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Charlotte de Latour

Il linguaggio dei fiori


Traduzione di
GIUSEPPINA GARUFI

Leo S. Olschki
2020
Al ritmo delle quattro stagioni, s'inseguono le intermittenze del cuore nelle fioriture che capi­
tolo dopo capitolo disegnano un erbario sentimentale e culturale. È solo a partire dall'Otto­
cento infatti che il fiore diviene messaggero del cuore e il libro di Charlotte de Latour (dietro
la quale si nasconde un piccolo mistero letterario), pubblicato a Parigi nel1819, compila una
grammatica floreale arricchita da un elegante apparato iconografico, frutto dell'abile matita di
Pancrace Bessa, uno dei più celebri pittori botanici francesi del periodo.

Il trz/oglio non sboccia mai nelle giornate tempestose,


aspetta che torni il sereno per sbocciare; e questa quiete di cui gioisce,
sembra si espanda tutt'intorno.

I /iorz� dice Plinio, sono la gioia degli alberi che li indossano.

€14,00 9
l l Ili
788822 257598
Prima ristampa 2011
Seconda ristampa 2020
·21·

Collana diretta da
Lucia Tongiorgi Tomasi
Luigi Zangheri

Charlotte de Latour

Il linguaggio dei fiori


Traduzione di
GIUSEPPINA GARUFI

Leo S. Olschki
2020
Tutti i diritti riservati

CASA EDITRICE LEO S. 0LSCHKI


Viuzzo del Pozzetto, 8
50126 Firenze
www .olschki.it

ISBN 97 8 88 222 5759 8


INTRODUZIONE

IL LINGUAGGIO DEI FIORI:


DIVERTISSEMENT INTELLETTUALE E MOTI DEL CUORE
IN ETÀ ROMANTICA

L'interesse razionale ed emotivo per il mondo della natura costituisce una


significativa costante dell'età romantica, segnandone la riflessione filosofica, la
letteratura, le arti visive e gli studi scientifici. In quest'ultimo ambito sono le
scienze botaniche ad attrarre in particolare l'attenzione, finendo per configurar­
si come una entusiastica voga capace di superare barriere sociali e di genere.
In Francia e in Inghilterra, ma anche in Italia, molte dimore, anche mode­
ste, nelle città e nel contado, appaiono dotate di giardini traboccanti di una
eterogenea varietà di piante fiorite, acquisite nei floridi mercati specializzati
e dagli orticoltori i cui affari conoscono ora un indiscusso successo.
li diciannovesimo secolo può essere dunque a buon diritto definito 'il se­
colo dei fiori'. È in particolare presso la borghesia e i nouveaux riches che il
fiore si impone come un motivo prediletto, prosperando non solo nelle aiuole
dei giardini, ma, reciso, accuratamente disposto in vasi e contenitori negli om­
breggiati locali delle abitazioni. Soggetto favorito dei dipinti, esso ricorre an­
che nelle carte da parati, negli arredi e vivacizza tappezzerie e tendaggi. Molto
ambìto dal gentil sesso di ogni rango, il fiore veniva intessuto e ricamato nelle
stoffe degli abiti e, fresco o contraffatto, era usato, forse con eccessivo entu­
siasmo, come ornamento di cappelli e pettinature, oppure emergeva, civettuo­
lo, dalle scollature delle dame.
Poesie di soggetto floreale erano particolarmente apprezzate dalle signore
che si dedicavano a dipingere fiori in tenui acquerelli o a costruire ghirlande in
delicati collages di carte multicolori.
Le scoperte che caratterizzano le scienze botaniche ottocentesche, soprat­
tutto con lo studio sistematico e la diffu sione di molte specie esotiche, inco­
raggia un interesse sempre più diffuso per un approccio scientifico alle piante,
agevolato dall ' uso di microscopi casalinghi. Accanto a ponderosi tomi vedono
la luce numerose pubblicazioni divulgative che agevolano e dirigono tale eu-

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INTRODUZIONE

riosità. Sull'onda del successo delle Lettres élémentaires sur la botanique pub­
blicato da J e an J acques Rousseau nel 17 82, nel secolo successivo si moltip li­
cano operette dedicate a una "agevole botanica linneana" e alla "botanica
per le signore", in cui la griglia scientifica si stempera nelle frequenti digres­
sioni storiche e letterarie, capaci di attrarre uditori più vasti e meno specializ­
zati. Caratteristica al proposito La botanique historique et littéraire che una si­
gnora del bel mondo, Stephanie Félicité Brulart de Gennlis, marchesa di
Sillery, pubblicò a Parigi nel 1 8 1 0, in cui si dipanano una serie di aneddoti,
leggende ed episodi storici tratti da fonti antiche e contemporanee, tutte per­
corse dal un inevitabile fil rouge floreale.
Agli inizi dell'Ottocento il fiore, da sempre connesso al mondo degli af­
fetti, si carica poi di una più incisiva componente sentimentale, divenendone
emblematica metafora e 'messaggero del cuore'. Da parte delle dame, ma non
solo, è uso inviare 'missive floreali' che veicolano particolari stati d'animo
- gioia, dolore, malinconia, e naturalmente amore - così come la poesia flo­
reale finisce per assurgere a vero e proprio genere letterario. Gli stampatori
si adeguano alla moda sfornando sempre più numerosi 'flower books', elegan­
ti volumetti illustrati con raffinate incisioni e litografie colorate, che costitui­
vano un apprezzato presente. Tra i più fortunati, l'Histoire des Roses ( 1 8 1 8) di
Charles Malo corredato da dodici tavole raffiguranti la 'regina dei fiori' del­
l'artista botanico Pancréace Bessa e Le Jardinier Fleuriste dédié aux dames
( 1 8 1 9) redatto da un anonimo "Amateur" che presenta un "Calendario di
Flora" nel quale sono elencati i fiori tradizionalmente associati a ogni mese
dell'anno.
È in questo clima che si sviluppa il 'linguaggio dei fiori', che fu introdotto
dall'Oriente in Europa da lady Mary Wortley Montagu, che aveva soggiornato
a Costantinopoli dal 17 1 6 al 17 1 8 a seguito del marito ambasciatore. Nelle let­
tere che la nobildonna inviava in patria e che furono pubblicate nel 17 63 , vie­
ne descritta l'antica usanza locale di assegnare particolari significati simbolici e
mnemonici (selam) a vari oggetti o elementi, colori, frutti, piante e, natural­
mente, fiori, oltreché alle modalità con cui questi venivano presentati e offerti.
Si trattava dunque di un codice espressivo non verbale che permetteva di
esplicitare pensieri e sentimenti "senza sporcarsi le dita di inchiostro". Questa
grammatica floreale, che si diffuse rapidamente nei primi anni del diciannove­
simo secolo, vide il moltiplicarsi di opere dedicate a questa pratica, tra cui veri
e propri dizionari sul tema, come l'Abécédaire de flore, ou language des /leurs,
méthode nouvelle de /igurer avec des /leurs les lettres, les syllabes, et les mots,
pubblicato a Parigi nel 1 8 1 1 da B. Delachénaye.
Celebre anche l'anonimo Flowers: their Use and Beauty, in Language and
Sentiment che vide la luce a Londra nel 1 8 1 8, che presenta una serie di fiori

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IL LINGUAGGIO DEI FIORI

corredati da un breve testo che spiega a quale sentimento sia associato ogni
fiore, contestualmente a citazioni di versi poetici sull'argomento.
Questo nuovo codice, che assurgerà poi a grande fortuna nell'Inghilterra
vittoriana e quindi negli Stati Uniti, si valeva di fonti diversificate e anche ec­
centriche che vanno dalle simbologie orientali ai miti classici, alla storia delle
religioni, agli esiti delle più moderne scoperte scientifiche, a citazioni letterarie
e visive.
La voga del linguaggio floreale si diffuse tanto profondamente che persino
alcuni scienziati non poterono ignorarlo, come nel caso di Henry Phillips, pre­
stigioso membro della Royal Horticultural Society e autore di un serissimo te­
sto pomologico, che nel 1825 si dedicò a un dotto divertissement intitolato
Flora! Emblems in cui passava in rassegna emblemi floreali associati ai senti­
menti.
L'espressione figurativa più originale di questa moda si concretizzerà in­
tomo alla metà del secolo con l'opera dell'illustratore e caricaturista francese
J.J. Grandville che concepì un vero e proprio universo popolato di piante e
animali umanizzati (un singolare precedente di Walt Disney), che vivacizzano
le pagine della favola Fleurs animées, nella quale affascinati figure di donne in
guisa di fiori (si ricordi come il termine fiore sia femminile nella lingua fran­
cese) sono còlte nell'espressione di stati d'animo felici, sereni, dolenti e dram­
matici.
Ma uno dei testi più noti sul linguaggio dei fiori che molto contribuì alla
fortuna del genere, fu certamente Le Language des Fleurs di Charlotte de La­
tour, pubblicato in dodicesimo a Parigi dallo stampatore Audot senza data
(ma era forse il dicembre del 1819, sebbene alcuni autori citino esemplari
usciti un anno prima) , che fu presto ristampato, integrato e tradotto in tutta
Europa. Già nel 1833 ne usciva una quarta edizione e ben presto apparvero
anche copie fantasma, sotto nomi di altri autori, complicando una storia edi­
toriale ancora oggi difficile da decifrare.
Anche l'autografia dell'autrice non è certa: sotto lo pseudonimo di de La­
tour sembra celarsi Louise Cortambert, moglie di François Eugène, geografo e
bibliotecario del dipartimento delle carte geografiche della Bibliothèque Na­
tionale di Parigi. Nel 1835 apparve poi una delle più fortunate riedizioni dal
titolo Language et emblème de /leurs, ad opera di uno scritto di un amico e
seguace di Bemardin de Saint Pierre, Louis Aimé Martin, cui si devono le ce­
lebri Lettres à Sophie, sur la Physique, la Chimie, et l'Histoire Naturelle (1822 ) .
Il volumetto di Charlotte de Latour, che qui presentiamo nell'agile e ac­
curata traduzione offerta da Giuseppina Garufi sulla base dell'edizione origi­
nale corredato da dodici tavole, era inizialmente venduto dall'editore-libraio
per sei franchi o dodici franchi, a seconda se l'apparato iconografico fosse

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INTRODUZIONE

stampato in bianco e nero o a colori con la raffin ata tecnica del punteggiato.
L'editore pensò bene di stampame anche esemplari in pergamena, in carta ro­
sa con le tavole su seta ed edizioni di più imponente formato. Successive ri­
stampe presentano un modesto apparato illustrativo cromolitografato.
L'edizione originale si configura con una veste molto accattivante, anche
per la presenza delle tavole disegnate da Pancrace Bessa, già allievo e collabo­
ratore di Gérard van Spaendonck e di Pierre J oseph Redouté. Insegnante di
disegno della duchessa di Berry, aveva collaborato con Redouté nella celebre
opera dedicata a Les Roses che raffigurava la collezione floreale di Josephine
Beauhamais; nel 1 823 era stato nominato pittore ufficiale di botanica presso il
Museum d'Histoire Naturelle di Parigi. La consumata sapienza di questo raf­
finato pittore botanico si manifesta anche nella già citata l'Histoire des Roses
di Charles Malo.
La traduzione in incisione delle tavole del volumetto di Charlotte de la
Tour spettò invece al litografo parigino Victor.
Dodici delle tavole che corredano Le Language des Fleurs- piccoli capo­
lavori di pittura botanica - sono dunque dedicate ai fiori caratteristici di cia­
scun mese dell'anno, dalle primaverili primule agli invernali agrifoglio e mu­
schio, presentati singolarmente o in mazzetti di due o tre steli di specie
diverse; una tavola finale offre poi l'immagine di dodici fiori ritenuti dagli an­
tichi "attributs de chaque heure du jour", dalla prima ora simboleggiata da un
mazzo di rose sfiorite alla dodicesima rappresentata da viole del pensiero.
Nell'antiporta è invece offerto un bouquet composto di rose, edera e mir­
to, simboleggianti rispettivamente Bellezza, Amicizia costante e Amore, men­
tre nel frontespizio, al di sotto del titolo, compare una idillica vignetta con una
donna che impone sul capo di una bambina una ghirlanda di artemisia, sim­
bolo di protezione, mentre sullo sfondo un ramo di edera, simbolo dell'ami­
cizia indistruttibile, si avvinghia a un vecchio tronco spezzato. li motto sotto­
scritto precisa: "Te volla preservée de tous malheurs".
Nell'introduzione l'autrice si rivolge a quelle giovani donne che non si so­
no saggiamente lasciate coinvolgere dalle "folles joies du m onde", ma che si
sono piuttosto rivolte al piacevole passatempo rappresentato dall'"étude des
plantes". Lo studio della natura e i giardini costituiscono infatti una fonte
di inesauribile piacere e di conoscenze, sia che si desideri fabbricare liquori
profumati o benefiche confetture con l'essenza dei fiori, sia che si voglia im­
mobilizzare sulla tela, sulla scorta della lezione pittorica di Spaendonck, "les
nouances trop fugitives de la plus belle des fleurs". È nel testo che l'autrice
affronta più direttamente il problema del linguaggio dei fiori, un sistema
espressivo di grande suggestione che, pur essendo regolato da norme ben pre­
cise che investono forma, colore e modo di presentazione dei fiori, ben si pre-

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IL LINGUAGGIO DEI FIORI

sta, a suo avviso, molto più delle parole, ad esprimere i moti di "un cuore te­
nero e dotato di immaginazione viva e brillante".
Segue una carrellata di fiori organizzati secondo le stagioni (i quattro ca­
pitoli sono infatti dedicati alla Primavera, all'Estate, all'Autunno e all'Inver­
no) , di ciascuno dei quali l'autrice si impegna in una puntuale descrizione
dei soggetti, anche delle loro proprietà curative, e dei quali vengono elencati
e motivati i significati simbolici, facendo ricorso a una congerie di fonti stori­
che, leggende, apologhi moralizzanti e testi letterari, antichi e moderni, citati
con accorta e elegante levità mai venata dal tarlo della pedanteria. A versi di
Anacreonte, Virgilio e Ovidio fanno riscontro citazioni da Le Roman de la Ro­
se, da Tasso, La Fontaine, Voltaire, Young, magari combinati tra loro e citati,
forse anche a memoria, da volgarizzazioni coeve.
Non mancano riferimenti agli uomini di scienza: tra gli antichi, lppocrate,
Dioscoride, Galeno, l'Historia Naturalis di Plinio nella traduzione di Antoine
Du Pinet; tra i moderni J ussieu, Linneo e soprattutto gli Etudes de la nature
dello scrittore, viaggiatore e naturalista Bernardin de Saint Pierre, ispirati dal
pensiero di Rousseau. Non mancano riferimenti alle già citate Lettres à Sophie
di Aimé Martin, complicando così il rapporto tra l'autrice e forse il suo sup­
posto 'contraffattore' .
Le Language des Fleurs (chiunque n e sia l'autore, m a a noi sembra opera
squisitamente femminile) si configura dunque come il frutto ingegnoso e lieve
di una letteratura di genere ottocentesca finalizzata a colte signore appassio­
nate di fiori e giardini, ma anche di storia, arte e poesia.
n sagace editore poteva ben sperare che all'offerta di un garofano - sim­
bolo di "Amore vivo e puro" o di un giacinto - simbolo di "Benevolenza"­
venisse magari accluso anche il dono gentile di questo raffinato libretto che
insegnava a decifrare gli affascinanti e segreti significati dei fiori.

LuciA ToNGIORGI ToMAsr


LUIGI ZANGHERI

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PREAMBOLO

Felice la ragazza che ignora le folli gioie del mondo, e non desidera altra dol­
ce occupazione che lo studio delle piante ! Semplice e ingenua, chiede alle pra­
terie i più leggiadri manti; ogni primavera le offre gioie mai provate, e ogni mat­
tina un mazzo di fiori ripaga di gioia la sua dedizione. Un giardino è per lei una
fonte inesauribile di sapere e felicità. Talvolta con un'arte che incanta, i fiori le si
trasformano fra le dita in liquori profumati, in essenze preziose, o in conserve
benefiche; tal altra, seguendo le orme dei V an-Spaendonck, fissa sulla tela le
più evanescenti sfumature della più bella fra i fiori; la pennellata esperta svela
la regina della primavera con le sue forme sferiche, i suoi colori tenui, il verde
splendente delle foglie, le spine che la proteggono, la rugiada che la bagna, la far­
falla che la sfiora. Nulla viene tralasciato, la si guarda, e anche in pieno inverno si
direbbe, osservandola, di respirare ancora i profumi della primavera. Questi stu­
di, rivelandole il godimento della natura, le riempiono l'anima di emozioni incan­
tevoli, e le spalancano innanzi i viali incantati di un mondo pieno di meraviglie. I
fiori, dice Plinio, sono la gioia degli alberi che li indossano. Quel sublime osser­
vatore avrebbe anche potuto aggiungere, e di chi li ama e di chi li coltiva. Inter­
preti dei più delicati sentimenti, i fiori prestano fascino all' amore stesso, a quel­
l' amore puro e casto che, scrive Platone, è un'ispirazione degli dei. L'espressione
di questa passione divina deve essere divina pure, ed è per impreziosirla ancora
che si è immaginato l'ingegnoso linguaggio dei fiori. Questo linguaggio, più che
la scrittura, si presta a tutte le illusioni di un cuore tenero e di un'immaginazione
viva e brillante. Ai bei tempi della cavalleria, l'amore cortese e leale attingeva di
buon grado ad un talmente nobile linguaggio. I libri gotici sono ricchi di emble­
mi creati con i fiori: scopriamo nel romanzo di Parsifal che una ghirlanda di rose
rappresenta un tesoro per gli amanti; leggiamo, in quello di Amadigi, che la pri­
gioniera Oriana, non potendo né parlare né scrivere all'amato, gli comunicò la
sua infelicità lanciandogli dall'alto di una torre una rosa bagnata delle sue lacri­
me: quale seducente simbolo di dolore e amore ! I cinesi hanno un alfabeto co­
stituito per intero da piante e radici; leggiamo ancora fra le rovine d'Egitto delle
lontane conquiste di popoli narrate con piante sconosciute. Questo linguaggio è
dunque vecchio come il mondo; ma non può sfiorire, perché ogni primavera ne

- l -
PREAMBOLO

rinnova i caratteri, eppure la libertà dei costwni l'ha relegato negli svaghi dei ser­
ragli. Le splendide odalische se ne servono volentieri per vendicarsi del tiranno
che oltraggia e disdegna le loro grazie: un semplice peduncolo di mughetto, lan­
ciato come per puro caso, rivela a un giovane icoglane che l'amata sultana, este­
nuata da un amore crudele, desidera aprirsi, desidera ricambiare un sentimento
vivo e puro. Se gli si rinvia una rosa, è come se gli si dicesse che la ragione frena le
intenzioni; ma un tulipano dal cuore corvino con petali infuocati, gli confermerà
che i suoi desideri sono accolti e condivisi; questa ingegnosa corrispondenza, che
non potrà mai né deludere né svelare alcun segreto, risveglia all'improwiso la
vita, il ritmo e il piacere in questi luoghi malinconici che abitualmente abitano
l'indolenza e la noia. Per noi, che viviamo senza costrizioni, e per cui la saggezza
è una lusinga, una virtù, e non una cruda necessità, noi abbiamo lasciato all'amo­
re i suoi intimi misteri, e sono quelli che ne esercitano l'irresistibile seduzione;
giacché la libertà, che questo dio persegue senza posa, è la sua più crudele nemi­
ca. L'amore ha bisogno di ali e di una benda; ha bisogno di strappare tutto al­
l'innocenza, di sottrarre tutto alla saggezza; perché sprezza i doni volontari, e
non anela che ad ardue conquiste.

Un dolce diniego seguito da un dolce sorriso


È così tanto seducente ! . 1
..

Una mezza confessione attrae molto più che la compiuta certezza; e spesso
ho visto il dono di un bouquet rendere un'amante più felice di quanto avreb­
bero potuto fare i più ricercati pensieri del più amorevole biglietto. L'arte di
farsi amare è per le donne l'arte di farsi desiderare; più manifestano scrupolo­
sità e delicatezza e più conquistano gli omaggi che si rendono loro. Madame de
Maintenon, che soggiogò il più incostante dei re, ci ha tramandato il suo segre­
to rivelando: «lo non lo congedo mai soddisfatto, mai awilito». li vero amore
non conosce trucchi né calcoli; l'innocenza è la sua forza; è il solo che sostiene
le unioni elette, i matrimoni felici; in assenza tutto scivolerebbe nel languore.
Un cuore freddo non ha mai conosciuto l'abnegazione sublime; non ha mai
provato quelle deliziose tenerezze che danno valore a un sospiro, a uno sguar­
do, a una parola appena sussurrata, a un fiore che si conserva e che si lascia
prendere. Un cuore freddo è pure ugualmente distante dalla felicità e dalla vir­
tù; bisogna aver conosciuto l'amore, averlo combattuto per essere coraggiosi,
comprensivi, generosi. Ma non è affatto nel cuore delle città, è nelle campagne,
fra i fiori, che l'amore raccoglie tutta la sua forza; è qui che un cuore veramente

1 Marot.

- 2 -
PREAMBOLO

appassionato si eleva fino al suo creatore; è qui che le speranze eterne, mesco­
landosi ai sentimenti fugaci, arricchiscono gli amanti, e donano ai loro sguardi, ai
loro gesti, quelle espressioni sublimi che toccano anche gli insensibili. È dun­
que specialmente per quelli che conoscono l'amore e che vivono la campagna,
fuori dal tumulto del mondo, che abbiamo gettato le basi del linguaggio dei
fiori. Questo linguaggio presterà il suo fascino anche all ' amicizia, alla ricono­
scenza, all'amore filiale, all'amore materno. L'infelicità stessa può attingere a
questo tenero linguaggio: da solo in prigione, lo sciagurato Roucher si conso­
lava dedicandosi ai fiori che la figlia raccoglieva per lui, purtroppo ! e, pochi
giorni prima di morire, le rinviò due gigli appassiti, per esprimere al contempo
la purezza della sua anima, e la sorte che l'attendeva. Ho visto delle volte un
bambino chiedere aiuto per la povera madre mostrando un bouquet; e sempre
esibendo una rosa a colui che lo teneva schiavo, che il poeta Sadi lo convinse a
spezzare le sue catene. Gli disse: «Tratta con giustizia il tuo servitore visto che
ne hai l'autorità, poiché la stagione del potere è spesso tanto caduca quanto
l'esistenza di questo bellissimo fiore». La maggior parte dei pensieri e dei sim­
boli che racchiudono quest'opera hanno tratto ispirazione da antiche usanze e
dall'oriente. Nella ricerca delle origini, si è costantemente costatato come le
epoche, più che rendere i linguaggi obsoleti, li arricchiscano perennemente
di rinnovata grazia. Del resto, basta ben poco studio per questa scienza: la na­
tura se n'è fatta pieno carico. Sarà sufficiente assorbire le due o tre regole che
verranno suggerite, e dare una scorsa al dizionario dei significati, per diventare
esperti quanto l'autore stesso di questo libro.
La prima regola sta nel ricordare che un fiore rivolto verso l'alto esprime
un'idea, e che è sufficiente ruotarlo al contrario perché esprima l'esatto oppo­
sto: così, ad esempio, un bocciolo di rosa con le sue spine e le sue foglie vuol
dire: temo, ma spero; ma se si porgesse lo stesso bocciolo rivolgendolo verso il
basso, significherebbe: non serve né temere né sperare. Si afferrerà a pieno
questa prima regola dando uno sguardo alla tavola che chiude l'opera. Ma
ciò di cui non si è ancora parlato, sono le diverse sfumature di un sentimento;
altrettanto importanti da comunicare, anche con un fiore solo. Consideriamo
il bocciolo già preso ad esempio; spogliato delle spine, vorrà dire: ci sono buo­
ne speranze; spogliato delle foglie, esprimerà: c'è solo di che temere. Si può così
modificare il significato di quasi tutti i fiori, al variare della loro posizione. La
calendula, ad esempio , posta sul capo, significa, tormento dello spirito; sul
cuore, mal d'amore; sul seno, noia. Va ancora aggiunto che il pronome io si
esprime inclinando il fiore a destra, e il pronome tu inclinandolo a sinistra.
Questi sono i primi dettami del nostro misterioso linguaggio: amore e amicizia
dovranno aggiungervi le loro rivelazioni; questi sentimenti, i più sublimi della
natura, non possono che perfezionare ciò che loro stessi hanno creato.

- 3 -
PRIMAVERA
MARZO

ERBETTA, TAPPETO ERBOSO


Urn..ITÀ.

Un giorno d'inverno, esasperata dai piaceri assordanti della città, mi sono ri­
fugiata in campagna. Qui, ogni sera la mia cara nutrice raggruppava attorno al
fuoco un gruppo di ragazze che desideravano imparare la filatura del lino, o l'in­
treccio di cestini e forme di vimini per i formaggi. Spesso, nel vivo di queste inti­
me riunioni, capitava che si sollevassero, per puro caso, le più bizzarre curiosità.

Non del fato,


E dei suoi scherzi, o della magnificenza e grandezza dei re,
Ma dei campi, e dei boschi
E di ciò che di più innocente, di più delicato, di più prezioso conservano. 1

Una sera, durante una di queste serate; dopo aver raccontato una storia
spettrale da far rabbrividire, la nutrice chiese alle ragazze quale fosse, a loro
avviso, la pianta più utile in assoluto. «Mio padre, disse l'esuberante Ernesti­
na, sostiene sia la vite, perché il suo nettare riscalda in inverno, il pergolato
rinfresca in estate, si può far uso della legna, il gregge si nutre del fogliame,
e le radici possono essere scolpite, ad esempio il patrono del nostro villaggio
è stato realizzato con un ceppo di vite. - Oh ! Se foste state nel mio paese, in­
tervenne una vivace biondina, preferireste il melo come me, perché il suo frut­
to, che è buonissimo, si conserva fresco quando gli altri sono già fuori stagio­
ne. E poi, la mela assomiglia ad un fiore, nutre l'uomo, se ne ricava un succo
delizioso, l'albero che la produce offre la sua ombra all'agricoltore e ne ali­
menta il fuoco del camino. Tutti questi doni, il melo li offre, al contrario della
vite, senza richiedere lavori troppo faticosi. - Sai, le dissi io, si deduce dall'en­
tusiasmo che mostri verso quest'albero, dai tuoi occhi azzurri, dalla carnagio-

l La Fontaine.

- 7 -
PRIMAVERA

ne chiara, che sei nata in Normandia. Io invece, che non mi sono mai presa la
briga di osservare i nostri campi, ho letto che in un paese molto lontano da
qui, in India, un albero superbo offre agli uomini un vino dolcissimo, dei frut­
ti deliziosi, un riparo impenetrabile dalla pioggia e dai raggi solari, e una foglia
con cui realizzare senza fatica un'infinità di graziosissimi oggetti, di cui ci si
può anche vestire: quest'albero è la palma. - Vedi, cara, disse la vecchia nu­
trice con un tenero sorriso, tu hai letto nei libri le opere divine; da parte mia,
che li osservo nella natura, credo che il grano, che nutre un'infinità di uomini,
sia sicuramente la pianta più utile: la sua paglia copre i nostri tetti, si utilizza
per realizzare stuoie e cappelli, e popolazioni intere patirebbero se il suo rac­
colto venisse a mancare; ma prima di decidere se sia il grano la pianta più utile
in assoluto, dì la tua, Elisa, tu che giorni fa, fra tutti i fiori, hai scelto la sem­
plice violetta. A quale pianta daresti il riconoscimento dell'utilità? - Non cre­
do, rispose arrossendo la timida Elisa, che ci sia pianta più utile dell'erba dei
prati. Tutte quelle citate, richiedono cura e dedizione, mentre l'erba cresce
spontaneamente. Permette all 'uomo di riposarsi, cresce allo stesso modo in
tutta la terra; e poi gli uccellini ne mangiano dei pizzichi, gli animali la bruca­
no, e gli uomini possono vivere dei derivati del loro latte. Credo pure che sia
la più utile, perché da piccola ho sentito dire ad un vecchio saggio, che le cose
più utili sono sempre le più comuni; e cosa trovereste al mondo di più comune
dell'erba dei prati?». Le sue argomentazioni ricevettero piena approvazione,
accrebbero la stima nella timida Elisa, e l'ammirazione per la prowidenza
che, in una pianta così piccola, ha saputo riporre enormi potenziali.

SALICE DI BABILONIA
MALINCONIA.

Ascolto il mormorio dei venti confondersi col brusio della pioggia. Sono
triste, inquieta, separata da tutto ciò che amo, la società mi pesa e mi esaspera.
Ma ovunque, la natura mi tende le braccia; come una cara amica sembra pa­
tire della mia sofferenza. In fondo agli alberi, ascolto l'usignolo, rimpiange
certamente come me l'assenza di ciò che ama. In disparte sulla riva delle ac­
que, ecco il salice di Babilonia; estraneo, si tormenta sulle nostre sponde; si
direbbe che mormori senza pace:
L'assenza è il male più devastante ! 2

z La Fontaine.

- 8 -
MARZO

Quest'albero, ahimè ! è uno sciagurato amante. Una mano crudele, esilian­


dolo dalla sua patria, l'ha separato per sempre dall'oggetto della sua tenerezza.
Ogni primavera, accecato da una folle speranza, copre di fiori le lunghe fron­
de, e richiede ai venti le carezze di chi dovrebbe arricchirgli la vita; chino sul
cuore delle fonti, non si direbbe che, sedotto dalla propria immagine, cerchi la
felicità in fondo alle acque? Vana ricerca ! Né zefiro, né le ninfe delle fonti po­
tranno mai rendergli ciò che ha perduto, ciò che ininterrottamente anela.

Sì, di tutti i mali per la via,


L'assenza è il più penoso;
Ecco perché quest'albero luttuoso
È consacrato all a malinconia. 3
Amato e divino Salice, il lutto è il tuo compagno;
Sii l'albero del rimpianto e il rifugio dell'affanno;
Amico caro, nel tuo cintato scrigno,
4
Accogli e cela il nostro danno.

CASTAGNO D'INDIA
Lusso.

Da più di due secoli il castagno d'India popola le nostre terre, eppure non
lo si vede spesso intrecciare la rigogliosa chioma con gli alberi delle foreste.
Preferisce abbellire i parchi, adornare i castelli e ombreggiare la dimora dei
re. Lo ammiriamo trionfare a Tuileries, dove disegna, tutt'intorno la monu­
mentale vasca d'acqua, delle scenografiche prospettive d'impareggiabile raffi­
natezza. Nel ]ardin du Luxembourg, ostenta superbo eleganza e magnificenza.

Laggiù di castagni gli alti filari


Curvarsi in volte e celarci le nubi. 5

È sufficiente che una giornata sia poco tempestosa, a inizio primavera, ed


ecco questo splendido albero coprirsi improvvisamente d'un verde tenero.
Che si creda il solo? nulla è comparabile all'eleganza del suo aspetto pirami­
dale, alla bellezza delle sue foglie e alla ricchezza dei suoi fiori, che alle volte lo
fanno apparire come un immenso decoro interamente coperto da grappoli fio-

3 AlMÉ MARTIN, Lettres à Sophie.


4 M. DuBOs, Idylles.
s CASTEL, Les Plantes, poema.

- 9 -
PRIMAVERA

riti. Amante dell'opulenza e della ricchezza, copre di fiori l'erbetta verde che
ripara, e offre alla voluttà un'ombra deliziosa. Ma altro non concede ai poveri
se non che un bosco rado e un frutto amaro; solo talvolta dona loro un'esigua
elemosina riscaldandoli con le sue foglie secche. I naturalisti, e soprattutto i
medici, hanno attribuito a questo figlio dell'India mille grandi qualità che
non possiede. Così questo splendido albero, come l'uomo di successo verso
il quale è prodigo di ombra, trova adulatori, fa suo malgrado un minimo di
bene, e abbaglia la volgarità di un lusso inutile.

LILLÀ
PRIMO BATTICUORE.

I lillà sono stati consacrati alle prime trepidazioni d'amore, perché niente è
più ammaliante del loro aspetto al rifiorire della primavera. Così, la freschezza
del verde, la flessibilità dei rami, l'abbondanza dei fiori, la bellezza così fuga­
ce, così effimera, il colore così tenue e così variegato, tutto in loro richiama
quelle emozioni celestiali che abbelliscono la bellezza e donano all'adolescenza
una grazia divina.
Albano non è mai riuscito a disporre, sulla tavolozza che Amore gli aveva
affidato, dei colori talmente vivi, talmente candidi, talmente delicati, in grado
di esprimere la lucentezza, la delicatezza e la dolcezza delle tenui tinte che tin­
teggiano la fronte della prima adolescenza. Lo stesso Van-Spaendonck lascia­
va che il pennello indietreggiasse di fronte ad una corolla di lillà. La natura
sembra essersi compiaciuta di aver fatto di ciascuno di questi grappoli un ar­
busto, sfavillante in ogni sua parte di pari bellezza e varietà. La digradazione
del colore, dalla gemma porporina al fiore sbiadito, esercita l'attrattiva minore
di questi suggestivi grappoli, mentre tutt'intorno la luce si espande e sprigiona
le mille sfumature che fondendosi insieme in un'unica tonalità, creano quella
fulgida armonia che scoraggia il pittore e abbaglia l'osservatore. Quale incom­
mensurabile impresa ha intrapreso la natura nel generare questo favoloso ar­
busto pensato quasi al solo scopo di compiacere i sensi ! Che unione di pro­
fumi, di freschezza, di grazia, di delicatezza ! Che varietà di dettagli, che
armonia d'insieme ! Ah ! Senza dubbio, dall'origine delle cose, la Provvidenza
l'aveva destinato a essere il perno che avrebbe annesso un giorno l'Europa al­
l'Asia. I lillà, che il viaggiatore Busbeck portò dalla Persia, popolano oggi i
monti della Svizzera e le foreste della Germania.
L'usignolo, al ritorno dai suoi pellegrinaggi, rivedendo i tralci da cui si era
separato intrecciati ai rami spinosi che più ama, crede di dover festeggiare due
primavere.

- 10 -
MARZO

Alle nostre colline e ai frutteti


Racconta le sue avventure;
Di città e di campi sconosciuti,
Traccia le sfavillanti pitture,
E anticipa le piste venture
Agli uccellini appena conosciuti.
Disegna i loro gruppi vagabondi
Vagar per l' aere,
Cercando lidi più fecondi;
Narra di passaggi di maree,
E di prati fioriti dei due mondi;
E all'inno felice della stasi,
Echeggiante fra i boschetti,
Unisce pure i canti delle estasi
Al delizioso sunto dei giretti. 6

MANDORLO
SVENTATEZZA.

Simbolo della sventatezza, il mandorlo germoglia per primo al richiamo


della primavera. Niente è più vivace né più ridente di quest'albero incantevo­
le, quando nei primi giorni di marzo appare, coperto di fiori, fra i boschetti
ancora spogli. Le gelate tardive rovinano spesso i germi troppo precoci dei
suoi frutti; ma per un effetto piuttosto singolare, anziché sciuparne i fiori,
sembra che gli donino una rinnovata vivacità. Ho visto un filare di mandorli,
tutto bianco il giorno precedente, battuto dal freddo durante la notte, assume­
re un colore roseo l'indomani mattina, e mantenere per più di un mese questa
nuova chioma, che non perse finché l'albero non divenne interamente verde.
La leggenda attribuisce al mandorlo un'origine commovente. Si narra che
Demofoònte figlio di Tèseo e Fedra, fu spinto durante una tempesta, al ritorno
dalla distruzione di Troia, sulle coste della Tracia, dove al tempo regnava la bel­
la Fillid e. La giovane regina accolse il principe, se ne innamorò e lo prese in
sposo. Demofoònte, richiamato ad Atene per la morte del padre, le promise
di tornare in un mese, e fissò il giorno del suo ritorno. La dolce Fillide contò
tutti i minuti della sua assenza; alla fine giunse il giorno tanto atteso: Fillide cor­
se per nove volte sulla riva; ma, persa ogni speranza, lì morì di crepacuore, e fu
mutata in mandorlo. Ma, Demofoònte tre mesi dopo ritornò; e disperato, ce-

6 AlMÉ MARTIN, Lettres à Sophie.

- 11 -
PRIMAVERA

lebrò un sacrificio sulla sponda del mare per confortare l'amata. Fillide apparve
sensibile al suo pentimento e al suo ritorno, poiché il mandorlo che la imprigio­
nava sotto la corteccia all'improvviso fiorì; dimostrò, così, con quest'ultima
prova, che la morte stessa non aveva potuto mutare i suoi sentimenti.

PERVINCA
DOLCI RICORDI.

Ormai i venti hanno purificato l'atmosfera, disseminato il seme delle piante


sul terreno, e allontanato le nuvole scure; l'aria è leggera e pura, il cielo sembra
più alto sulle nostre teste, l'erbetta comincia a rinverdire tutt'intorno, gli alberi
si ricoprono di germogli. La natura si adorna di fiori, ma prima prepara il fondo
delle sue tele; stende una tonalità indefinita di verde cangiante all'infinito, che
rallegra i nostri occhi e apre i nostri cuori alla speranza. Fin dai mesi scorsi ab­
biamo trovato, al riparo dei poggi, la violetta, la margherita, la primula e il fiore
dorato del dente di leone. Ci avviciniamo ora al limitare del bosco, l'anemone e
la pervinca qui costruiscono un lungo dedalo di verde e di fiori: queste due pian­
te complici si prestano reciproco fascino: l'anemone ha delle foglie flessibili
marcatamente dentate e d'un verde tenero; la pervinca ha le sue sempreverdi,
rigide e brillanti, il suo fiore è azzurro-violaceo, e quello dell'anemone è d'un
bianco puro, rosato ai margini. Quest'ultimo sfiorisce in un giorno; ricordando­
ci le gioie vive e passeggere della nostra infanzia. La pervinca è consacrata ad
una felicità duratura; il suo colore è quello che l'amicizia predilige, e il suo fiore
era per J.-J. Rousseau il simbolo dei più dolci ricordi. «Mi stavo trasferendo,
scriveva da qualche parte, alle Charmettes, con Madame de Warens; cammi­
nando lei vide qualcosa di blu fra la siepe, e mi disse: «ecco la pervinca ancora
in fiore». Io non l'avevo mai vista; ma non mi abbassai ad esaminarla, e sono
troppo miope per distinguere dalla mia altezza le piante per terra. Passando,
le ho semplicemente dato un'occhiata, e sono passati quasi trent'anni senza
che abbia rivisto della pervinca, o che ci abbai fatto caso. Nel 1764, quando
ero a Gressier, con il mio amico M. du Peyrou, scalavamo una montagnola, do­
ve in cima possiede una graziosa sala che chiama a ragione Belvedere. Comin­
ciavo allora ad erborizzare un po'. Salendo, e guardando fra i cespugli, gettai un
urlo di gioia: «Oh ! Ecco la pervinca, finalmente». Questa pianta, delizioso sim­
bolo del primo amore, si radica fortemente nei prati che orna; cingendoli per
intero dei suoi flessibili ramoscelli; li ricopre di fiori che sembrano riprendere
il colore del cielo. Così i nostri primi sentimenti, così vividi, così puri, così inno­
centi, sembrano avere un'origine celeste; segnano i nostri giorni d'un istante di
felicità, ed è a loro che dobbiamo i nostri più teneri ricordi.

- 12 -
MARZO

TULIPANO
DICHIARAZIONE D 'AMORE.

