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442 Editoriale

si sviluppano in Europa due movimenti di pensiero, diversi ma


complementari, che stanno alia base di una politica alternativa dei
controllo sociale.
Da un lato un movimento riduzionista, che tende al massimo
contenimento delia violenza punitiva entro rigorosi limiti form ali e
funzionali, affermando i principi garantistici del diritto penale li-
berale ed i criteri razionali di un diritto penale minimo che com-
misuri gli eventuali effetti utili con i costi sociali delle pene. Dal-
Valtro lato un movimento abolizionista, che conduce alie conseguenze
piú radicali Vutopia concreta della sostituzione dei sistema punitivo
tradizionale, ed in particolare dei cárcere, promuovendo form e di­
verse di percezione e di gestione dei conflitti nelle società. Entrambe
te direzioni di pensiero sostengono una strategia di decriminalizza-
zione e di alternativa al sistema delia giustizia penale, che oggi trova
cs pressione anche nelle sedi ufficiali di studio e di elaborazione delia
politica criminate nella comunità europea. Si pensi al « Rapporto
sulla decriminalizzazione » pubblicato nel 1980 dal Consiglio d ’Eu-
ropd.
In questo fascicolo speciale delia rivista « Dei delitti e delle
pene » vengono presentate e discusse entrambe le direzioni, viene
indicata la sfida che esse rappresentano nei confronti delia tradi-
zionale cultura dei penale e per una risposta nuova, piú umana e
piá democrática, alia questione criminate. Viene anche / om ito un
vasto strumentario bibliográfico.
A. B.
Alessandro Baratta (Università del Saarland)

Principi del diritto penale m inim o.


P er una teoria dei d iritti umani
come oggetti e lim iti della legge penale

STUDI
Introduzione. Parte I - Principi intrasistematici del minimo intervento penale: 1. Prin­
cipi di limitazione formale. - 2. Principi di limitazione funzionale. - 3. Principi di limi-
tazione personale o di limitazione della responsablità penale. — Parte II - Principi
extrasistematici del minimo intervento penale: 1. Principi extrasistematici di decritM-
nalizzazione. - 2. Principi metodologici della costruzione alternativa dei conflitti e del
problemi sociali.

II compito che mi sono proposto nelle pagine che seguono è una


articolazione programmatica dell’idea del minimo intervento penale
quale idea-guida di una politica della legge penale a corto e a medio
tempo. L ’adozione di questa idea è una risposta alia questione circa
i requisiti minimi del rispetto dei diritti umani nella legge penale.
II concetto di diritti umani assolve, in questo caso, ad una duplice
funzione. In primo luogo, una funzione negativa concernente i limiti
dell’intervento penale. In secondo luogo, una funzione positiva in
rapporto alia definizione dell’oggetto, possibile ma non necessário,
della tutela per mezzo del diritto penale *. In entrambe le funzioni,

1 Un concetto storlco-sociale di diritti umani permette di ricomprendere come


oggetti possibili di tutela penale, oltre ad interessi individual!, anche interessi collet-
livi, come la salute pubblica, l’ecologia, le condizioni lavorative. Anche la tutela delle
isliluzioni rientra tra questi oggetti, ma solo a condizione che esse non siano conside­
rate come fini a se stesse o in funzione della autoriproduzione del sistema sociale,
bcn.sí come riflessi di bisogni reali degli uomini. La prospettiva umanistica che è alia
huso della politica del minimo intervento penale imprime a questa una direzione op-
posla a quella delle attuali tendenze verso una espansione tecnocratica del sistema puni­
tivo n tutela di un « ordine», nei confronti del quale la soggettività e la diversità
444 Alessandro Baratta

un concetto storico-sociale di diritti umani offre lo strumento teo-


tico piú adeguato per la strategia del massimo contenimento della
violenza punitiva, che costituisce oggi il momento prioritário di una
política alternativa del controllo sociale.
L ’orientamento verso una tale strategia può farsi derivare anche
dai risultati ai quali è pervenuta finora, nell’ambito delle scienze
storico-sociali e delia criminologia critica, Panalisi dei sistemi puni-
tivi nelle loro manifestazioni empiriche, nella loro organizzazione e
nolle loro funzioni reali.
1 principali risultati possono essere riassunti nelle seguenti pro-
posizioni:

a) La pena, specialmente nelle sue manifestazioni piú drastiche,


che hanno per oggetto la sfera delia liberta personale e delPincolu-
mità fisica degli individui, è violenza istituzionale 2. Essa è, cioè, li-
mitazione di diritti e repressione di bisogni reali fondamentali degli
individui attraverso l ’azione legale o illegale di funzionari dei potere
legittimo o dei potere di fatto in una società 3.

b) G li organi che agiscono ai diver si livelli deli’organizzazione


delia giustizia penale (legislatore, polizia, pubblico ministero, giudici,

dei soggetti umani sono considerate come potenziali fattori di disturbo mentre i bisogni
reali degli uomini sono tautologicamente ridotti al bisogno di fiducia nell’ordine istitu-
zionaüzzato [ g . s m a u s , 1985; a . b a r a t t a , 1985, 1985a],
Nella prospettiva qui proposta sono i concetti come la « sicurezza dello Stato»,
l’« online pubblico», l’« economia nazionale », ecc., ad essere relativizzati dal punto
di vista dei bisogni degli uomini e delle comunità, e non viceversa. L ’articolazione di
un concetto ampio di diritti umani, individuali ed economico-sociali, come critério di
valutazione per una analisi critica degli attuali sistemi punitivi nei Paesi dell’America
latina è alia base di un fondamentale e ricchissimo studio di e . r . z a f f a r o n i [1 9 8 5 ],
che costituisce il documento finale di una iniziativa di ricerca interregionale patroci-
nata dallo Instituto Interamericano de Derechos Humanos, can sede in S. José di
(insta Rica. Si tratta di un modello di analisi e di proposta di una politica criminale
alternativa che si awale di approcci originali e fecondi, i quali non sono rimasti senza
influenza nella preparazione dei presente lavoro.
2 Per questo c o n c e tto , n e ll’a m b ito di u n a te o ria gen erale d e lia v iolen za, c fr. j.
g a i .tu n g 11975]; in p a rtico la re , c fr. p . w a ld m a n n [1977, 181 s s .].
3 11 caso deU’escrcizio extralegale dei potere punitivo (pene extragiudiziali, azioni
milituri o paramilitari, torture, sparizioni) rappresenta una caratteristica allarmante in
cerli paesi nei quali la funzione punitiva si è spostata o tende a spostarsi in propor-
zioni piú o m cn o grandi al di fuori dei limiti formali dei diritto [ a . b a r a t t a , 1985a],
Dei Delitti e delle Fene - 3 / 8 5 445

organi dell’esecuzione) non rappresentano e tutelano interessi co­


muni a tutti i membri della società, bensi prevalentemente interessi
di gruppi minoritari dominant! e socialmente avvantaggiati. Ad un
piú alto livello di astrazione, tuttavia, il sistema punitivo si presenta
come un sottosistema funzionale alia riproduzione materiale e ideo-
logica (legittimazione) del sistema sociale glob ale, cioè dei rapporti
di potere e di proprietà esistenti, piuttosto che come uno strumento
di tutela di interessi e diritti particolari degli individui4.

c) II funzionamento della giustizia penale è altamente selettivo,


sia per quanto riguarda la protezione accordata a beni ed interessi,

STUDI
che per quanto concerne il processo di criminalizzazione ed il reclu-
tamento della clientela del sistema (la cosiddetta popolazione crimi-
nale). Esso è diretto quasi esclusivamente contro le classi popolari
ed in particolare contro i gruppi sociali piú deboli, come risulta evi­
dente dalla composizione sociale della popolazione carceraria, nono-
stante che i comportamenti socialmente negativi siano diffusi tra
tutti gli strati sociali e le violazioni piú gravi di diritti umani avven-
gano ad opera di individui appartenenti ai gruppi dominanti o facenti
parte di organismi statali o di organizzazioni economiche private,
legali o illegal!.

d) II sistema punitivo produce piú problemi di quanti pretende


di risolvere. Reprime conflitti anziché comporli; e spesso gli stessi
conflitti si ripresentano in forma piú grave nel contesto originário,
oppure nuovi conflitti sorgono per effetto dell’intervento penale nello
stesso o in diversi contesti.

e) II sistema punitivo, per la sua struttura organizzativa e per il


suo modo di funzionare, è assolutamente inadeguato a realizzare le
funzioni socialmente utili dichiarate da parte del suo sapere ufEciale,
quelle funzioni, cioè, che sono al centro della ideologia della difesa
sociale e delle teorie utilitaristiche della pena.

