Sei sulla pagina 1di 26

TEORIA DEI CIRCUITI

Introduzione
Si consideri un sistema elettrico costituito da un certo numero di “componenti” (vedi figura 1).

Figura 1

Ciascun componente (A, B, C, D) è racchiuso all’interno di un contenitore da cui escono dei


terminali collegati elettricamente tra di loro mediante dei fili metallici (1, 2, 3, 4, 5). Tutto il sistema
è immerso nell’aria che è un mezzo isolante (σ=0). La regione costituita da tutto lo spazio meno
quello occupato dai componenti (spazio esterno ai componenti) è una regione a connessione
lineare semplice: presa una qualsiasi linea chiusa che giace in tale regione, esiste almeno una
superficie che si appoggia a tale linea che giace anch’essa tutta all’interno della regione considerata.

Si supponga che nello spazio esterno ai componenti sia possibile considerare contemporaneamente
nulla la derivata temporale della induzione magnetica e dello spostamento elettrico. Se tale
condizione non è rispettata occorre considerare il fenomeno della propagazione delle onde. Se
invece ci sono regioni nelle quali una delle due derivate è diversa da zero è possibile trattare tale
dominio come un componente collegato mediante i sui terminali al resto del circuito.
Si consideri quindi la circuitazione del campo elettrico relativa ad una qualsiasi linea chiusa L che
giace nello spazio esterno ai componenti. Risulta :
d
 E  dl  
L
dt
0 (1a)

Dalla (1a) segue che la circuitazione del campo elettrico lungo una linea che congiunge due punti
qualsiasi P1 e P2, rimanendo sempre nello spazio esterno ai componenti, non dipende dalla
particolare linea scelta ma unicamente dai punti P1 e P2 (si dice che il campo elettrico è
conservativo) e viene chiamata differenza di potenziale tra il punto P1 ed il punto P2 :
P2 P2

 E  dl   E  dl  v
P 1, L 1 P 1, L 2
12 (1b)
Si consideri una superficie chiusa S qualsiasi che giace nello spazio esterno ai componenti, risulta :

Circuiti-definizioni - 1
 D 
S
  t   nˆdS  0   J  nˆdS  0
 J 
S
(1c)

La densità volumetrica di corrente elettrica, nello spazio esterno ai componenti è nulla ovunque
tranne che all’interno delle connessioni metalliche. In particolare si consideri una superficie S che
racchiude al suo interno solo un tratto di connessione metallica; dalla (1c) segue che la corrente che
circola in quella connessione, non dipende dal punto considerato della connessione, ma è una
caratteristica della connessione.
Data una generica sezione S orientata (e quindi dotata di normale) di un conduttore, e sia Q la
quantità totale di carica elettrica che attraversa la superficie S, nella direzione individuata dalla
normale, nell’intervallo di tempo t. Si definisce corrente i la quantità:
lim Q
i
t  0 t (1d)
La corrente i può quindi essere interpretata come il flusso di carica che attraversa la superficie S
nell’unità di tempo nella direzione individuata dalla normale alla superficie S.
Nessun sistema elettrico reale verifica esattamente le ipotesi assunte per quello sopra descritto ; tali
ipotesi sono però soddisfatte con buona approssimazione per molti sistemi elettrici reali, per
descrivere i quali si fa uso di un modello ideale che prende il nome di circuito elettrico a costanti
concentrate. In particolare, per tali sistemi, la circuitazione del campo elettrico lungo una linea che
congiunge due punti non è indipendente dalla linea scelta, ma la dipendenza è così piccola che
risulta trascurabile a tutti gli effetti pratici. In tal caso, invece di parlare di differenza di potenziale,
per indicare l’approssimazione fatta, si preferisce parlare di tensione tra i due punti.

Definizioni e Leggi di Kirchhoff


Un circuito elettrico a costanti concentrate, o rete elettrica, è un insieme di componenti elettrici
ideali descritto dalle leggi di Kirchhoff. Nel seguito, per semplicità, con la parola circuito elettrico si
intenderà circuito elettrico a costanti concentrate. La validità dell’assunzione di ‘costanti
concentrate’ è valida se la lunghezza caratteristica del circuito L è molto minore rispetto alla
lunghezza d’onda λ del segnale presente in tale circuito: L<<λ.
Un componente elettrico ideale (vedi figura 2) è caratterizzato da un numero di terminali, o
morsetti.

i1 1
v 12
i2
A
2
i3 v 23
3

Fig. 2 Componente a tre terminali

A ciascun terminale è associata una corrente che è univocamente definita, in valore e segno, una
volta che sia stato arbitrariamente scelto il suo verso positivo (indicato dalla freccia): una corrente i 1
= 2 significa che una corrente di intensità pari a 2 Ampère entra nel componente A attraverso il
terminale 1, viceversa, una corrente i1 = - 2 significa che una corrente di intensità pari a 2 Ampère
esce dal componente A attraverso il terminale 1.
Ad ogni coppia di terminali è associata una tensione che è univocamente definita, in valore e segno,
una volta che sia stato arbitrariamente scelto il terminale di riferimento (indicato col segno -): una
tensione v12 = 2 significa che il terminale 1 si trova ad un potenziale superiore di 2 Volt rispetto a

Circuiti-definizioni - 2
quello del terminale 2, viceversa una tensione v12 = - 2 significa che il terminale 1 si trova ad un
potenziale inferiore di 2 Volt rispetto a quello del terminale 2.
Un componente con 2 terminali viene chiamato bipolo. Nel seguito, per semplicità, si supporrà che i
circuiti in esame siano costituiti di soli bipoli; se ciò non fosse vero, si può pensare di ricondursi
alla ipotesi, sostituendo i componenti con più di due terminali con opportuni circuiti equivalenti
costituiti da soli bipoli: ciò è sicuramente possibile mediante l'introduzione di generatori controllati
(che verranno definiti nel seguito).
I terminali dei componenti sono collegati tramite connessioni ideali, caratterizzate dall'avere una
tensione nulla ai loro capi (vedi figura 3).

1 2

Fig. 3 Connessione ideale (v = 0)

Un nodo di un circuito elettrico è un punto a cui sono collegati 2 o più terminali, oppure è un
terminale isolato. Il circuito della figura 4 è costituito da cinque bipoli; collegati a 4 nodi (A, B, C,
D).
vAB
+ - B
A 2
- - +

vDA 1 3 vCB 5 vBD


vDC + -
+
+ -
D 4 C

Figura 4. Circuito con 5 elementi e 4 nodi.

