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Ivo Quaranta
Antropologia
medica
I testi fondamentali
Presentando per la prima volta in italiano i contri- A cura di
buti più significativi degli autori che hanno fatto la Ivo Quaranta
storia della disciplina, questa antologia rappresen- Antropoloo1
v�
�
ta uno strumento fondamentale per quanti, sia stù
versante antropologico sia su quello medico, inten- medica
dono approfondire l'ampio spettro di questioni su
cui oggi l'antropologia medica riflette con la provo-
catoria intenzione di indagare i processi attraverso
i quali i fenomeni biologici, politico-economici e so-
cioctùturali si determinano reciprocamente. A par-
tire dal percorso di riflessione critica qui ricostrui-
to, la malattia emerge come un processo in cui le
trame più intime dell'esperienza personale sono in-
scindibilmente intrecciate a dinamiche sociali, eco-
nomiche e storico-ctùturali.
Vengono affrontati temi che spaziano dalla consi
derazione della malattia come pratica ctùturale al
l'esame dei rapporti fra sofferenza sociale,processi
economici e strategie di presa in carico istituziona
le del disagio.
ISBN 88-6030-004-5
CULTURE E SOCIETÀ
Collana diretta da Ugo Fabietti
1 1 1 1 1 1 111 1 1 1 1 1
9 788860 300041
€ 29,80
CULTIJRE E SOCIETÀ
Antropologia medica
I testi fondamentali
�
Raffaello Cortina Editore
www.raffaellocortina.it
Traduzioni
Elena Fabietti
Copertina
Studio CReE
ISBN 88-6030-004-5
© 2006Raffaello Cortina Editore
Milano, via Rossini 4
Autori vn
Introduzione (Ivo Quaranta) IX
PARTE PRIMA
Una disciplina in cerca di tdentità: oggetto, metod� teorie
l. Alcuni concetti e un modello per la comparazione
dei sistemi medici intesi come sistemi culturali
(Arthur Kleinman) 5
PARTE SECONDA
Narrazione, esperienza e mondi morali locali
6. La sofferenza e la sua trasformazione professionale:
verso una etnografia dell'esperienza interpersonale
(Arthur Kleinman, Joan Klet'nman) 199
v
INDICE
PARTE TERZA
Sofferenza, diritti umani e giustizia sociale
8. Sofferenza e violenza strutturale.
Diritti sociali ed economici nell'era globale
(Pau! Farmer) 265
Fonti 323
AUTORI
VII
AUTORI
VIII
INTRODUZIONE
Ivo Quaranta
IX
INTRODUZIONE
x
IN1RODUZIONE
XI
INTRODUZIONE
3. La maggior parte dei contributi pubblicati tra la fine degli anni Settanta e
i primi anni Ottanta dagli esponenti della scuola di Harvard sono stati dedicati
proprio a questi terni: consolidare e legittimare una disciplina capace di riflette
re sulle variabili culturali della malattia ed elaborare strategie per informare con
essa la biomedicina (Del Vecchio Good, Good, 1982; Good, Del Vecchio
Good, 1981a, 1981b; Katon, Kleinman, 1981; Kleinrnan, 1980, 1981, 1982).
XII
INTRODUZIONE
XIII
INTRODUZIONE
XIV
INTRODUZIONE
xv
INTRODUZIONE
XVI
INTRODUZIONE
XVII
INTRODUZIONE
XVIII
IN1RODUZIONE
XIX
INTRODUZIONE
La sofferenza sociale
Lungi dall'aver uniformato questo campo del sapere, il con
cetto di incorporazione si è tuttavia imposto come ideale scienti
fico al cui interno rivedere e declinare i propri interessi analitici.
xx
INTRODUZIONE
XXI
INlRODUZIONE
XXII
INTRODUZIONE
XXIII
INTRODUZIONE
XXIV
INTRODUZIONE
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INTRODUZIONE
XXVI
INTRODUZIONE
Conclusioni
In conclusione, è solo quando l'antropologia giunge a proble
matizzare la corporeità come un processo tanto storico-sociale
quanto personale che concetti come quello di salute, malattia, di
sagio emergono come prodotti umani da analizzare nei termini dei
loro molteplici processi di produzione. Per realizzare un tale
obiettivo l'analisi deve indagare sia i modi in cui i corpi sono cul
turalmente e socialmente "prodotti" , sia ciò che i corpi stessi
"producono" nel contesto specifico della sofferenza. Detto altri
menti, attraverso il percorso sin qui tracciato, è emersa la necessità
di combinare un'antropologia dal corpo con un antropologia del
corpo: la prima attenta a ciò che il corpo "fa e produce", la secon
da tesa a indagare "ciò che viene fatto al corpo", ovvero come vie
ne prodotto e costruito storicamente. I due approcci, infatti, ri
schiano di essere riduttivi se portati avanti separatamente: un'an
tropologia dal corpo offre il potenziale di mettere in luce il ruolo
attivo del corpo nel produrre significati ed esperienze, ma corre il
rischio di considerare il corpo stesso come un elemento trascen
dente (naturale) e privo di storia. Un'antropologia del corpo, al
contrario, può contrastare questa deriva mettendo in evidenza co
me il corpo è sempre coinvolto in una specifica situazione sociale
attraverso tecniche e regole che sono storicamente contingenti
(Crossley, 1995). Solamente combinando queste due prospettive
analitiche la malattia può emergere come un processo (e non
un'entità, come vorrebbe la biomedicina) che è tanto personale
quanto storico-sociale, prodotto e produttivo insieme.
Alla luce di quanto detto si è oggi imposta la consapevolezza
di quanto la malattia rappresenti una specifica forma di prassi
culturale, i cui aspetti più personali affondano le radici al di là
dell'esperienza individuale, per divenire piuttosto tracce incor-
XXVII
INTRODUZIONE
Riferimenti bibliografici
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XXVIII
INTRODUZIONE
XXIX
INTRODUZIONE
xxx
PARTE PRIMA
3
UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
4
l
5
UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
6
ALCUNI CONCETII E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SIS1EMI . . .
7
UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETIO, METODI, TEORIE
panza tra gli approcci più vecchi e quelli più recenti dell'antro
pologia medica (Kleinman, 1975a; Leslie, 1 976; Lewis, 1975).
Questi sistemi, che chiamerò "sistemi medici" [health care sy
stems] ,3 sono, similmente ad altri, per esempio quelli di parente
la e religiosi, sistemi simbolici costituiti da significati, valori,
norme comportamentali e così via. li sistema medico elabora la
malattia nei termini di un idioma culturale che collega le creden
ze sulla causa della patologia, l'esperienza dei sintomi, specifici
modelli di comportamento, decisioni riguardanti le alternative
di cura, pratiche terapeutiche effettive e valutazioni sugli esiti te
rapeutici. In tal modo esso istituisce relazioni costanti tra queste
componenti.
j La salute, la malattia e la cura, dal momento che fanno parte di
un sistema culturale, devono essere interpretate in relazione tra
loro./Credenze e comportamenti propri della salute o della malat
tia e attività sanitarie sono governati dal medesimo insieme di re
gole, sancite a livello sociale. Esaminare una di queste dimensioni
indipendentemente dalle altre, deformerebbe la conoscenza della
loro natura e del loro funzionamento nel contesto di specifici si
stemi medici; ci indurrebbe inoltre a effettuare comparazioni
transculturali errate. L'analisi della reti semantiche (Good, 1977)
è un metodo utile per mettere in luce queste connessioni e le loro
importanti implicazioni per la salute. L'analisi simbolica ha inoltre
contribuito a rivelare quanto l'organizzazione degli aspetti sanita
ri in una società costituisca un sistema culturale (Ahem, 1975, pp.
91-1 14; Gould-Martin, 1975; Harwood, 197 1 ; Ingham, 1970;
Obeyesekere, 1976; Tumer, 1967). In ogni caso bisogna aspettarsi
che una comprensione adeguata della struttura e delle funzioni di
questo sistema culturale possa solo far seguito a studi etnografici
che mettano alla prova le ipotesi specifiche generate dai modelli
teorici del sistema, e che utilizzino questi modelli per mettere a
fuoco le loro descrizioni fenomenologiche.4 Possiamo già vedere
3. Utilizzo il concetto di "sistema medico" [health care system] semplicemente
per sottolineare le attività di assistenza medica al centro di questi sistemi. Mi rendo
conto che "sistema della salute" [health system] sarebbe un'espressione più appro
priata da usare in senso generale, poiché è maggiormente comprensiva e indica le
funzioni di prevenzione e di guarigione svolte da questi sistemi, mentre non è medi
cocentrica come l'espressione "sistema di medicina" [medica! system].
4. Alan Young (vedi Young, 1976), per esempio, presenta alcuni concetti, su cui
si può indagare, riguardanti i sistemi medici tradizionali, come la nozione secondo
8
ALCUNI CONCETTI E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI . . .
come ciò avvenga negli studi sul campo che hanno per oggetto la
medicina nella cultura cinese (Kleinman, 1975a), divenuti mag
giormente sofisticati in risposta ai modelli più evoluti di antropo
logia medica e di medicina transculturale. Gli studi comparativi
dovranno aspettare l'emergere di questo nuovo tipo di etnografia
medica, oppure iniziare a utilizzare questo approccio contempo
raneamente nei differenti contesti di ricerca. Gli studi sul muta
mento nelle credenze e nelle pratiche mediche dovranno esamina
re le variazioni inerenti ai sistemi medici.
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETI'O, METODI, TEORIE
Scdte e decisioni
Ruoli
Rdazioni
Contesti
di interazione
Punti d i interazione, Istituzioni Punti di interazione,
accesso, uscita accesso, uscita
Settore familiare:
a) basato sull'individuo
h) basato sulla famiglia
c) basato sul legame sociale
d) basato sulla comunità
lO
ALCUNI CONCEITI E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI. . .
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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ALCUNI CONCETTI E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI. ..
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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ALCUNI CONCETII E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI. . .
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ALCUNI CONCETII E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SIS1EMI . . .
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENmA: OGGETIO, METODI, TEORIE
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ALCUNI CONCETTI E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI . . .
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
Dei molti aspetti dei sistemi medici che potrebbero essere in
dagati, particolarmente interessante è il loro contesto biocultura
le. Benché si tratti di un argomento troppo ampio da trattare in
questa sede, vale la pena notare alcune particolarità, pertinenti al
nostro modello. In parole povere, la costruzione culturale dell'e
sperienza di malattia come esperienza psicosociale cç:>mporta dei
processi psicosociosomatici complessi che hanno ur)pimpatto sia
sulla patologia, sia sul processo di guarigione della patologia e
dell'esperienza di malattia (Kagan, Levi, 1974; Mauss, 1936; Ki
ritz, Moos, 1974; Teichner, 1968). li fatto che questi processi sia
no implicati nell'organizzazione della salute, dell'esperienza di
malattia e della guarigione in un sistema culturale, significa che il
sistema medico aiuta a mediare l'impatto dei fattori socioambien
tali e psicologici sui processi fisiologici. Sono stati proposti diversi
modelli per spiegare come ciò awenga, inclusi il condizionamento
strumentale, l'apprendimento sociale, la teoria dell'informazione,
e altri (vedi Werner, Kaplan, 1967; Platonov, 1959; Schmale et al.,
1970; Lipowski, 1973 , p. 203 ) . Comunque sia, è chiaro che questi
processi sono attivamente coinvolti nel rapporto tra tensione ner
vosa e patologia (vedi Holmes, Rahe, 1967, p. 2 13), e negli effetti
che la psicoterapia e altre terapie simboliche hanno sulla patologia
fisiologica (vedi Frank, 1974). Benché le nostre conoscenze siano
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ALCUNI CONCETTI E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI. . .
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
LE IPOTESI
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ALCUNI CONCETTI E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI . . .
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BffiUOGRAFIA
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ALCUNI CONCETTI E UN MODELLO PER LA COMPARAZIONE DEI SISTEMI . . .
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29
2
Byron J. Good
l. Una precedente versione di questo testo è stata presentata durante uno degli
incontri dell'Harvard Research Seminar sulle Implicazioni per l'erogazione dell'as
sistenza sanitaria degli studi interculturali sulla salute, malattia e guarigione, nell'ot
tobre 1975. L'autore riconosce il proprio debito verso i membri di quel gruppo.
