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Raccolta di testi

per la
storia della gastronomia

digitalizzati
e
restaurati
da
Edoardo Mori
2018

**
Regimen Sanitatis
Salernitanum
Sec. XI

Testo latino originale


Con traduzione in versi
italiana del
Cav. Magenta
LA

OSSIA

CETTI PER CONSERVAR LA SALUTE

OEMETTO DEL SEGOLO XI.


RIDOTTO A LLA SUA VERA LEZIONE

E RECATO IN VERSI ITALIANI

DAL CAV. P. MAGENTA

PAVIA
P resso L uigi L andoni

1835.
ALL’ AMICO PROFESSORE

G IU SEPPE DEL CHIAPPA.

A - voi, dottissimo nella storia della medicina e


nella classica letteratura, non sono certamente ignoti
i celebri precetti della scuola salernitana. Questa
operetta è scritta in versi per la più parte leonini,
e non sempre colle regole della buona prosodia.
Considerata come lavoro letterario è dessa perciò
di scarsissimo pregio, nè darla poteva migliore
1’ età infelicissima in cui fu scritta. Riguardata
poi dal lato scientifico io temo che , stante i
progressi fatti dalla medicina da que’ tempi iri
poi, meriti niente meno che d’ essere intieramente
dimenticata. A che dunque, direte voi, riprodurre
un’ anticaglia , in cui 1’ autore , non solo non
miscuit utile dulci, ma non seppe infonder nem­
meno una delle due qualità che si richieggono per
rendere accetta qualsiasi poesia ? Vi confesso che
non saprei cosa rispondere a tal domanda, ma pure
vi prego d’ ascoltare pazientemente quanto sono
per dirvi.
I versi della scinda salernitana sono certamente
barbari ed incolti, perchè furono scritti nel i 100,
quaudo cioè non mostravasi ancora sull’ orizzonte
il barlume di quell’ aurora, che due secoli più
tardi venne ad annunziare il risorgimento delle
lettere e delle scienze. In mezzo però alla loro
imperfezione si mantennero in grand’ onore anche
nei tempi del maggiore incivilimento; e ciò forse
mercè di qualche tratto fornito di certa energia di
pensiero e d’espressione, che non disdirebbe all’età
di più fiorente letteratura. Il Ginguenè in fatti,
dopo d’ aver egli pure acconsentito alla barbarie
di que’ versi, soggiunge, che non mancano di
ima certa concisione tecnica, il che appunto si
richiede in tal genere di poesia. Anche il Tira-
boschi aveva fatto osservare, che le tante edizioni
che ne abbiamo, e le tante versioni in diverse
lingue, e i tanti comenti, con cui sono stati
illustrati, sono una non ispregevole prova della
fa m a , a cui quest' opera è salita. Tutto ciò
proverebbe, a mio credere, che i precetti della
scuola salernitana, sono ancora i migliori versi,
che in quel rozzo secolo siansi composti. Se però
mi chiedeste di addurre qualch’ esempio a conferma
di tali giudizj, io per verità mi troverei non poco
imbarazzato. Cionondimeno ardirei citarvene alcuno,
che per la verità e l’ evidenza del concetto, e per
tal quale eleganza di stile, avuto sempre riguardo
ai tempi, non parrebbe smentire cosiffatte opinioni.
L ’ Autore nel Capitolo X X vuol insegnare, che
per correggere la nociva forza del vino, conviene
infondervi alcune foglie di salvia e di ruta ; ed
ecco com 'egli esprime il suo pensiero:
Salvia curri ruta fa ciu n t tibi pocu la tuta.

N el Capitolo L X volendo esaltare le grandi virtù


mediche della salvia, principia dal fare questa
interrogazione: perchè dovrà morire colui, nell'orto
del quale la salvia vegeta e cresce? Indi risponde
con questo bel verso, cui non so se la rima doni
o tolga pregio :
C on tra vim mortis non est m edicam en in hortis.

Così non vi sembrano eleganti que’ due versi, coi


quali nel capitolo L X X X V I si accennano alcune
qualità dei temperamenti sanguigni ?
H os V e n u s e t B a cch u s d e le c ta n t , fe r c u l a , risus,
E t f a c i t hos h ila re s, et dulcia verba loquenles.

Mostrato con questi esempj, e con qualche


altro che potrei aggiungervi , che la scuola
salernitana non è poi tutta da spregiarsi in quanto
al suo merito letterario, permettetemi che alcuna
cosa pur dica intorno alla sostanza de’suoi precetti.
Non occorre di ripetere, che dessa fu per molti
secoli in graude venerazione, e formò una specie
di manuale pei medici nostri antenati. Composta
di brevi e magistrali aforismi, le persone dell’ arte
l ’ apprendevano facilmente a memoria, e se ne
giovavano segnatamente nelle discussioni e ilei
consulti. È vero però, ohe molti di quei precetti
risguardanti l’ igiene, erano frutto di una dottrina
assolutamente empirica. Ma per verità qual’ altra
medicina si è praticata sino allo scadere del secolo
decimottavo? Le teorie filosofiche vennero dopo; e
senza ch’ io presuma giudicarne, sono desse troppo
recenti perchè possano aver distrutto 1’ edificio ,
che i nostri maggióri avevano con tanti secoli
d5 esperienza e d’ osservazioni innalzato. Non si
potrebbe dunque giustamente proferire, che tutti
qne’ precetti siano divenuti vani, per non dire
spregevoli, a’ dì nostri. Quelli poi attinenti alla
dietetica mi sembrano da trascurarsi ancor meno,
conciossiachè sono quasi conformi alle sentenze dei
filosofi e dei moralisti, colle quali insegnavano
agli uomini la via di conservare , insieme alla
sanità del corpo , anche le virtù dell’ animo. Di
questo genere mi parrebbero i pochi, che per
non tediarvi a lungo, qui trascrivo :
Curas to lle g rav es : irasci c red e profanum.

U t sis nocte levis , sit tibi coena brevis:

Xnter prandendum sit saep e parum que bibendum.