Si definisce ramo un tratto di circuito che unisce due nodi.


Si definisce maglia una sequenza di rami che individua un percorso chiuso.
Si definisce sequenza chiusa di nodi una successione di nodi tale che il primo nodo coincide con
l'ultimo.

La Legge di Kirchhoff delle Tensioni (LKT) afferma che per una qualsiasi sequenza chiusa di
nodi la somma algebrica delle tensioni (tra due nodi successivi) è nulla. Questa affermazione deriva
direttamente dalla conservatività del campo elettrico E (eq 1a).
La LKT applicata ad una maglia del circuito afferma che la somma algebrica delle tensioni di ramo
è nulla.

Con riferimento al circuito della figura 4, applicando la LKT alla sequenza chiusa di nodi ABCD si
ottiene la seguente equazione:

 v v v  v 0
AB CB DC DA
(2)

Circuiti-definizioni - 3
Le tensioni di nodo di un circuito sono le tensioni dei nodi del circuito rispetto ad un nodo di
riferimento, la cui scelta è arbitraria. La LKT permette di scrivere la tensione tra una qualsiasi
coppia di nodi del circuito in funzione delle tensioni di nodo: con riferimento alla figura 4,
supponendo di scegliere il nodo A come nodo di riferimento, ed indicando con eB ed eC le tensioni
di nodo dei nodi B e C ( eB vBA ;eC vCA ) è possibile scrivere:

vBC  vBA  vCA eB eC (3)

La sequenza chiusa di nodi ABCDA individua un percorso chiuso attraverso i componenti del
circuito: i tratti di tale percorso all'interno di ciascun componente vengono detti rami ed il percorso,
maglia. Applicando la LKT alla maglia ABCDA, tenendo conto dei versi positivi scelti per le
tensioni ai capi dei componenti (tensioni di ramo) si ottiene la seguente relazione:

v2 v3 v4  v10 (4)

La LKT applicata ad una maglia del circuito afferma che la somma algebrica delle tensioni di ramo
è nulla.

La legge di Kirchhoff delle Correnti (LKC) afferma che per ogni superficie chiusa che interseca
unicamente le connessioni tra i componenti, e non i componenti stessi, la somma algebrica delle
correnti che attraversano la superficie è nulla. Questa affermazione deriva dal principio di
conservazione della carica elettrica.

Si consideri in primo luogo una superficie chiusa che racchiuda al suo interno solo un bipolo (vedi
figura 5a).

1 2

i1 i2

Fig. 5a. Legge di Kirchhoff delle correnti applicata ad un bipolo.

La corrente i1 entra nella superficie indicata con la linea tratteggiata S nella figura, mentre la
corrente i2 esce da tale superficie; la LKC afferma quindi che deve essere: i 2  i 1 .Tenendo conto di
ciò, con riferimento alla figura 5b si consideri la superficie chiusa la cui rappresentazione nel piano
del disegno è la linea tratteggiata S1.

Circuiti-definizioni - 4
S1 S2
i2 B
A 2
i1 i3

1 3 5

i4 i5
D 4 C

Figura 5b. Legge di Kirchhoff delle correnti.

Le correnti che attraversano tale superficie sono la corrente i2 e la corrente i4 che entrano nella
superficie e la corrente i5 che esce, per cui la LKC applicata a tale superficie permette di scrivere la
seguente equazione:

 i2 i4  i5 0 (6)

Si consideri la superficie chiusa la cui rappresentazione nel piano del disegno è la linea tratteggiata
S2: tale superficie racchiude al suo interno solo il nodo B e la LKC ad essa associata afferma che la
somma algebrica delle correnti dei rami che escono dal nodo B è nulla:

i2 i3 i5 0 (7)

Le due leggi di Kirchhoff, delle tensioni e delle correnti, permettono di scrivere delle
equazioni lineari tra le tensioni e le correnti che non dipendono dalla natura dei componenti
presenti nel circuito, ma unicamente da come essi sono collegati tra di loro (topologia del
circuito).

Potenza assorbita da un componente


Si consideri un generico componente U ad n terminali schematizzato in figura 6. Il componente U,
alimentato da un sistema di tensioni ai morsetti v1(t), v2(t), v3(t), ……., vn(t), assorbe le correnti i1(t),
i2(t), i3(t), ……., in(t).
i1 v1 1
i2 v2
A 2
i3 v3 vi’ 3
U
. U
. .
. vAB i
.
. vi’’ .
.
. .
in vn B n .
.

Figura 6. Figura 7.
La potenza (istantanea) assorbita dal componente in un generico istante t, si definisce come:

Circuiti-definizioni - 5
v i .
n

pa  k k (8)
k 1

La potenza assorbita definita nella (8) è indipendente dal particolare riferimento utilizzato per
definire le tensioni dei morsetti. Infatti, siano v1’, v 2’, v3’, ……., vn’ e v1’’, v 2’’, v3’’, ……., vn’’ le
tensioni dei terminali del componente U avendo preso come riferimento rispettivamente i generici
nodo A ed B. Considerato il generico morsetto k, applicando la legge di Kirchhoff delle le tensioni
alla sequenza chiusa di nodi A-B-k-A (fig. 7).si ottiene:

vi’’ = vi’ + vAB

Utilizzando il nodo B come riferimento per le tensioni di nodo, la potenza pa’’ assorbita dal
componente U può essere espressa come:

  i
n n n

pa ' '  vk ' ' ik  vk ' ik  vAB ' k (9)


k 1 k 1 k 1

Tenuto conto che, per la legge di Kirchhoff delle correnti, la somma algebrica delle correnti ik
entranti nel componente U è nulla, la (9) diventa:

v ''i  v 'i
n n

pa ' '  k k k k
 pa ' . (10)
k 1 k 1

La (10) dimostra come la definizione di potenza assorbita fornita dalla (8) sia indipendente dal
riferimento per le tensioni dei morsetti. Utilizzando come riferimento il morsetto n-esimo, la (8)
diventa:

n 1

p a v i .
k 1
kn k (11)

Il termine vknik che compare nella sommatoria a secondo membro della (11) può essere interpretato
come la potenza fornita al componente U attraverso la coppia di morsetti k-n.
i

+ -
v

Fig. 8. Versi di riferimento per la tensione e la corrente di ramo secondo la convenzione


dell’utilizzatore.