Sulle rive del Bosforo, il tulipano è l'emblema dell'incostanza; ma anche


della passione più violenta. Tanto che la natura fa in modo che cresca nei giar­
dini di Bisanzio, e racconta, alla bellezza prigioniera, che un amante sospira
per lei, e che, se si degnasse di mostrarsi un attimo, con i suoi petali di fuoco
e il suo cuore ardente, a dispetto di cancelli e chiavistelli, la sola vista gli man­
derebbe il viso in fiamme e il cuore in brace. Così un ragazzo inesperto, allon­
tanandosi dallo stato di natura, corteggia senza malizia; ma presto foggiato dal
mondo, come il tulipano nelle mani del giardiniere, diventerà più seducente,
più disinvolto, imparerà a piangere, ma avrà smesso d'amare.
n tulipano, sotto il nome di tulipano, o di turbante, awolge la fronte al­
tezzosa degli spietati Turchi / che adorano il suo fiore, come simbolo dell'a­
more. Amanti dell'elegante stelo e dello splendido calice che lo corona, non
si stancano d'ammirare i pennacchi d'oro, d'argento, di porpora, di lill a , di
violetto, di rosso scuro, di rosa tenero, di giallo, di marrone, di bianco, e delle
molte altre sfumature che si rincorrono, si congiungono, si fondono, si sepa­
rano sui ricchi petali senza mai confondersi.
Fin dai primi giorni di primavera, si celebra, nel serraglio del sovrano, la
festa dei tulipani. Si addobbano i patiboli, si preparano spaziose platee attrez­
zate con gradini ad anfiteatro, le si ricopre dei più ricchi tappeti, poi occultati
da un numero infinito di vasi di cristallo, traboccanti dei tulipani più belli al
mondo. La sera scende, tutto s'illumina; le candele espandono i profumi più
soavi, lanterne colorate brillano dappertutto come ghirlande d'opale, di sme­
raldi, di zaffiri, di diamanti e di rubini; una quantità prodigiosa di uccelli im­
prigionati in gabbie dorate, tutti svegli per questo spettacolo, uniscono il loro
canto ai melodiosi accordi degli strumenti suonati da invisibili suonatori; una
pioggia d'acqua di rose rinfresca l'aria; le porte si aprono, e le giovani odali­
sche entrano a mescolare la freschezza del loro fascino e delle loro toilette a
quella di questa festa incantata.
Nel cuore del serraglio si intravede la tenda del sovrano; il sultano, indo­
lentemente disteso sui guanciali, sembra ergersi al centro dei doni che i signori
della corte depongono ai suoi piedi; ma una nube s'addensa sulla sua fronte;
guarda tutto con aria truce. Cosa ! La tristezza è penetrata nell'intimo di que-

7 ]ardin d'hiver, o Cabine! des fleurs, raccoglie ventisei elegie rare, scelte da Jean Franeau. Un
vol. in -4°, stampato a Douay nel 1616.

- 13 -
PRIMAVERA

st' onnipotente mortale? che abbia perduto una delle sue province? che tema
la ribellione dei suoi fieri giannizzeri? No, soltanto due poveri schiavi hanno
turbato il suo cuore. Crede di aver visto, durante la solennità della festa, un
giovane icoglane donare un tulipano alla bellezza che lo avvince. n sultano
sconosce i segreti riservati agli innamorati: e così una vaga angoscia ha invaso
il suo cuore; la gelosia lo tormenta e l'ossessiona; ma che può questo sentimen­
to, che possono cancelli e chiavistelli contro l'amore? Uno sguardo e un fiore
sono bastati a questo diabolico dio, per fare di un orrendo serraglio un luogo
di delizie, e per vendicare la bellezza oltraggiata dai ferri.
I tulipani hanno ammiratori anche in Europa.
Dal 1 644 al 1 647 la tulipanomania esercitò la sua influenza in Olanda. Du­
rante questi anni, il prezzo dei tulipani salì alle stelle e fece arricchire molti
speculatori. I floricoltori quotavano maggiormente le varietà cui assegnavano
nomi particolari. La varietà più ricercata era quella detta semper augustus; la si
valutava 2000 fiorini; si sosteneva che fosse talmente rara, che esistessero sol­
tanto due fiori di questo tipo, uno ad Harlem, e l'altro ad Amsterdam. Un ti­
zio, per averne una, offrì quattromila seicento fiorini, più una splendida car­
rozza trainata da due cavalli e completa di accessori; un altro cedette per un
bulbo dodici acri di terra.
La passione per i tulipani fece perdere la testa a molti. Quelli che non po­
tevano procurarsene per mancanza di denaro contante, ne acquistarono con
la permuta di terreni o di case. I fioristi e altri che si appassionavano alla colti­
vazione dei fiori, accumularono in brevissimo tempo un'immensa fortuna; da
allora tutte le classi sociali vollero occuparsi del commercio dei tulipani;
un'aiuola di tulipani costituiva il più grande tesoro che si potesse possedere, e
valeva quanto il più imponente castello. Si racconta che un marinaio consegnate
delle merci a un negoziante che coltivava tulipani per affari, ricevette per pranzo
un'aringa, con la quale il marinaio andò via: mentre s'incamminava, vide dei bul­
bi in giardino, e credendo fossero bulbi comuni, li mangiò tranquillamente con
l'aringa. In quel momento sopraggiunse il negoziante, e urlò per la disperazione:
«Sventurato, il tuo pranzo mi ha rovinato; avrei potuto regalare un re ! ».

TRI FOGLIO FIBRINO


CALMA, OZIO .

Lungo questo lago le cui acque argentate riflettono un cielo senza nubi,
vedete quei grappoli bianchi come la neve? Una tinta rosea colora leggermen­
te il dorso di questi splendidi fiori, e un ciuffo di filamenti di grande delica-

- 14 -
MARZO

tezza e d'un candore abbagliante sfugge le sue coppe d'alabastro. Nessun


commento può eguagliare l'eleganza di questa pianta. Ma, per non dimenti­
carla, è sufficiente averla vista una sola volta dondolarsi mollemente sulla riva
delle acque, accrescendone la trasparenza e la freschezza. n trifoglio non sboc­
cia mai nelle giornate tempestose, aspetta che tomi il sereno per sbocciare; e
questa quiete di cui gioisce, sembra si espanda tutt'intorno.

- 15 -
APRILE

BIANCOSPINO
SPERANZA.

Che tutto si animi di speranza e di allegria, la rondine volteggia nell'aria,


l'usignolo cinguetta nel boschetto, i fiori del biancospino annunciano l'arrivo
delle belle giornate. Caro viticultore ! Tranquillizz ati, la fredda brina non di­
struggerà più le tenere gemme, promesse di lunghe fatiche. Sìi felice agricol­
tore ! n soffio teso del vento di tramontana non ingiallirà le pianure verdeg­
gianti; e, quando sarà tempo, si doreranno dei raggi del sole. Rimarrai
senza fiato se, coltivando la tua eredità, avrai segnato i confini con una siepe
di biancospino ! Non ci saranno tristi muraglie a rattristarti. Uno dopo l'altro,
la verzura, i fiori e i frutti riempiranno i tuoi occhi; perennemente awolto in
vibranti cori, vedrai il fringuello, la capinera, il cardellino, l'usignolo e il luche­
rino di ritorno dai lunghi viaggi abbellire il tuo recinto; accogli con gioia que­
sti ospiti amorevoli, vengono per servirti non per deprivarti. n bruco che dan­
neggia le tue piante, il moscerino che punge i tuoi frutti, ma è il solo
nutrimento che chiedono per le loro famiglie. D'inverno, attirati dalle ceraséd­
de luccicanti che la mano della massaia non ha raccolto, 8 vedrai il merlo e il
tordo, i cui amori tardivi avranno ritardato la partenza; da loro imparerai che
non bisogna temere i rigori del freddo, dal momento che una stagione molto
rigida li allontana sicuramente dai nostri campi, ma anche allora non saranno
abbandonati: l'amabile pettirosso, allontanandosi dai boschi solitari, forse si
awicinerà al tuo rustico focolare. Che i tuoi figli non attentino mai alla sua
libertà; che alla vista della sua fiducia e della sua tristezza, i loro cuori si apra­
no alla pietà, che le loro piccole mani si tendano con precauzione per soccor­
rere la miseria di un uccellino. E già ! non chiede che qualche briciola super­
flua. Che i tuoi figli gliene offrano, basta una buona azione per gettare il seme
della bontà nei giovani cuori.

s Le cerasédde sono i frutti del biancospino; con cui si prepara una deliziosa bevanda.

- 16 -
APRILE

I trogloditi, che riportarono l'età d'oro sulla terra con le loro semplici tra­
dizioni, coprivano sorridendo i loro defunti di rami di biancospino, perché
consideravano la morte come l'alba di una nuova vita da vivere per sempre
insieme. Ad Atene, le damigelle portavano alle nozze delle loro compagne
dei rami di biancospino, l'altare nuziale era illuminato da torce accese con
la legna di questo arbusto, che, come risulta evidente, è da sempre simbolo
di speranza.
Annuncia le belle giornate, fra i greci era di buon auspicio per un matri­
monio felice, e fra i saggi trogloditi di una vita immortale.

L'uomo si trascina, tristemente ! di struggimento in struggimento;


Dalla madre nasce con doloroso canto,
E ai suoi gemiti risponde un pianto,
Entra al mondo condotto dal tormento:
Ma la speranza a sé traendolo, asciuga il suo lamento,
E cullandolo e assopendolo. 9

PRIMULA
ADOLESCENZA.

I ciuffetti zafferano della primula annunciano il periodo dell'anno in cui


l'inverno, allontanandosi, vede i bordi del suo mantello di neve decorati
con un ricamo di verzura e fiori. Non è più la stagione della galaverna, non
è ancora quella delle belle giornate. Similmente una ragazza rimane per un
istante in bilico fra infanzia e adolescenza. Quando la timida Aglaia vedrà
sbocciare la sua quindicesima primavera, vorrà ancora, ma non potrà più, con­
dividere i giochi scapestrati delle sue piccole compagne. Le osserva, e il suo
cuore vorrebbe seguirle; vorrebbe imitarle e raccogliere le primule in fiore
per fame dei mazzetti profumati da lanciare, riprendere e rilanciare ancora.
Ma un impulso che non può governare allontana questa bellezza in fiore dalle
gioie innocenti. Un pallore struggente si espande sulla sua fronte, il capo s'in­
clina, l'anima pena e sospira, desidera, teme un sentimento che ignora; sa che,
come alla primavera segue l'inverno, i desideri d'amore supereranno quelli
dell'infanzia. Carissima ! Tu conoscerai questi piaceri indissolubilmente legati
all'amarezza e al pianto, il ritorno della primavera oggi li annuncia; e questo
fiore ti sussurra che anche il tempo spensierato dell'infanzia non tornerà

9 SAINT-VICTOR, L'Espérance, poema.

- 17 -
PRIMAVERA

più per te. Purtroppo ! E fra qualche anno sboccerà ancora per dirti che amo­
re e adolescenza sono passati senza ritorno.

GLICINE DELLA CINA


LA TUA AMICIZIA MI È CARA E DESIDERABILE.

n glicine è un rampicante elegante; i cinesi l'hanno eletto simbolo di un'a­


micizia tenera e delicata. Per svilupparsi, questa pianta vuole essere sostenuta
e riparata ai piedi di un muro esposto a mezzogiorno. I suoi leggiadri fiori, di
un blu pallido, disposti in lunghi grappoli pendenti, come quelli dell'acacia,
sbocciano più volte ogni anno; ma è soprattutto nel mese di aprile che la piena
fioritura inonda i più grandi alberi di ghirlande profumate. Celano i muri, in­
corniciano le finestre, penzolano, come una pioggia di fiori, dai tetti delle case,
e si prestano a tutti i capricci, a tutte le esigenze di chi li coltiva con amore.
Si sa, questa pianta è docile, è piacevole, è dolce come l'amicizia; e, per
conservarla, cosa serve? ciò che il cuore generoso offre all'amico: tenerezza
e premure.

MIRTO
AMoRE.

Da sempre, la quercia è consacrata a Giove, l'alloro ad Apollo, l'ulivo a


Minerva, e il mirto a Venere. Le foglie sempreverdi, i rami flessibili, profuma­
ti, carichi di fiori da sembrare destinati ad ornare la fronte di Amore stesso,
hanno fatto sì che il mirto ricevesse l'onore di essere l'albero dedicato a Ve­
nere. A Roma, il primo tempio consacrato a questa dea era circondato da
un boschetto di mirti; in Grecia, era addirittura adorata con il nome di Mirta.
Quando Venere nacque dalle acque, le Ore comparirono al suo cospetto, e le
fecero omaggio di una stola dai mille colori e di una ghirlanda di mirto. Dopo
la vittoria su Pallade e Giunone, venne incoronata con del mirto dagli Amori.
Sorpresa un giorno mentre usciva dai bagni da un gruppo di Satiri, si rifugiò
dietro un cespuglio di mirto; e fu sempre con dei rami di mirto che si vendicò
dell'audace Psiche, che aveva osato paragonare la sua fugace bellezza ad una
bellezza immortale: da allora la ghirlanda donata dagli Amori alle volte ha cin­
to il capo del guerriero. Dopo il ratto delle Sabine, i Romani si incoronarono
di mirto in onore di Venere guerriera, di Venere vittoriosa; questa corona ha
condiviso nel tempo i privilegi del lauro, luccicando sulla fronte dei trionfato-

- 18 -
APRILE

ri. L'avo dell'Mricano minore vinti i Corsi, non si presentò più ai giochi pub­
blici senza una corona di mirto.
Oggi che non si trionfa più al Campidoglio, le donne romane hanno con­
servato un solido gusto per questo grazioso arbusto; preferiscono il suo odore
a quello delle più ricercate essenze, e versano nei loro bagni un'acqua distilla ta
dalle sue foglie, sicure che l'albero di Venere esalterà la loro bellezza. Se nei
secoli si è radicata questa credenza, se l'albero di Venere è considerato l'albe­
ro degli amori, se, pure, si è creduto che il mirto, attecchendo in un terreno,
soppianta tutte le altre piante, così, l'amore padrone di un cuore non lascerà
mai spazio a nessun altro sentimento.

ACANTO
LE ARTI .

L'acanto attecchisce nei paesi caldi, lungo il corso dei grandi fiumi.

TI Nilo ammira le foglie del verde acanto.

Ciononostante cresce normalmente nei nostri climi, e Plinio assicura che si


tratta di una pianta erbacea meravigliosamente utile come motivo decorativo. 1 0
I nostri avi, così capaci di apprezzare il bello, decoravano i loro mobili, i loro
vasi e le loro vesti preziose con motivi delle sue foglie così deliziosamente den­
tellate. Virgilio narrava che sulla veste di Elena era ricamata una ghirlanda d'a­
canto a rilievo. Questo superbo poeta volendo esaltare un'opera di grande
pregio, è ancora d'acanto che la veste.

Dello stesso Alcimedonte io conservo un'opera uguale;


Nella quale l'ansa di ciascuna coppa offre all'occhio estasiato
11
Un cesello con motivi a foglie del più flessuoso acanto.

Quest'affascinante modello per l'arte ne è divenuto l'emblema, e potrebbe


esserlo anche del genio, che crea ciò in cui eccelle. Se qualche ostacolo impedi­
sce all'acanto di svilupparsi, si può osservare come ciò accresca le sue forze e ne
rinnovi il vigore. Così l'artista si eleva e si forgia sugli ostacoli che deve vincere.
Si narra che l'architetto Callimaco, passando accanto la tomba di una ra­
gazza sepolta da un anno, e deceduta pochi giorni prima di sposarsi, fu mos-

to Traduzione di Dupinet.

1 1 Langeac, traduzione delle Bucoliques di Virgilio.

-19-
PRIMAVERA

so da tenera compassione. Si avvicinò per riporre dei fiori, ma un'altra offer­


ta l'aveva preceduto. La nutrice della ragazza, aveva raggruppato i fiori e il
velo dell'acconciatura del giorno delle nozze, e li aveva deposti in un piccolo
cesto, riponendolo vicino la tomba, su una pianta d'acanto, e coprendolo poi
con una larga tegola. La primavera seguente, le foglie d' acanto cinsero il pa­
niere; ma, ostacolate dai bordi della tegola, si curvarono, ripiegandosi verso
le estremità. Callimaco, affascinato dalla spontanea decorazione, quasi fosse
l'opera delle Grazie in lacrime, ne fece il capitello della colonna corinzia: ca­
ratteristica rappresentazione scultorea che oggi ammiriamo e riproduciamo
ancora.

BUGLOSSA
MENZOGNA.

I cedimenti di una casa


Si possono recuperare, ma non c'è rimedio
12
Per quelli d el viso !

TI più spirituale fra i moralisti, L a Bruyère, sosteneva: «Se alle donne fosse
connaturata l'apparenza che sanno costruire con sapiente artificio, quando in
un istante coprono la freschezza dell'incarnato, il viso truccato assume un co­
lorito plumbleo e luminoso per effetto del rossetto e del belletto, sarebbero
inconsolabili».
Questa realtà credo sia inconfutabile: così da nord a sud, da oriente a oc­
cidente, fra le società meno avanzate, fra le nazioni civilizzate, il piacere di
truccarsi è universale. L'araba gitana, la turca stanziale, la bella persiana, la
cinese dai piccoli piedi, la russa dal colorito acceso, l'inglese flemmatica, la
creola indolente, e la francese vivace e leggera; tutte le donne desiderano pia­
cere, tutte amano truccarsi. Questo bizzarro piacere accomuna deserto e ser­
raglio. Duperron, racconta di una giovane di una tribù, che volendo attirare
l'attenzione, prese furtivamente un piccolo pezzo di carbone, corse in un an­
golino a sminuzzarlo, lo massaggiò sulle gote, e tornò indietro trionfante, co­
me se questo ornamento avesse reso più sicuro l'effetto del proprio fascino.
M. Castellan, nelle sue lettere sulla Grecia e sull'Ellesponto, tratteggia più o
meno così il ritratto di una principessa greca che ritrasse a Costantinopoli:
«non era affatto, diceva, la bellezza ideale che avevo immaginato. I suoi occhi

12 La Fontaine.

- 20 -
APRILE

neri, dal taglio mirabile e sporgenti, brillavano come un diamante; ma le pal­


pebre scure deformavano l'espressione. Le sopracciglia, congiunte con un
tratto, conferivano una sorta di durezza allo sguardo. La bocca, molto piccola
e fortemente colorata, poteva essere valorizzata da un sorriso, ma non ho mai
provato la soddisfazione di vederlo sbocciare. Le gote erano segnate da un
rosso scuro, e, delle frange tagliate a mezzaluna le abbruttivano il viso. S'im­
magini infine la rigidità statica del suo contegno, la severità glaciale della sua
fisionomia, e si crederà che abbia voluto rappresentare una madonna italia­
na». E dunque, il desiderio di piacere conquista parimenti la ragazza del de­
serto e la bella odalisca. n picco della civiltà e quello che ci riporta alla natura
da cui il buon gusto mai si discosta. La Fontaine, quando tracciò il ritratto
della madre di Amore scrisse:

Niente manca a Venere, né il giglio, né le rose.


Né l'unione squisita delle più leggiadre cose,
Né il fascino segreto che ogni sguardo apprezza,
13
Né la grazia più bella ancor della bellezza.

Venere stessa non era priva di artifici. Che sia dunque concesso alla bel­
lezza di ricorrervi alle volte, ma che la verità traspaia sempre da una leggera
menzogna, e che un po' di rossetto sia per la bellezza malinconica ciò che il
sorriso è sulle labbra d'una madre che soffre e tenta di celare ai figli la tristez­
za, o di carpirla agli occhi dell'ottusa indifferenza.
La buglossa è il simbolo della menzogna, perché la sua radice è utile per la
composizione della maggior parte dei fard. Quello di cui costituisce la base è
forse il più antico e meno pericoloso di tutti. Riunisce insieme più qualità, per­
siste più giorni senza rovinarsi, come per i colori naturali l'acqua lo ravviva, e
non sciupa la pelle che abbellisce.

Ma tal dolce, innocente, ingenuo pudor,


Che colora il volto di un divino rossor, 1 4

nient'altro può reggere il confronto, e l'arte lo distrugge senza ritorno. Se si


vuole piacere a lungo, se si vuole piacere sempre, allora si cancelli la menzo­
gna dalle labbra e dal viso, e con il poeta si ripeta:

Non c'è bellezza senza verità, solo la verità è bellezza.

1 3 Adonis, poema.
1 4 VoLTAIRE, Henriade.

- 21 -
PRIMAVERA

ONONIDE, ARRESTABUE
OsTACOLO.

Un fascino incantevole da non poter descrivere annuncia ogni mattina l'al­


ba di una bella giornata. Alla vista di un così splendido incanto, anche il più
freddo dei cuori ne è pervaso e si riempie di riconoscenza, l'imm aginazione
spenta si riaccende, e tutto ciò che la colpisce immediatamente la scuote, la
pervade, e assume le forme più suggestive.
In una di queste deliziose mattine di primavera, oziavo sulle rive della
Meuse, senza trucco e senza pensieri, gustavo il piacere indefinibile che l'alba
mattutina regala all'agricoltore ogni mattina per consolarlo delle fatiche della
veglia, e lo prepara ai lavori della giornata. Seduta ai piedi di un salice, sentivo
la rugiada scivolare giù, quando improvvisamente a qualche passo da me ap­
parve un vecchietto sorridente che si appoggiava ad un biondino adolescente,
energico e affascinante, come doveva essere l'amante di Psiche. Si fermarono
sotto l'albero accanto al mio, chiacchierando di due giovani agricoltori, di cui
uno, guidando il vomere dell'aratro, solcava la terra, l'altro dirigendo quattro
vigorosi buoi aiutati da due vigorosi cavalli che, avanzavano a passo lento e
cadenzato, tracciava lunghi e profondi solchi nel terreno. Di colpo il tiro ar­
ranca con sforzi vani, è bloccato come attanagliato da una mano invisibile.
Una sferzata lo sollecita, i lineamenti si tendono, ma invano. Buoi e cavalli
non ce la fanno ad avanzare. «Papà, disse il ragazzo, il carro si è senz' altro
impuntato su una roccia o sulla radice di una vecchia quercia, cos'altro po­
trebbe fermare un tiro così forte e coraggioso? - Certamente una pianta molto
fragile, rispose l'uomo, ma alla quale si è permesso mettere profonde radici;
guarda ai tuoi piedi, osserva questi umili ramoscelli coperti da graziosi fiorel­
lini rosa e papilionacei; non tendervi la mano, perché questi fiori sono ricoper­
ti di spine lunghe e crudeli; sono le radici di questo tipo, così deboli in appa­
renza, che ostacolano, come vedi, lo sforzo dei due uomini e del forte e
robusto tiro. Ma guarda, ecco che raddoppiando lo sforzo, l'ostacolo è scon­
fitto, la pianta è sradicata. Questa pianta, figlio mio, è l'ononide, detta anche
volgarmente arrestabue: con i suoi deliziosi fiorellini, le sue lunghe spine e le
radici profonde, è la sirena dei campi e il simbolo degli ostacoli che il vizio
oppone alla virtù. Spesso, similmente, il vizio ci attrae con allettanti forme,
e ci danneggia con invisibili catene. Per non esserne sconfitti, ricorda, figlio
mio, ci vuole una volontà di ferro; e genio e modestia non incontreranno osta­
coli. - Papà, disse il ragazzo, non dimenticherò mai l'esempio della tua espe­
rienza. Ogni giorno me ne ricorderò al levar del sole». Con queste parole,
l'uomo e il ragazzo si allontanarono, lasciando il mio cuore segnato dei loro

- 22 -
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MAI.
APRILE

discorsi. Quante volte poi, fragile e indecisa, in lotta con me stessa, ho ripen­
sato alle parole di quell'uomo: lA volontà non conosce ostacoli!

CAPRIFOGLIO
LEGAMI D'AMORE.

La fragilità piace al vigore, e spesso le dona fascino. Ho visto qualche volta


una piantina di caprifoglio intrecciare amorevolmente i teneri e delicati gambi
al tronco nodoso di una quercia secolare; si racconta che questo fragile arbo­
scello desiderasse, slanciandosi verso il cielo, sorpassare in altezza la regina
delle foreste; ma presto, percepita la vanità degli sforzi, lo si vedeva ripiegare
con grazia e circondare il tronco amico di delicate merlature e profumate ghir­
lande. Così l'amore si compiace di tanto in tanto di unire una timida pastorella
e un fiero guerriero. Triste Desdemona ! forza e coraggio ti hanno affascinata,
la fragilità ha legato il tuo cuore al temibile Otello; ma la gelosia ti colpirà al
cuore stesso di chi doveva proteggerti. Voluttuosa Cleopatra, soggiogavi il fie­
ro Antonio, e il fato non ha risparmiato né le tue grazie né la magnificenza del
tuo compagno. Trafitti dallo stesso colpo, insieme vi abbiamo visti crollare e
morire. E tu, umile e dolce La Vallière, l'amore per un grande re ha saggio­
gato il tuo fragile cuore e l'ha strappato alla purezza. Tenera liana, il vento
dell'incostanza ti privò presto del caro sostegno, ma tu non striscerai mai
per terra; il tuo nobile cuore, elevando i sentimenti al cielo, rivolgerà il suo
spirito al solo degno di un amore immortale.

ERBA MEDICA
VITA.

L'erba medica cresce a lungo sullo stesso terreno, ma quando l' abbando­
na, è per sempre. Ecco perché di certo è il simbolo della vita.
Nulla è più affascinante di un campo d'erba medica in fiore; si estende a
perdita d'occhio come un immenso tappeto verde screziato di viola. Cara al­
l' agricoltore, questa pianta offre un abbondante raccolto, senza richiedere al­
cuna cura. La si falcia, e rinasce. Alla sua vista, la giovenca gioisce; la pecorella
l'adora, delizia la capra e rallegra il cavallo. Cresce nei nostri climi, come un
dolce dono che viene dal cielo. La possediamo senza sforzi, ne gioiamo senza
attenzione, senza riconoscenza. Spesso la preferiamo ad un fiore che non ha
altro merito che un luccichio fugace. Così troppo spesso sfuggiamo la felicità
certa, per inseguire piaceri transitori che infine si sgretolano e fuggono via.

- 23 -
MAGGIO

MUGHETTO DI MAGGIO, GIGLIO DELLE CONVALLI


FELICITÀ RITROVATA.

n mughetto ama le gole delle vallate, l'ombra delle querce, le rive dei ru­
scelli; fin dai primi giorni di maggio, i suoi fiori d'avorio sbocciano, ed espan­
dono il loro profumo nell'aria. A questo segno l'usignolo lascia le siepi e i ce­
spugli, e va in cerca di una compagna nel cuore delle foreste, una solitudine,
una voce che sempre risponde al suo richiamo; guidato dal profumo del giglio
delle convalli, il piccolo uccellino sceglie subito il suo rifugio; ci si stabilisce,
ne allontana i rivali, e qui celebra, con canti melodiosi, la solitudine, l'amore e
il fiore che, ogni anno, gli annuncia il ritorno della felicità.

OLIVELLA
TUTELA.

«Perché, chiedeva una giovane madre al vecchio pastore del paese, non ha
piantato una siepe di spini invece che questa siepe di olivella fiorita che recinta
il giardino?» L'uomo le rispose: «quando proteggi tuo figlio da un gioco pe­
ricoloso, il diniego è addolcito dalle tue labbra con un tenero sorriso, il tuo
sguardo è una carezza; e, se si ammutolisce, la mano materna gli porge subito
un giocattolo che lo consola: così la siepe del pastore deve allontanare gli in­
vadenti, e offrire fiori anche a coloro che respinge».

ERICA COMUNE
SOLITUDINE.

I prati si copriranno sempre di fiori, le pianure di messi, le colline di pam­


pino verde, e le montagne di fitte foreste.

- 24 -
MAGGIO

Felici pastori ! Potete danzare fra i prati, coronarvi delle spighe di Cerere,
inebriarvi dei doni di Bacco, e riposarvi all'ombra delle foreste; voi potete,
perché tutto è gioia per chi è felice.
Io, guidata dal mio spirito malinconico, indirizzerei i miei passi verso quei
luoghi ameni, che l'umile erica, amante della solitudine, contende alle fatiche
degli uomini: qui, seduta all'ombra di una ginestra, mi immergerei nelle mie
malinconiche meditazioni, e presto mi verrebbero incontro da più parti, crea­
ture tristi, sofferenti, avvilite come me. La pernice cacciata dalla maggese che
ha appena perso la sua famiglia; la cerva inseguita dai cani; la lepre stremata; il
timido coniglio, timoroso sulle prime per il mio aspetto, si uniranno al mio
pianto; forse verranno ai miei piedi in cerca di protezione dalla passione degli
uomini per la caccia ! Anche le laboriose api mi circonderanno; e se strappassi
un solo stelo di erica alle loro solitudini, verrebbero a depositare sulle mie ma­
ni il miele che raccolgono, sì ! per gli altri più che per loro stesse. E i rumorosi
francolini dal canto squillante ! Scandiranno il tempo che fugge, senza lasciare
nella desolazione né tracce né rimpianti. Dolci colombelle ! teneri usignoli ! i
vostri singulti e sospiri sono diretti ai boschetti profumati; ma io non posso
più sognare alla loro ombra; la voce del deserto vi raggela; per me è invece
desiderabile: e al primo chiaro di luna, questa voce lugubre echeggerà nell'a­
ria. Sovrano della sua solitudine, il gufo uscirà dal tronco cavernoso di una
vecchia quercia, appollaiato sui rami che nascondono il suo regno di muschio,
i suoi suoni terrorizzano l'amante in pena che conta i minuti dell'assenza; fan­
no trasalire la madre che veglia il letto del figlio con la febbre: ma consolano
l'infelice che ha rimesso alla tomba tutto ciò che ha amato sulla terra . . .
Spesso questo canto lugubre ti desterà ! Sventurato Young ! Per parlarti
della morte e dell'eternità: spesso sveglia anche me; e se, diversamente da
te, non m'ispira versi sublimi, come a te m'ispira il distacco dal mondo e l'a­
more per la solitudine.

NARCISO
EGOISMO.

li narciso dei poeti emana un dolce profumo; indossa una corona d'oro al
centro di un ampio fiore, sempre bianco come l'avorio, e leggermente inclina­
to: questo fiore cresce naturalmente nei nostri climi; ama l'ombra e la fre­
schezza delle acque.
Secondo la leggenda un giovane pastore fu mutato da Amore in questo
fiore perché volle punirlo per l'indifferenza corrisposta ad un innamoramento

- 25 -
PRIMAVERA

fatale. Mille ninfe amarono lo splendido Narciso, e conobbero il supplizio di


amare senza essere corrisposte. Eco, l'infelicissima Eco, fu sdegnata da que­
st'ingrato; era bella allora, ma la sua bellezza fu consunta dal dolore e dalla
vergogna: un'impressionante magrezza ridusse il suo corpo; gli dei furono
mossi da pietà; mutarono le sue ossa in pietra, ma non poterono consolare l'a­
nima, che gemeva ancora fra gli anfratti, dove tante volte aveva seguito l'uomo
che non aveva potuto amare.
Stremato dalla caccia e dal sole che seccava la terra, il bel Narciso si ri­
posò un giorno su un tappeto d'erba sulla sponda di una fonte le cui limpi­
de acque non erano mai state torbide: il pastore, attirato dalla frescura, volle
dissetarsi; si sporse verso il cristallo terso di questo perfido specchio d'ac­
qua; scorse sé stesso, si ammirò, e vinto dalla bellezza della sua stessa imma­
gine, con gli occhi fissi su questo riflesso, rimase impietrito, da sembrare una
statua deposta sulla riva. Amore, che punisce i cuori ribelli, abbellì quell'im­
magine di tutto il fascino che ispirava; dopo ne rise di un così ridicolo equi­
voco, abbandonando la sua vittima al delirio che l'avrebbe consumato. Eco,
sola, fu testimone della sua agonia, del suo pianto, dei suoi sospiri, del vano
amore che rimandava a sé stesso. Ancora sensibile, la ninfa rispose al tor­
mento benché non le fosse rivolto, rendendogli l'ultimo addio; anche spe­
gnendosi l'infelice cercò sul fondo delle acque l'equivoco che l'aveva vinto
d'ammirazione; si narra anche, che sceso negli inferi, fu rifiutato e mandato
alle acque tenebrose dello Styx , dalle cui sponde nessuno può staccarsi. Le
Naiadi, sue sorelle, piansero la sua perdita, e coprirono il corpo dei loro lun­
ghi capelli; pregando le Driadi d'innalzare una pira per i funerali. Eco si unì
alle ninfe, e unì al loro pianto una voce disperata. La pira fu innalzata, ma il
corpo che avrebbe dovuto cremare non c'era più; si trovò al suo posto un
fiore pallido e malinconico, piegato sulla sponda della fonte come Narciso
su quella dello Styx.
Da allora, le Eumenidi adornano le loro terribili fronti con una corona di
questi fiori che loro stesse hanno consacrato all'egoismo, di tutti i furori il più
triste e funesto.

TIGLIO
AMoRE CONIUGALE.

Baud fu mutato in tiglio. li tiglio è simbolo dell'amore coniugale. Dando


un'occhiata alle piante consacrate dalla mitologia del mondo classico, non si
può non meravigliarsi dell'esattezza con cui si è saputo accostare le qualità

- 26 -
MAGGIO

delle piante a quelle dell'eroe che dovevano rappresentare. La bellezza, la gra­


zia, la semplicità, una dolcezza infinita, un lusso innocente, queste saranno nei
secoli le caratteristiche e le peculiarità di una giovane sposa. Tutte qualità che
si trovano riunite nel tiglio che, ogni primavera, si ammanta d'un verde tene­
ro, espande deliziosi profumi, offre alle giovani api il miele dei suoi fiori, e alle
madri i suoi flessibili rami con cui realizzare graziosi oggetti. Tutto è d'utilità
in questo bellissimo albero: si beve l'infuso dei suoi fiori, si lavora la sua cor­
teccia, se ne realizza delle tele, delle corde e dei cappelli. I greci ne facevano
della carta fatta di liste come quella del papiro. Ho visto della carta realizzata
con questa corteccia fabbricata alla nostra maniera, che poteva essere scam­
biata per raso bianco. Riuscirò a descrivere gli effetti incantevoli del fogliame,
quando ancora fresco lo si vede mollemente agitato dal vento che crea volte, e
verdi caverne? Si direbbe che queste giovani foglie siano state tagliate su una
stoffa più soffice, più luminosa e più morbida della seta, di cui hanno i ma­
gnifici riflessi. Non si finisce mai di contemplare l'ampia ombra; si vorrebbe
sempre riposare al suo riparo, ascoltare il suo fruscio, respirare i suoi profumi.
n castagno imponente, l'acacia leggera hanno conteso per un attimo al tiglio il
posto fra le strade e i viali pubblici; ma niente potrebbe sostituirlo. Sarà sem­
pre il decoro dei giardini nobiliari e il benefattore del povero cui dona stoffe,
mobili e scarpe;
Ombra, d'estate; i piaceri del focolare, d'inverno.

Sarà d'esempio per le spose rammentando che Baud fu loro modello.

Bauci mutò in tiglio, Filemone mutò in quercia;


Tuttora si rende loro omaggio, per meritare
L'amore coniugale che le nozze fecero loro gustare.
Si incurvano sotto il peso delle offerte senza nome,
Gli sposi quasi si fermano sotto la loro protezione,
15
Si amano vecchi entrambi, malgrado il peso degli anni.

FRAGOLE
BONTÀ ESEMPLARE.

Uno dei nostri più celebri scrittori concepì il progetto di scrivere una sto­
ria generale della natura, emulando opere classiche e moderne. Ma una frago-

1 5 LA FONTAINE, Philémon et Baucis.

- 27
PRIMAVERA

la, che per caso era cresciuta sulla sua finestra, lo fece desistere da un disegno
tanto vasto; osservò la fragola, e colte le infinite meraviglie, capì che una sola
pianta e le piccole creature che la abitano possono da sole riempire la vita di
più saggi. Abbandonò dunque il suo progetto e rinunciò all'ambizioso titolo
della sua opera, che più modestamente intitolò Études de la nature. È in que­
sto libro, degno di Plinio e Platone, che bisognerebbe imparare il piacere del­
l' osservazione sulle cose, della buona letteratura, e qui soprattutto leggere la
storia della fragola. Quest'umile piantina cresce al limitare dei boschi e li co­
pre di quei frutti deliziosi che appartengono a chiunque voglia raccoglierli. È
un dono generoso che la natura ha sottratto al diritto esclusivo della proprietà,
e che si compiace di offrire parimenti a tutti i suoi figli. I fiori della fragola
formano dei graziosissimi bouquet; ma quale mano barbara oserebbe racco­
glierli, sottraendo i loro frutti alla mano che, in futuro, li raccoglierà? Soprat­
tutto fra i ghiacciai delle Alpi questi frutti si trovano in tutte le stagioni. Quan­
do il viaggiatore, arso dal sole, stanco di scarpinare su queste rocce vecchie
come il mondo, nel cuore di queste foreste di larici per metà incurvati sotto
il peso delle valanghe, cerca vanamente un capanno dove riposarsi, una fonte
per rinfrescarsi, vede improvvisamente spuntare, fra le rocce, un esercito di
giovani donne che avanzano con ceste colme di fragole profumate; appaiono
su tutte le alture, in fondo ad ogni precipizio. Sembra che ogni roccia, ogni
albero sia protetto da una di queste ninfe che il Tasso immaginava sull a porta
del giardino di Armida. Seducenti e meno pericolose, le contadine svizzere,
offrendo le loro ceste al viaggiatore, lungi dall'arrestare il suo cammino, ritem­
prano le sue forze perché si allontani.
Lo studioso Linneo fu guarito dai frequenti attacchi di gotta con cure a
base di fragole. Spesso questo frutto ha restituito la salute a pazienti abban­
donati da tutti i medici. Si possono preparare mille deliziosi sorbetti, che ar­
ricchiscono le tavole più imbandite, e sono il lusso di ogni pasto campestre.
Dappertutto queste bacche odorose, che contendono freschezza e profumo
al bocciolo della più bella fra i fiori, rallegrano i sensi. Ciononostante alcuni
molto distratti non apprezzano le fragole, e si perdono alla vista di una rosa.
Bisogna meravigliarsene, come quando si vede della gente impallidire al rac­
conto di una buona azione, come se la ricerca della generosità fosse un insul­
to? Fortunatamente questi episodi non tolgono niente al gesto disinteressato
di una buona azione, alla bellezza di una rosa, né alla bontà esemplare del
più attraente fra i frutti.

- 28 -
MAGGIO

TIMO
VITALITÀ.

Insetti di tutte le forme, scarabei di tutti i colori, api operaie, farfalle leg­
gere, circondano senza posa i ciuffi fioriti del timo. Forse quest'umile piantina
appare a questi leggeri abitanti dell'aria, che non vivono che una primavera,
come un immenso albero antico quanto la terra, coperto di foglie sempreverdi
su cui i fiori troneggiano come superbe anfore, colme di miele a loro uso.
I greci consideravano il timo simbolo della vitalità; di certo, avevano osser­
vato come il suo profumo, sollecitasse la mente, e fosse benefico per gli anzia­
ni cui restituiva forze, agilità e grinta.
La vitalità è una qualità battagliera associata da sempre al vero coraggio. È
per questo che un tempo le dame ricamavano spesso, sul mantello dei loro cava­
lieri, un'ape che ronzava intorno ad un ramo di timo. Questo doppio simbolo
aggiungeva che colui che l'aveva adottato avrebbe messo dolcezza in ogni azione.

VALERIANA ROSSA
MITEZZA.

La valeriana dai fiori rossi delle Alpi cresce nuovamente nei nostri giardi­
ni. TI suo manto è splendente, ma sempre un po' scomposto. Questa figlia del­
le montagne mantiene fra i fiori coltivati un portamento rustico che le confe­
risce un'aria disarmonica facendola apparire fuori posto; ciononostante questa
bellezza goffa deve la sua fortuna ai suoi meriti; la radice è eccellente contro la
maggior parte delle malattie che provocano debolezza; il suo infuso aguzza la
vista, riaccende lo spirito, allontana la malinconia; fiorisce quasi tutto l'anno;
la coltivazione la impreziosisce, ma non dimentica mai la sua origine campe­
stre, e la si vede preferire alle aiuole i fianchi di un'arida collina, o la cima di
uno scalcinato muro. Le valeriane dei boschi e dei prati hanno le stesse virtù e
qualità della valeriana rossa; ma la mano del giardiniere la trascura, perché
manca della docilità che caratterizza quella delle Alpi.