Per cosiffatte ragioni a me par dunque , che


non si debba poi reputare gran male il riprodurre
la scuola salernitana, come neppure il darne la
traduzione. Dessa è certamente opera meschina ,
imperfetta, e se volete, anche a’ nostri tempi
ridicola. Ma quaute ogni dì non se uè ristampano
di peggiori? Questi che ciò fanno, voi mi direte,
non operano assennatamente , e sta loro bene il
dispregio che ne riscuotono da tutte le parti. V i
osservo però, che tale dispregio è bene applicato,
trattandosi di opere moderne; ma non aggradite
voi, per esempio, e con voi tutti gli amatori del
bel parlare italiano, quei tanti trecentisti, che si
dissotterrano dalle biblioteche , e si danno tutto
dì alle stampe , quantunque contengano cose
frivolissime, ed anch* esse nel fondo erronee e
ridicole quanto la scuola di Salerno? Ciò fassi
veramente perchè tra quella mondiglia v* è pur
sempre, qualche giojello di lingua da razzolare.
Ma già vedemmo; -che qualche scintilla poetica
tramandano pure i nostri precetti ; oltre che gli
scrittorf antichi vogliono essere rispettati quaud’
anche balbettano, e mescolano il nobile al triviale,
1' elegante al scipito, il vero al falso. Nè voi ,
nè forse molti altri in fine crederanno, che
ridondar possa a disonor dell’ Italia, se si ristampa
questo didascalico poemetto in miglior forma che
non si è ancor fatto tra n oi, e se anche si ristampa
accompagnato .di poetica traduzione. E per avva­
lorare ancor meglio questo mio detto, non vi sia
discaro, che alcuna cosa io qui accenni intorno
all’ origine, ed alle vicende dell’ operetta , di cui
teniamo discorso.
La scuola medica di Salerno era celebre fino
dal secolo uouo: questa città possedevasi insieme
alla Puglia ed alla Calabria da’ principi normanni,
discendenti dal celebre Guglielmo detto il con­
quistatore, che oltre ai tauti altri luoghi , erasi
impadronito anche dell’ Inghilterra. Sul finire del
iio o giunse a Salerno, reduce dalla Palestina,
Roberto, uno dei tre figlj del prefato Guglielmo,
e che recavasi in Inghilterra per assumervi la
corona, stante la morte testé avvenuta del suo
maggior fratello Guglielmo Ruffo. Pare che Roberto
si trattenesse per qualche tempo in Salerno , e
vili
conferisse con alcuno di que* professori, anche
perchè abbisognava delF opera loro in grazia di
una ferita riportata all’ assedio di Gerusalemme uel
braccio destro , e che per essere stata mal curata
era in fistola degenerata. E qui verrebbe acconcio
di narrare una novelletta, che stupisco come non
sia già stata dissotterrata per formare il soggetto
di uno di que’ romanzi storici sì avidamente ricercati
e letti a’ tempi nostri. Imperocché dicesi, che
procedendo la piaga di Roberto da una freccia
avvelenata, non se ne poteva ottener la guarigione,
che facendola succhiare sino a che non se n’ estraesse
tutto il veleno. Alla qual cosa non volendo il
pietoso principe acconsentire, per non porre a rischio
la vita di colui, che doveva succhiar la ferita, la
principessa Sibilla sua sposa, con raro esempio di
amor conjugale, non curò di esporsi a tal pericolo;
e mentre che Roberto dormiva, senza eh’ egli
potesse avvedersene, tante volte succhiò la piaga,
che tutto ne trasse il veleno, e reselo sano. Ma
poiché gli storici ritengono favoloso anzi che vero
un tal racconto, convien credere che i medici di
Salerno restituissero 1’ intera salute a Roberto, il
quale prima di partire per 1’ Inghilterra, mostrò
desiderio di portar seco una regola per ben
conservarla anche in avvenire. Que’ professori si
misero di buon grado all’ opera, e si vuole che
incaricassero il loro più distinto e più dotto collega,
Giovanni da Milano, a stendere, oppure a racco­
gliere insieme i precetti, che furono poi divulgati
sotto il titolo di scuola salernitana. Conviene però
notare, che Roberto, giunto in Normandia, non
potè poi occupare il trono d’ Inghilterra, stante
che Enrico, suo minor fratello, lo aveva già nella
sua assenza usurpato; nè gli fu più possibile di
riacquistarlo, per cui il titolo di Re Anglicano
datogli dai medici di Salerno, non gli fu confermato
nè dagli altri scrittori, nè dalla storia.
Queste notizie io trassi dai celebre Giannone ,
che nel Lib. X . c.° a. della sua storia sembrorami
parlare del nostro poemetto più rettamente d’ogni
altro, e che finisce colle seguenti parole » Questa
» insigne opera fu pubblicata nell'anno 1100, la
quale divulgata per tutta Europa, è incredibile
» quanta gloria e fama apportasse ai medici saler-
» nitani. Ebbe molti chiosatori, e il più antico
» fu Arnaldo di Villanova, famoso medico di
)> Carlo II. d’ Angiò. I due Giacomi Curio e
» Crellio v ’ impiegarono pure le loro fatiche, ed
» ultimamente Renato Moreau, e Zaccaria Silvio
» la illustrarono colle loro osservazioni. Quindi
» per molti secoli avvenne, che la scuola di
ìj Salerno per l ’ eccellenza della medicina fu sopra
» tutte le altre chiara e luminosa nell’ occidente. i>
Un’ opera così celebrata doveva trascriversi da
un gran numero di medici e di non medici , e
moltiplicarsi all’ infinito. Oltre a ciò i medici
susseguenti dovevano riconoscere, chela scuola di
Salerno non aveva provveduto a tutti i bisogni
dell’ arte salutare; e andaron via via aggiugnendo
nuovi precetti a quelli da prima publicati. Osserva
quindi giustamente il Tiraboschi, che il nostro
poemetto, non solo cangiò più volte di titolo ,
trovandosi ora detto Medicina Salernitana ora
D e conservanda bona valetudine, ora Regimen
sanitatis Salerni, ed ora Flos medicinae ; ma
variò pur anche senza fine nel numero dei versi,
essendo in alcuni di 373, in altri di 664» in altri
di 1096 , ed in altri sino di 1639. E cosiffatte
discrepanze incontransi pure nell1 edizioni, che
successero ai codici dopoTinvenzione della stampa.
Volendo io pertanto riprodurre questo poemetto
insieme alla sua versione, m’ eraduopo incominciare
dal procurarmi un testo possibilmente germino e
purgato; il che non era molto facile a conseguire,
conciossiachè le antiche edizioni del secolo deci-
moquinto sono difficilissime a trovarsi, e le posteriori
ridondano siffattamente di errori, e di arbitrarie
soppressioni od aggiunte, che ben poca fede meritar
possono a’ dì nostri. Ma non ignorando, che a
questa mancanza aveva riparato un dótto medico
tedesco, il professore Ackermann, che insieme
alla storia dell’ antica scuola salernitana, publicava
a Stendal nel 1790 anche il testo del poemetto ,
che ne porta il titolo, pensai tosto di procacciarmi
questa edizione. Voi sapete che il rinvenirla non
fu piccola impresa , e che voi stesso, pellegrinante
nello scorso anno per la bassa Italia, non poteste
trovarla nè in Toscana, nè in Romagna, nè a
Napoli. Àncbe 1’ illustre mio amico, il professore
Cristiano Rigoni , che visitò nell’ ora scaduto
autunno parte della Germania austriaca, la ricercò
inutilmente a Vienna , e nelle altre città da lui
percorse. Finalmente debbo all’ amichevole solleci­
tudine del celebre nostro dottore Mauro Rusconi, se
dopo sì lungo aspettare, sono viescito ad ottenere,
e ad aver in mano questo desiderato volume.
L ’ édizione pertanto di Stendal è divisa in tre
parti : nella prima si contiene-, come già dissi,
la storia dello studio di Salerno dalla sua origine
fin verso la fine del secolo decimoquarto. La parte
seconda tratta del poemetto in quistioue, del suo
autore , de* suoi cementatori, delle variazioni ,
cui andò soggetto, e finisce coll5elenco dei codici
più noti, delle quasi innumerevoli edizioni elle
se ne fecero dal ìfó o sino al 1763, e delle versioui
in diverse lingue. Nella terza si riporta il testo
del poemetto, premessavi una dissertazione intorno
ai versi latini rimati, in cui desso è scritto.
L ’ editore dichiara ( pag. io 5 ) ch’ egli si attenne
al testo , quale fu comentato da Arnaldo di
Villanova, e pubblicato in Lovanio nella stamperia
di Giovanni da Westfalia senza nota d’ anno, ma
che reputa anteriore ad ogni altra edizione con
data. Aggiunge però di aver consultati tutti gli
antichi esemplari mss. e stampati, che ha potuto
procurarsi, a fine di dare in luce un testo fedele,
e per quanto si può non dissimile dall’ originale
uscito dalla scuola di Salerno. Avverte solo di
averlo nella sua edizione ristampato diviso in ca­
pitoli, e coll’ aggiunta delle intitolazioni a ciascun
capitolo ( il che non trovasi che nelle stampe
posteriori) sembrandogli che in tal modo si rompa
la troppo lunga continuità del componimento , e
si dia maggior chiarezza alla materia in esso trattata.
Cosiffatto testo è quello pertanto , che mi
sono proposto di riprodurre, e sul quale ho stesa
la mia versione. Desso non si compone , che di
364 versi, ned’ è probabile, che il nostro poemetto
ne contenesse un maggior numero da principio,
ed innanzi che gli si facessero le aggiunte, delle
quali ho già discorso. Oserei anzi dire, che anche
così accorciato, contiene qualche verso e qualche
intero capitolo di posteriore inserzione, come lo
dà chiaramente a divedere la diversità della dicitura
e dello stile. I capitoli per esempio 86. 87. 88. e
89. sui quattro temperamenti hanno un sapore di
lingua, e un’ esattezza di prosodia, che ben di
rado si riscontra negli altri luoghi. È quindi
probabile, che anche le altre aggiunte siano in
gran parte antiche, e forse contemporanee alle
predette.; ma io mi sono astenuto dal ripublicarle,
e dal tradurle, sia per non possedere di esse un
esemplare abbastanza sicuro e corretto , sia per
non cimentar forse, oltre ai limiti della discrezione,
la pazienza dei lettori e la vostra.
Prima di dar fine a questa ornai troppo lunga
mia lettera, permettetemi, caro Professore, ch’ io
v’ intrattenga alcun poco della mia versione. Vi
ho già riferito il passo del Tiraboschi , in cui
accenna che la scuola salernitana fu tradotta in
tutte le lingue. Omettendo di parlare delle straniere,
vi dirò che non mi venne fatto di vederne alcuna
delle italiane. Ciò per altro non vuol dire, che
l ’ Italia non abbia gareggiato in questa impresa
colle altre nazioni : imperocché nella biblioteca
dell’ Hayn, e nelPelenco publicato dall5Ackermann,
trovo che una versione se ue impresse a Venezia
nel 1S49 ed un’ altra ivi dal Lombardo nel 1 566.
A Perugia si stampò nel 1587 il volgarizzamento
di Fra Serafino Razzi ; indi si fecero a Venezia
tre successive edizioni negli anni i 63o. 1662. e 1667
della traduzione in terza rima eseguita da un acca­
demico Incognito. A Parma nel 1712 si riprodusse
Pedizione del Lombardo; e a Venezia nel 1733
stampossi una parafrasi italiana in forma di dialogo
di Fulvio Gerii modauese, protomedico del Duca
di Guastalla. Prima dunque di accingermi ad una
nuova traduzione, avrei dovuto cercar di conoscere
il merito delle precedenti, ma come vi dissi non
ho potuto rinvenirne alcuna. Sembrandomi però ,
che P unica forse scritta in versi non possa ben
corrispondere all’ originale per essere in terza rima,
che è metro difficilissimo per riescire in qualsiasi
volgarizzamento, mi posi al lavoro colla speranza
di far meglio di chi mi aveva preceduto. Nella
versione cercai di vincere le molte difficoltà, che
la materia , e segnatamente il gran numero di
voci tecniche mi presentavano. Ho preferito il
verso ottonario rimato a due a due, poiché siffatte
coppie corrispondono in qualche modo ai versi
leonini, e rendono più fedelmente la fisonomia
delF originale.
Eccovi, mio buon Amico, l’ operetta, di cui vi
ho sin qui trattenuto, ed eccovi in qual maniera
credetti di ristamparla , e di offrirla all’ Italia
volgarizzata. Voi, e con voi molti leggitori diranno,
eh’ io gettai l ’ olio e la fatica dietro una vana
inezia, neppur meritevole d’ essere disseppellita.
Sia pur vero tutto ciò, ma non mi si potrà negare,
che i precetti della scuola salernitana sono un
lavoro poetico, di cui, come vedeste, han dovuto
far cenno i principali storici della letteratura
italiana; che non può escludersi da quelle biblio­
teche, che raccolgono tutto il tesoro delle umane
produzioni, sia che desse appartengano alle più
illustri od alle più infelici età del mondo ; e che
per conseguenza sarà sempre meglio l’ avere anche
di un’ opera poco pregevole un buon testo, ed
una buona versione ( supposto che la mia possa
credersi tale ) , che il doversi accontentare delle
cattive, come sono la maggior parte di quelle
sin qui publicate. Spero altresì, che questa mia
fatica , se non potrà giovare minimamente alla
scienza, non le recherà neppur danno. A nzi, se
non è fallace quel detto, che giova talvolta
ricondurre le scienze verso la loro origine, ed
alle loro sorgenti , la scuola salernitana potrà
forse guarire la moderna medicina di quel troppo
ragionare e sottilizzare, che sembra non corrisponder
sempre all’ esito, ed all’ esperienza. L ’ empirismo è
certo un male quando viene ciecamente adoperato;
ma la smania d’ inventar teorie e sistemi, allorché
mancano le fondamenta su’ cui costruirli, mi sembra,
che riescir debba ancor più dannosa nell’ esercizio
dell’ arte salutare.

Favia li a6 . Novembre 1834.


REGIMEN SANITATIS SALERNI.

C a pu t I.

D e remediis generalibus.

jH rglonim re g i scripsit tota schola S a le r n i:

S i vis incolum em ,, s i vis te re d d er e sanum ,

Curas tolle graves : irasci crede profanum :

P a r c e m e r o , coenato parum : non sit tibi vanum

Surgere post epulas : somnum fu g e meridianum : 5

N o n mictum r e t in e , nec com prim e fo r t it e r anum.

H a e c bene si serves , tu longo tem pore vives.

S i tibi deficiant m e d ic i, m edici tibi fia n t

H a e c tria : m ens la e t a , re q u ie s, m oderata diaeta.

C aput II.

D e confortatione cerebri.

L um ina m ane manus surgens g elid a lavet aqua. io

H a c illae m odicum p e r g a t, m odicum sua m em bra

E x t e n d a t , crines p e c t a t , dentes f r i c e t : ista

Confortant cer eb r u m , confortant caetera membra.

L o te c a le , sta paste vel i , fr ig e s c e minute.


REGOLA SANITARIA SALERNITANA.

C apo i .#

De i rimedj generali.

Questo scrisse al re anglicano


L’ ateneo salernitano:
Se dai mali vuoi guardarti,
Se vuoi sano ognor serbarti ,
Le rie cure da te scaccia ,
Di frenar 1’ ira procaccia :
Sia nel ber nel mangiar parco :
Quando al cibo hai chiuso il Varco,
Lascia il desco , e il corpo avviva :
Del meriggio il sonno schiva :
Mai non stringere a fatica
U intestin né la vescica.
Tutto ciò se ben mantieni
Dì vivrai lunghi e sereni.
Se non hai medici appresso ,
Farai medici a te stesso
Questi tre: mente ognor lieta,
Dolce requie, e sobria dieta.

C apo 2.0

D ell’ alleviamento del cerebro.

Al mattino in fresche stille


Le man lava e le pupille ;
ndi un po’ qua e là ti rendi ,
Ed i nervi alquanto stendi.
tuo crin pettina e arriccia
Ed i tuoi denti stropiccia :
utto ciò confortar sembra
Si lo spirto che le membra.
calda il bagno , e dopo il desco
Sta o passeggia, e tempra il fresco.
a
D e somno meridiano.

Sit brevis , aut uullus, tibi somnus meridianus. 15

F e b r is , p ig ritie s , capitis d o lo r , atque catarrhus

H a e c tibi proveniunt e x somno meridiano.

C aput IV.

D e flatu in ventre incluso.

Quatuor e x vento veniunt in ventre retento :

S p a sm u s, hydrops , colica , vertigo : quatuor ista.

C aput V.

D e Coena.

E x m agna coena stom acho fit m a x im a poena. 20

U t sis nocte le v is , sit tibi coena brevis.

C aput VI.
D e dispositione ante cibi sumtionem.

T u nunquam com ed a s, stomachum nisi noveris esse

Purgatum , vacuumque c ib o , quem sumseris ante.

E x desiderio poteris cognoscere c er to :

H aec tua sunt sig n a , subtilis in ore diaeta. 25


D e l sonno meridiano.

Sempre il sonno ti prefiggi


Nullo o breve nei meriggi :
Perocché da sonni tali
Ne trarrai parecchi mali:
La pituita molesta ,
Febbre, ignavia, e mal di testa.

C apo 4.0

D e l flato trattenuto.

A ben quattro mali origine ,


Cioè a colica, vertigine ,
Timpanite , e spasmo acuto
Dar può il flato trattenuto.

C apo 5.°
D ella Cena.

Son le cene sontuose


Allo stomaco dannose.
Perché il sonno ti sia lieve
La tua cena esser vuol breve.

C apo 6.°

D ella disposizione al cibo:

Tu a mangiar non sii mai tratto ;


Se non hai stomaco affatto
Vuoto e libero dei pasti ,
Donde innanzi lo aggravasti.
Di ciò avrai nell’ appetito
Segno certo e non mentito :
Chè le fauci ognor discreta
Son misura della dieta.
D e cibis melancholicis vitandis.

P e r s ic a , p o m a , p j r a , l a c , caseu s, et caro s a ls a ,

E t caro cervina , le p o rin a , ca p rin a , bovina ,

H a e c m elancholica sunt infirmis inimica.

C aput V ili.

D e cibis bene nutrientibus.

Ova r e c e n tia , vina ru b en tia , pinguia ju r a ,

Cum simita pura naturae sunt valitura. 3o

C aput IX.

D e cibis bene nutrientibus et impinguantibus.

N u tr it et impinguat triticu m , l a c , caseus in fa n s ,

T e s tic u li, po rcin a c a r o , c e r e b e lla , m edu llae,

D u lc ia v in a , cibus gustu ju c u n d io r, ova

S o rb ilia, maturae fic u s , uvaeque recentes.

C aput X.

D e boni vini proprietatibus.

V in a probantur o d o r e , sa p o re, n ito re, c o lo r e : 35

S i bona vina c u p is , haec quinque probantur in illis :

F o n i a , f o r m o s a , fr a g r a n tia , f r i g i d a , frisca.
D ei cibi da evitarsi dagV ipocondriaci.

Pesche, mele , pere , e latte ,


Cacio, e carni, o di sai tratte ,
O cervine, o leporine ,
O caprine , ovver bovine ,
Tutti questi cibi erronici
Son per gli egri malinconici.

C apo 8."

D ei cibi nutritivi.