4 Ciò appare ev id en te se si tie n e p re sen te, in p a rtico la re , la lin e a di ten d en za at-


tnule della trasfo rm azio n e dei sistem i p u n itiv i in sen so te cn o c ra tic o ; si v ed a w . h a s -
SHMliR [1 9 8 4 ]; PH. ROBERT [1 985].
446 Alessandro Baraíta

Se ci riferiamo, in particolare, al cárcere come pena principale e


qualificante dei sistemi penali moderni sembra, ad una prima consi-
derazione, di dover constatare il fallimento storico di questa istitu­
zione rispetto alie sue principali funzioni dichiarate: contenere e
combattere la criminalità, risocializzare il condannato, difendere ele-
mentari interessi dei singoli e delia comunità. Ma ad una considera-
zione piú approfondita risulta piuttosto il successo storico di questa
istituzione, se la studiamo dal punto di vista delle sue funzioni reali.
Infatti, respingendo 1’ipotesi irrazionalistica delia mancanza di con-
nessioni funzionali di questa istituzione con la società, 1’analisi scien-
ti fica ha messo in evidenza funzioni reali diverse e opposte a quelle
dichiarate e che spiegano pertanto la sopravvivenza storica dell’isti-
luzione [ m . f o u c a u l t , 1 9 7 5 ]. Essa serve, innanzitutto, a diíferen-
ziare e amministrare una parte dei conflitti esistenti nella società
come « criminalità », cioè come un problema sociale legato alie ca-
raltcristiche personali di individui particolarmente pericolosi, il quale
richiede una risposta istituzionale di natura técnica: la pena, il trat-
lamento del deviante. In secondo luogo, il cárcere serve alia produ-
zione c alia riproduzione dei « delinquenti », cioè di una piccola
popolazione reclutata, fra quella molto piú ampia degli infrattori,
iiclle frange piú deboli e marginali delia società. Infine il cárcere
serve a rappresentare come normalità i rapporti di diseguaglianza
esistenti nella società, alia loro riproduzione materiale e ideo­
lógica.
In una economia politica delia pena il sistema punitivo non si
ptesenla dunque come violenza inutile, ma violenza utile secondo il
punlo di vista dell’autoriproduzione del sistema sociale esistente e
quindi dell’intercsse dei gruppi dominanti, sapientemente utilizzata
diií deienloi i dei potere per il mantenimento dei rapporti di produ-
/luiir e di distribuzione ineguale delle risorse. Per. questo il sistema
pimllivo appiirc, ad un’analisi scientifica, come un supporto impor-
Iiinlr i li dlii violeir/a slmtturale, se intendiamo questa nella sua piú
vinda in 11 /it un •, come ingiustizia sociale: repressione di bisogni reali
ilellil magglm pai te degli individui, che sarebbero soddisfacibili, te-
HHiiln m ulo di lio «iviluppo raggiunto dalle forze produttive nella
«ihIMiV «c I 111111oii 11 di ptopiielà e di potere fossero diversi e piú
KliM ll I I " A l d 'Nu, l ' > / \ / nn . |.
Dei Delitti e delle Pene ■3 /8 5 447

La lotta per il contenimento della violenza strutturale è la mede-


sima lotta per Paffermazione dei diritti umani. Infatti, in una conce-
zione storico-sociale, questi assumono l ’identico contenuto dei bi-
sogni reali storicamente determinati [ a . b a r a t t a , 1985; e . r . z a f f a -
RONI, 1 9 8 5 a ], Ne discendono due conseguenze: la prima è che una
politica di contenimento della violenza punitiva è realistica solo se
la si iscrive nel movimento per l ’affermazione dei diritti umani e
della giustizia sociale. Non si può isolare, insomma, la violenza puni­
tiva, intesa come violenza istituzionale, dalla violenza strutturale e
dalla ingiustizia dei rapporti di proprietà e di potere, senza perdere
il contesto materiale e ideale della lotta per la trasformazione del si­

STUDI
stema penale e ridurre questa a una battaglia di retrovia senza pro-
spettive di successo [ e . g a r c ia m e n d e z , 1 9 8 5 ], La seconda conse-
guenza è che le possibilità di utilizzare in modo alternativo lo stru-
mentario tradizionale della giustizia penale per la difesa dei diritti
umani sono assai limitate.
Ciò nonostante, il concetto di diritti umani, nella duplice funzione
sopra indicata, rimane il fondamento piú adeguato per la strategia del
minimo intervento penale e per la sua articolazione programmatica
nel quadro di una politica alternativa del controllo sociale.
L ’analisi che segue si riferisce ai requisiti minimi del rispetto dei
diritti umani nella legge penale. Una analisi corrispondente dei re­
quisiti del rispetto dei diritti umani nel processo penale e nella ese-
cuzione delle pene non è il compito qui affrontato, e perciò mi limi-
terò ai riferimenti a questi due sottosistemi della giustizia penale che
siano indispensabili alia enunciazione dei principi di una politica del
minimo intervento al livello della criminalizzazione primaria.
I principi attraverso i quali viene qui articolata, al livello della
legge, l ’idea del minimo intervento penale si raggruppano, innanzi-
tutto, secondo una grande divisione. Essa risulta dall’adozione di un
punto di vista interno o di un punto di vista esterno al sistema pe­
nale. I principi intrasistematici, che risultano dall’adozione del primo
punto di vista, indicano i requisiti per l ’introduzione ed il manteni-
mento di figure delittuose nella legge. I principi extrasistematici si
riferiscono invece a criteri politici e metodologici per la decrimina-
lizzazione e per una costruzione dei conflitti e dei problemi sociali
alternativa a quella penale.
448 Alessandro Baratla

P arte I

I principi intrasistematici del minlmo intervento penale possono


essere classificati in tre gruppi:

1) principi di limitazione formale;

2) principi di limitazione funzionale;

3) principi di limitazione personale o di limitazione della re-


sponsabilità penale.

