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ANNO LXV - N.

4 PUBBLICAZIONE BIMESTRALE ISSN 0035-6093

RIVISTA
DI DIRITTO
CIVILE
FONDATA E DIRETTA DA

PUBBL. BIMESTRALE - TARIFFA R.O.C.: POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. - D. L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB MILANO
WALTER BIGIAVI E ALBERTO TRABUCCHI
(1955-1968) (1955-1998)

COMITATO DI DIREZIONE
C. MASSIMO BIANCA - FRANCESCO D. BUSNELLI
GIORGIO CIAN - ANTONIO GAMBARO
NATALINO IRTI - GIUSEPPE B. PORTALE
ANDREA PROTO PISANI - PIETRO RESCIGNO
RODOLFO SACCO - PIERO SCHLESINGER
PAOLO SPADA - VINCENZO VARANO
E
GUIDO CALABRESI - ERIK JAYME
DENIS MAZEAUD - ÁNGEL ROJO FERNÁNDEZ-RIO

Luglio-Agosto
2019
edicolaprofessionale.com/RDC
FRANCESCO PAOLO PATTI
Prof. ass. dell’Università Bocconi di Milano

IL DECLINO DELLA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA


(A MARGINE DELL’ART. 2051 C.C.)

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La natura della responsabilità per danno da cose in cu-


stodia. – 3. Responsabilità “aggravata” e prova liberatoria del caso fortuito. – 4. Re-
sponsabilità “oggettiva” e prova liberatoria del caso fortuito. – 5. I punti di contatto tra
le due tesi. – 6. Il concorso di colpa del danneggiato. – 7. Sul futuro della responsabilità
da cose in custodia. – 8. Conclusione: l’esigenza di distinguere tra cose dotate di
intrinseco dinamismo e cose inerti.

1. – Recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di danno non


patrimoniale e di risarcimenti punitivi hanno suscitato notevole interesse
e invitano a riflettere sulle funzioni della responsabilità civile. I commenti e
le discussioni hanno oltrepassato la barriera delle riviste specialistiche e
raggiunto il cuore del dibattito civilistico (1). Il dato non sorprende se si
considera l’importanza delle materie trattate, in cui rilevano principi co-
stituzionali concernenti la tutela della persona (2), che rendono manifesto il
carattere “polifunzionale” della responsabilità civile (3), nonché la necessità

(1) C. CASTRONOVO, Il danno non patrimoniale nel cuore del diritto civile, in Europa d.
priv., 2016, p. 293 ss.
(2) Per tutti, v. E. NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino 1996.
In tema di danni punitivi, v. spec. M. SESTA, Risarcimenti punitivi e legalità costituzionale, in
questa Rivista, 2018, p. 305 ss.
(3) V. soprattutto C.M. BIANCA, Qualche necessaria parola di commento all’ultima
sentenza in tema di danni punitivi, in Giustizia.civile.com, 31 gennaio 2018; G. DE NOVA,
Le nuove frontiere del risarcimento del danno: i punitive damages, in Jus civile, 2017, p. 388
ss.; C. SCOGNAMIGLIO, Le sezioni unite ed i danni punitivi: tra legge e giudizio, in Resp. civ.,
2017, p. 1109 ss.; M. DELLACASA, Punitive damages, risarcimento del danno, sanzioni civili:
un punto di vista sulla funzione deterrente della responsabilità aquiliana, in Contratto e impr.,
2017, p. 1142 ss.; Francesca BENATTI, Benvenuti danni punitivi... o forse no!, in Banca, borsa,
tit. cred., 2017, I, p. 46 ss.; M. FRANZONI, Danno punitivo e ordine pubblico, in questa Rivista,
2018, p. 283 ss., spec. p. 295 ss.; M. GRONDONA, La polifunzionalità della responsabilità civile
e l’ubi consistam ordinamentale dei «risacimenti punitivi», in Pol. d., 2018, p. 45 ss.; A.M.
BENEDETTI, Sanzionare compensando? Per una liquidazione non ipocrita del danno non pa-
trimoniale, in questa Rivista, 2019, p. 222 ss.

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di confrontare le soluzioni interne con quelle accolte nel contesto interna-


zionale (4).
Non si riscontra analoga attenzione per i problemi concernenti le
fattispecie di responsabilità speciale, disciplinate dagli artt. 2049–2054
c.c. che, pur trovando sovente applicazione nella prassi, da tempo non
sono oggetto di studi approfonditi (5). Infatti, sono trascorsi più di cinque
decenni dalle fondamentali opere degli anni Sessanta dedicate alla respon-
sabilità oggettiva (6) e sono altresı̀ lontani i tempi in cui delle disposizioni
sopra indicate autorevoli studiosi offrivano una interpretazione utile ad
apprestare adeguate forme di tutela al consumatore nei confronti del
produttore (7).

(4) Cfr. A. GAMBARO, Le funzioni della responsabilità civile tra diritto giurisprudenziale e
dialoghi transnazionali, in Nuova g. civ. comm., 2017, p. 1405 ss.; F. FERRARI, Il riconosci-
mento delle sentenze straniere sui danni punitivi. Brevi cenni comparatistici all’indomani della
pronunzia italiana del 5 luglio 2017, in questa Rivista, 2018, p. 276 ss., nonché l’approfon-
dimento su Contratto e impr. Europa, 2017, p. 1 ss., con contributi di A. CIATTI CÀIMI, I
danni punitivi e quello che non vorremmo sentirci dire dalle corti di common law, p. 1 ss.; G.
CATTALANO-CLOAREC, Lo stato dell’arte del risarcimento punitivo nel diritto francese, p. 12 ss.;
M.I. FELIU REY, La silenziosa civilización dei danni punitivi in Spagna, p. 28 ss.; A. JANSSEN,
The recognition and enforceability of US-american punitive damages awards in Germany and
Italy: forever divided?, p. 43 ss.; e M. TESCARO, Il revirement “moderato” sui punitive dama-
ges, p. 52 ss.
(5) In questo senso, v. V. ROPPO, La responsabilità oggettiva, in P. SIRENA (a cura di), La
funzione deterrente della responsabilità civile alla luce delle riforme straniere e dei Principles
of European Tort Law, Milano 2011, p. 185 s.: “Nel campo dottrinale, la mia sensazione è
che la responsabilità oggettiva abbia perso, in quest’ultimo periodo, gran parte della spinta
propulsiva e dell’appeal che da essa si sprigionavano negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso
[...]. L’odierno quadro del pensiero civilistico indica una forte rimonta della colpa, che
sgomita per recuperare l’antica egemonia o almeno centralità nel sistema dei danni; e in
buona misura ci riesce”; ID., La responsabilità civile di Pietro Trimarchi, in Jus civile, 2017, p.
697 ss. Nella stessa direzione, v. già, F.D. BUSNELLI, Nuove frontiere della responsabilità
civile, in Jus, 1976, p. 62 ss., spec. p. 69 ss.; ID., La parabola della responsabilità civile, in R.
crit. d. priv., 1988, p. 649. Cfr. altresı̀ gli atti del convegno, svoltosi a Pisa il giorno 11 marzo
1977, su Il ruolo della colpa nell’attuale sistema della responsabilità civile, in Resp. civ., 1977,
p. 669 ss. Con riferimento a opinioni espresse in altre esperienze giuridiche in merito al
medesimo problema, v. infra, par. 7.
(6) V. soprattutto P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano 1961; M.
COMPORTI, Esposizione al pericolo e responsabilità oggettiva, Milano 1965.
(7) V. in particolare U. CARNEVALI, La responsabilità del produttore, Milano 1974, p.
250 ss., ove si offre una lettura degli artt. 2049 e 2051 c.c. ispirata alla teoria tedesca
dell’Organisationsverschulden; G. ALPA, Responsabilità dell’impresa e tutela del consumatore,
Milano 1975, spec. p. 375 ss., il quale, movendo dalle norme del codice civile, propone un
sistema “che consenta di operare l’imputazione del rischio all’impresa, con tecniche del tutto
svincolate da ogni valutazione in chiave soggettiva” (ivi, p. 380); C. CASTRONOVO, Problema e
sistema nel danno da prodotti, Milano 1979, p. 774 ss., secondo cui l’art. 2049 c.c. sarebbe
applicabile in via analogica al rapporto produttore-consumatore. Per una rassegna delle
principali questioni affrontate dalla dottrina in quegli anni, v. G. MARINI, La responsabilità
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Nelle opere comparatistiche il codice civile italiano è generalmente


considerato una codificazione moderna poiché tiene conto, in norme spe-
cifiche, di alcune delle principali fonti di pericolo per i consociati (8).
Inoltre, esso è stato preso in esame come modello per una possibile rifor-
ma del Bürgerliches Gesetzbuch (BGB) e del codice civile svizzero nel
campo della responsabilità per attività pericolose (9). Si potrebbe quindi
affermare che il suddetto disinteresse dipenda dal fatto che il legislatore e
la dottrina hanno operato una sistemazione soddisfacente della materia,
tale da non richiedere interventi chiarificatori da parte della giurispruden-
za o una modificazione delle norme, nella prospettiva di una riforma del
codice civile italiano (10).
È tuttavia sufficiente uno sguardo ai repertori giurisprudenziali per
rendersi conto dell’erroneità dell’assunto. Le fattispecie di responsabilità
“speciale” generano incertezze e orientamenti discordanti con riferimen-
to a questioni generali, come ad esempio quelle relative alla natura delle
ipotesi di responsabilità, e questioni specifiche, come ad esempio quelle
concernenti l’esatta delimitazione dell’onere probatorio delle parti coin-
volte. Il quadro giurisprudenziale restituisce un’immagine molto distante
dalle teorizzazioni della responsabilità oggettiva, un regime – di recente
sottoposto a critiche serrate (11) – che dovrebbe assicurare speditezza,

civile, in L. NIVARRA (a cura di), Gli anni Settanta del diritto privato, Milano 2008, p. 219 ss.,
spec. p. 255 ss.
(8) Cfr. C. VON BAR, Gemeineuropäisches Deliktsrecht, I, München 1996, p. 113, il
quale contrappone il codice civile italiano, quello portoghese e quello olandese ai modelli
germanici. Ritengono insoddisfacente il modello dei codici germanici anche K. ZWEIGERT,
H. KÖTZ, Einführung in die Rechtsvergleichung, 3. Aufl., Tübingen 1996, p. 663.
(9) Cfr. M. WILL, Quellen erhöhter Gefahr, München 1980, pp. 150-192 (su cui v. la
recensione di C.M. BIANCA, S. PATTI, in questa Rivista, 1983, I, p. 108 ss.); F. SCHLÜCHTER,
Haftung für gefährliche Tätigkeit und Haftung ohne Verschulden. Das italienische Recht als
Vorbild für das schweizerische?, Bern-Stuttgart 1990.
(10) G. ALPA, Verso la riforma del codice civile, in R. crit. d. priv., 2018, p. 3 ss.; P.
SIRENA, Verso una ricodificazione del diritto privato italiano? Il modello del nuovo Code
Napoléon, in Oss. d. civ. comm., 2018, p. 19 ss., nonché, in merito a diversi profili meto-
dologici della ricodificazione, i contributi raccolti in P. SIRENA (a cura), Dal ‘fitness check’
alla riforma del codice civile. Profili metodologici della ricodificazione, Napoli 2019. Con
riferimento ad altre esperienze giuridiche nel contesto europeo, v. S. PATTI, Ricodificazione,
in questa Rivista, 2018, p. 435 ss.
(11) Cfr. U. MATTEI, A. QUARTA, The Turning Point in Private Law. Ecology, Techno-
logy and the Commons, Cheltenham et al. 2018, trad. it. di I. Mattei, Punto di svolta.
Ecologia, tecnologia e diritto privato. Dal capitale ai beni comuni, Città di castello 2018, p.
197 ss., ove si segnala che “il successo della responsabilità oggettiva nella fase attuale del
capitalismo potrebbe rappresentare una ulteriore riduzione, non un ampliamento della
responsabilità dell’impresa”. Gli aa. affermano che il sistema di responsabilità consente di
riversare sui consumatori i rischi legati alla propria attività aumentando il costo dei prodotti
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certezza ed efficienza economica, contribuendo a ridurre i costi so-


ciali (12).
Il contributo si propone di affrontare alcuni aspetti problematici legati
alla fattispecie dell’art. 2051 c.c. Si ritiene che la responsabilità da cose in
custodia, alla luce dell’ampio contenzioso e degli incerti indirizzi giurispru-
denziali, costituisca uno dei principali punti di emersione del “declino”
della responsabilità oggettiva prevista da norme che delineano in maniera
generica i presupposti applicativi e le prove liberatorie utilizzabili dai
soggetti chiamati a rispondere. Dopo un esame delle tesi sulla qualifica-
zione giuridica della responsabilità da cose in custodia (par. 2), ci si sof-
fermerà sulla delimitazione della prova liberatoria del caso fortuito (parr.
3-5) e sulla configurabilità del concorso di colpa del danneggiato (par. 6).
Sulla base dell’esame compiuto e attraverso il confronto con altre espe-
rienze giuridiche, in particolare quella francese in cui si discute in merito a
una riforma della disciplina della responsabilità civile (par. 7), verranno
presentate alcune proposte per una modificazione o per una interpreta-
zione evolutiva dell’art. 2051 c.c. (par. 8).

2. – Fin dall’entrata in vigore del codice civile del 1942 sussiste un


contrasto in merito alla qualificazione giuridica della responsabilità da cose
in custodia. Alcuni autori sostengono la natura oggettiva della responsa-
bilità del custode, altri fanno riferimento alla colpa, ritenendo che l’art.
2051 c.c. determini una mera inversione dell’onere della prova (13). Nel
corso degli anni sono stai elaborati ulteriori orientamenti, spesso recepiti
dalla Corte di Cassazione e, infatti, si è affermato che “in materia di danni
da cose in custodia gli schemi impiegati dalla giurisprudenza nel giudizio
di responsabilità sono molteplici” (14).