L’ uova fresche , ed i sugosi


Brodi, e i vini generosi,
Con focaccia schietta e pura
Giungon forze alla natura.

C apo 9.®

D ei cibi nutritivi ed ingrassanti.

Nutre e ingrassa il grano eletto,


Latte e cacio giovinetto,
Il majale , ed i granelli ,
Le m idolle, ed i cervelli,
L’ uovo al guscio , il vino dolce ,
Il piattin che alletta e m olce,
Il buon fico mel stillante ,
L’ uva còlta poco innante.

C apo i o .®

Delle qualità del buon vino.

Fan palese il vin sapore ,


Limpidezza , odor , colore.
Se il buon vin conoscer brami ,
Cinque cose ei ti richiami :
Sia formoso, sia fragrante,
Forte sia , fresco, « frizzante.
D e vino dulci et albo.

'Sunt nutritiva plus dulcia candida vina.

C aput XII.
D e vino rubro.

S i vinum rubeum nimium quandoque b ib a tu r ,

V e n t e r stipatur, v o x lim pida turbificatur. 4°

C aput XIII.
Contra venenum.

A l l i a , n u x , r u ta , p y r a , raphanus, et th e r ia c a ,

H a e c sunt antidotum contra m o rtéle venenum.

C aput XIV.

D e Aere.

A e r sit m u ndus, h abitabilis, ac lum inosus,

N e c sit in fe c tu s , nec olens fo e t o r e cloacae.

C aput XV.
D e nimia potatione vini.

S i tibi serotina no ceat potatio ; vina

Hora matutina rebibas, et erit medicina.


D el vino dolce e bianco.,

Pili del grosso e colorato


Nutre il vin bianco e melato.

C apo 12.0

D e l vino rosso.

Il vin rosso, a dii sovente


Lo bee troppo allegramente ,
Stringe il ventre , ed anche nuoce
Al metallo della voce.

C apo i 3.°

Contravveleni.

Contro ai tossici funesti


Buoni antidoti son questi :
Ruta, rafano , aglio , e vera
Teriaca, e n o ci, e pera.

C apo i 4-°

D ell’ Aria.

L’ aria sia lucida , schietta ,


Abitabile , né infetta
Degli effluvj di vicina
Sempre fetida latrina.

C apo i 5.°

D e l vino eccessivamente bevuto.

Se ti par, che il vin bevuto


Alla sera, ti ha nociuto ,
Troverai che medicina
E il riberne alla mattina.
D e meliore Tino.

G ignit et humores melius vinum meliores :

S i fu e r it nigrum , corpus reddit tibi pigrum.

Prinum sit c la ru m , v e tu s , subtile, m aturum ,

Ac bene lym phatum, saliens, m oderam ine sumtum.

C aput XYIL
D e Cerevisia.

N o n sit acetosa C e r e v is ia , sed bene c la r a ,

D e validis cocta g ranis, satis ac veterata.

C aput XVIII.

D e usu Cerevisiae.

D e qua p o tetu r , stomachus non inde gravetur.

C aput XIX.
D e temporibus anni.

Tem poribus veris modicum prandere juberis ;

Sed calo r aestatis dapibus nocet immoderatis.

A utu m n i fru c tu s caveas ne sint tibi luctus.

D e mensa sum e, quantum vis, tempore brumae.


C apo i 6.0

D el miglior vino.

Soglion gli ottimi liquori


Generar ottimi umori.
Però il vin nero ti avverte
Ch’ egli rende il corpo inerte.
Il vin sia maturo, annoso,
Leggier, limpido, e spumoso;
Ma lo annacqua, e mai noi bere
Fuor che in modico bicchiere.

C apo 17.0

D ella Birra.

Chiara assai , non acetata


Sia la birra, e fermentata
Di buon grano colla pasta,
E sia veechia quanto basta.

C apo i B.°

D e ll’ uso della birra.

Se ne bei, sì non ne bevi


Che lo stomaco n’ aggrevi.

C apo ig.°

Delle stagioni dell' anno.

Quando regna primavera


Usa tavola leggiera.
Nell’ ardor dei giorni e'stivi-
Troppi cibi son nocivi.
Nell’ autun bada che i frutti
Non t’ apportin gravi lutti;
Ma nel tempo delle nevi
Quanto vuoi manuca e bevi.
D e potu pravo corrigendo.

Salvici curri ruta fa c iu n t tibi pocu la tuta ;

A d d e rosae f l o r e m , minuit p o ten ter am orem .

C aput XXI.
D e nausea marina.

N a u s e a non poterit quemquam v e x a r e m arin a, 60

A n t e a cum vino m ixta m si sumserit illam .

C aput XXII.

D e generali condimento.

S a lv ia , s a l , vinum , p i p e r , a llia , petro selinu m ?

E x his f i t s a ls a , nisi sit com m ixtio fa ls a .

C aput XXIII.
. D e lotione manuum.

Si fo r e vis sanus, ablue saepe manus.

L otio post m ensam tibi confert munera b in a :

M u ndificat p a lm a s , e t lumina reddit acuta.


D e l modo di correggere le cattive bevande.

Salvia e ruta nel bicchiere


Ti faran sicuro il bere :
Se di rosa aggiugni il fiore,
Scemerai 1’ estro d’ amore ,

C apo 2 i.°

D ella nausea marina.

Mai non fia cbe incomodare


Colui debba il mal di mare,
Che da pria flutto marino
Preso avrà misto col viuo.

C apo 22.°

D e l condimento universale.

Aglio , salvia, e pepe fino ,


S ai, prezzemolo , e buon vino ,
Se il miscuglio non si falsa,
Forman sempre buona salsa.

C apo 23 .°
D ella lavatura delle mani.

Se gli umor serbar vuoi sani


Lava spesso le tue mani.
Recar suol dopo le cene
. Tal. lavacro un doppio bene:
Alle man toglie 1’ untume ,
E degli occhi aguzza il lume.
V4
C aput XXIV.
D e pane.

P a n is non calidus n ec sit nim is inveteratus,

S e d fe rm e n ta tu s , oculatus s it, bene coctus ,

M o d ic e salitus : fru g ib u s validis sit electus.

Non com edas crustam , choleram quia gignit adustam. 70

P a n is salsatu s, fe r m e n ta tu s , bene c o c tu s ,

P urus sit sanus , quia non ita sit tibi vanus,

C aput XXV.
D e carnibus porcinis,

jEst caro porcina sine vino p e jo r ovina:

S i tribuas v in a , tunc est cibus e t medicina.

Ilia porcorum bona s u n t, m ala sunt reliquorum. yS

C aput XXVI.
D e musto.

Im p e d it urinam m ustum , solvit cito ventrem.

H epatis em p h ra x in , splenis g e n e r a t, lapidemque.

C aput XXVII.
D e potu aquae.

P otu s aquae sumtus f i t edenti valde nocivus :

In fr ig id a t sto m a ch u m , cibum nititur f o r e crudum.


D e l pane.

Mal non fare 1’ apparecchio


Di pan caldo o troppo vecchio ;
Ma che sia ben fermentato,
Sia ben cotto e bucherato ;
Di bastante sai condito,
E di grano ben cernito.
Non far uso della crosta,
Che talor doglie ti costa.
Che sia, replico, salato ,
Sia ben cotto e fermentato ,
Sia salubre , sia sincero :
Senza questo vale un zero.

C apo 2 5 .°

Delle carni porcine.

Senza vino la porcina


Carne è della pecorina
Ben peggior : se al vin si mesce
Quasi farmaco riesce.
Del majal son buon i quarti,
Son cattive 1’ altre parti.

C apo 26 .°

D e l mosto.

La vescica stringe il mosto ,


Ed il ventre allarga tosto.
Milza e fegato ostruisce ,
E la pietra partorisce.

C apo 27.0

D el bever acqua.

Nuoce molto 1’ acqua fresca


Quando è presa insieme all’esca:
Che il ventriglio aggiaccia, e i presti
Cibi rende anche indigesti.
D e carnibus vitali.

San t nutritiva e multum carnes vitulinae.

C aput XXIX.
D e avibus esui aptis.

Sunt bona g a llin a , c a p o , tu rtu r, sturna , co lu m b a ,

Q uiscula, ve l m erula, phasianus, ortygom etra,

P e r d i x , f r ig e llu s , o r e x , trem ulus, amarellus.

C aput XXX.

D e piscibus.

S i pisces m olles sunt magno corpore, tolles :

'S i pisces d u ri, parvi sunt plus valituri.

Lucius et p e r c a , sa xa u lis et a lb ic a , tin c a ,

G o m u s , plagitia , cum c a r p a , galbio , truta.

C aput XXXI.
D e anguilla.

V o cib u s anguillae pravae s u n t, si c om ed a n tu r,

Qui physicam non ig n ora n t, h aec testificantur.

C aseus, anguilla nimis obsunt, si com edantu r,

N i tu saep e bibas et rebibendo bibas.


Delle carni di vitello.

Del vitello sommamente


È la carne nutriente.

C apo 2g.°

Dei volatili buoni a mangiarsi.

Sono augelli a mangiar buoni


Le galline, ed i capponi ,
Storni , tortore , e pernici ,
Picion, m erli, e coturnici ,
Ballerine , tordi, e ralli ,
Fagian, smerghi, ed uragalli.

C apo 3 o.°

Bei pesci.

Quando i pesci a fibre molli


Han gran corpo , ten satolli :
Se le carni han dure , allora
I più piccoli assapora.
Sieno luci a tinche uniti ,
Sieno persici , e cobiti ,
Morve, raje con carpioni ,
Corni, sfoglie, e salamoili.

C apo 3 x.°

BelV anguilla.

Quella lingua , che ben dice


Dell’ anguilla , è mentitrice :
Far di questo potrà fede
Chi la fisica possedè.
Approvar non deve il saggio
Nè 1’ anguilla nè il formaggio ,
Senza ingiungere di bere ,
E votar più d’ un bicchiere.
D e cibi et potus alternatione.

I n t e r prandendum sit saepe parum que bibendum :

S i sumas ovum , m olle sit atque novum.

C aput XXXIII.
D e pisis.

P is a m laudare decrevim us, a c re p ro b a re:

P ellib u s ablatis est bona p isa satis :

E s t infla tiv a cum pellibus atque nociva.

C aput XXXIV.
D e lacte.

L a c ethicis sanum caprinum , post cam elin u m ,

Ac nutritivum plus omnibus est asininum :

P lu s nutritivum vaccinum sit e t ovinum.

S i fe b r i a t , caput et d o le a t, non est bene sanum.

C aput XXXV.
D e butyro.

L e n it et h u m e c ta t, solvit sine f e b r e butjm m .

C aput XXXVI.
D e sero.

In c id it atque la v a t, p e n e tra t, mundat quoque serum.



D ell alternativa del cibo e della bevanda.

Mentre pranzi allegramente


Bevi poco, ma sovente. •
Se recar fai 1’ uovo al desco
Che sia molle e che sia fresco.
C apo 33.°

D e i piselli.

Al pisello non ci gode


Di dar biasimo né lode:
Se ne svesti la semente
Sano fia bastantemente ;
Nuoce e il ventre stende e cruccia
Se lo mangi colla buccia.
C apo 3 4 °

D e l latte.

Giova al tisico il caprino


Latte, e poscia il caramellino.
Nel nutrir , sopra ogni greggia ,
Quello d’ asina primeggia.
Quel di vacca é pur nutriente ,
Quel di pecora egualmente.
Per chi ha febbre o mal di testa
Esca è il latte ognor funesta.

C apo 35.°

D e l burro.

Scioglie il burro, ammolla e lava,


Se la febbre non aggrava.

C apo 3 ò’.°

D e l siero.

Anche il siero rammollifica,


Lava , penetra , e mondifica.
3
De caseo.

Caseus est fr i g i d u s , stip a n s , grossus , quoque durus.

Caseus e t panis bonus est cibus hic bene sanis:

S i non sunt s a n i, tunc hunc non jungito pani. io 5

Ig n a r i m edici m e dicunt esse nocivum ,

Sed tam en ignorant cur nocum enta fe ra m .

L anguenti stomacho caseus addit o p e m ,

S i post sum atur, terminat ille dapes.

Qui physicam non ig n o ra n t, h aec testificantur. 11 o

C aput XXXVIII.
D e modo edendi et bibendi.*

In t e r prandendum sit saepe parumque bibendum:

TIt minus aeg rotes, non inter fe r c u la potes.

TJt vites po enam , d e potibus incipe coenam.

Singula post ova pocu la sume nova.

P o s t pisces n u x sit : post carnes caseus adsit. 11 5

U n ica n u x p r o d e s t, nocet a lt e r a , tertia mors est.


Del formaggio.