Facendo riferimento a versi associati di tensione e corrente (fig. 8), in base alla (11) la potenza
elettrica assorbita da un bipolo in un generico istante t, il prodotto tra la tensione presente ai suoi
terminali all'istante t e la corrente che lo attraversa in quell'istante:

pa  v i (12)

Quando la potenza così definita è positiva il bipolo assorbe potenza; quando invece è negativo il
bipolo eroga potenza

Circuiti-definizioni - 6
I versi positivi per la tensione di ramo e la corrente di ramo illustrati in fig. 8 sono fissati secondo la
convenzione dell’utilizzatore, che, una volta scelto il verso positivo della tensione, fissa come verso
positivo della corrente quello che porta da nodo con tensione maggiore a quello con tensione
minore.
E’ possibile introdurre una convenzione diversa da quella dell’utilizzatore: la convenzione del
generatore. Secondo tale convenzione, una volta scelto il verso positivo della tensione, viene fissato
come verso positivo della corrente quello che porta da nodo con tensione minore a quello con
tensione maggiore (vedi fig. 9).

- +
v

Fig. 9. Versi di riferimento per la tensione e la corrente di ramo secondo la convenzione del
generatore.

Per un bipolo per il quale si sia adottata la convenzione del generatore, il prodotto :

pe  v i (13)

assume il significato di potenza erogata. Quando tale prodotto è positivo il bipolo eroga potenza;
quando invece è negativo il bipolo assorbe potenza.
Utilizzando il teorema di Tellegen è possibile dimostrare come, dato un circuito elettrico, la
potenza complessiva erogata dai generatori, dipendenti e indipendenti, eguagli quella assorbita dai
componenti passivi. Tale teorema viene spesso chiamato ‘teorema di additività delle potenze’ o di
Boucherot. In questa sede non viene data dimostrazione di quanto appena affermato. Dal punto di
vista ‘intuitivo’ si può dire che la potenza complessiva assorbita dai componenti passivi presenti in
un circuito, deve essere fornita loro dai generatori presenti nel circuito stesso, quindi la potenza
totale erogata eguaglia quella totale assorbita.

COMPONENTI ELETTRICI

Nel seguito vengono descritte e discusse le equazioni costitutive e le proprietà fondamentali di


alcuni tra i componenti di impiego più diffuso in elettrotecnica.
I componenti elettrici sono soggetti a diverse classificazioni, in base alle loro proprietà.
Un componente viene detto passivo quando l’energia Ea assorbita da esso, ottenuta integrando nel
tempo la potenza assorbita pa, è in qualsiasi istante maggiore o uguale a zero:
t

Ea (t ) 
 p  d  0

a
t (18)

La (18) implica che un componente passivo può assorbire potenza pa negativa (ovvero può erogare
potenza) solo se può attingere ad una energia interna precedentemente immagazzinata. Un
componente che non gode della proprietà (18) si dice attivo.
Un componente per il quale sia possibile esprimere la tensione in funzione della corrente, ovvero sia
possibile scrivere la legge costitutiva nella forma:
v  vi 
viene detto componente controllato in corrente.

Circuiti-definizioni - 7
Un componente per il quale sia possibile esprimere la corrente in funzione della tensione, ovvero sia
possibile scrivere la legge costitutiva nella forma:
i  iv 
viene detto componente controllato in tensione.
Un componente viene detto senza memoria se nella legge costitutiva che ne descrive il
comportamento ad un generico istante t esprime una relazione tra i valori delle tensioni e delle
correnti all’istante t.
Se invece la legge costitutiva che descrive il comportamento del componente ad un generico istante
t coinvolge valori delle tensioni e delle correnti in istanti precedenti all’istante t, il componente
viene detto con memoria.

Resistore lineare
R
i

Figura 10 Resistore lineare

Il simbolo del resistore lineare è indicato nella figura 10. Con riferimento a versi associati di
tensione e corrente, la legge costitutiva del resistore è la seguente (prima legge di Ohm):

v R i (19)

dove R è una costante chiamata resistenza del resistore (misurata in Ohm []).
Il valore della resistenza può essere calcolata utilizzando la seguente espressione (seconda legge di
Ohm).
l (19b)
R
S
Dove ρ è la resistività caratteristica del mezzo materiale, l è la lunghezza ed S la sezione.
L'espressione della potenza elettrica assorbita segue dalla (12) e risulta:

pRi 2 (20)

Se la resistenza R è positiva, la potenza elettrica assorbita risulta essere sempre positiva od al più
nulla, quando la corrente è nulla; in base alla (18) il resistore è quindi un componente passivo. Un
filo di rame di lunghezza L e sezione S può essere modellato per mezzo di un resistore di resistenza
R pari a  L / S, in cui la potenza elettrica assorbita viene trasformata in energia interna del sistema
e ceduta interamente all'ambiente circostante sotto forma di calore, se la temperatura del filo viene
mantenuta costante.
Dalla (19) segue che se è nota la corrente che circola sul resistore lineare è nota anche la tensione ai
capi del resistore; il resistore lineare è quindi un componente controllato in corrente. Dalla (19)
segue inoltre che se R è diversa da zero, quando è nota la tensioni ai capi del resistore, è anche nota
la corrente che lo attraversa, pari a v/R; il resistore lineare è anche controllato in tensione. Il
resistore lineare è quindi un componente controllato sia in tensione che in corrente.
La connessione ideale, illustrata nella figura 3 ed anche chiamata corto circuito, può essere
considerata un resistore lineare di resistenza nulla, come tale risulta essere un componente
controllato in corrente, ma non in tensione; infatti ad un unico valore di tensione corrispondono
infiniti valori possibili della corrente. Viceversa, un circuito aperto, il cui simbolo è rappresentato
Circuiti-definizioni - 8
nella figura 11, può essere considerato come un resistore di resistenza infinita e come tale è un
componente controllato in tensione, ma non in corrente: infatti all'unico valore possibile della
corrente (0) corrisponde una infinità di valori possibili della tensione ai capi del circuito aperto.