(v. infra, par. 7). Nell’era dei big data e degli algoritmi, ciò consentirebbe una gestione dei
rischi molto agevole per gli imprenditori, che in prospettiva avrebbe un impatto negativo
per le generazioni future, gli animali e l’ambiente. In ogni caso, appare difficile risolvere i
problemi indicati dagli aa. mediante sistemi di responsabilità alternativi, mentre sarebbe
interessante valutare l’impatto dei punitive damages, marginalmente presi in considerazione
nell’opera citata (ivi, p. 204).
(12) V. fin d’ora G. CALABRESI, The Decision for Accidents: An Approach to Non-Fault
Allocation for Costs, in 78 Harvard Law Review (1965), p. 713 ss. Il tema è ripreso infra,
par. 7.
(13) Cfr. V. GERI, Responsabilità civile per danni da cose e animali, Milano 1967, p. 287.
Con riferimento al periodo anteriore all’entrata in vigore del codice civile del 1942, v. G.
GENTILE, La responsabilità per le cose in custodia nel nuovo codice delle obbligazioni, in Resp.
civ., 1941, p. 169 ss.
(14) G. ALPA, La responsabilità civile. Parte generale, in ID. (a cura di), Diritto della
responsabilità civile, Torino 2010, p. 739.
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Negli ultimi tempi ha ottenuto un crescente riconoscimento la tesi,


secondo cui la responsabilità da cose in custodia configura una ipotesi di
“responsabilità aggravata” (15), che, facendo eccezione agli artt. 2043 e
2697 c.c., sarebbe caratterizzata da una regola di inversione dell’onere
della prova, in base alla quale sul custode, presunto responsabile, grave-
rebbe la prova liberatoria del fortuito (16). Questo indirizzo giurispruden-
ziale riconduce la responsabilità da cose in custodia a una presunzione
legale di colpa, superabile dal custode dimostrando che il danno si è
verificato per un evento non prevedibile e non evitabile con la diligenza
normalmente adeguata in relazione alla natura della cosa. In altri termini, il
custode per andare esente da responsabilità ha l’onere di dimostrare la
mancanza di colpa.
La descritta ricostruzione della responsabilità da cose in custodia si
pone in contrasto con l’opinione prevalente in dottrina, secondo cui l’art.
2051 c.c. integra una ipotesi di responsabilità oggettiva, che non si fonda
su un comportamento o un’attività del custode (che non rileva nella fatti-
specie), ma su una relazione intercorrente tra questo e la cosa custodi-
ta (17). Come è noto, un autorevole studioso ha sviluppato questa tesi sulla

(15) V. da ultimo Cass., ord. 31 ottobre 2017, n. 18856, in F. it., 2018, I, c. 223 ss., con
osservazioni di P. LAGHEZZA e in Danno e resp., 2018, p. 41 ss., con nota critica di M.
NATALE, Bombe d’acqua, allagamenti e responsabilità da cose in custodia; Cass. 27 giugno
2016, n. 13222, in Rep. F. it., voce Responsabilità civile, n. 229; Cass. 9 giugno 2016, n.
11802, in F. it., 2016, I, c. 3159; Cass. 24 marzo 2016, n. 5877, in Rep. F. it., 2016, voce
Responsabilità civile, n. 104.
(16) V. soprattutto C.M. BIANCA, Diritto civile, 5, La responsabilità, 2a ed., Milano 2012,
p. 722: “La presunzione legale di colpa del custode si giustifica in quanto l’idoneità della
cosa a produrre un danno impone di adottare misure idonee a rendere la cosa innocua.
Fondamento della responsabilità del custode è dunque la violazione del suo dovere di
sorveglianza” (sulla nozione di “caso fortuito”, v. anche ibid., p. 662 s.). La medesima tesi
è sostenuta in ID., Danni da beni demaniali: spunti sistematici in tema di responsabilità del
custode sollecitati dalla lettura delle sentenze della cassazione, in questa Rivista, 2009, I, p. 27
ss.; ID., Responsabilità per danni da cose in custodia: una significativa messa a punto della
Cassazione, in F. it., 2017, I, c. 1418 ss. Nello stesso senso, v. P. FORCHIELLI, Intorno alla
responsabilità senza colpa, in R. trim. d. proc. civ., 1967, p. 1393 s. e da ultimo F. PIRAINO, Il
principio di equivalenza delle condizioni, in C. GRANELLI (a cura di), I nuovi orientamenti
della cassazione civile, Milano 2018, p 504.
(17) Cfr. P. TRIMARCHI, Il “caso fortuito” quale limite della responsabilità per il danno da
cose (Contributo ad una teoria del rischio d’impresa), in R. trim. d. proc. civ., 1959, p. 808 ss.,
spec. p. 832 ss.; M. COMPORTI, Esposizione al pericolo e responsabilità oggettiva, cit., p. 91;
P.G. MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino 1998, p. 1039; C. CASTRO-
NOVO, La nuova responsabilità civile, 3a ed., Milano 2006, p. 303 e p. 329; A. JANNARELLI, sub
Art. 2051 c.c., in Comm. Gabrielli, Torino 2011, p. 234 ss. Nello stesso senso, v. anche V.
GERI, Responsabilità civile per danni da cose e animali, cit., p. 298. Pur non potendosi trarre
argomenti decisivi, la Relazione al Re del Ministro Guardasigilli (n. 794) sembra confermare
questa tesi, precisando che la responsabilità degli artt. 2051 e 2052 c.c. inerisce alla relazione
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scorta di una interpretazione sistematica delle ipotesi di responsabilità


speciale (artt. 2050-2054 c.c.) (18), strettamente connessa al rischio di im-
presa e alle ripercussioni sul mercato assicurativo, fattori significativi che
incidono sulla ripartizione dei danni e dei relativi costi tra i consociati (19).
L’orientamento giurisprudenziale maggioritario ha accolto la tesi della
natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia (20); da ultimo,
ben dieci pronunce della Cassazione (21) hanno respinto con fermezza la
tesi della mera presunzione di colpa alla quale si associa un’inversione
dell’onere probatorio, delineando nel modo seguente i caratteri della fatti-

con cose e animali e “riceve particolare disciplina”; e altresı̀, con riguardo all’esempio di un
incendio, che la prova liberatoria “ha per contenuto l’identificazione della causa non impu-
tabile dell’incendio, in modo che la causa ignota rimane a carico del detentore”. Ritiene che
la fattispecie si caratterizzi per la mancanza di colpa, ma che questo sia “troppo poco” per
discorrere di responsabilità oggettiva, R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, in Nov.
D., XV, Torino 1968, p. 644.
(18) In senso critico, v. S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano 1964,
p. 175 s. Su cui v. ora M. FRANZONI, Stefano Rodotà e gli studi sulla responsabilità civile, in R.
trim. d. proc. civ., 2018, p. 653 ss.
(19) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 193 ss., spec. p. 213: “La
funzione della responsabilità oggettiva non è infatti quella di punire, bensı̀ di attribuire a
chiunque il rischio oggettivamente creato dalla sua attività, nella misura in cui esso sia
traducibile in costo ed economicamente amministrabile con le conoscenze e con i mezzi
di previdenza che un buon amministratore ha a propria disposizione”. Il problema di questa
prospettiva di indagine è stato ravvisato nel fatto che non sempre tale fondamento trova
riscontro nell’attività del custode, che spesso non svolge attività d’impresa o è tenuto a
custodire nell’interesse di altri: v. C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p.
331; C.M. BIANCA, Qualche spunto critico sugli attuali orientamenti (o disorientamenti) in
tema di illecito civile, in P. SIRENA (a cura di), La funzione deterrente della responsabilità
civile, cit., p. 155. In termini più generali, osserva che rispetto alla responsabilità d’impresa
non si possa discorrere di “un’idea forte e unificante”, V. ROPPO, La responsabilità oggettiva,
cit., p. 185 (ma v. G. ALPA, voce Responsabilità d’impresa, in Dig. disc. priv. – sez. civ., 9˚
agg., Torino 2014, p. 560 ss.; G. ALPA, G. CONTE (a cura di), La responsabilità d’impresa,
Milano 2015, in cui, tuttavia, la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. non figura tra le
fattispecie esaminate). In senso critico, v. anche F. REALMONTE, voce Caso fortuito e forza
maggiore, in Dig. disc. priv. – sez. civ., II, Torino 1988, p. 254; A. JANNARELLI, sub Art. 2051
c.c., cit., p. 302. In termini generali, sui rapporti tra responsabilità civile e assicurazione, v.
G. IUDICA, A.P. SCARSO, Tort Liability and Insurance: Italy, in G. WAGNER (ed.), Tort Law
and Liability Insurance, Wien et al. 2005, p. 119 ss.
(20) Tra le più recenti, v. Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, in F. it., 2018, I, c. 1254
ss., con nota di P. LAGHEZZA, Un manuale giudiziale sulla responsabilità da cose in custodia, la
quale si segnala per un preciso inquadramento della fattispecie della responsabilità oggettiva
e per l’indicazione degli elementi che integrano la prova liberatoria del caso fortuito; Cass.
10 giugno 2016, n. 11918; Cass. 14 luglio 2015, n. 14635, in F. it., 2015, I, c. 3153; Cass. 13
gennaio 2015, nn. 295 e 287, ibid., c. 460 ss.
(21) Uno dei dieci provvedimenti è Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit. Si tratta di
un (tentativo) di soluzione del conflitto interpretativo interno alla terza sezione della Cassa-
zione, nell’ambito della quale si è evidentemente deciso di non rinviare alle Sezioni unite.
commenti 983

specie disciplinata dall’art. 2051 c.c.: a) la norma prevede una ipotesi di


responsabilità oggettiva; b) la colpa del custode non rileva ai fini del
giudizio di responsabilità “in consapevole e meditata accettazione delle
teoriche sulla configurabilità di una responsabilità senza colpa”; c) la re-
sponsabilità oggettiva del custode trova fondamento nella signoria di fatto
sulla cosa; d) l’onere probatorio a carico del danneggiato attiene alla
dimostrazione del nesso di causalità materiale fra la cosa e l’evento dan-
noso (22). In considerazione del diverso indirizzo giurisprudenziale, di cui
si è dato conto, deve ritenersi esistente un vero e proprio contrasto tra
orientamenti in seno alla terza sezione della Suprema Corte.
Da un punto di vista concettuale, la distanza tra le due descritte
teorie è significativa. La differenza principale, di solito ricordata in dot-
trina, attiene alla qualificazione del caso fortuito, come elemento sogget-
tivo legato alla colpa (tesi dell’inversione dell’onere della prova) o ele-
mento oggettivo legato al nesso di causalità (tesi della responsabilità

(22) La sentenza Cass. n. 2480/2018, cit. fa altresı̀ riferimento alla “elaborazione dog-
matica del sistema francese” relativa all’art. 1384 (art. 1242, dopo l’ordonnance 2016-131 del
10 febbraio 2016: su cui v. per tutti P. SIRENA, Verso una ricodificazione del diritto privato
italiano?, cit., p. 19 ss.), che si discosta dal principio “ohne Schuld keine Haftung” che
permea il sistema tedesco, nonché dal tort law inglese (su cui, v. infra, nt. 99). Con riguardo
all’esperienza francese occorre ora tenere conto del progetto di riforma della responsabilità
civile del 13 marzo 2017 (su cui v., in termini generali, G. ALPA, Sulla riforma della disciplina
della responsabilità civile in Francia, in Contratto e impr., 2018, p. 1 ss.), che all’art. 1243
prevede “On est responsable de plein droit des dommages causés par le fait des choses
corporelles que l’on a sous sa garde. Le fait de la chose est présumé dès lors que celle-ci, en
mouvement, est entrée en contact avec le siège du dommage. Dans les autres cas, il appar-
tient à la victime de prouver le fait de la chose, en établissant soit le vice de celle-ci, soit
l’anormalité de sa position, de son état ou de son comportement”. Quest’ultima diposizione,
riprendendo un orientamento giurisprudenziale consolidato (su cui, v. G. VINEY, Les condi-
tions de la responsabilité, 4e éd., Paris 2013, pp. 827-830; A. BÉNABENT, Droit des obliga-
tions, 15e éd., Paris 2016, p. 445), apporta una novità significativa alla disciplina previgente,
poiché impone di distinguere tra cose dinamiche e cose statiche, ponendo in quest’ultima
ipotesi a carico del danneggiato un particolare onere probatorio (cfr., sia pure in relazione a
progetti precedenti, J.-S. BORGHETTI, Des principaux délits spéciaux, in F. TERRÉ (Sous la
direction de), Pour une réforme du droit de la responsabilité civile, Paris 2011, p. 173 ss.; ID.,
L’avant-projet de réforme de la responsabilité civile. Commentaire des principales dispositions,
in D., 2016, p. 1442 ss.; M. MEKKI, Avant-projet de réforme du droit de la responsabilité
civile: l’art et la technique du compromis, Paris 2016, p. 80 s.). Il diritto francese, in parte,
sembra porsi in contrasto con quanto affermato da Cass. n. 2480/2018, cit., secondo cui
nella fattispecie, di cui all’art. 2051 c.c., “il danno rilevante ... prescinde dalle caratteristiche
della cosa custodita, sia quindi essa o meno pericolosa, c.d. seagente (ovvero dotata di
intrinseco dinamismo) oppure no”. Come si vedrà più avanti nel testo (infra, par. 4), anche
la dottrina che sostiene la tesi della natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia
configura uno statuto speciale per i casi in cui la cosa abbia svolto un ruolo passivo per la
produzione del danno.
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oggettiva) (23). Nella prospettiva di una corretta ricostruzione della fatti-


specie della responsabilità da cose in custodia, entrambi gli inquadra-
menti del caso fortuito denotano alcuni problemi. Come si cercherà di
dimostrare, da un punto di vista pratico le differenze tra le due tesi sono
ridotte, poiché i giudici valutano con particolare rigore la sussistenza del
caso fortuito e, pur movendo da concezioni distanti, le sentenze spesso
giungono a risultati analoghi e, a volte, nel descrivere come applicare i
principi di diritto affermati in tema di prova liberatoria, fanno riferimen-
to ai medesimi parametri. Alla luce del crescente contenzioso in mate-
ria (24), si pone tuttavia l’esigenza di risolvere alcune questioni interpre-
tative allo scopo di offrire indicazioni in merito al riparto dell’onere della
prova tra custode e danneggiato.

3. – Nella casistica concernente l’art. 2051 c.c., il caso fortuito assume


una importanza centrale poiché rappresenta il contenuto della prova libe-
ratoria concessa al custode. Il concetto è largamente indeterminato e viene
in genere definito in correlazione con i caratteri e con la funzione dell’i-
stituto. Secondo le più diffuse ricostruzioni della fattispecie di responsa-
bilità, ad esso sono stati attribuiti due significati diversi, intendendo il caso
fortuito un limite della responsabilità per colpa o un limite della respon-
sabilità per rischio.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale minoritario, “in ragione dei
poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce, cui fanno

(23) In dottrina si segnala inoltre che l’inquadramento della responsabilità da cose in


custodia nell’ambito della responsabilità per colpa rileva in relazione all’applicazione delle
norme sulle esimenti. È possibile ritenere che esse possano essere invocate dal custode
soltanto aderendo alla tesi relativa alla responsabilità “aggravata”: cfr. C.M. BIANCA, Diritto
civile, 5, La responsabilità, cit., p. 726.
(24) Soltanto con riferimento alla Corte di cassazione, su ItalgiureWeb, in tema di
responsabilità da cose in custodia, risultano pubblicate 281 decisioni nel 2017, 226 nel
2016 e 187 nel 2015. L’incremento sembra legato al revirement della Suprema Corte inter-
venuto nel 2003 con le sentenze Cass. 1˚ gennaio 2003, n. 298 e Cass. 15 gennaio 2003, n.
488, entrambe in G. it., 2003, p. 2258 ss., con nota di I. REDI, In tema di responsabilità dei
proprietari o dei concessionari di autostrade, ove è stata affermata l’applicabilità della regola,
di cui all’art. 2051 c.c. alla pubblica amministrazione. In merito alle ricerche empiriche nel
campo della responsabilità civile, v. M. HEISE, Empirical analysis of civil litigation: Torts
trials in state courts, in J.H. ARLEN (ed.), Research Handbook on the Economics of Torts,
Cheltenham et al. 2013, p. 11 ss. In termini generali, con riguardo a ricerche giurispruden-
ziali volte a mettere in luce profili problematici concernenti norme giuridiche, in vista di una
possibile riforma legislativa, v. ora D. ACHILLE, Efficacia e attualità della norma. Il conflitto
come strumento di misurazione della giuridicità, in P. SIRENA (a cura di), Dal ‘fitness check’
alla riforma del codice civile, cit., p. 79 ss.; F. BARTOLINI, La selezione della ‘giurisprudenza’
nella valutazione di attualità della legge, ivi, p. 97 ss.
commenti 985

riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (in


base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed
impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura
e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto)”, il custode –
in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova – ha l’onere di dimo-
strare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile
con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso (25).
L’indirizzo giurisprudenziale in esame accoglie pertanto una nozione sog-
gettiva di caso fortuito (26), che implica la possibilità di liberarsi dalla
responsabilità dimostrando di aver adottato tutte le precauzioni ricondu-
cibili alla diligenza richiesta nel caso concreto.
Si pone dunque il problema di stabilire se la prova del caso fortuito
equivalga a quella dell’assenza di colpa. Appare condivisibile la tesi, se-
condo cui non risulta sufficiente dimostrare di aver adottato la diligenza
richiesta, occorrendo la prova dell’esistenza di un fatto fortuito positi-
vo (27). Infatti, la lettera dell’art. 2051 c.c. sembra richiedere in positivo
la prova del caso fortuito e non trascurabili conseguenze si determinano al
ricorrere di cause ignote, posto che la responsabilità ricadrebbe sul custo-
de. Ritenendo invece che la prova del caso fortuito equivale a quella
dell’assenza di colpa, il custode, che dimostri di aver operato con la dili-
genza adeguata alle concrete circostanze del caso, non potrebbe essere
considerato responsabile (28). L’ipotesi sembra però di scuola, poiché, ol-
tre a cercare di provare di aver operato con la diligenza richiesta, gene-