Cibo è il cacio freddo , agresto ,


Grossolano, ed indigesto:
Però il cacio al pan frapposto
E pel sano un buon composto ;
Ma per quei cbe non è sano
Anche il pan v’ unisci invano.
Posto il cacio fra i nocenti
Cibi han medici inscienti :
Pure questi unqua non sanno
Per qual causa apporti danno.
Allo stomaco sfinito
Egli aggiugne util prurito :
Dopo il pasto se si assuma ,
1/ altre dapi egli consuma.
Far di questo potrà fede
Chi la fisica possedè.

C apo 38.°

D el modo di mangiare e di bere.

Mentre pranzi allegramente


Bevi poco ma sovente :
Perchè il corpo men si guasti ,
Mai non bere fra’ due pasti :
Dà col ber principio a cena ,
Se non vuoi sentirne pena.
Al dissopra a ciascun uovo
Bevi sempre un bicchier nuovo.
Pon la noce sovra i pesci ,
Alle carni il cacio accresci :
Una noce ai ghiotti arride ,
Nuocon due , la terza uccide.
D e pyris,

A d d e potum pyro : n u x est m edicina v e n e n o ,

F e r t mpy ra nostra p y r u s, sine vino sunt py ra virus:

S i pyra sunt virus , sit m aled icta pyrus.

S i coqu is, antidotum py ra sunt, sed cruda venenum, no

C ruda gravant stom achum , relevant pyra cocta gravatum.

P o s t py ra da potum : post pom a vade cacatum.

C aput XL.
D e cerasis.

C era sa si co m e d a s, tibi c on fert grandia dona :

E x p u r g a n t stom achum , nucleus lapidem tibi to llit,

E t de carne sua sanguis eritque bonus. ia 5

C a pu t XLI.
D e prunis.

In fr ig id a n t, l a x a n t , multum prosunt tibi pruna.

C a pu t XLII.
D e persicis, racemis, et passulis.

P e r sic a cum musto vobis datur ordine justo

S u m e re , sic est mos nucibus sociando racemos.

P a ssu la non s p le n i , tussi v a l e t , est bona re n i


Delle Pere.

Un buon farmaco è la noce


Pel velen : la pera nuoce,
E in veleno va conversa ,
Se non è di vino aspersa.
Se velen la pera è detta ,
Sia la pera maledetta.
Cruda è ta l, ma quando è cotta
Ad antidoto é ridotta.
Il ventricolo ti aggreva
Cruda, e cotta lo solleva.
Se la pera il vino anela,
Torlir dèi dietro la mela.

C apo 4°-°

D elle cilegie.

La cilegia , se 1’ assaggi,
Ti rapporta ampi vantaggi :
Il ventricolo ti lava :
Il suo nocciolo ti sgrava
Della pietra , e il sangue ognora
Di sua polpa il tuo migliora.

C apo 4 1-0

D elle prugne.

Son le prugne rinfrescanti ,


Profittevoli, e purganti.

C apo 42-0

Delle pesche, e delle uve fresche ed appassite.

Ben a retto fine intendi


Se la pesca col vin prendi ;
Com’ è l’ uso che s’ associ
U uva fresca colle noci ;
Non la milza , ma gran beni
Dalla passa han bronchi e reni.
a4

D e ficulms.

S c r o fa , tumor, g la n d e s , f c u s cataplasm ate cedunt. i 3o

Junge p ap aver e i , con fracta fo r i s tenet ossa.

P ed icu lo s veneremcfue f a c i t , sed cuilibet obstat.

C a pu t XLIV.

D e esculis.

M u ltip lica n t m ictu m , ventrem dant escala strictum ,

E s c u la dura b ona: sed m ollia sunt meliora.

C a pu t XLY.
D e musto.

P ro v o c a t urinam m u stu m , cito solvit et inflat. i 35

C a pu t XLVI.

D e cerevisia et aceto.

Grossos humores nutrit cerevisia, vires

P r a e s t a t , et augmentat c a r n e m , generatque cruore

P ro v o c a t urinam , ventrem quoque mollit et inflat.

In frig id a t m o d icu m , sed plus desiccat acetum.

In fr ig id a t, m acerat, m elanch. d a t, sp e n n a m inorat

S icco s infestat n e rv o s , et pinguia siccat.


D ei fich i.

Sana il fico stram e, ghiande,


E i tumor su’ cui si spande.
Se il papaver gli si aggiunge
L’ ossa infrante ad estrar giunge.
Crea pidocchi e voglie oscene,
Ma chiunque le previene.

C apo 44-°

Delle nespole.

Se la nespola ti spinge
Fuor 1’ orina , il ventre stringe.
Buona è quando è un po’ duretia ,
Ma la molle è sol perfetta.

C apo 45-°

D e l mosto.

Orinar fa il mosto , mentre


Presto scioglie e gonfia il ventre.

C apo 4^-°

D e lla birra , e dell’ aceto.

E la birra che alimenta


Gli umor pingui e il corpo aumenta,
Che rinforza un cuor che langue ,
Che produce e accresce il sangue ;
Che 1’ orina eccita , mentre
Anche ammolla e gonfia il ventre.
Ben rinfresca un po’ 1’ aceto ,
Ma più asciuga , e 1’ umor lieto
Cangia in tristo ; affievolisce ,
E lo sperma sminuisce ;
B.cca danno ai nervi adusti ,
E dissecca i pingui busti.
C a pu t XLVII.
D e rapis.

R a p a ju va t stomachum , novit, produ cere ventum ,

P r o v o c a t urinam , a c ie t quoque den te ruinam :

S i m ale c o c ta d à tu r, Time tortio tunc generatur.

C a pu t XLVIII.
D e visc e rih iis an im aliu m .

E g e ritu r tarde c o r , digeritur quoque dure

Sim iliter stom achus, m elior sit in e x t r e m ita t e s .

R e d d i t lingua bonum nutrim ntum ' m edicinae.

D ig e ritu r f a c i l e pulm o p cito labitur ipse.

E s t m elius cerebrum gallinarum reliquorum.

C a pu t XLIX.
D e semine foeniculi.

S e m e n fo e n ic u li f i g a t et spiracula culi.

C a pu t L .

D e aniso.

E m e n d a t visu m , stom achum confortat anisum.

C op i lcoris anisi sit melioris.


n
C apo 4 7 °

Belle rape.

Son le rape esche dietetiche


Per lo stomaco , e diuretiche ;
Però molto flatulenti,
Ed assai nocive ai denti.
Chi mal cotte le assapora
Della colica addolora.

C apo 48-°

Dei visceri degli animali.

Tardo il cuor si digerisce :


Il ventriglio si smaltisce,
( Ai due stremi specialmente ),
Benché duro , facilmente.
E la lingua una vivanda
Sustanzial, medica, e blanda.
Prestamente é il polmon trito
Da se stesso , e digerito.
I cervei più ancor son molli ,
E quei massime de’ polli.

C apo 49-°

Dei semi di finocchio.

Del finocchio le sementi


Cacciali fuor per 1’ ano i venti.

C apo 5 o.°

Dell' anice.

Gli occhi 1’ anice avvalora ,


E lo stomaco ristora.
Fra sue specie quella apprezza ,
In cui trovi più dolcezza.
D e spodio.

S i eruor e m a n a t, spodium sumtum cito sanat,

C aput LII.
D e sale.

V a s condim enti praep oni deb et edenti.

S a i virus refugat e t non sapidumque sapo rat, i 55

Nam sapit esca m a le , quae datur absque sale.

Urunt persalsa visum , spermaque m inorant,

E t generant sca b iem , pruritum , sive rigorem.

C a pu t LIII.
D e saporibus.

H i fe r v o r e vigent t r e s : s a lsu s, am arus, acutus.

A lg e t aceto s u s , sic stip a n s, ponticus atque. 160

Unctus et insipidus dulcis dant temperamentum.

C a pu t LIV.
D e vippa.

B is duo vippa f a c i t , mundat d e n t e s , dat acutum

V is u m : quod minus e st, im p le t: m inuit, quod abundat.


Bello spodio.

Se ti vien fuor sangue, prendi


Spodio , e tosto lo sospendi.

C apo 5 a.0

Bel sale.

Por si debbono ai conviti


Piatti semplici e conditi.
Strugge il sale ogni acre umore ,
E all’ insulso dà sapore :
Poiché il cibo niente vale ,
Se si porge senza sale.
Troppo sai però molesta
Gli occhi, e il corso al seme arresta,
Scabbia genera e prurito,
E fa il corpo irrigidito.

C apo 53.°

B e l sapori.

Tre hanno forza riscaldante ,


Cioè salso, amar, piccante.
Sempre Y acido rinfresca ,
E 1’ austero stringent’ esca.
L’ unto insipido alimento
Dolce fa temperamento.

C apo £>4.°

Bella zuppa.

Dalla zuppa bai quattro effetti :


Gli occhi aguzzi, i denti netti:
Al mancante essa provvede ,
Essa leva quel eh’ eccede.
D e diaeta.

Omnibus assuetam jubeo servare diaetam :

A p p ro b o sic esse, ni sit mutare n e ce sse : i 65

E st Y p o c ra s testis, quoniam sequitur m ala pestis.

F o rtio r est m eta m edicinae certa d ia e ta , .

Q uam si non c u r a s , f a t u e regis et m ale curas.

C a pu t LYI.
D e adminisiratione dietae.

Q u a le, quid e t quando, quantum , quoties, ubi dando,

I s ta notare cibo d eb et m edicus dictando. 170

C a pu t LYI!.
D e caule.

Jus caulis solvit, ejus substantia stringit:

U traque quando d a tu r , venter la x a r e paratur.

C a pu t LYIII.
D e malva.

D ix e r u n t m alvam v e ter es , quia m olliat alvum.

M a lv a e radices rasae d e d e re f e c e s :

V u lv a e m o veru nt, e t f l u x u m saepe dederunt. 175


Bella dieta.

Quel sistema serba intatto ,


Cui ti sei di già suefatto :
Segui sempre il primo , e dopo
Noi cangiar se non è duopo.
L’ altra via gran male appresta,
Anche Ipocrate lo attesta.
Certo è farmaco la dieta
Tener sempre ad egual meta.
Se noi fa i, ben malamente
Curi, ed opri da demente.

C apo 56.°

D ell’ ordinazione della dieta.

Come e quando , giusta il male ,


Quante volte , e quanto , e quale
Ad assumer s’ abbia il vitto
Fia dal medico prescritto.

C apo 5^.°

D e l cavolo.

Se del cavolo 1’ umore


Scioglie, astringe lo spessore:
Quando 1’ un coll’ altro mesci
A purgar sempre riesci.

C apo 58.°

D ella m oka.

M a lv a detta al tempo prisco


Fui perchè ’1 ventre ammollisco.
Le mie radiche il potere
Han di scior le feci intere ,
D’ eccitar 1’ utero scusso ,
E di trarne il mensil flusso.
D e mentha.

M e n titu r m e n th a , si sit d e p e lle re lenta

V e n tr is lumbricos stom achi verm esque nocivos.

C aput LX.

D e salvia.

C u r moriatur h om o , cui salvia crescit in horto?

C ontra vim mortis non est m edicam en in hoi'tis.

'Salvia confortat nervos , manuumque trem orem 180

T o l l i t , et ejus ope fe b r i s acuta fu g it.

S a lv ia , castoreum , lavandula , prim ula veris ,

N a stu rt. athanasa h a ec sanant paralytica membra .

Salvia s a lv a t r i x , naturae conciliatrix.

C a pu t LXI.
D e ruta.

N o b ilis est ru ta , quia lumina reddit a c u ta : i 85

A u x il io rutae vir quippe videbis acute.

R u ta viris coitum m in u it, mulieribus auget.

R u ta f a c i t c a stu m , da t lumen ? et ing ent astum.

C o cta f a c i t ruta d e pulcibus loca tuta.


D ella menta.

Medicina fia bugiarda


Quella menta, che ritarda
A scacciar lombrici e vermi
Da’ ventrigli e grembi inférmi.

C apo 6o.
D ella Salvia'.

Perchè *1 uom morrà , cui fresca


Nel giardin la salvia cresca ?
Perché farmaco più forte
Dello strai non v’ è di morte.
Della salvia i nervi allena
L’ uso , il tremito raffrena
Delle mani , ed anche ajuta
A scacciar la febbre acuta.
Chi castor, nasturcio , e vera
Àtanasia , e primavera ,
E lavanda a salvia unisce ,
La paralisi guarisce.
S a lv ia , in ver sei s a lv a tric e ,
Di natura emulatrice.

C apo 6 i .°

D ella ruta.

