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"Nucleo monografico sul saggio di George L.

Engel: la necessità di un
nuovo
modello di medicina: una sfida per la biomedicina" pubblicato in AeR-
Abilitazione e Riabilitazione, Anno XV - N. 1 - 2006 a cure di Cesare Albasi
e Carlo Alfredo Clerici

Note introduttive, p. 9-12 di Clerici e Albasi


Articolo di G. Engel, p 13-32
Commento di Clerici e Albasi, p 41-46

NOTE INTRODUTTIVE

CARLO ALFREDO CLERICI∗


CESARE ALBASI•

Dopo il sogno enciclopedico ottocentesco di una sintesi delle scienze della


natura, rappresentato ad esempio dall’opera di Hermann von Helmholtz, la
nostra società complessa vede, al contrario, una crescente specializzazione
delle conoscenze disciplinari.
La spinta verso oggetti di studio sempre più circoscritti e parcellari comporta
però il rischio di una eccessiva frammentazione del sapere. Tale
frammentazione non va intesa necessariamente come una conseguenza
diretta e inevitabile della specializzazione delle conoscenze (nel secondo
ottocento, infatti, la psicologia stessa è nata dal processo di specializzazione
e differenziazione dei saperi). Oggi, in ogni caso, si deve vigilare affinché
questo processo non assuma aspetti patologici.
Come ci suggerisce l’epistemologia contemporanea, ogni cosa verso la quale
si dirigono la nostra curiosità e il nostro desiderio di conoscenza è, in realtà,
un fascio di oggetti potenzialmente infinito, dal momento che, a seconda dei
punti di vista da cui si vuole considerare tale cosa, essa diviene oggetto di una
diversa disciplina scientifica, nell’intreccio di oggetto e metodo, dove il
metodo proprio di una scienza ritaglia dalla stessa cosa il suo oggetto
d’interesse.
Tuttavia, nello specifico delle “cose cliniche”, ci si confronta con un bisogno
di ricomposizione o, se vogliamo, di integrazione che viene imposto dalla
dimensione applicativa, di trattamento e di cura della persona che si ammala,


Docente a contratto di Psicologia della Salute, Facoltà di Psicologia,
Università degli Studi di Milano Bicocca.

Ricercatore in Psicologia Clinica, docente di Psicoterapia, di
Psicopatologia I, di Aspetti normali e patologici dell’attaccamento;
Facoltà di Psicologia, Università degli Studi Torino.

1
nonostante la spiccata tendenza alla specializzazione delle discipline cliniche.
Tale bisogno, pensiamo, possa valere anche per la psicologia clinica, anche
se essa presenta un’ampia, e per certi versi seducente, offerta di paradigmi
disciplinari e teorici che talora si intrecciano e si attraversano, rivendicando
ciascuno una propria identità e una superiorità, sia in termini concettuali sia
di efficacia.
Ci sembra che, se un’esigenza d’integrazione dei modelli può essere avvertita
anche da numerose altre discipline, in psicologia clinica l’integrazione delle
discipline e delle teorie si pone come fondante e costitutiva della pratica
terapeutica, dato che l’intervento psicologico è condizionato dalle
caratteristiche stesse della patologia psicologica, dal contesto in cui si
svolgono le cure e, in particolare, da ciò che è realisticamente attuabile
quando interventi estesi e costosi, come per esempio le psicoterapie, hanno
difficoltà di applicazione per motivi economici e di disponibilità di risorse.
È possibile riscontrare una domanda ancora insoddisfatta di modelli che
orientino, nella pratica medica, l’invio alla consultazione psicologica e,
viceversa nella pratica psicologica, l’invio alla consultazione medica1.
A nostro avviso, la cultura della collaborazione interdisciplinare fra operatori
sanitari, in particolare medici, psicologi, infermieri e assistenti sociali deve
essere incrementata all’interno dell’Università e delle Scuole di
Specializzazione.
Nel contesto della cultura dell’integrazione dei saperi e delle competenze
cliniche e di ricerca si colloca la linea editoriale della rivista Abilitazione e
Riabilitazione e l’iniziativa di dedicare all’interno di questo numero un nucleo
monografico che ospita una serie di riflessioni sul noto articolo di George L.
Engel, in cui l’autore, nell’ormai lontano 1977, proponeva per la medicina
un modello biopsicosociale sia come approccio terapeutico sia come
paradigma di ricerca.