(25) I passaggi riportati sono ripresi da Cass., ord. 31 ottobre 2017, n. 18856, cit. Sul
principio di vicinanza alla prova, v. per tutti S. PATTI, Prove, in Comm. Scialoja-Branca-
Galgano-De Nova, sub Art. 2697 c.c., Bologna 2015, p. 163 ss., nonché, per una rassegna dei
diversi impieghi del principio da parte della giurisprudenza, M. FRANZONI, La “vicinanza
della prova”, quindi..., in Contratto e impr., 2016, p. 360 ss.
(26) In dottrina, oltre a C. Massimo Bianca, sostengono la tesi della natura soggettiva
del caso fortuito, G.I. LUZZATTO, Caso fortuito e forza maggiore come limite alla responsabi-
lità contrattuale, Milano 1938, p. 1 ss.; A. CANDIAN, Caso fortuito e forza maggiore (Diritto
civile), in Nov. D., II, Torino 1957, p. 991; G. COTTINO, voce Caso fortuito e forza maggiore
(dir. civ.), in Enc. dir., VI, Milano 1960, p. 378 ss.; P. FORCHIELLI, voce Caso fortuito e forza
maggiore I) Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, Roma 1991, p. 2.
(27) Cfr. A. CANDIAN, Caso fortuito e forza maggiore, cit., p. 990; G. COTTINO, voce Caso
fortuito e forza maggiore, cit., p. 381; P. FORCHIELLI, voce Caso fortuito e forza maggiore, cit.,
p. 2.
(28) Cosı̀ M. FRANZONI, L’illecito, 2a ed., in Trattato della responsabilità civile, diretto da
Franzoni, I, Milano 2010, p. 494, il quale segnala che, adottando una concezione oggettiva
del caso fortuito, il custode, il quale non sia in grado di dimostrare la causa interruttiva del
nesso di causalità, sarebbe chiamato a risarcire il danno. Sulla questione, sia pure con
riferimento a un contesto diverso, v. anche F. ANELLI, Caso fortuito e rischio di impresa
nella responsabilità del vettore, Milano 1990, p. 151 ss.
986 rivista di diritto civile 4/2019

ralmente il custode individua un fattore esterno alla propria condotta


(fenomeno naturalistico, condotta del danneggiato o del terzo), idoneo a
causare o contribuire a causare il danno (29). Inoltre, il fatto di non riuscire
a spiegare la sequenza causale che ha determinato il danno, potrebbe già di
per sé rafforzare la presunzione di colpa, essendo normale e auspicabile
che il custode conosca i caratteri della cosa custodita e le sue eventuali
fonti di pericolo (30).
In senso critico, si è osservato che l’interpretazione minoritaria “svuo-
terebbe la norma di gran parte del suo significato. Essa stabilirebbe infatti
solo un’inversione dell’onere della prova della colpa, inversione che avreb-
be potuto dettarsi con un linguaggio più piano” (31). La stessa dottrina
segnala che la presunzione potrebbe essere intesa in maniera molto rigo-
rosa, facendo iniziare il caso fortuito “là dove cessa la colpa lievissi-
ma” (32), ma tale concezione dell’esimente si sovrapporrebbe all’espressio-
ne contenuta nell’art. 2054, comma 1, c.c., ove la liberazione da respon-
sabilità è subordinata alla prova di “aver fatto tutto il possibile per evitare
il danno” (33). Inoltre, la tesi si pone in radicale contrasto con l’interpre-

(29) In proposito, non sembra necessario che il custode individui con esattezza la causa
del danno, ma risulta sufficiente che essa sia identificata: cfr. P.G. MONATERI, La responsa-
bilità civile, cit., p. 1056.
(30) Nell’esempio contenuto nella Relazione al Re del Ministro Guardasigilli (v. supra,
nt. 17), anche aderendo alla tesi dell’inversione dell’onere della prova in relazione alla colpa,
non sembra potersi profilare una liberazione del custode dalla responsabilità, poiché la
circostanza di non riuscire a dimostrare la causa dell’incendio rivela una condotta negligente
del custode, il quale evidentemente non ha operato con diligenza, poiché non ha dimostrato
di essere in grado di prevenire l’incendio (non essendo a conoscenza delle possibili fonti di
pericolo).
(31) Cosı̀ P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 177, testo e nota 8: “la
tesi secondo la quale gli artt. 2051 e 2052 stabilirebbero una mera presunzione relativa di
colpa è oggi pressoché abbandonata”. In termini quasi identici, omettendo però la preci-
sazione in nota, anche in ID., La responsabilità civile: atti illeciti, rischio, danno, Milano 2017,
p. 350.
(32) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 178.
(33) Non appare particolarmente proficuo cercare di rinvenire una chiave interpretativa
nelle espressioni utilizzate dal legislatore. Infatti, la giurisprudenza nel corso degli anni ha
applicato in maniera molto rigorosa anche fattispecie di responsabilità che, diversamente da
quella stabilita dall’art. 2051 c.c., a prima vista non prescindono dalla colpa: v., al riguardo,
nel campo della responsabilità da esercizio di attività pericolose (art. 2050 c.c.), le osserva-
zioni di C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 301 s., il quale discorre di
“una rivolta del diritto vivente contro la legge scritta”, e quelle di P. TRIMARCHI, La respon-
sabilità civile, cit., p. 402 s. Nello stesso senso, v. E. AL MUREDEN, La responsabilità per
esercizio di attività pericolose a quarant’anni dal caso Seveso, in Contratto e impr. 2016,
p. 650.
commenti 987

tazione privilegiata nell’ordinamento francese a partire dal noto arresto


Jand’heur (34).
Un vantaggio della tesi dottrinale sull’inversione dell’onere della prova
deriva dalla attenta analisi delle norme che presidiano l’attività di custodia,
la cui violazione determina il mancato assolvimento dello sforzo diligente
richiesto. Una base normativa molto rilevante, indicata in una recente
controversia (35), è offerta dall’art. 14 c. strada, secondo cui gli enti pro-
prietari delle strade (e delle autostrade) sono tenuti a provvedere: a) alla
manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arre-
do, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico
dell’efficienza delle strade e relative pertinenze; c) all’apposizione e manu-
tenzione della segnaletica prescritta. La circostanza di ancorare la respon-
sabilità a norme che impongono obblighi di condotta potrebbe indurre il
custode a esercitare la propria attività in maniera più diligente e, di con-
seguenza, aumentare l’efficacia deterrente della responsabilità (36).
Nel prosieguo, si cercherà di dimostrare che, nonostante le afferma-
zioni di principio, volte ad enfatizzare l’assenza del requisito della colpa, le
norme sull’attività di custodia giocano un ruolo significativo per l’accerta-
mento della responsabilità anche nel caso di decisioni giurisprudenziali che
aderiscono alla tesi della responsabilità oggettiva.

4. – Lo studioso che in maniera più approfondita ha teorizzato la


natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia definisce il caso
fortuito come “l’evento che risponde a una definizione, diversa per le
diverse attività, la quale abbia la proprietà di comprendere solo eventi
tanto rari da non potersi pretendere che se ne tenga conto, e di natura
tale da causare danni in un ordine di grandezza superiore a quello dei
danni che l’attività è idonea a causare e dei quali si può pretendere che si
tenga conto” (37). Pertanto, i criteri per accertare l’esistenza del caso for-
tuito mutano a seconda dell’attività esercitata dal custode e ai rischi a essa

(34) Cass. 13 février 1930, in D., 1930, 1, p. 57: “il ne suffit pas de prouver qu’il n’a
commis aucune faute ou que la cause due fait dommageable est demeurée inconnue”.
(35) Cass., ord. 31 ottobre 2017, n. 18856, cit.
(36) P. SIRENA, Introduzione, in ID. (a cura di), La funzione deterrente della responsa-
bilità civile, cit., p. VII s.
(37) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 218. Discorre di una
moderna concezione del caso fortuito, che si fonda su un evento oggettivo che si caratterizza
“per la sua estraneità rispetto all’area degli eventi che ... rientrano nell’area degli eventi
tipologicamente presenti nelle diverse situazioni considerate dall’ordinamento”, A. JANNA-
RELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p. 256.
988 rivista di diritto civile 4/2019

connessi. Ove l’evento verificatosi non rientri nell’ambito del rischio tipico
derivante da un’attività, il danno deve ricondursi a un caso fortuito (38).
Secondo l’autore, nei casi in cui l’attività non comporti un rischio apprez-
zabile, la prova della mancanza di colpa coincide con quella del caso
fortuito, “mentre solo nel campo delle attività che comportano un rischio
amministrabile può accadere che danni incolpevoli siano tuttavia non
fortuiti” (39).
L’indirizzo giurisprudenziale maggioritario, pur affermando la natura
oggettiva della responsabilità da cose in custodia, fornisce una definizione
di caso fortuito che non coincide con quella descritta. Si sostiene, in primo
luogo, che il custode ha l’onere di provare che il danno “non è stato
causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, ivi compreso il fatto dello stesso
danneggiato o del terzo” (40). L’orientamento confligge con quanto affer-
mato dalla dottrina sopra citata, secondo cui “Innanzi tutto, il ‘caso for-
tuito’ non è necessariamente un antecedente causale del danno ben po-
tendo costituire il danno stesso, per sé solo considerato, un ‘caso for-
tuito’” (41).
Nell’ambito dell’orientamento più recente della Cassazione, il caso
fortuito si risolve in una nozione collegata al nesso di causalità (42), il cui
significato è tratto dall’indirizzo giurisprudenziale delle Sezioni unite in
tema di “causalità adeguata” (43). Secondo i giudici di legittimità, “tutto
ciò che non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta

(38) La tesi è riassunta in maniera molto chiara in P. TRIMARCHI, Causalità e danno,


Milano 1967, p. 145: “perché la responsabilità oggettiva [...] sia fattore di ordine e non di
disordine economico, occorre che si possa inserire armonicamente nel gioco dei profitti e
delle perdite dell’impresa o, più in generale, nel bilancio di chi esercita l’attività alla quale
essa viene collegata. Occorre perciò escludere la responsabilità per i fatti atipici estranei a
quel rischio che il responsabile può prevedere e contro il quale egli può premunirsi accan-
tonando riserve”.
(39) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 218.
(40) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.
(41) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 213 e p. 224 s. In altra sede
l’a. precisa che l’eccezionalità del decorso causale è rilevante “solo quando ne derivi un
incidente dannoso di dimensioni sproporzionate al rischio tipico dell’attività che è fonte
della responsabilità oggettiva”.
(42) Nello stesso senso, v. E. VALSECCHI, Responsabilità aquiliana oggettiva e caso
fortuito, in R. d. comm., 1947, I, p. 151 ss., spec. p. 176, il quale qualifica il caso fortuito
come “un evento imprevisto e imprevedibile, estraneo alla condotta del soggetto astratta-
mente responsabile, indipendente dall’azione delle cose cui si riferisce il rapporto di cau-
salità, avente uno sviluppo fenomenico autonomo, da solo capace di determinare l’evento”.
(43) Nel corpo della motivazione di Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit. sono
richiamate le note sentenze Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, nn. 576, 577, 578, 581, 582 e
584, in F. it., 2008, I, c. 451 ss.
commenti 989

un’eccezione alla normale sequenza causale, ma appunto e per quanto


detto rapportato ad una valutazione ex ante o in astratto, integra il caso
fortuito, quale causa non prevedibile: da tanto derivando che l’impreve-
dibilità, da un punto di vista oggettivizzato, comporta pure la non evita-
bilità dell’evento” (44). Più nel dettaglio, l’onere della prova del custode
consiste nella dimostrazione dell’inesistenza del nesso causale o della sua
sussistenza tra l’evento e un fatto che non era prevedibile, né evitabile. La
Cassazione afferma pertanto che, per liberarsi dalla responsabilità, il cu-
stode ha l’onere di dimostrare l’esistenza di un fattore idoneo a interrom-
pere il nesso causale tra la cosa e il danno (45).
Appare problematico identificare il caso fortuito con l’assenza del
nesso di causalità (46). Posto che il nesso di causalità è un elemento essen-
ziale della fattispecie di responsabilità, la tesi da ultimo elaborata dalla
Suprema Corte riduce il significato del caso fortuito all’assenza di uno
degli elementi della fattispecie (47). Se l’art. 2051 c.c. non contenesse un
riferimento al caso fortuito, basandosi sulle considerazioni svolte in merito
alla teoria della causalità adeguata, si potrebbe giungere al medesimo

(44) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit. Altresı̀ l’affermazione relativa alla ine-
vitabilità dell’evento si pone in contrasto con la tesi di Pietro Trimarchi, il quale ritiene che
l’evento inevitabile non integra un caso fortuito, ove configuri uno dei rischi tipici collegati
all’attività. L’esempio addotto dall’autore è quello della caduta di un aereo dovuta a un
uragano imprevedibile (v. P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 207 s.; ID.,
Causalità e danno, cit., p. 153). Sembra, tuttavia, che l’esempio debba essere ricondotto alla
fattispecie di cui all’art. 2050 c.c. di responsabilità per l’esercizio di attività pericolose (cfr.
Cass. 10 novembre 2010, n. 2282, in Giust. civ., 2011, I, p. 1777, con nota di M.M.
COMENALE PINTO, Attività pericolose e danni a terzi in superficie; Cass. 18 marzo 2005, n.
5971, in Nuova g. civ. comm., 2006, I, p. 321 ss., con nota di N. MUCCIOLI, L’attività
pericolosa: una autonoma fonte di responsabilità tra contratto e responsabilità oggettiva).
(45) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.
(46) Cfr. F. PIRAINO, Il principio di equivalenza delle condizioni, cit., p. 506: “la Cassa-
zione sottrae il caso fortuito alla sua naturale collocazione nell’alveo degli elementi che
concorrono a qualificare o meno la condotta del danneggiante nel segno della colpa e lo
riposiziona sul terreno della causalità”. Peraltro, nelle ipotesi di responsabilità oggettiva, in
alcuni ordinamenti si accoglie una nozione di causalità più ampia, corrispondente a quella
della “conditio sine qua non”: cfr. F. WERRO, V.V. PALMER-A.C. HAHN, Strict liability in
European tort law: an introduction, in F. WERRO, V.V. PALMER (eds.), The Boundaries of
Strict Liability in European Tort Law, Bern et al. 2004, p. 12 s. In effetti, la valutazione ex
ante richiesta dalla teoria della causalità adeguata sembra riferirsi alla prospettiva di persone,
mentre Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit. si riferisce al rapporto tra cosa e danno.
(47) Per una disamina delle differenze tra il nesso di causalità nella responsabilità per
colpa e nella responsabilità oggettiva, v. ora F. PIRAINO, Il nesso di causalità, in Europa d.
priv., 2018, p. 410 ss., il quale osserva che nella responsabilità oggettiva il criterio di
imputazione “consente di selezionare a monte il nesso causale al quale attribuire rilievo”
e che sarebbe insostenibile la “raffigurazione della responsabilità oggettiva come responsa-
bilità per pura causalità”.
990 rivista di diritto civile 4/2019

risultato interpretativo. Di converso, per ogni ipotesi di responsabilità


(anche quella di cui all’art. 2043 c.c.) si dovrebbe affermare che ove il
canone della causalità adeguata non risulti integrato, alla stregua di quanto
indicato dalle Sezioni Unite nel 2008 (48), il fatto dannoso sarebbe la
conseguenza di un caso fortuito. Le argomentazioni della Suprema Corte
inducono ad escludere che al caso fortuito debba attribuirsi un significato
autonomo (49). Sotto questo profilo, deve rilevarsi come la dottrina che ha
teorizzato la natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia so-
stenga la tesi secondo cui il nesso di causalità opera indipendentemente
dall’inquadramento della fattispecie nell’ambito della responsabilità ogget-
tiva o per colpa e che i criteri limitativi specialmente riferibili alle ipotesi di
responsabilità oggettiva debbano essere rinvenuti altrove (50).
La distanza con l’orientamento minoritario risulta meno accentuata
rispetto a quanto a prima vista possa apparire. In primo luogo, come si