Pianta nobile è la ruta


Poiché fa la vista acuta :
Se tu meglio or vedi , al certo
Opra è sua , ed è suo merto.
Dessa 1’ estro all’ uom rallenta ,
E alle femmine lo aumenta.
Dessa infonde pudicizia ,
Dà 1’ ingegno e la malizia.
Se la cuoci e al suol la getti
Dalle rie pulci lo netti.
Caput LXII.
D e cepis.

D e cepis m edici non consentire videntur.

C holerìcis non esse bonas dicit G a lien n s,

P h leg m aticis vero multum d o ce t esse salubres

P ra esertim stom acho : pulcrum que creare colorem .

Contritis cepis lo ca denudata capillis

S a e p e fr i c a n s , p o teris capitis reparare em.

C a pu t LXIII.
D e sinapi.

E s t modicum granum, siccum calidumqne sinapi,

D a t la c ry m a s , purgatque c a p u t, tollitque venenum

C a pu t LXIV.
De T io la .

Crapula discutitur, capitis dolor atque g ra v ed o,

P uipuream violam dicunt curare caducos.

C apu t LXV.
D e urtica.

A e g r is dat somnum : vomitum quoque tollit a d usum.

C om p escit tussim veterem , colicisque medetur.

P e llit pulmonis fr ig u s venlrisque tum orem ,

Omnibus e t morbis subvenit articulorum.


C apo 6 2 . 0
D elle cipolle.

Sull’ oprar delle cipolle


Disputar sempre si volle.
Da Galien però si scrive ,
Che ai biliosi son nocive ;
Ma salubri poi ben bene
Ai flemmatici le tiene ,
Specialmente pel ventriglio ,
E per dare un bel vermiglio.
Con cipolle spesso i siti
Di capei nudi e sguerniti
Stropicciando , ha 1’ opra loro
Reso al capo il suo decoro.
C apo 63 .°

D ella senape.

E il granel piccolo ed alido


Della senape assai calido :
Purga il capo , il tosco smove,
E le lagrime promove.
C apo 64°
Della viola.

Atta a vincere 1’ ebrezza ,


E del capo la gravezza ,
Non che il mal caduco è detta
La purpurea violetta.
C apo 6 5 .°

D eir ortica.

Coll’ ortica assonni i desti


Egri , e il vomito ne arresti ;
Sani tossi inveterate ,
E le coliche ostinate ;
Del polmon sciogli 1’ agrezza ,
E del ventre la durezza ;
E con essa alleggi pure
Ogni mal delle giunture.
36

D e hysopo.

H jso p u s herba est purgans a p e c to re phlegm a :

A d pulmonis opus cum m eile coquatur h jsopus : 2

Vu ltibu s exim ium f e r t u r reparare colorem ,

C apu t LXVII.

D e cerefolio.

A d p o situ m cancris tritum cum m ette m edetur.

Cum vino potum po terit sed are dolorem.

Sa ep e solet vomitum ventremque tenere solutum.

C a pu t LXVIII.
D e enula campana,

E n u la cam pana red d it praecordia sana. 2

Cum succo rutae si succus sumitur h ujus,

A ffir m a n t ruptis nil esse salubjius istis.

C a pu t LXIX.

D e pulegio.

Cum vàio choleram nigram p o ta ta repellit :

A d p o s ita m viiidem dicunt sedare podagram .


D e l l ’ iso p o .

E 1’ isopo un alberetto ,
Che di flemma sgrava il petto :
Se il polmon vuoi che sollevi
Entro il mel cuocer lo devi :
Fama è pur che il suo liquore
Renda al viso un bel colore.

C apo 6 7 .°

Bel cerfoglio.

Giova al cancro 1’ erba trita


Di cerfoglio al mele unita ;
E il dolor calma , se tolta
Viene in puro vin disciolta:
Prevocar suol anche spesso
Ed il vomito e il secesso.

C a po 6 8 .°

D eir enula campana .


I precordj afforza e sana
Sempre 1’ enula campana :
Se col sugo suo si prende
Quel di ruta, si pretende,
Che niun farmaco si trovi ,
Che più d’ esso all’ ernie giovi.

C apo 6 g .°

D e l puleggia.

L’ atra bile tu distruggi


Se il puleggio col vin suggi.
Atto ei vuoisi esteriormente
A calmar gotta recente.
D e nasturtio.

Illiu s succus crines retinere flu e n te s

A llitu s asseritur, dentisque curare dolorem.

E t squamas succus sanat cum m eile perunctus.

C a pu t LXXI.
D e chelidonia,

C oecatis pullis hac lumina m ater hirundo ,

P lin iu s ut scr ib it , quamvis sint e r u ta , reddit.

C aput LXXII.
D e salice.

A uribu s infusus succus verm es n ecat ejus.

C o r t e x verrucas in aceto cocta resolvit.

P om orum succus , f l o s , pariu s d e s tr u it, ejus.

C apu t LXXIII.

D e croco.

C onfortare crocus dicatur laetificando ,

M em b ra qu e d e je c ta confo rtat hepar reparando.


C apo 70.«

D el nasturcio.

Il cascante crin s’ arresta ,


Talun d ice, se la testa
Del nasturcio ungi coi sughi ,
E dei denti il dolor fughi.
L’ unte squamine poi guarisci
Se a’ suoi sughi il mele unisci.

C apo 71.0

D ella calidonia.

Con quest’ erba , Plinio il dice ,


Render suol la genitrice
Gli occhi ai ciechi rondinelli ,
E sin dargli occhi novelli.

C a po 72.0

D el salice.

Tu del salice coi sughi


Dall’ orecchio i vermi fughi.
Nell’ aceto la sua pelle
Cotta , i porri scioglie e svelle.
Il suo fior , col succo assorto
Del suo frutto , opra 1’ aborto.

C apo 7 3 .°

Dello zafferano.

Lo zafifran , dicesi , gli egri


Che conforti e che rallegri ;
E che il fegato sauando
La lassezza ponga in bando.
D e porro.

R e d d it fo e c u n d a s mansum persaepe puellas.

Is to stillantem poteris retinere cruorem.

C a pu t LXXV.

D e pipere.

Quod p iper est n ig ru m , non est dissolvere pigrum ,

P h leg m a ta purgabit digesùvamque juvabit.

Leucopiper stomacho p r o d e s t , tussisque dolori

U t i le , praeveniet motum fe b r isq u e rigorem.

C apu t LXXVI.
D e gravitate auditus.

E t m o x p o st escam dorm ire nimisque m o v e ri,

I s ta g ravare solent auditus, ebrietasque.

C a pu t LXXVII.

D e tinnitu aurium.

M o t u s , longa f a m e s , vomitus , percussio, c a su

E b r ie ta s , f r i g u s , tinnitum causai in aure.


D e l porro.

Spesso il porro in sen trasfonde


Di fanciulla esche feconde ,
Come il succo eh’ egli appresta
Lo stillante sangue arresta.

C apo ^ 5 .°

D e l pepe.

^Dissolvente non leggiero ,


E non tardo é il pepe nero ,
Che la flemma fa sparire ,
Ed il cibo digerire.
Al ventriglio il pepe bianco ,
E al dolor giova del fianco ;
Della febbre presto e bene
Moti e brividi previene.

C apo 7 6 .°

D ella durezza d ’ orecchio.

Sonno e moto per eccesso


Al mangiar subito presso ,
E del ber 1’ uso incallito
Recar suol danno all’ udito.

C apo 77.0

D e l ronzìo alie orecchie.

Moto , vomito , picchiate ,


Lunga fame , algor , cascate ,
Ed ebbrezza cause vecchie
Di ronzio sono all’ orecchie.
D e nocumentis yisus.

B a ln e a , v in a , V e n u s , ventus, p ip e r , a llia , fu m u s ,

P o r r i cum c e p is , le n s , f l e t u s , f a b a , s in a p i,

S o l , co itu s , ignis la b o r , ictu s, acu m in a , p u lvis,

I s t a nocent oculis : sed vigilare magis.

C a pu t LXXIX.

D e confortantibus visum.

F o e n ic u lu s , v e r b e n a , r o s a , ch elid o n ia , r u ta ,

E x istis f i t aequa , quae lumina reddit acuta.

C a pu t LXXX.

Contra dolorem dentium.

S ic dentes s er v a : porrorum collig e g r a n a ,

Ne careas ju r e , cum jusquiamo simul ure :

Sique p e r embotum fu m u m cape dente remotum.

C a pu t LXXXI.
D e raucedine vocis.

N ux, oleum , fr ig u s capitis , anguillaque , p o t u s ,

A c pom um crudum fa c iu n t hom inem f o r e raucum.


D elle cose nocive alla vista.

Bagni , vin , lussuria , venti ,


Pepe , fave , porri , e lenti ,
Con cipolle, aglio, vapore ,
Sole , senape , e calore ,
Pianto , copula , e punture ,
Botte , polve , ed opre dure ,
Cause agli occhi son di lutto ,
Ma il vegliare sopra tutto.

C a po 79.°

D ei confortativi della vista.

L’ acqua estratta da odorosa


Celidonia , o ruta , o rosa ,
Da verbene, o da finocchi
Sono buone pel mal d’ occhi.

C apo 8 o .°

Contro a l dolore dei denti.

Se serbar vuoi sani i denti


Pon del porro le sementi
Con jusquiamo ; ed accese
( Se 1’ effetto vuoi palese ) ,
Sui remoti denti assumi
Coll’ imbuto a lungo i fumi.

C a po 8 i .°

Della voce rauca.

Freddo al capo , e beviture ,


Noci , anguille , ed immature
Frutte sono alle persone
Di raucedine cagione.
Contra rheùma.

J e ju n a , v ig ila , caleas d a p e , valde lab o ra,

In sp ira c a lid u m , modicum bibe , comprime f l a t u m :

H a e c bene tu s e r v a , si vis dep ellere rheuma.

S i f l u a t a d p ectu s , dicatur rheuma catarrhus :

A d fa u c e s branchu s, a d nares esto coryza. a 5o

C a pu t LXXXIII.

Contra fistulam.

A uripigm entum , sulphu r, m iscere m emento ,

H is decet apponi c a lc e m : com m isce saponi.

Quatuor h aec m isce : comm istis quatuor istis

F istu la cu ra tu r, quater e x his si repleatur.

C a pu t LXXXIV.

D e numero ossium , dentium, et venarum in homine.

Ossibus e x denis bis centenisque novenis 255

Constat homo : denis bis dentibus et duodenis :

E x tricentenis decies s e x quinqueque venis.


Contro ai reumi.

Mangia caldo, parcamente


Bevi, intiepida 1’ ambiente ,
Veglia , i membri esercitati
Tien , digiuna , premi i flati :
Tutto questo dei seguire
Se dei reumi vuoi guarire.
Quando il reuma al petto scende
Di catarro il nome prende ;
Se alle fauci branco il dici ,
E c o r iz z a alle narici.

C apo 8 3 .°

Contro la fìstola.

Prendi zolfo ed orpimento»,


E ne forma un solo unguento ;
Poscia aggiugnivi un boccone
Di calcina e di sapone :
Mesci il tutto , indi con queste
Quattro cose insieme peste
Fian le fistole disciolte ,
Se le riempi quattro volte.

C a po 8 4 -°

,
D e l numero delle ossa dei den ti, e delle vene nell’ uomo.

Con dugento diciannove


Ossa 1’ uomo in pie’ si move.
Trentadue , non mai crescenti ,
Son pel solito 'suoi denti.
Le sue vene son propinque
A trecen’ sessantacinque.
C a pu t LXXXV.
D e quatuor humoribus corporis.
Quatuor humores in humano corpore constant :

Sanguis cum c h o le r a , p h le g m a , m elancholia.

T e rr a m elanch, aqua ph leg . a e r sanguis, choler. ignis. 260

C a pu t LXXXVI.
D e sanguineis.
N a tu r a pingues isti sunt atque jo c a n t e s ,

Sein per m inores cupiunt audire frequ en tes.

H o s V e n u s et B a cch u s d e le c ta n t , f e r c u l a , lis u s ,

E t f a c i t hoc h ila re s, et dulcia verba loquentes.

Omnibus h i studiis habiles sunt et magis apti : 265

Qualibet e x causa n ec hos leviter movet ira.

L a rg u s , a m a n s, h ila ris, rid e n s , m beique coloris,

C a n ta n s , ca rn o su s , satis a u d a x atque benignus.

C a pu t LXXXVII.
D e cholerieis.
E s t et humor cho lerae , qui com petit impetuosis ,

H o c genus est hominum cupiens p r a ec e ller e cu n cto s; 270

H i leviter discunt , multum cem e d u n t, citu crescunt.

I n d e magnanim i su n t, largi , summa p e te n te s ,

H irsutus, f a l l a x , ira s ce n s , prodigus , a u d a x ,

A s tu lu s , g r a c ilis , siccus , croceique coloiis.


C apo 8 5 .*
D e i q u a ttr o te m p e r a m e n ti.