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IL CUORE DEL PROBLEMA
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IL CUORE DEL PROBLEMA
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ll. CUORE DEL PROBLEMA
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IL CUORE DEL PROBLEMA
MAL DI CUORE
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
Se arrivo dal bazar, per esempio, e tu mi dici che è venuto mio fratello, il
mio cuore inizia a battere (vurur), perché ho paura che possa trovarsi in
una grana, o che qualcuno sia malato o cose del genere. Ma no, questa non
è proprio una malattia. Comunque, se non vado dal dottore e non prendo
qualcosa per risolvere il problema, può peggiorare. Potrebbe peggiorare al
punto che il mio cuore "va a dormire" (qalbim yattar). Questo può signifi
care due cose: sia che la persona muoia (yol gider, "va a quel paese"), sia
che perda coscienza (behush, hesh ozu bilmirir, "non cosciente" , "non rico
nosce nemmeno se stesso").
Lo sai, il cuore è come un motore, il motore del corpo. Se il cuore va
male, allora può finire male anche tutto il resto.
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IL CUORE DEL PROBLEMA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
Tabella l Incidenza dei problemi cardiaci in rapporto alla classe sociale (percen
tuale di coloro che rispondono "sì" alla domanda: "Qualcuno in casa tua si è am
malato di mal di cuore negli ultimi otto mesi?")
Classi sociali
Professionisti* Commercianti* Operai Contadini
( 1 12) ( 147) ( 138) ( 146)
Donne 35% 55% 62% 56 %
Uomini 20% 43 % 25% 34%
6. Si è trovata una variazione molto poco significativa in rapporto alla classe so
ciale nella causa attribuita al mal di cuore.
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IL CUORE DEL PROBLEMA
Tabella 2 Composizione delle età delle persone che si dichiarano malate di cuore
PRIMO CASO
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITA: OGGETTO, METODI, TEORIE
veri della famiglia del marito, per pulir loro la casa. Altre uscite nel mondo
esterno sono limitate a rare occasioni di matrimoni, pochi riti religiosi fune
bri, e una sporadica visita dal medico o presso una clinica pubblica. Perciò la
signora Z. trascorre quasi tutte le sue giornate entro i confini del cortile cin
tato di casa sua, circondata dai figli e dalle donne della famiglia del marito.
Da quando la conosciamo, la signora Z. lamenta il mal di cuore. È con
tinuamente afflitta da una condizione di astenia, anemia e magrezza. Poi
ché soffre di tensione nervosa si lamenta del battito irregolare del cuore, e
di sensazioni di oppressione (darux) e sconforto. Tutto questo si è protrat
to per diciotto mesi, senza significativi cambiamenti nei sintomi. Si lamen
tava con chiunque stesse a sentirla - suo marito, i familiari, i vicini e gli an
tropologi che andavano a trovarla. In un'occasione riferì a mia moglie che
si sentiva sempre come se dovesse urlare. Giustificava la sua situazione con
il fatto di avere 27 anni e di essere già madre di cinque figli, di sentirsi op
pressa negli spazi stretti in cui viveva e di stare con la suocera, che era la pa
drona di casa. Disse: "Mi sento come se dovessi gridare. Ma se tu mi sentis
si, ti spaventeresti, per quanto forte griderei" . Sfogava il suo desiderio di
gridare litigando con la suocera almeno una volta a settimana, litigi accesi,
con urla e pianti che risuonavano oltre le pareti domestiche. n fatto che
questi litigi fossero uditi da tutti era motivo di grande imbarazzo, perché la
voce di una donna non dovrebbe sentirsi fuori dal suo cortile, il suo volto
non dovrebbe vedersi oltre l'intimità della sua casa.
Per evitare che la famiglia si ingrandisse, la signora Z., sollecitata dalle
vicine più istruite, ha preso pillole anticoncezionali per un breve periodo
di tempo (meno di un mese). Successivamente, ha riferito di avere avuto
palpitazioni, tremore alle mani e nervi tesi, tutti sintomi che aveva manife
stato anche in precedenza, ma che credeva fossero peggiorati solo in segui
to. Prima di cominciare ad assumere la pillola, aveva ingerito la dose di un
mese intero nel tentativo di procurarsi un aborto (per cui associava la pillo
la all'aborto e alla contraccezione).
La signora Z. usava occasionalmente medicine a base di erbe sia per
una forma di astenia che per il mal di cuore. n medico, dal quale si era reca
ta spesso per lamentare i suoi disturbi, le aveva prescritto un ricostituente a
base di vitamina B. Non ha mai ottenuto una guarigione duratura. Secon
do la signora Z. a causare la sua malattia sarebbero stati i troppi figli, le
condizioni abitative opprimenti, la povertà dei genitori e la malattia croni
ca del fratello minore (sofferente di cardiopatia da febbre reumatica), l'uso
passato della pillola contraccettiva, e il conflitto tra il desiderio di evitare la
gravidanza e quello di soddisfare comunque il marito. Queste condizioni
rimangono inalterate, e anche il suo mal di cuore.
SECONDO CASO
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IL CUORE DEL PROBLEMA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
7. Questa descrizione è tratta da Galeno (1968), May (1968), Shaw ( 1972), Sie·
gel (1968), Wilson (1959) e Levey ( 1967). Per un'esposizione più completa vedi
Good (1976b, capitolo IV).
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8. Per una più completa esposizione vedi Good (1976a, capitolo m) e Nasr (1968).
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IL CUORE DEL PROBLEMA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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IL CUORE DEL PROBLEMA
Freddo, Nervi
umidità ecc. (8%)
(3 % )
Figura l Elenco delle cause di mal di cuore (percentuali riferite alle risposte alla
domanda: " Qual è stata la causa del mal di cuore?").
* n 40% totale è costituito dalle risposte "tristezza, lutto, preoccupazione, an
sia" più le quattro sottocategorie elencate in basso.
53
UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
l
Gravidanza --
--:.�;;::=== Mestruazioni,
/
sangue uterino
Debolezza
MID=• di�
Nascita di un figlio Pillola contraccettiva
Aborto
� Sterilità
Mancanza
di vitalità
1------ v,crrua;, /
l
Dispiacere,
tristezza
(Qus, Qam)
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IL CUORE DEL PROBLEMA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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IL CUORE DEL PROBLEMA
10. Si potrebbe notare en passant che l'uso dell'idioma del cuore è diffuso in tut
to il Medio Oriente. Per esempio, Waziri (1973, p. 2 15) nota che molti pazienti de
pressi in Mghanistan "descrivevano la loro sensazione 'come se wta forte mano pe
sante stesse stritolando' il loro 'cuore' . . . Questo era il sintomo più frequentemente
sottolineato, dal quale il paziente voleva guarire". Un'analisi del tipo che ho sugge
rito rivelerebbe somiglianze e differenze nei casi afghani e iraniani.
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
Vecchiaia -------
Moharram,
cerimonie funebri rituali
Dispiacere, tristezza
..----- l
Morte, perdita
qus, qam
Preoccupazione
di povertà,/ikr
Ansia, xiyalet
U"
Problemi interpersonali
eo.
� �·· " ·uo=
Pazzia
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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TI.. CUORE DEL PROBLEMA
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IL CUORE DEL PROBLEMA
lonare con gli amici sono tutti status symbols che denotano uno sti
le di vita decadente, tipico dei proprietari terrieri e dei mercanti di
lunga tradizione a Maragheh. A differenza del marito, che proveni
va da quel ceto sociale, la situazione della signora B. rispecchiava
una fase di ascesa sociale, dalla classe media tradizionale a quella
moderna. Vedeva il comportamento di suo marito non solo come
una minaccia per la sua salute, ma anche per il raggiungimento di
quello status che si sforzava di perseguire per se stessa e per i suoi
figli. Le battute della signora B. relative alla pigrizia del marito che
le causava dolori al cuore erano un'espressione diretta di questo
sentimento. E i suoi precoci lamenti di mal di cuore possono essere
interpretati come sforzi di negoziare cambiamenti del suo compor
tamento attraverso l'uso retorico del linguaggio della malattia. Alla
signora B. sono state offerte partecipazione, cure, e visite dal medi
co, ma è stato solo quando la malattia si è aggravata - una seria "pa
tologia nervosa" (maraze asab) - che è stata in grado di determinare
mutamenti nello stile di vita di lui.
ll primo caso, quello della signora Z., illustra meno drammati
camente l'uso dell'idioma del cuore per ottenere miglioramenti
nel modello di interazione familiare; Ma in questo senso è anche
tipico, in quanto molti degli stress che implicano il mal di cuore
sono inalterabili, basati sul più ampio contesto strutturale in cui
si vive. A causa delle condizioni di indigenza in cui versava la fa
miglia, la signora Z. e i suoi figli erano costretti in due stanze
affollate, col marito e i genitori di lui. Ma costoro erano impoten
ti di fronte a una situazione di tal fatta. Usando il linguaggio so
matico, la signora Z. poteva dar voce alla sua insoddisfazione e
ottenere la partecipazione dei vicini e delle altre donne di casa,
compresa la suocera con la quale litigava costantemente. Lamen
tandosi della sua condizione, mentre il marito ascoltava nella
stanza accanto, era riuscita a influenzarlo grazie al supporto di
tutte loro. Sebbene lui non potesse cambiare radicalmente le
condizioni di vita in cui la moglie si trovava costretta, poteva co
munque accompagnarla dal medico e comprarle gli integratori
che le erano stati prescritti. Riuscì perfino a costringerlo a un
cambiamento più particolare: la signora Z. era molto combattuta
tra la paura di avere altri figli e l'ansia di prendere la pillola con
traccettiva. Quando la pillola la fece ammalare, riuscì a obbligare
il marito a prendersi la responsabilità della contraccezione.
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETIO, METODI, TEORIE
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TI.. CUORE DEL PROBLEMA
IMPUCAZIONI TEORICHE
"Allora dovresti dire cosa vuoi dire", continuò il Coniglio. "Va bene", ri
spose Alice con disappunto; "alla fine - alla fine voglio dire quello che
dico - è uguale, no?" "Non è uguale per niente", disse il Cappellaio.
LEWIS CARROL, Alice nel Paese delle Meraviglie
12. Questo passaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie è esaminato da Palmer
(1976, p. 4) per illustrare gli usi diversi del termine "significato".
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13. La critica della teoria empirista del significato che riporto qui è discussa det
tagliatamente da Beeman (1976). Altre critiche recenti includono Wagner (1975,
pp. 145-151) che sostiene che !'"ordine naturale" sia un'invenzione della cultura, e
che l'etnosemantica ha preso "piante, animali, colori, parentela, malattie della pelle
[come] in qualche modo "reali" e "fatti" evidenti in sé"; e Polanyi e Prosch (1975),
che sostengono il ruolo necessario del soggetto intenzionale nella costituzione di
tutto il significato e della conoscenza.
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TI.. CUORE DEL PROBLEMA
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IL CUORE DEL PROBLEMA
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BffiUOGRAFIA
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ll. CUORE DEL PROBLEMA
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DEL PAZIENTE
Michael T Taussig
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Dal momento che oscilla tra l'essere mia proprietà e il mio esse
re, specialmente quando è colpito da una patologia, il mio corpo
suscita in me delle domande non contemplate dai medici: "Perché
a me? " "Perché ora?" Come ha osservato Evans-Pritchard, sono
queste le domande fondamentali cui cercano di dare una risposta
gli Azande nell'attribuire una grave patologia o una disgrazia agli
effetti di stregoneria e magia - ossia alle malevole intenzioni di
persone più o meno prossime e importanti, maldisposte o invidio
se. La scienza, come la intendiamo oggi, non è in grado di spiegare
cosa significhino per l'uomo i processi fisici. Per utilizzare il co
mune modo di esprimersi al riguardo, dirò che la scienza, così co
me la scienza medica, può spiegare il "come" ma non il "perché"
della malattia; può mettere in rilievo le concatenazioni di cause ed
effetti, ma alle domande circa il perché ci si ammali in un partico
lare momento, o perché ciò accada a un persona piuttosto che a
un'altra, la scienza medica può solo rispondere con una qualche
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------ ------- --- · ---
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D. PAZIENTE
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PROFESSIONAilTÀ E REIFICAZIONE
Nel parlare dei suoi rapporti con altri malati nel reparto, la pa
ziente osservò: "Non sarei sopravvissuta senza l'aiuto degli altri
pazienti in queste otto settimane". Indugiò sul fatto che l'ospeda
lizzazione spingeva i pazienti l'uno verso l'altro in maniera molto
personale e per lo più solidale. "Penso davvero che qui tu possa
capire meglio la gente e quello che le piace o le dispiace, e la sua
personalità. Essere malato ti rende tollerante verso gli errori degli
altri. E hai un legame migliore perché quella persona conosce già
i tuoi errori. Sai cosa intendo. Non devi indossare una maschera.
Queste sono cose su cui un dottore certo non ha tempo di metter
si a riflettere . . . Loro non sentono il dolore. Quindi non sanno ve
ramente che tipo di situazione stai vivendo".