1. I principi di limitazione form ale possono essere enunciati nel


modo seguente:

a) Principio di riserva di legge o principio di legalità in senso


strctto. - Quando parliamo di funzione punitiva e di sistema penale,
lendiamo ad identiiicare questi concetti con l ’area di applicazione
del diritto penale. Ma se adottiamo una definizione sociologica di
pena, come repressione di bisogni reali fondamentali normalmente
riconosciuti come diritti in una società [ a . b a r a t t a , 1 9 8 5 ], ci pos-
siamo rendere facilmente conto del fatto che una buona parte della
funzione punitiva si realizza, ancora oggi, al di fuori del diritto, no-
nostante le conquiste segnate, nella storia delle costituzioni moderne,
dalle teorie liberali della pena.
Si pensi alia gravita del fenomeno della pena di morte extragiudi-
zialc, alle torture, alle sparizioni, alle azioni illegali della polizia,
dei corpi militari e paramilitari, alio straripamento della funzione
punitiva al di fuori dell’ambito della legalità cui.abbiamo assistito
ncl reccnte passato in Europa sotto la dittatura fascista e assistiamo
oggi in alcuni paesi dell’America latina.
II primo elemento di un programma di limitazione formale della
violenza punitiva consiste quindi nel riportare questa nell’ambito
e sol to il controllo della legge. Contemporaneamente, ogni movi­
mento per la difesa dei diritti umani nell’area penale deve ope­
rate pel1 riportare ellicacemente le pene extralegali sotto le defini-
Dei Delitti e delle Pene • 3/85 449

zioni dei comportamenti delittuosi e ogni altra definizione d’illecito


possibile alia stregua del diritto vigente e per assoggettarle alle san-
zioni corrispondenti: penali, disciplinari, civili e amministrative 5.
Il principio di riserva di legge impone la limitazione dell’esercizio
della funzione punitiva alle sole azioni previste come delitti dalla
legge: nulla poena sine lege, nulla poena sine crimine. Esso esclude,
in particolare, la possibilità di introdurre pene nelPambito dell’eser­
cizio di poteri dello Stato diversi da quello legislativo.
G li altri principi di limitazione formale possono considerarsi, a
loro volta, come specificazioni del principio di legalità inteso in senso

STUDI
lato.

b) Principio di tassativilà. - La pena è applicabile solo nel caso di


realizzazione di tipi di condotta espressamente previsti dalla legge
con l ’indicazione dei loro elementi descrittivi e normativi. II prin­
cipio di tassatività esclude l ’applicazione analógica della legge penale,
di cui è opportuno che si faccia espresso divieto nella legge. Esso
impone una técnica legislativa che permetta la massima oggettività
del processo di concretizzazione giudiziale delle fattispecie delittuose,
la limitazione delle clausole generali e degli elementi normativi delle
fattispecie attraverso rinvii a valutazioni sociali e norme la cui esi-
stenza e il cui contenuto siano empiricamente controllabili6.

c) Principio di irretroattività. - Esso esclude l ’applicazione di pene,


di equivalenti di pene e di qualsiasi condizione piú sfavorevole al­

5 Un particolare significato assume, in questo contesto, una sentenza del Consiglio


di Stato dello Stato di Colombia, che condanna « la Nación » columbiana, nella per­
sona del Ministro per la difesa, al risarcimento dei danni (materiali e morali) nei con-
fronti di vittime di pratiche di tortura perpetrate dagli organi di polizia. La condanna
sancisce il principio di piena responsabilità dei piú alti poteri politico-amministrativi
dello Stato per le violenze illegali compiute da parte di funzionari pubblici contro
cittadini in loro custodia. In particolare faccio riferimento alia sentenza nr. 3507 del
Consiglio di Stato, III Sezione del 27 giugno 1985, relativa al contenzioso amrni-
nistrativo intentato da Olga Lopez Jaramillo ed altre vittime di atti di tortura
contro lo Stato colombiano (Ministro per la difesa nazionale) per il risarcimento dei
danni sofierti.
6 Una analisi delle differenti strutture e funzioni normative delle clausole generali
c dei diversi tipi di rinvio ad esse da parte della legge, assai utile per un discorso
ditetto alia massima realizzazione del principio di legalità nel loro uso, è fornito da
G. TEUBNER [1 971].
450 Alessandro Baratta

l ’imputato che non sia stata prevista dalla legge anteriormente al


fatto, anche per quanto riguarda il regime processuale e l ’esecuzione.
La funzione di questo principio è di assicurare la prevedibilità delle
conseguenze giuridiche negative del comportamento individuale.
d) II principio d el primato della legge penale sostanziale ha lo
scopo di assicurare l ’estensione delle garanzie contenute nel principio
di legalità alia posizione dell’individuo in ognuno dei sottosistemi
in cui può essere suddiviso il sistema penale, e cioè nei confronti
dell’azione della polizia, nel processo e nella esecuzione. La limita­
zione dei diritti dell’individuo, in ciascuno dei sottosistemi dell’am-
ministrazione della giustizia penale, non può mai essere superiore a
quella prevista tassativamente dalla legge penale per i reati di cui
può essere indiziato, imputato o condannato. Questo principio esclu-
de 1’introduzione, di diritto o di fatto, di misure restrittive dei diritti
deU’individuo, nel regolamento e nella prassi dell’azione degli organi
di. polizia, del processo e dell’esecuzione, che non siano strettamente
ncessarie ai fini della corretta e sicura applicazione della legge penale
sostanziale.
Le specificazioni del principio nei sottosistemi dell’amministrazione
della giustizia penale possono essere indicate solo nell’ambito di
un’analisi sistematica dei criteri che li regolano. A titolo esemplifica-
livo si possono indicare, tra le conseguenze del primato della legge
penale sostanziale nei diversi settori indicati: la tutela dei diritti di
liberta nei confronti dell’azione degli organi di polizia; i diritti degli
imputati e dei condannati; i limiti del potere discrezionale della po­
lizia e degli organi del processo penale; la limitazione del potere ese-
cutivo nel processo; l ’indipendenza e l ’inamovibilità dei giudici pe­
nal i; il rispetto del principio delle prove e la limitazione delle con­
seguenze negative per l ’imputato alia definizione della verità pro­
cessuale; i limiti del potere disciplinare degli organi preposti al-
I’esccuzione.

c) II principio della rappresentanza popolare impone nel procedi-


meulo di iorinazionc della legge penale il rispetto dei requisiti mi­
nimi dello Slalo di diritto per quanto riguarda la rappresentatività
delle ii'isemblce legislative ed il loro funzionamento regolamentare;
m pnilimlaie hi pai irupazioiic popolare alia formazione della volontà
Dei Delitti e delle Pene ■3/85 451

legislativa attraverso elezioni libere e segrete e la libera organizza-


zione dei partiti e movimenti politici.

2. I principi di limitazione funzionale sono i seguenti:

a) Principio della risposta non contingente. - La legge penale è


un atto solenne di risposta a conflitti e problemi sociali fondamentali
e rappresentabili come generali e duraturi in una società. La proce-
dura che conduce ad essa deve comprendere un esauriente dibattito
nelle assemblee plenarie e deve essere accompagnata da un’analisi

STUDI
approfondita all’interno dei partiti politici e da una vasta discussione
pubblica 7.
La legge penale, pertanto, non può essere una risposta immediata,
di natura amministrativa, come è invece freqüente nella prassi. I pro­
blemi cui dare una risposta devono venire suficientemente decantati
prima di mettere in atto una risposta penale. Di regola questa non
può riguardare situazioni atipiche o eccezionali. I requisiti caratte-
rizzanti il diritto moderno, l ’astrattezza e la generalità delle norme,
non dovrebbero mai essere derogati dalla legge penale. L ’esperienza

