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A.A.

2022/2023 Aurora Ceretti 26 Giugno 2023

Il colore
GIALLO

1° Anno Corso Design del Gioiello e Accessori


Esame di Teoria della Percezione e Psicologia della Forma
Docente: Francesconi Maurizio
INDICE
03. Introduzione

04. Il Giallo secondo Michel Pastoureau

06. Il Giallo nell'arte

08. Il Novecento

09. Il Giallo nella musica

10. Presente

12. Giacca gialla di Freddie Mercury

14. Giallo e Blu nella moda pacifista

20. Sitografia e Bibliografia


I NT RODUZI ONE

Il Giallo: colore del futuro?

È un colore carico di elementi simbolici negativi, è il colore dell’invidia e della


gelosia, del vestito di Giuda traditore, della stella di David utilizzata per
discriminare gli ebrei. Lo stesso Pastoureau infatti nel "Colore dei nostri
ricordi" ci racconta della delusione provata nel ricevere in regalo proprio una
bicicletta gialla.

Eppure non ne siamo del tutto convinti. Il giallo è anche per noi, come per gli
antichi, il colore del sole e dell’oro, del miele e dello zafferano, dei primi fiori
e di molti frutti. Rientra nella storia della pittura e della poesia nelle
sfumature più diverse, piene di suggestioni e di fascino, come nei cieli di
Turner o nei limoni di Montale.

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I L GI AL L O
DI MI CHE L
PAS T OURE AU

Certo anche gli altri colori hanno spesso qualità ambivalenti, come ci ha
dimostrato lo storico francese nei suoi libri precedenti, nelle storie del blu
(2000), del nero (2008), del verde (2013) e del rosso (2016), ma questa volta
le difficoltà si accumulano, i documenti sono spesso riservati, la parentela
con l’oro tende ad allargare a dismisura l’ambito della ricerca: «il giallo –
scrive – sembra voler giocare a nascondino con gli studiosi» (pag. 9).

Pastoureau inizia la sua analisi esaminando i vari tentativi di definizione, ci


racconta alcuni momenti della storia, del pensiero e della lingua che rivelano
la natura particolare, spesso contraddittoria del colore. Come pelle delle
cose, come indica l’etimo del latino color dal verbo celare, che significa
avvolgere, coprire, ma anche nascondere, del greco chróma, da chrós,
superficie, pelle, ma anche della parola tedesca Farbe, dal germanico *farwa,
pelle, pellicola, involucro (pag. 7).

Un’altra possibile definizione del colore mette in primo piano la relazione con
la luce, da cui derivano la teoria aristotelica dell’origine del colore
dall’opposizione di chiaro e scuro e la scala corrispondente: bianco, giallo,
rosso, verde, viola, nero, ma anche la scomposizione newtoniana dello
spettro che dà origine alla scala alternativa: violetto, indaco, blu, verde, giallo,
arancione, rosso.

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I L GI AL L O
DI MI CHE L
PAS T OURE AU

L’autore accenna anche alle scienze biologiche che indagano sul colore come
sensazione e approfondiscono la funzione tripartita dell’occhio e le
componenti oppositive del cervello. Tutto questo rimane però a margine
dell’interesse di Pastoureau che considera il colore soprattutto come
creazione sociale.

La storia sociale e culturale del giallo si articola quindi in altre direzioni di


ricerca: la natura delle sostanze e dei pigmenti utilizzati per la pittura e l’arte
tintoria, la funzione simbolica del colore nella tradizione medica e alchemica,
le disposizioni sulle tinture delle stoffe e delle vesti, le regole dell’araldica e
della politica, l’analisi linguistica dei termini che in Occidente descrivono il
tratto della scala cromatica del giallo e dei modi di dire nelle varie lingue
europee.

Si aggiungono anche incursioni nella storia dell’arte, in particolare della


pittura, e tutto ciò in cui il giallo ha preso parte fino ai giorni nostri.

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William Turner, Chichester canal, 1828, Tate gallery, Londra

ART E
Nel Seicento, la scoperta del “disco” di Newton rimette nuovamente in
discussione l’origine e il ruolo di tutti i colori; in particolare, al giallo viene
finalmente conferito lo status di colore primario. Tuttavia questo non riesce a
modificare le sue sorti; esso viene riabilitato solo più tardi dagli
Impressionisti, in particolare da Paul Cezanne, e soprattutto da William
Turner il quale, ossessionato dalla rappresentazione della luce, indaga ogni
possibile tonalità e potenzialità espressiva di questo colore.

Da qui in poi la storia dell’Arte si mostra decisamente più clemente nei


confronti del giallo, dando la possibilità a questo colore di diventare
protagonista di numerose opere: Van Gogh lo eleva a mezzo espressivo per
esorcizzare la sua paura della morte, Gauguin addirittura dipinge il Cristo
Giallo e Klimt lo utilizza per rappresentare da un lato il malessere diffuso
nella società e dall'altro la gioia di vivere.

