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TECNICHE DI ACCESSO MULTIPLO

Un canale di trasmissione può essere simultaneamente utilizzato da una pluralità di segnali


indipendenti, senza interferenza mutua, o comunque con interferenza mutua controllabile entro
limiti accettabili. Il sistema risultante prende il nome di “sistema multiplato” (multiplex).
Le tecniche di base per realizzare questa condivisione della risorsa comune sono essenzialmente tre:
1) la multiplazione a divisione di frequenza (FDMA = Frequency Division Multiple Access)
quando i segnali vengono inviati lungo il canale utilizzando intervalli di frequenza disgiunti
(uno per ogni segnale);
2) la multiplazione a divisione di tempo (TDMA = Time Division Multiple Access) quando i
segnali vengono inviati lungo il canale utilizzando intervalli temporali disgiunti (uno per ogni
segnale);
3) la multiplazione a divisione di codice (CDMA = Code Division Multiple Access) quando
ciascun segnale è contraddistinto da una particolare sequenza di codice, che ne rende possibile,
con opportune procedure di rivelazione, l’identificazione in ricezione.
Il sistema multiplato può essere il risultato di due situazioni diverse. Nella prima, si ha una vera e
propria apparecchiatura di multiplazione, a cui arrivano i segnali delle varie sorgenti Si; in questo
caso, è tale apparecchiatura, comunemente denominata “multiplex” (multiplatore) che realizza
l’opportuno affasciamento dei segnali da inviare sul canale. Nella seconda situazione, invece, il
multiplex non è presente, ed i segnali si combinano autonomamente sul canale in modo da non
interferire; quest’ultimo è il caso tipico dei canali radio.
Nel seguito di questo paragrafo, le tecniche di accesso multiplo verranno brevemente descritte. Ove
possibile, si darà anche cenno delle normative fissate a livello internazionale, con specifico
riferimento al caso del segnale telefonico.
Per completezza, va detto che gli acronimi FDM (Frequency Division Multiplexing) e TDM (Time
Division Multiplexing) vengono comunemente adottati ad indicare le operazioni di multiplazione
nel dominio della frequenza (intesa come divisione dello spettro disponibile) e di multiplazione nel
dominio del tempo (come divisione dell’intervallo di trasmissione) indipendentemente dal fatto che
si tratti di segnali provenienti da sorgenti distinte (vale a dire, indipendentemente dall’accesso
multiplo). In questo senso si parla di segnali, gruppi, e gerarchie di multiplazione FDM e TDM,
rispettivamente.

1) FDM
A partire dalla banda disponibile per il canale considerato, la si ripartisce, evitando sovrapposizioni,
tra le sorgenti Si. Il segnale multiplex viene in questo caso costruito traslando lo spettro dei segnali
Si in intervalli di frequenza disgiunti e contigui, mediante altrettanti convertitori di frequenza.
Come è noto dalla teoria della modulazione, il modo più ovvio di traslare lo spettro di un segnale
s(t) originariamente in banda base intorno a una frequenza fo consiste nel moltiplicare il segnale
stesso per una funzione cosinusoidale. In virtù della proprietà del prodotto della trasformata di
Fourier si ha infatti:

F[s c cos(ωo t ) ⋅ s( t )] = s c [S(ω − ωo ) + S(ω + ωo )]


1
(1)
2

dove S(ω) è la trasformata di Fourier del segnale.


A valle dei convertitori di frequenza viene tipicamente inserito un filtro passa-banda (FPB) che
evita che componenti spurie relative all’i-esimo segnale 1 possano sovrapporsi agli spettri traslati
degli altri segnali.
1
Talora queste componenti vengono generate dallo stesso convertitore di frequenza o dagli altri apparati che elaborano
il segnale.