7 Nei confronti di questa tesi mi è capitato piú di una volta di dover rispondere
ii obiezioni basate sull’argomento che, spesso, Vopinione pubblica esprime tenderize
repressive, che tendono ad esaltare, piuttosto che a ridurre, il momento punitivo nella
gcslione dei conflitti e delle situazioni problematiche. A questo proposito è oppor-
111no sottolineare che la «discussione pubblica», cui nel testo si fa riferimento, non
Iin molto a che fare con la « opinione pubblica» quale può essere rilevata, per esem-
pio, con sondaggi di tipo Gallup. È facile rendersi conto che tali sondaggi rilevano le
innlic delle opinioni degli individui isolati nella loro sfera privata, fuori dei contesti
in cui si articola quella che è stata chiamata la « comunicazione politica di base»
In. xciim ittchen, 1959]. In questo senso 1’opinione «pubblica» è piuttosto opinione
ptivnla, che in quanto tale non esprime alcuna competenza politica dei soggetti nel
processo di formazione della « volontà popolare». Sappiamo che i sondaggi di opi-
iilnue sono tutt’altro che istituti della democrazia rappresentativa e della partecipazione
populate alia vita delle istituzioni [w. hennis, 1957], ma piuttosto strumenti della
ici imlngia del potere. Parlando di discussione pubblica mi riferisco ai processi di
hi licolazione autonoma del mondo vitale e della coscienza dei conflitti in una comu-
tina/.iiiiie « libera dal potere» tra portatori di bisogni e di diritti, processi all’interno
i Ici ip1111i i soggetti agiscono nella loro competenza politica di cittadini, come membri
ill i|iit-l « pubblico» (Q jjen tlichkeit) che, in un modello di società democratica,
I'H'iciia le lunzioni di controllo e di indirizzo delle istanze comunitarie e istituzio-
iin11 le qmili, secondo la nota ricostruzione di j. habermas [1 9 6 2 ], erano esercitate dalle
c h ic i borghcsi ncllo Stato liberale classico.
452 Alessandro Baratta

della legislazione penale di emergenza in Europa e il suo effetto ne­


gativo nello sconvolgimento della logica dei codici, dovrebbe fornire
in questo senso un insegnamento valido ad ogni Stato di diritto.
Va anche drasticamente contenuta la tendenza alia cosiddetta am-
ministrativizzazione del diritto penale. Con questo concetto si in­
dica il proliferate incontrollato e non pianificato di norme penali che
costituiscono solo elementi secondari e complementari all’interno
di leggi non penali. II critério generale è quello dell’autonomia della
risposta penale; essa, di regola, deve costituire il contenuto princi-
pale del provvedimento legislativo e non, come spesso avviene, solo
una linea secondaria di ripiegamento rispetto alia disciplina giuridica
di materie non penali ed alle forme specifiche di responsabilità delle
parti interessate che da essa normalmente derivano 8.

b) Principio d i proporzionalità astratta. - Solo gravi violazioni di


diritti umani possono essere oggetto di sanzione penale. Le pene de-
vono essere proporzionali al danno sociale arrecato dalla violazione.

c) Principio di idoneità. - La violazione grave di diritti umani e il


principio di proporzionalità rappresentano solo' una condizione ne-
ccssaria, ma non sufficiente, per l ’introduzione di una pena. Il prin­
cipio di idoneità e gli altri principi di limitazione funzionale, indicano
altre condizioni, positive o negative, che riducono ulteriormente lo
spazio riservato alia legge penale. II principio di idoneità obbliga il
legislatore ad uno studio attento degli effetti socialmente utili che si
possono attendere dalla pena; non sussistono le condizioni per l ’in-
troduzione di una pena se, alia luce di un rigoroso controllo empirico
basato sull’analisi degli effetti di norme corrispondenti in altri ordi-
namenti, di norme analoghe dello stesso. ordinamento e su metodi
attendibili di prognosi sociologica, non appaíono provati o altamente
probabili degli effetti utili in relazione alle situazioni in cui vengono
minacciati gravemente dei diritti umani.

d) Principio di sussidiarietà. - Una pena può essere comminata


solo se si pub provare che non esistono altri interventi, diversi da

H Sui limili c sul carattere « marginale » della presa in carico di infrazioni, a titolo
Hiissidinrii), da parte del sistema punitivo in materie di competenza deU’ammmistrazione
Minnie ifr. r. i.ascoumiis [1 9 8 3 ]; ph . robert [1 985],
Dei Delitti e delle Pene ■3/85 453

quello penale, per rispondere alle situazioni in cui diritti umani sono
minacciati. Non basta dunque aver provato l ’idoneita della risposta
penale, occorre anche dimostrare che essa non sia sostituibile con
altri interventi di minore costo sociale.

e) Principio di proporzionalità concreta o principio di adeguatezza


dei costo sociale. - È provato che la pena produce alti costi sociali.
Essi non sono da valutarsi semplicemente dal punto di vista di un
calcolo economico dei costi e dei benefici, ma soprattutto dal punto
di vista dell’incidenza negativa che la pena può avere sulle persone
che ne divengono oggetto, sulle loro famiglie, sul loro ambito so­

STUDI
ciale e, piú in generale, sulla società stessa. Da quest’ultimo punto
di vista, va tenuto conto dei fatto che la violenza penale può aggra-
vare e riprodurre i conflitti nelle aree specifiche in cui essa inter-
viene: si pensi a reati che attengono a conflitti inter-individuali tra
soggetti tra i quali esistono già rapporti personali, in particolare ai
reati di ingiuria e lesioni. D ’altra parte vi sono casi assai evidenti
in cui l ’introduzione di misure penali produce problemi nuovi e piú
gravi di quelli che la pena pretende di risolvere (si pensi alia crimi­
na lizzazione delia interruzione delia gravidanza) e nei quali la pena
può cssere considerata una variabile essenziale nella struttura di un
problema sociale complesso. Si rifletta, a quest’ultimo riguardo, sulla
criminalizzazione dell’uso di alcolici in tempi passati, e oggi sul proi-
hizionismo in materia di stupefacenti. Sappiamo che è questo il prin-
cipalc fattore da cui dipende la struttura artificiale dei mercato delia
1 11 (>gii ’ e che questa a sua volta determina, attorno alia produzione
«i 1 nl 1:i circolazione delia medesima, forme illegal! di accumulazione
r mm eriminalità organizzata di estrema rilevanza; d’altra parte, come
r nolo, il proibizionismo rende piú grave e pericoloso 1’uso delia
d toga per i consumatori.
II problema dei costo sociale dell’intervento penale ha anche una
gi ai ide importanza se si considerano gli effetti ineguali delia pena
mu miulamiati e sul loro ambito familiare e sociale, effetti che dipen-
1 1 nu i niiche dal differente status sociale dei condannati stessi. L ’in-

" IVi mi I'sinnc approfondito dell’influenza della variabile «criminalizzazione» sul


tino oi11 ilrll'iilmol e quello della droga, dal punto di vista delia teoria economica,
ili li m i n / | 1076; 1985, 93 ss.].
454 Alessandro Baratta

cidenza negativa della pena, specialmente di quella career aria, nelle


famiglie dei condannati è assai maggiore negli strati sociali piú bassi
che in quelli piú alti. D ’altra parte, uno studio recente ha dimostrato
che Peffetto della pena sulla vita e lo status sociale futuro del con-
dannato è piú grave sui giovani detenuti provenienti dagli strati so­
ciali inferiori che su quelli appartenenti a strati sociali superiori.
Misurando questi effetti sulla base della traiettoria sociale caratteri-
stica dei soggetti in base alio strato di appartenenza si è visto infatti
che, mentre i giovani ex detenuti di famiglie piú agiate riescono
dopo un certo periodo a rimettersi nella traiettoria normale, i dete­
nuti di famiglie meno agiate restano per sempre segnati dalla pena
e permangono in una carriera al di sotto della traiettoria tipica del
gruppo di appartenenza 10.
Queste ultime considerazioni permettono di concludere che il prin­
cipio di proporzionalità concreta deve guidare la legge penale, anche
imponendo di tener conto della sua applicabilità a soggetti di diverso
status sociale. Da ciò deriva l ’esigenza di introdurre, per ragioni di
giustizia, nel regolamento delle sanzioni e di benefici quali la sospen-
sione condizionale, la semilibertà, la liberta condizionata e la diver-
sione, criteri atti a compensare e limitare le diseguaglianze degli effetti
della pena sui condannati ed il loro ambiente sociale. In questo senso
il principio di proporzionalità concreta imprime ai criteri programma-
tici che devono guidare il giudice, nella discrezionalità che gli è con-
cessa, nella applicazione delia pena e nella concessione di attenuanti
e di benefici, una direzione opposta a quella che nella attuale prassi
le decisioni giudiziali prendono quando vengono orientate da valuta-
zioni, come la prognosi di criminalità, le quali, come è noto, aumen-
tano gli svantaggi degli individui appartenenti agli strati sociali piú
b a ssi11.