- 29 -
ESTATE
GIUGNO

LE ROSE

Chi mai in grado di comporre versi non ha elogiato la bellezza della rosa?
I poeti non sono riusciti ad accrescerne la grazia, né ad esaurirne l'elogio;
l'hanno soprannominata, a ragione, figlia del cielo, gioia della terra, gloria
della primavera; ma quale espressione ha mai reso il fascino di questo fiore,
l'effetto voluttuoso d'insieme e la grazia divina? Quando sboccia, l'occhio se­
gue estasiato gli armoniosi contorni. Ma come descrivere le porzioni sferiche
che la compongono, le sfumature seducenti che la colorano, il dolce profumo
che esala? Eccola, in primavera, ergersi fra l'elegante fogliame, circondata dai
numerosi boccioli; si direbbe che la regina dei fiori si crogioli al soffio d'aria
che la dondola, che si adorni delle gocce di rugiada che la bagnano, che sor­
rida ai raggi del sole che la sfiorano; si direbbe che la natura si sia prodigata
per fornirle a gara freschezza, bellezza delle forme, profumo, vivacità e gra­
zia. La rosa impreziosisce tutta la terra: ed è la più comune fra i fiori. TI gior­
no in cui la sua bellezza raggiunge il culmine, la si vede sfiorire; ma ogni pri­
mavera rinasce fresca e rinnovata. Molti poeti l'hanno cantata, ma non è
sfiorito il suo elogio, e basta il nome per ringiovanire le loro opere. Emblema
di tutte le età, interprete di tutti i sentimenti, la rosa si unisce alle nostre ce­
rimonie, alle nostre gioie, ai nostri dolori. La spensierata allegria se ne coro­
na, il casto pudore prende in prestito il dolce incarnato; le si paragona la bel­
lezza, la si dona come premio alla purezza, è l'immagine della giovinezza,
dell'innocenza, e del piacere; appartiene a Venere, e, rivale della bellezza
stessa, la rosa possiede come lei, la grazia affascinante ancora più che la bel­
lezza stessa.
Anacreonte, poeta degli amori, ha celebrato la rosa, e per elogiarla ade­
guatamente, è sufficiente citarne i versi.

Dei fiori canto la più bella,


La rosa, che di primavera è tesor;
Taide, alla mia canzone novella

- 33 -
ESTATE

La tua voce unisci e il suo chiaror.


Degli umani la folla affascinata
Ammira quest'offerta ricercata,
E degli dei la brezza pura
Dei suoi odori è profumata.
Nella stagione degli amori,
Delle grazie la schiera ridente,
Per tessere i ghirigori,
Va a raccogliere la rosa nascente;
Venere, ruba i suoi colori,
Per sembrar più affascinante;
La rosa è cara alle dotte sorelle,
E il poeta felice ne è cantante;
Nel cespuglio, per cogliere,
La mano scivola e sfida la spina;
Com'è dolce allora cogliere
Dell'amore la gemma porporina,
E in un attimo di splendore
Assaporare l'essenza divina !
Delle feste l a rosa è l'onore,
E in questi giorni in cui ogni bevitore
A Bacco eleva l'animo intero;
A lui, il lume è meno caro
Che quest' amabil fiore.
Senza rosa, che si può fare?
Dei saggi che Apollo adora
Leggete le parole armoniose;
Lei tinge le dita all'Aurora;
Delle ninfe le braccia graziose
Le devono il chiarore che le decora,
E del più tenero delle sfumature radiose
Venere intera si colora.
Spesso per i nostri mali il suo pudore
È stato utile al Dio Epidauro,
E le sue ghirlande sono ancora
Ai morti l'ultimo favore.
Se pure il tempo le fa affronto,
n bosco della rosa è ancora ornato,
E, fino al suo ultimo momento,
n profumo della gioventù viene esalato.
Ma come, è giusto che sia narrato
La terra partorì questo bel risultato?
Mentre scivolava sulla schiuma,

- 34 -
GIUGNO

Emerse dalla valle commossa dell'onda


Di Cipro l'incomparabile regina
Afrodite, arrossendo d'esser nuda;
Quando, dalla mente del creato
Terribile e esalante guerra,
Si slanciò la dea altera
Gli dei per il suo aspetto hanno vacillato;
Cibele, a questo duplice portento,
Non oppose, per incantare lo sguardo,
Che un bocciolo e il suo giovane gambo.
L'Olimpo contemplandolo sorrise
E sulla pianta sparse
Nettare della dolce rugiada;
Dai profumi del cielo annaffiata,
All 'improvviso, fresca e maestosa,
Comparve, sulla fronda spinosa,
1
La rosa che Bacco elesse.

UNA FOGLIA DI ROSA


MAI INOPPORTUNA.

Ad Amadan si trovava un'accademia il cui statuto era formtÙato in questi


termini: «Gli accademici penseranno poco, scriveranno poco, e parleranno
ancora meno». n dottor Zeb, conosciuto in tutto l'oriente, venne a conoscenza
dell'eventualità che si fosse liberato un posto in accademia: e accorse per at­
tenerlo; purtroppo arrivò tardi. L'accademia se ne rammaricò: aveva concesso
al potere ciò che atteneva al merito. n presidente, non sapendo come recupe­
rare un rifiuto che imbarazzava l'intera assemblea, si fece portare una coppa
che riempì d'acqua fino all'orlo, solo una goccia in più l'avrebbe fatta traboc­
care. Lo studioso comprese, con questo segno simbolico, che non c'era più
posto per lui. Si ritirò avvilito, quando scorse un petalo di rosa ai suoi piedi.
Alla sua vista, si fece coraggio; lo raccolse, e lo pose così delicatamente sull ' ac­
qua contenuta nella coppa, che neanche una goccia ne fuoriuscì. L'ingegnosa
trovata ricevette il plauso di tutti i presenti, e il dottore fu ammesso, per ac­
clamazione, fra i membri degli accademici silenziosi.

l Anacreonte, traduzione di M. de Saint·Victor.

- 35 -
ESTATE

Origine delle Rosières

CORONA DI ROSE
RICOMPENSA PER LA VIRTÙ .

San Medardo, vescovo di Noyon, nato a Salency, da famiglia illustre, isti­


tuì, dove nacque, il premio più toccante che la pietà abbia mai offerto alla vir­
tù. n premio consisteva in una semplice corona di rose; ma, per riceverlo, bi­
sognava che le concorrenti, le ragazze del villaggio, all'unanimità eleggessero,
la più semplice, la più modesta e la più saggia. La stessa sorella di san Menar­
do fu eletta fra 532 , con coro unanime, prima rosière di Salency: ricevette la
corona direttamente dalle mani del fondatore, e la consegnò, come esempio
delle sue virtù, alle amiche d'infanzia. I secoli che hanno rovesciato regni,
che hanno spezzato lo scettro di tanti re, hanno rispettato la corona di Salen­
cy: è passata di protettore in protettore sul capo dell'innocenza; possa poter
incoronare per sempre, e donare felicità a chi la meriterà ! Quando M. de Fon­
tanes, un poeta, cantò in versi i verzieri, scrisse:
Purtroppo ! bella rosière,
Altri doteranno la dimora,
Non ho né una cascina, né un armento,
Ma di una rosa posso adornarti il cappello.

ROSA BORRACCINA
AMoRE, vowrrÀ .

Osservando la rosa borraccina con le spine, senza punta, e il calice cir­


condato da un verde tenero e delicato, si direbbe che la voluttà abbia con­
teso questo fiore all'amore. Ma dame de Genlis raccontava che al ritorno
dall'Inghilterra, tutta Parigi le fece visita per ammirare il primo roseto di
questa varietà. Ma, Madame de Genlis era già celebre, e il roseto non era
che il pretesto della folla per incontrarla: la modestia la fece incorrere nel­
l' errore; anche perché, questo roseto, originario della Provenza, è noto da
parecchi secoli.

- 36 -
GIUGNO

UN MAZZO DI ROSE SBOCCIATE


FATE DEL BENE.

Questi fiori sembra che invitino i potenti a fare del bene: la riconoscenza è
più dolce del loro profumo, e la stagione del potere è spesso più breve della
loro bellezza.

UNA ROSA BIANCA E UNA ROSSA


PENE o ' AMORE.

TI poeta Bonnefons inviò, al suo amore, due rose, una bianca e l'altra dal più
vivido aspetto: la bianca, per indicare il chiarore della pelle, e la rossa per simbo­
leggiare il fuoco del suo cuore; al bouquet aggiunse anche questi quattro versi:
Per te, Dafne, questi fiori schiusi leggermente;
L'una bianca, vedi, l'altra vivamente
Splende: l'una dipinge il mio pallore,
L'altra la mia passione: insieme il mio dolore.

UN ROSETO FRA UN CIUFFO D'ERBA.


C'È SOLO DA GUADAGNARE A STARE IN
BUONA COMPAGNIA.

Un giorno, raccontava il poeta Sadi, vidi un roseto circondato da un ciuffo


d'erba. «Cosa ! Gridai, una vile piantina insieme a delle rose? Stavo per affer­
rare l'erba, quando mi disse umilmente: risparmiami, non sono una rosa, è ve­
ro, ma perlomeno dal mio profumo posso dire di aver vissuto con le rose».

FILOSOFIA DELLE ROSE

Per arricchire le lezioni di saggezza, spesso le muse hanno preso in prestito


agli amori una rosa. Questi splendidi fiori, emblema del piacere, hanno però
breve durata.
Si può dire della bellezza ciò che Malherbe diceva d'una fanciulla:
Apparteneva a questo mondo dove le più belle cose
Ricevono avverso destino;
E da rosa visse come le rose,
Lo spazio di un mattino.

- 37
ESTATE

n celebre Roman de la Rose, che deliziò la corte di Filippo il Bello, sembra


non sia stato scritto che per mettere in guardia dal dar retta ad un seduttore.
Ecco la trama del libro, un amante appassionato, che si strugge e si dibat­
te, per possedere una rosa. Ma questo amante così tenero, che non trova nien­
te di pari alla rosa che adora, non può prima godere del suo dolce profumo,
così la sdegna e l'abbandona.
Questo romanzo in versi fu composto da Guillome de Lorris, e comple­
tato da J ean de Meung quarant'anni dopo.

Adorata rosa ! al levarsi dell'aurora


Uno sciame di zefiri ti sorvola;
Ciascuno giura che ti adora,
E con fedeltà eterna ti consola.
Ma il sole, coricandosi fra le onde,
Vede mutar in spregio il dolce amore:
E schiere ingrate e vagabonde
Senza pensiero fuggono col tuo colore. 2

Amata gemma appena esplosa


Diffida di Cupido;
Rimpiangerà il bocciolo
Quando consumerà la rosa. 3

n pudore deve proteggere la purezza come la spina protegge la rosa 4

Giovane Egle, vuoi della rosa


Conservare a lungo la freschezza?
Sappi che in questo dolce fiore
La natura ha saputo annodare
Una foglia per celare
5
Una spina per salvaguardare.

L'adulto che parla d'amore ad una ragazza, è come il vento d'autunno che
lascia appassire la rosa senza farla sbocciare (P.) .

2 Les Amours de Leucippe.


3 Hoffman.
4 V.]. Rosati.
s Constant Dubos.

- 38 -
GIUGNO

Una ragazza è il bocciolo ridente


Della rosa che sboccerà;
n suo boccio per Flora è da amare,
E una spina la proteggerà.
L'aculeo punge, assassina
n vecchio che vuole carpire;
Ma se è un giovane a venire,
n bocciolo s'apre e non più spina. 6

Tu, la cui gloria è molto bella,


Sei del gentil sesso delicato fiore,
Sia la rosa tua modella,
n suo chiarore viene dal pudore.

Quest'ornamento della natura


Sta celato sotto un arboscello,
E, per proteggere la sua bellezza pura,
Arma di spine il suo cancello.

Ricca dei regali dell'aurora,


Vuoi celarsi al dio del giorno,
Meno la si guarda, e più la si onora:
7
La saggezza infiamma l'amor.

Rosa, in chi vedo apparire


Un chiarore così vibrante e mite,
Morirai presto; e staremo a sentire
Morirò prima di te:
La morte, che sfugge la mia anima,
Può raggiungermi con sgomento.
Morirai un giorno senza tema,
E io forse in un momento. 8

Smindride, della città di Sibari, un giorno lamentava che la grinza di una


foglia di rosa gli aveva impedito di riposare. Per questo il filosofo Aristippe,
respirando un giorno il profumo di una rosa, gridò: «Dannati siano gli scioc­
chi che hanno screditato sensazioni così soavi».

6 Guillemain.
7 De Leyre.
B Abate di La Chassaigne.

- 39 -
ESTATE

Oggetto d'amore e di filosofia, diceva Bernardin de Saint-Pierre, ecco la


rosa, che affiora dalle fessure di una roccia umida, brilla di verde proprio, e
zefiro la mantiene in equilibrio sul gambo ricoperto di spine, l'aurora la riem­
pie delle sue lacrime, e richiama, col suo profumo e col suo splendore, la ma­
no degli amanti. Talvolta una cantaride, annidata nella sua corolla, esalta il
carminio col suo verde smeraldo; è allora che questo fiore sembra dirci che,
simbolo di piacere per fascino e fugacità, porta in sé il rischio in superficie
e il rimpianto nel cuore.

- 40 -
LUGLIO

ARTEMISIA
BEATITUDINE.

Incantevole fiore, non ho affatto dimenticato che hai protetto la mia infan­
zia; non ho affatto dimenticato quei giorni felici quando la mia nutrice, la vi­
gilia di San Giovanni, intrecciava, in segreto, i miei capelli biondi con una co­
rona di artemisia. E abbracciandomi mi diceva: «Cara piccolina, eccoti
protetta, con cura, da tutte le paure, da tutti i crucci degli spiriti maligni e dal­
la cattiveria degli uomini». Rispondevo con tenere carezze alle sue attente pre­
mure; il mio giovane cuore si apriva alla fiducia; gli spiriti e la cattiveria erano
per me la stessa cosa; ne avevo paura senza conoscerli. Ah ! Potessi oggi, an­
cora, indossare quella ghirlanda di fiori, e con un'innocente superstizione
sconfiggere le avversità della vita !
Che non si pensi però che l'Artemisia sia una pianta senza utilità, senza
virtù: riporto qui, in suo onore, ciò che ne scriveva Plinio, con la traduzione
del vecchio Antoine du Pinet:
«L'onore di scegliere il nome delle erbe non appartiene solo agli uomini,
anche le donne ne sono affascinate, e hanno fatto la loro parte, infatti la regina
Artémisia, moglie del ricco Mausoulus, re della Caria, s'industriò tanto, che
battezzò col suo nome l'artemisia, che, d' all0r-. in avanti è stata battezzata par­
thenis. Tuttavia, ci sono varietà che hanno il n.Jme di arthemisia non grazie ad
Artémisia, ma per via della dea Artémis Illithya, 9 del resto quest'erba è parti­
colarmente cara alle donne». In effetti, lppocrate, Dioscoride, Galeno, Zacu­
tus Lusinatus, e un esimio professore dei nostri giorni, 10 così come il celebre
Alibert, hanno a loro volta esaltato le qualità dell'artemisia.
Incantevole pianta, quando, piena di fiducia nelle tue soprannaturali virtù,
credevo potessi proteggermi da ogni tipo di sofferenza, ignoravo che un tem-

9 Diana.
1 0 Gilibert.

- 41 -
ESTATE

po una regina avesse conteso ad una dea la gloria di donarti il suo nome. Non
sapevo che gli antichi sapienti, e gli studiosi d'oggi si occupassero delle tue
virtù benefiche; ma queste superflue scoperte non hanno aggiunto niente alla
mia riconoscenza. Se, un giorno in campagna mi smarrissi, e t'incontrassi, il
mio cuore batterebbe all'impazzata, e i miei occhi si riempirebbero di lacrime;
pensando alla mia infanzia felice, ai fuochi di San Giovanni, alla mia cara nu­
trice, alle ghirlande di fiori che sospendeva sul mio destino acerbo. Dolci ri­
cordi, ti devo ancora un istante di felicità.

GELSOMINO BIANCO COMUNE


AMABILITÀ.

Ci sono persone dotate di un carattere positivo, che sembrano essere state


messe al mondo per stare in società: hanno, nei modi, tanta spontaneità e na­
turalezza, che si adattano a tutte le posizioni, che si adeguano a tutti i gusti e
valorizzano ogni carattere; sono così cortesi, che ascoltano comunque con in­
teresse qualsiasi cosa si dica, dimentiche di sé per compiacere; non adulano
nessuno, non offendono mai: il loro merito è un vero dono, come quello d'un
viso grazioso; piacciono, in una parola, perché la natura le ha volute amabili.
n gelsomino sembra stato creato per essere espressamente il simbolo del­
l'amabilità. Quando, all'incirca nel 1560, gli esploratori spagnoli lo importaro­
no dall'India, se ne ammirava la flessuosità dei rami, la luce delicata dei fiori
stellati; e si credeva che per curare una pianta così leggiadra e fragile, servisse
riporla in serra calda; sembrò acclimatarsi: si provò negli aranceti e crebbe a
meraviglia; la si piantò in piena terra, come oggi, senza ricevere alcuna cura, e
superò i più rigidi inverni. Ovunque si vede l'amabile gelsomino tendere i suoi
rami a nostro piacimento; li stende fra gli steccati, li intreccia ai pergolati, li
allunga fra i boschi, li tiene fra i cespugli, e spesso li spiega in verdi tappeti
lungo le terrazze e le muraglie. Altre volte pure, obbediente ai capricci e alle
forbici del giardiniere, alza, un sottile rametto, una testa arrotondata, simile a
quella di un giovane arancio; sotto ogni forma, offre una fioritura che profu­
ma, rinfresca e purifica l'aria dei boschetti: questi fiori delicati e attraenti of­
frono alla leggiadra farfalla delle coppe degne di lei, e alle diligenti api un
miele squisito, abbondante e profumato. I pastori innamorati uniscono il
gelsomino e le rose per impreziosire il dorso delle loro donne; e spesso questo
semplice mazzetto, intrecciato a ghirlanda, corona la fronte della principessa.
Si dice che il gelsomino, prima di arrivare in Francia, si trovasse in Italia: un
duca della Toscana fu il primo a possederlo; tormentato da una gelosia mor-

- 42 -
LUGLIO

bosa, questo bizzarro duca volle gioire da solo del suo affascinante tesoro; e
impedì al giardiniere di donare un solo rametto, un solo fiore. n giardiniere
sarebbe rimasto fedele, se non avesse incontrato l'amore; il giorno di festa
in onore della sua donna, le donò un mazzo di fiori; e, per renderlo ancora
più prezioso, lo intrecciò con un ramo di gelsomino. La ragazza, per conser­
varne la freschezza lo ripose nella terra fresca; il ramo restò verde tutto l'anno,
e, la primavera seguente, lo ammirarono crescere e fiorire. La ragazza che ave­
va ricevuto delle nozioni dal fidanzato, lo coltivò; e lo moltiplicò con le sue
mani. Era povera, e lui certo non ricco: una madre prudente impediva che
unissero le loro miserie; ma l'amore aveva compiuto il miracolo, la ragazza
seppe approfittarne: decise di vendere i suoi gelsomini, andarono a ruba tanto
che racimolò un piccolo tesoro, da arricchirsene. Le ragazze toscane, per con­
servare il ricordo di questa avventura, portano, il giorno delle nozze, un bou­
quet di gelsomino, e hanno un proverbio che recita, se una ragazza merita di
portare questo bouquet, è ricca da poter fare la ricchezza del marito. Mi piace
pensare che il gelsomino francese discenda da quello che fu felicemente col­
tivato dalle mani dell'amore.

GAROFANO DEI FIORISTI


AMORE VIVO E PURO.

Dolce garofano, il tuo alito


Estasia e rapisce i miei sensi;
Sei tu che riempi il prato
Di profumi soavi e intensi.
Gli alcolati che esalano
Dalla rosa fresca del mattino,
Per me sono incantevoli,
Ma la tua fragranza leggera e pura
È un incenso che la natura
1 1
Alza in tributo ai cieli.

n garofano originario è semplice, rosso e profumato. La coltivazione ne ha


raddoppiato i petali e moltiplicato la gamma di colori all ' infinito. Questi gra­
ziosi fiori si tingono di mille sfumature, dal rosa tenero fino al perfetto bianco,
e dal rosso scuro al colore squill ante del fuoco. Si percepiscono pure sullo

11 M. CoNSTANT Duaos, Les Fleurs, idilli.

- 43
ESTATE

stesso fiore due di questi colori che si urtano, si contrappongono e si confon­


dono. TI bianco puro è punteggiato di porpora, e il rosa è screziato di un rosso
vivo e brillante. Comunemente si vedono anche questi splendidi fiori chiazza­
ti, tigrati, e altre volte nettamente rigati, così che l'occhio amm aliato crede di
percepire nello stesso calice un fiore di porpora e uno d'alabastro. Quasi
ugualmente vari nella forma come nel colore, il garofano schiude i suoi bellis­
simi fiori a ciuffetti, a coccarda, a pompon, e altre volte ancora prendono in
prestito la forma e il colore della rosa; ma sempre conserva il suo delicato pro­
fumo, e tende a spogliarsi dell'esotica toilette per rimettere i suoi semplici
fronzoli. Del resto persino la mano del giardiniere, che può raddoppiare, tri­
plicare, screziare e variare il suo manto, non saprà renderlo costante. Così la
natura ha posto nel nostro cuore il seme più genuino del sentimento. L'arte e
la società progredendo, e coltivando questo germe, l'abbelliscono, l'indeboli­
scono o l'esaltano. Cento cause insieme possono produrre effetti in costanti e
variabili; ma malgrado i capricci, gli errori e gli scherzi incomprensibili del
cuore umano, la natura dirige sempre l'amore allo scopo originario. La Rou­
chefoucauld scrisse: «il vero amore è come l'apparizione dei fantasmi, tutti ne
parlano, ma in pochi li hanno visti». Cosa mai intendeva questo avvilente mo­
ralista per vero amore? Vuole far credere che il vero amore sia una chimera?
No, il vero amore alberga in tutti i cuori; ma
Ho visto l'amore ritratto in ogni stato;
Vecchio, crudele, e irato;
Dolce, infantile, cieco, denudato:
Ognuno lo ferma come l'ha celebrato
Generoso o sleale.
Ma per meglio in vero definirne la forza vitale,
Ciascuno modella col suo cervello
Un Dio d'amore proprio e novello,
E negl'intendimenti son passati,
12
Amori pari ai tipi degli innamorati.

Fu il buon Renato d'Angiò, Enrico IV d i Provenza, che, per primo, ha


arricchito i giardini con garofani e rose rosse, a lui si deve anche l'uva mosca­
ta. Questo re, che amava i giardini, la pittura e le lettere, è l'autore di un'opera
molto rara e interessante, che s'intitola: Queste de très-douce merci au cceur
d'amour.

12 An toine Heroet.

- 44 -
LUGLIO

VERBENA
ESTASI .

Vorrei che i botanici aggiungessero una qualità morale a tutte le piante


che descrivono: redigerebbero così una sorta di dizionario universale, compre­
so da tutti i popoli, e eterno quanto il mondo, poiché ogni primavera lo fa
rinascere, senza alterarne il carattere. Gli altari del grande Giove sono stati
distrutti; le foreste, testimoni dei misteri dei druidi, non esistono più; le pira­
midi d'Egitto spariranno un giorno, seppellite come la Sfinge sotto la sabbia
del deserto; ma sempre il loto e l'acanto fioriranno sulle sponde del N ilo, sem­
pre il vischio crescerà sulla quercia, e la verbena sulle aride colline.
Un tempo la verbena serviva per diversi tipi di divinazione; le si attribui­
vano mille proprietà, fra le altre quella di riconciliare i nemici; difatti tutte le
volte che i romani inviavano gli araldi militari a portare alle nazioni la pace o la
guerra, uno di loro era portatore di verbena. I druidi nutrivano per questa
pianta una grande venerazione; prima di raccoglierla, celebravano un sacrifi­
cio alla Terra.
Così i maghi, in adorazione del sole, tenevano nelle loro mani dei rami di
verbena. Venere vittoriosa portava una corona di mirto intrecciata con la ver­
bena, e i tedeschi donano ancora oggi una ghirlanda di verbena ai novelli sposi,
per porli sotto la protezione di questa dea. 1 3 Nel nord delle nostre province, i
pastori raccolgono questa pianta sacra, con cerimonie e frasi soltanto a loro no­
te. Ne spremono il succo in base a determinate fasi lunari. E li si vede, medici e
stregoni del villaggio, guarire uno dopo l'altro i loro padroni e da loro farsi te­
mere; poiché, se in grado di alleviare il dolore, possono, con gli stessi mezzi,
gettare un maleficio sulle greggi o sul cuore delle ragazze. Assicurano che la
verbena dà loro questo potere, soprattutto quando sono giovani e belli. È evi­
dente che la verbena è ancora, come un tempo, l'erba degli incantesimi.

LOGLIO
VIZIO .

li Loglio è l'emblema del vizio; il suo gambo è simile a quello del frumento,
cresce insieme alle migliori messi. La mano dell'agricoltore, sapiente e abile,
estirpa quest'erba infestante con attenzione per non confonderla con il grano

13 BoucHET, Les Sérées, t. I, p. 1 80 bis.

- 45
ESTATE

buono. Così un saggio maestro deve essere paziente per sradicare le inclinazio­
ni malvagie che nascono in un cuore giovane. Ma deve temere di soffocare i
germi della virtù, sradicando quelli del vizio. La madre di Duguesclin si dispe­
rava vedendo sempre il figlio rientrare ogni giorno al castello sudicio, impolve­
rato e ferito; un mattino, decise di punirlo; ma una donna saggia le disse:
«Guardati dal punirlo, verrà il giorno in cui gli stessi difetti che non tolleri fa­
ranno la gloria della sua famiglia e il rispetto del suo paese». Per una madre che
commette un errore, molte altre si adoperano per coltivare il loglio nel cuore
dei figli, e non si rendono conto che ha messo le radici al tempo della mietitura !

MALVA VISCHIO
BENEFICENZA.

Simbolo della beneficenza, la malva vischio è alleata della povera gente.


Cresce spontaneamente lungo il ruscello che la disseta, e intorno alla capanna
che abita; ma si presta ad essere coltivata, e qualche volta si vedono i suoi steli
confondersi fra i fiori dei giardini. Non è né amara, né ruvida, il suo aspetto è
attraente e delicato; i fiori, d'un rosa delizioso, si armonizzano alle foglie e ai
gambi, pure ricoperti da una peluria argentea e sericea. Colpisce parimenti
per la delicatezza l'occhio che la guarda e la mano che la sfiora. I suoi fiori,
i suoi steli, le sue foglie, la sua radice, tutto in lei è benefico. Si producono
con il suo succo, sciroppi, pastiglie, paste eccellenti sia nel gusto che per la
salute. li viaggiatore smarrito ha qualche volta trovato nella sua radice un ali­
mento gustoso e sostanzioso. Non serve altro che guardare ai propri piedi, per
trovare nella natura prove d'amore e di attenzione. Ma questa tenera madre
ha spesso nascosto nelle piante come negli uomini, le più grandi virtù nella
più modesta apparenza.

ADONIDE
DoLOROSI RICORDI.

Non ho cantato che dell'ombra dei boschi,


Flora, Eco, gli Zefiri e i loro leggeri aliti,
n verde tappeto dei prati e l'argento delle fonti.
Fra le foreste il mio eroe è vissuto;
Fra i boschi Amore il suo riposo ha turbato.
La mia Musa in suo favore di mirto si è ornata:
Ho voluto celebrare l'amante di Citera,

- 46 -
LUGLIO

Adone, una vita dalle fuggenti ore,


14
Pianto dal Riso, compianto da Amore.

Adone fu ucciso da un cinghiale. Venere, che aveva abbandonato per lui


le delizie di Citera, versò lacrime di dolore per la sua sorte: ma non andarono
perse; la terra le accolse, e subito generò una pianta che si riempì di fiori, si­
mili a gocce di sangue. Fiori brillanti e passeggeri, fedeli simboli dei piaceri
della vita, consacrati dalla bellezza stessa, ai dolorosi ricordi !

ACACIA - ROBINIA
AMORE PLATONICO.

Le civiltà indigene dell'America hanno consacrato l'acacia al nume degli


amori casti; i loro archi sono costruiti con il legno inalterabile di quest'albero,
le frecce sono armate con una delle sue spine. Questi fieri figli del deserto, che
niente può sottomettere, concepiscono un sentimento di estrema delicatezza;
forse non riescono ad esprimerlo in parole, ma per loro trova espressione in
un ramo di acacia fiorito. Qui una ragazza, come la civetta di città, porge que­
sto seducente linguaggio, e riceve, arrossendo, l'omaggio di chi ha saputo ac­
coglierla con rispetto e amore.
È da più di un secolo che quest'albero è stato importato dalle foreste del
Canada. TI botanico Robin, che per primo l'importò, gli diede questo nome.
L'acacia, dispiegando la sua ombra leggera nelle zone boschive, i suoi fiori
odorosi, e la sua deliziosa e fresca verzura, sembra prolungare la primavera.
L'usignolo ama costruire il suo nido su questo recente abitante dei nostri cli­
mi: il dolce usignolo, quasi rassicurato dalle lunghe e robuste spine che pro­
teggono la sua famigliola, scende alle volte sui rami più bassi degli alberi, per
lasciare ascoltare più da vicino i suoi incantevoli concerti.

1 4 LA FoNTAINE, Adonis, poema.

- 47 -
AGOSTO

GIGLIO COMUNE
MAEsTosiTÀ.

15
È il re dei fiori e la rosa è la regina.

Dal centro di un ciuffo di foglie allungate che, si sviluppano, si riversano e


si pressano l'une sulle altre, come a formare un trono circolare di verzura, si
vede ergersi uno stelo elegante e superbo, che termina in un grappolo di lun­
ghi boccioli d'un verde tenero e lucente. n tempo insensibile ingrossa e im­
bianca i boccioli del bel grappolo, e, verso la metà di giugno, s'inclinano e
si dispiegano in sei petali d'un biancore scintillante. La loro unione forma
dei vasi ammirevoli, dove la natura ha racchiuso degli stami dorati, che espan­
dono ondate di profumo. Questi splendidi fiori, inclinati per metà sul gambo
slanciato, sembrano chiedere e ottenere omaggio da tutta la natura; ma il gi­
glio, malgrado il suo fascino, ha bisogno di una corte per apparire in tutto il
suo splendore. Da solo, sembra freddo e desolato; circondato da mille altri
fiori, li oscura tutti: è un re, la grazia, è la sua maestosità.
Qui non è facile trovare il giglio originario: viene dalla Siria; un tempo
adornava gli altari del dio d'Israele, e coronava il capo di Salomone; ma regna
nei nostri giardini da tempo immemorabile. Carlomagno voleva che condivi­
desse, con la rosa, la gloria di profumare i suoi giardini, e, se si vuol credere
alle storie tramandateci dai nostri avi, il valoroso Clodoveo ricevette un giglio
celeste il giorno in cui la vittoria e la fede gli furono donati. Per Luigi VII i
fiori del giglio rivestivano il triplo simbolo del suo splendore, del suo nome
e del suo potere: li inserì nello scudo, nel sigillo, nella moneta. Filippo Augu­
sto lo inserì nel suo stemma. San Luigi indossava un anello smaltato a rilievo
raffigurante una ghirlanda di gigli e margherite, sul cui castone c'era inciso un
crocifisso con il motto: Fuori da questo anello, potremmo trovare amore? per-

1 5 Boisjolin.

- 48 -
AGOSTO

ché in effetti, quest'anello rappresentava, per il magnanimo monarca, l' emble­


ma di ciò che aveva di più caro, la religione, la Francia, la moglie. Fu anche
l'idea religiosa di Carlo V di fissare a tre il numero dei fiori di giglio; dal suo
regno in poi, questo numero non è più stato modificato; ma, se il giglio celeste
da Clodoveo in poi campeggiò sul mantello e sullo scudo dei re, diede anche il
suo colore allo stendardo dei nostri guerrieri. li pennacchio di Enrico IV, che
portò sempre la Francia alla vittoria, era bianco come un giglio: era il simbolo
di un'anima pura, e di una gloria senza macchia.

VIOLACCIOCCA DEI GIARDINI


BELLEZZA PERENNE.

I greci, che amavano i fiori, ignoravano l'arte di coltivarli e prendersene


cura; crescevano nei campi, e li ricevevano sempre dalle mani della natura. Fu­
rono i romani ad apprendere, insieme alle arti della Grecia, il gusto dei fiori, e
anche una viva passione per le corone, tanto che fu necessario difenderne l'u­
so nel dettaglio. Questi maestri di vita non coltivavano che violette e rose, e
campi interi, coperti di questi fiori, presto sconfinarono sui diritti di Cerere.
I prodi galli ignorarono a lungo ogni tipo di delizia: le loro mani guerriere di­
sdegnavano anche il vomere dell'aratro. Per loro, il giardino, dominio della
donna, non conteneva che piante aromatiche e ortaggi. Ma infine i costumi
si addolcirono, e Carlomagno, terrore del mondo e padre del suo popolo, s'in­
namorò dei fiori. Nelle sue capitolari, raccomandava la coltivazione del giglio,
della rosa e della violacciocca. I fiori importati vennero introdotti nel terzo se­
colo. Ai tempi delle crociate, i guerrieri portarono varie piante dall'Egitto e
dalla Siria. I monaci, allora abili agricoltori, se ne presero cura. Fecero dappri­
ma il fascino dei loro pacifici eremi; poi si estesero alle aiuole: e divennero la
gioia delle feste e il lusso dei castelli. Ciononostante la rosa è ancora rimasta la
regina dei boschetti, e il giglio il re delle vallate. La rosa, è vero, ha breve du­
rata, e il giglio, che fiorisce più tardi appassisce altrettanto presto. La violac­
ciocca, meno attraente della rosa, meno superba del giglio, ha una lucentezza
più duratura: costante nei suoi benefici, offre tutto l'anno i suoi bellissimi fiori
rossi e piramidali, diffondendo un odore persistente che rapisce i sensi. La più
bella violacciocca è rossa: colore che le ha conferito il nome che la distingue,
colore che contende in lucentezza il porpora di Tyr. C'è anche una varietà in­
cantevole di violacciocca bianca; ma anche violetta e screziata che non è affat­
to senza fascino; ma dopo che l'America, l'Asia e l' Mrica ci hanno donato i
loro brillanti omaggi, si è trascurata la violacciocca, figlia dei nostri climi, così

- 49 -
ESTATE

cara ai nostri avi. Ciononostante, ho visto in Germania effetti sorprendenti re­


si con il solo merito di questo bel fiore. In un antico castello del Lussemburgo,
sono stati disposti, su un immenso terrazzo, quattro file di vasi, bianco puro e
dalla forma particolare, di maiolica solida allo stato rustico; questi vasi, dispo­
sti ad anfiteatro ai due lati della terrazza, erano carichi delle più brillanti vio­
lacciocche rosse. Posso assicurare che non avevo mai visto niente che potesse
eguagliare questa attraente e rustica decorazione. Verso il tramonto, soprat­
tutto, si sarebbe detto che delle fiamme vive fuoriuscissero da questi vasi bian­
chi come la neve, e brillanti a perdita d'occhio su dei ciuffi di verzura. Mentre,
un odore balsamico e benefico si sollevava tutt'intorno. Le donne più sensibi­
li, anziché esserne infastidite, si sentivano rallegrate e rinvigorite. Questo fiore
spicca dunque, nelle aiuole, come una bellezza viva e pura che diffonde un
senso di felicità intorno a sé; la salute, primo fra i beni, senza cui non c'è
né felicità, né bellezza perenne.

GRANO
RICCHEZZA.

I botanici assicurano che non si trova da nessuna parte il grano allo sta­
dio primitivo. Questa pianta sembra essere stata consegnata, dalla Provvi­
denza, alle cure degli uomini, insieme alla scoperta del fuoco, per assicurare
la vita sulla terra. Con il grano e il fuoco, si è potuto conquistare e guada­
gnare gli altri beni. L'uomo, con il grano, può nutrire tutti gli animali do­
mestici che sostentano la sua vita e condividono le fatiche del lavoro: il pol­
lo, l'anatra, l'asino, la pecora, la capra, il cavallo, i bovini, il gatto e il cane
che, con una metamorfosi meravigliosa gli rendono, in cambio, uova, latte,
lardo, lana, sostegno, amicizia e riconoscenza. Il grano è la prima fonte di
socializzazione, poiché la coltivazione e la lavorazione richiede forte impe­
gno, e aiuto reciproco: non a caso gli antichi chiamavano l'adorata Cerere,
legislatrice.
Un arabo, smarritosi nel deserto, e digiuno da due giorni, stava per morire
d'inedia. Passando nei pressi di un pozzo, dove soggiornavano le carovane,
scorse sulla sabbia una piccola sporta di cuoio; la raccolse: «Dio sia lodato, dis­
se, credo ci sia un po' di farina». Aprì in fretta il sacchetto; ma alla vista del con­
tenuto, gridò: «Che io sia maledetto ! non c'è che della polvere d'oro ! 1 6 ».

1 6 SADI, Gulistan o L'Empire des roses.

- 50 -
AGOSTO

UN BOUQUET DI DALlE
LA MIA RICONOSCENZA SUPERA LE TUE CURE .

Questa pianta è originaria del Messico, dove un tempo se ne cucinavano le


radici cotte sotto la cenere. All'inizio del secolo scorso, la si coltivava in Fran­
cia come pianta alimentare. Tuttavia presto venne abbandonata per via del sa­
pore fortemente aromatico; ma questo svantaggio ne fece la fortuna, poiché
esclusa dagli ortaggi venne coltivata per i giardini.
Colpiti dall a quantità e dall'altezza dei suoi steli, dalle foglie carnose d'un
verde scuro e discreto, così terso da sminuire la vivacità dei fiori, sfavillanti
con i dischi e i petali di velluto violetto e imporporati, i botanici furono entu­
siasti di coltivarli.
Dapprima li coltivarono in una serra temperata dosando l'aria, l'acqua e
un calore sapientemente calcolato. Fu così che poco alla volta la pianta iniziò
a fiorire otto mesi l'anno, dai primi di luglio alla fine di febbraio.
Ma, per magia ! Presto si comprese che non solo la dalia riconoscente mol­
tiplicava i colori all'infinito, ma che raddoppiava, triplicava, quadruplicava i
petali della corolla, variandone regolarmente le sfumature e le forme, così va­
rie da richiamare l'aspetto della rosa, il pennacchio del garofano, lo sfarzo e la
luminosità delle rigogliose peonie.
I coltivatori attenti si accorsero pure di poter a piacimento accrescere o
accorciare i gambi di questa pianta, ridurli a tre piedi d'altezza, o erigerli fino
dieci, in modo da decorare con pari risultato le composizioni dei canestri e i
cespugli dei giardini.
Ma chi potrà mai descrivere la varietà infinita dei colori scuri, ricchi, lucen­
ti, abbaglianti di cui si veste quest'incantevole fiore? Chi mai renderà l'attraente
varietà delle sfumature delicate, eleganti e vivaci? chi spiegherà il fascino che
sprigionano tutti questi colori fusi insieme, abbinati, variabili all'infinito ! che
sfarzo ! che ricchezza ! che attraente varietà ! la veste bianca appare tutta scre­
ziata di corallo e porpora; la veste porpora è variopinta d'oro e d'argento; ce
ne sono i cui raggi si sposano col bianco più puro, col rosato più scuro, altre
i cui petali sono orlati dei più ricchi colori dell'aurora; altre ancora, il cui cuore
sprigiona fiamme; e alcune con le sfumature carminio della rosa.
n manto dell'iris impallidisce vicino alle ricche ghirlande, che l'arte può
ammirare in un solo fiore, un fiore così splendente che da solo dà vita e arric­
chisce un'intera aiuola.
Così la dalia, importata dal Messico, e raffinata coltivata a Parigi, s'è poi
diffu sa in Olanda, dove si realizzano pittoresche aiuole realizzate semplice­
mente del suo fiore. In seguito venne coltivata nei piccoli Stati della Germa-

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ESTATE

nia, dove decora i luoghi pubblici, le fontane e le tombe. Oggi la si trova dap­
pertutto, in Prussia, in Danimarca, in Svezia, dove il suo nome rievoca l'illu ­
stre botanico André Dahl di cui questo fiore porta il nome.
In Inghilterra, la dalia è particolarmente oggetto d'un florido commercio.
In Italia, i suoi ciuffi splendenti, un po' sottovalutati, si legano a quelli dei più
nobili fiori. In Russia, si realizzano delle aiuole interne che si intravedono dalla
strada o attraverso grandi vetrate di puro cristallo; alle volte questa vista lon­
tana offre la delicata parvenza di primavera ai tristi inverni di questi rigidi climi.
La dalia è consacrata alla riconoscenza; se avesse due profumi, uno sareb­
be per l'amore.

CALENDOLA DEI GIARDINI


PENA, DISPIACERE.

Ho visto in un'importante collezione un quadretto di Madame Lebrun.