1
La demultiplazione viene effettuata separando i segnali Si mediante filtri passa-banda e riportando
quindi ogni singolo segnale nella forma originaria mediante riconversione dello spettro in banda
base. Il principio è analogo a quello della conversione di frequenza “in salita” effettuata dal lato
trasmittente: il segnale viene nuovamente moltiplicato per sccos(ωot), banalmente sulla base
dell’osservazione per cui:

s c2 s2
s c cos(ωo t ) ⋅ s( t ) ⋅ s c cos(ωo t ) = s c2 cos 2 (ωo t ) ⋅ s( t ) = s( t ) + c s( t ) ⋅ cos(2ωo t ) (2)
2 2

e quindi la doppia moltiplicazione restituisce il segnale s(t), moltiplicato per sc2/2; il secondo
termine nell’ultimo membro della (2) corrisponde allo spettro di s(t) centrato sulla frequenza 2fo e
può quindi essere facilmente eliminato con un filtro passa-basso.
Lo schema di principio del multiplex a divisione di frequenza, a meno dei filtri passa-basso finali, è
illustrato in Figura 1. La banda del canale comune è evidentemente la somma delle sottobande
corrispondenti ai singoli segnali Si.

Figura 1

In realtà, almeno in linea di principio, non è necessario inviare sul canale l’intero spettro traslato,
ma è sufficiente trasmettere una sola delle due bande laterali. L’eliminazione dell’altra banda
laterale è possibile utilizzando un opportuno filtro passa-banda. Solo nel caso in cui il segnale di
partenza non abbia contenuto spettrale significativo alle basse frequenze e non abbia spettro
eccessivamente esteso tale filtraggio è possibile in modo ragionevolmente semplice. Queste
circostanze si verificano, ad esempio, per il segnale telefonico.
Assumendo, come è consuetudine, una banda lorda pari a 4 kHz per il segnale in banda base, in
luogo degli 8 kHz che sembrerebbero necessari a seguito della conversione di frequenza, ciascun
canale nel segnale multiplato continua ad occupare 4 kHz. Dunque, affasciando N canali telefonici
analogici l’occupazione spettrale complessiva è pari a 4N kHz.
Il valore di N e l’allocazione del segnale multiplato sull’asse delle frequenze non sono scelti a caso
ma corrispondono alle specifiche fissate, per un determinato servizio, in sede di normative
internazionali. Nel caso particolare del segnale telefonico, occorre dire che la normativa che fissa le
caratteristiche dei segnali FDM (la cosiddetta “gerarchia FDM”), stabilita dal C.C.I.T.T. (Comite