Figura 11 Circuito aperto

Due o più resistori si dicono collegati in serie quando sono percorsi dalla stessa corrente. Facendo
riferimento alla fig. 12, è possibile scrivere la legge costitutiva dei tre resistori R1, R2, R3, percorsi
dalla stessa corrente corrente i:

v AB  R1i , vBC  R2i , vCD  R3i .


v

R1 R2 R3 Req= R1+ R2+ R3


i i
A B C D A
D

vAB vBC vCD v

Figura 12 Resistori collegati in serie

Tenuto conto che, per la LKT, la tensione v tra i morsetti iniziali e finali della serie A e D vale:

v  vAB  vBC  vCD ,

risulta anche che:

v  R1  R2  R3 i  Reqi ,

dove la resistenza Req= R1,+ R2,+R3 viene definita resistenza equivalente della serie. I tre resistori in
serie si comportano quindi come un unico resistore con resistenza pari ad Req. Il ragionamento può
essere generalizzato al caso di n resistori in serie, che hanno una resistenza equivalente Req pari alla
somma delle resistenze che costituiscono la serie:

R .
n

Req  (21)
i
i 1

Circuiti-definizioni - 9
v

R1 R2
i
B
A B

v1 v2

Figura 13 Partitore di tensione


Si considerino ora due resistori R1,ed R2,, disposti in serie, come illustrato in fig. 13, ed equivalenti
ad Req= R1,+ R2. La corrente i che attraversa i due resistori vale:

v v
i 
Req R1  R2

Le tensioni v1,e v2 ai capi dei due resistori R1,ed R2,, valgono quindi:

R1
v1  R1i  v, (22.a)
R1  R2

R2
v2  R2i  v. (22.b)
R1  R2

Le (22) mostrano che la serie di resistori R1,ed R2 si comporta come un partitore di tensione.
Due o più resistori si dicono collegati in parallelo quando la tensione ai loro capi è la stessa (fig.
14). Le leggi costitutive dei tre resistori R1, R2, R3, in fig.11 soggetti alla stessa tensione v possono
essere scritte nella forma:

i1  v R1 , i2  v R2 , i3  v R3 .

Per la LKC applicata alla superficie chiusa S in fig. 14 vale inoltre:

i  i1  i2  i3 .

Si ricava quindi:

i  1 R1  1 R2  1 R3 v 
v
,
Req

dove Req  1 R1  1 R2  1 R3  viene definita resistenza equivalente del parallelo.


1

Circuiti-definizioni - 10
i S
i
i1 i2 i3

v v
-1
R1 R2 R3 Req=(1/ R1 +1/ R2 +1/ R3)

Figura 14 Resistori collegati in parallelo

E’ possibile generalizzare al caso di un parallelo di n resistori: in tal caso, la resistenza equivalente


Req è pari all’inverso della somma degli inversi delle resistenze che costituiscono il parallelo:
1
 1 

n
(23)
Req   .
 Ri 
 i 1

i1 i2

R1 R2

Figura 15 Partitore di corrente

Si considerino i due resistori R1,ed R2,, disposti in parallelo, illustrati in fig. 15, ed equivalenti ad
Req= (1/R1, + 1/R2)-1. La tensione v ai morsetti del parallelo vale:

R1 R2
v  Reqi  i
R1  R2

Le correnti i1,+ i2,, che attraversano i due resistori R1,ed R2,, valgono quindi:

v R2
i1   i, (24.a)
R1 R1  R2

v R1
i2   i. (24.b)
R2 R1  R2

Le (24) illustrano il comportamento da partitore di corrente assunto dal parallelo dei resistori R1,ed
R2.

Trasformazioni stella-triangolo e triangolo-stella

Circuiti-definizioni - 11
Nella figura 15a sono mostrati tre resistori collegati a stella; nella figura 15b sono mostrati tre
resistori collegati a triangolo. Entrambi i sistemi costituiscono un tripolo che viene collegato al
circuito esterno attraverso i tre terminali A, B e C. Facendo uso delle Leggi di Kirchhoff e delle
relazioni costitutive dei resistori è possibile dimostrare che, per quanto riguarda le correnti ai
terminali (iA, iB e iC), è possibile sostituire tre resistori collegati a stella con tre resistori, di valore
opportuno, collegati a triangolo e viceversa. La sostituzione va intesa nel senso che qualunque sia il
sistema di tensioni applicate ai terminali A, B e C il sistema di correnti assorbito dai due carichi è lo
stesso.

A B C A B C

iA iB iC
iA iB iC RAB RBC

RA RC iAB iBC
RB

iCA
RCA
O
Figura 15a. Figura 15b.

Con riferimento alle figure 15a e 15b, le espressioni delle resistenze equivalenti per le
trasformazioni stella-triangolo e triangolo-stella sono le seguenti dove è indicata con G la
conduttanza, cioè l’inverso della resistenza R.

Trasformazione triangolo-stella Trasformazione stella-triangolo


R AB R CA G AGB R R  R A RC  RB RC
RA  G AB  ; R AB  A B
R AB  R BC  R CA G A  G B  GC RC
R BC R AB G B GC R R  R A RC  RB RC
RB  G BC  ; RBC  A B
R AB  R BC  R CA G A  G B  GC RA
R CA R BC GC G A R R  R A RC  RB RC
RC  GCA  ; RCA  A B
R AB  R BC  R CA G A  G B  GC RB

Induttore lineare
L
i

+ -
v

Figura 16 Induttore

Il simbolo dell'induttore lineare è indicato nella figura 16, la sua legge costitutiva è la seguente:

Circuiti-definizioni - 12
di
vL
dt (25)

dove L è una costante chiamata induttanza dell'induttore (misurata in Henry [H]).


Un induttore è costituito tipicamente da un filo conduttore avvolto su di un supporto di materiale
ferromegnetico. Per la legge della circuitazione magnetica, una corrente che percorra l’induttore
crea un campo magnetico e di conseguenza un flusso di induzione magnetica ΦB. Se il campo
magnetico è variabile nel tempo, per la legge della circuitazione elettrica, ai capi dell’induttore si
genera una forza elettromotrice indotta d B . Se il mezzo materiale è lineare, il flusso di
dt
induzione magnetica è direttamente proporzionale alla corrente. Si può quindi introdurre una
costante L detta induttanza tale per cui

d B d ( Li) di
v  L
dt dt dt (25b)