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Vincent van Gogh, Autoritratto con cappello giallo, 1887, New York, The Metropolitan Museum of Art
NOVE CE NT O

Nel Novecento il giallo


diventa nuovamente
ambivalente, questo è
dovuto soprattutto alla
natura stessa del
colore, che si presta a
essere utilizzato come
avvertimento in quanto
visibile da lontano
(segnaletica stradale),
come protesta (gilets
jaunes) e come
scandalo (la stampa di
quel settore viene
chiamata Yellow Press).

In ultimo, ma non assolutamente per importanza, nel 1929 Arnoldo


Mondadori decide di creare una collana di romanzi polizieschi con la
copertina gialla. Questa scelta si rivelerà talmente azzeccata da diventare un
vero e proprio nome per il genere noir stesso, il cui sinonimo ad oggi è
“giallo”.

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MUS I CA

La musica ha decisamente celebrato il giallo, rendendo questa tinta


protagonista di brani indimenticabili che hanno attraversato generazioni
intere. Primo fra tutti è chiaramente "Yellow Submarine", capolavoro dei
Beatles datato 1966 in cui la parola “yellow” viene ripetuta per quasi metà
canzone. Nel 2000 i Coldplay arrivano a scalare le classifiche di tutto il
mondo con quello che si rivelerà essere uno dei brani più riusciti degli ultimi
vent’anni, Yellow, il cui verso emblematico recita "and it was all yellow".

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Nella maggior parte delle nazioni europee e negli Stati Uniti il
PRES E NT E giallo è prevalentemente visto come un colore luminoso e allegro.
È associato al concetto di calore, sole e estate, questo perché è il
colore più luminoso. Infatti si tinge di giallo ciò che deve essere
ben visibile (come le palline da tennis).

Il giallo è anche il colore dell’ottimismo, della gioia, dell’ospitalità e


dell’energia, per questo motivo farmaci tonificanti e integratori
sono spesso gialli. Ma è anche il colore della codardia, della
malattia e della follia (quando associato al verde). Inoltre, anche se
in misura minore del rosso, è un colore che indica pericolo, si
pensi al cartellino giallo negli sport o a come sono segnalati i lavori
stradali in corso.

Negli Stati Uniti, in modo particolare, lo si associa al concetto di


trasporto, tanto che i taxi e gli scuolabus sono tutti gialli, così
come una buona parte dei segnali stradali.

Casi particolare sono la Germania e la Russia, dove si collega il


colore giallo anche al concetto di invidia, o la Francia, dove invece
è simbolo di infedeltà, menzogna, tradimento e contraddizione.
Tanto che, durante il X secolo, i francesi dipingevano le porte di
traditori e criminali di giallo. Sempre per questo motivo è il colore
imposto agli ebrei e agli esclusi, ed è anche il colore affibbiato ai
crumiri (operai che non partecipano allo sciopero).

Il colore giallo, in particolare nella sua variante oro, è associato


pressoché in tutto il mondo al denaro, alla prosperità, alla
ricchezza e al successo. Questo sia perché i tesori e le monete
anticamente erano fatti d’oro, sia perché un tempo spighe di
grano e cereali erano simbolo di ricchezza.

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In Cina il giallo è il simbolo della terra e colore emblematico del
PRES E NT E principio dello Yin, nonché colore della dinastia Ch’ing e
dell’imperatore. La tradizione cinese dice che se le nuvole sono
gialle ci sarà prosperità.

In Giappone è considerato il colore del coraggio, mentre in India è


uno dei colori più popolari. Rappresenta il dio Vishnu ed è il colore
dello spazio fra castità e sensualità. Si indossano abiti gialli e il
cibo giallo viene mangiato durante le feste primaverili.

In Egitto il giallo è il colore della felicità e della fortuna, nella


tonalità ocra era usato dagli antichi egizi come cosmetico per
schiarire la pelle. Giallo e rosso sono i loro colori tipici nuziali.

In Etiopia, invece, il giallo è il colore del lutto, così come in alcune


zone del Messico, ed è indossato dai monaci, che sono in costante
lutto per la morte di Cristo.

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FREDDIE MERCURY

La giacca gialla indossata da Freddie Mercury nel 1986 durante il Magic Tour
rappresenta uno dei capi di abbigliamento legati alla musica rock
maggiormente ricordati, oltre che una delle principali immagini nella
memoria collettiva legate al cantante.