2
Consultatif Internationale de Telephonique et Telegraphique 2 ) è relativa ad impianti che venivano
installati nel passato e che rappresentano ancora una parte estremamente significativa di quelli in
servizio. Gli impianti di nuova realizzazione, invece, sono in tecnica numerica, ed utilizzano quindi
la multiplazione a divisione di tempo.
In accordo con la normativa:
• 12 canali telefonici (TF) vengono affiancati per costituire un gruppo primario, la cui
occupazione spettrale complessiva è dunque pari a 48 kHz;
• 5 gruppi primari, equivalenti a 60 TF, vengono affiancati per costituire un gruppo secondario,
con occupazione spettrale complessiva pari a 240 kHz;
• 15 gruppi secondari, equivalenti a 900 canali telefonici, vengono affiancati per formare un
gruppo pseudo-quaternario, con una occupazione spettrale complessiva di 3716 kHz; questo
valore è leggermente maggiore di quanto sarebbe strettamente necessario per trasmettere 900
canali (3.6 MHz).
Le modalità di formazione dei gruppi primario, secondario e pseudo-quaternario sono mostrate
schematicamente in Figura 6a), 6b) e 6c), rispettivamente.
Sono possibili anche altre classificazioni (ad esempio i gruppi terziario e quaternario), ma che
essendo di minore importanza non vengono qui richiamate.
Viceversa, è opportuno ricordare, sempre con riferimento agli impianti in servizio (ma non in
costruzione) alcuni altri sistemi a grande capacità e di uso molto frequente:
• sistema a 4 MHz – si riferisce ad un segnale FDM formato da un gruppo pseudo-quaternario +
un gruppo secondario convertito nella banda 60÷300 kHz; complessivamente si hanno quindi 16
gruppi secondari equivalenti a 960 canali TF, con una occupazione spettrale complessiva
compresa tra 60 kHz e 4028 kHz;
• sistema a 12 MHz – si riferisce ad un segnale FDM formato da tre gruppi pseudo-quaternari,
equivalenti a complessivi 2700 canali TF; lo spettro è compreso tra 312 kHz e 12336 kHz;
• sistema a 60 MHz – si riferisce ad un segnale FDM formato da 12 gruppi pseudo-quaternari,
equivalenti a complessivi 10800 canali TF; lo spettro è compreso tra 4404 kHz e 59580 kHz.
Si è già osservato che l’allocazione in frequenza dei vari gruppi non è casuale, e corrisponde invece
alla necessità, da una parte, di ottimizzare l’uso del mezzo trasmissivo (caratterizzato dalla propria
funzione di trasferimento e, dall’altra, di salvaguardare la qualità anche attraverso la
minimizzazione degli effetti dovuti a fenomeni indesiderati. Così, ad esempio, nel caso del gruppo
primario, l’allocazione tra 60 kHz e 108 kHz (gruppo base B) è stata preferita ad altre scelte (ad
esempio quella tra 12 e 60 kHz, corrispondente al gruppo base A) perché garantisce una migliore
protezione nei confronti del rumore di non linearità.
Per quanto concerne il mezzo trasmissivo, i sistemi FDM a grande capacità (4, 12 e 60 MHz) sopra
menzionati utilizzano, tipicamente, il cavo coassiale. Come noto anche da altri Corsi, un cavo
coassiale è caratterizzato (vedi Figura 3) dal diametro esterno d del conduttore interno e dal
diametro interno D del conduttore esterno. Si distingue allora tra:
• microcoassiale: d = 0.7 mm, D = 2.9 mm;
• coassialino: d = 1.2 mm, D = 4.4 mm;
• coassiale (propriamente detto, o “coassiale normale”): d = 2.6 mm, D = 9.5 mm.
Il microcoassiale viene usato per sistemi a 4 MHz con passo di amplificazione pari a 2 km; il
coassialino viene utilizzato per sistemi a 4 MHz, con passo di amplificazione pari a 4 km, e per
sistemi a 12 MHz, con passo di amplificazione 2 km; infine il coassiale normale viene utilizzato per
sistemi a 4 MHz, con passo di amplificazione di 9.3 km, per sistemi a 12 MHz, con passo di
amplificazione 4.65 km, e per sistemi a 60 MHz, con passo di amplificazione 1.55 km.

2
Il C.C.I.T.T. è oggi confluito in un settore dell’ITU (International Telecommunication Union, con sede a Ginevra,
Svizzera, e che è uno degli organismi del Consiglio di Scienze Economiche e Sociali delle Nazioni Unite) denominato
propriamente ITU-T.

3
a)

b)

c)

Figura 2

4
Figura 3

E’ importante tener presente che i segnali FDM possono essere (e normalmente sono) trasmessi
contemporaneamente: essi interferiscono nel tempo ma restano distinti in frequenza, e sono infatti
separabili mediante filtri. La più nota applicazione del sistema FDMA è nell’ambito della diffusione
broadcast di segnali radiofonici e televisivi: ad ogni stazione trasmittente Si si assegna una
particolare sottobanda Bi ad essa riservata per la trasmissione; in ricezione, ciascun utente può
selezionare il canale di interesse sintonizzando il proprio ricevitore sulla relativa frequenza di
portante.