L'espressione della potenza elettrica assorbita segue dalla (12) e risulta:

d 1 2 (26)
p  Li 
dt  2 

1
La (26) mostra che l’energia elettrica assorbita dall'induttore vale Em  Li 2 ; tale energia è
2
univocamente determinata dal valore della corrente i che attraversa l’induttore, ed è per tale motivo
conservativa. L’energia assorbita Em viene quindi immagazzinata come di energia elettromagnetica
nell'induttore e, una volta immagazzinata, può essere interamente restituita ai componenti del
circuito cui è collegato l'induttore durante un transitorio successivo. L’energia assorbita Em è sempre
positiva, e in base alla (18) l’induttore risulta essere un componente passivo. La potenza elettrica
assorbita dall'induttore può invece assumere valori sia positivi che negativi.
Un avvolgimento costituito da N spire finemente avvolte sopra un nucleo toroidale di materiale
ferromagnetico dolce, qualora l'intensità della corrente che lo percorre non sia troppo elevata, in
modo da poter trascurare la saturazione del materiale ferromagnetico, può essere modellato come un
resistore ed un induttore collegati in serie (vedi fig. 17).
Il campo magnetico prodotto dalla corrente i, a causa dell'elevato valore della permeabilità
magnetica () del materiale di cui è costituito il nucleo toroidale dell'avvolgimento, tende a
concentrarsi in tale regione. La potenza elettrica assorbita dall'induttore reale, viene in parte
trasformata in energia interna per effetto Joule (e quindi ceduta all'ambiente sotto forma di calore, se
la temperatura del sistema viene mantenuta costante) ed in parte immagazzinata nel campo
magnetico presente all'interno del nucleo toroidale.
i
+

i
L

Circuiti-definizioni - 13
Figura 17 Induttore reale

E’ possibile dimostrare che l’energia elettromagnetica immagazzinata dall'induttore vale:


1 2 1
Li   H 2 dV
2 2 (27)
Vtor o

Per sottolineare il fatto che alla energia elettromagnetica Em è associato un campo magnetico, tale
energia viene più specificatamente chiamata energia magnetica immagazzinata nell'induttore.
L'equazione costitutiva dell'induttore (25) permette in ogni istante, se è noto il valore della tensione
ai suoi capi, di calcolare la derivata temporale della corrente che lo attraversa lasciandone però
completamente indeterminato il valore. Il valore della corrente individua univocamente l'energia
magnetica immagazzinata nell'induttore e dipende dal transitorio subìto dall'induttore nel periodo
precedente all'istante di tempo che si considera. Infatti, integrando nel tempo la (25), supponendo
che all'istante -, quando è stato assemblato il circuito ed è iniziato il transitorio, la corrente
sull'induttore fosse nulla, si ottiene:

 v d
1
i (t ) (28)
L


La (28) mostra che il valore della corrente all'istante t dipende dal valore della tensione in tutti gli
istanti precedenti. L'induttore è quindi un componente con memoria. Il valore della corrente che
attraversa l'induttore individua univocamente l'energia magnetica immagazzinata al suo interno e
perciò costituisce la sua variabile di stato.
Con procedimento analogo a quello visto per i resistori, si dimostra facilmente che n induttori
disposti in serie sono equivalenti ad un unico induttore con induttanza equivalente:

L
n

Leq  i (serie), (29)


i 1

e che n induttori disposti in parallelo sono equivalenti ad un unico induttore con induttanza
equivalente:
1
 1

n

Leq    (parallelo). (30)


 i 1
Li 

Condensatore lineare
C
i

+ -
v

Figura 18 Condensatore

Circuiti-definizioni - 14
Il simbolo del condensatore è indicato nella figura 18, la sua legge costitutiva è la seguente:

dv
iC
dt (31)

dove C è una costante chiamata capacità del condensatore (misurata in Farad [F]).
Nell’accezione più generale un condensatore è costituito da due piastre conduttive piane (armature)
separate da un mezzo dielettrico. La carica elettrica q(t) immagazzinata dal condensatore è una
funzione della differenza di potenziale v(t) che esiste tra le due armature.

q(t )  f (v(t ) )
(31a)
La corrente che fluisce attraverso il condensatore è pari a
dq(t ) d ( f (v(t ))
i 
dt dt (31b)

Se il mezzo dielettrico è lineare, esiste una proporzionalità diretta tra la carica immagazzinata q(t) e
la differenza di potenziale v(t). In questo caso si può scrivere

dq(t ) d ( f (v(t )) d (Cv(t )) dv(t )


i   C
dt dt dt dt (31c)

Per un condensatore lineare piano ad armature parallele, la capacità C può essere calcolata (in prima
approssimazione) come
S
C 
d (31d)

Dove ε è la permettività del mezzo dielettrico, d è la distanza tra le armature ed S la superficie


dell’armatura.
L'espressione della potenza elettrica assorbita segue dalla (12) e risulta:

d 1 2
p  Cv  (32)
dt  2 
1
La (25) mostra che l’energia elettrica assorbita dal condensatore vale Ee  Cv 2 ; tale energia è
2
univocamente determinata dal valore della tensione v ai morsetti del condensatore, ed è per tale
motivo conservativa. L’energia assorbita Ee viene quindi immagazzinata come energia
elettromagnetica nel condensatore. Una volta immagazzinata, può essere interamente restituita ai
componenti del circuito cui è collegato il condensatore durante un transitorio successivo. L’energia
assorbita Ee è sempre positiva, e in base alla (18) il condensatore risulta essere un componente
passivo. La potenza elettrica assorbita dal condensatore può invece assumere valori sia positivi che
negativi.
Un condensatore reale, costituito da due armature in materiale conduttore accoppiate
elettrostaticamente e separate da un dielettrico può essere modellato con un condensatore ideale in
parallelo ad una resistenza (vedi fig. 19). Tale resistenza, di valore solitamente molto elevato, serve
a rappresentare gli effetti di fenomeni dissipativi e quelli della conducibilità bassa, ma non nulla, nel
dielettrico.

Circuiti-definizioni - 15
A i

A
v C

R
B

Figura 19 Condensatore cilindrico

Quando una carica q viene spostata tramite una connessione elettrica dalla armatura esterna
(collegata al terminale A) a quella interna (collegata al terminale B), la regione di spazio occupata
dall'isolante interposto tra le armature del condensatore è sede di un campo elettrico. E’ possibile
dimostrare la seguente relazione:


1 2 1 2
Cv   E dV
2 2 (33)
Vis olante

dove  è la costante dielettrica dell'isolante. La potenza elettrica assorbita dal condensatore


cilindrico viene quindi immagazzinata nel campo elettrico presente nell'isolante tra le armature del
condensatore. Per sottolineare il fatto che alla energia elettromagnetica Ee è associato un campo
elettrico, tale energia viene più specificatamente chiamata energia elettrostatica immagazzinata nel
condensatore.
Le relazioni (31, 32, 33) mostrano come esista una relazione di dualità tra il condensatore e
l'induttore; infatti è possibile ottenere le relazioni caratteristiche di un componente da quelle
dell'altro, scambiando tra di loro i simboli della tensione con la corrente, dell'induttanza con la
capacità, del campo magnetico con il campo elettrico e della permeabilità magnetica con la costante
dielettrica.
Analogamente all'induttore, anche il condensatore è un componente con memoria; integrando la
(31) dall'istante -, in cui è stato assemblato il circuito ed in cui la tensione ai capi del condensatore
si è supposta nulla, al generico istante t si ottiene:

 i d
1
v(t ) (34)
C


La (34) mostra che il valore della tensione in un generico istante t dipende dal valore della corrente
in tutti gli istanti precedenti. Il valore della tensione ai capi del condensatore individua
univocamente l'energia elettrica immagazzinata al suo interno e perciò rappresenta la sua variabile
di stato.
Con procedimento analogo a quello visto per i resistori, si dimostra facilmente che n condensatori
disposti in serie sono equivalenti ad un unico condensatore con capacità equivalente:

Circuiti-definizioni - 16
1
 1

n

Ceq    (serie), (35)


 i 1
Ci 

e che n induttori disposti in parallelo sono equivalenti ad un unico induttore con induttanza
equivalente:

C
n

Ceq  i
(parallelo). (36)
i 1

Generatore indipendente di tensione

Figura 20 Generatore indipendente di tensione: tre diverse rappresentazioni grafiche.