Quest'interessante artista aveva rappresentato il dolore come un giovane pal­
lido, esangue, con la testa inclinata prostrato dal peso di una ghirlanda di ca­
lendule. Tutti conosciamo questo fiore dorato, simbolo delle sofferenze dell'a­
nimo; offre ad un attento osservatore parecchi indizi significativi; fiorisce tutto
l'anno; infatti i romani la chiamavano fiore delle calende, cioè di tutti i mesi. I
suoi fiori non si aprono che dopo le nove del mattino fino alle tre del pome­
riggio; tuttavia, si rivolgono sempre al sole, e seguono il suo corso da oriente a
occidente. Durante i mesi di luglio e agosto, i suoi fiori si lasciano scappare,
durante la notte, delle scintille luminose; caratteristica in comune con i fiori
del nasturzio, oltre allo stesso colore.
Si può modificare in questo modo il triste significato della calendula. Uni­
to alle rose, diviene simbolo del dolce mal d'amore; da solo, esprime la noia;
intrecciato ad altri fiori, rappresenta la catena volubile della vita, sempre in
bilico fra bene e male; in oriente, un bouquet di calendule e papaveri esprime
questa riflessione: «Lenirò il tuo dolore». È soprattutto con simili connubi che
il linguaggio dei fiori si rende interprete dei nostri sentimenti.
Margherita d'Orleans, discendente di Enrico IV, aveva per stemma una
calendula rivolta al sole, e per motto:

Non voglio seguire che lui solo.

Questa virtuosa principessa intendeva dire, con questa massima, che tutte
le sue riflessioni, i suoi affetti, si rivolgevano al cielo, come la calendula al sole.

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AGOSTO

RESEDA
LE TUE QUALITÀ SUPERANO IL TUO FASCINO .

È trascorso appena un secolo da quando la reseda è stata importata dal­


l'Egitto. Linneo paragonava il suo profumo a quello dell'ambrosia. Questo
profumo è più dolce, più penetrante all'alba e al tramonto che durante il resto
del giorno. La reseda fiorisce dai primi giorni di primavera fino alla fine di
ottobre: ma se ne può godere in inverno, tenendola in una serra temperata;
allora, diviene legnosa, longeva, eretta, e diventa, con qualche cura, un piccolo
arbusto dall'effetto incantevole.
Lo stemma di un'illustre famiglia sassone ha come sostegno un ramo di
reseda. Ecco in quale occasione questo modesto fiore si è unito agli antichi
allori. Amalia di Nordbourg aveva diciotto anni; nulla mancava al chiarore
della sua pelle, al suo spirito, al suo aspetto; il suo sguardo faceva sbocciare
l'amore; solo il suono della sua voce l'avrebbe ispirato. Una madre, ancora
giovane, aveva coltivato nella sua aiuola quest'amabile fiore. Quando si pre­
sentò in società per presentare la figlia, tutti furono stupiti nel constatare co­
me si prestassero reciproco fascino: alcuni s'interrogavano su quanto fosse sta­
ta bella la madre, altri sostenevano che la figlia sarebbe stata a lungo
bellissima. Una folla di ammiratori circondava la ragazza che piaceva parimen­
ti per le sue grazie, le sue ricchezze e la sua modestia. Fra tutti gli spasimanti,
notò il conte Walstheim. Walstheim s'innamorò per la prima volta. Un aspetto
fiero, uno spirito vivace e complesso, un'aria tutta francese e una fortuna im­
mensa, avevano già in precedenza attirato sguardi d'interesse, nessuna tuttavia
l'aveva colpito. Ma, a vederlo vicino ad Amelia, risultava evidente che fossero
fatti l'uno per l'altra. L'invidia aveva stuzzicato gli animi, la gelosia stessa era
costretta ad ammirare in questi amanti tutto ciò che di divino c'è sulla terra, la
bellezza, lo spirito, la giovinezza, trasportati dalle illusioni del primo amore.
Ma, purtroppo ! sulla terra, non c'è luce che non abbia la sua ombra. I successi
di Amelia, stavano modificando il sentimento. n cuore apparteneva al suo
amante; ma, pur amando lui, voleva piacere a tutti. E Walstheim aveva una
debolezza, la gelosia; ma una forma di delicatezza tratteneva questo sentimen­
to in fondo al cuore; Amelia se ne accorse, e, anziché gestire una così funesta
propensione, la sollecitò e ne rise.
Cresceva insieme ad Amelia una ragazza unite da amicizia e legami di san­
gue. Charlotte non era bella, se così si può dire di chi ha buon cuore. Era po­
vera, un incidente l'aveva deturpata, delle sventure avevano dissipato la sua
fortuna; ma era generosa, e, se faceva del bene, che lo immaginasse o che
ne parlasse, tornava ad essere graziosa, la sua anima si infiammava e gli occhi

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ESTATE

brillavano d'un fuoco di dolcezza. Quando stava in compagnia della cugina si


sentiva felice, la serenità le distendeva i tratti, e appariva attraente, anche vi­
cino Amelia, ed anche agli occhi di Walstheim. Spesso l'aveva vista recarsi sot­
to un tetto cadente; e andarsene ricolma di gratitudine; le ragazze ammiravano
i vestiti che Charlotte aveva filato per il giorno dd matrimonio della cugina;
l'anziano cui aveva dato conforto le era grato, le madri erano serene ad affi­
darle i figli. «È un angdo dicevano i poveri, se fosse ricca saremmo felici».
Spesso questo concerto di dogi aveva raggiunto il cuore di W alstheim. Una
sera, in campagna, durante una riunione in casa della madre di Amelia si de­
cise di fare una passeggiata. Charlotte si fece attendere, Amelia s'innervosì.
Ma quando il colonnello Formose, più conosciuto fra le donne che al campo
d'onore, arrivò, l'agitazione di Amelia scomparve. Alla fine rinunciarono alla
passeggiata. Quando Charlotte li raggiunse, nessuno le disse niente; perché
nessuno sembrò accorgersi di lei. Walstheim, soltanto, scorgendo la segreta
emozione nei suoi tratti, si disse: «Avrà fatto qualcosa di buono».
Venne proposto un gioco, in cui le donne avrebbero scelto dei fiori e
W alstheim avrebbe attribuito un significato. Iniziarono. Amelia prese una ro­
sa e l'appoggiò sul petto; Charlotte un ramo di reseda. Mentre Walstheim
pensava a formulare i versi, i giochi continuarono, e infine dovette pagare
la penitenza di abbracciare le donne. Sulle prime si accinse con gioia ad ese­
guire una così dolce penitenza; ma, avvicinandosi ad Amelia, rimase turbato,
esitava, impallidiva, e, senza osare neanche avvicinarsi per baciarla, si ritirò
con aria distaccata. li colonnello Formose sorrise; e, condannato alla stessa pe­
nitenza, si avvicinò ad Amelia, e gettando un'occhiata beffarda su Walstheim,
disse: «E anch'io sarei discreto, un bacio sciuperebbe delle gote così pure; ma,
dal momento che un soldato ubbidisce agli ordini, darò il bacio richiesto al
fiore che ha scelto». Amelia sorrise e mise la mano sul bouquet. Ma, le labbra
dell'intrepido colonnello sfiorarono il fiore sul più bd seno in assoluto.
Walstheim si trattenne, tremando. E senza volerlo i suoi occhi si diressero
su Charlotte, e comprese, che condivideva la gravità della sua pena.
Ciononostante si volle leggere cosa W alstheim avesse scritto sui fiori scelti.
Ma, strappò i versi scritti e dedicò alla rosa queste parole:
Non visse che un giorno, non piacque che un momento.

E queste al ramo di reseda di Charlotte:


Le tue qualità superano il tuo fascino.

Alla lettura, Amelia lanciò uno sguardo sdegnato a Walstheim e alla cugi­
na, continuando a flirtare con il colonnello. Quando s'accorse che Walstheim

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AOUT.
AGOSTO

la ignorava, fece mill e stravaganze per attirare l'attenzione. n colonnello ne ap­


profittò abilmente, e tentò prima della fine della serata di farle una mezza di­
chiarazione; questa proposta fu così tonante, che Walstheim sentì; ma piutto­
sto che indignarsi, si complimentò con Formose per un trionfo così fulmineo,
e si rivolse a Charlotte alla ricerca di un sostegno. Charlotte, incredula, osser­
vava prosternata la cugina; ma la rabbia e il dispetto erano uniti nel cuore fra­
stornato dell'altra ragazza, e futilmente la spinsero fra le braccia dell'uomo,
che avrebbe fatto la sua sventura e infelicità.
Fu così, infine, che Charlotte divenne la sposa di Walstheim: in pena, mal­
grado tutto, per la sorte della cugina; mentre il conte felice della sua scelta,
volle consacrare per sempre l'istante della sua liberazione e della sua felicità,
aggiungendo al suo stemma un ramo di reseda.

DATURA
CARISMA FALLACE.

Spesso un'indolente bellezza bloccata dall'apatia, languisce tutto il giorno e


si nasconde ai raggi del sole. La notte, con incredibile civetteria, si mostra agli
amanti. La luce incerta delle candele, complice dei suoi artifici, le presta un
chiarore ingannevole; seduce e incanta. Ciononostante il suo cuore non cono­
sce l'amore, le servono dei prigionieri, delle vittime. Ragazzo imprudente, fuggi
all'avvicinarsi di questa incantatrice; per amare e per piacere è sufficiente essere
naturali, l'artificio è superfluo. Chi vi ricorre è sempre perfida e pericolosa.
I fiori della datura, simili a quelle bellezze notturne, languiscono sotto un fo­
gliame opaco e sbiadito, finché il sole splende. Ma, al calar della sera, si rianima­
no, sfoggiano il loro fascino, e stendono le enormi campane che la natura ha ri­
vestito di porpora foderate d'avorio, e a cui ha affidato un profumo che attira,
che inebria, ma che è così pericoloso, che asfissia, anche all'aperto, chi lo respira.

BIGNONIA
SEPARAZIONE.

Quante incantevoli armonie si generano dalla simbiosi fra piante ed ani­


mali ! La farfalla abbellisce la rosa, l'usignolo dà voce ai boschetti, l'ape, bot­
tinando, anima il fiore che le offre il dolce tesoro. Così, in tutta la natura l'in­
setto è destinato al fiore, l'uccello all'albero, il quadrupede alla pianta.
L'uomo soltanto può gioire dell'insieme delle cose, e solo lui può rompere
la catena di comunione d'amore, che lega l'universo. L'avida mano impruden-

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ESTATE

te vuole sottrarre una creatura all'ambiente che l'ha vista nascere e, non pen­
sando che alle proprie convenienze, dimentica il più delle volte la pianta che
avrebbe fatto dimenticare alla nuova prigioniera le dolcezze della patria. Sra­
dica la pianta, non tollera l'insetto che la abita, l'uccello che l'abbellisce, e il
bruco che si nutre delle sue foglie e si riposa sotto la sua ombra. Se si osserva
la bignonia con il suo verde tenero e i suoi fiori porporini, qui dà sempre l'idea
di essere una pianta esotica. Sempre gli preferiamo il grazioso caprifoglio, da
cui l'ape succhia il miele, la capra bruca le foglie, e offre il suo frutto a orde di
merli, di capinere, di fringuelli, di cardellini. Senza dubbio, la ricca bignonia
cercherebbe di riequilibrare tutti questi vantaggi ai nostri occhi, se la vedessi­
mo animata dall'uccello mosca della Florida, che, nelle vaste foreste del Nuo­
vo Mondo, preferisce questo ricco fogliame a qualsiasi altro riparo: «Costrui­
sce il nido in una delle sue foglie che arrotola a cono; trova nutrimento nei
fiori rossi, simili a quelli della digitale, dove beve dalle ghiandole nettaree;
vi affonda l'esile corpicino che all'interno del fiore sembra uno smeraldo in­
cassato nel corallo, e talvolta si spinge così avanti, che si lascia rapire». 1 7 Que­
sto piccolo essere è l'anima, la vita, il prolungamento della pianta che ama;
diviso da quest'ospite aereo, questa bella liana non è che una vedova desolata,
che ha perso tutto il suo fascino.

TARASSACO o DENTE DI LEONE


ORACOLO.

Passeggiare in pianura, sulle chine delle colline, in alta montagna, e guar­


dare ai propri piedi, non si tarda a scorgere dei rosoni di verzura carichi di
fiori dorati, o di sfere leggere e trasparenti. E riconoscere il proprio amico
d'infanzia: è il dente di leone, l'oracolo dei campi; da consultare dappertutto.
I denti di leone, come i figli degli uomini sono naturalmente sparsi sulla terra;
li si trova nelle quattro parti del mondo, al polo e all'equatore, sulle rive delle
acque e sulle rocce aride; ovunque si offrono alla mano che vuole coglierli, o
all'occhio che intende consultarli; i loro fiori che si chiudono e si aprono ad
una certa ora, fungono d'orologio al pastore solitario; e i suoi ciuffi piuma ti
gli predicono calma o burrasca:
Legge al cuore dei fiori, vede sulle loro foglie
I disegni dell' altano, l'avvicinarsi della burrasca.

1 7 Études de la nature, t. I, p. 69.

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AGOSTO

Ma queste bolle leggere servono pure per altri due impieghi. Se si vive lon­
tano dall'oggetto del nostro amore, si stacchi con attenzione una di queste pic­
cole sfere trasparenti; si carichi ciascuna delle piccole balze che la compongo­
no, di un tenero pensiero; poi ci si rivolga ai luoghi abitati dall'amore, si soffi,
e tutti questi piccoli viaggiatori, messaggeri fedeli, porteranno ai suoi piedi i
segreti omaggi. Se si desidera sapere se il nostro amore ricambia l'affetto, si
soffi ancora; e, se resta un solo pennacchio, è la prova che non ci dimentica;
ma questa seconda prova, va fatta con attenzione; bisogna soffiare dolcemen­
te; poiché, a nessuna età, anche in quella effervescente degli amori, bisogna
soffiare troppo forte sulle dolci illusioni che arricchiscono la vita.

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AUTUNNO
SETTEMBRE

I FIORI

Nei climi temperati la primavera si ammanta di una veste verde smagliante


di fiori, e deve solo alla natura tutti gli ornamenti. L'estate, con il capo coronato
da fiordalisi e papaveri, fiera della messe dorata, riceve dalle mani degli uomini
una parte del suo mantello, mentre l'autunno sembra offrire i frutti perfezionati
dalle industrie. La pesca succulenta è tinteggiata dei colori della rosa, la squisita
albicocca appare ricoperta di tutto l'oro che il cuore dei ranuncoli sprigiona, e
l'uva del porpora delle splendide violette, la mela risplende del chiarore dei bril­
lanti tulipani: tutti questi frutti somigliano talmente a dei fiori che sembrano
creati unicamente per il piacere della vista; invece dovunque forniscono cibo
in abbondanza, e l'autunno che li riversa sulle nostre tavole sembra annunciare
che la natura ha esaurito i suoi ultimi benefici. Ma all'improvviso Flora rigoglio­
sa si rigenera nei campi. Questa dea errante, figlia del commercio e dell'indu­
stria, era sconosciuta in Grecia e alla modestia dei nostri avi. Occupata a per­
correre la terra senza posa da due secoli, ci arricchisce delle spoglie del
mondo. Arriva e le aiuole tristi, incolte, si rivestono di un nuovo chiarore: la
margherita cinese si unisce all'elegante garofano dell'India, la reseda dei bordi
del Nido cresce ai piedi della tuberosa orientale; l'eliotropio, il nasturzio, e la
bella di notte del Perù, si crogiolano all'ombra della leggiadra acacia di Costan­
tinopoli; il gelsomino persiano si salda alla bignonia per coprire i pergolati, per
abbellire i boschetti; la rosa di Damasco, la croce di Gerusalemme, che rievoca
le crociate, erigono le loro teste scintillanti vicino la persicaria d'oriente; e l' au­
tunno, che un tempo non trovava che una ghirlanda di pampini, si meraviglia di
ricoprire così numerosi ornamenti e di annodare al verde delle sue corone le ro­
se sempre fiorite che crescono nei campi di Bengali. Questa varietà così prezio­
sa, questi piaceri così puri, si devono a Enrico IV 1 che, fondando il Jardin des

1 Generalmente, si assume che il ]ardin des Plantes fu fondato da Luigi XIII; ma Enrico IV
ebbe per primo l'idea. E al Louvre, nel Jardin de l'Infante, che amava far coltivare le piante che il
viaggiatore Moquet portava con sé dalle differenti parti del mondo. (Si veda i Voyages de Moquet) .

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AUTUNNO

Plantes, sembrava voler annettere con catene di fiori il suo popolo a tutte le po­
polazioni del mondo. È quasi incredibile osservare come queste piante esotiche
abbiano mantenuto il loro istinto e le loro peculiarità naturali ! La sensitiva si
ritira nella mia mano come su quella di un americano; la calendula d' Mrica, an­
nuncia a me, come agli abitanti del deserto, i giorni secchi o piovosi. li convol­
volo del Portogallo mi avverte che, fra un'ora, quel che resta del giorno sarà tra­
scorso, e la bella di notte annuncia al timido amante che alla fine l'ora
dell'incontro sta per scoccare.

Nei loro più leggeri movimenti


L'osservatore vede un presagio:
E quelli, col loro dolce linguaggio,
Indicano la fuga dei momenti
Che li sciupano al loro passaggio.
Sotto un cielo senza nuvole,
Eccola là, prevedendo il temporale,
Chiude i padiglioni lucenti;
E sui bordi delle fresche montagnole,
Al rumore lontano dei venti.
Se l'una, dall'alba svegliata,
Annuncia i lavori del giorno,
E, sulla prateria smaltata,
S'apre e si chiude a turno;
L'altra s'addormenta ombreggiata,
E della sera attende il ritorno,
Per non mancare l'ora dell'amore
E il piacere d'essersi risvegliata.
n campagnolo, il lavoratore
Vi leggono il destino della giornata;
n tempo, la calma, la frescura, i beni e i mali dell'annata.
Legge a cos'è destinata
Nel calice di una fioritura.
Libro affascinante della natura,
Io amo la tua semplicità !
La tua scienza non è oscura,
Ti amiamo per la tua verità,
Ci trattieni con la voluttà,
E ci affascini con la tua figura.
Ma, dei più teneri sentimenti,
I fiori offrono ancora l'incanto;
Sono i piaceri del santo,
Incantano gli amanti
Che si servono del loro canto.

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SETTEMBRE

Da quest'amabile e lusinghiera arte


La bellezza non viene mai offesa,
E spesso la sua anima oppressa
Confida ai colori di un bouquet
I dolci segreti della sua intesa.
n loro linguaggio è quello del cuore:
Esprimono la tenerezza;
Esprimono il fervore
E il desiderio di giovinezza.
Senza mai dispiacere al pudore,
L'amante li offre alla bellezza,
E arde ancora, nella sua ebbrezza,
Di donarle il buonumore
Di cui un bouquet fa promessa. 2

MIOSOTIDE
RICORDATI DI ME; NON TI SCORDAR DI ME.

Non ho visto mai miosotidi palustri così belle ed abbondanti come lungo le
sponde di un ruscello del Lussemburgo. Gli abitanti chiamano questo rigagno­
lo vasca delle fate, o cascata della quercia incantata; questi due nomi, derivano
certamente dalla bellezza della sorgente, che sgorga, gorgogliando, ai piedi di
una quercia vecchia come il mondo. In partenza le acque di questo ruscello sal­
tano di cascata in cascata, sotto una lunga volta di verzura, che non abbando­
nano finché non scorrono lentamente lungo una vasta prateria; e qui, appaiono
all'occhio estasiato come un lungo filo d'argento. La sponda più esposta al
mezzogiorno è la sola ricoperta di una fitta bordura di non ti scordar di me;
i graziosi fiorellini di questa pianta risplendono nel mese di luglio di un blu si­
mile a quello del cielo; e s'inclinano come se provassero piacere a specchiarsi
nel cristallo d'acqua, di una purezza assoluta. Spesso nei giorni di festa le ra­
gazze dai bastioni della città, scendono sulle sponde di questo ruscello. A ve­
derle coronate dei fiori che bagna le si confonderebbe con altrettante ninfe,
che celebrano dei giochi in onore della bagnante della quercia incantata. A ra­
gione, l'autore delle Lettres à Sophie racconta che la miosotide fu un tempo og­
getto di una toccante metamorfosi, forse meno toccante che la verità storica dei
fatti. «Ho sentito raccontare in Germania, scriveva, che, molto tempo fa, due
giovani amanti, la vigilia del loro matrimonio, passeggiavano lungo le sponde

z AlMÉ MARTIN, Lettres à Sophie, t. I.

- 63 -
AUTUNNO

del Danubio; un fiore blu celeste si reggeva in equilibrio fra le onde e rischiava
d'essere travolto. D ragazzo si precipitò, per afferrare lo stelo fiorito, e cadde
inghiottito dalle acque. Si racconta che, con un ultimo sforzo, abbia lanciato
questo fiore sulla riva, e che un istante prima di sparire per sempre gridò un'ul­
tima volta: «amami, non ti scordare di me».

Per raccontare l'amore questi fiori sembrano fiorire;


n loro linguaggio è solo una parola, ma com'è sublime
Nella mano degli amanti sa sempre dire:
Amami, non ti scordare di me . 3

ASTRO DELLA CINA


VARIETÀ.

Quando si vide per la prima volta l'astro della Cina sfavillante nelle aiuole;
gli si attribuì il nome di astro cinese. In effetti gli splendidi fiori brillano come
stelle e sono originari della Cina.
Fu P. d'Incarville , missionario, che intorno al 1730 ne spedì i semi al ]ardin
du Roi. Se ne ottenne sulle prime una varietà semplice, e d'un colore uniforme;
ma, in seguito, la coltura raddoppiò, triplicò, quadruplicò all'infinito i fioroni
satinati che coronano il suo disco. Una fra le più belle varietà trasforma i rosoni
dorati dei larghi dischi in steli cavi simili alla peluria degli anemoni. Si suppo­
neva, erroneamente, che i cinesi non conoscessero che la varietà violetta espor­
tata; possiedono invece tutte le varietà che ammiriamo, e sanno anche sfruttare
queste varietà per creare, con l'astro della Cina, decorazioni dall'aspetto così
armonioso difficile da descrivere a parole. Per preparare queste decorazioni,
coltivano questi fiori in vasi, poi ne separano colori, e sfumature, disponendoli
con un'arte sublime, in modo da ottenere lunghi tappeti, che non s'interrom­
pono né si confondono. Spesso raddoppiano quest'effetto, ponendo quest'in­
canto fiorito nei pressi di un corso d'acqua. Io ho voluto provare questa deco­
razione di cui un esperto viaggiatore mi aveva ampiamente parlato, ma mi
mancavano, per ottenere l'effetto desiderato, la varietà delle sfumature e anche
dei colori, ma soprattutto l'ammirevole pazienza cinese, che non conosce osta­
coli. Ciononostante, la mia piccola aiuola, più radiosa che spenta, è piaciuta a
chiunque la guardasse, e ci siamo meravigliati del fatto che niente di simile fosse
tentato per l'arredo dei nostri giardini pensili e delle nostre feste.

3 Lettres à Sophie, t. I.

- 64 -
SETTEMBRE

Simbolo della varietà, l'astro della Cina deve ad una coltivazione ben riu­
scita il suo ammirevole fascino; la mano esperta del giardiniere ha arricchito i
suoi dischi dorati di tutti i colori dell'arcobaleno. Così il pensiero può accre­
scere all'infinito, le potenzialità dello spirito. Maestoso e leggiadro, l'astro
della Cina non è l'impudente rivale della rosa, ma ne fa le veci e si sostituisce
all'eventuale assenza.

TUBEROSA
VoLUTTÀ.

Com'è lusinghiero il suo balsamo, ma com'è pericoloso ! 4

Guy de la Brosse, che ha progettato il Jardin du Roi, scrive così nella sua
originale opera sulla natura delle piante: «Non mi piacciono le ripetizioni inu­
tili di vecchie idee nei libri nuovi; piuttosto mi sembra più opportuno indaga­
re la verità alla sua fonte». li caro Guy de la Brosse aveva pienamente ragione;
la natura è un libro insondabile, e sempre nuovo, tanto che ogni giorno si può
incorrere in scoperte eccezionali.
I frutti più appetibili, più gustosi, arricchiscono il cuore della terra dalla
notte dei tempi, e ciononostante la maggior parte di questi beni preziosi e
affascinanti ci sono sconosciuti, oppure lo erano: si consideri la tuberosa, co­
sì appariscente, così profumata, così perfetta da piacere a tutti; non è stata
importata dall a Persia che nel 1 632 , da padre Minuti: fiorì in Francia per la
prima volta, da M. de Peiresc, a Beaugencier, a Tolone. Questo bellissimo
fiore era ancora modesto: ha raddoppiato i suoi petali molto dopo, grazie
alle cure dell'abile coltivatore de Leyde, detto Lecour; da allora ad oggi si
trova in tutta la terra. In Russia, non fiorisce, è vero, che per i re e per i loro
stretti collaboratori; ma cresce naturalmente in Perù; cresce senza essere col­
tivato, e viene abbinato al luccicante nasturzio per adornare il dorso della
focosa americana. La tuberosa, questa superba figlia d'oriente, cui l'illustre
Linneo ha dato il nome d'eccellenza di polyanthe, fiore degno delle città, è
qui oggi, come in Persia, il simbolo della voluttà. Un giovane icoglane, che
riceve dalle mani della sua signora uno stelo di tuberosa in fiore, va in estasi;
poiché così interpreta questo felice simbolo degli amori: «Il piacere supererà
la pena 5 ».

4 RoucHER, Les Mois, poema.


s Secrétaire turc, p. 1 02 , v. 42 .

- 65 -
AUTUNNO

Tutti riconoscono ed ammirano i grappoli bianchi e stellati della tuberosa;


da questi incantevoli grappoli si slancia uno stelo alto e allungato, ed espande,
dondolandosi nell'aria, un profumo pungente e inebriante. Se si vuole godere
senza rischi di un odore così seducente, è preferibile tenersi a distanza. Se si
vuole accrescere il piacere che offre, avvicinatevi con chi amate a respirarlo al
chiaro di luna, nell'ora in cui l'usignolo sospira. Allora, per una segreta virtù,
questi profumi soavi aggiungeranno un fascino indefinibile ai vostri deliziosi
piaceri; ma, se imprudenti, ne godrete senza moderazione, se vi avvicinerete
troppo, questo incantevole fiore non sarà che un pericoloso incantatore,
che, inebrierà, versando in seno un veleno pericoloso. Così la voluttà che vie­
ne dal cielo affina e moltiplica le delizie di un amore casto; ma quella che a t­
tiene alla terra stordisce e ammalia la folle giovinezza.

Nelle sue braccia innamorate l'imprudente l'ha stretta,


Quando all'improwiso, rapiti dal dolce languore,
Le braccia si prostrano ai piedi del fervore.
Di questo impetuoso sconosciuto la giovinezza allarmata
Vuole evitate i tratti del dio che l'ha incantata;
Ma, già ! le resistenze mutano in piaceri.
I suoi pianti in speranza, i rimpianti in desideri !
Confusa, ricade al centro delle sue catene:
Un fascino involontario accompagna le sue pene:
Vorrebbe odiare, non può che amare;
n cuore cerca la calma e si lascia infiammare.
È allora che ai suoi occhi si spalanca l'abisso:
Ma un canale di fiori la conduce al delitto.6

BELLA DI GIORNO, O CONVOLVOLO DEL PORTOGALLO


CIVETTERIA.

Ai fuochi di cui l'aria scintilla


S'apre la bella di giorno;
Zefiro la adula con l'ala:
La birichina ancora appella
Le farfalle dattorno.

Civette, ecco il vostro emblema:


n gran giorno, allo scalpore date attenzione.

6 BERNIS, Épitre.

- 66 -
SETTEMBRE

Brillare è la vostra arte suprema;


Senza fulgore, l'estasi medesima
7
Non ha attrazione.

ELIOTROPIO DEL PERÙ


EBBREZZA: TI AMO.

Chi vede il tuo fiore ne berrà il veleno !


Ha inebriato di piacere la saggezza
E di desideri la fredda ragione. 8

Gli orientali sostengono che i profumi innalzano la loro anima verso il cie­
lo; è vero che esaltano e che danno una sorta di ebbrezza: la loro persistenza è
così profonda, che unita ai ricordi regala, anche dopo molti anni, tutta la forza
d'una sensazione presente.
Luigi XIV amava appassionatamente l'odore delle tuberose. Quest'odore
richiamava in lui, senza dubbio, un ricordo toccante di quell'incantevole figlia
che mostrò al mondo come un re potesse essere amato per sé stesso. Made­
moiselle de la Vallière, dopo avere dato tutto per Luigi, fu nominata figlia d'o­
nore di Maria Teresa; la sua camera era accanto l'appartamento della splendi­
da principessa. Diventata madre nel cuore della notte, questa fragile amante
ebbe la forza di soffrire senza commiserarsi; e, dal momento che la regina sa­
rebbe dovuta passare la mattina stessa accanto al suo letto per recarsi a messa,
Mademoiselle de la Vallière, sperando di sviare i sospetti, fece coprire il cami­
no di tuberosa, e si alzò per andare al cospetto della regina. Così quest'infelice
tentava di alleviare il suo tormento interiore provando, a rischio della sua stes­
sa vita, il suo rispetto per la virtù: un tempo, si credeva che l'odore delle tu­
berose fosse mortale per una donna debilitata, e quest'opinione non può non
avere un fondo di verità.
La contessa Eleonora, figlia naturale di Cristiano IV, re di Danimarca, ce­
lebre per le sventure, i crimini e l'esilio del conte Ulfeld, suo sposo, offre una
prova abbastanza indicativa del potere dei profumi sui ricordi. Questa princi­
pessa aveva amato, a tredici anni, un ragazzo, suo fidanzato. n ragazzo morì
nel castello stesso dove fervevano i preparativi per le nozze. Eleonora, dispe­
rata, volle dare l'ultimo addio al suo triste amore; si fece condurre nella came­
ra ardente. n corpo era steso in una cassa coperta di rosmarino. La scena, l'o-

7 Philippon de la Madeleine.
s Bemis.

- 67 -
AUTUNNO

dore, rimasero impressi in Eleonora; si sa, in questa circostanza, dimostrò un


coraggio uguale al suo dolore, ma non riuscì più da allora a respirare l'odore
del rosmarino senza essere preda delle più violente fitte.
Un giorno, il celebre botanico Jussieu, erborizzando nelle Cordigliere, si
sentì all'improvviso inebriato da deliziosi profumi: pensava che avrebbe sco­
perto un fiore straordinario, ma non vide altro che dei graziosi cespugli, d'un
verde tenero, alla cui base spiccavano delicatamente delle spighette d'un blu
sbiadito; si avvicinò a questi cespugli alti dieci piedi, e vide che i fiori di cui
erano carichi si volgevano leggermente verso il sole, sembrava quasi lo con­
templassero con amore. Meravigliato da questa posizione, gli diede il nome
di eliotropio. Questo nome è composto da due parole greche, helios, sole, e
trepo, io mi volgo: fiore che si rivolge al sole. L'appassionato botanico, affasci­
nato dalla nuova conquista, si affrettò a raccogliere i semi di questa pianta, per
spedirli al Jardin du Roi, dove sono poi cresciuti. Le donne accolsero questo
fiore con entusiasmo: lo piantarono nei vasi più preziosi, e lo chiamarono erba
dell'amore, ricevendo con indifferenza i bouquet in cui il loro fiore preferito
non era stato inserito. È dunque sotto la protezione delle donne che l' eliotro­
pio peruviano, coltivato per la prima volta a Parigi, nel 1740, ha conquistato
tutti e s'è diffuso in tutta Europa.
Si domandò un giorno ad una bellissima donna che aveva una passione
per l'eliotropio, quale fascino avesse ai suoi occhi un fiore triste e senza luce:
«li profumo dell'eliotropio, rispose, è per la mia aiuola quello che l'anima è
per la bellezza, la voluttà per l'amore, e l'amore per la giovinezza».

SOLE o GIRASOLE
fALSA RICCHEZZA.

li girasole è originario del Perù, dove questi fiori erano adorati come im­
magine dell'astro del giorno. Le vergini del sole, nelle loro cerimonie religiose,
indossavano una corona d'oro che rappresentava questo fiore immenso, sfavil­
lante nelle loro mani e sul loro seno. Gli spagnoli, rimasero abbagliati da que­
sto sfarzo, soprattutto, quando videro dei campi interi ricoperti da granturco
e girasoli, imitati con tale maestria, che l'oro con cui erano realizzati, sembrò a
questi avidi conquistatori quasi meno apprezzabile. Ma dopotutto, il fasto di
quella popolazione americana che meravigliava, risplende ancora in tutto l'o­
riente: il trono del gran Mogol è sovrastato da una palma d'oro con dei frutti
di diamante, gli intonaci della sala dove il monarca riceve gli ambasciatori, so­
no rivestiti da una vite d'oro smagliante, la cui uva è realizzata con ametiste,

- 68 -
SETTEMBRE

zaffiri e rubini, che ne rappresentano il diverso grado di maturazione. Ogni


anno, l'entusiasta possessore di tanta ricchezza viene pesato; i pesi sono dei
piccoli frutti d'oro che vengono lanciati, dopo la cerimonia, ai cortigiani
che si affannano per contenderseli. Ma questi cortigiani sono i più grandi si­
gnori dell'India; così la falsa ricchezza, al cui solo pensiero l'uomo volgare ri­
mane turbato e affascinato, avvilisce ugualmente chi la possiede e chi la desi­
dera. I meravigliosi giardini di Alcinoo, non racchiudono né palme, né viti, né
messi d'oro e diamanti, ciononostante tutti i tesori del gran Mogol non po­
trebbero corrispondere uno solo di questi alberi che il divino Omero ricopriva
di fiori e frutti in tutte le stagioni.
Si narra che Pizia, benestante di Lidia, possedesse parecchie miniere d'o­
ro, e trascurasse la cura delle sue terre, impiegando i numerosi schiavi nei la­
vori in miniera. La moglie, di chiara saggezza e bontà, un giorno gli fece ser­
vire per cena delle pietanze d'oro. «Ti porto, gli disse, la sola cosa che hai in
abbondanza: non si raccoglie che ciò che si semina; valuta tu se l'oro è un be­
ne così prezioso !», la sensibilità di Pizia rimase profondamente colpita, e rea­
lizzò come la Provvidenza non avesse consegnato la vera ricchezza all'avarizia
degli uomini; ma che, come un'amorevole madre, si era riservata la premura
di distribuirla ogni anno ai suoi figli, come ricompensa per il più degno dei
mestieri.
P. Jean de Bussières ha avuto l'idea singolare di dividere la sua Histoire
universelle in un progetto, in cui tutti gli eventi della terra fossero paragonati
ai fiori che ne ricoprono la superficie. Così, i tempi persecutori dei patriarchi,
gli sembrava potessero rapportarsi all'iris, fiore che annuncia gli eventi; il tu­
lipano, alla veste di Giuseppe; il narciso, a Ciro e il girasole, ai tempi del gran­
de Costantino: poiché affermava, tutto lo sfarzo di questo fiore si riduce ad un
inutile legno; così la potenza di un impero che si elevò tanto in alto, decadde
presto. Questo testo singolare è dedicato alla Santa Vergine: risulta così evi­
dente come la simbologia floreale possa parimenti rappresentare le passioni
che sconvolgono gli imperi, e le passioni che agitano gli amanti.

VIOLACCIOCCA DELLE MURAGLIE


FEDELE AL DOLORE.

Gli inglesi chiamano quest'adorabile fiore violetta delle muraglie; in effetti


ama crescere nelle fessure dei vecchi muri: la si vede su tutte le rovine, sulle
case, sulle tombe. Spesso una pianta di violacciocca solitaria cresce nella mor­
tasa o nella feritoia di un antico castello. I suoi gambi fioriti sembrano com-

- 69 -
AUTUNNO

piacersi di celare queste tristi invenzioni, che ancora attestano le atrocità e i


disordini dell'epoca feudale. Un tempo i menestrelli e i trova tori indossavano
un ramo di violacciocca come simbolo d'un affetto conservato nel tempo, e
che resiste alle avversità. Quando il terrore regnava in Francia, una popolazio­
ne inferocita si scagliò sull'abbazia di Saint-Denis, per gettare al vento le ce­
neri dei re: dopo avere distrutto i marmi sacri, forse turbati dall'atto sacrilego,
ne nascosero i resti dietro il coro della chiesa, in una corte cupa, dove la rivo­
luzione li ha dimenticati. Un poeta, visitando questo triste luogo, lo trovò sfol­
gorante di una decorazione inattesa: i fiori della violacciocca coprivano queste
mura nascoste. Questa pianta fedele al dolore, espandeva in questo religioso
recinto, dei profumi così soavi, che si sarebbero detti un pio incenso che si
eleva al cielo. Alla vista, il poeta si sentì ispirato; scrisse:
Ma quale fiore è che il pietoso istinto
Sull'ala di zefiro soffia in questo punto?
Come ! tu abbandoni il tempio dove vivono le radici,
Sensibile violacciocca, amante dei cocci,
n tuo tributo fedele accompagna i re?
Ah ! giacché il terrore ha piegato al suo potere
Del giglio sfortunato l'asta sovrana,
Che i nostri giardini in lutto ti facciano regina;
Trionfo senza rivale, e che il tuo santo fiore
Cresca per la tomba, il trono, e il dolore 9
.

9 TRENEUIL, Tombeaux de Saint-Denis.

- 70
O C T ORltE .
:SOYEl U l UlE .
OTTOBRE

EDERA
AMICIZIA.

L'amore fedele trattiene con un ramo d'edera le rose passeggere che co­
ronano il suo capo. L'amicizia ha scelto per emblema l'edera che circonda di
verde un albero mozzato, con queste parole: Niente può staccarmene. In Gre­
cia, l'altare nuziale era cinto da un'edera, e se ne donava un gambo ai novelli
sposi, come simbolo di un legame indissolubile. I Baccanti, il vecchio Sileno,
e Bacco stesso, erano coronati d'edera. Le foglie sempreverdi dell'edera era­
no, per questa corte gioiosa, il simbolo di una costante ebbrezza. Talvolta si è
rappresentata l'ingratitudine come dell'edera che soffoca il suo sostegno:
l'autore della raccolta di Études de la nature ha respinto questa calunnia; sti­
mando l'edera un modello per gli amici: «Niente, scrive, può separarla dal­
l' albero una volta che l'abbraccia; lo ripara con le sue foglie nella stagione
crudele quando i rami anneriti non sostengono che la galaverna; compagna
dei suoi destini, cade quando la si piega; la morte, stessa, non la separa, e
arricchisce del verde costante il tronco ormai secco dell'appoggio di cui ha
goduto». Queste idee, tanto toccanti quanto poetiche, racchiudono il merito
di essere vere; l'edera cresce nella terra con le proprie radici, e non assorbe la
linfa vitale dalle piante che la circondano; protettrice delle rovine, è orna­
mento delle vecchie mura che regge, non accetta affatto tutti i sostegni;
ma, arnica costante, muore dove si lega.

CAPELVENERE
DISCREZIONE.

Ad oggi, gli studi dei botanici su questa pianta non hanno raccolto che
risultati tendenziosi, continua a celare alle attente ricerche il segreto dei suoi
fiori e dei suoi frutti; non affida che allo zefiro i germi invisibili della sua gio­
vane famiglia. Questo dio sceglie da solo la culla dei suoi figli; delle volte si

- 71 -
AUTUNNO

compiace di formare, con l'ondeggiante chioma, l'oscuro velo che sottrae agli
sguardi l'antro dove dorme, dall'inizio dei secoli, la bagnante solitaria; altre
volte li porta sulle sue ali, e li fa sfavillare come verdi stelle in cima alle torri
di un vecchio castello, o li dispone con attenzione a festoni leggeri, e ne decora
i luoghi freschi e ombreggiati preferiti dai pastori. Così la felce mette in diffi ­
coltà la scienza, nasconde la sua segreta origine agli occhi indiscreti, ma si pre­
mura di dare risposta, con dei benefici, alla mano che l'interroga.

COLCI-ITCO
BEI GIORNI PASSATI.