2) TDM
Se la tecnica FDM sembra la più “naturale” per la multiplazione di segnali analogici, quella TDM è
stata invece concepita per una migliore utilizzazione dei segnali numerici.
Si pensi ancora una volta al segnale telefonico: stanti le caratteristiche spettrali del segnale, ci è
noto che è necessario campionarlo con una frequenza almeno pari a 8 kHz, ovvero con un periodo
di campionamento To non maggiore di 125 μs. Durante questo tempo può dunque essere trasmesso
un livello costante, corrispondente al valore campionato del segnale. Più significativamente,
l’intervallo To viene utilizzato per trasmettere gli otto bit del segnale quantizzato, campionato e
codificato (PCM). Pur tenendo conto che la durata del singolo bit non può essere, per motivi di
fisica realizzabilità, infinitesima, si intuisce che il tempo To/8 = 15.625 μs in tal modo riservato alla
trasmissione di un singolo bit di un singolo canale telefonico può essere, con le attuali tecnologie,
significativamente ridotto, in tal modo rendendo disponibile una parte dell’intervallo To per la
trasmissione di altri segnali. Uno schema di multiplazione a divisione di tempo viene dunque ad
avere la struttura schematicamente illustrata in Figura 4.

Figura 4
5
Il tempo è ripartito tra le sorgenti (l’operazione è implementabile con un selettore, come mostrato in
Figura, che ruota ciclicamente tra le sorgenti 3 ) e il canale trasmette in sequenza ciclica i campioni
prelevati dalle N sorgenti. In ricezione i destinatari prelevano dal segnale multiplato complessivo
l’informazione di loro interesse. Naturalmente in ricezione per poter estrarre l’informazione voluta
occorrerà conoscere la posizione temporale delle varie finestre (canali), cioè è necessaria una
sincronizzazione di trama oltre a quella di simbolo. A tale scopo, parte dell’intervallo di trama è
dedicata alla trasmissione dei simboli di controllo che consentono in ricezione l’estrazione del
sincronismo (ed altri servizi). Si potrà adottare una particolare sequenza di bit (ad esempio, una
decina di bit opportunamente scelti) periodicamente inserita nel flusso di dati come riferimento
temporale all’inizio di ciascuna trama. L’allineamento del ricevitore, in particolare del
demultiplatore, è ottenuto ricercando con operazioni di correlazione la posizione temporale di tale
sequenza e verificandola, una volta trovata, nelle trame successive. E’ importante notare che, anche
tenendo conto degli errori introdotti dal canale, esiste la possibilità che una combinazione di dati di
informazione simuli la sequenza di sincronizzazione, e venga con questa confusa.
L’interallacciamento nel tempo delle sorgenti può avvenire, se ci si riferisce al caso di trasmissione
binaria, per gruppi di bit, cioè carattere per carattere (un carattere essendo costituito, ad esempio, da
8 bit); oppure l’interallacciamento può anche essere realizzato bit per bit.
Come già nel caso dei segnali FDM, il numero dei canali multiplati a divisione di tempo
corrisponde a precise gerarchie che sono fissate dalle normative internazionali. Continuando a
riferirci al segnale telefonico, la normativa europea stabilisce che il multiplex a più bassa capacità
(primo livello della gerarchia numerica) comprende 30 canali telefonici (30 TF). In ogni intervallo
di campionamento To vengono inserite 30 parole di codice a 8 bit relative ad altrettanti canali
telefonici + 1 parola di sincronismo a 8 bit + una parola di segnalazione a 8 bit 4 .
Complessivamente, entro l’intervallo To si hanno 32×8 = 256 bit e la frequenza di cifra vale Fc =
2.048 Mbit/s. Questo sistema viene normalmente denominato, per semplicità, sistema TDM a 2
Mbit/s. La struttura della trama è schematicamente illustrata in Figura 5, dove PC = parola di
codice, PS = parola di sincronismo e PG = parola di segnalazione.
Nella normativa nordamericana il multiplex a più bassa capacità comprende 24 canali telefonici (24
TF). In ogni intervallo di campionamento vengono inseriti 24 byte, ciascuno formato da una parola
di codice a 7 bit relativa ad un canale telefonico 5 e da un bit di segnalazione + 1 bit di sincronismo
al termine dell’intervallo To. Complessivamente si hanno 24×8 + 1 = 193 bit e la frequenza di cifra
corrispondente vale Fc = 1.544 Mbit/s. La struttura della trama è schematicamente illustrata in
Figura 6, dove PC = parola di codice, BS = bit di sincronismo e BG = bit di segnalazione.