Aveva stretto solide amicizie coi pazienti che poi andava a tro
vare una volta fuori dall'ospedale, ma con il personale "è diverso
perché naturalmente il tuo dottore e il tuo infermiere hanno da
pensare ai tuoi problemi medici. Quando siamo qui e parliamo
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
delle nostre famiglie e delle cose che ci piace fare e ci piace man-
giare, sei su un terreno più intimo. Cioè . . . il lato professionale se
ne è andato. Ma il tuo medico è ancora . . . anche se diventa più in-
dulgente nei suoi modi, credo che debba ancora mantenere il
controllo della situazione in modo professionale".
Successivamente alla sua affermazione che non avrebbe potuto
sopravvivere a quelle otto settimane se non fosse stato per gli altri
pazienti, va poi avanti a discutere la sua terapia fisica. "Come vedi
non posso camminare. Adesso sto ancora imparando continua
mente dalla mia malattia. Devi imparare. Devi reimparare a fare
un passo alla volta . . . come un bambino. Sono stata confinata da
sola in questo letto. Se l'infermiera avesse lasciato il mio vassoio . . .
perché magari sta pensando a un altro caso medico che deve af
frontare subito, ma Becky, che è sdraiata nel letto accanto al mio,
potendo alzarsi e muoversi, riesce a mettermi la roba in modo che
io la possa prendere. O, se non riesco ad arrivare ad accendere la
luce, lei accende la sua per me e poi chiama per avvisare che ho bi
sogno. Ora sono capace di alzarmi se mi dai le istruzioni esatte,
e . . . ma ecco, sto rieducando tutti i muscoli, e Becky in questo non
mi può aiutare. Ecco allora la professionista, la ragazza professio
nista che è abituata a insegnarti . . . Ma dall'altro lato i professioni
sti non potrebbero offrirmi le attenzioni umane che mi ha dato
Becky. Qualcosa di semplice come aprire le tende, ;ç:osì che alme
no io veda qualche cosa di più della stoffa e del soffitto bianco.
Non posso alzarmi e farlo da sola, ma Becky sì. L'amicizia, la com
prensione reciproca, sai com'è, arrivi a conoscere davvero la gen
te, se è gentile e veramente interessata a te. Per esempio io parlavo
tutte le mattine a questa signora più anziana (nel letto di fronte).
lo so che mi sente, ma so anche che non vuole saperne assoluta
mente nulla di me. So che ha i soldi. Sua figlia è medico. Non vuo
le avere a che fare con me, eppure io non le ho fatto niente di ma
le . . . Io non ho figli piccoli, ma Becky sì, e io ho passato le cose che
lei sta passando ora, quindi abbiamo interessi comuni. Sono la
nonna di diciannove nipoti" .
Le chiesi perché un'altra paziente non poteva aiutarla a cam
minare. Rispose: "Perché ti insegnerebbe in modo sbagliato,
mentre un professionista sa già cosa fare, ha già valutato la forza
dei tuoi muscoli. E poi, uh, sai automaticamente che ti puoi fida
re dell'infermiere. Becky però non sa come pigliarmi o farmi stare
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* Gioco di parole fra l'acronimo SOAP e il termine soap che significa, appun
to, sapone. [NdT]
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IL CONTRAlTO
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* Qui gli autori si stanno rifacendo a teorie umorali della malattia e della sa
lute alla cui luce si ritiene che la terapia debba essere di natura opposta a quella
del disturbo, al fine di ristabilire un equilibrio fra principi opposti quali quelli
fra caldo e freddo, secco e umido ecc. [NdT]
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BffiUOGRAFIA
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Eisenberg, Kleinman, 1981a; Kleinman, Lin, 1982). Tre importanti riviste han
no visto la luce: Culture, Medicine and Psichiatry, Medica! Anthropology, i nu
meri trimestrali di Social Science and Medicine dedicati all'antropologia medica,
e Medica! Anthropology Newsletter, una pubblicazione trimestrale della Society
for Medicai Anthropology, che è stata ampliata fino a includere articoli origina
li, e ora è la migliore fonte di recensioni di libri di antropologia medica. Oltre a
questi periodici, c'è il ]ournal o/ Ethnopharmacology e due nuove riviste euro
pee, Ethnopsychiatrica (Claix, France) e Curare (Wiesbaden). Infine, c'è una
lunga lista di pubblicazioni che sono frutto di recenti conferenze e simposi di
antropologia medica (Ablon, 1981; Ademuwagen, Ayoade, Harrison, Warren,
1979; Beali, 1982; Etkin, 1979; Everett, et al., 1976; Gorden, 1978; Grollig, Ha
ley, 1976; Ingman, Thomas, 1975; Janzen, Feierman, 1979; Janzen, Prins, 1981;
Kleinman, Kunstadter, Alexander, Gale, 1975; Lebra, 1976; Leslie 1976; 1978;
1980; Lewitter, 1980; Loudon, 1976; McCracken, 1979; Newman, 1981; Rubel,
1979; Velimirovic, 1978; Weidman, 1979; Westermeyer, 1976; Wetherington,
1978; Young, 1978a).
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AN1ROPOLOGIE DELLA "ll.LNESS" E DELLA "SICKNESS"
In altre parole, egli pensa che i suoi punti di vista siano adatti a in
terpretare le credenze di altri popoli, ma sa anche che essi, come
le credenze che sono chiamati a interpretare, sono i prodotti di
cause storiche e sociali particolari. n solo fatto di poter giustifica
re le proprie opinioni per soddisfare gli altri antropologi e scien
ziati sociali, o che i concittadini colti gliene riconoscano la legitti
mità, non lo esenta dal sottoporle a un esame minuzioso (Young,
A., 1981a). La volontà dell'antropologo di analizzare dettagliata
mente anche i propri concetti nei termini di un sistema culturale,
di voler conoscere e giustificare il proprio contesto di credenze,
aiuta a spiegare sia la ftàlità del suo discorso, sia il suo "fallimen
to" nel superare ciò che Thomas Kuhn chiamava lo stadio prepa
radigmatico della scienza.
Data però la dimensione transculturale dell'antropologia, po
trebbe forse essere altrimenti? Sarebbe possibile solo se gli antro
pologi medici supponessero erroneamente che le questioni episte
mologiche si dovessero limitare all 'interpretazione di sistemi di
credenze non occidentali o al campo dell'inchiesta "etnomedica"
- un'inchiesta incentrata chiaramente su credenze e pratiche "non
esplicitamente derivate dalla cornice concettuale della medicina
moderna (allopatica) " (Hughes, 1968, p. 99). Quando questo ac
cade, e l'esame epistemologico per le scienze sociali occidentali e
per la medicina occidentale viene sospeso, gli antropologi con in
clinazioni empiriste sono liberi di adottare, come parte del pro
prio apparato concettuale, il senso comune della cultura medica
dominante della loro società. Penso a concetti come "eventi esi
stenziali stressanti", "meccanismi di superamento", "stili di vita"
e "status socioeconomico" , che essendo stati tratti dalla cultura
delle classi medie e portati negli spazi della scienza dalla sociolo
gia empirista e dalla psicologia sociale, desocializzano la malattia e
la conoscenza della malattia da parte delle scienze sociali. I con
cetti desocializzanti operano attraverso la rimozione delle cause
storiche, politiche ed economiche della malattia. Al posto delle
cause sociali, ridotte ora a fantasmatiche "variabili situazionali" e
ad "attributi" , gli empiristi fondano il primato dell'individuo e dei
suoi valori, delle sue ragioni, delle sue attitudini e percezioni.
n pericolo è che, dopo aver frammentato le relazioni sociali di
malattia tipiche della società occidentale, gli scienziati sociali em
piristi favoriranno il loro riprodursi (Young, 1980). Per esempio,
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MALATTIA
Assenza di
patologia
,------"--
ILLNESS
[esperienza di malattia] : guarigione
DISEASE
[patologia] : cura
�
Assenza di
esperienza
di malattia
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complessi a catena
ME (modelli
esplicativi)
Tipi
di resoconto
prototipi medico
altre forme
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EFFICACIA E PRODUTI1VITÀ
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CONCLUSIONE
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L Orientamenti biologici
A. Biomedicina
B. Antropologia della patologia [dùease] (antropologia biologica)
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ANTROPOLOGIE DELLA "ILLNESS" E DELLA "SICKNESS"
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO
IN ANTROPOLOGIA MEDICA
RITUALI E PRATICHE DISCIPLINARI E DI PROTESTA
Margaret Lock, Nancy Scheper-Hughes
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
l. Questo capitolo non vuole essere una rassegna del campo di studio del
l' antropologia medica_ Rimandiamo i lettori interessati a qualche eccellente ras
segna di questo tipo: Worsley, 1982; Young, 1982; Landy, 1983a_ In particolare
riferimento alle idee espresse in questo capitolo vedi comunque Taussig: 1980a,
1984; Estroff, 1981; Good, Good, 1981; Nichter, 1981; Obeyesekere, 1981; La
derman, 1983 , 1984; Comaroff, 1985; Devisch, 1985 ; Hahn, 1 985; Helman,
1985; Low, 1985.
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
I TRE CORPI
2. Mary Douglas parla de "I due corpi", quello fisico e quello sociale, in I
simboli naturali (1970). In tempi più recentiJohn O'Neill ha scritto Five Bodies:
The Human Shape o/Modern Society (1985), nel quale parla del corpo fisico, del
corpo comunicativo, del corpo del mondo, del corpo sociale, del corpo politico,
del corpo consumatore e dei corpi medici. Dobbiamo molto sia a Douglas che a
O'Neill, ma anche al libro di Bryan Tumer, The Body and Society: Explorations
in Social Theory (1984), per averci aiutato a definire e delimitare quel dominio
tripartito che qui abbiamo configurato.
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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Se guardo attentamente
vedo il nazuna in fiore
presso la siepe!
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PERSONA, SÉ E INDIVIDUO
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
prestito" da molti altri esseri umani. Non ha senso tra gli Zina
canteco parlare di un individuo "nuovo di zecca" o totalmente
unico; piuttosto, ogni persona è una frazione dell'intero mondo
sociale zinacanteco. In più, lo zinacanteco sano è chi è in contatto
con le sue parti divisibili (Vogt, 1969, pp. 296-374).
Mentre nell'Occidente industrializzato sono possibili solo spie
gazioni patologizzate degli stati dissociativi, in cui si ha esperienza
di più di un solo sé, in molte culture non occidentali gli individui
possono fare esperienza di vari sé, attraverso la pratica della pos
sessione spiritica e altri stati alterati di coscienza. Queste esperien
ze ritualizzate e controllate di possessione sono attivamente ricer
cate e apprezzate in tutto il mondo come preziose forme di espe
rienza religiosa e pratiche terapeutiche. Fino a oggi, comunque, gli
antropologi psicologici sono stati inclini a "patologizzare" questi
stati alterati, nei termini di manifestazioni di personalità instabili o
psicotiche. La concezione occidentale di un unico individuo corri
spondente a un unico sé non riconosce in effetti quelle etnopsico
logie che considerano normativa una molteplicità di sé.
167
UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
n. CORPO SOCIALE
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
IL MONDO INCORPORATO
Uno degli usi simbolici più comuni e più ricchi di dettagli del
corpo umano, nel mondo non occidentale, è la personificazione
degli spazi in cui risiedono le persone. I Qollahuaya vivono ai
piedi del monte Kaata in Bolivia, e sono noti per essere potenti
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
* n testo citato si trova nell'edizione inglese dd 1977. che costituisce una ri
duzione rispetto all'originale dd 1972. [NdT]
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
n. CORPO POUTICO
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
tro! Le persone prima sapevano solo cos'era aver male alla pancia;
morivano tutti di questo, se non era per la febbre [ . . ] . Ora sono tut
.
ti malati, hanno tutti qualcosa [ . . . ] . Chi sta male? Chi sta bene? Tut
ti si lamentano, ma nessuno si mette a letto: vanno tutti dal dottore.
Sanno tutti cos'è che non va.