Verso gli ultimi giorni d'estate s'intravede brillare, sull'umida verzura dei
prati, un fiore simile allo zafferano primaverile: questo fiore è il colchico d'au­
tunno; lungi dall'ispirare, come lo zafferano, la gioia e la speranza, annuncia a
tutta la natura l'allontanarsi delle belle giornate.
Un tempo si riteneva che questa pianta, originaria dei campi della Colchi­
de, dovesse la sua nascita a qualche goccia del liquido magico che Medea pre­
parò per ringiovanire il vecchio Giasone. Quest'origine favolosa ha fatto a
lungo considerare il colchico come un agente protettivo da ogni malanno.
Le donne svizzere legano questo fiore al collo dei loro figli, e li credono pro­
tetti da ogni male. La stravagante opinione sulle virtù miracolose di questa
pianta ha incantato uomini gravemente sofferenti, anche l'esperienza del ce­
lebre Haller, è stata vana per sconfiggere le superstizioni legate all'ignoranza.
Ma dopotutto il colchico interesserà sempre i ricercatori, concentrati sui fe­
nomeni botanici più singolari. La corolla a sei dentelli screziati di violetto,
non ha né foglie né steli; un lungo tubicino, bianco come l'avorio, che non
è che un prolungamento del fiore, è il solo sostegno; è sul fondo di questo
tubo che la natura ha posto il seme, che non dovrà maturare che la primavera
seguente. li baccello che lo contiene, profondamente sepolto sotto l'erba, sfi­
da i rigori dell'inverno; ma, con le prime belle giornate, questa sorta di culla
esce dalla terra, e si crogiola al sole, circondata da un ciuffo di larghe foglie
dal verde splendente. Così, questa pianta, rovesciando l'ordine consolidato
delle stagioni, unisce i suoi frutti ai fiori di primavera e i suoi fiori ai frutti
d'autunno. Ma, da sempre, i teneri agnellini fuggono alla sua vista; la pasto­
rella si rattrista; e, se alle volte la malinconia intreccia una corona dei suoi
fiori di un blu morente, la consacra ai bei giorni passati che sono andati
per non tornare più.

- 72 -
OTTOBRE

LAUROCERASO
PERFIDIA.

Dalle parte di Trebisonda, sulle rive del mar Nero, cresce spontaneamente
l'alloro venefico, che nasconde sotto la leggiadra e brillante verzura il più fune­
sto di tutti i veleni; quest'albero, che adorna i boschetti in inverno, si riempie in
primavera di numerose piramidi di fiori bianchi cui seguono dei frutti neri si­
mili a piccole ciliegie; i fiori e le foglie hanno il gusto e l'odore della mandorla.
Si racconta che una madre premurosa, un giorno di festa, avesse intenzione di
preparare per la sua famiglia una deliziosa pietanza, mise qualche etto di zuc­
chero e un pugno di foglie di lauroceraso in una pentola di latte bollente. Alla
vista della festa organizzata gli occhi di tutti si riempirono di gioia. Ma sorpre­
sa ! Non appena assaggiarono il cibo fatale i visi di tutti si contrassero, i capelli
si drizzarono sulla testa, il respiro precipitò, mille sospiri confusi strinsero il
petto, un furore orribile li percosse, li agitò e s'impadronì dei sensi. La madre,
incredula, avrebbe voluto chiedere soccorso; ma colta dagli stessi sintomi, do­
vette condividere lo strano delirio cui non poté addurre rimedio. n sonno cal­
mò alla fine le vertigini di questa terribile ebbrezza. Ma come dovette sentirsi la
povera madre, quando il giorno dopo un esperto le rivelò che aveva dato ai figli
un veleno in tutto simile a quello della vipera? 10 Questo veleno, concentrato
nell'acqua distillata o nell'olio essenziale di lauroceraso, è così violento, che è
sufficiente metterlo a contatto con la più leggera ferita per uccidere un uomo
robusto. Delle regole preventive hanno proibito, in Italia, la vendita di questo
tremendo veleno. Ciononostante avidi distillatori lo distribuiscono sotto il no­
me di essenza di mandorlo amaro. Si dice anche che il profumo di questo ter­
ribile alloro, possa evocare dal cuore degli inferi il demone degli incubi ! Fuseli,
celebre pittore inglese, ha visto e dipinto con pennellate sublimi e bizzarre gli
effetti di una simile imprudenza. Si pensi che ·ma ragazza in preda al mal d'a­
more, per assicurarsi sogni sereni, ripose sotto . a cuffia un ramo di lauroceraso.
E presto un sonno pesante le serrò le palpebre. n fantasma evocato da un pro­
fumo che non può non riconoscere, apparve, e si sedette con il viso contratto in
una smorfia sul petto dell'incauta ragazza. n dolore era rivelato da ogni tratto
dell'imprudente ragazza, il capo si voltava con fatica, le braccia cadevano ai
bordi del letto, il seno palpitava e si sollevava ansimante, si sentiva soffocare,
l'arresto cardiaco sembrava minacciarla. Tormentata da una serie di sogni in­
coerenti, vedeva città assediate, vedove in lacrime, amanti stesi in bare sangui-

10 Fu Fontana che ottenne questo risultato.

- 73
AUTUNNO

nanti; e trasportata in un deserto, in una notte buia e gelida, un assassino l'in­


seguiva con un pugnale, e il più spaventoso precipizio ostacolava la fuga; dei
movimenti convulsi agitavano le membra, le mani si chiudevano, i piedi bloc­
cati non potevano tentare alcun movimento. Cercava invano di gettare un urlo,
le labbra tremanti non riuscivano ad articolare; si sforzava inutilmente di aprire
le palpebre paralizzate. Avrebbe voluto camminare, correre, nuotare, volare,
trascinarsi; ma la volontà non ha potere sul sovrano del sonno. L'odioso demo­
ne comprimeva ancora il suo seno, si muoveva, stava in equilibrio, roteava gli
occhi sanguinanti nelle orbite, ascoltava i suoi accenni imploranti e gioiva del­
l' orrore e della disperazione.

TUSSILAGINE ODOROSA
RENDERE GIUSTIZIA.

n genio, dissimulato sotto un'apparenza modesta, non colpisce gli occhi


dell'uomo volgare. Ma se gli sguardi di un uomo illuminato lo incrociano, su­
bito è riconosciuto, e ottiene l'ammirazione di coloro cui l'ottusa indifferenza
aveva impedito di comprendere. Un giovane mugnaio olandese, sentendosi
portato per la pittura, si esercitava, nel tempo libero, a rappresentare i luoghi
in cui viveva. n mulino, il gregge cui badava, un verde incantevole, i contrasti
del cielo, delle nuvole, del vapore, della luce e delle ombre, ed ecco che le
pennellate inesperte li riproducevano fedelmente. Non appena un quadro
fu finito, lo portò in un negozio di belle arti, che corrispose, quanto bastava
per fame un altro. Un giorno di festa, il locandiere del luogo, volendo abbel­
lire la sala in cui riceveva i suoi ospiti, acquistò due di questi quadri. Un cele­
bre pittore soggiornò in questa locanda, e ammirò il realismo dei paesaggi, of­
frì cento fiorini per quello che era stato stimato appena uno scudo, e,
commissionandone, promise di comprare per lo stesso prezzo tutte le opere
dello stesso autore. Ed ecco la reputazione del giovane pittore consolidata,
e il suo destino compiuto. Ma tanto saggio quanto felice, non dimenticò il vec­
chio mulino; se ne trova l'immagine in tutti i suoi quadri, veri e propri capo­
lavori. Chi crederebbe che le piante hanno lo stesso destino degli uomini, e
che hanno bisogno di un mentore per essere apprezzate?
La tussilagine odorosa, malgrado l'odore soave, è vissuta a lungo del tutto
ignorata ai piedi del monte Pila, dove senz' altro sarebbe fiorita ancora se un
botanico, M. Villau de Grenoble, non avesse saputo apprezzarne le qualità be­
nefiche. Questa pianta profumata sboccia in una stagione in cui tutti gli altri
fiori sono appassiti: e come il grande artista fece l'elogio del pittore sconosciu-

- 74 -
OTTOBRE

to, M. Villau fece quello dell'umile fiore; gli riservò una posizione privilegiata
nelle sue opere; e, da allora, la tussilagine, coltivata con cura, profuma sin dai
primi giorni di dicembre i saloni più eleganti.

GERANIO SCARLATTO
STUPIDITÀ.

La baronessa Madame de Stael si innervosiva tutte le volte che si tentava


d'introdurre, in società, un uomo privo di spirito. Un giorno un amico volle
presentarle un giovane ufficiale svizzero, dall'incantevole aspetto. Sedotta dal­
l'apparenza, si animò, e rivolse mille apprezzamenti lusinghieri al nuovo arri­
vato che sulle prime sembrò ammutolito dalla sorpresa e dall ' ammirazione.
Ma dopo un'ora che ascoltava senza aprire bocca, lei cominciò a diffidare
del suo silenzio, e gli rivolse delle domande talmente dirette, cui dovette ne­
cessariamente rispondere. Purtroppo ! non rispose che sciocchezze. Madame
de Stael si rivolse allo ra, irritata per avere sprecato attenzioni e interesse, verso
l'amico, e disse: «In verità, caro, mi ricordi il mio giardiniere, che stamattina
pensava di farmi piacere portandomi un vaso di gerani; ma io non l'ho accet­
tato, pregandolo di non portarne più in mio omaggio. - E perché mai? chiese
l'uomo, stupito. - Perché, se vuoi saperlo, il geranio è un fiore tinto comple­
tamente di rosso: tanto che quando lo si osserva piace; ma quando lo si stringe
leggermente, non esala che un odore repellente». Dicendo così, Madame de
Stael si alzò e uscì, lasciando le gote del giovane tanto rosse quanto l'abito
e il fiore cui era stato appena paragonato.

CIPRESSO
LUTTO.

In tutti i luoghi in cui questi alberi incrociano il nostro sguardo, il loro lu­
gubre aspetto suggerisce malinconici pensieri. Le loro alte piramidi rivolte al
cielo, gemono sollecitate dal vento. La luce del sole non riesce a penetrare l'o­
scuro spessore, e quando gli ultimi raggi proiettano la loro ombra sulla terra,
vi si riconoscerebbe un nero fantasma.
Nei boschi fioriti, il cipresso si erige come le raffigurazioni della morte,
che i romani, mostravano ai loro convitati, nell'impeto della loro folle gioia.
Gli antichi hanno consacrato il cipresso alle parche, alle furie e a Plutone:
e lo piantavano nei pressi delle tombe. Le popolazioni orientali hanno la stessa

- 75 -
AUTUNNO

tradizione. I loro cimiteri non sono spogli o abbandonati: ricoperti d'ombra e


di fiori, sono i luoghi delle cerimonie, sono viali pubblici che congiungono i
viventi a chi li ha preceduti. È noto il rispetto che i cinesi dimostrano per
le tombe degli avi. Spesso nei pressi di Costantinopoli, si vede una famiglia
di armeni stringersi nel recinto di un monumento funebre. Gli anziani trovano
spazio per meditare, i bambini si liberano alla gioia, e talvolta dei giovani
amanti si giurano amore di fronte agli amici presenti e a quelli che hanno per­
duto. Più lontano si può anche scorgere l' orfanello solitario seduto ai piedi del
cipresso che copre i genitori; vicino le loro tombe, si sente protetto. La vedova
sola, prostemata sulla pietra che copre il suo sposo, prega, cerca nell'immagi­
ne stessa della morte la speranza che la consoli; ma la madre disperata che ha
perso i figli non può trovare consolazione. 1 1

E tu, triste cipresso,


Amico fedele dei defunti, protettore della loro cenere,
n tuo fusto, caro alle anime malinconiche e tenere,
Lascia al mirto la gioia e la gloria al lauro.
Tu non sei l'albero felice dell' amante, del guerriero,
Io lo so che è il tuo lutto a compatire le pene.

BELLA DI NOTTE
TIMIDEZZA.

Solitaria amante delle notti,


Perché questi timidi voti,
Quando la mia musa al giorno che rigetti
Si appresta a rivelare le tue doti?
Si, per pudore, agli indiscreti
Occulta i tuoi fiori porporini;
E a noi estorsori dei tuoi tratti
Permetti ancora che li si indovini.

Quando l'alba viene a svegliare


Le brillanti figlie di Flora,
Solo tu sembri sonnecchiare
E temere il chiarore dell'aurora.
Quando l'ombra cela le loro tintarelle,
Tu riprendi allora la tua postura,

Il Geremia, XXV, 1 5 .

- 76 -
OTTOBRE

E dell'assenza delle tue sorelle


Consoli la natura.

Sotto il velo misterioso


Dello spaurito candore,
Non vuoi mostrarti al curioso,
E non ne emerge che il tuo splendore.
Si indaga, si vuole scoprire
Le dolci ricchezze da te celate;
Ah ! ma per ancora abbellire,
12
dona il tuo segreto alle nostre amate .

QUERCIA
0SPITALITÀ.

Gli antichi credevano che la quercia, nata insieme alla terra, avesse offerto ai
primi uomini cibo e riparo. Quest'albero consacrato a Giove faceva ombra alla
culla di questo dio, quando nacque in Arcadia, sul monte Liceo. La corona di
quercia meno stimata fra i greci della corona d'oro, sembrava ai romani la più
auspicabile delle ricompense. Per attenerla bisognava essere cittadini, avere uc­
ciso un nemico, riconquistato un campo di battaglia, e salvato la vita ad un ro­
mano. Scipione l' Mricano rifiutò la corona civica, per avere salvato il padre nel­
la battaglia della Trebbia: rifiutò questa corona, perché nell'azione stessa era
implicita la ricompensa. In Epiro, le querce di Dodone fornivano responsi ora­
colari; quelle della Galli a racchiudevano i misteri dei druidi. I celti adoravano
quest'albero: era il simbolo dell'ospitalità, virtù che gli era cara, tanto che dopo
il titolo di prode, quello di amico e straniero era ai loro occhi il più importante.
Gli amadriadi, le fate e i geni non incantano più le nostre oscure foreste;
ma l'aspetto maestoso di una quercia incute ancora ammirazione, rispetto e
timore. Ricca di forza e di vigore, quando svetta con la cima altera, ed estende
le braccia immense, dà l'idea di una protezione certa, di un'imperatrice. Spo­
glia del verde, immobile, battuta dal fulmine, richiama l'immagine di un an­
ziano che ha vissuto secoli fa, e non condivide le agitazioni della vita. I venti
impetuosi lottano talvolta contro questa fiera ginnasta: dapprima sussurra, ma
presto un suono sordo, profondo, malinconico fuoriesce dai corpulenti rami.
Tendendo l'orecchio, si direbbe di sentire una voce confusa e misteriosa che
racconta delle ancestrali superstizioni della terra.

12 Constant Dubos.

- 77 -
AUTUNNO

In Inghilterra, una sola quercia ha dato riparo a più di quattromila soldati,


nello stesso paese, nei pressi di Shrewsbury, la quercia reale, ancora verdeg­
giante, ricorda le sofferenze di Carlo II, fuggitivo nel suo stesso regno. Questo
principe trovò un riparo, un asilo, ma suo padre no .. . Che orribile ricordo
richiama, purtroppo ! l'Inghilterra non è stata la sola a macchiarsi del sangue
dei propri re . . .
Alle porte di Parigi, s i mostra ancora, nel bosco di Vincennes, il posto oc­
cupato un tempo dall a quercia sotto cui San Luigi, come un tenero padre,
pregava per rendere giustizia al suo popolo.

- 78 -
NOVEMBRE

AMARANTO
IMMORTALITÀ.

L'Amaranto è l'ultimo regalo dell'autunno. Gli antichi avevano associato


questo fiore agli onori supremi, cingendone la fronte degli dei. Alle volte i
poeti hanno accostato la sua vivacità al triste e cupo cipresso, volendo così
esprimere quanto i loro rimpianti fossero indissolubilmente legati a ricordi im­
mortali. Omero racconta che ai funerali di Achille i T essali si presentarono
con il capo coronato di amaranto. Malherbe, come se la propria gloria appar­
tenesse agli eroi che celebra, disse a Enrico IV:

La tua lode nel mio verso,


D'amaranto coronata,
Non sarà qui ultimata
Ma lo sarà nell'universo.

L'amore e l'amicizia si sono anche adornati d'amaranto. Nella ghirlanda di


Giulia, si legge questa quartina:

Io sono il fiore d'amore che d'amaranto ha il nome,


Che di Giulia adora i lucenti lumi,
Desistete, o rose: ho io l'immortal nome,
Sta solo a me di coronare i numi.

In un sentito idillio, M. Constant Dubos ha elogiato questo fiore che con­


sola dei rigori dell'inverno. Dopo aver pianto la perdita dei fiori e della prima­
vera, scrive:

Ti vedo, bello e nobile amaranto !


Vieni ad offrire, per lenire il mio tormento,
Del tuo velluto il ricco manto;
Così la mano dell'amico sempre accanto,
Quando tutto sfugge, viene ad asciugare il pianto.

- 79 -
AUTUNNO

n tuo dolce aspetto, della mia lira dolente,


Ha rianimato l'accordo languente:
Ultimo tributo di Flora fuggente,
Che tramanda, con il fiore cresciuto lentamente,
n ricordo del suo primo presente.

La regina Cristina di Svezia, che volle immortalarsi rinunciando al trono


per coltivare le lettere e la filosofia, fondò l'ordine dei cavalieri dell'amaranto.
La decorazione di quest'ordine era una medaglia d'oro impreziosita da un fio­
re d'amaranto a rilievo, con questa incisione: Dolce nella memoria.
Nei giochi floreali, a Tolosa, il premio ai più bei versi lirici è un amaranto
d'oro. Clemenza Isaure ne aveva fatto il simbolo dell'immortalità.

PREZZEMOLO
CERIMONIA.

n prezzemolo aveva buona reputazione fra i greci. Nei banchetti, corona­


va i capi di leggeri ram etti, che si credeva sollecitassero l'allegria e l'appetito.
A Roma, nei giochi istmici, i vincitori venivano coronati di prezzemolo. Si
credeva che questa pianta fosse originaria della Sardegna, dal momento
che questa provincia è rappresentata sulle medaglie antiche sotto forma di
una donna accanto ad un vaso da cui fuoriesce un mazzetta di prezzemolo;
ma questa pianta cresce naturalmente in tutti i luoghi freschi e ombreggiati
della Grecia, e anche nelle nostre province meridionali. Guy de la Brosse so­
stiene che cresca pure nei dintorni di Parigi, sul monte Valeriano; ma è pre­
sumibile che la pianta che indica con questo nome non sia il vero prezzemo­
lo, poiché si attribuisce a Rabelais la sua introduzione in Francia, che, se
bisogna dare credito ai sapienti, l'importò da Roma insieme alla lattuga ro­
mana; se così fosse, avrebbe fatto bene ad attribuire il suo nome a questo
modesto dono. n Rabelais, come la Regina Claudia, è stato celebrato dai go­
losi di tutte le età. Peraltro, il bellissimo verde di questa pianta accresce la
raffinatezza e l'eleganza delle pietanze che contorna: è il lusso del lesso di
manzo con verdure; consente ai cibi più deliziosi di farsi apprezzare al me­
glio. Un rametto d'alloro e una coroncina di prezzemolo sono le prerogative
che si convengono al dio delle cerimonie. Queste piante si sono prestate ai
più nobili usi; ma, nel secolo dei gastronomi, non è il caso di rievocare cosa
si facesse nel secolo degli eroi.

- 80 -
NOVEMBRE

CORNIOLO SELVATICO
DuRATA.

Il corniolo non è più alto di diciotto piedi: vive secoli; ma è molto lento a cre­
scere; fiorisce in primavera, ciononostante non offre i suoi frutti d'un rosso ac­
ceso che all'inverno. I greci avevano consacrato quest'albero ad Apollo, senza
dubbio perché questo dio presiedeva alle opere dello spirito che richiedono mol­
to tempo e riflessione. Affascinante simbolo caro a coloro che desideravano col­
tivare le lettere, l'eloquenza e la poesia, e che peraltro, per meritare la corona di
alloro, indossavano a lungo quella della pazienza e del pensiero. Dopo che Ro­
molo tracciò i confini della sua città natale, lanciò il giavellotto sul monte Pala­
tino. Il giavellotto, realizzato in legno di Corniolo, mise radici, crebbe, produsse
rami, foglie, divenne un albero; questo prodigio fu considerato lieto presagio
della forza e della potenza che avrebbe caratterizzato quest'impero nascente.

PAGLIA INTERA
UNIONE.

PAGLIA SPEZZATA
ROTTURA.

La tradizione di spezzare la paglia, per esprimere che tutti i giuramenti


sono rotti, risale agli albori della monarchia; si potrebbe dire che ha un'origine
quasi regale.
I vecchi cronisti raccontano che nel 922 , Carlo il Semplice, vedendosi ab­
bandonato dai principali signori della sua corte, commise l'imprudenza di
convocare l'assemblea al Campo di Maggio, a Soissons. Qui cercò dei soste­
nitori, non trovò che dei faziosi la cui debolezza accresceva l'audacia. Gli
uni gli rimproverarono l'indolenza, gli sperperi e la cieca fiducia nel ministro
Haganon; gli altri si sollevarono contro le concessioni a Raoul, capo dei nor­
manni. Oppresso dai loro moti sediziosi, pregò, promise, credette di uscirne
con nuove promesse, ma invano. Toccato nel vivo e senza risorse, la loro au­
dacia non trovò più remore: dichiararono che non l'avrebbero più riconosciu­
to come loro re. Proferite queste parole, rincarate dalla violenza e dalle vessa­
zioni, si diressero ai piedi del trono, spezzarono le paglie che tenevano in
mano, le gettarono bruscamente per terra, e si ritirarono, dimostrando con
questo gesto la rottura definitiva.

- 81 -
AUTUNNO

Quest'esempio è il più antico che ci sia pervenuto; ma, dimostra che, da


molto tempo, questo modo di sciogliere un giuramento doveva essere in uso,
visto che i grandi vassalli non ritennero fosse necessario aggiungere una sola
parola che potesse servire a spiegare l'azione: erano quindi certi d'essere stati
compresi, e così fu.
Tanto tempo divide questa impressionante scena da quella più comica del
Dépit amoureux di Molière; ciononostante l'una ha la stessa origine dell'altra:
prendono spunto dalla stessa tradizione popolare; indipendentemente dalla
distanza nel tempo. Ciò che serviva a destituire un re, a rovesciare un governo,
oggi non può che spezzare un cuore.
Sfortunati gli amanti le cui rotture si sono concluse come le rivoluzioni dei
vecchi tempi !

MAZZO DI FIORI
MORIREMO INSIEME.

Si sa che una certa quantità di fiori e di frutti vizia l'aria, finché non è più
respirabile e causa la morte.
Questa triste proprietà ha ispirato al poeta tedesco Freiligrath una toccan­
te elegia; intitolata: La vengeance des fleurs.
Al ritorno da un corso di botanica, due ragazze tornano a casa, chiudono
le finestre, si stendono e s'addormentano. Ai loro piedi, in una cesta, si trova­
no i fiori che hanno da poco raccolto. Imprudenti ! Arriverà la madre, chi le
avvertirà del pericolo che corrono? Già l'aria è malsana, l'atmosfera della stan­
zetta pesa e non è più respirabile, e le due ragazze oppresse si dibattono silen­
ziose sul letto. All'improvviso, dal centro della cesta di fiori si sollevano gli spi­
riti del narciso e della tuberosa. Queste due ninfe leggere danzano in cerchio
cantando: Ragazze ! ragazze ! Perché ci avete tolto la vita? la natura non ci dà
che un giorno, e voi l'avete spezzato ! Oh ! Com'era bella la rosa ! Com'era ra­
dioso il sole ! E ciononostante bisogna morire ! Ma noi saremo vendicate ! . .. E,
così dicendo, le due ninfe sempre volteggiando, gemendo, si avvicinarono al
letto delle ragazze, e soffiarono sul loro viso i velenosi profumi. Povere ragaz­
ze ! le guance livide ! le labbra pallide ! le braccia contorte ! Già ! il loro cuore
non batte più, non respirano; si sono spente insieme. I fiori si sono vendicati !

- 82 -
INVERNO
DICEMBRE

FOGLIE MORTE
TRISTEZZA. MALINCONIA.

L'inverno avanza; gli alberi hanno perso le foglie dopo essere stati spoglia­
ti dei frutti; il sole, allontanandosi, riversa sw fogliame dei colori cupi e me­
tallici; il pioppo si copre d'un dorato pallido e spento, mentre l'acacia ripiega
le leggere foglioline, che i raggi del sole non sveglieranno più: ciononostante la
betulla lascia ondeggiare la lunga chioma già priva di ornamenti, e l'abete, che
deve conservare la verde piramide, la mantiene in equilibrio nell'aria. Si vede
la quercia immobile; resiste alla forza del vento, che non riuscirà a spogliare la
sua cima altera; ma la regina delle foreste cederà alla primavera le foglie rosse
dell'inverno. Si direbbe che ogni albero sia turbato da passioni differenti; l'u­
no si inclina sentitamente, come se volesse rendere omaggio a chi non vacillerà
sotto la tempesta; l'altro sembra volere stringersi al compagno, sostegno della
sua fragilità, e, mentre confondono, intrecciano i loro rami, un terzo si agita
senza trovare pace, come se fosse circondato da ogni sorta di nemico: il rispet­
to, l'amicizia, l'odio, l'ira, penetrano a turno dall'uno all'altro. Così, battuti dai
venti, e agitati da tutte le passioni, emettono lunghi muggiti, si direbbero le
grida confuse di un popolo in allarme: non c'è voce che emerga; solo rumori
sordi, profondi, uguali a sé stessi, che spingono l'anima in un inquieto delirio:
spesso si vedono cadere per terra, già non più verdi, nuvole di foglie morte;
coprono il sole di una veste vacillante. Com'è estasiante contemplare il tem­
porale che le spinge, le disperde, le scuote, e tormenta questi tristi resti di
una primavera che non tornerà.

I prati hanno perduto il vigore.


Appena una gemma isolata
Inclina una fronte senza colore
Nella vallata disabitata;
Un cupo e triste vapore
Vela la riva desolata,

- 85 -
INVERNO

E sulla foresta ondeggiata


I venti soffiano con furore.
Ah ! nelle foreste senza protezione
Lungo i poggi sfioriti,
La sera, al rumore sordo del ciclone,
Camminando sui tristi relitti,
Andrò a vedere il restante fogliame
Cadere sui fili d'erba appassiti.
Cedendo al malumore,
Là, degli amici scomparsi
Invocherò le ombre care
E, con i sensi dolcemente scossi,
Lascerò la mia vita scorrere
Rivolgendo le mie mire
Ai tempi dove non sarò più. 1

SORBO
PRUDENZA.

Ogni albero, ogni pianta ha una fisionomia che le appartiene, e che le con­
ferisce una personalità. n mandorlo sventato desidera donare quanto prima i
suoi fiori alla primavera, correndo il rischio di rimanere senza frutti per l' au­
tunno, mentre il sorbo, che cresce lentamente, non dà i suoi frutti finché non
riacquista tutte le forze, e allora il suo raccolto è assicurato. Ecco perché è sta­
to eletto simbolo della prudenza. Quest'albero, così leggiadro, così resistente,
mantiene tutto l'inverno i suoi frutti di un rosso acceso; li si vede spiccare fra
la neve; è una messe che non si raccoglie che in inverno, e che la Prowidenza
ha riservato agli uccellini.

VISCHIO COMUNE
Io SUPERO OGNI OSTACOLO.

n vischio è un piccolo arbusto che cresce sulla cima degli alberi più mae­
stosi; la quercia superba ne viene cinta, e lo nutre della propria sostanza. I
druidi avevano una sorta di adorazione per una fragilità così superiore alla for­
za; il tiranno della quercia gli sembrava parimenti temibile per gli uomini e per

l AlMÉ MARTIN, Lettres à Sophie, t. I.

- 86 -
DICEMBRE

gli dei. Ecco cosa raccontavano per avvalorare questa tesi: un giorno Balder
disse alla madre Friga, che pensava che sarebbe morto. Friga scongiurò il fuo­
co, i metalli, le malattie, l'acqua, gli animali, i serpenti, di non fare alcun male
a suo figlio, e gli scongiuri di Frida erano così influenti, che niente poteva op­
porvi resistenza. Balder si diresse allora nei combattimenti degli dei, al centro
delle frecciate, senza temerle. Loke, suo nemico, volle scoprirne la ragione; si
mutò in una vecchietta, e andò a trovare Friga. Le disse: «Durante i combat­
timenti, le frecce e le rocce cadono su tuo figlio senza ferirlo. - Lo credo bene,
disse Friga; tutti questi elementi hanno prestato giuramento, non c'è niente
nella natura che possa ledergli: ho ottenuto questa grazia da tutto ciò che
ne abbia un qualche potere; non c'è che un piccolo arbusto cui non l'ho chie­
sto, perché mi è sembrato troppo fragile; si regge sulla corteccia di una quer­
cia, e ha appena una radice; vive senza terra; si chiama mistiltein; è il vischio».
Questo raccontò Friga. Loke immediatamente si diresse alla ricerca di que­
st'arbusto; e, recatosi all'assemblea degli dei mentre combattevano contro l'in­
vulnerabile Balder, dal momento che i giochi erano dei combattimenti, si av­
vicinò al cieco Heder: «Perché, disse, non lanci delle frecce anche a Balder? -
Sono cieco, rispose Heder, e non ho armi». Loke gli presentò il vischio della
quercia, e gli disse «Balder è davanti a te». li cieco Heder lanciò il vischio;
Balder cadde ferito a morte. Così il figlio invulnerabile d'una dea fu ucciso
da un ram etto di vischio lanciato da un cieco. Questa è l'origine del rispetto
portato dai galli a quest'arboscello.

UNO STRATO DI MUSCHIO


AMoRE MATERNO.

J.J. Rousseau, tormentato a lungo dalle sue passioni, e perseguitato da


quelle di altri uomini, dedicò gli ultimi anni della sua vita allo studio della na­
tura; non s'interessava, non amava che lei, e la passione per la botanica addol­
cì tutti le sue sofferenze e alleviò ogni patimento: lo studio del muschio so­
prattutto aveva per lui un fascino particolare: «è lui, affermava spesso, che
dona alle campagne un'aria gioiosa e fresca; abbellisce la natura dove i fiori
sfioriscono, e dove gli steli appassitisi si confondono con la polvere dei campi.
In effetti, è in inverno che i muschi offrono agli occhi dei botanici il verde
smeraldo, le nozze segrete, gli affascinanti misteri delle urne e delle anfore
che racchiudono la loro discendenza».
Come gli amici che non si scoraggiano né per l'infelicità, né per l'ingrati­
tudine, i muschi banditi dai campi coltivati, avanzano verso i terreni aridi e

- 87 -
INVERNO

incolti, per concimarli della loro stessa sostanza, che poco a poco rende la ter­
ra fertile; si estendono alle paludi, e presto le trasformano in valide e ridenti
praterie. L'inverno, quando niente è più in vegetazione, sono loro che trasfor­
mano l'anidride carbonica che vizia l'aria che respiriamo, per purificarla e os­
sigenarla; in estate formano, all'ombra delle foreste, dei tappeti erbosi dove i
pastori, l'innamorato e il poeta amano riposarsi; gli uccellini ne tappezzano i
nidi che preparano alla famigliola che nascerà, e lo scoiattolo ne riempie la
dimora circolare. Che dico? Senza queste piante, così sottovalutate dagli uo­
mini, una parte del globo sarebbe totalmente inospitale.
Ai confini del mondo, i lapponi ricoprono di muschio i sotterranei, dove,
si raccolgono le famiglie, e sfidano gli inverni più lunghi; i numerosi branchi di
renne non si cibano d'altro; e ciononostante procurano ai loro proprietari dei
deliziosi latticini, un cibo nutriente e delle calde pellicce: riunendo, per lo
svantaggiato lappone, tutti i vantaggi che si ricevono separatamente dai bovi­
ni, dai cavalli e dalle greggi. I lapponi, riuniti intorno a grandi tegami, celebra­
no, al suono dei tamburi magici, le aurore boreali che illuminano le lunghe
notti; cantano delle virtù dei loro avi o delle loro stesse gesta, mentre le loro
donne, sedute accanto, tengono al caldo, in culle di muschio, i neonati avvolti
in pellicce d'ermellino.
Popolazioni fortunate, che ignorate le nostre guerre, le cerimonie, i pro­
cessi, le miserie ! Ogni giorno, nella tranquillità dell'innocenza, ringraziate
gli dei di essere nati in un posto sereno, di avere tradizioni semplici, un'aria
pura e del muschio profumato ! La natura, benefica in questi climi malinconi­
ci, ricopre di muschio tutto ciò che vegeta e respira, come un vello vegetale
pensato per proteggere i figli più sfortunati dalle galaverne, e per riscaldarli
sul suo seno materno.

LE CORONE
SIMBOLI DEI FIORI FRA DIFFERENTI POPOLAZIONI.

Dal momento in cui si affacciarono sulla terra una famiglia, un prato, un


albero, un ruscello, si amano i fiori. Le popolazioni orientali, società meno
avanzate, non anelano ad altro se non che a vivere per l'eternità in un incan­
tevole giardino distesi sui campi in fiore e attorniati da belle donne; del resto
in queste lussureggianti terre, la donna non è che un grazioso fiorellino creato
per addolcire la vita, e distrarre dalle preoccupazioni. Si coltiva la bellezza nei
serragli d'Asia, come una rosa in un'aiuola, e si esige dalle donne che siano
belle come una rosa. Le popolazioni religiose che abitano le sponde dell'Indus

- 88 -
DICEMBRE

e che bevono le acque del Gange, considerano alcuni fiori che non verranno
mai colti, come le dimore passeggere delle ninfe e delle silfidi. n dovere di an­
naffiare queste piante predilette, è riservato alle Bramine ancora vergini, che
pure le intrecciano per ornare i templi e sé stesse. Le giovani baiadere copro­
no il loro capo con una gigantesca corolla di aristolochia; realizzano collane di
fiori di mougris, e cinture di fiori di plumeria. Nel sontuoso Egitto, questa pas­
sione è spinta il più avanti possibile, si pensi che Amasis, da semplice segre­
tario, divenne generale dell'esercito del re Partanis, per avergli donato una
ghirlanda di fiori. Successivamente, lo stesso Amasis sedette sul trono d'Egit­
to; un trono valse addirittura il premio di una semplice ghirlanda. I greci, di­
scepoli degli egiziani, si dedicano alla stessa passione. Ad Atene, tutti i giorni
si esponevano al mercato delle ceste che venivano immediatamente vendute.
E proprio qui awenne la celebre lite fra Pausias, famoso pittore di Sicione, e
la fioraria Glycéra, sua moglie; fu, raccontava Plinio, un immenso piacere os­
servare scontrarsi l'opera naturale di Glycéra contro l'arte di Pausias, che all a
fine dipinse la moglie stessa, seduta mentre realizzava una ghirlanda di fiori. I
fiori erano non solo allora, come oggi, l'ornamento degli altari e i fronzoli del­
la bellezza; ma i giovani se ne coronavano durante i giochi, i preti durante le
cerimonie, i convitati durante i banchetti; bouquet e ghirlande erano appesi
alle porte in circostanze liete e, estraneo ai nostri costumi, i filosofi stessi in­
dossavano delle corone, e i guerrieri se ne ornavano il capo nei giorni di trion­
fo: dopotutto le corone divennero presto il premio e la ricompensa per il ta­
lento, la virtù, e le grandi imprese. n tempo, che ha rovesciato gli imperi, non
ha cancellato questo linguaggio emblematico, giunto fino a noi in tutta la sua
efficacia; le corone di quercia, di mirto, di rose, di alloro, sono ancora desti­
nate ai guerrieri, ai poeti e agli amori. I fiori un tempo consacrati agli dei era­
no i simboli del loro essere e della loro forza. n giglio superbo apparteneva a
Giunone, il papavero a Cerere, l'asfodelo ai Mani, il giacinto e l'alloro ad
Apollo, l'ulivo a Minerva, l'edera a Bacco, il pioppo ad Ercole, il cipresso a
Plutone, la quercia a Giove. n significato, l'interesse e l'uso dei fiori, si tra­
mandò dai greci ai romani, che spinsero questa passione alla follia; cambiava­
no tre volte corona durante un solo pasto, ritenevano infatti che una ghirlanda
di rose rinfrescasse la mente e preservasse dai fumi del vino; e pure, volendo
godere di una doppia ebbrezza, sparsero dei fiori intorno l'acqua, in modo da
produrre l'effetto che avrebbero dovuto prevenire. Heliogabale faceva cospar­
gere dei fiori più rari, i suoi giacigli, gli appartamenti e i portici, e, molto pri­
ma di lui, sembra che Cicerone rinfacciò a Verre d'avere attraversato la Sicilia
su una lettiga, seduto su delle rose, con una corona di fiori sul capo e al collo.
Durante il medioevo la cultura dei fiori venne tralasciata. Nei tempi di de­
vastazioni e barbarie, la terra sembrava stringersi al suo seno e a malincuore

- 89 -
INVERNO

accordare agli uomini un tributo. La passione per i fiori si diffuse con l'amore
cortese; il regno della bellezza fu anche quello dei fiori, che presero vita, la
composizione dei bouquet non fu più casuale, da allora ogni fiore racchiuse
un significato. Se un cavaliere si congedava per una lunga impresa, la sua ghir­
landa, formata da violacciocche rosse e fiori di ciliegio, sembrava suggerire al­
l' amata: «conserva il mio ricordo e non ti scordar di me». Se invece avesse
scelto una dama, e le avesse chiesto l'onore di servirla, e la donna, si fosse mo­
strata con una corona di margherite bianche, la risposta era: «Ci penserò». Se
invece desiderava rendere felice l'innamorato, realizzava una corona di rose
bianche, che avevano il dolce significato di Ti amo! Ma se la proposta veniva
rifiutata, il fiore del dente di leone indicava che il suo cuore batteva già per
qualcun altro, pertanto lo spasimante non avrebbe dovuto riporre alcuna spe­
ranza, e perdere tempo. Le foglie d'alloro indicavano felicità assicurata; il gi­
glio delle convalli o il gladiolo, la nobiltà e la purezza delle azioni e del com­
portamento; dei rametti di tasso annunciavano un'unione felice, e un mazzetta
di basilico indicava che si era irritati e confusi. Un tempo l'amore armato di un
bouquet poteva osare di tutto, un fiore in mano esprimeva spesso più di quan­
to non si sarebbe osato dire nel più tenero bigliettino.
I turchi, come tutti gli orientali, hanno adottato il linguaggio dei fiori; ma
l'hanno corrotto aggiungendo al loro significato quello dei nastri, delle stoffe e
di mille altre cose; tuttavia hanno conservato la più viva passione per i fiori, e,
malgrado l'innata avarizia, spendono spesso molto più per un bouquet che
per un diamante. La festa dei tulipani è di una tale magnificenza, che la de­
scrizione apparirebbe fantastica perfino nelle Mille et une Nuits.
La scoperta di un nuovo mondo, i viaggiatori, i saggi e gli abili coltivatori,
hanno poi talmente moltiplicato la varietà dei fiori dei giardini, che la più mo­
desta aiuola brilla soprattutto in autunno dei tributi della terra intera. Ogni
fiore ci trasmette un piacere e un'emozione sempre nuova. Si è cercato di fis­
sarne qualcuna cercando, nella natura di ogni pianta, il nesso con il nostro
senso morale. La poesia da sempre regala questi felici connubi; le più evoca­
tive immagini, i più attraenti paragoni. È sufficiente dunque dare un'anima ai
fiori perché il loro linguaggio, passando di bocca in bocca, diventi un giorno
un linguaggio universale. Le corone di un tempo saranno per sempre i primi
messaggeri di quest'affascinante linguaggio; altri verranno presi in prestito dai
popoli orientali, che l'hanno arricchito di nuovi caratteri con i loro più splen­
didi fiori; e altri �celti in questo libro immenso i cui fogli sono sparsi per tutta
la terra.

- 90 -
GENNAIO

IL LINGUAGGIO DEI COLORI.

