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15/05/2019 “Droghe tra carcere e sangue: breve sguardo agli effetti reali dell’esperienza proibizionista brasiliana”, di Adrian Barbosa

Barbosa e Silva (U…

Nuova serie dei delitti e delle pene

COMMENTI

“Droghe tra carcere e sangue: breve sguardo


agli effetti reali dell’esperienza proibizionista
brasiliana”, di Adrian Barbosa e Silva
(Università Federale del Pará, Brasil)

Date: 22 marzo 2019 0 Commenti

Pubblichiamo un commento di Adrian Barbosa e Silva (Università Federale del Pará, Brasil) sulle
consequenze (in)aspe ate della Guerra contro la droga in Brasile: l’aumento esponenziale dei tassi di
incarcerazione ma anche delle morti tra donne e uomini neri, anche ad opera della polizia.

Adrian Barbosa e Silva è do orando in Giurisprudenza presso l’Università Federale del Pará, Brasil,
Visiting scholar presso l’Università di Bologna, Italia, e professore nella Scuola di Giurisprudenza
del Centro Universitario del Pará e nella Facoltà Estácio del Pará, Brasile.

Ringraziamo Adrian Barbosa e Silva per il post. Buona le ura!


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Droghe tra carcere e sangue: breve sguardo


agli effetti reali dell’esperienza proibizionista
brasiliana

di Adrian Barbosa e Silva

Morto nel 2005, Bezerra da Silva, anche noto come “ambasciatore delle morros [colline]”, è
stato indubbiamente uno dei più grandi cantautori e interpreti del genere musicale samba
in Brasile, avendo fa o della sua musica un vero strumento di critica politica e di
riferimento ai problemi sociali della vita quotidiana della popolazione emarginata degli
abitanti delle favelas. Nella canzone “A fumaça já subiu pra cuca” (album “Meu bom juiz”,
da 1993), per esempio, dimostrando di conoscere la legislazione penale e il cara ere illegale
del consumo di stupefacenti (così come i danni derivati dalla proibizione e repressione
delle droghe), indica, in modo pedagogico, il fa o che se l’utente di marijuana è un buon
“malandro”[i] saprà come consumare la sua droga, senza causare problemi e lasciare tracce
alla polizia. Crede che se anche così la polizia insiste per arrestarlo, questo arresto verrà
giudicato arbitrario e senza prove dal magistrato che deve effe uare il controllo di legalità
e garantire il diri o alla libertà del ci adino.

Sebbene questa analisi proveniente da un uomo periferico senza formazione legale sia
adeguata, sopra u o per quel che concerne la sfiducia nell’azione poliziesca, ha una certa
ingenuità riguardo alle prestazioni delle agenzie giudiziarie. In Brasile, il problema è
innanzitu o normativo: non c’è per legge una distinzione precisa tra le figure dell’utente
e del narcotrafficante: non solo gli stessi comportamenti nucleari[ii] si riproducono in
entrambe le tipizzazioni (“trasportare” o “conservare” la droga, per esempio, sono
comportamenti che possono essere ricondo i sia al reato di uso di stupefacenti sia a quello
di traffico di droga, secondo le loro rispe ive criminalizzazioni contenute negli articoli 28 e
33 della Legge n. 11.343/2006 [Sistema Nazionale di Politiche Pubbliche sulle Droghe]), così
come la persona che porta la droga senza presentare l’intenzione specifica di
commercializzarla può essere considerata un trafficante (mancanza di scopo commerciale
nel dispositivo di traffico). Vista l’apertura della legge, il potere di definizione
dell’etiche a applicabile finisce per essere in mano all’autorità di polizia che effe ua
l’arresto, la cui decisione – basata sulle condizioni sociali del luogo e della persona – è di
solito legi imata dal potere giudiziario. È interessante notare che i risultati, a seconda
della capitolazione ado ata, possono essere radicalmente diversi: per l’utente, la legge
prevede una serie di sanzioni alternative (avvertimento, servizi alla comunità, corso
educativo); per il trafficante, c’è una penalità da 5 a 15 anni di reclusione (pena più rigida
rispe o per chi è condannato per stupro, per esempio).