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UNA qiSCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGETTO, METODI, TEORIE
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
RITIJALI DI RESISTENZA
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATNO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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BffiUOGRAFIA
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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UN APPROCCIO CRITICO-INTERPRETATIVO IN ANTROPOLOGIA MEDICA
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193
UNA DISCIPLINA IN CERCA DI IDENTITÀ: OGGEITO, METODI, TEORIE
194
PARTE SECONDA
NARRAZIONE, ESPERIENZA
E MONDI MORALI LOCALI
n concetto di incorporazione si è imposto dall'inizio degli anni
Novanta in poi come l'orizzonte generale di senso sul cui sfondo
le diverse correnti dell'antropologia medica hanno iniziato a rive
dere e declinare i propri interessi analitici. La Parte seconda di
questa Antologia offre lo spaccato della radicale messa in discus
sione che i più autorevoli esponenti della scuola di Harvard,
Kleinman e Good, hanno operato rispetto alla propria concezio
ne originaria dell'antropologia medica. Rimane centrale per en
trambi, in linea con il contenuto dei rispettivi contributi della
Parte prima, l'attenzione per l'esperienza di sofferenza. Tuttavia
la prospettiva teorica è mutata radicalmente: entrambi fanno
proprio l'approccio fenomenologico, volto a mettere in luce il si
gnificato della malattia e della sofferenza in tutta la loro pregnan
za di esperienze esistenziali. È assumendo l'esperienza come ter
reno di mediazione fra processi storico-sociali e dimensioni per
sonali che Kleinman elegge la sofferenza umana a materia di ri
flessione, invitandoci a esaminare la reciproca influenza dei siste
mi di costruzione dei significati (personali, culturali ecc.) sulla
sofferenza e della sofferenza sui significati.
In linea con Kleinman, Good presenta il proprio contributo
nei termini di una teoria dell'esperienza vissuta, in cui il corpo
emerge come attore dell'esperienza stessa. È all'interno di questa
cornice che egli propone un approccio narrativo per lo studio del
la sofferenza. Se è vero che la sofferenza comporta un ribalta
mento di prospettiva radicale per il singolo che la esperisce, in
quanto essa rappresenta una forma di attacco al radicamento on-
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NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI
198
6
LA SOFFERENZA E LA SUA
TRASFORMAZIONE PROFESSIONALE
VERSO UNA ETNOGRAFIA DELI.:ESPERIENZA INTERPERSONALE
Arthur Kleinman, Joan Kleinman
INTERPRETAZIONE ED ESPERIENZA
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NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI
dianità della povertà nei ghetti urbani -, con una diagnosi di di
sturbo depressivo maggiore o con un disturbo post-traumatico da
stress o ancora con un disturbo antisociale di personalità, l'antro
pologo sostiene che, a dispetto delle sue competenze professionali
o delle sue buone intenzioni, la psichiatria finisce col delegittima
re le dimensioni morali e politiche della sofferenza del paziente.
Almeno implicitamente, si suppone che gli psichiatri banalizzino
l'esperienza delle persone che si rivolgono loro, fino forse a ren
derne più difficile la comprensione. Le ricostruzioni degli antro
pologi, quindi, si pensa riescano a produrre una critica fondamen
tale della riduzione operata dall'approccio degli psichiatri rispetto
all'unicità della qualità esistenziale della manifestazione di una
malattia. Tale riduzione, si sostiene, a volte con un malcelato tono
di superiorità morale, descrive la sofferenza umana come patolo
gia inumana (Casse!, 1991).
Il dilemma interpretativo degli antropologi deriva dal fatto
che essi condividono lo stesso processo di riduzione di un' espe
rienza vissuta a delle categorie che le sono estrinseche. L'interpre
tazione della sofferenza di una persona o di un gruppo - nei ter
mini di risposta a rapporti di produzione oppressivi, o di simbo
lizzazione di conflitti dinamici che hanno luogo nell'interiorità
del sé, o ancora la resistenza all'autorità - è una mera ricostruzio
ne simile a quella che, in ambito biomedico, si cerca di operare di
fronte a una malattia. E non è certamente meno criticabile, dal
punto di vista morale, antropologizzare il disagio rispetto al ri
condurlo entro i limiti categoriali del discorso medico. Ciò che si
perde nelle interpretazioni biomediche - la complessità, l'incer
tezza e l'ordinarietà del mondo dell'esperienza comune a partico
lari uomini e donne - viene a mancare anche quando la malattia è
reinterpretata nei termini di ruoli sociali, strategie sociali, simboli
sociali, nient'altro che l'esperienza umana.
Tuttavia non si fraintenda la nostra posizione. Non si sta po
stulando un ossimoro antropologico del tipo: la sofferenza come
esperienza limpida, priva di significati culturali e di cambiamenti
sociali. Non si dà esperienza umana di questo tipo, aculturale e
astorica. Si sostiene invece che le analisi antropologiche (del do
lore, della passione, del potere), quando sono lontane dall'espe
rienza, rischiano di delegittimare le condizioni umane del sogget
to in questione. L'antropologo in questo modo si figura un falso
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LA SOFFERENZA E LA SUA TRASFORMAZIONE PROFESSIONALE
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NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI
chio Good, Thomas Csordas, Mitchell Weiss, Peter Guarnaccia, Pablo Farias,
Norma Ware, Joyce Chung, David Napier, John Sugar e altri ancora), nonché
con i nostri allievi (Paul Farmer, Paul Brodwin, Anne Becker, Jim Kim, Lawren ·
202
LA SOFFERENZA E LA SUA TRASFORMAZIONE PROFESSIONALE
2. Con condizioni umane vogliamo indicare che esiste solo un numero limi
tato di modi per essere umani. Tutti infatti facciamo esperienza della crescita fi
sica, delle trasformazioni personali, della fame, di incidenti, di malattie (più o
meno gravi), della paura, della morte, del lutto ecc. Usiamo comunque il plurale
perché desideriamo indicare che le condizioni umane possono anche variare en
tro e tra i gruppi. Infatti non tutti faranno esperienza di un disturbo infantile
maggiore o di un lutto per la morte di un figlio, ancora bambino, e tuttavia sa
ranno in molti a provarlo e ad alcuni gruppi toccherà una porzione superiore di
esperienze di quel genere. A essere in gioco per uomini e donne è dunque qual
cosa di intrinseco alle condizioni umane condivise e insieme qualcosa di elabo
rato dalle peculiarità dei mondi locali di esistenza e dagli individui. Per cui pos
siamo affermare che la condizione umana denota forme di vita sia universali, sia
particolari.
203
NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI
3. Tra cui, ovviamente, ciò che è in gioco per l'etnografo stesso - con questo
intendiamo esprimere una gamma di propri "interessi" molto più ampia rispetto
a quelli cui allude l'enfasi postmodema per un certo paradigma intellettuale e
per uno stile di scrittura. Quello che abbiamo in mente è qualopsa di affine al
controtransfert, compiuto dall'etnografo, di passioni, durevoli e momentanee,
ma senza la specificazione psicoanalitica dd loro presunto contenuto universale.
4. Ciò che vogliamo sostenere è che "cognizione", "affetto" , "difesa" e "com
portamento" non solo sono categorie psicologiche appartenenti all'egemonia oc
cidentale, ma sono anche particolarmente inadeguate come categorie per un'et
nografia dell'esperienza. La separazione fra cognizione e affetto, a dispetto di
tutte le parole versate per mostrare le deformazioni prodotte dalle residue dico
tomie della tradizione culturale occidentale, è ora data per scontata non soltanto
in psicologia, ma in tutte le scienze umane. Tuttavia, anche una rapida riflessione
è sufficiente per dimostrare ampiamente come questa dicotomia restituisca l'u
nità dell'esperienza. L'impegno nella misurazione rende la maggior parte dei ri
cercatori insensibili a queste obiezioni. La difesa, naturalmente, si porta tutto il
peso del paradigma psicoanalitico, che trasforma la molteplicità, l'incertezza e
l'originalità dell'esperienza in "verità", la cui validità e affidabilità non sono qua
si mai state rigorosamente verificate, mentre il loro impiego si è insinuato nd lin
guaggio quotidiano degli scienziati sociali e dei medici. L'etnografia dell'espe
rienza sarebbe in una posizione migliore se non avesse difese. ll "comportamen
to" reifica nd modo più riduzionista possibile il vissuto, ed è puntellato da teorie
che sono le più suscettibili di applicazioni de-umanizzanti. Tutti questi termini
reificano una visione oltremodo individuàlistica dell'esperienza, oscurandone
l'intersoggettività che noi vorremmo invece enfatizzare.
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LA SOFFERENZA UMANA
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naccia et al., 1989) e così via. Per completare questa impresa anali
tica l'esperienza di malattia, a un certo punto, è congelata come se
la narrazione della malattia si fosse compiuta o il corso della ma
lattia fosse giunto a un esito ultimo. Certo è che, nel corso effettivo
dell'esperienza di malattia, non esiste esito ultimo. Anche la morte
è seguita dal lutto e dall'ulteriore e influente traiettoria del passato
ricordato (per la famiglia come per i medici). L'antropologo crea
l'illusione di finalità, continuità, significato coerente, quando in
realtà anche il più semplice episodio di malattia ha risonanze più
complesse di quelle che i modelli analitici a nostra disposizione
possano cogliere. L'astrazione di una definitiva forma culturale da
una iniziale transitorietà e dalle controverse incertezze dell'espe
rienza quotidiana di malattia fa violenza all'idiosincrasia persona
le e alla particolarità della situazione, alla confusione e "al brusio
assordante" del corso della vita. Come A. Kleinman ha mostrato
in The Illness Na"atives, il significato culturale è solo uno dei di
sparati significati della malattia - gli altri comprendono anche i si
gnificati personali e interpersonali in un mondo locale - e tuttavia
in parecchi resoconti antropologici quello è l'unico che emerge.
Riteniamo che la tendenza antropologica a creare archetipi cultu
rali a partire dai dettagli, sempre confusi e incerti, di un resoconto
personale di malattia - approccio cui noi stessi abbiamo contri
buito - sia un'interpretazione del nucleo umano della1 1 sofferenza
tanto debole quanto la tendenza biomedica a spiegare in termini
puramente biologici il dolore. Entrambe rendono fungibile la
qualità peculiarmente umana della sofferenza, la posta in gioco
più importante per i protagonisti. Alienando la malattia da ciò che
è in gioco per degli individui particolari in situazioni specifiche,
l'analisi culturale crea una realtà inumana, artefatta, come l'entità
di malattia del patologo. Se non esiste un corso puramente "natu
rale" della patologia, non può nemmeno esserci una sintomatolo
gia puramente "culturale" .
La sofferenza può essere definita, in una prospettiva storica e
transculturale, come un aspetto universale dell'esperienza umana,
in cui gli individui e i gruppi devono subire o sopportare specifici
oneri, problemi e lesioni fisiche e spirituali, raggruppabili in vari
modi. Ci sono sventure contingenti, come il manifestarsi di una
grave malattia. Ci sono forme ordinarie di sofferenza, come le
esperienze di malattia cronica o la morte - o che possono essere le-
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9. Vedi Li]i, il Libro dei Rituali: tutti gli uomini nascono con sette emozioni.
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CONCLUSIONE
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dernismo si dimostra corrosiva per la voce del soggetto, come anche per quella
dell'autore, così che l'esperimento incrinato di Taussig, alla fine, non fa altro che
sostituire un abuso linguistico con un altro. Ciononostante, dirigendo l'attenzio
ne verso il linguaggio dell'etnografia, Taussig solleva una questione utile rispetto
alle parole e allo stile più indicati per rappresentare il flusso dei mondi interper
sonali. Forse, uno dei vantaggi dell'etnografia dell'esperienza è quello di sfidare
l'etnografo a ricercare una voce autentica, capace di coniugarsi tanto con le esi
genze accademiche quanto con quelle etiche del suo soggetto di studio.
18. Quanto alla enormità dell'abuso, la trasfigurazione dell'esperienza attra·
verso una retorica psichiatrica o antropologica è grave, ma certo non pericolosa
come, per esempio, l'idea ottocentesca di degenerazione e la sua riapparizione
novecentesca nell'eugenetica omicida dd nazismo (Pick, 1989). Sarebbe un ter
ribile errore intellettuale quello di esagerare la prima forma di abuso cui abbia
mo fatto riferimento. Anche oggi la nuova eugenetica ci colpisce come il discor
so più pericoloso rispetto a un potenziale abuso politico. Nondimeno, la trasfi-
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gurazione della sofferenza - quello che Latour (1988, pp. 1 1 6-129) potrebbe
chiamare la pastorizzazione della sofferenza a opera del riduzionismo biomedi
co - è ancora un esempio significativo delle conseguenze de-umanizzanti del di
scorso professionale contemporaneo.
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UN CORPO CHE SOFFRE
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lattie croniche. Dopo avere fatto qualche breve domanda sul suo
retroterra personale e familiare, gli chiesi di parlarmi del suo pro
blema, di raccontarmi come era cominciato e come aveva tentato
di curarlo. La narrazione che seguì rappresentava uno sforzo di
dare forma al dolore, di dare nome alle sue origini nel tempo e
nello spazio, di costruire una biografia capace di dare senso a una
vita di sofferenza (cfr. questa definizione di narrazione di malattia
con quella presente in Kleinman, 1988).