Giacché il dio del giorno nelle sue dodici crociere


Abita tristemente dell'acquario la costellazione,
Che i monti sono ancora assediati dalle bufere,
E che i prati ridenti sono inghiottiti dall'alluvione;

in una parola, poiché i mesi d'inverno ci offrono ancora qualche fiore sbiadito,
bisogna farvi fronte, riprendendo l'uso che gli antenati sapevano fare dei colori.
Ai bei tempi della cavalleria, dove la bellezza regalava corone, dove tutte
le cerimonie erano dei giochi battaglieri, dove tutti i giochi erano un omaggio
reso alla gloria e alle dame, si sentì la necessità di creare un nuovo linguaggio
che potesse, parlando soltanto agli occhi, evocare sentimenti che le labbra non
osavano esprimere. Questa fu l'origine dell'ingegnosa unione delle conversa­
zioni e dei colori che caratterizzavano i cavalieri. Quando un amante disperato
si presentava sulla lizza, dimostrava il suo amore con prove di valore; ma il
gonfalone e il mantello, abbinati al rosso e al violetto, annunciavano la pena
dell' anima: se, dopo la vittoria, la dama decideva di voler mettere fine al
suo tormento, mostrava il giorno dopo il verde dello spino bianco, intrecciato
a nastri rosa, con il significato di speranza d'amore.
La cotta d'arme di un cavaliere, tinta di grigio rossastro, indicava che la
gloria lo allontanava da più dolci combattimenti. Il giallo, unito al verde
e al violetto, testimoniava che aveva conquistato l'amata, e non doveva scon­
trarsi con guerrieri modesti.
Ma i nostri padri si sono spinti ancora più lontano; e l'arte di lasciare dia­
logare i colori fu ampiamente perfezionata, si è addirittura stilato un manuale
di abbigliamento morale per l'uomo e per la donna, di cui qui verranno ricor­
dati alcuni brani tratti da un libro gotico, tanto curioso quanto singolare. 2

2 Le langage des couleurs en armes, livrées et devz�es, testo di fondamentale importanza per sa­
pere e conoscere di ciascun colore proprietà e virtù. E in vendita a Lyon, vicino Notre-Dame-de­
Monfort, da Olivier Amoulet. Un piccolo vol. in- 1 8 , gotico, senza data.

- 91 -
INVERNO

ABBIGLIAMENTO MORALE DELL'UOMO SECONDO I COLORI .

«E, in primo luogo, il berretto o cuffia, deve essere scarlatto, che significa
prudenza; il cappello deve essere di colore ceruleo, che dimostra ingegno, in
segno dell'ingegno che viene da Dio che è nei cieli, il cielo è colore ceruleo; e,
così, l'ingegno si unirà alla prudenza. li farsetto sarà nero, che significa ricco
del coraggio che deve racchiudere il cuore e il corpo dell'uomo; i guanti sa­
ranno gialli , che denota libertà e gioia di vivere; la cintura deve essere violetta,
che significa amore e cortesia; la saia verrà conciata scura, che significa dolore
e tristezza, di cui siamo ogni giorno vestiti».

ABBIGLIAMENTO MORALE DI UNA DAMA SECONDO I COLORI.

«E, prima di tutto, signora o signorina devono indossare le pantofole nere,


che denotano semplicità; ciò indica alle donne il dovere di camminare con natu­
ralezza e non inorgoglite. E, ancora, la dama, di qualunque status sia, deve por­
tare le giarrettiere, che dovranno essere bianche e nere, da cui traspare il fermo
proposito di perseverare nella virtù, poiché il bianco e il nero, non cambiano mai
naturalmente. Dopo, la cotta dev'essere di un damascato bianco, che dimostra
onestà e castità imprescindibili in una donna; idem, dev'essere il pezzo davanti
di tessuto cremisi, che sarà detto la parte dei pensieri devoti e ardenti verso Dio».
«Infine, la veste di una gran dama dovrà essere di tessuto dorato, che rap­
presenta il buon contegno; del resto, l'oro piace alla vista della gente; e il buon
contegno di una dama è motivo per essere apprezzata e riverita».
Ecco gli abiti dalla perfetta moralità; ma il nostro secolo potrà mai trovarli
interessanti? non ispireranno piuttosto terrore alle donne? in una parola, la
moda oserà mai presentare degli abiti soffocati da rigide virtù? Ecco cosa
non si oserebbe dire. È da tempo che si rievoca la saggezza dei nostri padri, e
tuttavia non si è visto ancora in niente che ci si sia presi la briga di imitarli.
Non si andrà più nel dettaglio per quanto riguarda questo paragrafo, nel
quale sono comunque inclusi i significati dei principali colori.

IBERIDE DI PERSIA, TLASPI PERENNE


INDIFFERENZA.

Vedi come in primavera tutto si arricchisce:


Le grazie fanno fiorire la rosa;
L'aria tace, il torrente si assopisce,

- 92 -
GENNAIO

E nel cuore dei mari si riposa.


In questo cristallo brillante e puro,
Già il cigno si tuffa e nuota,
Mentre l'uccello durante la traversata
Fende lentamente il cielo azzurro;
Del giorno più dolce è il baleno;
Le nuvole oscure sono escluse,
Dai tesori che racchiude il terreno
Le gemme si sono schiuse;
Sui rami, sotto la copertura,
Dappertutto nasce il frutto o il fiore
La vite ha ritrovato la sua frescura,
3
L'ulivo il suo frutto, il riparo dal calore.

La bella stagione, che risveglia tutta la natura, e che ispira al poeta degli
Amori i versi più deliziosi, sembra sfiorire invano per la fredda iberide: questa
pianta, in tutte le stagioni, mostra le foglie verdi e i corimbi bianchi e inodore;
spesso per cogliere i suoi semi, la mano del giardiniere stacca il velo fiorito che
persistentemente li ricopre. Così, la primavera e l'amore passano senza abbel­
lire quest'insensibile. La maternità accade senza sciuparla; conserva la sua fi­
gura fino al suo sfiorire; e, sebbene il suo chiarore richiami quello di altri fiori,
è molto poco per consolare della loro assenza, e per impedire di rimpiangere
le loro grazie e i dolci profumi.
È senza dubbio per via dell'aspetto che non cambia mai, che le donne d'o­
riente, che hanno inventato il linguaggio dei fiori, hanno attribuito all'iberide
di Persia il simbolo dell'indifferenza.

VIBURNO LAUROTINO
lo MUOIO SE TI NEGHI.

Questo grazioso arbusto, originario della Spagna, arricchisce i boschetti


d'inverno; si mostra brill ante di verde e di fiori in un periodo in cui gli altri
ne sono spogli.
Né il soffio ardente dell'estate, né la fredda tramontana d'inverno lo pri­
vano del suo fascino; tuttavia, per conservarlo, bisogna assicurargli assidue cu­
re. Simbolo di un'amicizia costante e sincera, cerca sempre di piacere, ma
muore se lo si trascura.

3 Anacreonte, traduzione di Saint-Victor.

- 93 -
INVERNO

ALLORO
GLORIA.

Ho visto in Italia, a Isola Bella, degli Allori grandi come querce. Sulla cor­
teccia di uno di questi allori, si leggeva: Marengo. Questa parola era stata in­
cisa, da Bonaparte, una sera, di passaggio, quando stava raggiungendo il suo
esercito. Nessuno poteva allora immaginare che l'illustre guerriero avesse se­
gnato così in anticipo il campo della sua vittoria. Sotto questo alloro, Bonapar­
te sognò l'impero del mondo. Oh ! grandezza ! Oh ! miseria ! la parola è soprav­
vissuta all'impero, e all'eroe ! Si leggeva ancora nel 1 8 1 6, ma andava svanendo
mentre cresceva, come l'eroe che l'aveva tracciata, e che non fu mai grande
quanto a Sant'Elena.
I greci e i romani consacrarono le corone d'alloro ad ogni tipo di gloria. Se
ne coronavano il capo i guerrieri e i poeti, oratori e filosofi, vestali e impera­
tori. Questo grazioso arbusto cresce diffusamente nell'isola di Delfi, sulle
sponde del fiume Peneo. Qui, i suoi rami aromatici e sempreverdi si slanciano
all'altezza dei grandi alberi; e si ritiene che, per qualche facoltà segreta, allon­
tani il fulmine dalle rive che incanta.
L'affascinante Dafne era figlia del fiume Peneo; venne amata da Apollo; ma
preferendo la virtù all'amore del più eloquente degli dei, per paura d'essere se­
dotta ascoltandolo, fuggì; Apollo la inseguì; e quando stava per raggiungerla, la
ninfa invocò il padre, che la mutò in alloro. L'innamorato, non stringendo fra le
braccia che un'insensibile corteccia, fece risuonare questo lamento:
Giacché del cielo la volontà gelosa,
Non permette che tu sia mia sposa,
Sìi il mio albero per lo meno, che il tuo felice fogliame
Abbracci la mia faretra, il mio arco e le mie chiome;
Ai muri del Campidoglio, alle brillanti feste
Dove Roma sfoggerà le sue numerose conquiste,
Tu sarai dei vincitori ornamento e onore.
I tuoi rami rispettati dalla nemica folgore,
Del palazzo dei Cesari proteggeranno l'entrata;
E come del mio capo la giovinezza consacrata
Non proverà mai le ingiurie del tempo,
4
Che la tua foglia conservi di primavera un eterno tempo.

4 M. DE SAINT-ANGE, Métamorphoses d'Ovide.

- 94 -
GENNAIO

UN RAMO DI AGRIFOGLIO
PREVIDENZA.

La previdenza della natura si rivela perfettamente in quest'ammirevole


pianta. I grandi agrifogli che crescono in abbondanza nella foresta di Need­
wood, hanno una cintura di spine che si erige a otto o dieci piedi d'altezza;
a quest'altezza le foglie cessano di essere una difesa; diventano tenere e rag­
gruppate: la pianta non ha più bisogno di protezione contro nemici che
non possono raggiungerla. Quest'albero, dal verde brillante, è l'ultimo decoro
delle foreste spoglie d'inverno; le sue bacche servono per nutrire gli uccellini
che non emigrano; presta loro il suo fogliame, che si rivela un tetto ospitale
pronto per riceverli durante la brutta stagione. Anche i daini e i cervi stessi
vi cercano riparo: si nascondono dietro la neve che si accumula tutt'intorno,
scivolando sulle foglie, disposte come delle tegole di un padiglione cinese, di
cui quest'albero imita la forma elegante e piramidale.
Sembra quasi che la natura, teneramente previdente, si sia presa cura di
conservare tutto l'anno le foglie di questo delizioso albero, e di averlo armato
di spine per proteggere le altre creature innocenti che vengono a cercare rifugio:
è un amico la cui forte mano li protegge quando tutto sembra abbandonarli.

LAUREOLA FEMMINA, o DAFNE


CIVETTERIA, VOGLIA DI PIACERE.

n gambo dell'aureola femmina, o dafne, è ricoperta da una corteccia spes­


sa che gli conferisce la parvenza del legno secco. La natura, per nasconderne
la deformità, ha circondato ciascuno dei suoi rami d'una ghirlanda di fiori
porporini, che si allungano a spirale, e terminano in un ciuffetto di foglie
che richiama la forma di una pigna.
Un profumo indefinibile, soave e pericoloso, esala dai suoi steli leggeri,
che spesso fioriscono verso la fine di gennaio.
Questa pianta appare fra la neve, rivestita della sua affascinante veste; si
direbbe una ninfa imprudente e civettuola, che, semi congelata, si veste, in
pieno inverno, dell'abito primaverile.

- 95 -
INVERNO

BUCANEVE
CONSOLAZIONE.

L'aquilone geme, la galaverna sovraccarica gli alberi spogli; un tappeto


bianco, uniforme, copre la terra; gli uccelli tacciono, l' acqua prigioniera
non mormora; i raggi pallidi d'un sole sbiadito rischiarano le campagne; il
cuore umano si rattrista, sembra che tutto sia spento nella natura.
Un fiore delicato appare all'improvviso sotto il velo di neve che copre i
campi; mostra ai nostri occhi esterrefatti le campanelle d'avorio, che portano
in grembo un leggero punto di verde, come se fossero state contrassegnate
dalla speranza. Sbocciando sulla neve, questo splendido fiore sembra sorride­
re ai rigori dell'inverno, e dire: sono qui a mitigare le vostre inquietudini; sono
qui a consolarvi dell'assenza delle belle giornate.

ALOE
DOLORE, AMAREZZA.

L'aloe si lega al suolo con deboli radici, e cresce nel deserto; il suo sapore è
molto aspro. Così, il dolore ci allontana dal mondo, ci separa dalla terra, e riem­
pie i nostri cuori d'amarezza. Queste piante vivono quasi interamente d'aria;
hanno una forma singolare e bizzarra. V aillant ha scoperto molteplici varietà
molto diffuse nei deserti di Namaquois; alcune hanno delle foglie lunghe sei
piedi, carnose e armate di un lungo aculeo: dal centro di queste foglie si erige
un alto scapo leggero dell'altezza di un albero, tutto adornato di fiori; altre si
erigono, come dei cactus, irte di spine; altre ancora sono screziate, e simili a ser­
penti che strisciano per terra. Brydone ha visto l'antica città di Siracusa tutta
ricoperta di grandi aloe in fiore; i suoi gambi eleganti donano al promontorio
che segue la costa, l'aspetto di una foresta incantata. Queste piante crescono
molto bene nei nostri giardini; la collezione del Museo di Parigi è la più com­
pleta al mondo. Queste piante magnifiche e mostruose sono state esportate in
Africa; crescono nelle rocce, sulla sabbia arida, nella stessa atmosfera rovente
respirata dalle tigri e dai leoni. Bisognerebbe ringraziare la natura amica che,
nelle nostre terre, solleva dappertutto, sulle nostre teste, pergolati di verde, e
stende sotto i nostri piedi tappeti di zafferano, violette e margherite.

- 96 -
GENNAIO

AGNOCASTO
fREDDEZZA. CASTITÀ.

Dioscoride, Plinio e Galeno narrano che le sacerdotesse di Cerere prepa­


ravano il loro letto verginale dei rami odorosi di questo arboscello, ricoperto
di lunghe spighe di fiori bianchi porporini o violetti, considerati come il pal­
ladium della loro castità. Le nostre religiose bevevano un'acqua distillata da
questi rami, per allontanare dalle loro celle solitarie i desideri terreni. Molti
ordini di suore portavano abitualmente con sé un coltello il cui manico era
realizzato del legno di Agnocasto; come strumento che rendesse i loro cuori
insensibili. Da allora, questo grazioso arbusto è stato nei tempi il simbolo della
freddezza.

- 97 -
FEBBRAIO

GINEPRO COMUNE
ASILO, SOCCORSO.

Gli antichi avevano consacrato quest'arbusto alle Eumenidi; il fumo dei


suoi rami verdi era l'incenso che offrivano soprattutto agli dei degli inferi;
si bruciavano le bacche durante i funerali, per scacciare i malefici. n contadino
semplice delle nostre campagne crede ancora che il profumo dei chicchi di
ginepro purifichi l'aria, e allontani gli spiriti maligni dalla sua umile casa.
Gli inglesi e i cinesi amano decorare i loro giardini con quest'albero selva­
tico, talvolta screziato d'un giallo dorato, ma difficile da coltivare; indipenden­
te, ama crescere al limitare delle foreste; delle creature fragili e timide cercano
spesso rifugio sotto i lunghi rami che coprono il suolo; la lepre, senza più
scampo, si rannicchia con fiducia sotto il suo fusto, il cui odore intenso fa per­
dere le tracce ai cani; spesso il tordo gli affida la sua famiglia, e si ciba dei dolci
frutti, mentre l'entomologo studia, fra i suoi rami irti di spine, mille scintillanti
insetti, indifesi, ma che danno l'idea di comprendere che quest'albero proteg­
gerà la loro fragilità.

TASSO
TRISTEZZA.

C'è sempre, fra i vegetali, qualcosa che affascina, attira o respinge. n tasso è,
per tutti i popoli, simbolo di tristezza: un tronco privo di corteccia, un verde
scuro, fortemente in contrasto con il frutto rosso simile a delle gocce di sangue,
tutto ammonisce il viaggiatore dal tenersi alla larga dalla pericolosa ombra. 5
Quest'albero secca le piante che lo circondano e inaridisce la terra che lo nutre.

s Se si dorme all'ombra di un tasso, la testa si annuvola, diviene pesante, e presto si provano


violente fitte. I rami del tasso intossicano gli asini e i cavalli, il suo succo è pericoloso per l'uomo,
ma i suoi frutti non sono fatali, dal momento che i bambini ne mangiano impunemente.

- 98 -
FEBBRAIO

I nostri antenati, spinti forse da un istinto naturale, facevano in modo che cre­
scesse nei cimiteri; destinando la sua ombra alla morte e il suo legno alla guerra;
il legno infatti serviva a costruire archi, lance e balestre; anche i greci lo utiliz­
zavano per lo stesso scopo. Per molto tempo ha fatto da decorazione ai giardini,
dove veniva potato perché assumesse le forme più bizzarre; oggi invece la sua
coltura è del tutto abbandonata; in Svizzera, dove cresce male, i contadini nu­
trono una profonda venerazione; lo chiamano l'arco di Guill aume, e si evita di
spogliarlo dei rami. In Olanda, nei giardini curati ad arte, dove tutto è simme­
tria, dove anche la sabbia stessa dei viali è disposta a caselle, si vedono spesso
ergersi, ai quattro angoli di un quadrato perfetto, dei vasi, delle piramidi, o delle
immense bocce di tassi, che rievocano gli antichi capolavori dei sapienti giardi­
nieri di un tempo. I greci, che avevano delle idee chiare sulla straordinaria bel­
lezza della natura, rattristati come oggi dal triste aspetto di quest'albero, aveva­
no immaginato che la sventurata Smilax, il cui amore non venne corrisposto dal
giovane Crocus, fosse racchiusa sotto la sua corteccia. Un tempo, tutte le piante
parlavano agli uomini di eroi, di dei o d'amore; se si ascolta la loro voce, ci sus­
surreranno anche della Prowidenza, che, dopo averle adibite ai nostri bisogni,
ne ha riservato alcune per il piacere e l'ozio; questa madre accorta offre, serven­
dosi dei vegetali, balocchi all 'infanzia, corone all ' adolescenza, frutti squisiti a
tutte le età, alcove comode e deliziose ombre. Se siamo malinconici, il salice
ci sostiene con dolci sospiri; se innamorati, il mirto ci offre i suoi fiori; se ricchi,
il castagno ci offre l'imponenza della sua ombra; se tristi, il tasso soffre, e sembra
dire: fuggi il dolore, devasta il cuore come io devasto il terreno che mi nutre; la
tristezza è tanto pericolosa quanto la mia ombra per il viaggiatore.

MARGHERITINA
INNOCENZA.

Malvina, piegata sulla tomba di Fingal, piangeva il valoroso Oscar, e il fi­


glio, morto prima di venire alla luce.
Le vergini di Morven, per alleviare il suo dolore, le ruotavano intorno, ce­
lebrando, con i loro canti, la morte del prode e del neonato.
li prode è caduto ! E il rumore delle sue armi è risuonato nella pianura:
l'infermità, che toglie il coraggio; la senilità, che disonora l'eroe, non potranno
scalfirlo; è caduto ! e il rumore delle sue armi è risuonato nella pianura.
Ricevuto nel palazzo delle nuvole dove abitano i suoi antenati, beve con loro
dalla coppa dell'immortalità. O ragazza d'Oscar ! Asciuga le lacrime del dolore;
è caduto ! è caduto ! e il rumore delle sue armi è risuonato nella pianura.

- 99 -
INVERNO

Poi, una voce più soave, le sussurra ancora: il bambino, che non ha visto la
luce, non ha conosciuto l'amarezza della vita; la sua giovane anima, trasportata su
ali brillanti, arriva con la diligenza dell'aurora nd palazzo dd giorno. Le anime
dei bambini che hanno, come lui, spezzato senza dolore le catene della vita, pro­
tesi sulle nuvole d'oro, lo accolgono, e gli aprono le porte misteriose del giardino
dei fiori. Qui, il gruppetto innocente, non conosce il male, si occupa eternamente
di racchiudere, nell'impercettibile germe, il fiore che ogni primavera deve sboc­
ciare: tutte le mattine, questa giovane milizia viene a spargerne i semi sulla terra
con le lacrime dell'aurora; in milioni di mani delicate è racchiusa la rosa nel suo
boccio, il seme del grano nel suo involucro, i grandi rami di una quercia in una
sola ghianda, e, talvolta una foresta intera in una semenza invisibile.
Noi l'abbiamo visto, o Malvina ! Abbiamo visto il bimbo che rimpiangi, cullato
su una leggera nebbia; s'è avvicinato, e ha versato sui nostri campi una messe di
nuovi fiori. Guarda, o Malvina ! fra questi fiori, se ne distingue uno dal disco d'oro,
circondato da lamelle d'argento; una dolce sfumatura porpora abbellisce i raggi
delicati; cullato sull'erba da una brezza leggera, si direbbe un bimbo che gioca
su un verde prato. Asciuga le tue lacrime ! TI prode è morto coperto dalle sue la­
crime, e il fiore dd tuo seno ha donato un fiore nuovo alle colline del Cromia.
La dolcezza di questi canti lenì il dolore di Malvina; prese la sua arpa d'o­
ro, e cantò l'inno del nuovo nato.
Da quel giorno, le ragazze di Morven hanno consacrato la piccola marghe­
rita alla prima infanzia; è, dicono, il fiore dell'innocenza, il fiore del nuovo nato.

NOCCIOLO
PACE, RICONCILIAZIONE.

Ci fu un tempo in cui nessun legame univa gli uomini; sordi alle grida del­
la natura, l'amante abbandonava la sua donna uscendo dal suo abbraccio; la
madre strappava al figlio morente il frutto selvatico che doveva saziare la sua
fame. L'infelicità li riuniva un istante, all'improvviso la voce di una quercia
carica di ghiande, o di una creatura coperta di faggine, li rendeva ostili. La
terra era allora satura di lutto. Non c'era legge, religione, linguaggio: l'uomo
sconosceva il suo genio; la ragione in sonno, e spesso più crudele delle bestie
feroci ne imitava le terrificanti urla.
Gli dei ebbero pietà degli umani; Apollo e Mercurio si trasfigurarono e
scesero sulla terra. li dio dell'armonia ricevette dal figlio Maia una scaglia
di tartaruga di cui fece una lira, e gli donò in cambio una bacchetta di noccio­
lo, con il potere di far amare la virtù, e di riavvicinare i cuori divisi dall ' odio e

- 1 00 -
FEBBRAIO

dall'invidia; così armati, i due figli di Giove si presentarono agli uomini. Per
primo, Apollo spiegò come la saggezza avesse creato l'universo; descrisse co­
me furono prodotti gli elementi, come l'amore unisse con un forte legame tut­
te le parti della natura; e infine come gli uomini dovessero placare, con la pre­
ghiera, l'ira degli dei: alla sua voce, le madri pallide e tremanti avanzarono,
tenendo i figli fra le braccia; la fame fu sospesa, il desiderio di vendetta si al­
lontanò da tutti i cuori. Allora Mercurio toccò gli uomini con la bacchetta ri­
cevuta da Apollo. Slegò loro la lingua, e insegnò ad esprimere i pensieri con le
parole. Successivamente insegnò che l'unione fa la forza, e che non si ricava
niente dalla terra senza l'appoggio reciproco. La pietà filiale, l'amore per la
terra si levarono alla sua voce per unire il genere umano, e il commercio venne
eletto collante del mondo. L'ultimo pensiero il più sublime, consacrato agli
dei, invitò gli uomini all'amore e alla pietà.
La bacchetta di nocciolo, donata al dio dell'eloquenza dal dio dell'armo­
nia, ornata di due ali leggere e circondata da serpenti, è ancora, sotto il nome
di caducità, il simbolo della pace, del commercio e della riconciliazione.

VIOLETTA
MODESTIA.

Avevo quindici anni quando un languore inesprimibile s'impossessò dei


miei sensi. Piangevo senza dolore, e ridevo senza gioia; e, come impaurita dal­
la vita, un desiderio segreto che finisse mi perseguitava senza posa. Gli occhi
spenti, i colori sbiaditi, un passo che arranca, una voce sottile, caricavano di
ansia e timore l'anima della mia cara madre; le sue premure non mi toccavano;
scossa dal suo pianto, piegata sul suo seno, le mie mani stringevano le sue, la
sentivo farsi carico del mio dolore. Cercavo di sorridere per rassicurarla, ma
non sentivo il coraggio che volevo ispirare. Da quando stavo in questo stato gli
alberi erano spogli, e l'inverno in tutto il suo rigore regnava sovrano nei nostri
campi. Seduta vicino al fuoco scoppiettante, il suo calore mi prosciugava, e la
minima sensazione di freddo mi faceva trasalire. Ogni sera, stanca di me stes­
sa, mi addormentavo senza speranza nel domani.
Tuttavia una notte, me ne ricordo, era quella del l O febbraio 1 8 . . . all'im­
provviso un raggio di sole illuminò la mia fronte, e una voce delicata e sottile
mi incoraggiò a vivere. Rianimata da questo sogno, mi svegliai: il cielo era pu­
ro, i primi raggi del giorno doravano la mia finestra; mi sono vestita in fretta, e
mi diressi, attraverso la neve, verso la vasta foresta che corona le alture delle
nostre case. Arrivata in questa solitudine, spossata per la fatica, mi sono ap-

- 101 -
INVERNO

poggiata ad una quercia, e rincorrevo con lo sguardo i superbi prati bagnati


dall a Meuse, e la vallata fiorita dove, l'ultima primavera, avevo ancora condi­
�iso dei momenti con le mie bizzarre amiche; tutto era scomparso: la Meuse
straripata ricopriva la campagna delle sue acque. Malinconica, ripresi la via di
casa, quando un raggio di sole illuminò il tronco muschiato della quercia su
cui ero appoggiata; subito vidi ai miei piedi un piccolo tappeto di verzura,
e mi sentii assorta nel più soave profumo. O sorpresa ! Venti ciuffi di violette
carichi di fiori si presentarono ai miei occhi ! Non saprei dire cosa provai: un
dolce rapimento penetrò i miei sensi: no, mai questi fiori mi erano sembrati
così gioiosi ! si sollevavano sull'erba come su un altare di verzura. I profumi
soavi, la purezza di questo raggio di sole, questo sconfinato tappeto di neve
che si estendeva all'infinito, e che sembrava avere rispetto di questi luoghi;
la quercia che proteggeva, che coronava della sua chioma bronzata questo an­
golo di primavera, tutto mi rapiva in un trasporto simile all'amore. E fu allora
che l'estasi promessa in sogno mi scorse nelle vene, e ho creduto di respirare
in un istante tutti i fiori della primavera, tutti i piaceri della spensieratezza. Ma
a questo sentimento così vivo e così puro, se ne affiancò un altro di tristezza:
non avevo accanto chi potesse sentire e condividere la mia innocente gioia.
Ma raccolsi un bouquet di queste violette, lo strinsi a me, e dissi: adorati fiori,
vi consacro all'amica che avrò. Che la violetta sia dunque per te, Elisa, la cui
amicizia, mille volte più dolce di questi profumi, ha ridato vita alla mia anima
esasperata dal mondo a vent'anni, come a quindici lo era di me ! che la violetta
sia il tuo fiore, mia cara amica ! Simbolo di modestia.

L'oscura violetta, amante dell'erbetta dei prati,


Alle lacrime della rugiada mischia le sue doti.
Sembra voler celare, sotto le loro patine propizie,
D'un profumo prodigo le discrete delizie:
È l'emblema di un cuore che sparge di nascosto
Sulla timida mestizia un beneficio modesto. 6

ROSA DI GUELDRE, O PALLA DI NEVE


BUONA NOTIZIA.

Da qualche anno, attraversando una delle più ridenti contrade della Sviz­
zera tedesca, mi è capitato di sentire raccontare questa deliziosa leggenda:

6 M. Boisjoslin.

- 1 02 -
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FEBBRAIO

Una ragazza, di appena quindici anni, era deceduta. E sepolta nei pressi della sua
casa. Ma non riusciva a scegliere, neanche per i cieli, di separarsi dai campi che aveva
amato. All'improvviso le apparse il suo angelo custode; felice di realizzare il suo de­
sidero, le chiese in che fiore desiderasse essere mutata: <<Vedi, le disse, potresti abitare
il giardino o il prato ! » E, passando in rivista tutti i fiori della contrada: «Vuoi essere
un tulipano? - No, gli disse, perché un tulipano è senza profumo. - Un giglio? - Si
erige troppo al di sopra degli altri fiori. - Una rosa? - Ha delle spine che feriscono. -
Una splendida camelia? - No, no, riprese subito la ragazza; e, se mi è permesso di
scegliere, vorrei essere una rosa di Gueldre ? - Cosa ! Disse l'angelo meravigliato, vuoi
fiorire quando tutta la natura giace ! Soffrire i venti invernali, che ti scuoteranno, mo­
rirai senza conoscere le carezze dello zefiro ! - E sia, disse la ragazza, non vivrò che un
giorno, ma in questo giorno annuncerò la primavera ! ».

Un abile poeta avrebbe potuto dire con i fiori quel che così soavemente
esprime nei versi che seguono:
Amare è un piacere incantato,
Un piacere che inebria,
E incanta l'innamorato.
Aver amato, è gettar la vita via;
Purtroppo ! è d'aver accettato
Questo schiacciante fato,
Che i giuramenti non sono che una menzogna,
Che l'amore tradisce in ogni parte,
Che l'innocenza non è che un'arte,
E che la felicità si sogna. 8

7 Nome comune Palla di Neve.


8 Il cavaliere di Parny.

- 1 03 -
LINGUAGGIO ALLEGORICO

Gli indici o segni seguenti sono per una sorta di tacita convenzione adot­
tati in più città dell'Inghilterra.
Se un uomo desidera sposarsi, porta un anello all'indice della mano sini­
stra; se è fidanzato, lo porta al secondo dito; se è sposato, al terzo dito, e, se
non vuole sposarsi, al dito mignolo. Quando una donna è libera, porta un
anello al primo dito; quando è fidanzata, al secondo dito; quando è sposata,
al terzo dito, e, se non vuole sposarsi, al quarto. Se un uomo fa un omaggio di
un fiore, di un ventaglio o di un ninnolo ad una donna, con la sinistra, è una
dichiarazione di stima; se lei lo riceve con la mano sinistra, significa che accet­
ta l'omaggio; e, se lo prende con la mano destra, è un rifiuto.

- 1 05 -
TAVOLA
DEI CARATIERI ATIRIBUITI PER TRADIZIONE ALLE ORE DEL GIORNO

La prima ora, un bouquet di rose sbocciate.


La seconda, un bouquet di eliotropio.
La terza, un bouquet di rose bianche.
La quarta, un bouquet di giacinti.
La quinta, qualche limone.
La sesta, un bouquet di fiori di loto.
La settima, un bouquet di lupini.
L'ottava, delle arance.
La nona, delle foglie di olivella.
La decima, delle foglie di pioppo.
L'undicesima, un bouquet di calendule.
La dodicesima, un bouquet di viole del pensiero e violette.

- 1 06 -
DIZIONARIO
DEL
LINGUAGGIO DEI FIORI
SIGNIFICATO ETIMOLOGICO
PER SCRIVERE UN MESSAGGIO O COMPORRE UN SÉLAM

A.

ABBANDONO, Anemone, Anemone era una ninfa amata da Zefiro, Flora, ingelosita,
l'allontanò dalla sua corte, e la mutò in un fiore che sboccia sempre prima dell'arrivo
della primavera. Zefiro, abbandonò questa sventurata bellezza alle carezze del rude
Bòrea che, non riuscendo ad esserne ricambiato, la strattonò, la sciupò ed appassì.
Un Anemone, con le parole brevis est usus, il suo regno è caduco, esprime il ra-
pido sfiorire della Bellezza.
AccoRDI, Sorbo. Con il suo legno si realizzano diversi strumenti musicali.
ADOLESCENZA, Primula, pagina 1 7 .
AGITAZIONE, Lupinella tremula. È stato notato che l a fogliolina terminale d i que­
sta pianta è immobile, e che le altre due, molto più piccole, sono, durante il giorno in
continua agitazione. Questo movimento è fra i più singolari fenomeni della botanica.
È stato osservato per la prima volta a Bengali, dalla signorina Mouson.
AMABILITÀ, Gelsomino bianco, pagina 42 .
AMAREZZA, DOLORE, Aloe, pagina 96.
AMICIZIA, Edera, pagina 7 1 .
AMICIZIA (TUA) MI È CARA E DESIDERABILE, Glicine, pagina 1 8 .
AMORE, Mirto, pagina 1 8 .
AMORE CONIUGALE, Tiglio, pagina 26.
AMoRE FRATERNO, Siringa. Uno dei Tolomeo, re d'Egitto, divenne amato mo­
strando amore per il fratello; consacrò alla sua memoria una varietà di Siringa, il
cui soprannome Philadelphus, cioè, che ama il fratello, ha poi designato questa specie,
se ne coltivano infatti due varietà.
AMoRE MATERNO, Muschio, pagina 87 .
AMoRE PLATONICO, Acacia, pagina 47 .
AMoRE REMISSIVO E MESTO, Ibisco. n Paria, nella Capanna indiana, offre alla sua
donna uno di questi fiori, che in India, esprime un amore remissivo e sottomesso.

- 1 07 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

AMoRE SEGRETO, Latrea clandestina. La Latrea clandestina cresce ai piedi dei


grandi alberi, in posizioni fresche e ombreggiate. Quasi sempre nasconde i suoi fiori
porporini sotto il muschio o sotto le foglie secche.
AMoRE VIVO E PURO, Garofano, pagina 43 .
AMoRE, VOLUTTÀ, Rosa borraccina, pagina 3 6 .
APPUNTAMENTO, Mordigallina Anagallide. Dioscoride narra che la varietà più
comune di Mordigallina era utilizzata per facilitare l'espulsione delle schegge di
ferro delle frecce conficcate nelle ferite, ecco perché il nome deriva dal greco anago,
attirare.
ARDoRE, Ginestra comune. Gli spadici di queste piante, di cui si contano più di
cinquanta specie, raggiungono un calore ardente tanto che è impossibile toccarle con
le mani. Questo fatto sorprendente è stato verificato da più naturalisti, fra i quali Bory
de Saint-Vincent e Hubert.
ARTI (le), Acanto, pagina 1 9 .
ARTIFICIO, Clematide. I mendicanti, per muovere la commiserazione, si procura­
no con la Clematide degli ascessi fittizi. Quest'ignobile artificio finisce spesso per pro­
durre un danno reale.
AsiLO, SOCCORSO, Ginepro, pagina 98.
ASPREZZA, Crespino. n frutto del Crespino è abbastanza acre; l'arboscello su cui
cresce è pieno di spine, e i fiori hanno una così grande irritabilità, che al più leggero
tocco, tutti gli stami si ripiegano intorno al pistillo. Così quest'arboscello possiede tut­
te le caratteristiche delle persone dall'umore viperino e spinoso.
AsSENZA, Assenzio. L'assenza è il male più devastante, scriveva La Fontaine; l' As­
senzio è la pianta più amara; il suo nome deriva dal greco, e significa senza dolcezza.
AuDACIA, Larice. I naturalisti considerano il larice il gigante della vegetazione.
Quest'albero attecchisce sulle montagne più alte, dove raggiunge un'altezza prodigio­
sa. Nel Nord, i Larici sono spesso coperti da un lichene che li ricopre come una folta
pelliccia. I pastori si divertono a bruciare questa curiosa veste. n fuoco l'awampa im­
mediatamente e alza al cielo una fiammella che, in un istante, scoppietta ed evapora.
Si direbbe che questi splendidi alberi siano stati creati appositamente per arricchire il
deserto dello straordinario spettacolo dei più magnifici fuochi d'artificio.
AUDACIA, Pino. Quest'albero disdegna la tranquillità dei frutteti, vuole bagnare la
sua cima della rugiada delle nuvole e vedere il suo fogliame continuamente battuto
dal vento, poi, spogliato dei suoi rami, vagare sulle onde agitate dell'Oceano per sfi­
dare ancora le tempeste.
AusTERITÀ, Cardo. In Scozia, l'ordine del Cardo o di Sant'Andrea è distinto da
una collana d'oro intrecciata con fiori di Cardo e di Ruta, con questo motto:
Che nessuno mi offenda impunemente.

- 1 08 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

B.

BASSEZZA, Cuscuta. n seme della Cuscuta germoglia i n terra, m a appena il suo


gambo incontra quello di un'altra pianta, le si aggrappa, la radichetta appassisce, e
vivrà per sempre delle risorse energetiche altrui. Simile ad un vile parassita, questa
pianta assorbe tutte le risorse del suo sostegno.
BEATITUDINE, Artemisia, pagina 4 1 .
BEATITUDINE DI UN ISTANTE, Tradescantia virginiana. I fiori della Tradescantia vir-
giniana non durano che un istante, ma fioriscono da aprile alla fine d'ottobre.
BEI GIORNI PASSATI, Colchico, pagina 7 2 .
BELLEZZA, Rosa, pagina 3 3 .
BELLEZZA CAPRICCIOSA, Rosa muschiata. La Rosa muschiata perde in freschezza; i
suoi fiori non sarebbero d'effetto se non crescessero in pannocchie da venti fino a
cento e più. Piacciono comunque per il loro odore delicato e muschiato. Del resto,
tutta la pianta sembra fare capricci, inizia a soffrire all'improvviso anche nelle espo­
sizioni che sembrava inizialmente le fossero congeniali. Un anno è carica di innume­
revoli boccioli, l'anno dopo non fiorisce affatto.
BELLEZZA PERENNE, Violacciocca, pagina 49.
BELLEZZA RINNOVATA, Rosa delle quattro stagioni. La Rosa delle quattro stagioni è
in fiore tutto l'anno. n suo odore è delizioso.
BENEFICENZA, Malva vischio, pagina 46.
BENEFICENZA, Patata. La patata è soprattutto abbinata agli infelici. Questo ali­
mento si sottrae al monopolio del commercio, poiché non dura che un anno. Modesta
come la vera carità, la patata nasconde i suoi tesori; è gradita ai ricchi, nutre i poveri.
L'America ci ha offerto questo dolce dono, che per sempre ha cancellato dall'Europa
il flagello più tremendo, la carestia.
BENEVOLENZA, Giacinto. Si è scelto il giacinto come emblema della benevolenza,
senza dubbio per via del suo dolce profumo e del suo splendido aspetto.
BONTÀ, Buon Enrico. n popolo ha dato il nome del beneamato re a una pianta ge­
nerosa, utile, che cresce alla sua portata, e che, in un certo senso gli appartiene in esclu­
siva. n Buon Enrico non va coltivato, ma cresce dappertutto lungo i muri e i cespugli; è
l'asparago e lo spinacio dei poveri. Mille volte felice un re degno di un simile omaggio !
BONTÀ ESEMPLARE, Fragole, pagina 27 .
BuoNA EDUCAZIONE, Ciliegio. Si ritiene che il Ciliegio originario di Cerasonte, cit­
tà del regno di Ponto, sia stato importato a Roma da Lucullo; tuttavia le nostre foreste
da sempre producono spontaneamente diverse specie di Ciliegi selvatici che non chie­
dono altro che una buona coltura per modificare i loro frutti secchi e amari, in quelle
deliziose bacche che adornano le nostre campagne, le zone brulle, e soprattutto fanno
la gioia di adulti e bambini.
BuONA NOTIZIA, Rosa di Gueldre, pagina 1 02 .

- 1 09 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

c.

CALMA, Ozio, Trifoglio librino, pagina 14.