Di questo autore ricordiamo brevemente alcune note biografiche2.

1
Nei congressi delle discipline psicoanalitiche, psichiatriche, di
psicologia della salute, di psico-oncologia, di psichiatria di liaison è
sempre più avvertita l’esigenza di un fecondo dibattito interdisciplinare,
che potrebbe grandemente giovare alla clinica (intesa come ambito
operativo a contatto con le sofferenze e le patologie di persone che
chiedono aiuto, sofferenze e patologie che costituiscono un richiamo,
forte e autorevolmente semplice, da ogni sbandata e astrattezza). Tutto
questo, mentre sono in aumento le richieste di formazione da parte dei
medici alla relazione con il paziente.
2
Molte notizie sulla biografia di Engel sono tratte dall’articolo di Peter
A. Engel e Anna G. Engel “George L. Engel 1913-1999: remembering his
life and work: strengthening a father-son bond in a new time of grief”,

2
George Libman Engel nacque a New York nel 1913. Lo zio materno,
Emanuel Libman era un medico molto noto, uno dei fondatori della Mount
Sinai Medical School, autore tra l'altro di importanti studi scientifici sulle
endocarditi. Fra i suoi pazienti aveva Albert Einstein, Sara Bernhardt e
Gustav Mahler. Con questo esempio in famiglia il giovane George si iscrisse
alla Johns Hopkins University School of Medicine frequentandola con
successo. Durante gli studi ricevette anche dalla Fondazione Rockefeller una
borsa di studio per un soggiorno di due mesi presso l'Istituto di Medicina
Sperimentale a Leningrado. Laureatosi nel 1938 iniziò l'internato al Mount
Sinai Hospital, dove medici come Eli Moschowitz e Lawrence Kubie
stavano tentando l’integrazione della psicosomatica all'interno dei reparti di
medicina 3. Nonostante questi maestri rimase in quel periodo scettico nei
confronti della psicoanalisi e della medicina psicosomatica, coltivando il suo
interesse per gli aspetti biologici delle malattie.
Nel 1941 divenne ricercatore in Medicina all’Harvard Medical School e
assistente all'Ospedale Peter Bent Brigham. A Boston Engel ebbe come
supervisore Soma Weiss che stava avviando il suo interesse verso la
psicosomatica. Fu nel reparto di Weiss che Engel conobbe lo psichiatra
John Romano (1908-1994) con il quale ebbe occasione di collaborare ad uno
studio sugli aspetti clinici ed elettroencefalografici dei pazienti con
allucinazioni. Quando nel 1942 Romano assunse la direzione del
dipartmento di psichiatria dell'Università di Cincinnati, invitò Engel a
seguirlo, offrendogli incarichi in medicina e in psichiatria. A Cincinnati
Engel iniziò ad avvicinarsi alla psicosomatica, favorito anche dall’impegno
contemporaneo in medicina interna e in psichiatria. Quando a Romano fu
offerta nel 1946 la possibilità di costituire un nuovo dipartimento di
psichiatria presso l'Università di Rochester, Engel lo seguì, mantenendo
sempre un duplice incarico; grazie alle sue esperienze costituì un servizio di
liaison medico-psichiatrico e iniziò a dedicarsi attivamente alla formazione
psicologica degli studenti di medicina. Nello stesso periodo avviò il proprio
training psicoanalitico, inizialmente con Sandor Feldman a Rochester, e
successivamente all'Istituto di Psicoanalisi di Chicago e di New York.
Due fatti influenzarono la sensibilità di Engel e lo indirizzarono allo studio
di uno dei temi ai quali si è maggiormente dedicato, vale a dire il lutto come
processo non patologico di adattamento: la morte del padre quando aveva
15 anni e la morte del fratello gemello Frank nel 1963.