10 Questo è uno dei risultati a cui ha condotto una ricerca svolta presso 1’École
de Criminologie delíTJniversità di Montreal (Canada); cfr. A. p . p i r e s , v . b l a n k e -
VOORT, P. LANDREVILLE [1 9 8 1 ].
11 Cfr. d . p e t e r s [1 9 7 3 ], la quale mostra, in una ricerca empirica sugli organi di
giustizia penale nella Germania federale, che nelle decisioni relative alia commisura-
zione delia pena e concessione di attenuanti od altri benefici, i giudici si orientano ad
uno stcrcotipo negativo di « criminale normale », i cui requisiti oggettivi e soggettivi
coincidono del tutto con quelli che determinano 1’appartenenza alie classi sociali piú
Dei Delitti e delle Pene ■3/83 455

f) Principio della implementabilità amministrativa della legge. -


Con l ’introduzione di questo principio si adopera un metodo argo-
mentativo che sposta, per l ’occasione, le basi del discorso sul ter­
reno dell’immaginario avversario. Si assumono, cioè, le premesse di
un discorso tecnocratico per mostrare e utilizzare le conseguenze
contraddittorie di esso rispetto al suo caratteristico orientamento,
tendente alia conservazione del sistema punitivo attraverso la razio-
nalizzazione (e generalmente anche l ’espansione) di esso.
La selettività del sistema penale nel reclutamento della propria
clientela, costituita da individui appartenenti alle classi sociali piú

STUDI
basse, non dipende solo dal fatto che il sistema rillette e riproduce
le situazioni di diseguaglianza esistenti in una società, ma ha una ulte-
riore origine strutturale. Questa consiste nella grandissima discre-
panza che esiste tra la previsione di sanzioni per determinati compor-
lamenti delittuosi nella legge penale e le risorse degli apparati am-
ministrativi e giudiziari che hanno il compito di realizzare le previ-
sioni legislative.
Pertanto, anche in una considerazione che prescindesse dalle varia-
Itili sociali della sua selettività, la giustizia penale si presenta come
un’organizzazione che non può che funzionare selettivamente, cioè
dirigendo le pene contro una parte infinitesimale dei suoi clienti po-
lenziali, gli infrattori della legge. Applicando concetti propri della
sociologia dell’organizzazione, si dirà che il sistema penale presenta
unn lorte inadeguatezza delle risorse in esso allocate per l ’implemen-
inzione dei programmi d’azione, cioè per l ’applicazione della legge
penale.
I Ina maniera di legittimare questo funzionamento selettivo è dive-
iinln alluale in Germania con la cosiddetta teoria della prevenzione-
miegiazione [ a . b a r a t t a , 1 9 8 4 ; G. s m a u s , 1 9 8 5 ] : questa considera
11 soggetlo punito come portatore di una funzione punitiva [g . j a -
mhis, 198.31 incentrata sul ristabilimento della fiducia nell’ordina-
11o*i 11<> scosso dalla violazione delle leggi. Ma questa legittimazione
aviai dubbia copre la realtà del funzionamento del sistema, che è
poh'iibile inlerpretare come il sacrifício simbolico del condannato

iltlmli (i>ii-iiiliftà tlella situazione lavorativa, finanziaria ed abitativa; dissesto fami-


lliin , IiiOiHii livello di istruzione, ecc.).
456 Alessandro Baratta

quale capro espiatorio 12, mentre la maggior parte degli infrattori ri-
mane impunita.
11 funcionamento diseguale della giustizia penale ha quindi nella
discrepanza tra risorse amministrative e programma legislativo una
sua causa strutturale. Se non si vuole accettare come fisiologica l ’esi-
stenza di una larghissima cifra oscura della criminalità e la realizza-
zione della funzione punitiva attraverso capri espiatori, non vi sono
teoricamente che due possibilità: o adeguare le risorse ai programmi
d’azione legislativi, oppure ridimensionare i programmi di azione in
base alle risorse disponibili o allocabili nel sistema. La prima alter­
nativa è esclusa, non solo per 1’impossibilità di un gigantesco investi­
mento, i cui soli costi economici mai potrebbero equilibrare gli even-
tuali effetti utili del sistema stesso, ma anche per l ’insostenibile costo
sociale di una operazione di effettivo adeguamento, che resta comun-
que una ipotesi solo teorica: una militarizzazione della giustizia pe­
nale e dello Stato. Resta quindi aperta solo 1’altra possibilita, quella
di un adeguamento dei programmi alle risorse' esistenti o allocabili
nel sistema. L ’applicazione concreta del principio dell’implementa-
bilità amministrativa della legge basterebbe da sola a ridurre drasti­
camente al minimo l ’area di intervento della legge penale 13.

g) Principio del rispetto per le autonomie culturali. - Gli studi


sulla relazione fra conflitti culturali e criminalità, cosi come gli studi
sulle subculture criminali compiuti all’interno del paradigma ezio-
logico della criminologia tradizionale, hanno fatto intravedere un pro-

12 Cfr. in questo senso le osservazioni conclusive nel mio studio dedicate alia
teoria della prevenzione-integrazione [ a . b a r a t t a , 1984].
13 Dalle ricerche finora compiute non è possibile fare quantificazioni precise sulla
cifra oscura globale e la percentuale di selettività dei sistemi penali contetnporanei.
Tuttavia sembra del tutto plausibile ritenere valida anche per gli altri paesi europei la
stima fatta da l . h u l s m a n per l’Olanda [1985, 10]. Secondo Hulsman, anche pren­
dendo come riferimento la criminalità cosiddetta tradizionale, la percentuale degli
eventi « criminalizzati» rispetto a quelli criminalizzabili secondo il diritto penale
vigente sarebbe di molto inferiore all’uno per cento. Giustamente Hulsman osserva
che i calcoli della cifra oscura fatti con il mctodo della inchieste anonime sullc vit-
time danno una rappresentazione della quantità degli eventi criminalizzabili di mollo
inferiore alia realtà. Basti tener conto che le ricerche di questo tipo non possono con­
siderate le infrazioni senza vittime individuali. Si può certamente sotto.scrivere la
conclusione ileH'aiitore, che « la non criminalizza/.ione degli eventi eriminalizzahili è la
regola, la eriminali/zaziime I’eeeezione » | 1985, 10 |.
Dei Delitti e delle Pene ■3/8 5 457

blema di grande importanza, che deve essere affrontato con deci-


sione anche all’interno del paradigma della reazione sociale. Si tratta
di elaborare una visione realistica e critica del sistema penale te-
nendo conto del fatto che esso è una parte del processo generale di
« colonizzazione » dei mondi di vita di gruppi sociali differenti da
parte del sistema [ j. h a b e r m a s , 1 9 8 1 ], e che esiste una difierente
percezione della realtà, delle norme e dei valori sociali nei diversi
gruppi che compongono la società, parzialmente condizionata da parte
dei gruppi dominanti e della loro cultura egemone. Al contrario,
1’ideologia penale è ancora oggi debitrice del mito durkheimiano di