Egli aveva un nome chiaro per il suo male - "Lo descrivo co
me 'disturbo dell'articolazione temporo-mandibolare (ATM)' "
e un preciso momento diagnostico - "l'autunno del 1984. In no
vembre circa". li suo disturbo dell'ATM fu inizialmente diagno
sticato da un medico generico che lo curava per difficoltà respi
ratorie e per un dolore che aveva all'orecchio, il quale "mi chiese
di fare dei movimenti con la mascella, su e giù un po' di volte. A
quel tempo potevi sentire, sentivi un battito e uno schiocco. Se
aprivo la mandibola, a un certo punto sentivo uno scatto, e poi la
richiudevo. Fu allora che lui mi fece la prima diagnosi" .3
Ma la descrizione del suo dolore e della sua storia eluse presto
una caratterizzazione ordinata, rovesciandosi nella sua vita.
Ora sembra una lunga storia. Quando me ne resi conto, mi, parve ovvio
che potesse essere una lunga storia, visto che mi sembra di avere avuto que
sti problemi da sempre. Mi erano capitati giramenti di testa senza sapere
perché li avessi . . . ero depresso e andavo in continuazione da vari speciali
sti, stavo sempre, per un motivo o per un altro, nello studio di un qualche
medico. Poi arrivarono i mal di testa, le vertigini, qualche volta anche la
nausea . . . Viene fuori in diverse parti del tuo corpo. Mi viene in testa, poi
sento male al petto, e non ho idea di cosa sia . . . potrebbe essere un attacco
di ansia, forse delle palpitazioni cardiache. E poi ah, il senso di debolezza
che mi, mi, prende di solito al lato sinistro, il lato sinistro del mio corpo è
più debole dell'altro, del destro.
3 . Vale la pena notare che Brian, da diversi punti di vista, non è rappresenta
tivo delle persone che abbiamo intervistato e a cui è stato diagnosticato il distur
bo dell'ATM. Egli ha una lunga storia di problemi psicologici, come ha chiarito
nell'intervista, e ha sofferto di dolori estremi e persistenti in gran parte del suo
corpo. Nessuna di queste è una caratteristica di molte persone che soffrono dei
disturbi delle articolazioni mandibolari (vedi, per esempio, Von Korff et al.,
1988a, 1988b). Scelgo, in questo libro, di raccontare la storia di Brian, più per il
suo dolore cronico che per la sua diagnosi di disturbo dell'ATM.
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UN CORPO CHE SOFFRE
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UN CORPO CHE SOFFRE
nella sua storia personale tanto quanto nel suo corpo, ed evocano
un terrore non mitigabile dalle medicine o dalla psicoterapia.
Sovrapposta a questa narrazione di una vita di sofferenza,
un'altra narrazione si sviluppa. Nel 1984, in seguito a una conge
stione e a un forte dolore alle orecchie, Brian si recò dal suo medi
co generico, pensando di avere un'infiammazione auricolare.
Questo medico sentì uno schioccare della sua mandibola, e sug
gerì che potesse avere a che fare col dolore alle orecchie. Brian fu
mandato da uno specialista otorinolaringoiatrico, il quale curò
l'infezione e inoltre "sentì questo suono di scatto e schiocco pro
nunciato" e "ipotizzò che avessi un problema legato all'ATM". Al
la fine, qualche mese dopo, un altro otorino in una clinica specia
lizzata lo visitò, spiegandogli il ruolo che la deviazione del setto
gioca nell'ostruire i passaggi respiratori, e "discutendo quell'ana
tomia, mi parlava anche della mandibola, lo schioccare interno,
un disturbo legato all'ATM. Un malfunzionamento della mandibo
la". Iniziò così un processo di reinterpretazione del suo dolore.
"Ero ancora un po' scettico nei confronti della cosa". Ma quando
il terzo medico consecutivo gli citò il problema: "Allora dissi: va
bene, non c'è modo di schivare più la cosa". Di conseguenza:
"Iniziai a pensare che fosse qualcosa con una base organica, che
avrei fatto bene a indagare, a vedere veramente dove mi portava, e
l'idea nel suo insieme era di speranza, credo, perché ora avevo in
dividuato qualcosa, e l'avevo definita in un certo modo. Posso di
re che è nella mia testa, ma non è tutta nella mia testa".
Brian fu mandato, da uno degli otorini, da un dentista specia
lizzato in "odontoiatria ricostruttiva". n dentista diagnosticò che
il suo dolore nasceva da un problema di occlusione - "non masti
cavo nel modo corretto". Limò molti denti per aggiustare la ma
sticazione, costruì una stecca rigida di acrilico, un apparecchio
occlusivo che stava attorno ai denti e "alleviava la tensione dentro
e intorno alle orecchie". Sfortunatamente, costretto a portarsi al
lavoro questi apparecchi e a indossarli per gran parte della gior
nata, Brian finì con il perderne uno e danneggiarne un altro.
Ogni volta il dentista intraprendeva un lungo processo per pren
dere le impronte, costruire il modello, adattare e riadattare il di
spositivo, plasmare, modellare, limare. Tutto questo a un costo,
per Brian, di 350 dollari per ogni apparecchio. Quando li perde
va o li danneggiava, Brian si sentiva umiliato e sempre più ansio-
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NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI
so, per poi andare su tutte le furie. Più si arrabbiava, più volte do
veva tornare a ripetere tutto il processo. Ciononostante, andò
avanti a farsi curare dal dentista per quasi un anno. Provò un po'
di sollievo e iniziò a coltivare una certa speranza, prima che nuovi
dubbi prendessero piede.
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UN CORPO CHE SOFFRE
Beh, era una risposta che mi sarei potuto dare da solo. Non avevo biso
gno di uno specialista per sentirmi dire una cosa del genere. . . In un certo
senso ripropone un approccio un po' più olistico. È un'idea più coinvol
gente; che riporta in ballo una certa ambiguità. Che ripropone il mio con
flitto col corpo. Ma si tratta poi veramente del mio corpo? O è il mio pro
cesso di pensiero che attiva le tensioni fisiche? Sono io o è l'inverso? È tut
ta questa incertezza che . . .
Sì, nessuna soluzione immediata. Ogni volta che ne cerco una, sembra
solo che mi imbatta in un altro labirinto, in un pantano di cose.
243
NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI
BYRON Gooo: Come descriveresti quello che sta accadendo nel tuo
corpo?
BRIAN: A volte, se dovessi visualizzarlo, sembrerebbe come se lì, lì, ci
fosse, eh, un demone, un mostro, qualcosa di orribile, di orrendo, che si
annida, colpendo le parti interne del mio corpo, squartandole. E io, ah, io
lo contengo, o cerco di contenerlo, così che nessun altro lo possa vedere,
così che nessun altro sia disturbato da lui. Perché mi spaventa a morte, e
suppongo che se, perbacco, se qualcuno dovesse, dovesse vederlo, allora,
ah, mi eviterebbero come la peste. Così raddoppio i miei sforzi per dire . . .
sarò perfettamente in grado di contenere tutta questa cosa. E forse, meno
faccio, meno mi faccio riconoscere, meno mi, mi azzardo a uscire, o e ren
do un'iniziativa, così non lo farò, ecco, non farò uscire questo schifo. E co
me se stesse accadendo qualcosa di veramente, di davvero terribile. Non lo
controllo, non ho, ah, non ho nessun controllo su questa cosa, anche se mi
piace credere il contrario. Almeno fino al punto in cui nessun altro. . . per
ché se lo scoprono, allora non mi crederanno, ma da un lato, se inizi a par
larne, allora loro, tutti loro hanno, eh, le loro risposte, soluzioni che però
non c'entrano niente con le tue. Quindi credo che un modo appropriato di
descriverlo, il dolore diventa veramente terribile, non c'è un modo per co
municarlo, o per parlarne con qualcuno. A volte, mi faccio dei viaggi men
tali, cerco di razionalizzare, di spiegarmi tutto, provando a dirmi che è tut
ta immaginazione, che è un'invenzione, che non esiste davvero. Ed è, di
venta un meccanismo per gestire la cosa. Se mi convinco in modo intellet
tuale che non c'è, o che non è poi così importante, o, ci vedo troppe cose,
ah, allora sai, non crollerò. Non sarò così, non funzionerò così male fino al
punto di . . . non essere più capace di fare niente.
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Entra nella testa . . . la bocca diventa calda, per via degli spasmi che mi
vengono in bocca e giù, dove deglutisco e vorrei qualcosa per rilassarli . . .
I muscoli della mascella - sul palato sono tutti tirati, e allora devo bere
qualcosa di caldo per rilassarli. Poi inizia a scendere, la gente lo descrive
rebbe come un sentirsi soffocati, o come avere questo grumo, questa sen
sazione di oppressione in tutta questa parte [faceva gesti toccandosi la
gola e il petto] . E comincia a scendere. E quando l'ansia sale, non sai piu
che diavolo ti succede, e cominci a sentire altre cose, e - a volte sensazio
ni di bruciore, e, ah, qualche volta mi sento tutto frastornato. Comincio a
respirare più velocemente . . . la cosa più terribile di tutte è che comincio a
perdere il controllo, mi trovo improvvisamente . . . mi trovo a non essere
più capace di trattenermi, non so quello che succede perché è così, così
strano. Attribuivo la debolezza della mia gamba a tutto ciò, e il fatto di
sentirmi una gamba più tesa dell'altra, è sempre la mia mano sinistra che
fa più male, qua, questi crampi muscolari che scendono, ah, il braccio si
nistro, e a volte un formicolio nella mano . . È come se nei momenti peg
.
giori tutti i miei sintomi emergono e devo fare qualcosa. Devo mettere le
cose a posto. Mentre lavoro, ah, perché devo, devo avere tutta, tutta que
sta afflizione?
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BYRON Goon: Qual è la natura di quel mondo che loro non possono ca
pire?
BRIAN: Non lo so, per me è . . . , è una costrizione. Vuoi dire essere lega
ti . . . provare dolore nel corpo e non essere in grado di spiegarlo adeguata
mente o di interpretarlo. La consapevolezza di non poterlo fare è così tota
le, così pervasiva, che non posso reahnente dire, sì è come un mal di testa,
ma è anche diverso dal mal di testa. Devi provarlo per poter reahnente ca
pire di che si tratta. Devi scoprire cosa significa tornare a casa e sentire che
non hai idea di che momento del giorno sia. Anche se hai un orologio pro
prio davanti a te, non sai che ore sono. Ti devi sdraiare perché, beh, senti
che da un momento all'altro crollerai a causa del dolore, o che non sai se
succederà, se ti sveglierai la mattina una volta che sei andato a dormire. Hai
così paura. C'è una sensazione che provi - è una cosa totale - ho avuto que
ste sensazioni, e la testa viene chiusa in una morsa, e qualcosa mi blocca da
una parte o dall'altra, come una ruota che viene girata tutto il tempo, e va
avanti così. Mi va intorno alla testa e poi, è strano quando torno a casa la
sera, e mi sdraio per un quarto d'ora. Potrei dissolvermi nel sonno, oppure
no, ma sono in una specie di stato intermedio e, beh, ogni cosa sembra,
quasi una specie, anche se non posso, beh le fantasie che mi girano nella te
sta. Di solito, ho avuto una giornata pesante e mi sdraio per un quarto d'o
ra, ma poi non lo so se è passata mezz'ora o un giorno intero o, ah, tre o
quattro ore. n tempo si deforma.
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b
Se avevo mal di orecchie da bambino, o se avevo dei pro lemi, allora
poteva essere, poteva già essere il disturbo dell'ATM. Se mi sentivo male a
volte senza sapere perché, poteva magari essere il disturbo della ATM? L'ul
timo anno di superiori, ricordo di avere vomitato una mattina e - poiché
mi ero svegliato con un mal di testa tremendo - mi sentivo girare, ero tutto
frastornato. Solo ora, a vederlo in retrospettiva, poteva essere qualcosa che
- che c'entrava con il disturbo della ATM, no?
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UN CORPO CHE SOFFRE
Potrebbe essere stato una cosa fisica che facevo coi denti, il digrignarli
ecc. - solo, potrebbe anche essere stata la conseguenza di, beh, di essere
stato represso, di avere soppresso le mie emozioni, non proprio, beh . . .
qualche volta io, io mi sento una vittima della vita e non uno che ha un
qualche controllo su di essa - e sì, più che altro manipolato, credo . . . Non
mi sarei mai fatto sentire, in pubblico, con tensione o rabbia. Li tenevo
dentro, la maggior parte delle volte. Quindi credo che il modo in cui si ma
nifestava era, era quello di digrignare i denti e a volte, mi si stringevano le
altre parti del corpo, mi irrigidivo, io, le mie gambe mi diventavano tutte ti
rate - quelle cose lì.