(48) Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, nn. 576, 577, 578, 581, 582 e 584, cit.
(49) In questo senso, v. già P. FORCHIELLI, voce Caso fortuito e forza maggiore, cit., p. 2,
il quale ritiene l’ipotesi “troppo elementare, e in definitiva tautologica, per autorizzare a
supporre che il legislatore abbia fatto ricorso al “caso fortuito” solo per ribadire uno
scontato e inoppugnabile corollario del principio di causalità materiale e per supporre,
parallelamente, che solo a questo fine il concetto di “caso fortuito”, inteso come limite alla
responsabilità civile, sia giunto indenne e vivo fino ai nostri tempi”. In relazione all’elemento
del nesso di causalità, una distinzione potrebbe essere ricondotta alla circostanza che nel-
l’ipotesi dell’art. 2051 c.c. si fa riferimento al rapporto tra cosa e danno e non a quello tra
condotta e danno, come invece nel caso dell’art. 2043 c.c. La distinzione, tuttavia, perde di
significato ove la cosa assuma un ruolo passivo ai fini della causazione del danno (v. infra, nt.
68). Lo stesso non potrebbe affermarsi aderendo alla tesi minoritaria (accolta dalla pronun-
cia in esame) del caso fortuito inteso come prova dell’assenza di colpa. Tuttavia, il richiamo
al caso fortuito si rivolverebbe – come visto – in una mera inversione dell’onere della prova,
e la responsabilità, ai sensi dell’art. 2051 c.c., risulterebbe esclusa in tutte le ipotesi in cui,
pur essendo l’evento dannoso riconducibile ai rischi connessi all’attività del custode, que-
st’ultimo sia in grado di dimostrare l’assenza di colpa. Come si è già accennato, la prova
dell’assenza di colpa e quella relativa alla sussistenza di un fattore esterno in molti casi
tendono a sovrapporsi. Sulla questione, v. anche M. BARCELLONA, Trattato della responsabi-
lità civile, Torino 2011, p. 247: “il giudizio di responsabilità richiederà di accertare se il
rischio, del quale il danno costituisce attuazione, coincida con quello che una norma ha
tipicamente riconnesso al fattore che lo ha causato o fuoriesca dal rischio tipico di tale
fattore e si lasci ricondurre piuttosto ad un pericolo che si dà oltre tutte le misure idonee ad
evitare il danno o al “caso fortuito” o ad una ragione che non consiste in un “difetto di
manutenzione o vizio di costruzione”, ecc.”. In assenza di una “predeterminazione norma-
tiva”, la tollerabilità del rischio “si risolve integralmente nel giudizio di colpa”.
(50) V. in particolare P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 225, il
quale con riferimento alla nozione di caso fortuito osserva: “ho preferito evitare ogni
riferimento al concetto di “causalità”, poiché esso implica in qualche modo l’idea che il
problema relativo si ponga in termini identici e si debba risolvere in modo identico nel
campo della responsabilità per colpa come in quello della responsabilità senza colpa”; ID.,
Causalità e danno, cit., p. 139 s.
commenti 991

è già ricordato, la teoria della responsabilità oggettiva si basa su un’analisi


dell’attività di impresa e dei rischi amministrabili. L’autore a cui si deve la
principale elaborazione della teoria afferma che gli atti e le attività che non
comportino alcun rischio apprezzabile non possono essere assoggettati al
regime della responsabilità oggettiva (51). In questi casi, secondo lo studio-
so la prova del caso fortuito corrisponde alla prova dell’assenza di colpa.
Tuttavia, una parte significativa della casistica, attualmente all’esame dei
giudici, non è quella che l’autore aveva in mente quando ha elaborato la
teoria. Da tempo, i casi relativi all’applicazione dell’art. 2051 c.c. riguar-
dano soprattutto la custodia delle strade (52); tali casi non costituivano
certamente il modello di riferimento per l’autore, il quale ha ancorato la
propria tesi all’attività di impresa. In questo senso, un punto critico della
tesi dottrinale sembra potersi evincere dall’analisi della problematica del
“ruolo passivo della cosa nel processo causale del danno” (53). L’autore è
consapevole del problema e, in coerenza con la sua opinione, afferma che
non ha senso applicare la responsabilità oggettiva, determinando un ag-
gravio per il custode, se la cosa è per sua natura statica “poiché è naturale
ed è necessario che nell’ambiente esistano cose sulle quali il movimento
avviene o che possano costituire ostacolo al movimento”. La sua disamina
si conclude con la constatazione che la responsabilità oggettiva “ridiventa”
applicabile nei casi in cui il guasto o le cattive condizioni della cosa
determinino intorno alla stessa cosa un potenziale anormale di perico-
lo (54). La verifica delle condizioni della cosa presuppone una valutazione
concernente la diligenza del custode, in quanto il “potenziale anormale di

(51) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 235 ss.; ID., Causalità e
danno, cit., p. 141.
(52) A. JANNARELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p. 293. Il contenzioso relativo ai sinistri
avvenuti a causa della difettosa manutenzione della strada è incrementato a partire dal 2003,
in seguito alla svolta giurisprudenziale intervenuta con le sentenze Cass. 1˚ gennaio 2003, n.
298, cit. e Cass. 15 gennaio 2003, n. 488, cit. le quali hanno ritenuto l’art. 2051 c.c.
applicabile agli enti della p.a. proprietari delle strade (v. supra, nt. 24). In merito a un
aspetto specifico, v. G. DI ROSA, Responsabilità da custodia e rapporto di utenza autostradale,
Napoli 2005, p. 11 ss. Per una rassegna delle fattispecie in cui trova applicazione l’art. 2051
c.c., v. da ultimo R. FOFFA, Responsabilità da cose in custodia, in Danno e resp., 2018, p.
252 ss.
(53) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 231 ss. Nello stesso senso,
v. P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 1055.
(54) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 235, il quale menziona gli
esempi di una scala con un gradino rotto e di una ringhiera cedevole. Esclude che in casi di
questo genere possa applicarsi l’art. 2051 c.c., A. DE CUPIS, Fatti illeciti, in Comm. Scialoja-
Branca, sub Art. 2051 c.c., Bologna-Roma 1957, p. 334, il quale ritiene che, ove il danno
derivi da una cosa “non idonea a nuocere per sé stessa”, trovi applicazione l’art. 2043 c.c.
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pericolo” discende da un comportamento colposo del custode, ad esempio


una manutenzione inadeguata.
La Cassazione non tiene conto dei descritti profili della riferita costru-
zione. Da una prospettiva più generale, sembra che accolga la tesi della
responsabilità oggettiva senza considerare l’approccio funzionale della dot-
trina che l’ha sviluppata (55), limitandosi a osservare che la ragione giusti-
ficatrice risiede nella signoria sulla cosa “che entra o può entrare in con-
tatto con la generalità dei consociati, signoria che l’ordinamento riconosce
ad un soggetto evidentemente affinché egli ne tragga o possa trarne be-
neficio o in dipendenza di peculiari situazioni doverose” (56). Tale giusti-
ficazione appare poco persuasiva nei casi in cui la cosa abbia assunto un
ruolo passivo nel processo di causazione del danno e sia stata custodita nel
rispetto del livello di diligenza richiesto dalla legge. In queste ipotesi,
spesso il danno non si sarebbe verificato senza il contatto con la cosa,
ma nei procedimenti si accerta il livello di diligenza del custode e non di
rado trova applicazione la norma sul concorso di colpa (art. 1227, comma
1, c.c.), utile a riferire al danneggiato l’apporto causale esclusivo per il
verificarsi del danno.

5. – Le differenze tra le due impostazioni si riducono notevolmente in


fase applicativa. Rispetto ai danni connessi alla custodia delle strade, i
giudici di legittimità osservano che ai fini della prova liberatoria del cu-
stode è necessario distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla
struttura o alle pertinenze della strada e quelle provocate da una repentina
ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa. Solamente in quest’ul-
tima ipotesi può invero configurarsi il caso fortuito, in particolare allor-
quando l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario o
gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata
con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria
ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi (57). A prescindere

(55) Cfr. C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 331: “Oggi che la
giurisprudenza si è aperta alla responsabilità oggettiva, il riferimento al rischio come criterio
di imputazione non espresso ma soggiacente alle norme che portano alla responsabilità
senza colpa sembra essere più un altro modo di chiamare la responsabilità oggettiva che
l’accoglimento della spiegazione a posteriori che la teoria di Trimarchi sembra essere rispetto
alle norme del codice civile”.
(56) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.
(57) Nello stesso senso, v. Cass. 12 aprile 2013, n. 8935, in Arch. circolaz., 2013, p. 707
ss.; Cass. 12 marzo 2013, n. 6101, in Rep. F. it., 2013, voce Responsabilità civile, n. 404;
Cass. 18 ottobre 2011, n. 21508, in Giust. civ., 2012, I, p. 1262; Cass. 24 febbraio 2011, n.
4495, in Arch. circolaz., 2011, p. 695 ss.; Cass. 6 giugno 2008, n. 15042, in F. it., 2008, I, c.
commenti 993

dall’inquadramento della fattispecie dell’art. 2051 c.c., nella descrizione


del caso fortuito i termini più sovente utilizzati sono “imprevedibilità” e
“inevitabilità” (58). Ovviamente, si tratta di due concetti indeterminati che
possono essere intesi in senso relativo o in senso assoluto. Entrambi gli
orientamenti, pur movendo da premesse diverse, sembrano condurre al
risultato analogo di escludere la responsabilità soltanto in presenza di
eventi che normalmente non si verificano. In questa prospettiva, in molti
casi il medesimo evento sembra poter utilmente incidere sia sulla colpa che
sul nesso di causalità, escludendo la responsabilità del custode.
Come esempio, può essere ricordato il caso oggetto di una controver-
sia decisa dalla Suprema Corte in base alla tesi minoritaria della mera
inversione dell’onere della prova (59). Secondo la Corte, a fronte dell’ac-
certamento eseguito nella fase di merito, è corretto che il custode risponda
ai sensi dell’art. 2051 c.c. perché quest’ultimo non ha dimostrato di aver
provveduto a mantenere le strade in modo adeguato. Inoltre, nell’ordinan-
za in questione si precisa che l’evento meteorologico, nel caso di specie
generatore di un allagamento, non può considerarsi di carattere eccezio-
nale. Non sembra sostenibile che, aderendo alla tesi della responsabilità
oggettiva, il caso sarebbe stato deciso in maniera diversa. Infatti, corri-
sponde a regolarità causale che una rete fognaria non tenuta in modo
adeguato determini dei danneggiamenti in seguito alla fuoriuscita di acqua
dovuta a un temporale di eccezionale entità.
Una conferma si rinviene in due sentenze della Cassazione che, nel
decidere casi simili, hanno accolto la teoria della responsabilità oggettiva e
inteso il caso fortuito come un elemento obiettivo idoneo a interrompere il
nesso causale. In una sentenza si afferma che il gestore delle autostrade
“avrebbe dovuto dimostrare che le piogge in questione erano da sole causa
sufficiente dei danni nonostante la più scrupolosa manutenzione ... il che
equivale in sostanza a dimostrare che le piogge in questione erano state
cosı̀ intense (e quindi cosı̀ eccezionali) che gli allagamenti si sarebbero
verificati nella stessa misura pur essendovi stata detta scrupolosa manu-

2823, con nota di A. PALMIERI, Custodia di beni demaniali e responsabilità: dopo il tramonto
dell’insidia, ancora molte incertezze sulla disciplina applicabile; Cass. 20 febbraio 2006, n.
3651, la cui massima è riportata in questa Rivista, 2007, II, p. 737 ss., con nota di Mat.
NUZZO, La responsabilità della pubblica amministrazione per sinistro su strada statale.
(58) Cfr. già G. COTTINO, voce Caso fortuito e forza maggiore, cit., p. 385: “la giuri-
sprudenza è a questo proposito sin troppo feconda di formule, anche se, in ultima analisi,
paiono prevalere i due requisiti tradizionali dell’imprevedibilità ed inevitabilità”. In senso
critico, v. A. JANNARELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p. 258 s.
(59) Cass., ord. 31 ottobre 2017, n. 18856, cit.
994 rivista di diritto civile 4/2019

tenzione e pulizia” (60). Nello stesso senso, posto che un temporale di forte
intensità potrebbe astrattamente integrare un caso fortuito, secondo la
Cassazione occorre valutare la corresponsabilità o la responsabilità del
custode, in grado di escludere che l’evento atmosferico abbia una efficacia
“di tale intensità da interrompere tout court il nesso eziologico” (61). In
definitiva – come era già emerso dall’esame degli orientamenti dottrinali –
non sembra che la tesi della responsabilità oggettiva escluda necessaria-
mente la valutazione riguardante la colpa del custode. Il custode in alcune
ipotesi integra la prova del caso fortuito solo dimostrando di aver operato
in maniera diligente (62).
Nell’ambito dell’orientamento che afferma il carattere oggettivo della
responsabilità da cose in custodia, altri punti di contatto con la tesi mi-
noritaria, riguardano la volontà della Cassazione di “ricostruire” il “prin-
cipio della regolarità causale ... anche sulla base dello scopo della norma
violata” (63). La teoria che in merito alla tutela aquiliana avverte l’esigenza
di svolgere un’indagine relativa allo scopo della norma violata permette
infatti di tipizzare i comportamenti dei consociati sulla scorta di una inter-
pretazione teleologica e di ricavare il livello di diligenza richiesto nel caso
concreto (64). Inoltre, pur affermando che “la colpa o l’assenza di colpa del

