In questo testo argomentativo, dopo una (non) accuratissima ricerca,
cercherò di dare la mia opinione secondo la quale -per quanto possa essere sbagliato- sia biasimabile il fatto che un linguaggio “rispettoso per tutti” non sia però “accessibile” a tutti, ovvero, una serie di motivazioni secondo il quale alcune fasce d’età non siano giustificate, ma meritino un goccio di empatia e spiegazione del background. Partiamo però dal capire cosa è definito linguaggio “rispettoso”
una definizione la dà il sito “isfol.it” che in pochissime parole dice:
“Per linguaggio non discriminatorio si intendono qui quelle forme
linguistiche e quel particolare lessico che non stereotipizza, non etichetta, non denigra, non cancella o omette e che riconosce e rispetta la dignità di ogni persona, a prescindere dal proprio status personale, sociale, economico e giuridico.”
“Una forma di lessico che non stereotipizza nessuno? Dove devo
firmare?” è il primo pensiero che mi è venuto in mente, ma è davvero possibile riuscire in questa impresa? Prima di tutto dovremmo attuare un enorme lavoro di revisione della lingua. Ovvero identificare e distinguere parole da qualsiasi minimo punto di vista discriminatorie verso qualsiasi minoranza e/o parole difficili o impossibili da modificare. Selezionarle e poi iniziare un duro e lunghissimo lavoro di trascrizione del vocabolario (questo potrebbe significare l’iniziare ad usare una lettera per il neutro o altre soluzioni quali l’eliminazione di ogni parola puntata a ferire e/o etichettare una persona per il proprio status personale). La mia risposta è sì, ma non ora, Sono completamente PRO all’uso di un un linguaggio puntato a non colpire la sensibilità di nessuno, linguaggio che anche se dalle nuove generazioni sta venendo masticato a dovere, dalle persone un po’ più vecchio stile, cresciute in ambienti rigidi (e/o sotto orientamenti politici che nell’ultimo secolo hanno dimostrato ben altro che “sensibilità” nei confronti di minoranze etniche e non) è decisamente più difficile da deglutire. Questo è dettato dal fatto che molti movimenti politici del fine 900 ai quali ho alluso, hanno affondato le loro radici nel razzismo “scientifico” e poi divulgato ad un Italia uscita dalla prima guerra mondiale (che viveva di lavoro e che aveva quasi metà della popolazione analfabeta -intorno al 46%- , e che quindi era decisamente più predisposta a credere a qualunque teoria pseudoscientifica -il razzismo scientifico è stato più volte smentito dalla scienza odierna-) un’ idea sbagliata di predominazione della razza bianca. Per non parlare della cultura patriarcale dal quale solo ora ci stiamo iniziando a distaccare! Patriarcato che ci “insegue” fin dai tempi di Aristotele (che definiva le donne nelle sue opere come moralmente, intellettualmente e fisicamente inferiori agli uomi) con la sua idea di donna che hanno come unico ruolo quello di servire gli uomini in casa e essere usate per la riproduzione, insomma un modello che ritroveremò ovunque da lì in poi per qualche millennio. E quindi è possibile pretendere da persone a cui è stato fin da piccoli inculcato una severa dottrina all’insegna dell’ignoranza del rispetto, una continuità su un ipotetico cambiamento radicale di linguaggio? Risposta breve: no. Per quanto la loro buona volontà sia tanta, dalle mie esperienze personali riguardanti il campo “adulti e cultura queer” posso affermare con estrema certezza che esistono rari casi di persone (guardi caso tutte strettamente legate a delle materie umanistiche o scientifiche “moderne” quali: psicologia, scienze della comunicazione e linguaggio, molte volte lettere etc) che sono informate e sensibilizzate all’argomento, ma la stramaggioranza vive nell’ignoranza e non posso fare altro che biasimarli, la colpa è colpa loro, e neanche dei loro genitori; ma del contesto in cui si sono trovati alla nascita e nel quale sono cresciuti, e glielo posso assicurare, per quanto sia forte la buona volontà molte volte non basta contro una mentalità chiusa e meccanizzata all’odio. E posso assicurarle anche che in parecchi casi le intenzioni di qualche “ignorantello” sono tutt’altro che maligne, si tratta di cattive abitudini, e le cattive abitudini, come le erbacce, sono difficili da estirpare.
In conclusione quello che ho provato a raggiungere con queste due scarne
pagine è: Comprendo chi esige che il linguaggio cambi, ma chiedo che venga fatto un ragionamento sulla storia dalla quale usciamo, dalla società dalla quale ci stiamo distaccando e dal fatto che non sia passato neanche un secolo dalla scorsa dittatura. Bisogna prenderci del tempo per far passare le generazioni passate, che a pranzo hanno sempre mangiato pane e odio.
La Continuità Topicale e Le Forme Di Riferimento Anaforico A Persone All'interno Di Narrazioni in Italiano L2. L'uso Dei Pronomi Da Parte Di Apprendenti Anglofoni