STUDI
una coscienza sociale che integra tutti i membri di una società, in
particolare nel momento della violazione delle norme 14. Non si tiene
conto del fatto che la percezione e la deiinizione di certi compor-
lamenti come delittuosi o socialmente negativi all’interno di una cul-
lura dominante trovano come corrispettivo, a volte, rappresenta-
zioni assai diverse in differenti gruppi sociali e subculture. Questo
risulta con evidenza dagli studi storici sulla percezione degli « ille­
gal ismi popolari » e delle resistenze collettive da parte delle classi
subalterne [ d . b l a s i u s , 1976, 23 ss.].
Questo tema, analizzato alle sue radici, impone interrogativi di
Iundo sull’intero sistema del controllo sociale che sopravanzano gli
nhietlivi di una politica a corto e a medio tempo di minimo inter­
v en e penale. Ma anche in una prospettiva che si limiti agli aspetti
i h i problema operazionalizzabili all’interno di una tale politica, deve
r<etere indicata, come esigenza fondamentale di un diritto penale
niiciiinlo al rispetto dei diritti umani, quella di tener conto della per­
il'/,lune specifica della realtà e dei valori presso le minoranze etniche
i' in'i gruppi che rappresentano culture differenziate all’interno di
iIr 11 11 iiiimlc società. Ne deriva un ulteriore limite funzionale della
Irggr penale, che put) essere enunciato dicendo che manca una con-
iII /ii me necessaria per la criminalizzazione di certi comportamenti
111111 in 111 cssi possono essere considerati normali all’interno di sotto-
•1111111 <- lien delimitate |’ií. R- Z A E I ' A r o n i , 1985a, 91 ss.]. Questo limi-
I»1, d all rn purie, non 6 die la conseguenza stessa del principio generale

M In iii"" !" « ‘ lino, Un lii piii iw iile l e i l e i u l i l l ’ll, III t 'r i li c n i l i D u rk h cin i tli c ii.
N t)U «m I I'lH l | r il l II MAM It A | i m l ,
456 Alessandro Baratta

quale capro espiatorio 12, mentre la maggior parte degli infrattori ri-
mane impunita.
11 funzionamento diseguale della giustizia penale ha quindi nella
discrepanza tra risorse amministrative e programma legislativo una
sua causa strutturale. Se non si vuole accettare come fisiologica l ’esi-
stenza di una larghissima cifra oscura della criminalità e la realizza-
zione della funzione punitiva attraverso capri espiatori, non vi sono
teoricamente che due possibilità: o adeguare le risorse ai programmi
d’azione legislativi, oppure ridimensionare i programmi di azione in
base alle risorse disponibili o allocabili nel sistema. La prima alter­
nativa è esclusa, non solo per 1’impossibilità di un gigantesco investi­
mento, i cui soli costi economici mai potrebbero equilibrare gli even-
tuali effetti utili del sistema stesso, ma anche per l ’insostenibile costo
sociale di una operazione di effettivo adeguamento, che resta comun-
que una ipotesi solo teorica: una militarizzazione della giustizia pe­
nale e dello Stato. Resta quindi aperta solo 1’altra possibilità, quella
di un adeguamento dei programmi alle risorse' esistenti o allocabili
nel sistema. L ’applicazione concreta del principio dell’implementa-
bilità amministrativa della legge basterebbe da sola a ridurre drasti­
camente al minimo l ’area di intervento della legge penale 13.

g) Principio del rispetto per le autonomie culturali. - Gli studi


sulla relazione fra conflitti culturali e criminalità, cosi come gli studi
sulle subculture criminali compiuti all’interno del paradigma ezio-
logico della criminologia tradizionale, hanno fatto intravedere un pro-

12 Cfr. in questo senso le osservazioni conclusive nel mio studio dedicate alia
teoria della prevenzione-integrazione [ a . b a r a t t a , 1984].
13 Dalle ricerche finora compiute non è possibile fare quantificazioni precise sulla
cifra oscura globale e la percentuale di selettività dei sistemi penali contemporanei.
Tuttavia sembra del tutto plausibile ritenere valida anche per gli altri paesi europei la
stima fatta da l . h u l s m a n per l’Olanda [1985, 10]. Secondo Hulsman, anche pren­
dendo come riferimento la criminalità cosiddetta tradizionale, la percentuale dcgli
eventi « criminalizzati» rispetto a quelli criminalizzabili secondo il diritto penale
vigente sarebbe di molto inferiore all’uno per cento. Giustamente Hulsman osserva
che i calcoli della cifra oscura fatti con il metodo della inchieste anonime sulle vit-
time danno una rapprescntazione della qunntità dcgli eventi criminalizzabili di mollo
inferiore alia realtà. Basti tcner con to che le ricerche di questo tipo non possono con
sidcrarc le infrazioni scnza viltimc individuali. Si può certamente sottoseriverc la
conelusione dell’autore, elic « la non criminalizzazionc degli eventi eriminalizzabili è la
rrgola, la eriminalizzazi(ate reeeezione » | 1985, 1(11.
Dei Delitti e delle Pene - 3 / 85 457

blema di grande importanza, che deve essere afirontato con deci-


sione anche all’interno del paradigma della reazione sociale. Si tratta
di elaborare una visione realistica e critica del sistema penale te-
nendo conto del fatto che esso è una parte del processo generale di
« colonizzazione » dei mondi di vita di gruppi sociali differenti da
parte del sistema [ j. h a b e r m a s , 1 9 8 1 ], e che esiste una differente
percezione della realtà, delle norme e dei valori sociali nei diversi
gruppi che compongono la società, parzialmente condizionata da parte
dei gruppi dominanti e della loro cultura egemone. Al contrario,
l’ideologia penale è ancora oggi debitrice del mito durkheimiano di

ST U D S
una coscienza sociale che integra tutti i membri di una società, in
particolare nel momento della violazione delle norme 14. Non si tiene
conto del fatto che la percezione e la definizione di certi compor-
lamenti come delittuosi o socialmente negativi all’interno di una cul­
tura dominante trovano come corrispettivo, a volte, rappresenta-
zioni assai diverse in differenti gruppi sociali e subculture. Questo
risiilta con evidenza dagli studi storici sulla percezione degli « ille­
gal ismi popolari » e delle resistenze collettive da parte delle classi
subalterne [ d . b l a s i u s , 1976, 23 ss.].
Questo tema, analizzato alle sue radici, impone interrogativi di
luiulo sull’intero sistema del controllo sociale che sopravanzano gli
ohiellivi di una politica a corto e a medio tempo di minimo inter-
vi'iilo penale. Ma anche in una prospettiva che si limiti agli aspetti
del problema operazionalizzabili all’interno di una tale politica, deve
murro indicata, come esigenza fondamentale di un diritto penale
in lei 11nto a I rispetto dei diritti umani, quella di tener conto della per-
le/lnne spcciiica della realtà e dei valori presso le minoranze etniche
e nei gruppi che rappresentano culture differenziate all’interno di
«l< 11 1111iMule società. Ne deriva un ulteriore limite funzionale della
li gcr penale, che può essere enunciate dicendo che manca una con-
dl/liiiie ncecssaria per la criminalizzazione di certi comportamenti
1111,111<lit essi possono essere considerati normali all’interno di sotto-
i nil in e ben delimitate I E. a. ZAEFARONI, 1985a, 91 ss.]. Questo limi­
te, 1 1‘o111 o parie, non ò che la conseguenza stessa del principio generale