La giacca di stampo tipicamente militare, realizzata in pelle, e di colore giallo


fu realizzata da Diana Moseley, costumista di fiducia dei Queen. La Moseley
aveva conosciuto Freddie Mercury nell'aprile del 1985, quando lei aveva
fornito i costumi da utilizzare nel video musicale di "I Was Born to Love You"
La costumista, che aveva già indirettamente lavorato con la band per i
costumi di "Radio Ga Ga", collaborerà anche per "The Great Pretender" ed
"I'm Going Slightly Mad", ma questo rimane il suo lavoro più celebre.

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FREDDIE MERCURY
Questa, quasi sempre abbinata ad un paio di pantaloni bianchi, con finiture
oro e rosse, ed un paio di scarpe sportive Adidas bianche con le tre strisce
nere, fu indossata oltre che nel tour europeo dell'86 anche nel video
musicale di "The Miracle" del 1989.

In seguito è diventata uno degli elementi più ricordati del cantante, spesso
riprodotta nelle rappresentazioni postume. Così è infatti nella celebre statua
realizzata da Irena Sedlecká nel 1996, ed esposta a Montreux in Svizzera. Allo
stesso modo è ritratto nell'action figure prodotta dalla NECA. Lo stesso look è
immortalato nella statua in cera di Mercury esposta presso il museo Madame
Tussauds di Amsterdam.

La giacca è divenuta l'emblema dell'iniziativa del The Mercury Phoenix Trust


del 2011 chiamata "Freddie for a day", in occasione dell'anniversario della
scomparsa del cantante, con lo scopo di raccogliere fondi a favore delle
vittime di AIDS.

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Guerra. E pace. Da reclamare. Da urlare.
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MODA PACI F I S T A
Da portare addosso, esattamente come una bandiera.
Perché il vero desiderio comune oggi è solo questo,
mostrare la propria solidarietà indossando il giallo e il blu
dello stendardo ucraino.

Che serva per vestire i monumenti delle capitali del mondo o


per fare da cornice ai post sui social, che sia lo strumento
più immediato per esprimere partecipazione a una causa
comune, il risultato non cambia.

Del resto i colori sono i più antichi segni di identificazione


politica e sociale che ci siano, dal momento che possono
simboleggiare le varie identità seguendo quelle differenti
modalità semiotiche come oggetti, vestiti, decori e immagini,
che diventano immediatamente percepibili e assicurano una
visibilità assoluta.

Esattamente come la moda che, per sua stessa natura,


riflette i tempi e anticipa quello che verrà dopo e il cui
designer, storico e profeta al contempo, si fa paladino
dell’urgenza di dichiarare lo stato del reale e di traghettarlo
nell’immediato futuro. Ogni stilista, ogni direttore creativo
lancia un messaggio e sceglie di dare vita alla sua visione del
mondo trasformando la sua passerella in una tela da
dipingere come vuole. Ed è esattamente questo il bello della
moda. Essere arte, comunicazione, sintesi chiara del tempo
passato e di quello che verrà, strumento di politica sociale e
di denuncia che utilizza come cassa di risonanza i colori, le
stampe, lo stile.

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Demna, anima di Balenciaga, agli albori di una fashion week
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MODA PACI F I S T A
parigina preceduta dai continui bombardamenti sulle città
ucraine, si chiedeva se fosse o meno il caso di sfilare davanti
a un dramma capace di suscitare mille interrogativi, tutti
destinati a rimanere senza risposta. Tranne uno. L’atrocità
della guerra. E ha scelto di denunciarla facendo parlare la
sua moda e la sua esperienza di profugo per sempre, come
ha scritto in una toccante lettera che accompagnava le
T-shirt con le bandiere ucraine elegantemente ripiegate sui
posti degli invitati al suo fashion show.

Una ferita personale riaperta che ha racchiuso il dolore di un


uomo, artista e al contempo esule, dispiegato in un evento
paragonabile, non solo visivamente, a una Guernica 2.0 in
cui si muovevano i corpi affilati dei modelli immersi in un
clima ostile tra luci simili a lampi nucleari che è diventata
una delle dichiarazioni fashion più potenti, e politiche, mai
viste su una passerella. Quando gli è stato chiesto quale
fosse il messaggio della sfilata, Demna ha risposto
semplicemente «L’amore, sempre». E i look finali non
avrebbero potuto dirlo meglio. Una tuta gialla e un abito blu
con un lungo strascico al vento che sventolava come uno
stendardo a comporre un messaggio di speranza e,
soprattutto, di pace.

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Una dichiarazione di intenti che si è fatta statement stilistico
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contagiando, a livello cromatico, i look dei fashion come dei
normal people, a partire dalla stessa sfilata di Balenciaga nel
cui backstage tutti, compresa l’attrice Salma Hayek e la top
model Bella Hadid, sfoggiavano la stessa maglietta over
bicolor gialla e blu distribuita agli ospiti. Lo spettacolo della
moda è andato avanti prendendo posizione e trasformando
la nuova consapevolezza in un fashion trend pacifista
adottato come divisa da influencer e designer tra cui Isabel
Marant, uscita in passerella con una maglia d’angora nei due
colori, e Christian Siriano, che ha realizzato un abito in tulle
con le tinte della bandiera ucraina messo poi all’asta per
beneficenza.