(60) Cosı̀ Cass. 9 marzo 2010, n. 5658, in Rep. F. it., 2010, voce Responsabilità civile, n.
491, ove si legge altresı̀: “si deve ritenere che, in tema di ripartizione dell’onere della prova,
all’attore compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo,
mentre il convenuto, per liberarsi dovrà provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua
sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale”.
(61) Cass. 24 marzo 2016, n. 5877, in Danno e resp., 2016, p. 839 ss., con nota di V.
VOZZA, Danni da pioggia intensa: responsabilità e caso fortuito.
(62) È emblematica in tal senso Cass., ord. 23 gennaio 2019, n. 1725, in F. it., 2019, I, c.
1239 ss., secondo cui “l’obbligo di manutenzione dei beni demaniali gravante sulla pubblica
amministrazione si sostanzia tanto in un’attività preventiva, volta a predisporre le cautele ne-
cessarie per scongiurare danni eziologicamente attinenti alla cosa custodita, quanto in un’attività
ripristinatoria, volta ad eliminare il fattore imprevisto dalla serie causale di alterazione del bene”.
Nella specie, la Suprema corte è giunta ad affermare che la copertura del manto stradale con
una notevole quantità di cera all’esito di una processione religiosa tradizionale costituisse circo-
stanza prevedibile, in quanto tale inidonea a costituire caso fortuito.
(63) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit., ove si precisa altresı̀: “mentre tutto ciò
che attiene alla sfera dei doveri di avvedutezza comportamentale andrà più propriamente ad
iscriversi entro l’elemento soggettivo (la colpevolezza) dell’illecito”. Tuttavia, la violazione
della legge e lo scopo della norma violata, ove contribuiscano a individuare il livello di
diligenza richiesto, necessariamente attengono altresı̀ alla valutazione della colpa (ma v. M.
BUSSANI, La colpa soggettiva. Modelli di valutazione della condotta nella responsabilità extra-
contrattuale, Padova 1991, p. 31 ss.). Pertanto, affermare che il nesso di causalità debba
essere ricostruito sulla base dello scopo della norma violata sembra postulare necessaria-
mente una commistione tra l’elemento del nesso causale e quello della colpa.
(64) Come è noto, la teoria dello “scopo della norma violata” è stata concepita in
commenti 995

custode resta del tutto irrilevante ai fini della sua responsabilità” (65),
l’indirizzo giurisprudenziale ammette che, in primo luogo, nelle azioni
risarcitorie esercitate ai sensi dell’art. 2051 c.c., la deduzione di omissioni,
la violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di comune prudenza
da parte del custode può essere diretta “soltanto a rafforzare la prova dello
stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre al fine
dell’allegazione e della prova del rapporto causale tra l’una e l’altro” (66);
in secondo luogo, che l’imprevedibilità idonea a esonerare il custode dalla
responsabilità configura un “concetto relativo, necessariamente influenza-
to dalle condizioni della cosa, di più o meno intrinseca pericolosità in
rapporto alle caratteristiche degli eventi in grado di modificare tali condi-
zioni” (67). In questo contesto, essendo tenuto a provare il nesso di cau-
salità tra la cosa e il danno, il danneggiato deve dimostrare quali fossero le
condizioni della cosa e come queste si colleghino al danno verificatosi. Il
descritto onere probatorio può rendere particolarmente difficile ottenere il
risarcimento del danno.
Inoltre, posto che nei casi considerati ricorrono condotte omissive che
incidono sulle “condizioni della cosa”, sembra innegabile che la valutazio-
ne avente ad oggetto l’esistenza del nesso causale richieda un vaglio delle
regole giuridiche dettate per l’attività del custode. Secondo un indirizzo
giurisprudenziale consolidato: “se prima non si individua, in relazione al
comportamento che non risulti tenuto, il dovere generico o specifico che
lo imponeva, non è possibile apprezzare l’omissione del comportamento
sul piano causale” (68).
I passaggi riportati e le seguenti considerazioni confermano che, a
prescindere dalle affermazioni di principio relative all’oggetto della prova
liberatoria, la diligenza del custode può giocare un ruolo significativo

ambiente tedesco intorno alla fattispecie del par. 823 BGB. Nella nostra dottrina, l’esame
più approfondito della suddetta tecnica interpretativa si deve a M. BARCELLONA, “Scopo della
norma violata”, interpretazione teleologica e tecniche di attribuzione della tutela aquiliana, in
questa Rivista, 1973, I, spec. p. 336 ss. Ma v. di recente R. PUCELLA, La causalità “incerta”,
Torino 2007, p. 226 ss.
(65) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.
(66) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.
(67) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.
(68) Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581, cit. Nello stesso senso, v. Cass. 5 maggio
2009, n. 10285, in G. it., 2009, p. 2148. In definitiva, in riferimento alle ipotesi di respon-
sabilità nascenti da un non facere, l’inesistenza sul piano ontologico di un contegno omissivo
influisce sulle modalità di accertamento del nesso di causalità tra fatto illecito ed evento
dannoso, in quanto da un punto di vista naturalistico la causa del danno è necessariamente
un fatto diverso rispetto all’atto omesso.
996 rivista di diritto civile 4/2019

nell’ambito dell’accertamento circa la sussistenza degli elementi della fatti-


specie. Non sembra dunque utile affermare che in termini generali la
valutazione richiesta dall’art. 2051 c.c. non attiene al rapporto tra condotta
omessa e danno, ma al diverso rapporto tra la cosa e il danno (69), poiché
nei casi in cui la cosa non risulti conservata a regola d’arte la condotta
omissiva integra un antecedente causale logicamente ineliminabile. In altri
termini, l’indagine sul nesso causale impone di domandarsi quale sarebbe
stato l’accadimento se le condizioni della cosa fossero state conformi ai
parametri indicati dalla legge e ciò presuppone una valutazione della con-
dotta del custode. L’indagine sul nesso di causalità svela uno dei punti
maggiormente critici dell’orientamento giurisprudenziale che intende il
caso fortuito come una interruzione del rapporto di causalità tra cosa e
danno. Non è agevole traslare l’indirizzo interpretativo relativo alla c.d.
“causalità adeguata” dal rapporto condotta umana/danno a quello cosa/
danno. Affermare che una cosa inanimata ha causato un danno significa
riproporre la medesima finzione che nell’esperienza giuridica francese (70)

(69) In questo senso, v. M. COMPORTI, Fatti illeciti: le responsabilità oggettive, in Comm.


Schlesinger, sub Art. 2051 c.c., Milano 2009, p. 309, secondo cui “Il rapporto di casualità
richiesto dall’art. 2051 deve intercorrere fra la cosa e il danno”. In proposito, l’a. ritiene
“Illuminante” il caso delle lesioni personali riportate in seguito alla caduta sulle scale di un
edificio. Ad avviso dell’a. “non è sufficiente, al riguardo, che il danneggiato – attore –
dimostri il semplice fatto della caduta dalle scale, ma è necessario provare che tale caduta
fu determinata dalle scale in questione, per particolari caratteristiche potenzialmente lesive”.
Una valutazione di questo genere sembra tuttavia implicare un giudizio controfattuale
concernente la condotta del custode. Posto che la cosa, statica, non determina alcuna
alterazione della realtà, l’accertamento del nesso di casualità richiede la verifica di cosa
sarebbe avvenuto se le scale non fossero state potenzialmente lesive. Sembra invece corretta
la ricostruzione di V. GERI, Responsabilità civile per danni da cose e animali, cit., p. 232: “il
danno da cose deriva normalmente da due serie causali, delle quali l’una supposta risale
all’uomo per non aver adottato tutte le misure adeguate affinché la cosa rimanesse inerte e
innocua, l’altra invece alla cosa stessa, che messasi in moto ... crea una situazione di pericolo
e di danno”. In merito alle origini della norma e alle differenze rispetto alla disciplina
previgente in cui emergeva chiaramente che i danni non venivano causati “dalle cose” ma
“con le cose” (art. 1153, comma 1, c.c. 1865), v. G. GENTILE, La responsabilità per le cose in
custodia nel nuovo codice delle obbligazioni, cit., p. 169 ss., spec. p. 171: “la diversità di
dizione è altrettanto voluta per quanto espressiva e chiarificatrice”.
(70) In seguito a un lungo periodo in cui la giurisprudenza riconduceva la fattispecie
della responsabilità da cose in custodia a quella generale fondata sulla colpa, l’affermazione
della concezione oggettiva, sulla scorta del processo di industrializzazione in atto nel Paese,
si deve soprattutto a R. SALEILLES, Les accidents de travail et la responsabilité civile, Paris
1897, p. 25 ss., e L. JOSSERAND, De la responsabilité du fait des choses inanimées, Paris 1897,
p. 7 ss., spec. p. 53 ss. In senso critico, v. G. RIPERT, in nota a Cass. 21 janvier 1919 e Cass.
15 mars 1921, in D., 1922, 1.26: “La chose est l’instrument du dommage, elle ne peut en
être la cause”. Tra le ricerche principali che, già in epoca risalente, mettevano in luce
l’illogicità dell’espressione “fait de la chose”, v. A. BESSON, La notion de garde dans la
commenti 997

ha dato vita alla espressione “fait de la chose” (71).


Una certa sovrapposizione tra colpa e nesso di causalità si evince anche
nelle decisioni che affermano la natura colposa della responsabilità. In una
già ricordata recente ordinanza (72), la Cassazione ritiene corretta la con-
clusione della Corte d’appello, secondo cui “nel caso concreto ... l’ecce-
zionalità delle piogge non può integrare il caso fortuito, non essendosi
risolta in un fattore causale di efficacia esclusiva tale da interrompere la
operatività, nel processo di produzione dell’evento, delle cause preesistenti
imputabili al comune”. In termini più generali, la tesi – rinvenibile nella
medesima ordinanza – secondo cui il custode ha l’onere di dimostrare
“che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con
lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso” sembra
sostanzialmente implicare l’onere di provare la sussistenza di un fattore
estraneo alla condotta del custode, idoneo autonomamente a cagionare il
danno (73).
In definitiva, la differenza tra i due orientamenti sembra soprattutto
riguardare l’astratta ricostruzione della fattispecie. Secondo la tesi che
privilegia una concezione oggettiva del caso fortuito, la diligenza del cu-
stode rileverebbe soltanto per valutare lo “stato della cosa” nel momento
in cui si è verificato l’evento dannoso, mentre ad avviso della tesi minori-
taria la prova della diligenza atterrebbe alla stessa dimostrazione della
sussistenza del caso fortuito. Da un punto di vista pratico, le differenze
si attenuano poiché entrambe le impostazioni adoperano la diligenza quale
parametro per relativizzare il concetto di caso fortuito (74). In ogni caso, il

responsabilité du fait des choses, Paris 1927, p. 52 ss.; P. DAVID, La notion de fait de la chose
dans l’Article 1384, par. 1, du Code Civil, Paris 1934, p. 199 ss.: “Il est donc impossible
d’admettre qu’une chose puisse, activement, et même passivement, provoquer un accident”.
(71) Ma v. P.G. MONATERI, La responsabilità civile, cit., p. 1041, secondo cui “La
responsabilità da custodia è una responsabilità per il fatto della cosa che si ha il dovere
di controllare. Ragionando secondo questo vecchio schema francese tutto è più chiaro”.
(72) Cass., ord. 31 ottobre 2017, n. 18856, cit.
(73) In questo senso, v. V. GERI, Responsabilità civile per danni da cose e animali, cit., p.
301, secondo cui nulla vieta che il custode sia ammesso a provare ogni aspetto della sua
diligente condotta allo scopo di dimostrare “che il fortuito non fu concorrente, ma “inci-
dente”, talché non sarebbe comunque stato possibile sottrarre la cosa alla sua azione im-
prevedibile o irresistibile”.
(74) Alcuni autori ritengono che, ove non operi il caso fortuito, i danni prodotti dalla
cosa siano pur sempre dovuti a omissioni del soggetto che la ha in custodia: cfr. A. DE
CUPIS, Fatti illeciti, cit., p. 333: “è evidente trattarsi di un danno che le cose producono, in
quanto il soggetto che le ha in custodia omette misure necessarie affinché esso non si
verifichi, cosicché, in definitiva, causa di esso non è la cosa ma il comportamento umano
negativo”; A. CANDIAN, Caso fortuito e forza maggiore, cit., p. 990 s. Sulla nozione di caso
fortuito, v. R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità civile, cit., p. 645, secondo cui vengono in
998 rivista di diritto civile 4/2019

custode per liberarsi dalla responsabilità ha l’onere di dimostrare che un


evento esterno alla cosa, caratterizzato da singolarità e inevitabilità, ha
causato il danno (75).

6. – Il problema del concorso di colpa del danneggiato, ai sensi del-


l’art. 1227, comma 1, c.c. rivela un ulteriore punto di contatto tra i due
orientamenti e conferma la difficoltà di distinguere tra colpa e nesso di
causalità in presenza di condotte omissive. I giudici di legittimità, che
seguono la tesi della responsabilità oggettiva, hanno affermato che “una
volta delibato come sussistente il nesso causale tra cosa e danno, subentra,
siccome applicabile anche alla responsabilità extracontrattuale in virtù del
richiamo di cui all’art. 2056 c.c., la regola generale del primo comma
dell’art. 1227 c.c.” (76). Si chiarisce pertanto che il comportamento colposo
del danneggiato (che sussiste quando un bene sia utilizzato senza la nor-
male diligenza o con affidamento soggettivo anomalo), in base a un ordine
crescente di gravità, può atteggiarsi a concorso causale colposo o escludere
il nesso di causalità tra cosa e danno. Lo stesso è stato sostenuto da una
ordinanza che ha aderito all’indirizzo minoritario (77).
Nell’affermare il suddetto principio di diritto, la Cassazione si è in
parte discostata da un recente precedente, con il quale aveva statuito
che, per integrare il caso fortuito, la condotta colposa della vittima deve
anche rivestire i caratteri di autonomia, eccezionalità, imprevedibilità e
inevitabilità (78). Secondo la diversa lettura del dato normativo offerta
dal ricordato precedente, per poter configurare il caso fortuito occorre

considerazione fatti “che, pur incidendo sulla cosa nel senso di provocare la dannosità, si
svolgono tuttavia fuori dalla sfera del suo governo; o ancora, e detto in altri termini, dei fatti
estranei alla causalità propria della cosa”.
(75) Cosı̀ A. JANNARELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p. 284.
(76) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit. In giurisprudenza si afferma altresı̀ che
l’art. 1227, comma 1, cod. civ., “richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere
generale di ragionevole cautela”, è “riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art.
2 cost.”: cosı̀ Cass., ord. 3 aprile 2019, n. 9315, in F. it., Alfa.
(77) Cfr. Cass., ord. 31 ottobre 2017, n. 18856, cit., ove si stabilisce che, in presenza di
una condotta che valga ad integrare la fattispecie prevista dall’art. 1227, comma 1, c.c., il
custode “presunto responsabile”, “può senz’altro dedurre e provare il concorso di colpa del
danneggiato”, configurabile anche nei casi di responsabilità presunta ex art. 2051 c.c.
(78) Cass. 31 ottobre 2017, n. 25837, in Nuova g. civ. comm., 2018, p. 177 ss., con nota
di L. VILLAN, Responsabilità da cose in custodia: quando il comportamento del danneggiato
costituisce caso fortuito; in Danno e resp., 2018, p. 198 ss., con nota di V. CARBONE, Danno da
cosa in custodia: il caso fortuito richiede una condotta imprudente e imprevedibile della
vittima; in Corr. giur., 2018, p. 765 ss., con nota di A. SCALERA, Caso fortuito: da Giustiniano
a Napoleone s’è persa l’imprevedibilità?, ove si precisa che può considerarsi imprevedibile la
condotta della vittima solo nei casi in cui essa si presenti “eccezionale, inconsueta, mai
commenti 999