CALORE DI UN SENTIMENTO, Menta piperita. Minta venne sorpresa da Proserpina
fra le braccia del suo tetro sposo. La dea fortemente irritata mutò la rivale in una
pianta che sembra mantenere nel doppio sapore il freddo del terrore e l'ardore del­
l' amore; questa pianta, viene coltivata con il nome di menta piperita, e a lei dobbiamo
le pastiglie che portano il suo nome.
CALUNNIA, Garanza. La Garanza tinta di rosso. Quando gli agnelli brucano que­
sta pianta, i loro denti appaiono come segnati dal sangue di qualche vittima. Spesso la
meschinità approfitta abilmente di un'apparenza ingannevole per calunniare l'inno­
cenza stessa.
CANDORE, Violetta bianca. n Candore precede la modestia, è una Violetta ancora
adorna del colore della purezza.
CARISMA FALLACE, Datura, pagina 5 5 .
CASTITÀ , Agnocasto, pagina 97 .
CASTITÀ , Fiori d'arancio. I novelli sposi indossano una ghirlanda di fiori d'arancio.
Al contrario una ragazza con disonore, il giorno delle sue nozze, veniva privata di
questo ornamento; questa usanza esiste ancora nei dintorni di Parigi.
CERIMONIA, Prezzemolo, pagina 80.
C'È SOLO DA GUADAGNARE A STARE IN BUONA COMPAGNIA, Un roseto fra un ciuffo
d'erba; pagina 3 7 .
CI PENSERÒ , Margherita dei prati. Ai tempi della cavalleria, quando una dama non
intendeva accogliere, né rifiutare i voti di amorosa mercé di un pretendente, si ornava
il capo di una corona di bianche margherite: per dire, ci penserò.
CIVETTERIA, Bella di giorno, pagina 66.
CIVETTERIA, VOGLIA DI PIACERE, Laureo/a Dafne, pagina 95 .
CONSOLAZIONE, Bucaneve, pagina 96.
CONSOLAZIONE, Papavero. n Papavero dei campi conserva nel suo cuore impor­
porato un balsamo prezioso, che calma il dolore e spegne la rabbia. Gli antichi, che
consideravano il sonno come il grande guaritore, il grande consolatore, gli fecero do­
no per adornarlo di una corona di papaveri.
CORAGGIO, Pioppo nero. Quest'albero è consacrato ad Ercole.
CosTANZA, Campanula piramidale. Gli steli della Campanula piramidale crescono
spesso fino a sei piedi, sono adornati dall'alto in basso di fiori grandi e aggraziati che
sbocciano a luglio e mantengono fino in ottobre tutto il loro chiarore. n bel colore
della campanula piramidale è quello della costanza.
CREDENZA, Granadiglia cerulea. Si vede, nei fiori della Granadiglia, una corona di
spine, la frusta, la colonna, il sudario, i chiodi e le cinque piaghe di Cristo. È per que­
sto che è detta pure Passiflora, fiore della Passione.

- 1 10 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

CRITICA, Cocomero asinino. n nome deriva dal latino mordeo, io mordo.


CRUDELTÀ, Ortica. La puntura dell'Ortica causa un dolore simile a quello delle
bruciature. Esaminando al microscopio le foglie di Ortica, si resta sorpresi dal trovarli
carichi di una peluria sottile, rada, frastagliata, appuntita, questi peli sono peraltro dei
condotti d'un liquido acre e pungente, chiuso in una vescica alla base di ciascuno. La
peluria e questa vescica, ricordano in tutto i pungiglioni delle api. È il liquido acre, sia
per l'insetto che per la pianta, che causa il dolore.
CuoRE CHE IGNORA L'AMORE, Bocciolo di rosa bianca. Prima che il soffio dell'amo­
re avesse animato il mondo, tutte le rose erano bianche, e tutte le donne insensibili.

D.

DELICATEZZA, Fiordaliso. n bel blu di questo fiore, che assomiglia al cielo senza
nuvole, è il simbolo d'un sentimento tenero e delicato che si nutre di speranza.
DESIDERIO, Giunchiglia. La Giunchiglia, portata da Costantinopoli, è fra i Turchi
simbolo del Desiderio.
DESTREZZA, O/ride fior ragno. Si sa che Aracne fu un'abilissima ricamatrice, che
osò sfidare Minerva nel gioco di destrezza in questa arte. La dea, offesa, mutò l'im­
pudente in un ragno. L'Ofride fior ragno ha una forma simile ad un insetto che, sotto
le orrende spoglie, mantiene una straordinaria agilità.
DICHIARAZIONE D'AMORE, Tulipano, pagina 1 3 .
DIFETTO, Giusquiamo. n Giusquiamo è nefasto, il suo aspetto è ripugnante. I
Turchi si inebriavano del succo pericoloso, ma quelli che lo bevono sono guardati co­
me dei debosciati.
DIFFICOLTÀ, Spino nero. Quando si vuoi dire che un affare è irto di difficoltà, si
dice è un fascio di spine, non si sa da che parte prenderlo.
DIFFIDENZA, Lavanda Aspide. Un tempo si credeva che l'Aspide, vipera molto pe­
ricolosa, dimorasse abitualmente sotto la Lavanda; ecco perché ci si avvicinava a que­
sta pianta con cautela. Ciononostante gli antichi ne facevano parecchio uso nei bagni,
il nome deriva infatti dal verbo latino Lavare, da cui appunto Lavanda.
DIGNITÀ, Chiodo di garofano. L'Eugenia aromatica è originaria delle isole Moluc­
che; le popolazioni di queste isole indossano i fiori di Eugenia, detti anche Chiodi di
garofano, come segno di distinzione. Si dice di un capo che ha due, tre, quattro Chio­
di di garofano, come da noi si dice di un personaggio illustre pluridecorato, oppure
che è stato insignito di più decorazioni.
DISCREZIONE, Capelvenere, pagina 7 1 .
DISILLUSIONE, Narciso dei poeti. n fiore del Narciso dei poeti detto anche Narciso
selvatico o Pseudo-narciso abortisce spesso. Questa pianta, originaria dei nostri prati,
è coltivata con cura dagli olandesi, che la commerciano con il nome di Fenice, di gran­
de Girasole d'oro. Dopo molte cure, l'agricoltore si meraviglia di vedere la sua speran­
za disillusa, e di non avere coltivato che la Giunchiglia.

- 111 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

DISPERAZIONE, Calendula e Cipresso. n Cipresso è il simbolo della morte; la Ca­


lendula è il simbolo della tristezza. L'unione delle due piante esprime Disperazione.
DISPREZZO, Caro/ano giallo. Come le persone sdegnose sono per di più esigenti e
poco affettuose, così fra i Garofani quello giallo è il meno bello, il meno profumato e
richiede più cure.
DISSIMULAZIONE, Stramonio comune. Un tempo, durante il carnevale, la gente si
copriva il volto con larghe foglie di Stramonio comune.
DociLITÀ, Giunco dei campi. Un proverbio dice, sottile e pieghevole come un Giunco.
DoLORE, Cedronella. A Holstein i ragazzi portano ai funerali un ramo di Cedro­
nella, come segno di lutto. In India il limone è dedicato al dolore; le donne che si
struggono per la morte dello sposo si dirigono alla pira con dei limoni in mano.
DoLORE, AMAREZZA, Aloe, pagina 96.
DoLCI RICORDI, Pervinca, pagina 1 2 .
DOLOROSI RICORDI, Adonide, pagina 4 6 .
DURATA, Corniolo selvatico, pagina 8 1 .

E.

EBBREZZA (ti amo), Eliotropio, pagina 67 .


EBBREZZA, Vite. Anacharsis sostiene che la vite produce tre tipi di frutti, l' ebbrez­
za, la voluttà, e il rimpianto, e che chi rimane sobrio parlandone, mangiandone e go­
dendone, ha il carattere di un perfetto gentiluomo.
EGOISMO, Narciso, pagina 25 .
ELEGANZA, Acacia rosa. L'arte della cosmesi non avrebbe potuto aggiungere nien­
te di più candido, di più elegante al manto di questo grazioso arbusto; il portamento
inclinato, il verde chiaro, i grappoli armoniosi, di colore rosa, tutto ciò che appare
esteriormente corrisponde ad una civetta in abito da sera.
ELEVAZIONE, Abete. L'Abete attecchisce nelle regioni fredde, dove raggiunge
un'altezza prodigiosa.
ELOQUENZA, Ninfea Loto. Gli egiziani avevano consacrato al sole, dio dell'elo­
quenza, il fiore della Ninfea Loto. Questi fiori si dondolano e si tuffano in acqua
al tramonto; ne emergono nuovamente per schiudersi di nuovo, quando questa stella
appare all'orizzonte. Questo fiore adorna l'acconciatura di Osiride. Le divinità india­
ne sono spesso rappresentate sulla rive delle acque, anche su un fiore di Loto. Come
simbolo del mondo emerso dalle acque.
EREMITAGGIO, Poligala. Questa graziosa pianta che non cresce più di un piede,
conserva sempre le foglie che somigliano a quelle del bosso. Gli eremiti che un tempo
abitavano i luoghi elevati ne circondavano le loro dimore. Gli antichi credevano che
questa pianta fosse d'aiuto alle greggi per produrre molto latte. E d è questo che espri­
me il nome stesso, poly, molto, gala, latte.

- 1 12
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

ERRORE, O/ride fior mosca. n fiore dell'Ofride assomiglia così tanto ad una mosca
sul miele, che spesso si viene tratti in inganno.
Es SERE n'APPOGGIO, Tamaro. n Tamaro volgarmente radice vergine, o sigillo di
Notre-Dame, si trova in tutta Europa; i suoi deboli steli richiedono un sostegno e crea­
no un effetto attraente ovunque si appoggino.
EsTASI, Verbena, pagina 45 .
EsUBERANZA, Rosa cappuccina. n roseto Bicolore o cappuccino, è una varietà rosa
gialla, ottenuta nel Jardin du Roi, niente è più luminoso di questi fiori gialli doppi
mordorè; si dice che la varietà dai fiori doppi sia di grandissimo effetto, personalmen­
te non l'ho mai vista.

F.

FALSA RICCHEZZA, Sole o Girasole, pagina 68.


FALSITÀ, Manzaniglio. n frutto del Manzaniglio assomiglia ad una mela appiola.
Quest'apparenza ingannevole, unita al suo piacevole profumo, invita a mangiarne; ma
la polpa spugnosa e flaccida ha un succo lattiginoso e amaro, che dapprima sembra
insipido, ma presto diventa così pungente, da irritare labbra, palato e lingua. Tutti i
viaggiatori concordano nel ritenere che il miglior rimedio contro un veleno così vio­
lento, sia l'acqua di mare, sulle cui rive quest'albero cresce sempre.
FASCINO, Specchio di Venere. Non appena il sole espande la sua luce dorata sulle
messi, in mezzo si vede brill are il chiarore porporino dei fiori stellati d'una graziosa
campanula; ma se qualche nuvola dovesse oscurare i raggi della stella del giorno, su­
bito le corolle di questi fiori si ripiegano come al calar della notte. Si narra che Venere
lasciò cadere sulla terra uno dei suoi specchi. Un pastore raccolse questo gioiello, che
aveva il dono di abbellire, e appena vi si specchiò, dimenticò la moglie, e non ebbe
più altra preoccupazione che rimirarsi senza posa. Amore, che temeva le conseguenze
d'un così folle errore, ruppe lo specchio, e mutò i suoi cocci in questa graziosa pianta
che conserva il nome di Specchio di Venere.
FATUITÀ, Melagrana. Si è tratteggiata la fatuità con i tratti di uno sciocco che vor­

rebbe costringere una talpa ad ammirare lo splendore delle melagrane. I suoi fiori
brill anti e inodore sono pure talvolta simbolo di stupidità.
FECONDITÀ, Malvarosa. Tutti conoscono questa superba pianta originaria della
Cina, o piuttosto della Siria, da dove fu importata ai tempi delle Crociate. Per via
del nome dei suoi fiori è stata scelta come simbolo della Fecondità; i cinesi rappresen­
tano la natura coronata dai suoi fiori, il nome significava fra i greci: Forza e Virtù.
FEDELTÀ, Veronica. Esistono più di cento varietà di Veronica: tutte hanno fiori

blu e frutti in seno; il loro nome greco può essere tradotto così: Immagine fedele.
FEDELE AL DOLORE, Violacciocca, pagina 69.
FELICITÀ, Centaurea, fiore del Gran Signore. Nei sélam d'oriente, questa piccola
Centaurea, originaria della Turchia, sta a significare felicità suprema.

- 1 13 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

FELICITÀ RITROVATA, Mughetto, pagina 24.


FIAMMA, Iris, giaggiolo, o Fiamma. L'iris germanico è una pianta rustica che i te­
deschi amano far crescere sui tetti delle loro baite. Quando l'aria scuote i fiori vario­
pinti, ed il sole ne bacia i petali dalle sfumature giallo oro, di porpora e d'azzurro, si
direbbe che delle fiamme leggere e profumate scivolino sul colmo di questi tetti ru­
stici; senza dubbio è quest'aspetto che ha influenzato il nome di Giaggiolo o Fiamma.
FIDUCIA, Anemone epatica. Quando i giardinieri vedono il grazioso fiore dell'A­
nemone epatica, affermano: la terra è in amore, si può seminare con fiducia.
FIELE, Fumaria comune. Si è dato a questa pianta, dal sapore abbastanza sgrade­
vole, il nome di Veleno di te"a.
FIEREZZA, Amarillide. I giardinieri dicono che l'Amarillide, di cui sono note diver­
se varietà, è una pianta fiera, perché spesso nega i fiori alle loro premurose cure, e
questo è un peccato, soprattutto per il giglio di Guernesey, fiore splendido simile,
per portamento e dimensione, alla tuberosa; è d'un rosso ciliegia che al sole appare
cosparso di screziature dorate. n nome di questa pianta deriva dal verbo greco ama­
rysso, che significa io brillo.
FIGLIA ADORATA, Cinquefoglie. Quando il tempo è piovoso, le foglie di questa
pianta si avvicinano, si inclinano sul fiore, e formano come una tendina per tenerlo
al coperto. Si direbbe di vedere una tenera madre intenta a proteggere l'amata figlia.
FINEZZA, Garo/anino del poeta. n Garofanino del poeta, così visibile per via dei
ciuffetti variopinti, è in ogni sua parte d'una finezza e d'una delicatezza squisita.
FoLLIA, Aquilegia. I piccoli fiori dell'aquilegia assomigliano alle divagazioni della
follia.
FORZA, Finocchio. I gladiatori aggiungevano questa pianta al loro cibo per farsi
forza. Dopo i giochi nell'arena, si metteva sulla testa del vincitore una corona di Fi­
nocchio. I Romani chiamavano questa pianta Aneto.
FRAGILITÀ, Adoxa moschatellina. Questa pianta volgarmente detta erba del mu­
schio, ha un profumo così dolce e delicato, che piace anche a chi prova per il muschio
un'avversione particolare. È comune fra i boschi; il suo nome generico Adoxa deriva
dal greco, e significa senza gloria e senza luce.
FRANCHEZZA, Vetrice. Si dice di solito di un uomo sincero che è schietto come il
vetrice. In questo senso Voiture diceva:
il fiero e prode Montausier,
dal cuore schietto come l'osier.
FREDDEZZA, CASTITÀ, Agnocasto, pagina 97 .
FRIVOLEZZA, Erba Tremolina. I pastori chiamano questa pianta Tentennino, forse
a causa dell'aspetto seducente e variegato; ma è considerata il simbolo di un senti­
mento leggero e frivolo, e un amante offenderebbe la compagna se le regalasse un
bouquet composto con questa pianta.
FRIVOLO DIVERTIMENTO, Colutea. n frutto della Colutea, stretto fra le dita, si rom­
pe scricchiolando. Gli uomini oziosi tolgono qualche volta ai bambini il piacere fri­
volo di provocare quest'esplosione.

- 1 14 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

FRUGALITÀ, Cicoria. Orazio ha cantato la frugalità dei suoi pasti costituiti da Mal­
va e Cicoria.
Fuoco, Frassinella. Quando la giornata è stata calda e l'aria molto secca, la Fras­
sinella esala un gas infiammabile, che, condensato dalla freschezza della sera, si tra­
sforma in un velo che s'infiamma alla vicinanza di una candela, senza che la pianta
ne venga danneggiata.

G.

GALANTERIA, Bouquet. Non si può offrire nulla di più galante di un Bouquet; que­
sto dono, che può essere considerato meraviglioso, è ciononostante di poco valore; è
sempre prova di un pensiero amorevole e di un'attenzione delicata.
GEMITO, Pioppo tremulo. Quest'albero leggiadro, che, anche quando il tempo è
sereno, imita il rumore delle acque, geme al minimo soffio di vento.
GENEROSITÀ, Arancio. L'Arancio è sempre carico di fiori, di frutti, di verde; è un
amico generoso che immancabilmente ci offre tutti i suoi beni.
GENIO , Platano. Ad Atene il portico era circondato da lunghi viali di superbi Pla­
tani. I greci dedicavano a questi magnifici alberi una sorta di culto. Li avevano con­
sacrati al valore del genio e ai piaceri dello spirito.
GENTILEZZA, Rosa pompon. La gentilezza che è la grazia della prima infanzia, co­
stituisce l'intero fascino della Rosa pompon.
GIOCO, Giacinto. Accadde giocando a piastrelle sulle sponde del fiume Amphri­
se, che Apollo uccise il bel Giacinto. Non potendo riportarlo in vita, il dio lo mutò nel
fiore che porta il suo nome.
GIOIA, Ossalide. L'Ossalide Alleluja, volgarmente detta Acetosella, fiorisce nel
periodo di Pasqua. Questa graziosa pianta ogni sera richiude e inclina le foglie, serra
le corolle, e lascia penzolare i fiori; sembra cedere al sonno; ma ai primi chiarori del
giorno, sembra pervasa di gioia, quando spiega le foglie, apre i fiori, ed è per questo
che in campagna si dice che lodi il Signore.
GIOVINEZZA, Lillà bianco. Per la purezza e per la durata dei bellissimi tirsi, il lillà
bianco è il simbolo della giovinezza, di questo bene fugace e affascinante che tutti i
tesori del mondo non servirebbero a riscattare.
GLORIA, Alloro, pagina 94 .
GoNFIORE, Zucca. I frutti della Zucca sono spesso enormi e molto pesanti. Si dice
ad una persona considerevolmente corpulenta che assomiglia ad una Zucca; questo
paragone è spregevole e sempre viene preso a male.
GRANDEZZA, Frassino. Nell'Edda, la corte degli dei si regge sotto un frassino
grandissimo, che copre con i suoi rami tutta la superficie della terra; la cima di que­
st' albero tocca i cieli, le sue radici gli inferi. Dalle sue radici scorrono due fonti: una
dona la saggezza, l'altra la conoscenza dell' awenire.

- 1 15 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

GRAZIA, Rosa dalle cento foglie. Quando le Grazie accompagnano Venere e Amo­
re, sono coronate di mirto; quando seguono le Muse, vengono rappresentate con il
capo coronato di rose dalle cento foglie.
GuARIGIONE, Balsamo di Giudea. Questo balsamo, apprezzato giustamente dagli
antichi, sembra sia stato creato per lenire i nostri mali: in effetti anche la parola bal­
samo viene impiegata in un senso morale e figurato per esprimere ciò che allevia e
addolcisce le nostre contrarietà. Le virtù della generosità e della t�nera amicizia sono
degli autentici balsami che guariscono le ferite del cuore, mille volte più insopporta­
bili del dolore fisico.
GuERRA, Achillea millefoglie. Questa pianta cicatrizza le ferite da ferro: si narra
che l'eroe, di cui porta il nome, se ne servi per curare le ferite di Telephe.

I.

IL TUO FASCINO HA SOLCATO IL MIO CUORE, fusaggine. La fusaggine, cosÌ detta


perché il suo legno serve per fabbricare i fusi e per realizzare le matite. Gli scultori
la stimano, i tomitori la ricercano. Se questo legno è così prezioso per le arti, l'arbusto
che lo produce lo è per i coltivatori. Le siepi che se ne progettano sono in autunno
cariche di frutti rosa dall'effetto stupendo.
IL TUO SGUARDO MI RAGGELA, Mesembrianthemum cristallinum. Le foglie di que­
sta singolare pianta sono ricoperte di vescichette trasparenti e piene d'acqua. Quando
la pianta è in ombra, si direbbe coperta di rose; esposta ai caldi raggi solari, sembra
cosparsa di cristalli di ghiaccio che riflettono un intenso chiarore, per questo è volgar­
mente detta Glaciale.
IMMORTALITÀ , Amaranto. n nome di questo fiore si compone di due parole gre­
che, che significano: che non si sciupa mai. Si veda pagina 79.
IMPAZIENZA, Balsamina. Le capsule che racchiudono i semi di questa pianta, of­
frono una loggia a cinque ripartizioni. Quando arrivano a maturazione, ciascuna ri­
partizione si ripiega su sé stessa al più leggero tocco, e disperde i semi, con un mo­
vimento spontaneo.
INCOSTANZA, Enotera dai grandi fiori. Questa bella pianta, detta volgarmente
Onagra, è stata più volte coltivata e abbandonata. È originaria della Virginia. M. Mor­
dant de Launay l'ha riportata nei giardini di Parigi, dove malgrado la sua incostanza è
stata accolta favorevolmente.
INDIFFERENZA, Iberide di Persia, Tlaspi perenne, pagina 92 .
INDIPENDENZA, Prugno selvatico. n Prugno selvatico è uno fra gli alberi meno do­
cili: sopporta bene la potatura, soffre se viene trapiantato; per questo s'innesta il pru­
no domestico sull'albicocco.
INDISCREZIONE, Canna piumosa. A re Mida, per aver preferito il canto del satiro
Marsia a quello di Apollo, il dio offeso fece crescere delle orecchie d'asino; il barbiere
del re vide queste orecchie, non potendo mantenere il segreto, l'interrò ai piedi di un

- 1 16 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

ciuffo di canne piumose. Queste canne, agitate dal vento, mormorarono senza posa:
Re Mida ha le orecchie d'asino.
INFANZIA, Garofano a pennacchio. La delicatezza di questo piccolo garofano, i fio­
ri rigogliosi, l'odore dolce, il poco valore che si dà alle sue perfezioni, il suo stesso
nome, tutto in lui sembra destinato all'infanzia, che ne fa manti e giocattoli.
INFEDELTÀ, Rosa gialla. Si sa che il giallo è il colore degli infedeli. E la rosa gialla è
il loro fiore. L'acqua la spossa, il sole la brucia, la costrizione soltanto può giovare a
questa rosa senza profumo, che non apprezza, né le cure, né la libertà. Quando si
vuole vederla nel suo splendore, bisogna piegare i suoi boccioli verso terra e tenerli
così a forza, allora fiorirà.
INGENUITÀ, Stella alpina. È la Miosotide dei giardinieri; nulla è più delicato più can­
dido che il biancore di questa graziosa piantina: se ne fa delle bordure dall'effetto de­
lizioso meravigliosamente in contrasto con il verde dell'erbetta che spesso le circonda.
INGIUSTIZIA, Luppolo. n Luppolo è chiamato dai naturalisti Lupo dei salici, perché
i suoi gambi sarmentosi soffocano gli alberi e le piante che li circondano, e la vege­
tazione prodigiosa di tutta la pianta inaridisce velocemente il terreno dove cresce.
INGRATITUDINE, Ranuncolo scellerato. Questa pianta è la più rovinosa nei prati; la
coltivazione ne aumenta le perniciose qualità. Fiorisce in maggio e giugno.
INNOCENZA, Margheritina, pagina 99.
INOPPORTUNITÀ, Bardana. La Bardana s'impossessa dei terreni fertili, è difatti dif­
ficilissimo estirparla; i suoi semi sono, peraltro, noti perché si attaccano saldamente ai
vestiti.
INuTILITÀ, Spirea ulmaria. La Spirea ulmaria, detta Regina dei prati, è accusata
d'essere bella, ma inutile, perché la medicina non le riconosce alcuna virtù, e gli ani­
mali non se ne cibano. Ma non è niente essere bella?
lNvrDIA, Rovi dai/rutti neri. n rovo, come l'invidia, si arrampica e cerca di soffo­
care tutto ciò che l' awicina.
Io ARDO, Opunzia. Questa pianta singolare, originaria dell'America equatoriale,
sembra rinverdire sotto i raggi ardenti del sole. Le sue foglie, larghe e carnose, sono
ricoperte di fasci di spine molto pungenti che sembrano bruciare le mani di chi le
tocca.
Io E TE CONDIVIDIAMO GLI STESSI SENTIMENTI, Margheritina doppia. È da tanto
tempo che la coltivazione ha fatto raddoppiare la graziosa Pratolina dei prati. Quando
l'innamorata di un anziano cavaliere permetteva di fare incidere questo fiore sul suo
stemma, dimostrava pubblicamente di condividere i suoi sentimenti.
Io MI LEGO A TE, Ipomea scarlatta, Gelsomino rosso dell'India. Come i deboli con­
volvoli, l'Ipomea scarlatta ha bisogno d'un appoggio per sollevare i leggeri steli, che,
senza appesantire il loro sostegno, li circondano di verzura e di fiori.
Io MUOIO SE TI NEGHI, Viburno laurotino, pagina 93 .
Io NON VOGLIO SOPRAVVIVERTI, Gelso nero. Tutti hanno letto in La Fontaine la
storia toccante di Piramo e Tisbe. Piramo, credendo che l'amata Tisbe fosse stata di-

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DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

vorata da un leone inferocito, si uccise per la disperazione. Tisbe, fuggita per il ter­
rore, tornò indietro e vide morire il suo amato Piramo; non volle soprawivergli, e lo
stesso pugnale riunì i due amanti.
lo PERCEPISCO I BENEFICI DELLA TUA PRESENZA, Lino. n Lino ci circonda dei suoi
effetti benefici, tanto che sarebbe impossibile alzare gli occhi, e non vederlo brillare
dappertutto. Noi gli dobbiamo le nostre tele, la nostra carta, i nostri pizzi.
lo SUPERO OGNI OSTACOLO, Vischio comune, pagina 86.
Io TI AMO , Eliotropio, pagina 67 .
Io TI FARÒ LA GUERRA, Belvedere. n Belvedere è il Chenopodio scopario: questa
pianta assomiglia al cipresso piramidale. In alcune zone d'Italia se ne donano gli steli
per offendere gravemente.
l RIMPIANTI CI SEGUONO NELLA TOMBA, Asfodelo. Si piantava anticamente l'Asfo­
delo vicino le tombe, si credeva, infatti, che al di là dell'Acheronte le ombre passeg­
giassero in una vasta prateria di Asfodeli, bevendo le acque del fiume dell'Oblio.
IRONIA, Ranuncolo sardo. Questa pianta ha delle caratteristiche simili al Prezze­
molo; contiene un veleno, il cui effetto è di contrarre la bocca in maniera così singo­
lare, che l'uomo intossicato sembra spirare ridendo. A questo riso si è dato il nome di
riso sardonico; è quello che si vede errare spesso sulle labbra della satira, e su quelle
della fredda ironia.
ISPIRAZIONE, Angelica. Questa bella pianta, che cresce nelle contrade del Nord, è
usata dai poeti lapponi per coronarsene, perché si sentono ispirati dal suo dolce odore.

L.

LACRIME, Elenio. I fiori dell'Elenio assomigliano a dei piccoli girasoli d'un giallo
vivo, fioriscono in autunno con gli aster; si narra che nacquero dalle lacrime di Elena.
LA TUA PRESENZA MI RIANIMA, Rosmarino. L'acqua della regina d'Ungheria è pre­
parata con del Rosmarino; quest'acqua rianima lo spirito e allontana i capogiri e i
mancamenti.
LEGAMI n'AMORE, Caprz/oglio, pagina 23 .
LEGGEREZZA, Fiorcappuccio. n fiore del Fiorcappuccio è una papilionacea dal co­
lore giallo brillante; deve il suo nome alla forma singolare dei suoi baccelli, dove si
può immaginare di distinguere le articolazioni e le falangi di una zampa d'uccello.
LE TUE QUALITÀ SUPERANO IL TUO FASCINO, Reseda, pagina 53 .
Lusso, Castagno d'India, pagina 9.
LUTTO, Cipresso, pagina 75 .

- 1 18 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

M.

MAESTOSITÀ, Giglio comune, pagina 4 8 .


MA:r INOPPORTUNA, Una foglia di rosa, pagina 3 5 .
MALATTIA, Anemone dei prati. In alcune province s i ritiene che il fiore dell' Ane­
mone dei prati sia così pernicioso da avvelenare il vento, e che coloro che ne respirano
le esalazioni siano soggetti ai più fastidiosi malanni.
MALINCONIA, Salice di Babilonia, pagina 8.
MALINCONIA, TRISTEZZA, Foglie morte, pagina 85 .
MANTENERE LE PROMESSE, Prugno. Ogni anno i prugni si riempiono di fiori; ma se
la mano d'un abile giardiniere non recide una parte di questo inutile sfarzo, questi
alberi non fruttano che una volta ogni tre anni.
MENZOGNA, Buglossa, pagina 20.
MERITO NASCOSTO, Coriandolo. n Coriandolo fresco emana un odore insopporta­
bile; è questo che esprime il suo nome Koris, cimice; ciononostante i semi odorosi so­
no ricercati dalle fabbriche di confetti, fortemente apprezzati dai medici e dai cuochi
per condire gli stufati.
MEssAGGIO, Iris. Si conoscono più di trenta specie di lris, sia bulbose che radi­
cali; i loro colori luminosi e variop inti, come quelli dell'arcobaleno, le hanno valso
il nome di messaggera degli dei. E risaputo che la bella Iris era portatrice di buone
notizie.
MEssAGGIO FLOREALE, pagina 1 03 .
MISANTROPIA, Cardo dei lanaioli. I fiori del Cardo di bosco sono irti di scaglie
lunghe e pungenti; tutta la pianta ha un aspetto severo. Ma è utile e graziosa; i drap­
pieri la usano per pettinare le stoffe; da qui ne deriva il nome volgare di Cardo dei
lanaioli.
MITEZZA, Valeriana rossa, pagina 29.
MODESTIA, Violetta, pagina 1 0 1 .
MORIREMO INSIEME, Un mazzo di fiori o di /rutti, pagina 82 .
MUSICA, Giunchi. Pan, innamorato della bella Siringa, la inseguì un giorno sulle
sponde del fiume Ladon in Arcadia; la ninfa implorò il soccorso di questo fiume, che
la accolse fra i suoi flutti e la mutò in giunco. Pan tagliò più fusti di questi giunchi di
diverse grandezze, e ne fece il primo flauto dei pastori.

N.

NASCITA, Dittamo eretico. Quando Giunone presiedeva alla nascita dei neonati,
sotto il nome di Lucina, portava con sé una corona di Dittamo; il buon odore di que­
st' arbusto, e le virtù medicinali che l'avevano reso così celebre fra gli antichi, lo ren­
dono ancora più stimato; è originario dell'isola di Creta.

- 1 19 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

NEFANDEZZA, Ebano. Plutone, dio degl'inferi, era seduto su un trono d'ebano.


Si dice di una persona malvagia, ha il cuore nero come l'ebano. Questo modo di
dire deriva certamente dal fatto che l'alburno dell'ebano è bianco, il fogliame tenero
e argentato, i fiori armonici e luminosi, quest'albero in verità non ha che il cuore
nero.
NoDI, Liane. Liane, nome comune a tutte le piante sarmentose delle quattro parti
del mondo; queste piante in effetti si intrecciano con i loro nodi a tutto ciò che le
circonda.
NoN ABUSARE, Zafferano. Un leggero infuso di zafferano porta il buon umore, ma
chi abusa di questo liquore potrebbe impazzire; stesso rischio per il suo odore: se lo si
respira leggermente rianima gli animi, se ne si abusa uccide.
NoN TI SCORDAR DI ME , Miosotide, pagina 63 .
NoTTE, Convolvolo di notte. Ci sono più varietà di convolvoli che si aprono solo
di notte, e sono originari dei paesi caldi.

o.

OBLIO, Oblio. L'Oblio è la pianta della Lunaria, detta pure Monete del Papa, Mo­
nete di Giuda, Madreperla, Vellutata, ecc. Questa pianta deve gli svariati nomi, non al
seme come comunemente si pensa, ma al setto che separa le silique piatte, larghe, or­
bicolari come la luna. Questo setto separato dalle valve rimane brillante ed assomiglia
a delle medaglie, o a delle cialde. René, duca di Bar e di Lorraine, fatto prigioniero
durante la battaglia di Thoulongean, rifinì personalmente un ramo di lunaria, e l'inviò
alla sua gente, per rimproverare della scarsa iniziativa per liberarlo.
ODIO, Basilico. Si rappresenta alle volte la povertà sotto le sembianze di una don­
na coperta di cenci, seduta vicino una pianta di Basilico. Si dice comunemente che
l'odio ha due occhi di Basilico, perché si è attribuito questo nome ad un animale im­
maginario che, secondo i ciarlatani, uccide con un solo sguardo. Comunque Basilico è
un nome che deriva dal greco e vuol dire reale, che indica l'eccellenza della pianta
profumata che porta il suo nome.
ONTA, Peonia. Père Rapin scrive nel suo poema Les ]ardins, descrivendo la Peo­
nia: «non è il rosa del pudore che la colora, è il rossore che dà la vergogna; perché
questa pianta racchiude una ninfa colpevole».
ORACOLO, Dente di leone, pagina 56.
ORE, loro attributi, pagina 1 06.
ORNAMENTO, Carpino. Sotto il nome di pergola, il carpino era un tempo il prin­
cipale ornamento dei grandi giardini; si usava per formare lunghi filari di verzura,
portici, obelischi, piramidi, colonnati. Père Rapin, nel poema dedicato ai Giardini,
dedicò a quest'albero un bellissimo elogio. Si può ancora vedere a Versailles, come
il famoso Le Notre sapesse inserirlo nelle sue piacevoli ed eleganti composizioni.

- 120 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

ORRORE, Serpentaria. n Cactus Serpentaria getta dappertutto le sue infiorescenze


irte di spine che sembrano spire di serpente.
OSPITALITÀ, Quercia, pagina 7 7 .
OSTACOLO , Ononide, pagina 2 2 .

P.

PACE, Ulivo. L a pace, l a saggezza, l a concordia, l a dolcezza, l a clemenza, l a gioia e


le grazie si coronano di Ulivo. La colomba inviata da Noè porta all'arca un ramoscello
d'Ulivo, come simbolo della pace che il cielo accordava alla terra.
PACE, RICONCll.IAZIONE, Nocciolo, pagina 1 00 .
PAZIENZA, Romice erba pazienza. n medico fa frequente uso della radice della Ro­
mice erba pazienza, che è molto amara. n nome della pianta è omonimo, è in questo
senso che Mademoiselle de Scudery disse: La romice erba pazienza non è il fiore dei
francesi. Passerat scrisse nel suo ]ardin d'amour:
Si può in questo giardino raccogliere la Pazienza,
Per amarla non ne ho la scienza.
PERFIDIA, Lauroceraso, pagina 7 3 .
PENA, DISPIACERE, Calendula, pagina 5 2 .
PENE n'AMORE, Una Rosa bianca e una Rosa rossa, pagina 3 7 .
POESIA, Rosa di macchia. L a rosa di macchia è il fiore dei poeti; nei giochi floreali
è il premio d'una rappresentazione che deve celebrare il fascino degli studi e dell'e­
loquenza.
POTERE, Fritillaria. I fiori della Fritillaria assomigliano a dei Tulipani capovolti:
sono disposti a corone su una o due file sulla parte alta dello stelo che termina in
un fascio di foglie dal verde tenero. Ogni fiore contiene più gocce d'acqua che restano
sul fondo della corolla finché non appassisce. Allora il picciolo dei fiori si rialza per
far maturare i semi. n gioco dei sei stami è pure parecchio curioso, tutti sono separati
dal pistillo; prima offrono il loro omaggio solo tre, gli altri tre aspettano il loro turno
quando gli altri si sono ritirati.
PREFERENZA, Fiore del melo. Un fiore attraente che promette buoni e gustosi frut­
ti, può essere preferito perfino alla rosa.
PREFERENZA, Geranio rosato. Si contano più di cento specie di Geranei; ce ne so­
no di tristi, brillanti, profumati, inodore. Quello dall'odore di rosa si distingue per la
dolcezza delle sue foglie, il dolce profumo e la bellezza dei suoi fiori porporini.
PREsAGIO, Calendula pluviale. La calendula pluviale sboccia, se il tempo è secco,
normalmente alle sette, e rimane aperta fino alle quattro; se non si schiude affatto, o si
chiude in anticipo, è possibile che piova durante la giornata.
PREsUNZIONE, Antirrino dei giardini. I fiori dell'Antirrino dei giardini sono talvol­

ta di un rosso così vivo da non poterli fissare; a ragione la si pianta nei giardini. Ma
alle volte, riproducendosi, diventa così invadente che si è obbligati ad estirparla.

- 12 1 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

PRETESA, Salcerella. Questa bella pianta, che cresce sull a riva delle acque, sembra
compiacersi di rimirarsi nello specchio d'acqua. È per questo che la si paragona alle
pretese di una donna, tutta compresa nel suo fascino.
PREVIDENZA, Agrifoglio, pagina 95 .
PRIMO BATTICUORE, Lillà, pagina 1 0 .
PRivAZIONE, Mirabolano. n Mirabolano ha il portamento del prugno; produce un
frutto che ha il colore e la forma di una bellissima ciliegia, ma non contiene che un
succo insipido e sgradevole. Gli uccelli stessi sdegnano questo cibo che non viene rac­
colto.
PROFITTO, Cavolo. Un tempo a Roma le campagne erano piene di cavoli, chi si
dedicava a queste coltivazioni ne ricavava profitti enormi; è possibile derivi da ciò l'e­
spressione proverbiale riferita ad un uomo che si dice /a i suoi grassi cavoli, per lascia­
re intendere che giostra bene i suoi affari e che tutto torna a suo vantaggio.
PRONTEZZA, Violacciocca rossa. Non appena si dona il seme di questa pianta alla
terra, germoglia, e quaranta giorni dopo si ottengono dei cespugli o delle bordure ca­
richi di fiori. Ma questi fiori durano poco, devono essere seminati dopo il mese di
marzo fino agosto, per gioirne a lungo. Non c'è niente di più fresco, più variopinto
che le affascinanti sfumature lilla, rosa e bianche di questi fiori, che espandono un
profumo inebriante.
PRoSPERITÀ, Faggio. n Faggio può essere considerato come un rivale della quercia
per l'imponenza del suo portamento e l'utilità della sua legna; cresce dappertutto e
così velocemente che si dice comunemente di vederlo crescere a vista d'occhio.
PRUDENZA, Sorbo domestico, pagina 86.
PuDORE, Acacia pudica, Sensitiva. La Sensitiva, Mimosa pudica, sembra ritirarsi
alla mano che vuole sfiorala. Al minimo soffio le sue foglioline si avvicinano l'una al­
l' altra coprendo la loro superficie superiore. Dopo il peduncolo si abbassa, e se la
pianta è bassa, si salda alla terra. Una nuvola passeggera che oscura il sole è sufficiente
per modificare la posizione delle foglie e l'aspetto della pianta. Gli antichi avevano
osservato questo fenomeno. Plinio ne accenna, ma né Plinio né i moderni botanici
l'hanno saputo spiegare.
PuREzZA, Spiga della Vergine, Ornitogalo piramidale. Nulla è più dolce, più puro,
più aggraziato dell'aspetto di questa pianta che erige nel mese di giugno un lungo
grappolo di fiori stellati, bianchi come il latte.

R.

RAFFINATEZZA, Ginestra. Ci sono fra le varietà della ginestra più specie utili. Tutte
crescono spontaneamente, alcune vengono impiegate nella medicina, altre servono
per fabbricare spazzole, altre per preparare tinture. La ginestra di Spagna è la sola
coltivata per la bellezza e per il profumo dei suoi fiori.