Il simbolo del generatore indipendente di tensione è indicato nella figura 20; la tensione impressa E
del generatore (o forza elettro-motrice del generatore) (misurata in V) è una funzione nota del
tempo. Con riferimento ai versi positivi delle grandezze indicati nella figura, l'equazione costitutiva
del generatore indipendente di tensione è la seguente:

v E (37)

L'espressione della potenza elettrica erogata segue dalla (13) e risulta:

p Ei (38)

La potenza elettrica erogata risulta quindi positiva o negativa a seconda che la corrente attraversi il
generatore nel verso concorde o opposto rispetto a quello della tensione impressa. Il generatore
indipendente di tensione è quindi in grado di assorbire od erogare una potenza elettrica di valore
qualsiasi, mantenendo comunque inalterato il valore della tensione ai suoi capi. Pertanto, tale
componente è un componente attivo.
Una batteria può essere modellata elettricamente mediante lo schema illustrato nella figura 21,
costituito da un resistore e da un generatore indipendente di tensione collegati in serie.

E0 Ri
i

+ -
v

Figura 21 Modello circuitale di una batteria

Circuiti-definizioni - 17
Il generatore di tensione permette, ad esempio, di simulare la trasformazione di energia chimica in
elettrica e viceversa che avviene all'interno della batteria; la tensione impressa E0 è pari alla tensione
ai capi della batteria durante il funzionamento a vuoto (quando non eroga corrente). La resistenza R i
del resistore, viene detta resistenza interna della batteria e permette di simulare la dissipazione di
energia elettrica, per effetto Joule, in calore che viene ceduto all'ambiente circostante, che
accompagna il passaggio della corrente nella batteria.

Generatore indipendente di corrente

Figura 22 Generatore di corrente: due rappresentazioni grafiche.

Il simbolo del generatore indipendente di corrente è indicato nella figura 22; la corrente impressa
del generatore (ig) (misurata in A) è una funzione nota del tempo. Con riferimento ai versi positivi
delle grandezze indicati nella figura, l'equazione costitutiva del generatore di corrente è la seguente:

iig (39)

L'espressione della potenza elettrica erogata segue dalla (14) e risulta:

pvig (40)

La potenza elettrica erogata risulta quindi positiva o negativa a seconda che la tensione ai capi del
generatore abbia verso concorde o discorde rispetto a quello della corrente impressa. Il generatore
indipendente di corrente è quindi in grado di assorbire od erogare una potenza elettrica di valore
qualsiasi, mantenendo comunque inalterato il valore della corrente che lo attraversa.
A differenza dei componenti visti in precedenza, non esiste un componente elettrico reale che venga
modellato elettricamente, con buona approssimazione, da un solo generatore di corrente. Il
generatore di corrente interviene invece nel circuito elettrico equivalente di svariati dispositivi
elettronici, ed è inoltre utile a rappresentare alcuni particolari fenomeni fisici quali carica e scarica
di induttori.

N-poli e doppi bipoli


Come già detto, un n-polo è un componente ad n morsetti che lo connettono con l’esterno. Per
definire il comportamento di un componente ad n morsetti,è in generale necessario individuare n
equazioni che mettano in relazione le n tensioni di nodo con le n correnti assorbite dal componente
(vedi fig. 6). Una prima equazione viene fornita dalla LKC, che applicata ad una superficie
contenente unicamente il componente considerato, afferma che la somma algebrica delle correnti
entranti nel componente è nulla. Le rimanenti n-1 equazioni costituiscono le leggi costitutive del
componente.

Circuiti-definizioni - 18
Un particolare tipo di n-polo è il componente ad 4 morsetti illustrato in fig. 23, detto doppio bipolo
o bi-porta.

i1 i2
1 2
v1 v2
1’ 2’
i’1 i’2

Figura 23 Doppio bipolo

Il doppio bipolo è caratterizzato dalla condizione:

i’1 = i1 ; i’2 = i2,

che implicitamente soddisfa i requisiti imposti dalla LKC. La coppia di morsetti, o porta, 1-1’ viene
generalmente detta ingresso, mentre la coppia di morsetti, o porta, 2-2’ viene detta uscita. Le
correnti i1 e i2 e le tensioni v1 e v2, vengono rispettivamente dette correnti e tensioni di porta.
Per definire il comportamento del doppio bipolo è necessario fornire 2 leggi costitutive del tipo:

f1(v1, v2, i1 , i2 ) = 0; f2(v1, v2, i1 , i2 ) = 0.

In base alla (8), la potenza assorbita da un doppio bipolo vale:

pa v1 i1 v2 i2 (41)

Doppi bipoli resistivi lineari


Un doppio bipolo resistivo lineare è un componente le cui leggi costitutive sono due equazioni
algebriche che coinvolgono i valori delle tensioni e correnti di porta.
Esistono 6 modi per definire le leggi costitutive di un doppio bipolo resistivo lineare, che sono
elencati di seguito. Tali tipologie non verranno descritte in questa sede.
Un particolare tipologia di doppi bipoli resistivi lineari sono i Generatori Pilotati.

i1 i2 i1 i2
1 2
rmi1
v1 v2 v1 v2
gmv1

fig.24.a….GTPC fig.24.b GCPT


i1 i2 i1 i2
1 2 1 2
v1 v2 v1 v2
i1 v1

fig.24.c….GCPC fig.24.d ….GTPT

Esistono quattro tipi di generatori pilotati, che sono elencati di seguito:

Circuiti-definizioni - 19
GENERATORE DI TENSIONE PILOTATO IN CORRENTE (GTPC)
Il simbolo di tale componente è indicato in fig.24.a e le leggi costitutive che ne descrivono il
comportamento sono le seguenti:

v1 0
v2 rm i1 (48.a)

o, in forma matriciale,

0 0
v = R i, con R  (48.b)
rm 0

La tensione di uscita v2 è proporzionale alla corrente di ingresso i1. La costante di proporzionalità rm


viene detta transresistenza ed ha le dimensioni di una resistenza.
GENERATORE DI CORRENTE PILOTATO IN TENSIONE
Il simbolo di tale componente è indicato in fig.24.b e le leggi costitutive che ne descrivono il
comportamento sono le seguenti:

i1 0
i2 g m v1 (49.a)

o, in forma matriciale,

0 0
i = G v, con G  (49.b)
gm 0

La corrente di uscita i2 è proporzionale alla tensione di ingresso v1. La costante di proporzionalità gm


viene detta transconduttanza ed ha le dimensioni di una conduttanza.
GENERATORE DI CORRENTE PILOTATO IN CORRENTE
Il simbolo di tale componente è indicato in fig.24.c e le leggi costitutive che ne descrivono il
comportamento sono le seguenti:

v1 0
i2   i1 (50.a)

o, in forma matriciale,

v1 i 0 0
 H 1 , con H  (50.b)
i2 v2  0

La corrente di uscita i2 è proporzionale alla corrente di ingresso i1. La costante di proporzionalità 


viene detta parametro di trasferimento di corrente ed è una quantità adimensionale.
GENERATORE DI TENSIONE PILOTATO IN TENSIONE
Il simbolo di tale componente è indicato in fig.24.d e le leggi costitutive che ne descrivono il
comportamento sono le seguenti:

Circuiti-definizioni - 20
i1 0
v2  v1 (51.a)

o, in forma matriciale,

i1 v1 0 0
 H' , con H'  (51.b)
v2 i2  0

La tensione di uscita v2 è proporzionale alla tensione di ingresso v1. la costante di proporzionalità 


viene detta parametro di trasferimento di tensione ed è una quantità adimensionale.

Induttori accoppiati lineari

i1 |M| i2

v1 v2

Figura 25 Induttori mutuamente accoppiati

Due induttori mutuamente accoppiati sono rappresentati dal simbolo circuitale in fig. 25.
Nello studio di induttori mutualmente accoppiati è utile introdurre il concetto di flusso concatenato
con un avvolgimento. Il flusso concatenato con l’avvolgimento 1 e prodotto dall’avvolgimento 2
(ΦC12), rappresenta l’insieme delle linee di induzione magnetica B generate dall’avvolgimento 2 le
quali vengono abbracciate dall’avvolgimento 1. Nel caso di due induttori mutuamente accoppiati il
flusso complessivo concatenato con l’avvolgimento 1 (ΦC1) può essere espresso come la somma
algebrica del flusso concatenato con l’avvolgimento 1, prodotto dall’avvolgimento 1 stesso (ΦC11), e
del flusso concatenato con l’avvolgimento 1, prodotto dall’avvolgimento 2 (ΦC12).

 C1   C11   C12
(52a)

Circuiti-definizioni - 21
Se il mezzo materiale è lineare, l’eq 52a può essere riscritta come
 C1  L1i1  M12i2
(52b)
Dove L1 e M12 sono rispettivamente i coefficienti di auto e mutua induzione dell’avvolgimento 1.
Per la legge della circuitazione elettrica, la legge costitutiva dell’induttore mutuamente accoppiato è
la seguente:
di di
v1 L1 1 M 2
dt dt
di1 di (52c)
v2 M L2 2
dt dt

I coefficienti L1 ed L2 vengono detti coefficienti di autoinduzione, M viene definito coefficiente di


mutua induzione. Nel caso di induttore reale, è necessario introdurre anche una caduta di tensione
resistiva dovuta alle perdite per effetto Joule nel conduttore, e le perdite nel ferro.
I tre coefficienti L1, L2 ed M hanno tutti la dimensione di un induttanza.
La potenza assorbita dal componente si ottiene inserendo le leggi costitutive (52c) nella (41):
 di di   di di  d 1 1 
p   L1 1  M 2 i1  M 1  L2 2 i1   L1i12  L2i22  Mi1i2  (53)
 dt dt   dt dt  dt  2 2 
1 1
La (53) mostra che l’energia elettrica assorbita dall'induttore vale Em  L1i12  L2i22  Mi1i2 ; tale
2 2
energia è univocamente determinata dai valori delle correnti di porta i1 e i2, ed è per tale motivo
conservativa. L’energia assorbita Em viene quindi immagazzinata come energia elettromagnetica
nell'induttore e, una volta immagazzinata, può essere interamente restituita ai componenti del
circuito cui è collegato l'induttore durante un transitorio successivo. Si noti come Em non sia
determinata unicamente dalla somma delle energie magnetiche dei due induttori di partenza, ma
presenti anche un termine mutuo che dipende dall’accoppiamento magnetico di tali avvolgimenti.
Questo termine di energia può essere sia positivo che negativo, contribuendo quindi ad aumentare o
diminuire l’energia complessiva del sistema.
L’energia assorbita Em è positiva se vale la relazione:
L1 L2  M 2  0 (54)

In base alla (18) l’induttore risulta essere un componente passivo quando vale la (54). La potenza
elettrica assorbita dall'induttore può invece assumere valori sia positivi che negativi.

CENNI SULLA TEORIA DEI GRAFI

Il grafo di un circuito è un diagramma atto a mostrare in maniera semplificata la topologia del


circuito stesso. Nel grafo ciascun ramo viene sostituito da un segmento, in modo che tutte le
connessioni tra i nodi del circuito siano rispettati. Sulla base del grafo, è possibile dare le seguenti
definizioni:
Albero: insieme di rami che costituiscono un percorso aperto che unisce tutti i nodi del circuito.
Percorrendo i rami dell’albero è possibile ,partendo da un qualsiasi nodo, raggiungere qualsiasi altro
nodo, ma non è possibile tornare al nodo iniziale se non ripercorrendo i rami del percorso di andata.
In altre parole, per qualsiasi coppia di nodi n1 ed n2 del circuito esiste una ed una sola sequenza di
rami appartenenti all’albero che unisce n1 ad n2. Per un dato circuito, la scelta dell’albero non è
generalmente univoca (vedi Fig. 26) . Se il circuito ha n nodi, l’albero è sempre costituito da n-1
rami.