dimostrare: (a) che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; (b) che
quella condotta non fosse prevedibile. In definitiva, oltre alla condotta
colposa si richiede che la stessa condotta integri i caratteri generalmente
ascritti al caso fortuito. I giudici di legittimità erano pervenuti al descritto
risultato, constatando che, in assenza di una precisa valutazione anche
della imprevedibilità/inevitabilità della condotta del danneggiato, il custo-
de andrebbe sempre esente da responsabilità nei casi in cui la vittima
avrebbe potuto avvistare ed evitare il pericolo (79).
Quest’ultimo orientamento non appare corretto nella parte in cui
prevede requisiti ulteriori rispetto ai presupposti al ricorrere dei quali
trova applicazione l’art. 1227, comma 1, c.c. La norma ha carattere gene-
rale e consente di valutare l’incidenza causale del comportamento colposo
del danneggiato, del quale nell’ambito della fattispecie, di cui all’art. 2051
c.c., deve tenersi conto come in ogni altra ipotesi di responsabilità. Inoltre,
posto che la prova liberatoria prevista dall’art. 2051 c.c. ha un significato
autonomo, non appare necessario affermare che la condotta del danneg-
giato (o del terzo) integri un caso fortuito, poiché – in primo luogo – essa
esclude in tutto o in parte la sussistenza del nesso di causalità. Tuttavia,
l’applicazione della norma sul concorso di colpa non sembra necessaria-
mente determinare l’assenza di responsabilità del custode nei casi in cui la
vittima avrebbe potuto avvistare ed evitare il pericolo. Nel valutare i
presupposti applicativi dell’art. 1227, comma 1, c.c., deve infatti tenersi
conto della funzione della cosa custodita, del pericolo che essa è in grado
di generare e del (giustificato) affidamento che le persone possono riporvi.
Ad esempio, se in una strada una grande buca causa il sinistro di un
ciclomotore, può dubitarsi della correttezza dell’affermazione secondo
cui sarebbe stato possibile avvistare ed evitare il pericolo (80). In questo
senso, sembra doversi intendere la recente statuizione della Suprema Cor-
te, secondo cui la condotta del danneggiato “deve essere valutata tenendo
conto del generale principio di ragionevole cautela, cosicché quanto più la

avvenuta prima, inattesa da una persona sensata”. Nello stesso senso, v. già P.G. MONATERI,
La responsabilità civile, cit., p. 1060.
(79) Nello stesso senso, A. JANNARELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p. 288.
(80) Sembra dunque errata Trib. Brindisi-Fasano 2 dicembre 2004, in Corr. merito,
2005, p. 399, con nota di M. ROSSETTI, Responsabilità del pedone e responsabilità della
pubblica amministrazione, secondo cui il pedone che abbia riportato danni a seguito di
caduta causata da una buca sul manto stradale “deve sopportare le conseguenze dannose
del fatto, ai sensi dell’art. 1227 c.c., a meno che non provi di non avere potuto evitare
l’inciampo neanche con l’uso dell’ordinaria diligenza”. Sulla questione, sulla base di un
esame dell’art. 41, comma 2, c.p., v. F. PIRAINO, Il principio di equivalenza delle condizioni,
cit., p. 507 ss.
1000 rivista di diritto civile 4/2019

situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata


attraverso l’adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele nor-
malmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più inci-
dente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento della vitti-
ma nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detta
condotta interrompa il nesso eziologico tra bene ed evento dannoso” (81).
Sembra che i requisiti (ulteriori) della imprevedibilità e della inevita-
bilità siano soltanto utili a descrivere fattispecie in cui la condotta del
danneggiato esclude completamente la responsabilità del custode (82). In
questo senso, il contrasto tra gli orientamenti potrebbe essere risolto af-
fermando l’esistenza di un mero concorso di colpa, che non elimina la
responsabilità del custode, nelle ipotesi in cui la condotta del danneggiato
non integri i requisiti dell’imprevedibilità e della inevitabilità (83).
Anche l’opinione maggioritaria in dottrina ammette l’applicabilità del-
la norma sul concorso di colpa nel caso della responsabilità del custo-
de (84). D’altra parte, la norma si giustifica alla luce dell’esigenza di evitare
che nel traffico sociale le persone siano indotte a ridurre il livello di
attenzione. In proposito, a seconda della ricostruzione della fattispecie
ritenuta corretta, gli studiosi discorrono di un concorso di condotte col-
pose o di un concorso tra colpa e rischio. I fautori di quest’ultima tesi,
consapevoli della difficoltà di svolgere una valutazione comparativa della

(81) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit. Presuppone un’attenta valutazione delle
circostanze del caso, Cass. 27 giugno 2016, n. 13222, in Rep. F. it., 2016, voce Responsabilità
civile, n. 229, ove si legge: “Nell’ipotesi di caduta all’interno di un esercizio commerciale a
causa del pavimento bagnato (per lo sgocciolamento degli ombrelli dei clienti), la mera
disattenzione della vittima non integra caso fortuito ex art. 2051 c.c., in quanto il custode,
per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di avere
adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa divenuta pericolosa
per la situazione atmosferica e per la contestuale presenza di numerose persone nei locali”.
Nello stesso senso, Cass. 22 aprile 2013, n. 9726, in Danno e resp., 2014, p. 261 ss., con nota
di P. LAGHEZZA, Quale causalità per l’art. 2051 c.c.?
(82) In questo senso, v. Cass. 18 settembre 2015, n. 18317, in Rep. F. it., 2015, voce
Responsabilità civile, n. 257, ove si precisa che “il caso fortuito idoneo ad escludere la
responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. può rinvenirsi anche nella condotta del terzo, o
dello stesso danneggiato, quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedi-
bile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento
lesivo”.
(83) Questa è la tesi autorevolmente sostenuta da J. CARBONNIER, Droit civil, 4, Les
obligations, 22e éd., Paris 2000, p. 465 s.
(84) Cfr. P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 51 s. e p. 297 ss.; ID.,
La responsabilità civile, cit., p. 80 ss.; G. CATTANEO, Il concorso di colpa del danneggiato, in
questa Rivista, 1966, I, p. 481 s.; M. COMPORTI, Fatti illeciti: le responsabilità oggettive, cit.,
p. 287 ss.; M. FRANZONI, L’illecito, cit., p. 497 ss.; A. JANNARELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p.
285 ss.
commenti 1001

colpa e del rischio, propongono di “detrarre, dalla somma che costituisce


l’intero risarcimento del danno, una somma di ammontare tale da costi-
tuire una sanzione adeguata della colpa” (85). In realtà, in caso di concorso
di colpa, l’unica strada perseguibile da un punto di vista pratico appare
quella di valutare l’incidenza causale di due condotte colpose, quella del
custode e quella del danneggiato (86). La valutazione relativa alla condotta
del custode, come sembra dimostrare la casistica, può attenere alla dili-
genza nella manutenzione del bene o al rispetto di norme di legge riguar-
danti la custodia della cosa. Sulla base del riscontro delle omissioni del
custode, è possibile svolgere un giudizio controfattuale volto ad accertare
cosa sarebbe accaduto se il custode avesse operato in maniera diligente o
nel rispetto dei canoni stabiliti dalla legge (87). Ne consegue che gli ele-
menti della colpa e della causalità rilevano entrambi quando sia necessario
verificare la sussistenza dei presupposti applicativi dell’art. 1227, comma
1, c.c. (88).
Indipendentemente dalla configurazione in termini oggettivi o sogget-
tivi del caso fortuito, da un esame della giurisprudenza si evince che negli
ultimi anni il concorso di colpa del danneggiato ha assunto una rilevanza
crescente quando viene in considerazione l’art. 2051 c.c. (89). La norma
trova sovente applicazione in ipotesi in cui la cosa, in genere statica, non si

(85) P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, cit., p. 304. In termini simili si


sono pronunciate Cass. 20 febbraio 2015, n. 3389, in F. it., 2015, I, c. 1578; Cass. 20 luglio
2002, n. 10641, in Danno e resp., 2002, p. 1201 ss., con nota di P. LAGHEZZA, Responsabilità
della p.a. per omessa manutenzione delle strade: la prospettiva dell’analisi economica del
diritto: “Posto che l’art. 1227, 1˚ comma, c.c. è applicabile anche alla fattispecie di respon-
sabilità oggettiva del custode, nelle ipotesi di concorso di colpa del danneggiato non idoneo
ad escludere da solo il nesso eziologico fra la res e l’evento dannoso, la responsabilità del
custode è diminuita proporzionalmente all’entità delle conseguenze derivate dal comporta-
mento del danneggiato”.
(86) Ma v. F. PIRAINO, Il nesso di causalità, cit., p. 486 s., secondo cui l’art. 1227,
comma 1, c.c. esprime “una regola sulla ridefinizione del giusto perimetro del danno,
potendosi considerare tale non l’intera gamma delle conseguenze negative di cui il danneg-
giato si duole, ma soltanto quelle tra esse non prodotte dalla condotta concorrente di
quest’ultimo”.
(87) In merito ai problemi della c.d. causalità omissiva, v. per tutti R. PUCELLA, La
causalità “incerta”, cit., p. 222 ss.
(88) In questa prospettiva, v. da ultimo D. FRENDA, Tra causalità e colpa: il concorso del
fatto del danneggiato nella produzione dell’evento, in Nuova g. civ. comm., 2010, I, p. 805 ss.;
V. CAREDDA, Concorso del fatto colposo del creditore, in Comm. Schlesinger-Busnelli, sub Art.
1227 c.c., Milano 2015, p. 36 s., nonché, con riferimento a condotte omissive, V. BACHELET,
Concorso omissivo colposo del danneggiato: il quasi inestricabile intreccio tra la causalità e la
colpa e l’irruzione sul campo della solidarietà, in Nuova g. civ. comm., 2012, I, p. 436 ss.
(89) Cfr. A. JANNARELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p. 298 ss. In questo senso, v. Cass., ord.
1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit., secondo cui l’art. 1227, comma 1, c.c. deve essere interpre-
1002 rivista di diritto civile 4/2019

presenti pericolosa e configura un limite di carattere generale utilizzato


dalla giurisprudenza per circoscrivere l’ampio ambito di applicazione del-
l’art. 2051 c.c. Ove la cosa risulti priva di dinamismo e – in circostanze
normali (90) – inidonea a produrre un danno, è molto probabile che i
giudici stabiliscano che il danneggiato abbia contribuito al verificarsi del
danno. In alcune sentenze, disponendo un’inversione dell’onere della pro-
va che non trova fondamento nella legge, si afferma addirittura che, ai fini
dell’art. 2051 c.c., il danneggiato ha l’onere di dimostrare “di aver tenuto
un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepi-
bile con l’ordinaria diligenza” (91). In definitiva, mentre da un lato affer-
mano con rigore la natura oggettiva della responsabilità da cose in custo-
dia, dall’altro lato, in virtù della vasta casistica, le sentenze spesso ricon-
ducono il danno alla condotta del danneggiato, mitigando in modo signi-
ficativo l’ambito di applicazione della norma.

7. – Dall’esame di alcuni problemi affrontati dalla giurisprudenza


risulta l’inutilità dello sforzo di inquadrare la fattispecie dell’art. 2051
c.c. nel contesto delle ipotesi di responsabilità “oggettiva” o “aggravata”,
al fine di trarre da questa scelta di fondo la disciplina di dettaglio in
relazione alla prova liberatoria del caso fortuito. In particolare, appare
errato, soprattutto alla luce delle definizioni di caso fortuito rinvenibili
nelle decisioni dei giudici e nelle trattazioni della dottrina, cercare di
risolvere i problemi mediante una contrapposizione netta tra caso fortuito
inteso oggettivamente e caso fortuito inteso soggettivamente, che discen-
derebbe direttamente dalla qualificazione della fattispecie di cui all’art.
2051 c.c. nei termini di una responsabilità “oggettiva” o (meramente)
“aggravata” (92). Le decisioni analizzate testimoniano che il livello di dili-
genza pretendibile dal custode e le norme di legge che ne disciplinano
l’attività giocano un ruolo significativo per l’accertamento del caso fortuito
nella concreta controversia. La prova che l’evento non era prevedibile o

tato alla luce del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di soli-
darietà espresso dall’art. 2 Cost. Sulla questione v. anche M. FRANZONI, L’illecito, cit., p. 458.
(90) Ad esempio, in mancanza di eventi naturali che rendano la cosa pericolosa.
(91) Cosi Cass. 17 gennaio 2018, n. 1064, in G. it., 2018, p. 282 s.; Cass., ord. 11
maggio 2017, n. 11526, in Rep. F. it., 2017, voce Responsabilità civile, n. 99.
(92) In questo senso, A. JANNARELLI, sub Art. 2051 c.c., cit., p. 223, il quale ritiene
dirimente la valutazione in merito alla sussistenza del nesso di causalità. Il problema, tutta-
via, è avvertito anche in altri ordinamenti giuridici: nell’esperienza tedesca, v., da ultimo,
l’ampia ricerca di C. WALDKIRCH, Zufall und Zurechnung im Haftungsrecht, Tübingen 2018,
p. 19 ss.
commenti 1003

evitabile spesso – nei frequenti casi in cui la cosa, statica, non sia perico-
losa – coincide con la dimostrazione che il livello di diligenza richiesto
dalla legge non avrebbe consentito di evitare il danno.
L’esistenza stessa della causa di esonero del caso fortuito rende il
regime contenuto nell’art. 2051 c.c. non inquadrabile tra quelli puramente
oggettivi (93). In prospettiva comparatistica, si è osservato che nelle legi-
slazioni e nella casistica sono individuabili una moltitudine di figure ibride
di responsabilità che presentano una commistione tra colpa e rischio, e che
non è possibile fare riferimento a un modello unitario di responsabilità
oggettiva (94). Si pensi alla disciplina relativa alla responsabilità del pro-
duttore in caso di prodotto difettoso, comunemente annoverata tra le
ipotesi di responsabilità oggettiva, ma che ammette diverse prove libera-
torie a favore del produttore e pone in capo al danneggiato l’onere di
provare il difetto (95).
In questo quadro, nel contesto europeo sembra essersi manifestato un
certo disfavore per modelli di responsabilità oggettiva che non riguardino
attività pericolose o cose difettose (96). E negli ultimi anni le critiche sem-
brano concentrarsi proprio sulla fattispecie della responsabilità da cose in
custodia di origine francese (97), una disciplina generalmente non accolta
negli ordinamenti continentali (98) e nel common law inglese (99), e non