Figura 5
3
Nella pratica, comunque, la soluzione più frequente consiste nell’uso di memorie (buffer): più flussi numerici, aventi
la stessa frequenza di cifra vengono memorizzati e successivamente letti procedendo sequenzialmente sui buffer, per
essere inseriti nel flusso di uscita ed eliminati contestualmente dalle memorie.
4
La segnalazione è un insieme di informazioni supplementari (cifre, comandi, segnali di riconoscimento, ecc.) inviate
da centrale a centrale per controllare la commutazione e gestire il funzionamento della rete.
5
Nello standard nordamericano il segnale telefonico è quantizzato su 128 livelli.

6
Figura 6

A partire dal segnale numerico al primo livello appena introdotto, con successive multiplazioni a
divisione di tempo si costruisce la gerarchia europea, illustrata in Figura 7, e quella nordamericana,
illustrata in Figura 8.
Nella gerarchia europea, arrotondando i decimali, ci si riferisce tipicamente ai sistemi del secondo,
terzo, quarto e quinto livello come ai sistemi a 8, 34, 140 e 565 Mbit/s, rispettivamente.
Per quanto concerne i mezzi trasmissivi, l’uso di linee metalliche nei sistemi TDM si riferisce
prevalentemente ai sistemi realizzati in passato. In particolare, considerando la gerarchia europea si
sono usati:
• la coppia simmetrica (o linea bifilare) per i sistemi fino a 2 Mbit/s;
• il microcoassiale per i sistemi a 8 Mbit/s e 34 Mbit/s;
• il coassialino per i sistemi a 34 Mbit/s e 140 Mbit/s;
• il coassiale per i sistemi a 565 Mbit/s.
In ogni caso il passo di rigenerazione 6 è dell’ordine di qualche km. I sistemi di trasmissione su
portante fisico più recenti e di futura installazione fanno invece generalmente uso di cavi con fibre
ottiche. La fibra ottica trova applicazione a tutti i livelli della gerarchia e anche oltre: sono ormai
commercializzati sistemi a 2.5 Gbit/s, ed è in previsione la realizzazione di sistemi a 10 Gbit/s. La
bassissima attenuazione della fibra ha consentito di realizzare sistemi con passo di rigenerazione di
decine o centinaia di km.
Per meglio sfruttare le enormi potenzialità trasmissive offerte da una rete in fibra ottica, l’ITU-T ha
emanato lo standard di una nuova gerarchia numerica denominata SDH (Synchronous Digital
Hierarchy).
L’idea di utilizzare una nuova gerarchia numerica scaturisce, da un lato, dalla ovvia necessità di
interfacciare il sistema americano con quello europeo e, dall’altra, di risolvere alcuni problemi delle
attuali gerarchie. Per quanto concerne il primo punto, è chiaro infatti, dal confronto delle Figure 4 e
5, che a tutt’oggi per i servizi intercontinentali è resa disponibile la sola frequenza di cifra di 64
kbit/s, caratteristica del singolo TF e comune ad entrambi gli standard; la nuova gerarchia offre
invece agli utenti servizi su scala mondiale a velocità di cifra superiori.
I problemi, cui si faceva cenno più sopra, delle attuali gerarchie (in particolare di quella europea)
sono invece connessi al carattere asincrono dei segnali trasmessi attraverso la rete: in pratica, i
segnali che vengono multiplati (i cosiddetti “tributari”) hanno mediamente la stessa frequenza
nominale, ma con possibili variazioni seppur entro limiti definiti dalle tolleranze. Il multiplex, in
particolare se di livello gerarchico superiore, dovrà quindi convenientemente sincronizzare ed
allineare i vari flussi tributari. In generale si adotterà per il multiplex, cioè per il flusso aggregato,
una frequenza di cifra leggermente maggiore della somma delle velocità relative alle singole

6
Si ricordi infatti che nei sistemi numerici il segnale viene, comunemente, rigenerato, anziché semplicemente
amplificato, in corrispondenza delle stazioni intermedie.