In questo senso, si può vedere che – anche se da un punto di vista dogmatico e


costituzionale il consumo di droga non dovrebbe nemmeno essere un reato poiché si
occupa al massimo di una condo a individuale senza potenziale offensivo nei confronti di

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terzi[iii], così come il traffico stesso non è altro che un’a ività commerciale clandestina
senza violenza (è vero, circondata da altre condo e criminali con specifiche
criminalizzazioni, ad esempio di omicidi) – la repressione penale è implacabile.

Dal punto di vista dell’economia mondiale della droga, il World Economic Forum (WEF) e
l’United Nations Office on Drug and Crime (UNODC) dicono che il profi o derivante dal
commercio illegale per la criminalità organizzata è più di 1 trilione di dollari l’anno; e il
traffico di droga – con profi i stimati in 320 miliardi di dollari all’anno – è l’a ività
illecita più redditizia sul mercato clandestino. In questo scenario, nonostante non sia uno
dei principali paesi produ ori di sostanze psicoa ive, il Brasile è il secondo più grande
mercato al consumo di cocaina e derivati e uno dei principali esponenti dell’esperienza
proibizionista per quanto riguarda l’impa o derivato dai suoi effe i reali.

Basato sul modello statunitense della war on drugs, la politica brasiliana presenta un
modello di difesa sociale che fugge alla logica della pa uglia di polizia tradizionale per
essere fortemente militarizzato e centrato sulla conoscenza dei territori (Wacquant, 2006;
Saborio, 2016), le cui vere funzioni si concretizzano in strategie di controllo delle classi
marginalizzate, dimostrando che il proibizionismo è stre amente associato ad alcuni dei
principali problemi del sistema penale: il punitivismo, che a sua volta si manifesta in
incarcerazione di massa e genocidio (Silva, 2016).

Come sostenuto da David Garland (2001), due sono le cara eristiche principali
dell’incarcerazione di massa: i numeri assoluti della popolazione carceraria, il cui valore
diventa ne amente superiore allo standard storico e comparativo per tali società, e la
concentrazione sociale degli effe i del carcere, cioè un fenomeno secondo il quale il carcere
perde il suo significato come strumento di punizione per fa i praticati dagli individui e
diventa una strategia di incarcerazione sistematica di alcuni gruppi della popolazione.
Entrambi questi elementi sono costitutivi dei processi di incarcerazione in Brasile.

Da una prospe iva globale, secondo gli ultimi dati forniti dall’International Centre for
Prison Studies (ICPS)[iv], a raverso il World Prison Brief data, il Brasile è oggi il terzo
paese con la più grande popolazione carceraria assoluta al mondo, con 700.489 detenuti,
secondo solo agli Stati Uniti e alla Cina, con 2.121.600 e 1.649.804 detenuti rispe ivamente.
Sulla base dei dati ufficiali forniti dal governo brasiliano a raverso il Departamento
Penitenciário Nacional (DEPEN) del Ministério da Justiça (MJ), il cui ultimo aggiornamento
è del giugno 2016, la popolazione carceraria assoluta, con un totale di 726.712 persone
imprigionate per un deficit di 358.663 posti (tasso di occupazione pari al 197,4% della
capienza), rappresenta un balzo del 707% rispe o al numero dei detenuti registrato
all’inizio degli anni ‘90 – quando la popolazione carceraria era di circa 90 mila detenuti. È
interessante notare che nel rapporto pubblicato ancora dal DEPEN nel giugno 2014, anche
in termini relativi (tasso di reclusione), rispe o ai paesi con le più grandi popolazioni
assolute del mondo, una volta che i dati sono stati a raversati, il Brasile è rimasto uno dei
paesi che guidano il ranking mondiale: al quarto posto, dietro gli Stati Uniti, la Russia e la
Thailandia.