Sol di quattro umor soprani


Son composti i corpi umani :
L’ ipocondrio , il bilioso ,
Il sanguigno , e il flemmatoso ;
Cui si vuol , cbe corrisponda
Terra , fuoco , aere , ed onda.
C apo 86.°
D ei s a n g u ig n i.

I sanguigni ben pasciuti


Son di corpo , e molto arguti :
Udir bramati le novelle ,
E i racconti , e le storielle.
Si dilettano di vini ,
E d’ amor , giuochi , e festini ;
II che ognor li fa vivaci ,
Ed amabili e loquaci.
A qualunque studio intenti
Sorton abili e valenti.
Tarda in lor ( né se n’ intende
La cagion ) 1’ ira s’ accende.
Dolci son , paffuti , amanti
Delle femmine , e dei canti ,
Liberali , allegri molto ,
Arditelli , e rossi in volto.
C apo 87.0
D ei Villosi.

Gli umor sogliono biliosi


Aver spiriti focosi.
Desiati sempre questi tali
Primeggiar sopra gli eguali :
Mangian molto , crescon lesti ,
Ad apprendere son presti .-
Son magnanimi , esigenti
Degl’ impieghi più eminenti :
Sono prodighi ed audaci ,
Generosi , irti, e mendaci :
Son collerici , e volpigni ,
Magri , asciutti , e fuor gialligni.
C aput LXXXVIIL

De phlegmaticis.

P h le g m a vires m odicas tribuit, latosque b revesq u e, 2^5

P h le g m a f a c i t pingues : sanguis red d it m ediocres.

Otia non studio tra d u n t, s e d corpora so m n o ,

Sensus h e b e s , tardus motus , p ig r itia , somnus.

H ic som nolentus, pigris in sputam ine m u ltu s,

E s t huic sensus hebes , pinguis , fa c ie s color albus. 280

C a put LXXXIX.

D e melancholis.

R e s t a t adhuc tristis cho lerae substantia n ig r a e ,

Quae redd it p r a v o s , p e r t i is t e s , pau ca loquentes.

H i vigilant studiis, n e c m ens est dedita somno ;

Serv an t propositum : sibi nil reputant f o r e tutum.

Invidu s e t tristis, cupidus , d e xtra e q u e tenacis 285

Non e x p e r s fr a u d i s , tim idus, luteique coloris.


B e i fle m m a tic i.

La flemmatica natura
Suole aver piccol statura ,
Forze medie , gran pinguezza ,
E di sangue discretezza.
Non di studi suo negozio
Fa il flemmatico , ma d’ ozio ,
E di sonno : egli è melenso ,
Pigro assai , d’ ottuso senso ,
Sempre inerte e dormiglioso ;
E sin torpido il copioso
Sputo a trar ; d’ ingegno corto,
Ed in faccia grasso e smorto.

C apo 89.0

D e g l ’ i p o c o n d r ia c i.

Della tempra a dir ci resta


Ipocondrica ed agresta ,
Che fa gli uomini cattivi ,
Adri , e poco discorsivi.
Dessi veglian sulle carte 4
Ned al sonno dan gran parte.
Nei disegni lor son fermi ,
Ma si credon sempre inermi :
Sono tristi , invidi, abbietti ,
D’ oro ingordi , e di man stretti :
Son di frodi inetti mastri ,
E colori han olivastri.
C aput XC.
De coloribus et sanguinis redundantibus indicasi

H i sunt humores , qui praestant cuique colores :

Omnibus in rebus e x p h leg m ate f i t color albus.

Sanguine J it rubeus : ch o lera rubea quoque rufus.

S i p e c c e t sanguis, f a c i e s r u b e t , è x t a t ocellus , 290

In fla n tu r g e n a e , corpus nimiumque gravatur.

E s t pulsus que fr e q u e n s , p le n u s , m ollis , dolor ingens,

M a x im e J it f r o n d i s , et costipano v e n tris,

S iccaqu e lingua , sitis , et somnia p len a rubore :

D u lc o r adest sp u ti, sunt acria du lcia quaeque. 295

C aput XCI.

D e phlebotomia, et primo de aetate secandae venae.

D e n u s septenus v i x phlebotom um p e tit annus.

Spiritus uberior e x i t p e r phlebotom iam :

Spiritus e x potu vini m o x m u ltip licantur,

Hum orum que cibo damnum le n te rep a ra n tu r,

L um ina c la rifica t, s in c e ra i, phlebotom ia , 3 00

M e n te s et cerebrum : calidas f a c i t esse medullas.

V i s c e r a p u rg a b it, stom achum ventremque c o e r c e t ,

P u ro s dat s en su s, dat s o m n ia , taedia t o l l i t ,

A u d itu s , vocem , vires producit et auget.


D e i c o lo r i e d e g l’ ì n d i z j d i s a n g u e s o v ra b b o n d a n te.

Questi sono quegli umori , .


Che a ciascun danno i colori :
Dalla flemma riprodutto
Viene il bianco da per tutto f
Dalla bile atra il gialliccio ,
E dal sangue il bel rossiccio.
Quando il sangue troppo abbonda
Vien la faccia rubiconda ,
Gli occhi lurgono e le gote ,
E le membra fansi immote ;
Fassi il polso assai frequente ,
Molle e pien : dolore ingente
Prima il capo affligge , mentre
Si costipa e chiude il ventre :
Sete ria la lingua aspreggia ,
Tutto il ' corpo fuor rosseggia ,
Sembra dolce ogni acre umore :
Sin lo sputo ha il suo dolciore.

C apo 91.0
D e l s a la s s o , e -prim a d e l l ’ e tà i n c u i c o n v ie n e tra r s a n g u e

Non s’ appongan le lancette


Pria degli anni diciassette:
Che col sangue sorte fuore
Dalla vena anche il vigore.
S’ auge , è ver , col vin bevuto
Il vigor di già perduto ;
Ma coll’ esca a rifar lenti
Son del sangue i detrimenti.
Il salasso , fatto appena ,
Gli occhi avviva ; rasserena
Ed il cerebro e la mente ;
Scalda i nervi dolcemente ;
Ventre e stomaco solleva,
Ed i visceri disgreva ;
Slega i sensi , i tedj esilia ,
Ed il sonno riconcilia ;
oduce , anzi recrìa
Voce, udito, e vigoria. 5
D e m e n s ib u s , q u ib u s p h le b o to m ia c o n v e n it, s iv e n o c e t.

T r e s insunt istis, M a ju s , S e p te m b e r , A p rilis-, 3

E t sunt lu n a r e s , sunt velut hydra dies.

P rim a dies p r im i , postrem aque p o sterioru m ,

N e c sanguis m in u i, n e c carnis anseris uti.

In sene vel j u v e n e , si venae sanguine p l e n a e ,

Om ni m ense .b en e confert incisio venae. 3

H i sunt tres m e n s e s : M a ju s , S e p te m b e r , A p r ilis

In quibus em inuas, ut longo tem pore vivas.

C aput X C III.

D e im p e d im e n tis p h le b o to m ia e .

F r ig id a natura , fr ig e n s r-egio, do lo r ingens

P o s t lavacrum , coitu m , minor aetas atque sen ilis:

M o rb u s p r o l ix u s , repletio potus et escae : 3

S i fr a g ilis v e l subtilis sensus stom achi s i t ,

E t fa s t id it i tibi non sunt phlebotom andi.


D e i m e s i n e i q u a l i i l s a la sso giova, o n u o c e .

Util fia clie si rimembre


Maggio e aprile con settembre ,
Come tre mesi lunari
Dell’ acquario ai giorni pari.
Del primier nè il di supremo ,
Né degli altri due 1’ estremo
La lancetta mai ti scarni ,
Nè dell’ oca usa le carni.
Però quando il sangue abbonda ,
Sia 1’ età canuta o bionda ,
Non lasciar le vene illese
In qualunque siasi mese.
Ma i tre soli mesi infatti
A cavar sangue più adatti ,
Per toccar 1’ età senile ,
Maggio son , settembre , e aprile.

C apo 9 3 .0

D e g l ' im p e d im e n t i a l sa la s s o .

Il salasso mai non usa


In cbi fredda tempra accusa ,
O fra nevi e gel dimora ,
O fortissimo addolora ;
Né in febbril lungo decubito ,
• Dopo il bagno od il concubito ,
In fanciullo od uom canuto ,
Quando il ventre è ben pasciuto ;
In cbi stomaco ha spossato ,
In cbi è frale o nauseato.
Q uae o b s e r v a n tia s in t c ir c a p h le b o to m ia m .

Quid debes f a c e r e , quando vis phlebotom ari ,

V e l quando minuis , f uveris v e l quando minutus ?

U nctio , sive potus , la v a cru m , v e l fa s c ia , m o tu s,

D e b e n t non f r a g i li tibi singula m ente teneri.

C aput X C V .

D e e ffe c tib u s q u ib u s d a m p h le b o to m ia e .

E x h ila r a t triste s , iratos p l a c a t , am antes

Ne sint a m en tes', phlebotom ia fa c it .

C a p u t X C V I.

D e s c is s u r a e q u a n tita te in v e n a e s e c tio n

F a c p la g a m largam m e d io c r ite r , ut cito fu m u s

E x e a t uberius, liberiusque _eruor.

C a p u t X C V II.

Q uae c o n s id e r a n d a c ir c a v e n a e s e c tio n e m .

Sanguine-.subtracto s e x horis est vigilandum ,

Ne som ni fu m u s laedat sensibile corpus.

Ne nervum la e d a s , non sit tibi pla g a profunda.

Sanguine purgatus non carpas protinus escas.


■ss

Q u a li c o se d eb b o n o osservarsi in to rn o a l sa la s s o .

Chiedi che dei praticare


Pria di farti salassare ,
Od allor che sei nell’ atto
Del salasso , o che 1' hai fatto ?
Fascia , bibita , ed unguento ,
Lavatura , e movimento
Son oggetti, che opportuno
Fia membrarsi ad uno ad uno.

C a p o g5.°

D i a l c u n i e f f e t t i d e l sa la sso .

Il salasso fa gioconde
L’ alme triste ; le iraconde
A depor gli sdegni sforza :
Degli amanti il caldo ammorza.

C apo 9 6 .0

D e l l e d im e n s io n i d e l ta g lio n e l sa la s s o .

Larga sia mezzanamente


La ferita , onde scorrente
I?' abbia subito il vapore ,
Ed il sangue ad uscir fuore.

C a po 97.»

Q u a li co se d e b b o n s i c o n s id e r a r s i in to rn o a l s a la sso .

Quando il sangue è tratto fuore


Vegliar devi almen sei ore ,
Perchè qualche larva orrenda
L I esil corpo non t’ offenda.
Onde il nervo non si fera ,
La puntura sia leggiera.
Scemo il sangue , tu del resto
JNron torrai cibo sì presto.
Q uae v ita n d a sun t post p h le b o to m ia m .

Omnia d e la c te vitabis rite m in u te,

E t vitet potum phlebotom atus homo.

F r ig id a vitabis, quia sunt inimica m inutis,

In terd ictu s erit minutis nubilus a e r i

'Spiritus e x u lta t minutis lu ce p e r a u ra s ,

Omnibus apta q u ie s , ast motus valde nocivus.

C aput XCIX.

Q u ib u s m o r b is et a e ta tib u s c o n v e n ia t v e n a e s e c tio ,

et q u a n tu m s a n g u in is quoque te m p o r e d e tra h e n d u m .

P rincipio minuas in a c u tis , perperacutis ;

/E ta tis m ediae multum d e sanguine to lle :

S e d pu er atque s e n e x tollet u ter que parum.

V e r tollet d u p lu m , reliquum tempus tibi simplum.

C a p u t C.

Q uae m em b ra, quoque te m p o r e v o n a e s e c tio n e evacu an d a

riEstas, v e r , d e x t r a s , autumnus h jem sq u e sinistras.

Q u a tu orhaec m em bra: cep h e, cor, pes, hepar vacuanda:

V e r c o r , h epar testas, ordo sequens reliquas.


Q u a li c o s i d eb b o n o co n sid e ra rsi d op o i l sa la sso .

Quando il sangue fia cavato


Scansar deve il salassato
Qualsisia lattea vivanda ,
Come pure ogni bevanda.
Anche il ciel di nubi denso ,
E del freddo 1' aspro senso
Fuggir dee colui che langue
Pel recente estratto sangue.
Chè il suo spirto esulta appieno
Entro il chiaro aer sereno ,
Nè men giovagli il riposo
Quanto il moto gli é dannoso.

C apo 99.”

In q u a l i m a la t ti e e d e t à c o n v ie n e i l s a la s s o ,
e q u a n to sa n g u e c o n o ìe n estrarre in o g n i sta g io n e .