pubblicato nell’Australian and New Zealand Journal of Psychiatry


nell’agosto 2002.
3
E’ utile chiarire che il termine “psicosomatica” in ambito statunitense
indica un’area della psichiatria e della psicologia clinica, praticato da
medici e psicologi con diverse competenze in parte sovrapposte, che si
occupa prevalentemente dell’adattamento psicologico dei pazienti affetti
da malattie organiche.

3
Già dalla fine degli anni Cinquanta Engel era divenuto uno dei più eminenti
studiosi di psicosomatica, importante membro dell'American Psychosomatic
Society. Fu direttore della rivista Psychosomatic Medicine e pubblicò
numerosi studi sul legame fra emozioni e malattie.
Fra i suoi scritti ricordiamo:
- Is grief a disease? A challenge for medical research. Psychosomatic Medicine 1961;
23:1822.
- Psychological development in health and disease. Philadelphia: Saunders, 1962.
- Grief and grieving. American Journal of Nursing 1964; 64:9398.
- The death of a twin: mourning and anniversary reactions. Fragments of 10 years of self-
analysis. International Journal of Psychoanalysis 1975; 56:2340.
- The biopsychosocial model and medical education. Who will be the teachers? New
England Journal of Medicine 1982; 306:802805.
- Sadness evoked by a film on grief: an experimental study. Con Frader M, Barry C,
Morrow G. International Journal of Psychiatry in Medicine 1984; 14:130.
- From biomedical to biopsychosocial II. A personal odyssey. Family Systems and
Health 1996; 14:434449.
- From biomedical to biopsychosocial: being scientific in the human domain.
Psychosomatics 1997; 38:521528.

Il suo pensiero fu sempre acuto e non si sottomise mai ad alcun mito. Egli,
infatti, conservò sempre un’indipendenza del proprio pensiero, anche a
costo di scelte sorprendenti: decise ad esempio di rimanere sempre membro
associato del proprio istituto psicoanalitico, rinunciando ad un’associazione
come membro ordinario. Fu un personaggio decisamente atipico,
difficilmente inquadrabile in ogni rigido schema. Ricordando Engel un
collega4 scrisse che “nonostante la sua formazione di internista, gli altri
internisti non lo sentivano uno di loro e che gli psichiatri non lo
consideravano uno psichiatra”.
Nel 1977 pubblicò il famoso articolo sulla prestigiosa rivista Science di cui
pubblichiamo la versione italiana, che fino ad ora non era disponibile.
Lasciò gli incarichi ufficiali alla Rochester University nel 1979, ma continuò
le attività di studio e pubblicazione fino alla sua morte, avvenuta nel 1999.

Alcuni tra i più importanti clinici e accademici impegnati nel contesto socio-
culturale italiano sono stati invitati a pubblicare, in queste pagine, le proprie
riflessioni sulle idee di Engel, sull’integrazione degli interventi nella pratica

4
William H. Orchard, nello scritto “Memoriam to Dr George
Engel”, pubblicato nell’ Australian & New Zealand Journal of
Psychiatry, 37(1):112-114, February 2003.

4
clinca, e ad esprimere le loro considerazioni legate alle esperienze
professionali nei diversi ambiti, pubblici e privati, universitari ed
assistenziali.
Le riflessioni proposte abbracciano quindi sia questioni teoriche e
paradigmatiche, sia questioni pratiche di organizzazione della formazione di
medici, psicologi e di altre figure cliniche, sia problemi connessi
all'integrazione degli interventi nelle diverse realtà socio-sanitarie nazionali.
In questo fascicolo pubblicheremo una prima parte di questi commenti
all’articolo di Engel.

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