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Per quanto riguarda il profilo della popolazione carceraria, il 40% è costituito da detenuti
non definitivi, i reati di droga rappresentano il 28% (quasi il triplo del 2005, quando era in
vigore una legislazione meno punitiva) della popolazione carceraria totale, il 64% sono
neri, giovani (30% da 18 a 24 anni; 25% da 25 a 29 anni) e con un basso livello di educazione
scolastica (il 17,75% non ha nemmeno avuto accesso all’istruzione secondaria, avendo
completato al massimo l’istruzione elementare). Si aggiunga un ulteriore elemento; oltre
alle variabili di classe e linea di colore, possiamo vedere un indiscutibile fa ore di genere
da analizzare: seguendo la tendenza latino-americana e globale (Giacomello, 2013) dagli
anni ‘80, nell’ultimo decennio il tasso di crescita del numero di donne detenute per reati
di droga è stato superiore a quella degli uomini, arrivando secondo gli ultimi dati ad un
totale di 42.355 unità (un deficit di 15.326 posti). La maggior parte di esse ha legami con il
traffico ma senza partecipare alle organizzazioni criminali: le donne effe uano servizi
secondari, accessori, di trasporto, o piccoli commerci, senza a ività di gestione di per sé.

Dall’altro lato della medaglia, oltre al penitenziario, che è residuale in confronto ai processi
di sele ività delle agenzie di controllo penale, la “mano dura” dello Stato opera anche in
modo letale, limitando non solo la libertà (legi imamente o non) ma anche la vita
(legi imamente o non). Il Fórum Brasileiro de Segurança Pública (FBSP) nel suo ultimo
annuario sulla sicurezza pubblica nazionale ha registrato 63.880 morti violente nel 2017 in
Brasile, di cui 55.900 classificate come omicidi, 2.460 latrocínios[v], 955 feriti seguiti da
morte, 5.144 morti derivanti da interventi di polizia (14 morti al giorno) e 367 morti di
polizio i (1 morte al giorno). Da parte sua, l’Atlante della Violenza dell’Instituto de
Pesquisa Econômica Aplicada (IPEA) mostra che il tasso di omicidi di neri è stato il
doppio del tasso delle persone non-nere nel 2016, e in un decennio (2006-2016) il tasso di
omicidi di neri è cresciuto del 23,1%. Infine, il tasso di omicidi delle donne nere è del
71% superiore a quello delle donne non-nere.

Come so olineato da un importante corpo di ricerca, è innegabile che un gran numero di


questi decessi siano legati alla dinamica del traffico di droga in Brasile, sia come causa di
dispute commerciali che della violenza arbitraria o non della polizia. Confrontando il
numero di persone uccise dal consumo di droga con il numero di persone che sono
dire amente vi ime della guerra alla droga, non è un caso che Nilo Batista (1998), uno dei

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più importanti penalisti brasiliani, chiami la politica sulle droghe in Brasile una “politica
criminale di spargimento di sangue”. In realtà, i problemi di salute causati dalla guerra
alla droga sono molto più pesanti e potenti di quelli causati dalla droga stessa.

In considerazione di quanto de o sopra, si può vedere che le agenzie del sistema penale
brasiliano – in particolare la polizia e i penitenziari, ma anche il giudiziario (oltre ai mass
media e alle agenzie politiche responsabili della creazione di “panico morale”…) – sono
responsabili della produzione degli effe i reali del proibizionismo che, contrariamente al
suo discorso sulla protezione della salute pubblica, ha contribuito non solo al continuo
aumento di una delle più grandi popolazioni carcerarie al mondo e al consolidamento di
ciò che potremmo definire come un processo di “confinamento della miseria”, ma anche
di “sterminio dei poveri” il cui dispiegarsi vi imizza tre dei lati dell’archetipo di
confli o creato: gli individui etiche ati come devianti e nemici, gli agenti di polizia che
rappresentano le forze di comba imento statali e gli abitanti delle zone periferiche che
subiscono gli effe i collaterali della vita nel territorio di guerra. Pensare alla situazione
a uale e alle sue prospe ive future presuppone non solo conoscere l’a uale percezione
presidenziale e le sue prospe ive future per l’intensificazione della politica sulle droghe,
ma anche l’essere consapevoli di riferirci a un paese che, sebbene abbia una costituzione
repubblicana che vieta la pena capitale (autorizzandola solo in caso di dichiarata guerra),
uccide molto di più di coloro che hanno la pena di morte formalmente prevista dalla legge,
avendo non solo la polizia al mondo che uccide di più, ma anche quella che muore di più.