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UN CORPO CHE SOFFRE
dolore, penso che potrei gestire certe cose se solo non stessi così
male". E per via di questa speranza, Brian continua a cercare ri
sposte. C'è un chirurgo consigliato da un membro del gruppo di
supporto. C'è qualcuno coinvolto in uno studio presso un centro
del dolore. Il programma televisivo "20/20" descrive il caso di
una donna col disturbo dell'ATM. Ha affrontato "un programma
di cura durato quattro giorni, ed è stata curata completamente".
"Libera dal dolore", dice suo padre. "Ora lei è libera dal dolore",
dice Brian. "Ha ancora il disturbo, ma è arrivata a non avere più
delle disfunzioni a causa di esso. Capisci? Ha superato una grossa
quantità di dolore". La speranza rimane.
"Mi sorprende come in mezzo a tutto questo", continua suo
padre, "lui si metta a fare un dipinto, e quello che viene fuori è ri
gorosamente individuale, è la sua opera. Non puoi confonderla
con un'altra". Brian è un artista. Quando il linguaggio come stru
mento di autoestensione, come "mezzo con cui il dolore potreb
be essere trasferito nel mondo ed eliminato" (Scarry, 1985, p. 86)
viene meno, Brian si mette a dipingere. Per un po' ha fatto dipinti
surrealisti e ne sono emerse molte "immagini bizzarre, subcon
scie". Gli chiesi se almeno ci fosse un modo di incorporare la sua
esperienza attraverso l'arte.
BRIAN: Beh, ci sono volte in cui io, quando ci sono tante cose che sono
ineffabili, riguardo a tutto quello che succede internamente, riesco a espri
mermi nell'arte. Molte cose bizzarre, che non posso verbalizzare, vengono
fuori nelle immagini che butto sulla tda . . . Se ho una persona che grida
dentro di me, qualcuno che strilla e urla e cerca di uscire, a volte non lo fac
cio concretamente. Lo sai, non lo faccio con le parole. Lo faccio con - vie
ne fuori nella pittura . . .
È un modo di risolvere qualcosa. Se non posso farlo in nessun altro mo
do, allora posso farlo dipingendo. Ed è anche meglio. Almeno non sei limi
tato, e . . . non ci conto più.
BYRON Gooo: Provi un senso di liberazione quando finisci di dipingere?
BRIAN: A volte, un po' di realizzazione. Mi sento bene per quello che ho
fatto . . . Spero che esprima un po' dei sentimenti, un po' di come è la reale
profondità della mia esperienza, e qualcun altro può vederlo. E poi a volte,
lo vedono, e . . . beh, mi sembra che ne siano molto, beh, colpiti. Ma ogni
volta che faccio un dipinto, è come esporre un piccolo pezzo di me, così
devo sapere chi è che lo capirà.
BYRON Gooo: È per questo che rifiuti di venderli o di esporli?
BRIAN: Sì, devo sapere . . . se verrà accettato . . . se rivdo qualcosa di me
stesso, qualcosa che può essere, che è molto vulnerabile e, beh, è probabile
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NARRAZIONE, ESPERIENZA E MONDI MORALI LOCALI
che sia accolto con scetticismo, che le persone non lo capiscano, o che ab
biano un'impressione completamente diversa, o che lo prendano in giro, è
questa la paura che ho. E no, non posso mostrarlo alle persone comuni con
cui vengo a contatto nel corso della giornata.
CONCLUSIONE
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UN CORPO CHE SOFFRE
BffillOGRAFIA
259
PARTE TERZA
263
SOFFERENZA, DIRIITI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
264
8
La crescita del PNL o dei redditi industriali può sicuramente essere molto
importante come mezzo per espandere le libertà di cui godono i membri
della società. Ma le libertà dipendono anche da altri fattori, come le
strutture sociali ed economiche (per esempio i servizi di educazione e as
sistenza sanitaria), o i diritti politici e civili (ad esempio, la libertà di par
tecipare alla discussione pubblica e al voto).
AMARTYA SEN, Lo sviluppo è libertà
Dov'è che pagano il reddito medio pro capite? C'è più di un morto di fa
me che vorrebbe saperlo.
Dalle nostre parti, i numerini hanno miglior fortuna delle persone.
Quanti se la passano bene quando va bene l'economia? Quanti ne svi
luppa lo sviluppo?
EDUARDO GALEANO, I numerini e la gente
265
SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
266
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUTTURALE
capitolo di un libro che veniva scritto prima che il titolo del libro - capitalismo
mondiale - diventasse noto ai suoi autori?" (Mintz, 1997, p. 120).
3. Vale la pena notare come quelli che hanno un lavoro miserabile sono nondi·
meno ritenuti fortunati in un paese dove la disoccupazione viene stimata, dall'onni
sciente Central lntelligence Agency, intorno al 70% (us CIA, 2001). Non ci si meravi
gli che la CIA sia interessata alla questione: Haiti, fino a tempi abbastanza recenti, è
stata una delle maggiori assemblatrici mondiali dei prodotti degli Stati Uniti. Per ul
teriori notizie sulle condizioni dei lavoratori haitiani negli stabilimenti di assemblag
gio d'oltremare di proprietà statunitense, vedi Kemaghan (1993). Certamente le in
dustrie statunitensi non sono le sole a sfruttare il lavoro a basso costo ad Haiti, come
risulta da un recente rapporto sulle condizioni di lavoro nelle piantagioni di arance
che conferiscono al liquore Grand Marnier il suo tipico sapore (Butler, 2000).
4. Oltre agli indicatori standard di benessere e di sviluppo, l'"indice di sofferenza
umana" prende in considerazione fattori come l'accesso all'acqua potabile pulita, l' ap
porto calorico quotidiano, la libertà religiosa e politica, il rispetto dei diritti civili, e il
grado di ineguaglianza di genere. Per informazioni sull'indice di sofferenza umana e le
sue modalità di derivazione, vedi il sito Web http://www.basics.org/programs/
basicsllhaiti.html.
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SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
bellezza dei monti scoscesi della regione e dal clima mite, i visitato
ri che si fermano a lungo nella zona arrivano a vedere il Plateau
Centrai quasi alla stessa maniera dei suoi abitanti: come una terra
arida, di gesso, ostile ai più tenaci sforzi dei contadini che ci vivo
no. La mancanza di terra è la norma e, di conseguenza, lo stesso va
le per la fame. Tutti gli indici standard rivelano quanto sia sottile il
filo che lega la popolazione alla sopravvivenza. L'aspettativa di vita
alla nascita è inferiore ai cinquanta anni, in gran parte perché circa
due bambini su dieci muoiono senza giungere al loro primo com
pleanno.' La tubercolosi e l'AIDS sono le cause principali di morte
tra gli adulti, mentre tra i bambini troviamo dissenteria, morbillo e
tetano, che giungono a fare una strage tra i malnutriti.6
Ma l'esperienza della sofferenza, come si osserva spesso, non
può essere comunicata efficacemente attraverso statistiche o gra
fici. Infatti, la sofferenza dei poveri del pianeta solo raramente si
intromette nella coscienza dei benestanti, anche qualora si dimo
stri che il benessere dei secondi ha un rapporto diretto con la sof
ferenza dei primi. Questo vale anche quando all'ordine del gior
no ci sono violazioni palesi dei diritti umani, ed è ancor più vero
quando in ballo c'è la violazione dei diritti sociali ed economicC
Poiché la "trama" della più atroce afflizione si percepisce meglio
268
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUTIURALE
lA STORIA DI ACÉPIDE
copertura di El Mozote ci mostra come per i giornalisti, non meno che per la mag
gior parte delle persone occidentali, la vita quotidiana di miliardi di persone nel re
sto del mondo non esiste al di fuori dei parametri di crisi o di scandalo: uragani, ter
remoti, eruzioni vulcaniche, siccità, carestie e guerre civili" (1996, p. 4).
8. I nomi degli haitiani qui citati sono stati cambiati, come pure i nomi dei loro
villaggi.
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SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
270
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUTIURALE
be fine nel 1991, fu solo l'ultima di una serie di tragedie che lei e i
suoi genitori cucirono insieme in un lungo lamento ormai fami
liare a coloro che si prendono cura dei malati della regione.
La litania inizia, di solito, ai piedi della vallata, ora celata sotto
la piatta superficie del lago. Entrambi i genitori di Acéphie veni
vano da famiglie che avevano vissuto un'esistenza decorosa colti
vando tratti fertili di terra - il loro "giardino degli antenati" - e
vendendo gran parte dei loro prodotti. Suo padre lavorava la ter
ra e sua moglie, una donna alta e stancamente elegante, che non
aveva affatto l'età che dimostrava, era una "Ma dame Sarah", una
donna del mercato. "Se non fosse per la diga", mi disse una volta,
" adesso staremmo bene. Anche Acéphie". La casa dei Joseph fu
sommersa, insieme a molti dei loro oggetti di proprietà, ai loro
raccolti e alle tombe dei loro antenati.
Profughi dell'avanzata delle acque, i Joseph costruirono una
misera capanna su un poggio sopraelevato che dava sul nuovo la
go artificiale. Rimasero fissi sul loro poggio per alcuni anni;
Acèphie e suo fratello gemello nacquero lì. Domandai cosa li ave
va indotti a trasferirsi sulla collina e a costruire una casa sul duro
terrapieno di una strada polverosa. "La nostra capanna era trop
po vicina all'acqua", rispose il padre. "Avevo paura che uno dei
bambini potesse cadere in acqua e annegare. La madre doveva
andare in giro a vendere; io cercavo di fare un giardino su questo
terreno terribile. Non c'era nessuno a controllarli".
Acéphie frequentò la scuola elementare in un riparo di foglie
di banano all'aria aperta, in cui i bambini e i ragazzi di Kay riceve
vano i rudimenti di una educazione. "Era la più carina delle so
relle Joseph", ricordava una delle sue compagne. "Ed era simpa
tica tanto quanto carina" . La bellezza di Acéphie - era alta e ben
fatta, con due grandi occhi neri - e la sua vulnerabilità potrebbe
ro avere segnato il suo destino di morte già nel 1984. Sebbene an
cora alle scuole elementari, aveva già diciannove anni ed era giun
to il momento di aiutare con le entrate la famiglia, che stava
sprofondando sempre più nella povertà. Acéphie iniziò ad aiuta
re la madre portando i prodotti a un mercato locale il venerdì
mattina. A piedi o su un asino, ci vuole più di un'ora e mezza a
raggiungere il mercato, e la strada passa proprio nel mezzo di Pé
ligre, il sito della diga nonché della caserma militare. Ai soldati
piaceva guardare la parata delle donne il venerdì mattina. A volte
27 1
SOFFERENZA, DIRITII UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
Cosa dovevo fare? Potrei dire che gli anziani si sentivano a disagio, era
no preoccupati; ma non dissero di no. Non mi dissero di stare alla larga da
lui. Vorrei che lo avessero fatto, ma come potevano saperlo? [. . . ] Sapevo
che era una cattiva idea, allora, ma non sapevo perché. Non potevo nean
che sognarmi che mi avrebbe dato una brutta malattia, mai! Mi guardavo
intorno e vedevo come eravamo poveri, come erano finiti gli anziani [ . . ] ,
.
cosa avrei dovuto fare? Era una via d'uscita, così mi sembrava.
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SOFFERENZA E VIOLENZA S1RUTI1JRALE
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SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
lA STORIA DI CHOUCHOU
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SOFFERENZA E VIOLENZA SlRUTIURALE
10. Per una rassegna ampia e ben documentata sulla condizione dei profughi
haitiani, si veda: "Symposium: the Haitian refugee crisis: a closer look", un numero
speciale dd 1993 del Georgetown Immigration Law Journal. In una eccellente pano
ramica sulle radìci della violazione dei diritti umani ad Haiti, un saggio contenuto in
questo numero descrive il patto Reagan-Duvalier (Ordine Esecutivo 12.324, ema
nato da Ronald Reagan il 29 settembre 1981): "D Programma di Interdizione è fun
zionato con decisa efficacia durante l'era di Duvalier. Dal suo inizio alla fine del
1981, migliaia di haitiani sono stati bloccati e rimpatriati ad Haiti con la forza. In tut
ti i casi la guardia costiera ha distrutto la nave proveniente da Haiti e il cutter della
guardia costiera tornava a Port-au-Prince gremito di persone in cerca di asilo. Nono
stante la ben documentata evidenza di abusi sistematici e massicci nei confronti dei
diritti umani durante l'era Duvalier e sotto i governi militari successivi, tutti tranne
otto dei 23.000 haitiani interdetti furono ricondotti ad Haiti tra l'ottobre dd 1981 e
il settembre dd 1991, quando il presidente Aristide fu rovesciato con un colpo mili
tare. Le interviste effettuate sui cutter della guardia costiera erano intrinsecamente
viziate e aiutano a spiegare la generale scoperta che tutti gli interdetti erano 'rifugiati
economici"' (O'Neill, 1993, p. 96).