Tosto trar sangue in acuti


Morbi devi e in arciacuti :
Cava il sangue in abbondanza
Se in età mezzana ha stanza ;
Ma in chi d’ anni è scem o, o carco
11 salasso ognor sia parco.
Primavera il vaso n em pi,
Lo dimezzin gli altri tempi.

C apo ioo.°

T n q u a li s ta g io n i, e q u a l i m em b r a d eb b o n o a lleg g erirsi c ó l salasso.

Vuol trar sangue al destro fianco


Primavera e state ; al manco
Verno e autun : di sgravar chiedi
Testa , cuor , fegato , e piedi ?
Cuor e fegato va inante ,
Segue in ordine il restante.
De commodis ex sectione Salvatellae.

D a l salvatella tibi plurim a dona minuta.

P u rg a t h e p a r, sp le n e m , p e c tu s , p r a e c o r d ia , vocem :

In naturalem tollit d e corde dolorem.

C aput CII.

D e c a p itis d o lo r ib u s .

S i dolor est capitis e x p o t u , lym pha bibatur :

E x potu nimio nam fe b r i s acuta creatur.

S i v e r te x ca p itis , vel fr o n s cestu tribulentur,

Tem p ora fronscfue simul m oderate saepe fricen tu r.

M o r e lla cocta n ec non calidaque laventur.


D e i v a n ta g g i d i trar s a n g u e d a ll a S a lv a t e lla .

Molti beni rinnovella


Chi aprir fa la Salvatella :
Milza , fegato , e polmone ,
Voce e petto sgrava ; e pone
Fine ai spasimi ed ai mali
Al cuor preternaturali.

C apo 1 0 2 .0

D e i d o lo r i di te s ta .

Duolo al capo se procaccia


Solo il vin , coll’ acqua il caccia :
Che febbrile il rendo e acuto
L’ aver troppo ben bevuto.
Se 1’ ardore della testa
Fronte e zuccol ti molesta ,
Tempia e fronte lievemente
Coll’ umor frega sovente
Di morella ben bollito ,
Quando sia rattiepidito.
D e q n a tu o r te m p o r ib u s a n n i.

T e m p o r a cestivi jeju n ia corpora siccant.

Quolibet in m ense confert vom itus, quoque pu rgat

Hum ores n o cu o s, stom achi lavat ambitus omnes.

V e r , autum nus, h j e m s , testas dominantur in anno.

T e m p o re vernali calidus sit a er humidusque, 3

E t nullum tem pus melius sit phlebotom iae

Usus tunc homini V e n e r is con fert m o d e ra t

Corporis et m otu s, ventrisque solutio, su do

B a ln e a : purgentur tunc corpora medicinis.

yEstas m ore c a le t, s ic c a t , noscatur in i l l a , 3

T u n c quoque p raecip ue choleram rubeam dominari.

H u m id a , fr ig id a fe r c u la den tu r, sit V e n u s e x t r a :

B a ln e a non prosunt : sint rarae phlebotom iae :

Utilis est re q u ie s , sit cum m oderam ine potus.

E x p li c i t regim en sanitatis Salerni.


D e l l e q u a ttr o s ta g io n i d e l l 'a n n o .

Son le membra nell’ estate


Dal digiuno disseccate.
In qualunque mese surga ,
Giova il vomito , che purga
D’ ogni umor nocente , e lava
Dello stomaco ogni cava.
Primavera , autunno , verno ,
Ed estate han moto alterno
Entro 1’ anno : primavera ,
Con cald’ umida atmosfera ,
Più à’ ogni altra stagion fassi
Favorevole ai salassi.
Allor giova alla spezzata
Usar venere temprata ;
Giova il moto , il sudar molto ,
Il tenere il ventre sciolto ,
Ed il corpo con frequenti
Sbarazzar medicamenti.
Scalda e asciuga per costume
Poi 1’ estate , e si desume
Da che allor la bile rossa
Spiega in specie la sua possa.
Fredda ed umida sia 1’ esca ,
E d’ amor cessi la tresca :
INulla giova il bagno , e scarsi
I salassi devon farsi :
Util pure è la quiete ,
Le bevande sian discrete.

Finisce la regola sanitaria salernitana.


A n n o ta tio n e s 'Stendaliensis editoris.

II V. i 4 - Minute a lii in te r p r e ta ti su n t: u b i vena se cta tib i


fu e r it, Curio, Sylvius. Ego om nem e v a c u a tio n e m
s u h in te lle x is s e c a r m in is a u cto res p u to . A lii a d v e r -
b i a l i t e r v o c e m minute s u m m e n d a m p u t a n t .

V - *5 . Subtilis diaeta, p a r v a c i b i e x h i b i t i o . A l i i l i b r i
Saliva l e g u n t , e t n o n m a l e .
IX - 3 i . Caseus infans, r e c e n s , n o n v e t u s t u s .
X - , 36 * Haec quinque. P l a c e t m a g i s l e c t i o : haec quinque F,
o b s e q u e n t ia ..-E a m t a m e n , q u o n ia m a n tiq u a e e d itio ­
nes non h a b e n t, in te x tu m non r e c e p i.

id . 37. Frisca, quae e ff u s a s o n itu m e d u n t* a e r is q u e b u l ­


lu la s p lu r im a s ad s u p e r fic ie m e m ittu n t. Salientia
versu 5o v o c a n tu r .

X X I — 61. illa m , a q u a m m a r i n a m . Undam a l i i l e g e r e m a l u n t .


X X IX - 8 1 . Sturna, s t u r n u s v u l g a r i s L i n .

id . — 8 2 . Quiscula , c o t u r n i x L i n . m erula, t u r d u s m e r u l a
L i n . Ortygometra, r a l l u s c r e x L i n .

83 . Frigellus, t u r d u s i l i a c u s L i n . Orex, t e tr a o b o n a s i a
L i n . Tremulus m o t a c i l l a a l b a L i n . Amarellus m e r ­
gus L in .

X X X . — 86. Lucius , e s o x lu c iu s L in . Perca , p erca flu v ia tilis


L i n . Saxaulis c o b itis b a r b a tu la L in . Albica, ga-
dus m o rrh u a L in . Tinca c y p r in u s tin c a L in .

id . 87. Plagitia, p le u r o n e c te s p la t e s s a L in . Carpa, c y p r i­


nus C a r p io L in . Galbio , r a ja L in . Truta , S a lm o
fa r io L in .

X X X IV _ 97. Ethicis , p h t h i s i c i s .
XLVI — i4 o . melanch. o b v e r s u m .
X L V II - i 4 4 . tortio, v e n t r i s t o r m i n a .

X L V III — i 46 * melior sit in extremitates. A l i i l e g u n t : Atque


item stomachus, tamen exteriora probantur. E x ­
tr e m a sto m a ch i in c a r m in e p r o b a n tu r , non ex­
te r io r a .

LIII - 16 0 . ponticus. A v ic e n n a t e s te a s tip tic o in eo d iv e r s u s ,


quod h ic n iliil c o n tr a h a t lin g u a e , p r a e te r s u p e r fi­
c ie m e x tim a m , p o n tic u s vero et e x tim a m s n p e r fi-
c ie m liu g n a e e x a s p e r e t, e t in te r io r a e ju s c o n tr a h a t.

L IV - 16 2. vippa. a s y lla b is vocum : vinum et p anis, p r i­


m is , p a n is v in o in tin c tu s . H e r m o la u s B arbarus
c. 95. 5 * c o r o l l . i n D io s o . h a e c d e e a s c r i b i t :
lib .
Erat veteribus jentaculum , buccea ex vino, quod
genus barbari a vino et pane vippam vocant.
C. L Y II v. 171. Jus ca ulis , L r a s s ie a e c a p i t a t a e .

LX - i 8 3 . Nasturt. I t a leg e n d u m oh v e r su m . A th anas


cundum A r n a ld i e x p o s itio n e m e st ta n a c e tu m
c in a r u m .

L X X II - 222. Pomorum e tc . s e n s u s e s t , flo r e m s a lic is e t s u


p om orum s a lic is p a r tim ob esse.

L X X X — 24». iuscjuiamo , hyoscyam o, ne carcaS ju r e , rh


cau sa a p p o s itu m e st: v u lt e n im carm en, u
m us ex p orro ru m et h yo scyam i g r a n is c o m
per e m b o tu m ad d e n te m fe r a tu r .,

LX XX Y — 260. Terra. M o re suo, r h ith m i m e tr iq u e c a u s a ,


tru n ca v it v e r s ific a to r c a r m in is . P r in c ip e m s
h u m o r is p a rtem c o n s titu tiv a m e n a rr a t.

CII - 35 o . Morella , s o la n u m h o rten se.


G5

P . 5 . a lla lettera posta in principio


di questo 'volume.

Come vi accennai a carte X II non mi fu dato


di vedere alcuna delle traduzioni italiane della
scuola di Salerno. L ’ edizione più facile a tro­
varsi , perchè fra le meno antiche, sembravami
dover esser quella di Parma del 1712; ma il
chiarissimo signor Angelo Pezzana , Bibliotecario
ducale, che fu pregato di farne ricerca, nou potè
rinvenirla in commercio. Essendovene però un
esemplare nella ducal biblioteca, egli ebbe la
gentilezza di mandare 1' esatta descrizione del li­
bro , e di trascriver anche uno squarcio della
versione; per cui spero di far cosa grata sì a voi,
che ai lettori publicando qui presso quanto quel­
li egregio Uomo si degnò di spedire.

TITOLO DEL LIBRO.

L a scuola Salernitana p e r acquistare e custodire


la sa n ità , tradotta fedelm ente dal verso la­
tino in terza rima piacevole volgare d a ll I n ­
cognito Accadem ico V ivo -M orto, con li di­
scorsi d ella vita sobria del sig. Lu igi Cornaro.
I n Parma MDCGXII. per Paolo M o n ti, in 8.°

Il poemetto della scuola salernitana è conte­


nuto in sette capitoli, il primo dei quali inco­
mincia da una specie d'introduzione , con cui il
traduttore dirige il suo volgarizzamento ad
Patrono ; indi la versi esto latino co
tinua come segue :

.................. . . . » Un dì il collegio tutto


i> Fisico di Salerno scrisse a un Sire ,
11 Che d’ Anglia fu patron infin da putto.

n Dicendo o Re noi ti mandiamo a dire,


n Se brami conservarti forte e sano ,
11 Leva i pensier noiosi, e lascia 1’ ire.

» Bevi leggier , cena da cortigiano


11 ( Voglio dir poco ), e dopo le vivande
11 Sta desto, e "’l sonno fuggi meridiano.

11 Non ritener l’ orina, e le mutande


f ìì Spesso calare non ti gravarai,
ìì Quando il corpo ti chiama a quelle bande.

» Se queste cose bene osserverai


ìì Io t’ assicuro e dico chiaramente,
ì> Che sano e lungo tempo tu vivrai.

» Se ti mancasse mai ogni eccellente


a Medico, e ogni altro Fisico Profeta,
ì> Tre medici ti do qui di repente.

» E te li voglio dar da ver Poeta ;


ìì Tuoi medici saran e medicina
i> Quiete, allegrezza, e moderata dieta.

ìì Levato che sarai ogni mattina,


ìì Con l'acqua fresca lava gli occhi, e mani;
ii Poi una breve fa spasseggiatina.
Non reputar questi ricordi vani,
» Destira i membri tuoi con gentilezza ;
» Tutti gli avvisi miei son buoni e sani.
ettina ancora il capo con destrezza ,
»> Frega li denti ; perciocché il cervello
ì> Da questa cose prende gran fortezza.

Eccovi, se non altro, un saggio della ver­


ne dell5Accademico Incognito Vivo- Morto, di
sarebbe or forse ben difficile lo scoprire il
o nome.

S
INDEX
Alphabeticus lemmatum.

A d m in is tr a tio n e i l i a e t a e ...................................; LVI


A ere ........................................................................... XI V
A n g u i l l a ...................................................................... XXXI
A n i s o ........................................................................... L
A u d i t u s gravitate.......................................................... LXXVI
A u r iu m t i n n i t u ......................................................... LXXVI I
A v i b u s esui a p t i s .................................................... XXI X

B u ty r o ........................................................................... XXXV

C a p i t is d o l o r i b u s ....................... ..... . : . . CII


C a r n ib u s p o r c i n i s .............................................. ; XXV
C a r n ib u s vituli .......................................................... XXVI II
C aseo .............................................. : . XXXVI I
C a u le . ....................................................; . LVI I
C e p is . : ............................................................................. LXII
C e r a s i s ........................................................................... XL
C e r e f o l i o ..................................................................... LXVUC
C e r e v i s i a ..................................................................... XVI I
C e r e v is ia e u s u .......................................................... XVI I I
C e r e v is ia et a c e t o ....................................................... XLVI
C h e li d o n i a ............................................................... LXXI
D e C h o le r ic is ( h u m o r ib u s ) . . . . . . . . L X X X

D e C ib i et p o tu s a l t e r n a t i o n e ................................. X X X II

D e C ib is ben e n u tr ie n tib u s .