(93) In proposito, v. F.D. BUSNELLI, La parabola della responsabilità civile, cit., p. 680, il
quale con riferimento agli artt. 2051, 2052 e 2053 c.c. discorre di “responsabilità semi-
oggettiva” e afferma che non risulta possibile “togliere qualsiasi rilevanza” alla condotta del
detentore.
(94) Cfr. C. VAN DAM, European Tort Law, 2nd ed., Oxford 2013, p. 306: “there is no
exact borderline to be drawn between negligence and strict liability”; F. WERRO, E. BÜYÜK-
SAGIS, The bounds between negligence and strict liability, in M. BUSSANI, A.J. SEBOK (eds.),
Comparative Tort Law, Cheltenham et al. 2015, p. 201 ss.
(95) Cfr. H. KÖTZ, Ist die Produkthaftung eine vom Verschulden unabhängige Haftung?,
in Festschrift für Werner Lorenz, Tübingen 1991, p. 109 ss.; S. WHITTAKER, Liability for
Products. English Law, French Law, and European Harmonisation, Oxford 2005, p. 514 ss.
(96) Cfr. F. WERRO, E. BÜYÜKSAGIS, The bounds between negligence and strict liability,
cit., p. 223 s.; E. BÜYÜKSAGIS, W.H. VAN BOOM, Strict Liability in Contemporary European
Codification: Torn Between Objects, Activities, and Risks, in Georgetown Journal of Interna-
tional Law (2013), p. 609 ss. Per un’ampia rassegna delle diverse ipotesi di responsabilità
oggettiva nel contesto europeo, v. C. OERTEL, Objektive Haftung in Europa, Tübingen 2010,
p. 49 ss.
(97) V. soprattutto J.-S. BORGHETTI, La responsabilité du fait des choses, un régime qui a
fait son temps, in RTD civ., 2010, p. 1 ss. Ma v. le repliche di Ph. BRUN, De l’intemporalité du
principe de responsabilité du fait des choses, ibid., p. 487 ss.
(98) V. F. WERRO, Liability for Harm Caused by Things, in A.S. HARTKAMP et al. (eds.),
Towards a European Civil Code, Alphen aan den Rijn 2011, p. 926 ss.
(99) Il caso di riferimento è Rylands v. Fletcher, LR 3 HL 330 (House of Lords 1868),
in cui è stato condannato al risarcimento del danno il proprietario di un fondo su cui
1004 rivista di diritto civile 4/2019

recepita nei progetti di armonizzazione del diritto (100). Peraltro, seguendo


alcuni orientamenti giurisprudenziali, nell’ordinamento francese la recente
proposta di riforma della responsabilità civile ha introdotto una diversa
disciplina a seconda che la cosa sia o meno “in movimento”. Nell’ipotesi di
cosa “statica”, il danneggiato ha l’onere di provare che la cosa era difettosa
oppure che era posizionata in modo “anormale” (101). Il confronto con
l’esperienza giuridica francese, in cui ormai la norma sulla responsabilità
da fait des choses trova rare applicazioni (102), denota come nel contesto
europeo l’ordinamento italiano abbia assunto una posizione isolata (103).
Ulteriori valutazioni possono essere compiute alla luce del livello di
utilità sociale che la disciplina della responsabilità oggettiva può assicurare.
Secondo gli studi di analisi economica del diritto, la responsabilità ogget-

insisteva un bacino idrico per una perdita d’acqua che aveva causato dei danneggiamenti
nelle cave di un fondo limitrofo. Il caso viene generalmente ricordato come una delle poche
ipotesi di strict liability in common law. Infatti, il precedente non ha dato vita a un orienta-
mento generalizzato in relazione alle cose in custodia. Casi di responsabilità oggettiva sono
stati in seguito riconosciuti al ricorrere di danni causati da acqua, esplosioni, elettricità e
petrolio: cfr. per tutti T. WEIR, An Introduction to Tort Law, 2nd ed., Oxford 2006, p. 92 s.;
R.A. BUCKLEY, in Clerk & Lindsell on Torts, 22nd ed., London 2018, p. 1407 ss.
(100) Non si rinvengono norme sulla responsabilità da cose in custodia nei Principles of
European Tort Law e nel Draft Common Frame of Reference: cfr. F. WERRO, Liability for
Harm Caused by Things, cit., p. 936 s. I testi dei progetti di armonizzazione si rinvengono
ora in P. SIRENA, F.P. PATTI, R. SCHULZE, R. ZIMMERMANN, Diritto privato europeo. Testi di
riferimento, 2a ed., Torino 2018.
(101) Il testo dell’art. 1243 del progetto di riforma della responsabilità civile, presentato
dalla Chancellerie il 13 marzo 2017, è riportato supra, nt. 22. Sulla distinzione tra cose dotate
di intrinseco dinamismo e cose inerti, v. infra, prossimo paragrafo.
(102) Cfr. J.-S. BORGHETTI, Strict Liability in Tort and the Boundaries of Tort Law, in H.
KOZIOL, U. MAGNUS (eds.), Essays in Honour of Jaap Spier, Wien 2016, p. 32, il quale riporta
i dati condotti dallo studio di I. MARIA, La responsabilité générale du fait des choses à
l’épreuve du contentieux judiciaire, in Revue Lamy Droit Civil, 2011, p. 78. A partire dagli
anni ‘30, il contenzioso principale concernente la norma sul fait des choses riguardava gli
incidenti automobilistici. In seguito all’entrata in vigore della Loi Badinter nel 1985, relativa
alla circolazione di autoveicoli, il numero di casi è notevolmente sceso: tra il 1985 e il 2010 la
Cour de Cassation ha affrontato questioni concernenti la responsabilità da cose in custodia,
di cui all’art. 1384 Code civil, in media (soltanto) quattro volte l’anno. Sulla questione, in
termini generali, v. J. CARBONNIER, Droit civil, 4, Les obligations, cit., p. 470.
(103) Dalla prospettiva del diritto tedesco, v. B.A. KOCH, Die Sachhaftung. Beiträge zu
einer Neuabgrenzung der sogenannten Gefährdungshaftung im System des Haftungsrecht,
Berlin 1992, p. 104 ss.; S. WOYCIECHOWSKI, Haftungsgrenzen im französischen Delikts-recht,
Tübingen 2017, p. 266 s. V. anche U. HÜBNER, Die Haftung des Gardien im französischen
Zivilrecht, Karlsruhe 1972. Nell’ambito della responsabilità civile altri orientamenti giuri-
sprudenziali che caratterizzano in modo peculiare l’esperienza giuridica italiana nel contesto
europeo sono quelli concernenti il risarcimento del danno da morte del congiunto: cfr. F.P.
PATTI, Danno da morte, coscienza sociale e risarcimento per i congiunti: verso una riforma del
BGB?, in R. crit. d. priv., 2017, p. 39 ss.
commenti 1005

tiva genera incentivi verso la migliore allocazione delle risorse nei casi in
cui solo il danneggiante può influire sull’ammontare del danno (c.d. uni-
lateral accidents) (104). Nelle ipotesi in cui anche il danneggiato ha la pos-
sibilità di prevenire il verificarsi di danni (c.d. bilateral accidents), il regime
della responsabilità oggettiva denota alcuni limiti, poiché non incoraggia le
potenziali vittime a osservare un adeguato livello di diligenza, mentre di
converso i potenziali danneggianti sono spinti a superare il livello efficiente
di costi legati alle precauzioni (105). Gli orientamenti giurisprudenziali ita-
liani risolvono questo problema mediante la frequente applicazione del-
l’art. 1227, comma 1, c.c. (106) che, nel gergo dell’analisi economica del
diritto potrebbe configurare una “defense of contributory negligence” in
favore del custode (107). Ma la possibilità di ricorrere all’art. 1227, comma
1, c.c. dovrebbe costituire una eccezione, mentre nel nostro ordinamento
sembra divenuta la regola (108). In assenza di eventi causati dalla natura, il
custode tenta di dimostrare che il danno è dovuto alla negligenza del
danneggiato ed, effettivamente, in molti casi, anche in virtù di inversioni
dell’onere della prova disposte dalla giurisprudenza (109), risulta che il
danno è riconducibile a un comportamento del danneggiato (110).
La fattispecie dell’art. 2051 c.c., intesa come ipotesi di responsabilità
oggettiva, denota ulteriori criticità. Un orientamento dottrinale ha di re-
cente messo in luce come tale fattispecie di responsabilità non si sia affer-
mata a livello generale e che si trovi in un periodo di declino (111). La

(104) Cfr. W.M. LANDES, R.A. POSNER, The Economic Structure of Tort Law, Cambrid-
ge, Massachusetts-London, England 1987, p. 63; H.-B. SCHÄFER, A. SCHÖNENBERGER, Strict
liability versus negligence: an economic analysis, in F. WERRO, V.V. PALMER (eds.), The
Boundaries of Strict Liability in European Tort Law, cit., p 54 s. Nello stesso senso, già
G. CALABRESI, J.T. HIRSCHOFF, Toward a Test for Strict Liability in Torts, in 81 Yale Law
Journal (1972), p. 1060 ss.
(105) Sul punto, v. P. TRIMARCHI, La responsabilità civile, cit., p. 76.
(106) V. supra, par. precedente.
(107) Nella nostra dottrina, v. con specifico riferimento alla responsabilità da cose in
custodia, ma con esiti contrastanti rispetto a quelli che verranno riportati nel testo, E. BAFFI,
Responsabilità “aggravata”. Un’analisi giuseconomica, in Danno e resp., 2011, p. 345 ss.; E.
BAFFI, D. NARDI, La responsabilità da custodia della pubblica amministrazione: prospettive di
analisi economica del diritto, ivi, 2016, p. 337 ss.; ID., Analisi economica del diritto e danno
cagionato da cose in custodia, ivi, 2018, p. 327 ss.
(108) Nel senso che la “defense of contributory negligence” non riduce la propensione
dei danneggiati ad agire in giudizio nell’ambito di un sistema di strict liability, v. W.M.
LANDES, R.A. POSNER, The Economic Structure of Tort Law, cit., p. 65.
(109) V. supra, nt. 91.
(110) V., ad esempio, il caso da cui ha tratto origine Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n.
2480, cit.
(111) Cfr. P.M. GERHART, The Death of Strict Liability, in 56 Buffalo Law Review
1006 rivista di diritto civile 4/2019

responsabilità oggettiva dovrebbe operare soltanto nei casi in cui il conten-


zioso si presenti facilmente risolvibile e i potenziali danneggianti abbiano la
possibilità di assicurare il rischio e di riversarlo sugli acquirenti di beni e di
servizi (112). Il carattere estremamente complesso del contenzioso, legato a
circostanze fattuali di dettaglio che possono condurre a risultati diversi
anche quando le cose custodite sono le stesse, rende difficile prevedere
l’esito delle controversie relative all’art. 2051 c.c. In proposito, occorre
anche considerare i costi amministrativi connessi alla responsabilità ogget-
tiva: pur in presenza di prove liberatorie, rispetto alla responsabilità fonda-
ta sulla colpa, il regime della strict liability induce più intensamente il
danneggiato a dare avvio a una controversia (113). Ancora, il regime della
responsabilità oggettiva si profila conveniente in termini economici e so-
cialmente desiderabile nei casi in cui il soggetto responsabile abbia la
possibilità di ridurre il numero di eventi dannosi diminuendo la propria
attività, ove ciò risulti più conveniente rispetto all’adozione di maggiori
precauzioni al fine di ridurre la probabilità di causare danni (114). Orbene,
soprattutto nei casi in cui la custodia è rimessa a un ente pubblico, non

(2008), p. 245 ss., il quale afferma che le poche ipotesi di responsabilità oggettiva dovreb-
bero essere assorbite nell’ambito della responsabilità per negligence, ponendo attenzione a
standard specifici legati all’attività esercitata dal danneggiante. L’analisi presentata si segnala
per un’avversione ideologica alla responsabilità oggettiva, in quanto l’a. non ritiene convin-
centi le mere giustificazioni connesse alla giustizia distributiva e considera la responsabilità
oggettiva il frutto di una institutional deficiency principalmente legata ai costi e alle difficoltà
di ordine probatorio. Alcune tesi rieccheggiano la concezione etica di E. WEINRIB, The Idea
of Private Law, rev. ed., Oxford 2013. Una diversa spiegazione è fornita da W.M. LANDES,
R.A. POSNER, The Economic Structure of Tort Law, cit., p. 65 s., secondo cui la principale
causa del graduale allontanamento dalla strict liability sarebbe il progresso scientifico e la
possibilità di accertare con maggiore semplicità “how the physical world operates”.
(112) In questo senso, v. J.A. HENDERSON jr., Why Negligence Dominates Tort, in 50
UCLA Law Review (2002), p. 377 ss., spec. p. 390 s. Per una posizione diversa, v. R.A.
EPSTEIN, A Theory of Strict Liability, in 2 Journal of Legal Studies (1973), p. 152 ss.
(113) W.M. LANDES, R.A. POSNER, The Economic Structure of Tort Law, cit., p. 63:
“Strict liability is costly to administer because (ignoring possible defenses to strict liability,
which presumably are no more extensive than the corresponding defenses to negligence)
every accident gives rise to a legal claim for compensation and thus a possible lawsuit”,
mentre “under negligence there is a claim only if the victim thinks that he can show that the
defendant failed to use due care”.
(114) V. ancora W.M. LANDES, R.A. POSNER, The Economic Structure of Tort Law, cit.,
p. 66 ss., i quali nel confrontare i due tipi di liability osservano: “If a change in the
defendant’s but not in the plaintiff’s activity level is an efficient method of accident avoi-
dance, strict liability is attractive and will be the rule chosen. [...] But where greater care
rather than less activity is the optimal method of accident avoidance by potential injurers,
the case for negligence is strengthened”.
commenti 1007

sussiste la possibilità di ridurre l’“attività” (115). Tenuto conto dell’ampio


ambito applicativo della responsabilità da cose in custodia, sembra infine
arduo ipotizzare che ogni custode stipuli un contratto di assicurazione a
copertura dei possibili danni “causati” dalla cosa (116) e che la norma
eserciti una pressione economica “costante ed efficace” nei confronti dei
custodi, “inserendosi razionalmente nel calcolo economico” (117). In defi-
nitiva, i vantaggi normalmente ottenibili mediante un regime di responsa-
bilità oggettiva, nei termini di risparmio di costi amministrativi (118), non
ricorrono nella fattispecie dell’art. 2051 c.c.; al regime previsto dal codice
civile possono quindi essere estese le critiche rivolte alla disciplina francese
della responsabilité du fait des choses nella prospettiva dell’analisi econo-
mica del diritto (119).

8. – Da un punto di vista pratico, le differenze tra gli orientamenti


giurisprudenziali esaminati si presentano poco rilevanti. In sostanza, l’in-
versione dell’onere della prova produce effetti analoghi a quelli che di-
scendono dal regime della responsabilità oggettiva, basato esclusivamente
sul collegamento causale tra la cosa e il danno, ma in cui si tiene conto
delle condizioni della cosa e del contegno del danneggiato. In questo
senso, un antecedente storico può essere rinvenuto nell’ordinamento tede-
sco, ove prima del recepimento della direttiva sui prodotti difettosi, la
giurisprudenza per favorire i soggetti danneggiati aveva stabilito in via
interpretativa una inversione dell’onere della prova con riferimento al
requisito della colpa (120).