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SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
276
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUTIURALE
l'attenzione dei suoi compagni di viaggio uno di quelli che gli hai
tiani chiamano pwen, ovvero una osservazione pungente che vuole
dire qualcosa di diverso dal suo significato letterale. Mentre sob
balzavano lungo la strada, cominciò a lamentarsi per le condizioni
della strada, osservando che, "se le cose fossero come dovrebbero
essere, queste strade sarebbero già state riparate" . Un testimone
oculare mi raccontò poi che nel commento non fu mai citato il no
me di Aristide. Ma i suoi compagni di viaggio riconobbero che le
osservazioni di Chouchou deploravano velatamente il colpo di sta
to. Sfortunatamente per Chouchou, uno dei passeggeri era un sol
dato in borghese. Al successivo checkpoint il soldato lo fece pren
dere e trascinare giù dal camion. Lì, un gruppo di soldati e i loro
lacché - i loro attachés, per usare l'epiteto allora in voga - iniziaro
no subito a picchiare Chouchou, di fronte agli altri passeggeri; con
tinuarono a picchiarlo anche quando lo portarono nelle baracche
militari a Hinche. Una cicatrice sulla sua tempia destra fu il souve
nir della sua permanenza a Hinche, che durò parecchi giorni.
Forse il risultato peggiore di questi episodi di brutalità fu che
essi segnarono l'inizio della persecuzione, e non la sua fine. Nelle
campagne di Haiti, ogni screzio con la legge (ovvero quella milita
re) ti faceva entrare in una sorta di lista nera. Per gli uomini come
Chouchou, stare fuori di prigione voleva dire fare felici gli attachés
locali, e allora iniziò a evitare di fare ritorno al suo villaggio. Chou
chou viveva nella paura di un secondo arresto, mi disse poi sua
moglie, e le sue paure si dimostrarono fondate.
ll 22 gennaio del 1992, Chouchou stava facendo visita a sua
sorella quando fu arrestato da due attachés. Nessuna spiegazione
venne fornita per l'arresto e la sorella ebbe un pessimo presenti
mento quando vide che venivano strappati a Chouchou l' orolo
gio e la radio. Venne condotto in malo modo al più vicino check
point militare dove fu torturato dai soldati e dai loro attachés. Un
abitante della zona ci raccontò più tardi che le urla del prigionie
ro fecero pianger,e i suoi figli terrorizzati.
Il 25 gennaio, Chouchou venne lasciato morire in un fosso.
L'esercito a malapena si preoccupò di far circolare la canard che
aveva rubato delle banane (la stampa haitiana, costretta allora al
silenzio, non diffuse neanche la falsa versione del fatto; i pestaggi
mortali nelle campagne non contavano come notizie). I parenti
riportarono Chouchou da Chantal e da sua figlia nell'oscurità
277
SOFFERENZA, DIRITil UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
Quando veniamo da te
ci strappiamo di dosso i nostri cenci
e tu ascolti qua e là sul nostro corpo nudo.
Sulla causa della nostra malattia
un solo sguardo ai nostri cenci ti
direbbe di più. Una stessa causa fa a pezzi
i nostri corpi e i nostri abiti.
Le fitte nelle nostre spalle
vengono, dici, dall'umidità, da cui
viene anche la macchia che abbiamo alla parete.
Dicci allora:
da che viene l'wnidità?
BERTOLT BRECHT, Discorso di un lavoratore a un medico
278
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUTIURALE
279
SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
pure il rapporto sulla dislocazione interna steso nel 1994 da Human Rights Wat
ch!Americas, ]esuit Refugee Service/USA e National Coalition for Haitian Refugees.
Verso la fine del colpo di stato di Cédras, che portò a migliaia di omicidi, l' eser
cito e i paramilitari iniziarono una campagna di stupro politicamente motivato. Un
sondaggio definisce questa campagna "il crimine probabilmente maggiore contro
le donne nei Caraibi dai tempi della schiavitù" (Rey, 1999, p. 74). Vedi anche Hu
man Rights Watch/Americas e National Coalition for Haitian Refugees 1994. È sta
to in questi anni che la nostra clinica ha ricevuto le prime vittime di stupro (Farmer,
1996); una delle mie pazienti andò a testimoniare sugli stupri politicamente motiva
ti a una udienza su questo tema tenuta da Organization of American States.
14. Alcuni potrebbero sostenere che il rapporto tra azione individuale e struttu
re sovra-individuali costituisce la problematica centrale della teoria sociale contem
poranea. In questa discussione ho cercato di evitare ciò che Pierre Bourdieu ha de
finito "l'assurda opposizione tra individuo e società", e di riconoscere qui l'influen
za di Bourdieu, che ha contribuito enormemente al dibattito sulla struttura e l' azio
ne. Per una esposizione concisa delle sue concezioni (spesso riformulate) su questo
argomento, rinvio a Bourdieu ( 1990). Che un modello sensibile e fondamentalmen-
280
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUTTIJRALE
scelte, grandi o piccole che siano, sono limitate dal razzismo, dal
sessismo, dalla violenza politica e da una povertà opprimente.
Mentre alcuni tipi di sofferenza sono facilmente osservabili - e
sono il soggetto di un numero infinito di film, romanzi e poesie
la violenza strutturale fin troppo spesso sfugge a coloro che po
trebbero descriverla. Ci sono almeno tre ragioni per questo stato
di cose. Prima di tutto, l"'esoticizzazione" della sofferenza spa
ventosa come quella subita da Acéphie e Chouchou, la tiene lon
tana. La sofferenza degli individui le cui esistenze e le cui lotte ri
cordano le nostre, tendono a commuoverci; la sofferenza invece
di coloro che sono "lontani", sia geograficamente che cultural
mente, ci tocca spesso di meno.
In secondo luogo, il peso stesso della sofferenza rende molto
più difficile rappresentarla: "La conoscenza della sofferenza non
può essere comunicata con meri fatti e numeri, cronache che og
gettivano la sofferenza di infinite persone. L'orrore della soffe
renza non sta solo nella sua immensità, ma anche nelle facce di
quelle vittime anonime che hanno poca voce, e tanto meno dirit
ti, nella storia" (Chopp, 1986, p. 2).
In terzo luogo, le dinamiche e la distribuzione della sofferenza
sono ancora poco capite. I medici, se sono fortunati, possono al
leviare la sofferenza dei malati. Ma spiegare la sua distribuzione
richiede una riflessione articolata e distribuita e molte risorse. I
casi individuali rivelano la sofferenza, ci dicono cosa succede a
una o a tante persone; ma per spiegare la sofferenza bisogna inca
stonare la biografia individuale nella più vasta matrice della cul
tura, della storia, dell'economia politica.
In breve, una cosa è comprendere la sofferenza estrema - una
attività senza dubbio universale - e un'altra, un po' diversa, è spie
garla. Le esperienze di vita come quelle di Acéphie e Chouchou, e
degli altri haitiani che vivono nella povertà e che condividono ana-
te non deterministico di azione abbia un tale "senso" deterministico - e pessimisti
co - è un riflesso soprattutto del tema da me scelto - la sofferenza - come anche del
mio "sito di ricerca", che è Haiti. ll rapporto tra azione e diritti umani è stato trac
ciato, tra gli altri, da lgnatieff: "Sappiamo dall'esperienza storica che quando gli es
seri umani possiedono diritti difendibili - quando cioè il loro agire come individui è
protetto e incoraggiato - è meno probabile che si abusi di loro e li si opprima. Su
queste basi, consideriamo la diffusione dei diritti umani come progresso anche se
rimane un inconscio dislivello tra gli strumenti e le pratiche effettive degli stati inca
ricati di rispettarli" (lgnatieff, 2001, p. 4).
281
SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
esempio - fanno parte dello stesso reticolo sociale ed economico: "Alla fine del di
ciannovesimo secolo, per la prima volta in assoluto, esisteva un solo sistema storico
sul pianeta. Siamo ancora oggi in quella situazione" (Wallerstein, 1987, p. 3 18). Ve
di anche la sua magistrale formulazione iniziale (1974 ) .
16. Vedi anche i lavori di Gutiérrez, che ha scritto molto sul significato della sof
ferenza nel ventesimo secolo (1973; 1983). Per quanto riguarda gli studi antropolo
gici sulla teologia della liberazione in ambito sociale, si vedano i lavori di Burdick
( 1993) e di Lancaster ( 1988).
282
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUITURALE
283
SOFFERENZA, DIRITI1 UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
e Herman (1979a, 1979b). Quando Mike Davis (200 1 , p. 19) esplora "gli olocausti
tardovittoriani" che portarono a qualcosa come cinquanta milioni di morti, conclu
de che " qui non stiamo parlando di qualche 'terra della carestia' impantanata nei
recessi stagnanti della storia mondiale, bensì delle sorti dell'umanità tropicale nel
preciso istante ( 1 870-1914) in cui la sua forza lavoro e i suoi prodotti venivano ar
ruolati in una economia mondiale che ruotava intorno a Londra. Morirono in milio·
ni, non fuori dal 'moderno sistema mondiale' ma durante il processo stesso dell'in
serimento forzato nelle sue strutture economiche e politiche".
284
SOFFERENZA E VIOLENZA SlRUTIURALE
18. Dal novembre 1995 al maggio 1996, l'Istituto Nazionale di Giustizia e i Cen
tri per il Controllo delle Malattie hanno condotto unitamente una inchiesta telefo
nica a livello nazionale che ha confermato le alte percentuali di aggressioni sulle
donne negli USA (Tjade, Thoennes, 1998). Vedi anche Bachman, Saltzman (1995).
285
SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
286
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUITURALE
287
SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
288
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUITURALE
sessuali non protetti come pure rispetto alla trasmissione di sm e mvlAIDS" (Kauf
man, 1998). Quarraisha e Salim Abdool-Karim citano uno studio del 1998 condot
to nel Sudafrica rurale, che constatava come "le donne i cui partner passavano dieci
notti o meno al mese a casa avevano una prevalenza di mv del 13,7% confrontata
con lo 0% delle donne che passavano più di dieci notti col partner (1999) Vedi Lu
rie, Harrison, Wilkinson e collaboratori (1997) per una documentazione ulteriore
su questo nesso. Inoltre, i dati del 1994 rivelano che la povertà è in aumento in Su
dafrica, con quasi due terzi di neri che vivono al disotto del livello minimo di sussi
stenza (Chapman, Rubenstein, 1998, p. 20).
25. D Centro nazionale per le statistiche sanitarie (1998) registrava una aspettati
va di vita alla nascita, nel 1996, di 76,8 anni per i bianchi e 70.2 anni per i neri. Due
anni dopo, le stesse fonti indicano un trend incoraggiante: l'aspettativa registrata
cresceva a 77,3 per i bianchi e 7 1 ,3 per i neri (Centro nazionale per le statistiche sani
tarie, 2000). Ma la discrepanza è ancora dell'ordine del 9-10% dell'arco dei vita. Per
una discussione dettagliata delle recenti disparità nello stato di salute e delle cause
primarie di morte per gli afro-americani, vedi Byrd e Clayton (2002).
289
SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
26. Benché le differenze di classe tra medici e studenti universitari non siano si
gnificative come altre disuguaglianze qui analizzate, è da notare che uno studio ri
portato nell'American Joumal of Psychiatry (Klein, Sullivan, Wolcott et al. 1987)
abbia osservato come fosse più probabile che gli psichiatri gay adottassero una effi
cace riduzione del rischio rispetto agli studenti. Chiaramente molti fattori - età, li
vello di educazione ecc. - potrebbero qui essere significativi. Negli Stati Uniti man
cano ancora studi economicamente informati sui comportamenti a rischio tra gli
uomini gay; per i gay in Francia, uno studio (Pollak, 1988) suggerisce che lo status
economico è importante nel determinare l'accesso all'informazione e ai servizi.
27. Questi dati sono recensiti in Farmer, Walton, Furin (2000). Ma si veda an
che Aalen, Farewell, De Angelis e collaboratori (1999).
