. Da notare che Sciama utilizza la seconda legge
della dinamica di Newton non in forma relativistica (5) pag. 42.Si può anche calcolare che il 99%
dell’inerzia locale è dovuta alla materia che si trova a più di 10^8 anni – luce mentre il contributo di
Terra, Sole e Via lattea è rispettivamente di 10^-9, 10^-8 e 10^-7 (5) pag. 39.
Questo tentativo è molto interessante perché sposta il discorso da un’analisi qualitativa ad una
quantitativa. Il fatto che l’ordine di grandezza su base sperimentale (0.3) di tale costante sia lo
stesso di quello calcolato dalla teoria (1) ci induce a pensare che potrebbe essere una strada giusta
che potrebbe essere foriera anche di ulteriori risultati interessanti.
Conclusioni
In questo articolo si è mostrato come l’influenza di Mach si sia esplicitata sulla RS e sulla RG. Per
quest’ultima teoria tuttavia vi sono risultati in discrepanza con il Principio di Mach stesso e cioè vi
sono soluzioni in assenza di materia per particelle di test che manifestano proprietà inerziali.Questo
ha portato Sciama a sviluppare altre considerazioni dando una veste quantitativa alle considerazioni
di Mach nel caso della equazione della forza di Newton; i dati teorici danno un valore del parametro
che rappresenta l’azione delle masse dell’universo dello stesso ordine di grandezza di quello
sperimentale. In definitiva possiamo dire che se è netta l’influenza filosofica di Mach sulla RS e che
si concretizza nell’assenza di moti assoluti più complessa è la questione per la RG. La RG è una
teoria machiana nella “filosofia” di base esplicitata mediante le equazioni di campo che legano la
materia dell’universo alla curvatura dello spazio tempo ma, nel contempo, tale impostazione non è
completamente soddisfacente permettendo l’esistenza di proprietà inerziali anche in assenza di
materia.In questa ottica si inserisce la teoria di Sciama che cerca di dare un contenuto quantitativo
al Principio di Mach.
BIBLIOGRAFIA
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