7
sorgenti. Questo fatto è ben evidente, ad esempio, in Figura 7 dove la frequenza di cifra dei livelli
gerarchici superiori non è multipla esatta di quelli inferiori. Con questa scelta, potrà verificarsi il
caso che, in corrispondenza di fluttuazioni negative della frequenza di cifra di un dato tributario, si
producano dei “buchi” (assenza di bit di informazione) nella trama del multiplex. Si può porre
rimedio al problema riempiendo i buchi con impulsi fittizi privi di informazione (“pulse-stuffing”).
Usando una memoria “elastica” per ricevere i dati di una sorgente, quando il livello di occupazione
della memoria scende al di sotto di certi limiti il multiplex sospende la lettura della memoria e
inserisce un simbolo di riempimento (“dummy” bit) nella trama del multiplex (ad esempio un
simbolo 1). Quando il livello della memoria risale ricomincia la lettura dei bit di informazione
immessi nella memoria dalla sorgente considerata. Naturalmente in ricezione, in fase di
demultiplazione, occorrerà identificare e togliere i bit fittizi di riempimento dalla sequenza di dati
ricevuta. Ciò sarà reso possibile da informazioni immesse nella sequenza di controllo della trama
trasmessa.
La tecnica del “pulse-stuffing” non è più necessaria nel caso di una gerarchia sincrona, qual è
l’SDH. Ora, infatti, i livelli gerarchici superiori hanno una frequenza di cifra esattamente multipla
di quella del primo livello.
La gerarchia SDH, peraltro, rappresenta un’evoluzione della struttura della rete sincrona americana,
già elaborata dall’ANSI (American National Standard Institute 7 ) nel 1986 e denominata SONET
(Synchronous Optical NETwork). La SONET utilizza un livello base a 51.84 Mbit/s.
Dall’esigenza americana di avere un flusso sincrono compatibile con il 51.84 Mbit/s e dall’esigenza
europea di poter trasportare il segnale a 140 Mbit/s (di interesse, ad esempio, per la trasmissione di
alcuni flussi televisivi numerici), è stato definito il livello gerarchico base della nuova struttura di
multiplazione, e cioè il 155.52 Mbit/s che risulta essere multiplo esatto (secondo un fattore 3) del
51.84 Mbit/s. I livelli gerarchici superiori hanno una frequenza di cifra esattamente multipla di
quella del primo livello, in accordo con lo schema seguente:

155.52 Mbit/s 1° livello gerarchico (STM-1)


155.52×4 622.08 Mbit/s 4° livello gerarchico (STM-4)
155.52×16 2488.32 Mbit/s 16° livello gerarchico (STM-16)
155.52×64 9953.28 Mbit/s 64° livello gerarchico (STM-64)

Tornando a considerazioni di carattere generale, è chiaro che, dualmente al sistema FDM, i canali
TDM sono separati nel tempo ma occupano la stessa banda in frequenza. Non solo, ma occorre
mettere in conto che il ricorso alla multiplazione di N segnali comporta, come evidenziato dal
valore crescente della frequenza di cifra, una banda occupata che è N volte maggiore di quella del
singolo canale.
Infine, per quanto concerne l’accesso multiplo, in particolare a canale radio comune in divisione di
tempo (TDMA radio), i singoli trasmettitori Si dovranno mantenere un’adeguata sincronizzazione
mutua in modo che ognuno utilizzi la finestra temporale ad esso assegnata senza interferire con gli
altri. Date le inevitabili imprecisioni per tale sincronizzazione, si dovrà mantenere un adeguato
margine temporale di guardia tra i pacchetti 1, 2, …, N corrispondenti agli N trasmettitori. La rete
sarà poi periodicamente risincronizzata, ad esempio attraverso l’emissione di un opportuno segnale
prodotto da una stazione di controllo.

7
In Europa, uno degli organismi più importanti delegati alla standardizzazione dei sistemi di telecomunicazione è
invece l’ETSI (European Telecommunications Standards Institute).