- 1 22 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

RAFFREDDAMENTO, Lattuga. Venere dopo la morte di Adone, si stese su un letto


di Lattuga, per estinguere il fuoco d'un amore finito.
RAGAZZA, Bocciolo di rosa. Una ragazza è una rosa ancora in boccio.
RAGIONE, Galega. La medicina impiega il succo di questa pianta per sedare le biz­
ze della mente, e richiamare la ragione smarrita.
RARITÀ, Mandragola. Gli antichi attribuivano grandi virtù alla Mandragola; ma
dal momento che non ci hanno tramandato nessuna descrizione dettagliata di questa
pianta, non sappiamo a quale varietà dessero questo nome. I ciarlatani, abili ad ap­
profittare di ogni errore, fanno, con un espediente abbastanza grossolano, assumere
la forma di un piccolo uomo a svariate radici, che mostrano ai creduloni raccontando
che queste radici straordinarie sono delle vere Mandragole, che non si trovano che in
una ristretta zona della Cina quasi inaccessibile. Dicono pure che queste Mandragole
gettano delle urla lamentevoli, quando si afferrano, e chi le strappa muore poco dopo.
Per prelevare questa radice, la si deve scoprire con attenzione, vangando la terra, pas­
sare intorno una corda legata ad un cane, che porterà da solo il peso di un'azione em­
pia. Si potrebbe scrivere un volume lugubre e curioso di tutte le idee bizzarre, assurde
e superstiziose, da cui sono nate le antiche credenze sulle supposte virtù di una pianta
che forse non è mai esistita.
RENDERE GIUSTIZIA, Tussilagine odorosa, pagina 74.
RENDETEMI GIUSTIZIA, Castagna. Le Castagne sono chiuse in due, tre o quattro, in
un comune calice che diventa un guscio verde irto di innumerevoli spine. Chi non
conosce quest'albero sottovaluta i suoi frutti per via dell'apparenza respingente.
REsiSTENZA, Tremella Nostoc. La Tremella è una pianta gelatinosa che ha molto
interessato gli studiosi e che, fino ad oggi, è sfuggita alle loro ricerche. È molto nota
fra gli alchimisti, che la utilizzano per preparare la pietra filosofale e panacee univer­
sali; come fosse un'emanazione degli astri. Altri studiosi non vedono in questa gela­
tina che le deiezioni degli aironi che si sono nutriti di rane. Altri vi hanno visto un
animale; ma sembra che per sfuggire ad ogni ricerca, questa pianta si trasformi in
più piante analoghe, e che tutte si trasformino le une nelle altre. La si trova nei viali
dei giardini, nei prati. Io l'ho vista qualche volta, dopo notti fresche e piovose, rico­
prire per intero i boschetti a Tuileries; ma qualche ora di sole la scioglieva. Peraltro
non si sa ancora nulla di certo sulla Tremella, è un segreto della natura che oppone al
so tutto degli stolti.
RICCHEZZA, Grano, pagina 5 0 .
RICOMPENSA PER L A VIRTÙ, Corona di Rose, pagina 3 6 . Si veda anche CORONE, pa­
gina 88.
RicoNCILIAZIONE, PACE, Nocciolo, pagina 1 00.
RICONOSCENZA, Agrimonia o Religiosa dei campi. L' Agrimonia è quella graziosa
Campanula, i cui fiori, del più tenero lill a , sono sospesi sul gambo, a forma di cam­
panule. Madame de Chasteney scrive nel suo calendario di Flora: «Si suppone che il
nome Agrimonia sia stato attribuito a questa pianta per la somiglianza dei calici spogli
di fiori, alle piccole campanelle degli eremiti. lo credo che la riconoscenza abbia do-

- 123 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

nato il nome di Religiosa dei campi a questa piccola campanula, benefica e generosa,
in onore di una donna ospitale, dolce, comprensiva>>.
RICONOSCENZA (MIA) SUPERA LE TUE CURE, Da lia, pagina 5 1 .
RIGORE, Camara acu leata. La Camara viene dall'America; la si vede sempre carica
di fiori d'un bianco neve e d'un odore soave: ma le spine corte e ricurve, che difen­
dono il gambo e le fronde, fanno sentire la loro fermezza a chi avvicina la mano.
RISERVATEZZA, Acero. Si è fatto dell'Acero l'emblema della Riservatezza, perché i
suoi fiori pigri ad aprirsi, cadono con estrema lentezza.
RoTTIJRA , Paglia spezzata, pagina 8 1 .
RoTTIJRA , Po lemonio azzu"o. Plinio ribadisce che più re si sono contesi l'onore
della scoperta del Polemonio azzurro; per questo si è attribuito a questa pianta il no­
me di Polémos, che significa Gue"a.
RuDEZZA, Asperella . L'aspra e ruvida Asperella, che non è né bella, né utile, viene
estirpata dai campi, dove comunque ricompare sempre.
RuoEZZA, Bo"agine. Le foglie della Borragine sono pungenti, ricoperte di peluria,
rugose; ma l'intera pianta è benefica; i suoi benefici fanno dimenticare presto la rude
apparenza, che dimostra come spesso dietro la durezza si nasconda la bontà.

S.

SAGGEZZA, Gelso bianco. Gli antichi definivano il gelso bianco l'albero più saggio,
perché impiega molto tempo per sviluppare le foglie. Si dice per contrasto, Mandorlo
folle, Gelso saggio, perché il Mandorlo è sempre il primo a fiorire. Un ramo di Man­
dorlo, intrecciato ad un ramo di Gelso, significa che la saggezza deve temperare
l 'azione.
ScHERZO, Melissa, cedronella. Questa pianta esala un gradevole profumo di limo­
ne; il suo infuso calma le tensioni e porta la serenità.
SECONDO FINE, Aster dai grandi fiori. L'Aster dal grande fiore comincia a schiu­
dersi quando tutti gli altri fiori diventano rari. Come il secondo fine di Flora, che sor­
ride abbandonandoci.
SEI FREDDA, Ortensia. Non si coltiva l'Ortensia che da poco. Anche se i corimbi
dei fiori sono alternativamente rivestiti di bianco, di porpora e di violetto, se nell'in­
sieme è luminosa e se si adatta in appartamento, ci si stanca presto della sua algida
bellezza, simile ad una civetta che, senza grazia e senza spirito, vorrebbe unicamente
piacere per l'aspetto.
SEI LA MIA DEA, Dodecatheon meadia. Lo stelo elegante e con un solo germoglio di
questa pianta si erige dal centro di una rosetta di foglie, grandi e stese per terra; in
aprile si corona di dodici fiori rosa inclinati. Linneo ha dato a questa pianta il nome
di Dodecatheon , che significa dodici divinità. Questo nome è forse un po' altisonante
per una piantina così modesta, ma i botanici e soprattutto gli amanti non ci fanno
caso.

- 124 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

SEI PERFETIA, Ananas. n frutto dell'Ananas, circondato da belle foglie, e coronato


da una corona che lo protegge, assomiglia ad una pigna scolpita in un blocco di oro
pallido; è così aggraziato da sembrare fatto per la delizia degli occhi, così squisito da
unire i sapori più svariati dei più deliziosi frutti, e così odoroso da coltivarlo solo per il
suo profumo.
SEI PIENA DI FASCINO, Ranunco lo asiatico. È all'inizio della primavera che si intra­
vede nei giardini lo smagliante Ranuncolo con i suoi fiori variopinti, lucidi, luccicanti
di mille sfumature, e brillanti di mille seduzioni. Nessuna pianta offre a colpo d'oc­
chio agli amanti della varietà uno scenario così vivo e variegato.
SEI SENZA PRETESE, Anemone coronaria. L'Anemone coronaria, detta anche fior di
Giove, o Corona dei giardini, è una pianta lanuginosa, tenera e biancastra in ogni sua
parte; si ricopre d'estate d'un numero infinito di graziosi fiorellini purpurei che ricorda­
no dei piccoli garofani; ama l'ombra e non richiede cure; solitamente si propaga da sola.
SEMPLICITÀ, Rosa semp lice. La semplicità arricchisce la bellezza stessa e serve da
velo alla bruttezza. Clemenza Isaure, che istituì i giochi floreali, volle che il premio per
l'eloquenza fosse una Rosa semplice.
SEPARAZIONE, Bignonia, pagina 5 5 .
SICUREZZA, Sisaro. n Sisaro assomiglia ai ceci; l o s i coltiva raramente. Aristotele
assicura che questa pianta tiene lontani gli spiriti e i fantasmi da chi la tiene a portata
di mano.
SILENZIO, Rosa bianca. n dio del Silenzio era rappresentato sotto forma di un ra­
gazzo seminudo, che tiene le dita sulla bocca, e una rosa bianca nell'altra mano; si
narra che Amore gli avesse dato questa rosa per impegnarlo ad essergli amico. Gli
antichi scolpivano una Rosa sulla porta della stanza delle cerimonie per ammonire
gli invitati a non ripetere null a di ciò che si diceva.
SIMPATIA, Limonio o Statice. n nome di questa pianta deriva dall a parola greca
Statikos, che traduce tutto quello che ha la facoltà di trattenere, unire, ricordare. I
fiori della Statice sono piccoli, tanti, rivolti al cielo, e formano delle spighe di un te­
nero blu. Si lasciano coltivare, ma la pianta cresce spontaneamente nei luoghi palu­
dosi e soprattutto in riva al mare, dove compatta la sabbia con le sue numerose radici.
SINCERITÀ, Felce. La felce offre i sedili agli amanti, e dei bicchieri ai bevitori, e
tutti sanno che l'amore e il vino rendono sinceri.
SoccoRSo, ASILO, Ginepro, pagina 98.
SOGNO, Osmunda. Mathiole attribuisce a questa graziosa felce, che cresce fra le
rocce umide, la virtù di ispirare i sogni premonitori.
SOLITUDINE, Erica, pagina 24.
SONNO DEL CUORE, Papavero bianco. Si ricava dal seme del Papavero bianco un
olio insipido che si prescrive per placare i sensi e indurre il sonno.
SORPRESA, Tartufo. Questo singolare tubero è un oggetto sempre sorprendente
per l'osservatore; non ha né gambo, né radici, né foglie. n tartufo nasce sottoterra
e ci resta per tutta la sua esistenza.

- 125 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

SoRTILEGIO, Circea. Come il nome stesso indica, questa pianta è celebre nei riti
magici. n suo fiore a spiga è rosa screziato di porpora. Si trova nei posti umidi e om­
breggiati; ama soprattutto crescere sulle rovine, e sui resti delle tombe.
SosPETIO, Fungo . Sono note più varietà di funghi dal veleno mortale. Gli
Osliack, popolo della Siberia , preparano con tre Agaricus muscarius una pozione
che porta in dodici ore alla morte l'uomo più robusto. Parecchi funghi dei nostri climi
sono altrettanto pericolosi; ve ne sono che conservano un liquore così agro, che una
sola goccia posta sulla lingua basta per produrre un'escara. I Russi, durante le loro
lunghe quaresime, si nutrono quasi interamente di Funghi, anche da noi si conside­
rano i funghi coltivati una pietanza molto ghiotta; ma devono sempre ispirare qualche
sospetto, e bisogna, prima di servirli, esporli al calore dell'acqua bollente; se non sono
di buona qualità, questa precauzione eliminerà l'asprezza, e toglierà ogni odore.
SPERANZA, Biancospino, pagina 1 6 .
SPIRITO MALINCONICO , Geranio triste. Quest'affascinante geranio, simile agli spi­
riti malinconici, rifugge la luce del giorno; e awolge chi lo coltiva di deliziosi profumi;
il suo manto è cupo e modesto; in tutto contrasta con il Geranio scarlatto, simbolo
della stupidità.
STIMA, Salvia Sclarea . Detta volgarmente piccola salvia sclarea, è considerata la più
benefica delle piante aromatiche.
STOICISMO, Bosso. n Bosso ama l'ombra; sopporta, senza variare il verde delle fo­
glie, il freddo e il caldo; non richiede alcuna cura, e vive secoli.
STUPIDITÀ, Geranio scarlatto, pagina 7 5 .
SVENTATEZZA, Mandorlo, pagina 1 1 .

T.

TEMPO, Pioppo bianco. n Pioppo bianco è un albero che alza, a più di ventiquat­
tro piedi, una testa superba sul tronco dritto, ricoperto da una corteccia argentata.
Gli antichi l'avevano consacrato al tempo perché le foglie di questo splendido albero,
scure da un lato, e bianche dall'altro, in continua agitazione, segnano l'alternarsi del
giorno e della notte.
TIMIDEZZA, Bella di notte, pagina 76.
TRADIMENTO, Mirtillo. Enomào, padre della bella Ippodamia, aveva come scudie­
ro Mirtillo, figlio di Mercurio. Fiero di questo privilegio, pretendeva che tutti i preten­
denti alla mano di sua figlia entrassero nel recinto con lui e con lui disputassero la gara
della corsa delle carrozze. Pelope, che desiderava avere Ippodamia, promise a Mirtillo
una grossa ricompensa se avesse tolto la chiavetta che reggeva le ruote del carro del suo
maestro. Mirtillo si lasciò sedurre, il carro si rovesciò e Enomào morì, ma spegnendosi
supplicò Pelope di vendicarlo, e lui obbedì gettando in mare lo scudiero traditore. Le
acque riportarono il suo corpo a riva, Mercurio lo mutò nell'arbusto che porta il suo

- 126 -
DIZIONARIO DEL LINGUAGGIO DEI FIORI

nome: quest'arbusto assomiglia ad un piccolo Mirto. È il Mirtillo nero. Cresce lungo i


litorali, nelle zone riparate e fresche. I suoi graziosi fiorellini campanulati lasciano il po­
sto a delle bacche di un blu scuro, dal sapore piccante e gradevole.
TRANQUILLITÀ, A/isso delle rocce. Gli antichi credevano che l'Alisso delle rocce,
detto volgarmente Tlaspi, avesse il potere di guarire la rabbia; si impiega ancora con­
tro questa terribile malattia.
TRAPPOLA, Gigaro mangiamosche. n Gigaro mangiamosche è un simbolo molto

innocente delle trappole rozze che il vizio tende all'adolescente imprudente. Le mo­
sche sono attirate dal cattivo odore di questa pianta si infilano nei fiori e non riescono
più ad uscime.
TRISTEZZA, Tasso, pagina 98.
TRISTEZZA, MALINCONIA, Foglie morte, pagina 85 .
TuTELA, Olive/la, pagina 24.

U.

UMILTÀ, Convolvolo dei campi. Pianta che striscia per terra, o che s i solleva con
l'aiuto di un appoggio. Père Rapin apostrofa così questo fiore: «Cresci, lieto giglio !
Soave tentativo della natura in fasce ! Capolavoro che sembrava annunciare grandis­
sime opere ! »
UNIONE, Paglia intera, pagina 8 1 .
USANZE, Ruta selvatica. S i narra che l'erba Moli, che Mercurio aveva dato ad Ulis­
se per rendere vano l'effetto dei sortilegi di Circe, fosse una radice di Ruta selvatica.
UTILITÀ, Erbetta, Tappeto erboso pagina 7 .

V.

VARIETÀ, Astro della Cina, pagina 64 .


VERITÀ, More/la dulcamara. Gli antichi credevano che l a verità fosse madre della
virtù, figlia del tempo e sovrana del mondo. Si dice che questa divinità si nasconda in
fondo ad un pozzo, che unisca sempre qualche amarezza alla sua generosità, le si è
così attribuito il simbolo di una pianta oziosa, che, come lei, ama l'ombra e rinverdi­
sce senza posa. La Morella dulcamara è, credo, la sola pianta di questi climi che perde
le foglie e le rimette nell'arco della stessa annata.
VITA, Erba medica, pagina 23 .
VITALITÀ, Timo, pagina 29.
VIZIO, Loglio, pagina 45 .
VoLUTTÀ, Tuberosa, pagina 65 .

- 127 -
DIZIONARIO
DELLE PIANTE
CON SIMBOLOGIA

A.

Abete. Elevazione.
Acacia. Amore platonico.
Acacia pudica. Pudore.
Acacia rosa. Eleganza.
Acanto. Arti.
Acero. Riservatezza.
Achillea. Guerra.
Adonide. Dolorosi ricordi.
Adoxa. Fragilità.
Agnocasto. Freddezza. Castità.
Agrifoglio. Previdenza.
Agrirnonia. Riconoscenza.
Alisso delle rocce. Tranquillità.
Alloro. Gloria.
Aloe. Amarezza. Dolore.
Amaranto. Immortalità.
Amarilli de. Fierezza.
Ananas. Sei perfetta.
Anemone. Abbandono.
Anemone coronaria. Sei senza pretese.
Anemone dei prati. Malattia.
Anemone epatica. Fiducia.
Angelica. Ispirazione.
Antirrino dei giardini. Presunzione.
Aquilegia. Follia.
Arancio. Generosità.
Artemisia. Beatitudine.
Asfodelo. I rimpianti ci seguono nella tomba.
Asperella. Rudezza.
Assenzio. Assenza.
Aster dai grandi fiori. Secondo fine.
Astro della Cina. Varietà.

129 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

B.

Balsamina. Impazienza.
Balsamo di Giudea. Guarigione.
Bardana. Inopportunità.
Basilico. Odio.
Bella di giorno. Civetteria.
Bella di notte. Timidezza.
Belvedere o Chenopodio scopario. Io ti farò la guerra.
Biancospino. Speranza.
Bignonia. Separazione.
Bocciolo di rosa. Ragazza.
Bocciolo di rosa bianca. Cuore che ignora l'amore.
Borragine. Rudezza.
Bosso. Stoicismo.
Bouquet. Galanteria.
Bucaneve. Consolazione.
Buglossa. Menzogna.
Buon Enrico. Bontà.

c.

Calendula. Pena, dispiacere.


Calendula e Cipresso insieme. Disperazione.
Calendula pluviale. Presagio.
Camara aculeata. Rigore.
Campanula piramidale. Costanza.
Canna piumosa. Indiscrezione.
Capelvenere. Discrezione.
Caprifoglio. Legami d'amore.
Cardo. Austerità.
Cardo dei lanaioli. Misantropia.
Carpino. Ornamento.
Castagno d'India. Lusso.
Cavolo. Profitto.
Cedronella. Dolore.
Centaurea, Fiore del Gran Signore. Felicità.
Chenopodio. Si veda Belvedere.
Chiodo di garofano. Dignità.
Cicoria. Frugalità.
Ciliegio. Buona educazione.
Cinquefoglie. Figlia adorata.

130 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

Cipresso. Lutto.
Circea. Sortilegio.
Clematide. Artificio.
Cocomero asinino. Critica.
Colchico. Bei giorni passati.
Colori. Si veda pagina 9 1 .
Colutea. Frivolo divertimento.
Convolvolo dei campi. Umiltà.
Convolvolo di notte. Notte.
Coriandolo. Merito nascosto.
Corniolo selvatico. Durata.
Corona di rose. Ricompensa per la virtù.
Corone. Si veda pagina 88.
Crespino. Asprezza.
Cuscuta. Bassezza.

D.

Dalia. La mia riconoscenza supera le tue cure.


Datura. Carisma fallace.
Dente di leone. Oracolo.
Dittamo eretico. Nascita.
Dodecatheon meadia. Sei la mia dea.

E.

Ebano. Nefandezza.
Edera. Amicizia.
Elenio. Lacrime.
Eliotropio. Ebbrezza: ti amo.
Enòtera dai grandi fiori. Incostanza.
Erba medica. Vita.
Erba tremolina. Frivolezza.
Erbetta, Tappeto erboso. Utilità.
Erica. Solitudine.

F.

Faggio. Prosperità.
Felce. Sincerità.
Finocchio. Forza.

- 13 1 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

Fiorcappuccio. Leggerezza.
Fiordaliso. Delicatezza.
Fiori d'arancio. Castità.
Foglie morte. Malinconia.
Fragole. Bontà esemplare.
Frassinella. Fuoco.
Frassino. Grandezza.
Fritillaria. Potere.
Fumaria comune. Fiele.
Fungo. Sospetto.
Fusaggine. n tuo fascino ha solcato il mio cuore.

G.

Galega. Ragione.
Garanza. Calunnia.
Garofanino del poeta. Finezza.
Garofano. Amore vivo e puro.
Garofano a pennacchio. Infanzia.
Garofano giallo. Disprezzo.
Gelso bianco. Saggezza.
Gelso nero. Io non voglio sopravviverti.
Gelsomino bianco. Amabilità.
Gelsomino rosso dell'India. Si veda lpomea.
Geranio rosato. Preferenza.
Geranio scarlatto. Stupidità.
Geranio triste. Spirito malinconico.
Giacinto. Gioco.
Giacinto. Benevolenza.
Gigaro mangiamosche. Trappola.
Giglio comune. Maestosità.
Ginepro. Asilo, soccorso.
Ginestra. Raffinatezza.
Ginestra comune. Ardore.
Girasole. Falsa ricchezza.
Giunchi. Musica.
Giunchiglia. Desiderio.
Giunco dei campi. Docilità.
Giusquiamo. Difetto.
Glaciale. Si veda Mesembrianthemum cristallinum.
Glicine. La tua amicizia mi è cara e desiderabile.
Granadiglia cerulea. Credenza.
Grano. Ricchezza.

132 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

I.

Iberide di Persia, Tiaspi perenne. Indifferenza.


Ibisco. Amore remissivo e mesto.
Ipomea scarlatta. Io mi lego a te.
Iris. Messaggio.
Iris, giaggiolo. Fiamma.

L.

Larice. Audacia.
Latrea clandestina. Amore segreto.
Lattuga. Raffreddamento.
Laureola Dafne. Civetteria, voglia di piacere.
Lauroceraso. Perfidia.
Laurotino. Si veda Clematide.
Lavanda. Diffidenza.
Liane. Nodi.
Lillà. Primo batticuore.
Lillà bianco. Giovinezza.
Lino. Io percepisco i benefici della tua presenza.
Loglio. Vizio.
Lun aria. Si veda. Oblio.
Lupinella tremula. Agitazione.
Luppolo. Ingiustizia.

M.

Malvarosa. Fecondità.
Mandorlo. Sventatezza.
Mandragola. Rarità.
Manzaniglio. Falsità.
Margherita (piccola) . Innocenza.
Margherita dei prati. Ci penserò.
Margherita (piccola) doppia. Io e te condividiamo gli stessi sentimenti.
Mazzo di fiori. Moriremo insieme.
Melagrana. Fatuità.
Melissa, cedronella. Scherzo.
Melo (fiore) . Preferenza.
Menta piperita. Calore di un sentimento.
Mesembrianthemum cristallinum. n tuo sguardo mi raggela.

133 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

Miosotide. Ricordati di me; non ti scordar di me.


Mirabolano. Privazione.
Mirtillo . Tradimento.
Mirto. Amore.
Mordigallina. Appuntamento.
Morella dulcamara. Verità.
Mughetto. Felicità ritrovata.
Muschio. Amore materno.

N.

Narciso. Egoismo.
Narciso dei poeti. Disillusione.
Ninfea Loto. Eloquenza.
Nocciolo. Riconciliazione.

O.

Oblio, lunaria. Oblio.


Ofride fior mosca. Errore.
Ofride fior ragno. Destrezza.
Olivella. Tutela.
Onagra. Si veda Enotera.
Ononide. Ostacolo.
Opunzia. Io ardo.
Omitogalo piramidale,
Spiga della Vergine. Purezza.
Ortensia. Sei fredda.
Ortica. Crudeltà.
Osmunda. Sogno.
Ossalide. Gioia.

P.

Paglia intera. Unione.


Paglia spezzata. Rottura.
Papavero. Consolazione.
Papavero bianco. Sonno del cuore.
Patata. Beneficenza.
Peonia. Onta.
Pervinca. Dolci ricordi.

134 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

Pino. Audacia.
Pioppo bianco. Tempo.
Pioppo nero. Coraggio.
Pioppo tremwo. Gemito.
Platano. Genio.
Polemonio azzurro. Rottura.
Poligala. Eremitaggio.
Prezzemolo. Cerimonia.
Primwa. Adolescenza.
Prugno. Mantenere le promesse.
Prugno selvatico. Indipendenza.

Q.

Quercia. Ospitalità.

R.

Ranuncolo asiatico. Sei piena di fascino.


Ranuncolo scellerato. Ingratitudine.
Ranuncolo sardo. Ironia.
Reseda. Le tue qualità superano il tuo fascino.
Romice erba pazienza. Pazienza.
Rosa. Bellezza.
Rosa (una foglia) . Mai inopportuna.
Rosa bianca. Silenzio.
Rosa bianca, con una rosa rossa. Pene d'amore.
Rosa cappuccina. Esuberanza.
Rosa dalle cento foglie. Grazia.
Rosa delle quattro stagioni. Bellezza rinnovata.
Rosa di Gueldre. Buona notizia.
Rosa di macchia. Poesia.
Rosa gialla. Infedeltà.
Rosa borraccina. Amore, voluttà.
Rosa muschiata. Bellezza capricciosa.
Rosa pompon. Gentilezza.
Rosa semplice. Semplicità.
Roseto fra un ciuffo d'erba. C'è solo da guadagnare a stare
in buona compagnia.
Rosmarino. La tua presenza mi rianima.
Rovi dai frutti neri. Invidia.
Ruta selvatica. Usanze.

135 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

S.

Salcerella. Pretesa.
Salice di Babilonia (o piangente) . Malinconia.
Salvia (sclarea) . Stima.
Serpentaria. Orrore.
Siringa. Amore fraterno.
Sisaro. Sicurezza.
Sorbo. Accordi.
Sorbo domestico. Prudenza.
Specchio di Venere. Fascino.
Spino nero. Difficoltà.
Spirea ulmaria. Inutilità.
Statice. Simpatia.
Stella alpina. Ingenuità.
Stramonio comune. Dissimulazione.

T.

T amaro. Essere d'appoggio.


Tartufo. Sorpresa.
Tasso. Tristezza.
Tiglio. Amore coniugale.
Timo. Vitalità.
Tlaspi. Indifferenza.
T radescantia virginiana. Beatitudine di un istante.
Tremella Nostoc. Resistenza.
Trifoglio fibrino. Calma, ozio.
Tuberosa. Voluttà.
Tulipano. Dichiarazione d'amore.
Tussilagine odorosa. Rendere giustizia.

U.

Ulivo. Pace.

v.

Valeriana rossa. Mitezza.


Verbena. Estasi.

136 -
DIZIONARIO DELLE PIANTE

Veronica. Fedeltà.
Vetrice. Franchezza.
Viburno laurotino. Io muoio se ti neghi.
Violacciocca dei giardini. Bellezza perenne.
Violacciocca delle muraglie. Fedele al dolore.
Violacciocca rossa. Prontezza.
Violetta. Modestia.
Violetta bianca. Candore.
Vischio comune. Io supero ogni ostacolo.
Vite. Ebbrezza.

z.

Zafferano. Non abusare.


Zucca. Gonfiore.

- 137 -
INDICE

Introduzione. Il linguaggio dei fiori: divertissement intellettuale e


moti del cuore in età romantica di LuciA ToNGIORGI ToMASI
e LUIGI ZANGHERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. v

Preambolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » l

PRIMAVERA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 5
Marzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7
Aprile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16
Maggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 24

ESTATE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 31
Giugno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 33
Luglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 41
Agosto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 48

AUTUNNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 59
Settembre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 61
Ottobre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 71
Novembre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 79

INVERNO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 83
Dicembre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 85
Gennaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 91
Febbraio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 98
Linguaggio allegorico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1 05
Tavola dei caratteri attribuiti per tradizione alle ore del giorno . . » 1 06
Dizionario del linguaggio dei fiori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 1 07
Dizionario delle piante con simbologia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 129

- 139 -
FINITO DI STAMPARE
PER CONTO DI LEO S. OLSCHKI EDITORE
PRESSO ABC TIPOGRAFIA • CALENZANO (FI)
NEL MESE DI FEBBRAIO 2020
r----- GIARDINI E PAESAGGIO

l . FEDERICO MANIERO, Fitocronologia d'Italia. 2000, VI-290 pp. Esaurito.


Vedi nuova edizione aggiornata. 20 1 5 , n. 40.
2 . GIOVAN BAITISTA FERRARI, Flora overo cultura di fiori. Riproduzione
in facsimile a cura e con introduzione di L. Tongiorgi Tomasi.
Testi di A. Campitelli e M. Zalum. 200 1 , LVI-566 pp.
3. ERCOLE SILVA, Dell'arte de' giardini inglesi. Nuova edizione a cura di
G. Guerci, C. Nenci, L. Scazzosi. 2002, XXXIV-288 pp. con 40 ili. n. t.
4. n giardino e la memoria del mondo. A cura di G. Baldan Zenoni-Poli­
teo, A. Pietrogrande . 2002 , x-260 pp. con 45 tavv. ft. Ristampa 2005 .
5. Culture and Nature. International legislative texts riferring to the safe­
guard of natura! and cultura! heritage. Edited by C . Afi6n Feliu. 2003 ,
LXII-428 pp.

6. LUIGI ZANGHERI, Storia del giardino e del paesaggio. n verde nella cultura
occidentale. 2003 , VI-390 pp. con 232 ili. n. t. e 1 4 tavv. ft. a colori. Ri­
stampa 2007.
7. Paesaggio culturale e biodiversità. Principi generali, metodi, proposte
operative. A cura di R. Colantonio Venturelli e F. Miiller. 2003 ,
XVI-258 pp. con 50 figg. n. t. e 1 4 tavv. ft. di cui 1 3 a colori.

8. Oltre il giardino. A cura di G. Guerci, L. Pelissetti, L. Scazzosi.


ili. n. t. e 14 tavv. ft. a colori.
2003 , VIn-4 1 4 pp. con 92

9. EuGENIO BArriSTI, Iconologia ed ecologia del giardino e del paesaggio.


A cura di G. Saccaro Del Buffa. 2004, XIV-420 pp. con 1 1 2 figg. n. t.
e 3 3 tavv. ft. a colori.

1 0 . MICHEL CoNAN, Essais de poétique des jardins. 2004, xxvm-426 pp.


con 146 figg. n. t . , 39 tavv. ft. di cui 1 1 a colori.
1 1 . MICHAEL jAKOB, Paesaggio e letteratura. 2005 , 242 pp. Ristampa 20 1 7.

12. Histories of garden conservation. Case-studies and critica! debates.


Colloquio internazionale sulla storia della conservazione dei giar­
dini. A cura di M. Conan, J. Tito Rojo, L. Zangheri. 2005 , XIV-452
pp. con 1 43 ili. n. t. e 12 tavv. f. t. a colori.
13. La cultura del paesaggio. Le sue origini, la situazione attuale e le pro­
spettive foture. A cura di R. Colantonio Venturelli e K. Tobias.
200 5 , XVI-326 pp. con 34 figg. n. t. e 32 tavv. ft. di cui 24 a colori.

14. Giardini, contesto, paesaggio. Sistemi di giardini e architetture vegetali


nel paesaggio. Metodi di studio, valutazione, tutela. A cura di L. S. Pe­
lissetti, L. Scazzosi. 2005 , 2 tomi di complessive xiv-840 pp. con
1 89 figg. n. t. e 20 tavv. ft. a colori.

1 5 . LuiGI ZANGHEru, BRuNELLA LoRENzi, NAusiKAA M. RAHMATI, n


giardino islamico. 2006, VI-484 pp. con 246 figg. n. t. e 83 tavv. f. t. a
colori. Ristampa 20 1 1 .
1 6 . MARIE LmsE GoTHEIN, Storia dell'Arte dei Giardini. Vol. I: Dall'E­
gitto al Rinascimento in Italia, Spagna e Portogallo. Vol. II: Dal Rina­
scimento in Francia fino ai nostri giorni. Edizione italiana a cura di
M. de Vico Fallani e M. Bencivenni. 2006, 2 tomi di complessive
xxiv- 1 1 70 pp. con 63 7 figg. n. t. e 4 tavv. f. t.
1 7. Per un giardino della Terra. A cura di A. Pietrogrande. 2006, xrr-430
pp. con 4 figg. n. t. e 5 2 tavv. f. t. di cui 37 a colori.

1 8 . MARIA PIA CuNICO, PAOLA MuscARI , Giardini nell'Isola d 'Elba. Col­


laborazione di A. Contiero, foto di A. Marchese . 2006, xrr- 1 88 pp.
con 2 8 7 figg. n. t.

1 9 . CHIARA SANTINI, n giardino di Versailles. Natura, artificio, modello.


2007, XVI-2 86 pp. con 2 7 figg. n. t. e 8 tavv. f. t. a colori.
20. Bibliografia del giardino e del paesaggio italiano (1 980-2005) . A cura di
L. Tongiorgi Tomasi e L. Zangheri, 2008, xrr- 1 72 pp. con CD-Rom
accluso.

2 1 . CHARLOTTE DE LATOUR, n linguaggio deifiori. Traduzione di G . Ga­


rufi. 2008, x- 1 40 pp. con 12 tavv. f. t. Ristampa 2020.

22. MARGHERITA ZALUM CARDON, Passione e cultura deifiori tra Firenze e


Roma nel XVI e XVII secolo. 2008, xvm-274 pp. con 62 figg. n. t. e 1 6
tavv. f. t . a colori.

2 3 . GABRIELE CAPECCHI, Cosimo II e le arti di Boboli. Committenza, icono­


grafia e scultura. 2008, xrr-228 pp. con 1 1 4 tavv. f. t.
24. La cultura del paesaggio in Europa tra storia, arte e natura. Manuale di
teoria e pratica. A cura di P. Donadieu, H Ki.ister, R. Milani. 200 8 ,
XII- 1 92 pp. con 8 figg. n.t.

25. Giardini storici: a 25 anni dalle Carte di Firenze: esperienze e prospettive.


Vol. I: Bilanci a 25 anni dalle Carte di Firenze. Vol. II: Competenze e pro­
spettive di gestione. A cura di L.S. Pelissetti e L. Scazzosi. 2009, 2 tomi
di complessive XXII-776 pp. con 205 figg. n. t. e 1 8 tavv. f.t. a colori.

26. MASSIMO DE VICO FALLANI, n vero giardiniere coltiva il terreno. Tecni­


che colturali della tradizione italiana. 2009, xvr- 1 78 pp. con 1 09 figg.
n.t. di cui 36 a colori e 1 3 tavv. f. t. a colori.

2 7 . RrTA PANATTONI, San Rossore nella storia. Un paesaggio naturale e co­


struito. Con un saggio sull'evoluzione del paesaggio vegetale di F.
Garbari. 20 1 0 , xxxn-230 pp. con 2 figg. n.t. e 32 tavv. f. t. a colori.

2 8 . KOJI KuwAKINO, L'architetto sapiente. Giardino, teatro, città come


schemi mnemonici tra il XVI e il XVII secolo. 2 0 1 1 , xxrv-326 pp. con
70 figg. n. t. e 7 tavv. f. t. a colori.

29. Le paysage sacré. Le paysage comme exégèse dans l 'Europe de la première


modernité l Sacred Landscape. Landscape as Exegesis in Early Modern
Europe. Sous la direction de D. Ribouillault et M. Weemans. 20 1 1 ,
xxxn-3 68 pp. con 83 figg. n.t. e 2 8 tavv. f. t a colori.
3 0 . PAOLA RoNCARATI, RossELLA MARCUCCI, Filippo de Pisis, botanico Jùi­
neur: un giovane tra erbe, ville, poesia. Ricostruita la collezione giovanile
di erbe secche. 20 1 2 , XVI-208 pp. con 43 fìgg. n. t. di cui 36 a colori.
3 1 . MICHAEL RoHDE, La cura dei giardini storici. Teoria e prassi. Edizio­
ne italiana a cura di M. de Vico Fallani. 20 1 2 , xvm-590 pp. con 625
fìgg. n. t. di cui 4 1 8 a colori.
32. PAOLA DI FELICE, L'universo nel recinto. Ifondamenti dell'arte dei giar­
dini e dell'estetica tradizionale giapponese. l . Con la traduzione di
Sakuteiki (Annotazioni sulla composizione dei giardini) . 20 1 2 , XLVI-
206 pp. con 65 fìgg. n. t. e 8 tavv. f. t. a colori.

33. PAOLA DI FELICE, L'universo nel recinto. Ifondamenti dell 'arte dei giar­
dini e dell'estestica tradizionale giapponese. II. Con la traduzione di
Sansui narabini yagyo no zu (illustrazioni delle forme di montagne, pia­
nure e corsi d 'acqua) compilato dal monaco Zoen. 20 1 2 , xxvm- 1 60 pp.
con 26 fìgg. n.t. e 4 tavv. f. t. a colori.
34. Pietro Porcinai a Pistoia e in Valdinievole. A cura di C . M . Bucelli e
C . Massi. 20 1 2 , XIV- 3 7 8 pp. con 268 figg. n. t. e 1 5 tavv. f. t. a colori.
3 5 . MARIA ANTONIETTA BREDA, n Tempio della Notte. Architettura ipogea
nei giardini paesaggistici. 20 1 2 , xx- 1 1 2 pp. con 1 06 fìgg. n. t.

36. PAOLA MuscARI , MARIA PIA CuNICO, Arcipelago nascosto. Giardini,


aranceti, carceri, torri efortezze delle isole dell 'Arcipelago toscano. Col­
laborazione di Alessandra Contiero. Foto di Marco Gulinelli e En­
nio Boga. 20 1 2 , x- 1 86 pp. con 265 fìgg. n.t.
37. GIACOMO LORENZINI, CRISTINA NALI , n Pino domestico. Elementi sto­
rici e botanici di una preziosa realta del paesaggio mediterraneo. 20 1 3 ,
VI-98 pp. con 1 2 0 fìgg. n .t . a colori.

3 8 . SERGE BRIFFAUD, 0LIVIER DAMÉE, EMMANUELLE HEAULMÉ, Chantilly


au temps de Le Notre. Un paysage en projet. 20 1 3 , xn-224 pp. con 43
fìgg. n.t.
39. PAOLA RoNCARATI, RossELLA MARCUCCI, Codici e rose. L'erbario di
Piero Calamandrei tra storia, fiori e paesaggio. Prefazione di Enrico
Alleva e postfazione di Francesco Cocozza. 20 1 5 , 1 9 8 pp. con 23
fìgg. n. t. e 24 ill. a colori.
40. FEDERICO MANIERO, Cronologia della flora esotica italiana. 20 1 5 ,
VI-4 1 6 pp.

4 1 . ANGIOLO Pucci , I giardini di Firenze. I. I giardini dell 'Occidente


dall 'Antichita a oggi. A cura di M. Bencivenni e M. de Vico Fallani.
20 1 5 , xxn-404 pp. con 3 3 1 fìgg. n. t.

42. ANGIOLO PucCI, I giardini di Firenze. II. Giardini e passeggi pubblici.


A cura di M . Bencivenni e M . de Vico Fallani. 20 1 5 , XIV-552 pp.
con 1 60 fìgg. n. t.
43 . ANGIOLO PucCI, I giardini di Firenze. III. Palazzi e ville medicee.
A cura di M. Bencivenni e M. de Vico Fallani. 20 1 6 , xxxn-642 pp.
con 2 1 O fìgg. n. t.
44. A.NGIOLO Pucci, I giardini di Firenze. N. Giardini e orti privati della
città. A cura di M. Bencivenni e M. de Vico Fallani. 20 1 7, xxx-5 9 8
pp. con 1 62 figg. n. t.
4 5 . A.NGIOLO Pucc1, I giardini di Firenze. V. Suburbio vecchio e nuovo
di Firenze. A cura di M. Bencivenni e M. de Vico Fallani. 20 1 9 ,
XVIII-442 pp. con 1 3 0 figg. n. t .

4 6 . A.Nmow Pucci, I giardini d i Firenze. VI. Comuni della cintura d i Firenze.


A cura di M. Bencivenni e M. de Vico Fallani. In preparazione.
47. De la peinture au jardin. Sous la direction de H. Brunon et
D. Ribouillault. 20 1 6 , VIII-3 74 pp. con 1 1 7 figg. n. t. e 30 tavv. a colori.
4 8 . FABIO CAPPELLI, n bosco. Storia, selvicoltura, evoluzione nel territorio
fiorentino. 20 1 7, VIII- 1 90 pp. con 86 figg. n. t.

49. ULRIKE GAWLIK, Raffaele De Vico. I giardini e le architetture romane


dal 1 908 al 1 962 . Traduzione di Marco Mataloni, con contributi di
Massimo de Vico Fallani e Simone Quilici. 20 1 7 , XVIII-444 pp. con
1 74 figg. n.t. e l pianta a colori.

50. Ville e Giardini Medicei in Toscana e la loro injluenza nell'arte dei


giardini. Atti del Convegno Internazionale, Accademia delle Arti
del Disegno, Firenze, 8 novembre 20 1 4. A cura di L. Zangheri.
20 1 7, x-20 8 pp. con 1 00 figg. n.t. a colori.

5 1 . MARco TruscmoGuo, L'architetto nel paesaggio. Archeologia di un'idea.


20 1 8 , x-228 pp. con 9 figg. n. t.

52. La botanica de' fiori dedicata al bel sesso. A cura di S. Verrazzo,


Introduzione di L. Tongiorgi Tomasi e L. Zangheri, Premessa di
D. Tongiorgi. 20 1 8 , XXVI- 1 02 pp. , con 1 4 ili. a colori.
53. La cura dei giardini monumentali. Fondamenti della conservazione dei
giardini storici e degli spazi verdi. A cura di Dieter Hennebo. Edi­
zione italiana a cura di Maria Letizia Accorsi, Massimo de Vico
Fallani, Giada Lepri. In preparazione.

GIARDINI E PAESAGGIO
I POMI DELLE ESPERIDI

(cm 24 X 3 1 , rilegato)
I. La villa medicea di Careggi. Storia, rilievi e analisi per il restauro. 2006,
1 5 6 pp. con 1 04 figg. e 26 tavole a colori n. t. Esaurito.

II. n giardino del Palazzo Reale di Torino. 1570-1 915. A cura di Paolo
Cornaglia. 20 1 9 , XIV-240 pp. con 2 1 5 figg. n.t. a colori e 1 6 tavv.
f. t. a colori.

http: / / giardini. olschki.it

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