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Un’onda lunga che non si è fermata sotto i riflettori della
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MODA PACI F I S T A
fashion week parigina quando, in aggiunta a gesti concreti e
donazioni, anche il mondo social e i feed Instagram delle più
note maison si sono tinti di giallo-blu, ed è arrivato anche sui
red carpet di tutto il mondo diventando virale.
Jennifer Beals che agli Independent Spirit Awards ha
sfoggiato un top con pencil skirt con i colori della bandiera
ucraina firmati Gucci. La notte degli Oscar è stato un
continuo ricorrere cromaticamente alla pace, tra sfoggi di
nastri cerulei a sostegno dei rifugiati e altri riferimenti più
macroscopici come la pochette e la spilla con il vessillo
ucraino rispettivamente di Jason Momoa e di Benedict
Cumberbatch.

La forza simbolicamente iconica della bandiera ucraina unita


al potere della moda diventa leggenda anche quando
Valentino Garavani nel 1991, durante gli anni della Guerra
del Golfo, aveva realizzato il Peace dress, un lungo abito
bianco, simbolo della purezza, con la parola pace ricamata in
argento in 14 lingue diverse. Una creazione che, dopo aver
ricevuto nel 2018 a Bruxelles il Fashion Wears Peace al
Parlamento Europeo, è tornata oggi più attuale che mai
perché lo stilista ha voluto condividerne nuovamente la foto
sul suo profilo Instagram in una cornice gialla e blu,
definendolo simbolo del comune grido di speranza e segnale
di solidarietà nei confronti di un Paese sconvolto dal
conflitto.

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Non poteva mancare l'intervento di Pantone, l’azienda
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americana che si occupa della catalogazione e
dell’identificazione dei pigmenti, che sulle sue pagine social
nei primi giorni del conflitto ha postato due immagini più che
eloquenti, in dialogo tra di loro.

Da un lato, le campiture in Freedom blue ed Energizing


yellow in un’ideale rappresentazione del popolo ucraino che
sta lottando per riprendersi la propria libertà, dall’altro la
fotografia dei girasoli sullo sfondo di un cielo azzurro, che
inneggia alla prosperità e alla pace.

Un’immagine cromaticamente forte che la stessa arte ha


fatto sua come si può facilmente evincere dall'opera di Mark
Rotkho, Giallo e blu, talmente simile alla bandiera invertita
dell’Ucraina da essere diventata virale sui profili social degli
utenti di tutto il mondo. Non è un caso che il dipinto sia
stato realizzato dal maestro dell’Espressionismo astratto nel
1954, nello stesso anno in cui Russia e Ucraina celebravano i
300 anni di amicizia dopo i fatti del passato.

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Una bandiera che, per la sua stessa storia, contiene
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un'insieme di significati di cui oggi la moda si è impadronita
per renderli mainstream grazie alla sua essenza di
fenomeno socio-culturale capace di farsi specchio dei tempi,
forma di comunicazione e mezzo di espressione privilegiato
del mondo in cui si trova.

Perché l’immaginario che rappresenta attraverso le creazioni


dei designer è soprattutto simbolo di libertà, in particolare di
quella libertà in grado di rappresentare l’individuo e la
collettività. Che osserva, che raffigura, che traduce in forme
e colori per fare riflettere e costruire un dialogo universale.

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SITOGRAFIA
https://www.iodonna.it/moda/news/2022/03/07/sfilata-
balenciaga-ucraina-paris-fashion-week-ai22-23-kim-kardashian/

https://www.amica.it/2022/03/06/siflata-balenciaga-autunno-
inverno-2022-guerra-ucraina/

https://www.ilriformista.it/la-storia-di-freddie-mercury-la-vita-e-
la-musica-del-cantante-leader-dei-queen-che-ha-ispirato-il-film-
bohemian-rhapsody-262953/

https://it.wikipedia.org/wiki/Il_Giallo_Mondadori

https://www.inforestauro.org/il-colore-giallo-
nellarte/#:~:text=Era%20uno%20dei%20colori%20prediletti,colo
re%20caldo%20e%20primario%20(insieme

BIBLIOGRAFIA
Giallo. Storia di un colore, di Michel Pastoureau (Autore), Guido
Calza (Traduttore), Ponte alle Grazie, 2019.

Pagina 20
"Il sole mi abbaglia e mi da alla testa,
un sole, un chiarore che posso solo definire giallo,
giallo zolfo, giallo limone, giallo oro.
È così bello il giallo".

Vincent Van Gogh

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