8
Figura 7

9
Figura 8

3) CDMA
Nella multiplazione a divisione di codice, ad ogni canale è assegnata una particolare sequenza
numerica (detta “parola di codice”), che ne consente l’identificazione in ricezione.
Indicata con ci(t) la sequenza relativa all’i-esimo canale, questa deve essere opportunamente
combinata con il segnale di informazione si(t); tra le tecniche possibili, la più comune consiste nella
moltiplicazione diretta dei due segnali (“direct-sequence”). Un esempio è illustrato in Figura 9, in
alto: qui il segnale ci(t) è costituito da una sequenza binaria di lunghezza L = 7 (e che, in
particolare, assume i valori 1100010) che si ripete con una periodicità T uguale al tempo di simbolo
del segnale di informazione. Moltiplicando tra loro ci(t) e si(t), la parola di codice viene trasmessa
inalterata quando il segnale di informazione vale +1 mentre viene cambiata di segno quando il
segnale di informazione vale –1. In corrispondenza del generico ricevitore, si avrà un segnale
complessivo, indicato in Figura con ∑scj
j j , dato dalla somma dei contributi delle sorgenti che

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stanno simultaneamente trasmettendo. Volendo estrarre il singolo segnale si(t), si dovrà moltiplicare
per la sequenza relativa ci(t) e quindi integrare, all’interno dell’intervallo di simbolo generico, il
risultato della moltiplicazione, così come mostrato in Figura 9, in basso.

Figura 9

A valle dell’integratore, ipotizzando che, in generale, i contributi con j ≠ i (contributi di disturbo ai


fini dell’estrazione di si(t)) presentino un ritardo θj rispetto al segnale utile, ma che, viceversa, la
sequenza ci(t) generata localmente sia perfettamente allineata con la parola di codice trasmessa, si
avrà:

kT kT

∫ s i ( t )c i2 ( t )dt + ∑ ∫ s (t + θ )c (t + θ )c (t)dt =
j≠i ( k −1) T
j j j j i
( k −1) T
(3)
kT kT
=
∫ s (t)dt + ∑ ∫ s (t + θ )c (t + θ )c (t)dt
( k −1) T
i
j≠i ( k −1) T
j j j j i

Il primo termine a secondo membro della (3) restituisce, a meno di un fattore moltiplicativo T, il
valore del segnale utile i-esimo nell’intervallo considerato. Il secondo termine rappresenta invece il
contributo totale di disturbo, dovuto ai segnali interferenti. L’entità di tale disturbo dipende,
chiaramente, dal valore della correlazione mutua tra le parole di codice, e può essere minimizzato
scegliendo sequenze ci(t) tali per cui

11
kT

∫ c (t)c (t + θ )dt
1
i j j , i≠ j (4)
T
( k −1) T

sia minimo, qualunque sia lo sfasamento temporale tra le diverse sequenze. L’integrale (4)
rappresenta, in effetti, la correlazione mutua tra due generiche parole di codice, in generale non
sincronizzate. Per un dato numero di utenti N, il problema è dunque ricondotto alla ricerca di codici
efficienti, vale a dire: con un numero almeno pari a N di parole, caratterizzate da un valore
sufficientemente basso di correlazione mutua.
Diversi sono gli esempi di codici per CDMA proposti in letteratura. Una soluzione particolarmente
attraente è costituita dai codici ortogonali, per i quali:

kT

∫ c (t)c (t)dt = 0
1
i j , i≠ j (5)
T
( k −1) T

Per essi, dunque, il termine di disturbo è nullo quando tutti i segnali sono tra loro perfettamente
allineati. In questo caso la rivelazione avviene senza interferenza mutua, come nei sistemi FDM e
TDM (che sono, infatti, intrinsecamente ortogonali). E’ chiaro peraltro che questo risultato viene
ottenuto rinunciando all'’asincronia dei segnali, che è invece uno degli aspetti caratterizzanti la
semplicità dell’accesso CDMA.
In alternativa, si possono utilizzare le “sequenze di Gold”: si tratta di sequenze di lunghezza L = 2m
– 1 e caratterizzate da un picco della funzione di correlazione mutua che vale, in modulo:

⎧ 2 ( m+1) / 2 + 1
⎪ per m dispari
⎪ L
t ( m) = ⎨ (6)
( m+2) / 2
⎪2 +1
⎪⎩ per m pari
L

Così, ad esempio, per m = 10 la (6) fornisce t(10) = (26 + 1)/(210 – 1) = 0.06, dunque
accettabilmente basso. Valori ancora più bassi si conseguono aumentando il valore di m. Un aspetto
molto importante è che il risultato (6) è assicurato per un numero relativamente elevato di parole di
codice; per un dato m, infatti, le sequenze di Gold sono N = L + 2 = 2m + 1 (N = 1025 nel caso m =
10 sopra considerato).
Una evidente caratteristica delle sequenze CDMA è che esse introducono una espansione di banda.
Dalla Figura 9 si osserva che la durata di ciascun bit nella sequenza di codice vale τc = T/L; L
rappresenta dunque l’espansione di banda che la trasmissione codificata implica rispetto alla
trasmissione non codificata del singolo segnale. Per questo motivo la trasmissione CDMA si dice
anche a “spettro espanso” (“spread spectrum”). L’espansione dello spettro ha peraltro una sua
giustificazione proprio nella necessità di ridurre il contributo dei segnali interferenti. Ciascuno dei
segnali inviati sul canale comune si presenta infatti, per gli altri canali, come un rumore. Proprio a
seguito dell’espansione di banda, però, la densità spettrale di potenza di rumore che caratterizza
ciascuno di questi contributi è ridotta di un fattore L rispetto a quella del segnale originale. In
pratica, considerando il caso in cui tutti i segnali si(t) abbiano la stessa potenza Ps e la stessa banda

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B, la densità spettrale di potenza dell’interferenza che si presenta all’ingresso del ricevitore i-esimo
è data da (N – 1)Ps/(LB) 8 . Il fattore L, in questo senso, rappresenta un “guadagno di codifica”.
Un punto di forza della tecnica CDMA, e che ne ha reso interessante l’utilizzo nell’ambito della
terza generazione radiomobile (UMTS) è la semplicità di espansione della rete. Aggiungere un altro
segnale al segnale multiplo già costituito comporta, per i sistemi a divisione di tempo o di
frequenza, la revisione del piano dei tempi o delle frequenze assegnate alle sorgenti. Nell’accesso a
divisione di codice, invece, tale aggiunta comporta semplicemente un incremento dell’interferenza
(gli interferenti passano da N – 1 a N), cioè un lieve peggioramento delle prestazioni.
Infine è opportuno ricordare che l’accesso multiplo a divisione di codice può anche essere
conseguito con tecniche diverse dal “direct-sequence”. Nel “frequency-hopping” (FH), ad esempio,
la banda disponibile è divisa in un gran numero di intervalli di frequenza contigui ed il segnale
trasmesso occupa, in ogni slot temporale T, uno o più di questi intervalli di frequenza. La selezione
degli intervalli è controllata da opportune sequenze, di solito prodotte da generatori pseudo-casuali
(“pseudo-noise generators”). La soluzione “frequency-hopping” riduce i problemi di
sincronizzazione che si incontrano nel “direct-sequence”. Inoltre, i continui salti di frequenza
rendono il sistema “robusto” rispetto ad interferenze esterne occasionali o intenzionali (“jamming”).
Per quest’ultimo motivo, una delle applicazioni precipue del FH è nell’ambito delle trasmissioni
radio per applicazioni militari ove, chi disturba, ha il problema in più di dover individuare la legge
con cui cambia la frequenza.

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La potenza interferente è stata distribuita uniformemente sulla banda del segnale, ipotesi questa ragionevole, se non
altro in termini “medi”; inoltre le diverse sorgenti sono state ovviamente assunte tra loro indipendenti.

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