In i |i n m 11 « c n tii, 11 it lii p iii I'pivnlt" let I eiiit ill'll. In crilicH d i D t ir k h c im di cu.


tM m iiy «i | m i n i r ill h. m a m a | i ‘)K ti|,
458 Alessandro Baratla

del minimo intervento penale il quale, da questo punto di vista, si


iscrive in una concezione della società non solo egualitaria, ma anche
antitotalitaria, una concezione nella quale si concede alia devianza
e alia diversità il massimo spazio compatibile con le esigenze minime
dell’ordine dei rapporti sociali [ a . b a r a t t a , 1982, 208 ss.].

h) Principio del primato della vittima. - La posizione della vittima


nel sistema penale è oggi al centro dell’attenzione degli studiosi.
Sono state messe in rilievo le gravi distorsioni che il sistema penale
presenta quando esso è valutato alia stregua degli interessi della
vittima; a questo livello si può constatare la quasi assoluta espro-
priazione del diritto di articolare i propri interessi che si realizza
con l ’intervento del diritto penale, specialmente quando si rifletta
sul ruolo della vittima nel processo [ d . k r a u s s , 1 9 8 4 ]. La pretesa
del sistema penale di tutelare interessi generali che vanno al di là
di quelli della vittima è generalmente ingiustificata. Da questo punto
di vista è stata indicata con Petichetta programmatica di « priva-
tizzazione dei conflitti » una strada verso la quale, in una buona
parte dell’area dei conflitti sui quali incide la legge penale, potrebbe
orientarsi con successo una strategia di decriminalizzazione [ l . h u l s -
MAN, J. BERNAT DE C E L IS , 1982; N. C H R IS T IE , 1 9 7 7 ].
Sostituire in parte il diritto punitivo con il diritto restitutivo;
ridare alia vittima e, piú in generale, ad entrambe le parti di con-
ilitti inter-individuali maggiori prerogative, che li mettano in grado
di ristabilire autonomamente il contatto turbato dal delitto; assicu-
rare maggiormente i diritti di indennizzazione della vittima: sono
quesle altrc importanti indicazioni per la realizzazione di un diritto
penale del minimo intervento e per la diminuzione dei costi sociali
della penn.

' I principi general/ di limitazione personale o principi limita-


llvi della leapoimabililil penale sono i seguenti:

a) I ' i in, ipin dell,i ini/iiit,izidiic personale o principio di persona-


lini I a pi int |iihi ef.'iere applicala solo alia persona o alle persone
11•*I«la ani i hi ilell'a.-iiine deliiluosa. II principio di personalità esclu-
d. <ifit 11 11ti 11i>i ill 11 xpi a inal >i I i I il nggetliva o per fatto altrui, e quindi
Dei Delitti e delle Pene ■3/85 459

l ’applicazione di sanzioni penali per le violazioni di diritti umani


che non siano riconducibili con un nesso causale diretto al comporta­
mento di persone fisiche. Ne derivano limiti rigorosi alia configura-
bilità di fattispecie penali di pericolo astratto [ g . f i a n d a c a , 1 9 8 4 ].
II principio delPimputazione personale si riferisce a persone fisiche
ed esclude quindi ogni forma di responsabilità di persone giuridiche
e di enti morali. Si potrebbe obiettare che imponendo al sistema
penale questo limite, si rinuncia alia difesa nei confronti di viola­
zioni anche gravi di diritti umani, che derivano dall’azione di com-
plessi organizzati, come società ed imprese, nei quali è difficile lo-

STUDI
calizzare responsabili individuali, mentre, anche quando questo fosse
possibile, i veri beneficiari del lucro delPattività delittuosa restereb-
bero comunque fuori da un’azione repressiva.
Ma un simile argomento, invece di essere invocato per l’esten-
sionc della responsabilità penale a persone giuridiche, può essere
meglio utilizzato per indicare i limiti strutturali del sistema penale
ncll’ailrontare alcune tra le situazioni piú socialmente negative. Se
%i rinuncia al mito dell’onnipotenza del sistema penale e ci si sottrae
hIIii tcntazione di superare i limiti tradizionali che ad esso sono
impost! in uno Stato di diritto, si potrà con maggior realismo af-
11on Iare il problema delle violazioni di diritti umani derivanti dal-
1'ii/ionc dei grandi complessi organizzati con sanzioni e disincentivi
i lie, nl di fuori del sistema delle pene personali e con maggiore effi-
i .it in, colpiscano l ’organizzazione nel suo nucleo essenziale, cioè
in Hit libcrlà di operazione e nel patrimonio.

b) I’l'hit'ipio della responsabilità per I’atto. - Enunciando questo


piiiiiipio si respinge qualunque forma di diritto penale dell’autore
i si iiiiiulicnc solo il. diritto penale dell’azione. Nessuna responsabi-
llni pm,ilc può farsi derivare da caratteristiche personali dell’im-
puliilu '.iiNsi1111ihi 1i in un tipo di autore, ma unicamente da carat-
n i Hilt In- del comportamento che lo rendano sussumibile in un tipo
■li ii oi11 picvislo dalla legge e imputabile ad un atto volontario di
■hi il iiipgd 111 c slalo capace di intendere il senso sociale, nel caso
di ""n id ii di clà supcriore ad un’età minima stabilita dalla legge.
In pai Hi oliiic, nessuna conseguenza penale in senso stretto, cosi
i min in 'on11hi misura clic implichi internamento coattivo possono
460 Alessandro Baratta

farsi derivare, in sostituzione o in concorso con la realizzazione


di una figura delittuosa, dalla « pericolosità sociale » di un soggetto ,5.
II principio di responsabilità per l ’atto si estende a tutto il diritto
penale inteso in senso lato comprendendosi in questo il diritto pe­
nale minorile e il regime delle misure di sicurezza per gli adulti. Sono
questi ultimi, di fatto, i settori nei quali il vecchio concetto positivi-
stico della pericolosità dell’autor e continua, nella maggior parte degli
ordinamenti, ad esercitare i propri efíetti nel sistema penale inteso
in senso lato. La conseguenza perversa di ciò è che, con rispetto alle
garanzie giuridiche che devono competere a tutti i clienti del sistema
penale secondo i principi dello Stato di diritto, sono proprio i minori
e gli adulti non imputabili i soggetti meno garantiti, per essere con-
siderati come soggetti meno o non responsabili; mentre il regime di
internamento cui sono sottomessi ha gli stessi, se non maggiori ef-
fetti repressivi e stigmatizzanti delle misure privative della libertà
cui sono sottoposti gli adulti « imputabili ».
L ’attuale discussione nell’ambito delle scienze psicologiche e psi-
chiatriche indica che i fondamenti su cui sono costruiti i concetti
dogmatici di autore imputabile, semi-imputabile e non imputabile,
e le relative tecniche giudiziali di accertamento, vivono oggi una crisi
profonda di cui la teoria giuridica del reato non può continuare a
non tener conto 16. Si impone ormai un lavoro di ridefinizione di un
concetto di responsabilità penale che serva per tutta l ’area del diritto
penale inteso in senso lato e permetta di assicurare a tutti i soggetti
limiti perentori di durata per ogni misura di internamento coattivo
prevista come conseguenza giuridica della realizzazione di una figura