D e C ib is ben e n u tr ie n tib u s et im p in g u a n tib u s . .

D e C ib is m e la n c h o lic is v i t a n d i s ................................. V II

D e C o en a ....................................................................................... V

D e C o lo r ib u s et s a n g u in is r e d u n d a n tib u s in d ic iis . .

D e C o m o d is ex s e c tio n e S a l v a t e l l a e ........................ C I

D e C o n fo r ta tio n e cerebri . . • ................. It


D e C o n d im e n to g e n e r a l i ............................................................... X

Q uae C o n s id e r a n d a c ir c a v e n a e s e c tio n e m . . . . X G

D e C r o c o ...................................................................................................... L X

De D ia e ta ................................... ..................................
D e D is p o s itio n e a n te c i b i s u m t i o n e m ..................................

C o n tr a D o lo r e m d e n t i u m ............................................................... L

D e E ffe c tib u s q u ib u s d a m p h le b o t o m ia e . . . .

D e E m u la c a m p a n a ............................................................................... L X

D e E s c u l i s ...................................................................................................... X

D e F ic u b u s ............................................................................. X

C o n tr a F is tu la m ...............................................................................................L X X

D e E la tu in v e n tr e i n c l u s o ........................................................

D e F o e n ic u li s e m i n e .......................................................................' . X

D e Hysopo L
Tmpedimentis p h l e b o t o m i a e ................................................ X G I 1I

L a c te ........................................................................ X X X IV

Lotione m annum . . . . . . . . . . . X X III

M a l e a ........................................................................ L V III

Melane,olici» ( h u m o r i b u s ) L X X X IX

e Membra, q u o q u e t e m p o r e v e n a e s e c tio n e e v a c u a n d a C

Mensibus, q u ib u s p h le b o to m ia c o n v e n it , s iv e n o c e t X C II

M entha ............................................................................................... L IX

Modo edendi et b i b e n d i ............................. X X X V I I I

us Morbis et e ta tib u s c o n v e n ia t v e n a e s e c tio , et

q u a n tu m s a n g u in is q u o q u e te m p o r e d e tra h e n d u m X C IX

M u s t o ...............................................................................................!

N a s t u r t i o ....................................... . . . . . i . L X X

Nausea m a r i n a ................................................................................ X X I

Numero o s s iu m , d e n tiu m , et venarum in h o m in e L X X X IV

e Observanda s in t c ir c a p h le b o to m ia m . . » X C IV

Pane . . ; .................................i ....................................... X X IV


P ersicis , r a c e m is , et p a s s u lis . . . . . . X L II
D e P h le b o t o m ia t et p r im o de a e ta te secan dae venae X

D e P h l e g m a t i c i s ( humoribus ) ................................ L X X X V I I
D e P i p e r e ........................................................................... LXX
De P i s c i b u s ........................................ XX
D e P is is . . . .......................................................... X X X I

D e P o r r o ........................................................................... L X X

D e P o tu a i j u a e ....................................... X X V

D e Potu pravo c o r r ig e n d o ........................................................ X

De P r u n is .......................................................................... X
D e P u l e g i o ........................................................................... LX
D e P y r is ...................................................................................................... X X X I

Q
D e Q u a tu o r h u m o r ib u s c o r p o r i s ................................................ L X X X

D e Q u a tu o r te m p o r ib u s a n n i ....................................................... C

D e R a p is ...................................................................................................... X L V

D e R a u c e d in e v o c is ............................................................................... L X X

D e R e m e d i is g e n e r a l i b u s ...............................................................

C o n tra R e u m a ................................................• ...................................... L X X X

D e R u t a ...................................................................................................... L

s
D e S a le . . . . ; ....................................................................... L X

D e S a lic e ........................................................................... L X X

D e S a lv ia ...................................................................................... L

D e S a n g u in e is ( h u m o r ib u s ) ................................................................ L X X X

D e S a p o r i b u s ............................ L
D e S c is s u r a e q u a n tita te in v e n a e s e c tio n e . . . . X C

D e Sero .................................................................................. X X X

D e S i n a p i ....................................... L V T

D e Som no m e r id ia n o . . . . . . . . . .

D e S p o d io ..................................................................... .
T

D e Temporibus a n n i ....................................................................... • X IX

u
D e U r t i c a ...................................................................................................... L X V

C o n tr a Venenum X III

D e Vini boni p r o p r i e t a t i b u s ............................................... X

D e Vini n im ia p o t a t i o n e ....................................................... X V

D e Vino d u lc i et a l b o ................................................................ X I

D e Vino r u b r o ............................................................................... X II

D e Vino m e l i o r e ......................................................................... X V I

D e V io la ...................................................................................................... L X IV

D e V ip p a ..................................................................................................... L IV

D e Visceribusa n i m a l i u m ................................................................. X L V III

D e Visum c o n f o r t a n t i b u s ................................• . . . L X X IX

D e Visus n o c u m e n t i s ............................................................................. L X X V I I I

Q uae Vitanda sun t post p h le b o to m ia m . . . . X G V III


INDICE DEI CAPI.

G A P . i.° D ei r im e d j g e n e r a li - - - - pag, 3
а . o D e l l ’ a lle v ia m e n t o del cerebro --

3 .0 D el son n o m e r id ia n o 5

4.0 Del flato trattenuto - - - - - - i vi


5 .0 D e lla cena - - - - - - - - iv i

б. 0 D e lla d is p o s iz io n e al c ib o - - - - -

7 .0 D ei c ib i da e v ita r s i d a g l’ ip o c o n d r ia c i - - 7

8 .0 D ei c ib i n u tr itiv i - - - - - - - - iv i

9 .0 D ei c ib i n u tr itiv i ed in g r a s s a n ti - - - - iv i

1 0 .° D e lle q u a lità del buon v in o - - - - iv i

1 1 .0 D el v in o d o lc e e b ia n c o - - - - - 9

ìa .o D el v in o rosso - - - - - - - iv i

i 3.° C o n t r a v v e le n i - - - - - - - - iv i

1 4 ° D e l l ’ a ria - - - - - - - - - iv i

1 5. ° D el v in o e c c e s s iv a m e n te b e v u to - - - iv i

16 . ° D el m g lio r v in o - - - - - - -

1 7 .0 D e lla b ir r a - - - - - - - - i v i

1 8 .0 D e l l ’ u so d e lla b ir r a - - - - - - iv i

1 9 .0 Delle stagioni dell’ anno - - - , - ivi


ao.o Del modo di correggere le cattive bevande - i3
ai.o Della nausea marina - - - - - - ivi
aa.o Del condimento universale - - - - - ivi
a3.o Della lavatura delle mani - - - - - ivi
a4.° De l pane - - - - - - - - - 1 5
a5.o Delle carni porcine - . - - - - ivi
a 6 .0 Del mosto - - - - - - - - i v i
3 7 .0 D el bever acq u a - - - - - - - iv i

a 8 :° D e lle carni di v ite llo - - - - - - 17

a q .o D ei v o la tili buoni a m a n g ia r s i - - - - iv i

3 0 .0 D ei pesci - - - - - - - - iv i

** 3 i.° D e l l ’ a n g u illa - - - - - - - - i v i
CAP. 3a.o Del l ’ alternativa del cibo e della bevanda pag. 19
33.0 Dei piselli ivi
34.° Del latte - - - - - - - - - ivi
35.0 Del burro - - - - - - - - i v i
3 6 .0 Del siero - - - - - - - « i v i
37.0 De l formaggio - - - - - - - ai
3 8 .0 Del modo di mangiare e di bere - - - ivi
3 g.o Delle pere - - - - - - - - a3
40.0 Delle cilegie - - - - - - - - ivi
41.0 Delle prugne - - - - - - - - i v i
4a.o Dell e pesche , e delle uve fresche ed appassite ivi
43.0 De i fichi - - - - - - - - - a5
4 4 *° Delle nespole - - - - - - - - i v i
45.0 Del mosto - - - - - « - - i v i
46.0 Della birra, e dell’ aceto - - - - - ivi
47.0 Delle rape - - - - - - - - 37
48.0 Dei visceri degli animali - - - - - ivi
49.0 Dei semi di finocchio ivi
50.0 Dell’ anice - - - - - - - - ivi
Sr.o Dello spodio - - - - - - - - 3 9
5s'0 Del sale - - - - - - - - . i v i
53.0 Dei sapori - - - - - - - - ivi
54.0 Della zuppa - - P - - - - - i v i
55.0 Della dieta - - - - - - - - 3r
5 6 .0 Del l ’ ordinazione della dieta - - - - ivi
57.0 Del cavolo - - - - - - - _ ivi
58.0 Della malva - - - - - i vi
59.0 Della menta - - - - - - - - 3 3
60.0 Della salvia - - - - - - - - ivi
61.0 Della ruta - - - - - - - - - ivi
6a.o Delle cipolle - - - - - - - - 3 5
6 3 .0 Della senape - - - - - - - - ivi
64.0 Della viola - - - - - - - - ivi
6 5 .0 Dell’ ortica - - - - - - - - ivi
66.0 Del l ’ isopo - - - - - - - - 37
67.0 Del cerefoglio - - - - - - - ivi
68.0 Dell’ onda campana - - - - - - i vi
69.0 Del palleggio - - - - - - - - ivi
7 0.0 Del nasturcio - - fc - - pag. 3gf
7 1 .0 D e lla c a lid o n ia - - - - - - - iv £

72 1.0 D el s a lic e - - - - - - - - iv i

7 3 .0 D e llo z a ffe r a n o - - - - - - - iv i

7 4 .0 D el p orro - - - - - - - - 4E
7 5 .0 D el pepe - - - . . . . . . iv i

7 6 .0 D e lla durezza d ’ o r e c c h io . . . . - iv i

7 7 .0 D el r o n z ìo a lle o r e c c h ie - - - - - iv i

7 8 .0 D e lle cose n o c iv o a lla v is ta - - - - - 4^


7 9 .0 D ei c o n fo r ta tiv i d e lla v is ta - - - - - iv i

8 0 .0 C o n tr o al d o lo r e dei d e n ti - - - - iv i

8 1 .0 .D e lla voce rauca - - - - - - a iv i

8 a .o C o n tro ai reum i - - . - - - - 4 5
8 3 .0 C o n tr o la fis to la - ■ - « - - - iv i

8 4 .0 D el num ero d e lle o ssa, dei d e n ti, e d e lle v e n e

n e ll’ u o m o - - - - - - - - iv i

8 5 .0 D ei q u a ttr o te m p e r a m e n ti - - - - - 47

86«° D e is a n g u ig n i - - - - - - - - i v i

87 o D eib ilio s i - - - - - - - - i v i

8 8 .0 D ei fle m m a tic i - - - - - - - - 4 9

8 9 .0 D e g l’ ip o c o n d r ia c i - - - - - - - iv i

9 0 .0 D e i c o lo r i e d e g l’ in d iz j d i s a n g u e s o v r a b b o n d a n te 5i
9 1 .0 D el s a la s s o , e p r im a d e ll’ e tà in cui c o n v ie n e

tr a r sangue - - - - - - - - i v i

9 0 .0 D ei m esi nei q u a li i l s a la s s o g io v a o nuoce - 53


9 3 .0 D e g l’ im p e d im e n ti al s a la s s o - - - - - iv i

9 4 .0 Q u a li cose debbono o sse rv a r si in to r n o a l s a la s s o 55


g 5 .o Di a lc u n i e ffe tti del s a la s s o - - - - - iv i

9 6 .0 D e lle d im e n s io n i del t a g lio nel s a la s s o - - iv i

9 7 .0 Q u a li c o s e d e b b o n c o n s id e r a r s i i n t o r n o al s a la s s o iv i

9 8 .0 Q u a li c o s e d e b b o n o c o n s id e r a r s i dopo il s a la s s o 57

99 ° In q u a li m a la ttie ed e tà c o n v ie n e il s a la s s o , e

q u a n to s a n g u e c o n v ie n e stra rr e in o g n i s ta g io n e iv i

1 0 0 .0 In q u a li s ta g io n i, e q u a li m e m b r a debbono a l­

le g g e r ir s i col s a la s s o - - - - - iv i

io i.° D ei v a n ta g g i di tra r san gue d a lla S a lv a t e lla - 59

jo a .o D ei d o lo r i di te s ta - - - - - - - iv i

10 3 .0 D e lle q u a ttr o s ta g io n i d e ll’ a n n o - - - - 6x

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