(115) Ad esempio, il comune non può cessare di custodire le strade ubicate nel proprio
territorio.
(116) Solo per un limitato numero di attività è previsto l’obbligo di stipulare un’assi-
curazione: v. la rassegna di D. CERINI, A.T. MEMOLA, Italy, in A. FENYVES, C. KISSLING, S.
PERNER, D. RUBIN (eds.), Compulsory Liability Insurance from a European Perspective, Berlin-
Boston 2016, p. 498 ss.
(117) Le espressioni sono di P. TRIMARCHI, La responsabilità civile, cit., p. 280.
(118) Il sistema italiano nel campo della responsabilità da cose in custodia sembra
presentare i medesimi problemi rispetto a un sistema di responsabilità per colpa: cfr. G.
CALABRESI, Costo degli incidenti e responsabilità civile. Analisi economico-giuridica, trad. it. di
A. De Vita, V. Varano e V.Vigoriti, Milano 1975, p. 369.
(119) Cfr. G. MAITRE, La responsabilité civile à l’épreuve de l’analyse économique du
droit, Paris 2005, p. 97 ss., il quale, dopo aver messo in luce l’incoerenza degli orientamenti
giurisprudenziali francesi e le frequenti commistioni dell’elemento del nesso di causalità e di
quello della colpa, afferma “On pourra alors critiquer l’excessive généralité du principe
général énoncé à l’alineá premier de l’article 1384 du Code civil, et prôner une limitation du
champ d’application de cette responsabilité à certaines choses, par exemple dangereuses”.
(120) Cfr. G. HOCHLOCH, Prospettive di evoluzione della responsabilità del produttore nel
diritto tedesco, in S. PATTI (a cura di), Il danno da prodotti in Italia – Austria – Repubblica
1008 rivista di diritto civile 4/2019

Per i motivi indicati nel paragrafo precedente, per la responsabilità da


cose in custodia non sembra prospettarsi un futuro roseo e, in vista di una
riforma del codice civile (121), appare auspicabile una eliminazione o una
riformulazione dell’art. 2051 c.c. Il dettato normativo del codice civile è
fonte di incongruenze e non permette agevolmente di intendere il riferi-
mento al caso fortuito come una mera inversione dell’onere della prova in
relazione al requisito della colpa. Altre codificazioni contengono norme
più precise che consentono di individuare con certezza la natura della
responsabilità da cose in custodia. In proposito, sembra proficuo confron-
tare la regola dell’art. 2051 c.c. con quella dell’art. 493, comma 1, del
codice civile portoghese (122), norma che ha tratto ispirazione dal codice
civile italiano del 1942 (123), ma che prevede espressamente una inversione
dell’onere della prova, e del par. 836 BGB, norma corrispondente alla
nostra fattispecie della rovina di edificio, in cui il legislatore tedesco indi-
vidua con chiarezza il contenuto della prova liberatoria del possesso-
re (124). D’altro canto, in base all’esame della casistica non sembra possi-
bile affermare che la colpa non rileva nella fattispecie dell’art. 2051 c.c., in
particolare nei frequenti casi in cui si verifica una commistione tra l’ele-
mento della colpa del custode e quello del nesso di causalità. Inoltre,
soprattutto ove la cosa non sia dotata di intrinseco dinamismo, non di
rado nelle controversie viene in considerazione la fattispecie dell’art. 1227,
comma 1, c.c.
Tenuto conto della scarsa rilevanza che la questione riveste da un
punto di vista pratico, gli sforzi della giurisprudenza non dovrebbero

federale di Germania – Svizzera, Padova 1990, p. 267: “il Bundesgerichtshof ha dato luogo ad
un’inversione dell’onere della prova con riferimento all’elemento soggettivo, in quanto, se il
danno è stato provocato da un difetto del prodotto, il produttore deve provare che questo
difetto non deriva da un suo atteggiamento colposo”.
(121) V. supra i riferimenti bibliografici a nt. 10.
(122) Art. 493, comma 1, Código civil Português: “Quem tiver em seu poder coisa móvel
ou imóvel, com o dever de a vigiar, e bem assim quem tiver assumido o encargo da vigilāncia
de quaisquer animais, responde pelos danos que a coisa ou os animais causarem, salvo se
provar que nenhuma culpa houve da sua parte ou que os danos se teriam igualmente
produzido ainda que não houvesse culpa sua”.
(123) Cfr. C. VON BAR, Gemeineuropäisches Deliktsrecht, I, cit., p. 132, il quale precisa
che, diversamente dal codice civile italiano, il codice civile portoghese concede “nicht nur
den Nachweis des Zufalls, sondern auch den Nachweis fehlenden Verschuldens als Enthaf-
tungsgrund zu”; nell’ambito di una ricerca volta a mettere in luce l’influenza del diritto
italiano in altri ordinamenti europei, M. INFANTINO, Diffusing Law Softly: Insights into the
European Travels of Italian Tort Law, in 6 Journal of European Tort Law (2015), p. 275 s.
(124) In prospettiva comparatistica, v. F. WERRO, Liability for Harm Caused by Things,
cit., p. 926.
commenti 1009

concentrarsi sull’astratta qualificazione dell’ipotesi di responsabilità, ma


sulla soluzione delle specifiche problematiche connesse all’applicazione
dell’art. 2051 c.c., che finiscono per convergere in due aspetti di estrema
rilevanza: i contenuti della prova liberatoria del custode e quelli concer-
nenti l’onere della prova del danneggiato. In questo senso, pur in man-
canza di una base normativa, occorre circoscrivere l’ambito di applicazione
della norma facendo riferimento alle diverse caratteristiche delle cose cu-
stodite. Come del resto era già emerso negli studi della dottrina, il caso
fortuito è un concetto elastico che si presta a essere inteso diversamente a
seconda della peculiare cosa custodita (125).
Il recente tentativo di sistemazione della Cassazione dimostra la con-
sapevolezza dell’esistenza del problema (126). Non sembra tuttavia che
l’enfasi riposta sulla responsabilità oggettiva e sul nesso di causalità tra
la cosa e l’evento dannoso (127) sia sufficiente per superare le incertezze di
cui si è dato conto. A ben vedere, il riferimento alla responsabilità ogget-
tiva appare privo di utilità a fronte di una casistica che si discosta in modo
significativo rispetto al modello ideale di responsabilità senza colpa. Nel
tentativo di risolvere i problemi applicativi dell’art. 2051 c.c. sarebbe
certamente necessario indicare con chiarezza quali sono le caratteristiche
della cosa custodita da prendere in considerazione nella valutazione rela-
tiva all’esistenza del nesso di causalità.
Allo scopo di rinvenire criteri idonei a ordinare la casistica, anche alla
luce delle soluzioni provenienti dalla dottrina e adottate in altre espe-
rienze giuridiche, nella parte conclusiva saranno individuati alcuni ele-
menti che potrebbero incidere sui contenuti della prova liberatoria del
custode.
Anzitutto, conviene riprendere la distinzione tra “cose statiche” e
“cose dotate di intrinseco dinamismo” (128). Dal momento che la cosa

(125) V. supra, par. 4.


(126) Il riferimento è a Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit. (su cui v. soprattutto le
considerazioni svolte supra, parr. 4 e 5).
(127) In prospettiva comparatistica, con riferimento all’ordinamento italiano, v. M.
INFANTINO, E. ZERVOGIANNI, The European Ways to Causation, in ID. (eds.), Causation in
European Tort Law, Cambridge 2017, p. 95: “What is sure is that causation is one of the
main battlefields where the liability game is played”.
(128) Con riferimento all’art. 2051 c.c., la rilevanza della distinzione è esclusa da U.
BRASIELLO, Cose “pericolose” o cose “seagenti”?, in R. trim. d. proc. civ., 1956, p. 27 ss.; P.
PARDOLESI, Sul “dinamismo” connaturato alla cosa nella responsabilità da custodia, in Danno e
resp., 2010, p. 555 ss. V. anche M. FRANZONI, L’illecito, cit., p. 462 s., il quale rileva che il
“dinamismo connaturato alla cosa” o la sua mancanza vengono in considerazione nel giu-
dizio circa la sussistenza del nesso di causalità. In giurisprudenza, con riguardo all’applica-
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dotata di intrinseco dinamismo (o in grado di essere spostata da fattori


esterni) è certamente idonea a causare un danno, solo la prova di un
evento esterno o di una condotta imprevedibile e al di fuori della norma
da parte del danneggiato può permettere al custode di andare esente da
responsabilità (129). In questi casi, nel diritto francese si presume la sussi-
stenza del nesso di causalità tra la cosa in movimento e il danno (130).
Per le cose statiche appare invece necessario tenere conto della situa-
zione di rischio che esse sono in grado di produrre. Posto che la cosa
statica necessariamente si inserisce nel processo causale mediante il movi-
mento del danneggiato, la responsabilità dovrebbe configurarsi soltanto
nei casi in cui le cose, che creano l’occasione di danno, siano posizionate in
maniera non corretta o presentino difetti. In queste circostanze, la giuri-
sprudenza francese pone in capo al danneggiato l’onere di provare la
posizione anomala o il difetto (131) per dimostrare un “rôle actif” della
cosa inerte (132). Anche se la Cassazione italiana si è espressa in termini più
generali, lo stesso regime dovrebbe potersi ricavare dalle indicazioni con-
cernenti la prova del nesso di causalità contenute nelle decisioni che da
ultimo hanno aderito all’indirizzo maggioritario (133). Diversamente, secon-
do l’indirizzo minoritario, la questione si risolverebbe attraverso un’inver-
sione dell’onere probatorio relativamente al requisito della colpa, e me-

zione dell’art. 1227 c.c., v. inoltre le sentenze segnalate supra, nt. 91, che al ricorrere di una
cosa non dotata di intrinseco dinamismo, ai fini dell’applicazione dell’art. 2051 c.c., stabili-
scono un aggravamento dell’onere della prova in capo al danneggiato.
(129) In proposito, risulta d’interesse l’indicazione contenuta in Cass., ord. 29 gennaio
2019, n. 2345, in F. it., Alfa: “In tema di danno cagionato da cose in custodia, il giudizio
sull’autonoma idoneità causale del fattore esterno estraneo alla cosa deve essere parametrato
sulla natura della cosa stessa e sulla sua pericolosità”.
(130) G. VINEY, Les conditions de la responsabilité, cit., p. 821 s.
(131) V. supra, nt. 22.
(132) Cfr. G. VINEY, Les conditions de la responsabilité, cit., p. 827: “si l’inertie de la
chose n’est pas un obstacle à l’application de l’article 1384, alinéa 1er, elle a du moins pour
effet de priver la victime du bénéfice de la “présomption de causalité” en l’obligeant à
prouver le “rôle actif” de la chose, c’est-à-dire son comportement ou sa position anormale
qui crée un danger pour les tiers”.
(133) V. ancora Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit., ove si discorre della “prova
dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno, sempre al fine dell’allegazione e
della prova del rapporto causale tra l’una e l’altro”. Occorre ricordare che nella medesima
ordinanza si afferma – in modo piuttosto contraddittorio – che nella fattispecie, di cui all’art.
2051 c.c., “il danno rilevante ... prescinde dalle caratteristiche della cosa custodita, sia
quindi essa o meno pericolosa, c.d. seagente (ovvero dotata di intrinseco dinamismo) op-
pure no”. Diversamente rispetto al diritto italiano, nell’ordinamento francese, ove la cosa sia
“in movimento”, il nesso di causalità è presunto.
commenti 1011

diante il riferimento ai danni sarebbe possibile ricorrere a presunzioni per


dimostrare la sussistenza del nesso di causalità (134).
Da una prospettiva esterna non sembrano esistere significative diffe-
renze tra la prova del “rôle actif” della cosa inerte e quella della colpa. In
proposito, la dottrina francese ha autorevolmente sostenuto che l’indirizzo
giurisprudenziale ha fatto a volte pensare a una rinascita della responsa-
bilità per colpa (135). L’osservazione non sarebbe corretta, perché la posi-
zione anormale o il “comportamento” anormale della cosa non dipendono
necessariamente dalla colpa del custode (136). Sembra tuttavia innegabile
che nella maggioranza dei casi la posizione anormale o il vizio del bene
discendano da una condotta negligente del custode (137). Il contenzioso
analizzato testimonia che la questione dà vita a un contradditorio nel quale
il custode cerca di dimostrare di aver operato in maniera diligente e di non
aver potuto evitare il danno. Nei casi in cui il custode riesca a provare che
la cosa statica non presenta alcun vizio e non è posizionata in maniera
anomala, è molto probabile che il danno venga ricondotto al comporta-
mento del danneggiato.
Un esempio è offerto dalla più volte ricordata decisione che da ultimo
ha aderito all’orientamento maggioritario (138). Per una causa ignota, un
guidatore ha perso il controllo del proprio ciclomotore in un tratto di un
viadotto “di cui non è stata dimostrata alcuna particolare pericolosità”,
scontrandosi con il limite più alto del guardrail “di altezza pienamente
rispettosa delle prescrizioni generali in materia”, idoneo a sbilanciare il

(134) Cfr. Cass., ord. 31 ottobre 2017, n. 18856, cit.: “Tale prova consiste nella dimo-
strazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in
custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé
indice della sussistenza di un risultato “anomalo”, e cioè dell’obiettiva deviazione dal mo-
dello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno”.
(135) J. CARBONNIER, Droit civil, 4, Les obligations, cit., p. 467, p. 471, spec. p. 477.
(136) Cfr. G. VINEY, Les conditions de la responsabilité, cit., p. 829: “Il y a là une
exigence qui a fait parfois penser à une sorte de résurgence de la responsabilité pour faute
présumé. Mais en réalité c’est aller trop loin car la position anormale ou le comportament
anormal de la chose n’est pas nécessairement due à une faute du gardien”. Da una pro-
spettiva esterna, sulla medesima questione, v. S. WHITTAKER, Liability for Products, cit.,
p. 57.
(137) Con riferimento alla responsabilità da prodotto difettoso, cfr. Ar. FUSARO, Re-
sponsabilità del produttore: la difficile prova del difetto, in Nuova g. civ. comm., 2017, p. 896,
la quale, alla luce di un esame della giurisprudenza, segnala un graduale distacco dal regime
di responsabilità oggettiva; nonché M. GRONDONA, La responsabilità civile tra libertà indi-
viduale e responsabilità sociale. Contributo al dibattito sui “risarcimenti punitivi”, Napoli
2017, p. 70, il quale, in proposito, discorre di una responsabilità “sostanzialmente, per
colpa”.
(138) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.
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guidatore verso il vuoto. La Cassazione conclude la propria disamina


affermando la correttezza della ricostruzione operata dai giudici di merito,
secondo cui “la condotta del danneggiato [ha] in concreto assunto un
ruolo causale esclusivo nella produzione dello stesso evento dannoso,
non potendo ritenersi prevedibile, nel senso sopra specificato, la perdita
di controllo da parte del conducente del motoveicolo di caratteristiche tali
da farlo collidere e scavalcare con la sua persona il limite più alto della
protezione” (139).
Tenendo conto delle modalità con le quali la giurisprudenza accerta la
sussistenza degli elementi della fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., una
possibile soluzione del contrasto tra gli orientamenti potrebbe essere quel-
la di configurare la prova liberatoria del caso fortuito come una prova
dell’assenza di colpa del custode nei casi in cui la cosa sia statica. Se il bene
non presenta difetti o non è posizionato in modo anomalo, in assenza di
eventi naturali o di atti di terzi, evidentemente il danno è stato causato
dallo stesso soggetto danneggiato. La differenza rispetto al diritto francese
risiederebbe nel fatto che sarebbe il custode a dover dimostrare di aver
operato in maniera diligente.
Nell’ipotesi in cui, invece, l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario
concentrato sul nesso di causalità dovesse acquisire il definitivo soprav-
vento, può auspicarsi che la Corte di Cassazione chiarisca con maggiore
precisione i caratteri della prova del nesso di causalità tra la cosa e il
danno. In questo senso, appare utile l’adozione di un orientamento simile
a quello sviluppato dalla Cassazione francese, che distingue tra cose dotate
di intrinseco dinamismo e cose inerti. La prova del “ruolo attivo” della
cosa inerte potrebbe in molti casi rappresentare un ostacolo significativo
per ottenere il risarcimento del danno e indurre soggetti danneggiati, che
hanno operato con negligenza, a non iniziare controversie. Risulta ulte-
riormente confermato come il reale funzionamento del sistema risarcitorio
non dipenda soltanto da astratte qualificazioni, ma anche dalla soluzione
delle questioni di dettaglio prese in considerazione nell’ambito del con-
tenzioso (140).
In prospettiva futura, appare in ogni caso preferibile eliminare la
disciplina della responsabilità da cose in custodia, la cui interpretazione
esprime il declino di una concezione generalizzata della responsabilità
oggettiva. Per promuovere un contenimento del numero delle controversie

(139) Cass., ord. 1˚ febbraio 2018, n. 2480, cit.


(140) In proposito, v. da ultimo E.L. TALLEY, Law, economics, and the burden(s) of
proof, in J.H. ARLEN (ed.), Research Handbook on the Economics of Torts, cit., p. 305 ss.
commenti 1013

che terminano con un diniego della domanda risarcitoria e per favorire


una più chiara ripartizione degli oneri probatori, al tipo di contenzioso ora
sottoposto all’art. 2051 c.c. sarebbe applicabile in linea di principio la
disciplina della responsabilità per colpa. Nei casi contemplati dalle rispet-
tive norme, la responsabilità per l’esercizio di attività pericolose e quella da
rovina di edificio garantirebbero un adeguato livello di tutela ai danneg-
giati, alla stregua di quanto generalmente avviene in altri ordinamenti
giuridici.

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