291
SOFFERENZA, DIRITII UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
292
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUTTIJRALE
28. Si vedano a questo proposito gli studi di Hatch (1983) e di Gellner (1985).
Certamente, la discussione su violenza e differenza culturale è molto più complicata
di quella qui presentata. La fiducia degli antropologi nel relativismo culturale è ve
nuta meno non solo in virtù dello spostamento di focus verso lo studio delle "so
cietà complesse", ma anche come risultato del mutamento demografico all'interno
dell'antropologia stessa. Dopo la Seconda guerra mondiale, l'ingresso nell'antropo
logia professionale statunitense di un gran numero di veterani, alcuni di origini ope
raie e con orientamenti politici più radicali, servì a minare significativamente la po
sizione di estremo relativismo culturale. Negli anni Novanta, non era più inusuale
sentire commenti come quello di Nancy Scheper-Hughes: "ll relativismo antropo
logico non è più adeguato al violento, agitato e controverso mondo politico in cui
oggi viviamo" (1994, p. 991). Allo stesso tempo, tuttavia, William Roseberry mette
in luce come la "reazione profondamente conservatrice nella politica e nella cultu
ra, segnata politicamente dalla vittoria di Reagan nel 1980", ha prodotto i suoi echi
in antropologia: " Cosa è caduto in disgrazia? In pratica, sembrerebbe: un lavoro
troppo etnografico, troppo sociologico, troppo strutturale, troppo politico, troppo
economico, troppo processuale" (1996, pp. 17, 2 1).
293
SOFFERENZA, DIRim UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
29. Johannes Fabian ( 1983) ha sostenuto che questo "rifiuto della coevità" è
profondamente radicato nella nostra disciplina. Nella misura in cui tale rifiuto con
tribuisce alla cecità dell'antropologo, esso non può essere archiviato come mera
questione di stile: "sia che egli si sottometta alla condizione della coevità e produca
un sapere etnografico, sia che abbia l'illusione di una distanza temporale e non af
ferri così l'oggetto della propria ricerca"(Fabian, 1983, p. 63 . Enfasi aggiunta). Si ve
da anche Starn, 1992.
30. Per un acuto esame dell'appropriazione della politica dell'identità da parte
dei grandi circuiti economici, vedi Kauffman, 1993. Anche lavoro di Naomi Klein
(2000) costituisce uno studio sofisticato sullo stesso argomento.
3 1 . Ancora, la discussione presentata qui tratta in modo necessariamente sbri
gativo la complessità di questi dibattiti. Per un esempio illuminante, si veda l'analisi
condotta da Amede Obiora ( 1997) sulle "polemiche e l'intransigenza nella campa
gna contro la circoncisione femminile".
32. Un recente esempio di confusione tra violenza strutturale e differenza cultu
rale si trova nelle lunghe liste di motivi dati da coloro che non credono che la cura
per l'AIDS sia possibile in Africa. Un ufficiale degli USA press il Dipartimento del Te-
294
SOFFERENZA E VIOLENZA STRUITURALE
soro - che saggiamente rifiutò di essere identificato - osservò che "l'Africa mancava
delle infrastrutture mediche e fisiche fondamentali che renderebbero possibile uti
lizzare con efficacia il complesso cocktail di farmaci per combattere l'AIDS. Disse
che gli africani mancavano di un indispensabile "concetto di tempo", che compor
tava che essi non potessero beneficiare dei farmaci da prendere a orari serrati"
(Kahn, 2001, p. 10).
Giustificazioni e spiegazioni della violenza strutturale sancite ufficialmente arri
vano il più delle volte dalle classi colte - cioè, noi. n poeta guatemalteco Otto René
Castillo, ucciso dall'annata guatemalteca il 19 marzo 1967, dichiara che gli "intel
lettuali apolitici" del suo paese saranno un giorno duramente giudicati dai poveri:
"Cosa avete fatto quando i poveri/ Soffrivano, quando la tenerezza e la vita/Si estin
guevano pericolosamente in loro?!Intellettuali apolitici/ Del mio dolce paese,/ No
avrete nulla da dire./Un avvoltoio del silenzio/Vi mangerà le budella./La vostra mi
seria! Vi roderà l' anima./E sarete muti/Nella vostra vergogna.
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SOFFERENZA, DIRim UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
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BffiUOGRAFIA
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LA BIOPOLITICA DELL'ALTERITÀ
CLANDESTINI E DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
NEL DIBATTITO PUBBLICO IN FRANCIA
Didier Fassin
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SOFFERENZA, DIRITII UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
l. Per le conseguenze del movimento dei sans-papiers sulla vita politica e intel
lettuale, si può consultare Benthall (1997). Per un'analisi della questione nella sua
interezza, vedi invece Fassin, Morice e Quiminal (1997).
2. La pubblicizzazione della discriminazione razziale è una questione rilevante
anche nel dibattito britannico e nordamericano, come mostra Banton (1999). Per
un approccio al fenomeno in Francia si veda Bataille (1998).
304
LA BIOPOLITICA DELL'ALTERITÀ
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SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
del corpo razzializzato incorporata nel suo pezzo sulle "guerre di raz2:!1" (1997).
4. La raccolta di saggi di Godelier e Panoff (1998) fa luce sulla questione in
rapporto a popoli socialmente o geograficamente distanti, ma non fanno parola
della produzione del corpo nel contemporaneo mondo occidentale.
306
LA BIOPOLmCA DELL'ALTERITÀ
3 07
SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
ASILO E UMANITARISMO
5. Queste statistiche per il periodo tra il 1988 e il 1997 sono pubblicate dal
l'Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFFRA). La crescita
del 1998 non contraddice questa analisi, perché la metà degli accordi riguardano
figli di rifugiati che hanno raggiunto la maggiore età, portando Legoux (1999) a
stimare il numero reale dei nuovi rifugiati attorno ai 2200.
308
LA BIOPOLffiCA DELL'ALTERITÀ
6. Queste cifre non pubblicate sono state ricavate dalla Direzione degli affari
sanitari e sociali (DASS) del département di Seine-Saint-Denis, dove le statistiche
sono state raccolte come parte di un progetto di ricerca condotto da D. Delettre
(1999), e dalla Direzione della libertà pubblica agli affari interni, in cui i dati sono
stati raccolti da un pool di 38.000 ricorsi al Ministero.
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SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
DIRITI1 E PATHOS
3 10
LA BIOPOLITICA DELL'ALTERITA
8. ll ruolo dei medici nel riconoscimento del diritto alla cura degli stranieri
malati, qualunque sia il loro status legale, è stato cruciale, anche se è degno di no
ta come le loro organizzazioni di categoria non si siano espresse sull'argomento,
divenuto il motivo centrale dell'intervento delle associazioni mediche nelle gene
rali questioni umanitarie (Médecins sans frontières, Médicins du monde ecc.) o,
più in particolare, in quelle relative agli immigrati (Comede, Remede ecc.). Ciono
nostante, il fenomeno straordinario è la relativa novità di questo impegno e del
sostegno pubblico che ha ricevuto.
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SOFFERENZA, DIRITil UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
lA RAZZIALIZO
ZAZI NE DEUA DIFFERENZA
Anche l' "idea di razza" può essere vista come una riduzione
del sociale al biologico, ma in senso opposto (Banton, 1977). Essa
mette in dubbio la nozione di un'umanità comune differenzian
do le persone al livello più profondo del loro essere, cercando i
segni delle loro origini.10 La discriminazione razziale si fonda su
una differenza insormontabile, inscritta nel corpo, o meglio an-
3 12
LA BIOPOLITICA DELL'ALTERITÀ
cora nei geni (Simpson, 2000). Nel corso del ventesimo secolo la
Francia ha dato meno credito al discorso razziale di quanto non
abbiano fatto molti altri paesi europei e nordamericani, nono
stante il fatto che certi intellettuali e medici francesi siano stati at
tratti dalle teorie razziali associate all'eugenetica, e che in certi
periodi lo Stato abbia sviluppato delle concezioni della nazione
che impiegavano referenti biologici (Wiewiorka, 1993). Qualun
que allusione a differenze o disuguaglianze fondate su fattori bio
logici è stata considerata illegittima e persino illegale, essendo
perseguibile ai sensi della legge 1881 che proibisce !"'incitamen
to ad atti di discriminazione, odio o violenza in base all'origine
razziale o al credo religioso". A questo proposito, l'ideologia
francese repubblicana si fonda sull'universalismo del diritto na
turale (Amselle, 1990): la Dichiarazione universale dei diritti del
l'uomo e del cittadino funge da totem contro i tentativi di impor
re distinzioni etniche ai gruppi sociali. Marceau Long, presidente
dell'Alto consiglio per l'integrazione, esprime tale visione quan
do colloca le scelte francesi riguardanti gli immigrati e i loro di
scendenti (il termine "minoranze" è bandito dal discorso pubbli
co) all'interno di una "logica dell'uguaglianza" che è propria
dell"'autentica essenza della Francia".11 Ufficialmente quindi lo
Stato ha adottato una strategia volta a evitare il comunitarismo e
le politiche razziali di altri paesi occidentali, che servono a far
convenientemente risaltare la politica interna francese.
3 13
SOFFERENZA, DIRITII UMANI E GnJSTIZIA SOCIALE
12. Ricordiamo qui la famosa frase del primo ministro socialista Laurent Fa
bius a proposito del leader del Fronte nazionale: "Mr Le Pen pone delle buone
domande a cui dà delle cattive risposte" . Durante questo periodo, i governi che si
sono succeduti, sia di destra che di sinistra, si sono impegnati in una competizio
ne legislativa volta a promulgare politiche sempre più restrittive in materia di im
migrazione. Questo ha contribuito a porre la "questione immigrazione" al centro
del dibattito pubblico (Lochak, 1997).
3 14
LA BIOPOLITICA DELL'ALTERITÀ
no fatte sempre più evidenti nel mercato del lavoro, dove l'indu
stria poteva reperire candidati "blu-biancò-rosso" (vale a dire
"bianchi"); nell'accesso agli alloggi, dove la pelle nera o i nomi
arabi erano comuni criteri di selezione (come verificato per mezzo
di sondaggi); e, persino, nell'interazione con l'amministrazione,
specialmente con i servizi sociali (Simon, 1998). Secondo il son
daggio annuale della Commissione nazionale consultiva sui diritti
umani, nel 2000 il 70% dei francesi trovava "fastidiosa la presenza
di persone di origine non-europea". E le cinquecento chiamate al
giorno ricevute dal numero verde aperto nel 2000, per le vittime
della "discriminazione razziale", indicano come questo sondaggio
di opinioni si traducesse in fatti.13 Sarebbe certamente sbagliato
presupporre che il razzismo sia una novità per la Francia: la vio
lenza collettiva contro gli stranieri, che fossero italiani alla fine del
diciannovesimo secolo o algerini negli anni Sessanta, mostra dove
può arrivare la xenofobia. Ciononostante, due nuovi elementi de
vono essere presi in considerazione. Per prima cosa, la discrimina
zione è diretta non tanto contro gli stranieri quanto contro le per
sone ritenute membri illegittimi della società francese, qualunque
sia la loro nazionalità (la maggioranza di essi è francese e nata in
Francia): il razzismo quindi non può più nascondersi dietro a una
definizione legale. In secondo luogo, la discriminazione ha inizia
to a essere riconosciuta per quello che è sia da chi la commette che
da chi la subisce (su questo punto c'è uno stridente contrasto tra i
giovani della "seconda generazione" e i loro genitori): tanto che la
si sostenga, quanto che la si denunci, la razzializzazione della so
cietà è diventata una realtà pubblica.
Questo recente mutamento è significativo poiché individua
chiaramente l'oggetto della discriminazione. Se il razzismo prima
era visto come il rifiuto degli stranieri, la scoperta dei confini in
terni che dividono una comunità francese che fa sempre più fati
ca a percepire se stessa come comunità nazionale è in contrasto
con il discorso ufficiale prevalso fino agli anni Novanta. La nazio
nalità non basta più a definire la base per l'esclusione dell'Altro: i
criteri concreti secondo i quali un proprietario si rifiuta di dare in
3 15
SOFFERENZA, DIRITI1 UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
3 16
LA BIOPOLITICA DELL'ALTERITÀ
15. Jacques Chirac, al tempo non ancora presidente della Repubblica, commen
tava la seccarura degli "odori" delle famiglie africane nelle periferie francesi; questa
uscita scioccò una parte del pubblico francese, perché le pratiche culrurali che ve
nivano denunciate (le abirudini alimentari) evocavano allo stesso tempo delle carat
teristiche fisiche (e rappresentavano perciò un'ordinaria forma di razzismo).
16. ll promotore più famoso di questa disciplina in Francia, Tobie Nathan, au
spicava "i gherti in modo tale che una famiglia non debba mai abbandonare il suo
sistema culrurale" e denunciava i bambini di genitori africani cresciuti in Francia
come "janissaires sbiancati nelle scuole repubblicane" (Fassin, 2000c).
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SOFFERENZA, DIRITII UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
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SOFFERENZA, DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA SOCIALE
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