Circuiti-definizioni - 22
Coalbero: definito un albero, è possibile associare ad esso il coalbero, definito come insieme dei
rami del circuito che non fanno parte dell’albero. Se il circuito ha r rami ed n nodi, i rami del
coalbero sono sempre r – (n – 1). Ogni ramo di coalbero individua assieme ai rami dell’albero una
maglia. Il ramo di coalbero viene detto ramo caratteristico della maglia che individua, e la corrente
di tale ramo viene detta corrente di maglia associata alla suddetta maglia.
Insieme di taglio: definito un albero, è possibile considerare una superficie chiusa Sa che interseca
l’albero in corrispondenza di uno ed un solo ramo ra. La superficie Sa si definisce quindi superficie
di taglio fondamentale associata al ramo ra. Si definisce insieme di taglio fondamentale associato al
ramo ra l’insieme dei rami del grafo che intersecano la superficie Sa. Applicando la LKC ad una
superficie di taglio si ottiene l’equazione di taglio. Tale equazione che mette in relazione la corrente
che passa per il ramo di albero associato alla superficie di taglio con le correnti che passano per i
rami di coalbero appartenenti all’insieme di taglio. Si guardi ad esempio l’equazione di taglio
associata alla superficie in fig. 27. E’ possibile scrivere n -1 equazioni di taglio fondamentale, una
per ogni ramo di albero.

(a) (b) (c)

Figura 26 (a) grafo di circuito, e (b,c) due dei possibili alberi (linea continua) e coalberi (linea
tratteggiata)

Sa
1 2 Equazione di taglio

i15 = j25 + j23 + j14


j14 i15 j25
j23
5

4 3

Figura 27 La superficie chiusa Sa è la superficie di taglio associata al ramo 1-5. L’insieme di


taglio associata al ramo 1-5 è formato dai rami di coalbero 2-5, 2-3, 1-4. Applicando la
LKC alla superfice Sa si ottiene l’equazione di taglio.

Si consideri ora il grafo in fig. 28, in cui è evidenziata la scelta fatta per i rami di albero (in tratto
continuo) e di coalbero (tratteggiati). Come già detto, ciascun ramo di coalbero individua una
maglia. Le quattro maglie così definite sono indipendenti, poiché posseggono un ramo che non è
presente in nessuna altra maglia. Tale ramo è il ramo di coalbero che chiude la maglia, detto
appunto ramo caratteristico. In fig. 28 sono evidenziate le quattro maglie indipendenti individuate
dalla scelta dell’albero. Inoltre, come è possibile verificare facilmente, non è possibile trovare un
altra maglia che contenga rami non presenti nelle quattro maglie già definite. Ne segue che il
numero massimo di maglie indipendenti è pari al numero di maglie che vengono individuate dai

Circuiti-definizioni - 23
rami del coalbero, cioè r-(n-1). Per ogni maglia indipendente è possibile scrivere un equazione
ricavata dalla LKT. Le equazioni ricavate in tale maniera risultano tra loro linearmente indipendenti.
Ne segue che per ogni circuito è possibile scrivere un numero massimo di LKT linearmente
indipententi pari a r-(n-1).

Fig. 28. Maglie indipendenti.

Si considerino ora le n-1 equazioni di taglio. E’ facile verificare che ciascuna di esse è linearmente
indipendente dalle altre. Infatti, in ogni equazione è presente una corrente di ramo di albero che non
figura in nessuna delle altre equazioni. Facendo riferimento al grafo in fig. 29, è quindi possibile
scrivere le seguenti quattro equazioni di taglio relative al particolare albero scelto.
j12
S1 S2
1 2
i51

i52
j41 j23
i54 5

i53
4 3
S4 j34 S3

Fig. 29. Superfici di taglio.

i51=  j41 + j12 LKC(S1) 54.a


i52=  j12 + j23 LKC(S2) 54.b
i53=  j23 + j34 LKC(S3) 54.c
i54=  j34 + j41 LKC(S4) 54.d

E’ inoltre possibile verificare che applicando la LKC ad una qualsiasi superficie chiusa si ottiene
un‘equazione linearmente dipendente dalle quattro equazioni di taglio. Ad esempio, applicando la
LKC alla superficie chiusa S5 che racchiude il nodo 5, si ottiene:

 i51  i52  i53  i54 = 0,

relazione linearmente dipendente dalle equazioni di taglio dato che può essere ottenuta sommando
membro a membro le 54. Quanto detto si può generalizzare dicendo che il numero massimo di
LKC linearmente indipendenti è pari al numero di equazioni di taglio, cioè n-1.

Circuiti-definizioni - 24
Analisi dei circuiti mediante le equazioni di Kirchhoff
Come si è visto, dato un circuito con r rami ed n nodi, è possibile ottenere r-n+1 equazioni
linearmente indipendenti applicando la LKT, ed n1 equazioni linearmente indipendenti applicando
la LKC. Le LKT vanno applicate a maglie tra loro indipendenti, le LKC a superfici chiuse che
possono essere le superfici di taglio associate al particolare albero scelto o, più semplicemente,
superfici che racchiudono un solo nodo. In quest’ultimo caso la LKC afferma che la somma
algebrica delle correnti entranti in un nodo è nulla.
Le LKT, le LKC e le relazioni costitutive costituiscono un sistema di 2r equazioni che, risolto,
fornisce le 2r incognite tensioni e correnti di ramo.
In fig 30 è illustrato un circuito con 6 rami e 4 nodi. Le incognite del problema sono 6 correnti ed
altrettante tensioni di ramo. Le tre maglie indipendenti sono state scelte facendo riferimento
all’albero in fig. 31.

i1 i3 R3
B C i5

v1 v3 v4 v5
v2
b
E a R2 R4 c I

i v6 i4
2

i6 R6
A D
Figura 30

B C

ja jb jc

A D

Figura 31

Applicando la LKT alle maglie così definite si ottengono le seguenti equazioni:


v1  v2 0
v2  v3 v4 v6 0 (55)
v4 v5 0
Applicando la LKC ai nodi A, B e C si può scrivere:
i1 i2 i6 0
i1 i2 i3 0 (56)
i3  i4 i5 0

Circuiti-definizioni - 25
Il sistema viene quindi chiuso dalle seguenti equazioni costitutive dei componenti:
v1  E
v 2  R2 i 2
v3  R3 i3 (57)
v 4  R4 i 4
i5  I
v 6  R6 i 6
Il sistema di 12 equazione appena introdotto consente di calcolare le 2r incognite tensioni e correnti
di ramo.

Circuiti-definizioni - 26

Potrebbero piacerti anche