In sintesi, dal divieto nasce il traffico e, con esso, la criminalizzazione, la privazione della
libertà, il mantenimento della disuguaglianza sociale, la distruzione dei diri i e il sangue
versato. Un’altra politica – anticarceraria, umana e veramente preoccupata per la salute
della popolazione – è urgente. Dopotu o, la ricorrente scena di un bambino che muore
con un colpo di “pallo ola persa”, anche se ci fanno credere il contrario, è la prova concreta
che in una guerra non ci sono vincitori.

Note

[i] Sebbene derivata della parola italiana “malandrino”, secondo il dizionario Treccani,
l’espressione malandro acquista un senso particolare nel contesto brasiliano. Se è vero che è
associata all’idea di un individuo esperto, furbo, carismatico, che spesso usa trucchi per
o enere vantaggi in certe situazioni, riguarda anche la formazione di uno stile di vita, la
creazione dello stereotipo del “malandro brasiliano” nel contesto della boemia e delle ruote
di samba nei primi anni ’30 a Rio de Janeiro, un importante ogge o di analisi storica,
politica, sociologica e culturale.
[ii] Il “comportamento nucleare” è un’espressione tecnica del diri o penale che si riferisce
al comportamento criminalizzato, generalmente previsto nell’articolo di legge so o forma
di un verbo all’infinito, cioè il “nucleo del tipo”.
[iii] A proposito, una discussione a ualmente di fronte alla Corte Suprema Federale.
[iv] Centro di ricerca collegato all’Institute for Criminal Policy Research presso Birkbeck,
University of London
[v] Secondo il Codice Penale brasiliano, la figura del “latrocínio” corrisponde a una forma
di rapina qualificata dalla morte di una persona, questo è, significa uccidere e so rarre
qualcosa da qualcuno.

Il presente saggio è un risultato parziale della ricerca di do orato sviluppata come visiting scholar
presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Bologna, con finanziamento (borsa di
studio) PDSE/CAPES.

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Bibliografia

BATISTA Nilo (1998), Política criminal com derramamento de sangue, in “Discursos


Sediciosos”, Rio de Janeiro, v. 5-6, n. 20, pp. 129-149.

GARLAND David, a cura di (2001), Mass imprisonment: social causes and consequences, Sage
Publications, London/Thousand Oaks/New Delhi, pp. 1-2.

GIACOMELLO Corina (2013), Mujeres, delitos de drogas y sistemas penitenciarios en América


Latina, in “Documento informativo del IDPC”, United Kingdom.

SABORIO Sebastian (2016), Conoscenza del territorio tra guerra e controllo di polizia, in “Lo
Squardeno”, n. 39, march, pp. 47-48.

SILVA Adrian Barbosa e (2016), Horizonte de projeção da criminologia crítica na política de


drogas no Brasil, ÁVILA Gustavo Noronha de, CARVALHO Érika Mendes de, a cura di, 10
anos da lei de drogas: aspectos criminológicos, dogmáticos e político-criminais, D’Plácido, Belo
Horizonte, pp. 238-239.

WACQUANT Loïc (2006), La militarizzazione della marginalità urbana: lezioni dalla metropoli
brasiliana, in “Studi sulla questione criminale, I, n. 3, pp. 7-29;

Per citare questo post:

Barbosa e Silva, A. (2019) “Droghe tra carcere e sangue: breve sguardo agli effe i reali
dell’esperienza proibizionista brasiliana!, in Studi sulla questione criminale online, pubblicato al
link: h ps://studiquestionecriminale.wordpress.com/2019/03/22/droghe-tra-carcere-e-sangue-breve-
sguardo-agli-effe i-reali-dellesperienza-proibizionista-brasiliana-di-adrian-barbosa-e-silva-
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