15 L ’attuale discussione sul concetto di « pericolosità sociale » ha messo in rilievo


il suo carattere problemático, tautologico e amorfo. Per gli orientamenti critici che
emergono in tale discussione, cfr. gli « Atti delle V III giornate di criminologia cli­
nica [ a a .v v ., 1982] e, tra la vasta letteratura, j. w. h ard in g [1 9 8 0 ]; c h . d e b u y s t ,
a cura di, [1 9 8 1 ]. Da ultimo cfr. o. d e l e o n a r d is [1 9 8 5 ]; t . b a n d in i , u . g a t t i [1985].
16 Tali considerazioni hanno trovato ampia conferma all’interno di un ricco ed
approfondito dibattito in un recente convegno internazionale sul rapporto tra psichia-
tria e diritto tenutosi a Firenze dal 15 al 17 marzo 1985 (« Legislazione sanitaria e
status del malato di mente ») e in un convegno nazionale svoltosi dal 23 al 25 marzo
dello stesso anno in Castiglione delle Stiviere (Mantova) (« L ’istituzione psichiatrica
giudiziaria nel servizio sanitario nazionale e nel sistema penale » ). Cfr. anche f . m o l i -
NARI [1980; 1985]; M. b e r t o l in o [1 9 8 1 ]; F. g i b e r t i [1 9 8 3 ]. Da ultimo cfr. m . g .
GIANNICHEDDA [1 986].
Dei Delitti e delle Pene ■3/8? 461

delittuosa attraverso un atto I7. Entro i limiti massimi di durata, le


caratteristiche dell’autore, anche successive all’atto delittuoso, de-
vono essere prese in considerazione dall’ordinamento esclusivamente
alio scopo di permettergli di esercitare, in regimi di detenzione dif-
ferenziati, i suoi diritti all’istruzione e/o alle cure mediche e psichia-
triche eventualmente necessarie, o di dargli accesso ai diversi bene-
fici che la legge deve con larghezza prevedere per limitare o evitare
le conseguenze negative dell’intervento coattivo (sospensione condi-
zionale della pena, libertà anticipata, semilibertà, misure alternative
alia detenzione, diversione).
Costruire un concetto unitário di responsabilità penale che riservi

STU D S
Pincapacità penale di diritto ai soli soggetti di età inferiore alia mi­
nima stabilita, non può significare, naturalmente, estendere l ’ambito
di applicazione della legge penale a comportamenti che integrano
« oggettivamente » figure delittuose, ma non possono essere consi-
derati come un atto compiuto con capacità di intenderne il senso so­
ciale. Significa, al contrario, restringere l ’area delle sanzioni previste
dal diritto penale inteso in senso lato ai soli atti responsabili met-
Icndo fine una volta per tutte all’esistenza anacronistica e ambigua
di un sistema punitivo parallelo per soggetti con disturbi psichici.
Nel caso che si ammetta la responsabilità penale per il comporta­
mento, la presenza di disturbi psichici antecedenti all’azione delit-
luosa deve essere considerata in sede di accertamento delPesigibilità
sociale del comportamento conforme alia legge e delle attenuanti.
I disturbi psichici antecedenti o successivi al comportamento delit-
luuso devono venire considerati in sede di specificazione del tipo
di regime detentivo o di concessione dei benefici previsti per limitare
o evitare le conseguenze negative dell’internamento coattivo, che è
gencralmente incompatibile, come l ’esperienza insegna, con le finalità
di im moderno trattamento terapêutico. Se è esclusa la responsabilità
penale, la circostanza di aver attuato un comportamento oggettiva-
menic sussumibile in una figura delittuosa non deve impedire che al

11 In i|iii'sl;i direzione si muoveve il disegno di legge n. 177 dei Senatori, Grossi,


<iik/\ ed nlli i del gruppo parlamentare comunista, comunicato alia presidenza del
Nhiiiih II ,>') selleinbre 1983, poi ritirato ed attualmente in corso di modifica. Su tali
|imi<i ill r m11In atliiale problematica dell’imputabilita del malato di mente cfr., anche
|i » i 11 1111 Ii i i i inclicuzioni bibliografiche, T. bandini, u. g a tti [1 985].
462 Alessandro Baratta

soggetto sia applicato il normale trattamento medico o psichiatrico.


Si tratta di sostituire l ’attuale sistema punitivo parallelo per i sog­
getti con disturbi psichici attraverso 1’estensione ad essi della disci­
plina giuridica normale, elaborata secondo le concezioni moderne e
progressiste, al di fuori di qualsiasi implicazione con la potestà puni­
tiva dello Stato e con il massimo rispetto della persona e le piú ampie
garanzie per i suoi d iritti18.
Nella piú recente discussione è emersa chiaramente la contraddi-
zione rappresentata dall’esistenza di « manicomi criminali », istitu-
zioni anacronistiche e ancora piú altamente repressive e distruttive
dello stesso cárcere, poste in una zona neutra, fra il sistema carce­
rário e il sistema del diritto al trattamento terapeutico adeguato per

18 I sistemi punitivi paralleli che esistono al presente, in Italia e in altri paesi


nelle aree degli adulti con disturbi psichici e dei tninori, cioè i manicomi giudiziari,
le case di cura e di custodia ed i riformatori, devono essere anche considerati come si­
stemi paralleli di intervento istituzionale con riguardo al regime degli interventi norm ali
in queste aree, la cui realizzazione è prevista senza alcuna implicazione o con minori
implicazioni con il funzionamento degli organi della giustizia penale. Tali implica-
zioni comportano una serie di conseguenze per quanto riguarda il quadro istituzionale
e il contenuto degli interventi, le quali, come ormai è generalmente risaputo, fanno
entrare gli interventi in gravissime contraddizioni con le loro finalità uflicialmente di-
chiarate, impedendo o limitando la realizzazione di forme e contenuti in armonia con
i piú progrediti orientamenti scientifici e pratici, in particolare le possibilità di deisti-
t uzionalizzazione.
Per quanto riguarda l’area degli adulti con disturbi psichici la presenza parallela
dei due ordini di istituzioni all’interno del sistema della giustizia penale potrebbe
logicamente giustificarsi solo sulla base di due condizioni: l’esistenza di una diversa
natura giuridica dei due ordini di istituzioni risultante dallo specifico fondamento dei
due tipi di internamento coattivo, e /o di loro finalità specifiche. La prima condizione
si realizzerebbe se si potesse continuare a ritenere valido e consistente, accanto al con­
cetto di responsabilità penale, come fondamento dell’internamento carcerario, un con­
cetto di « pericolosità sociale » dell’autore come fondamento della reclusione in mani-
comio giudiziario o in casa di cura e custodia. Ma ciò appare sempre piú largamente
messo in dubbio, sulla base della esperienza scientifica e pratica. La specificazione, nel
senso del « doppio binario », potrebbe solo fondarsi, dunque, sulla sostanziale diver­
sity dclle funzioni uflicialmente dichiarate. In presenza di sistemi penitenziari uffi-
cinlmcnte finalizzati solo al trattamento e alia risocializzazione, come quello italiano
dopo la rtforma del 1975 e quello tedesco occidentale dopo la riforma del 1974. nem-
meno questa seconda condizione si realizza. A buon diritto ci si domanda: se il car-
core dovrebbe avere funzioni di trattamento e di risocializzazione cosi come dovreb-
bcro avcrle le misure di internamento per soggetti con disturbi psichici, e se d’altrn
parte la legislazione prevede la specificazione dei regimi di reclusione, di semiliberlà
e cli libertà, in ragione delle caratteristiche e dei bisogni di cura e di trattamento
dei soggetti, che senso ha mantenere il parallelismo dei due ordini di istituzioni?
Dei Deiitti e delle Pene ■3/85 463

i soggetti con disturbi psichici, cosi come la grave contraddizione


pratica e giuridica rappresentata dall’accumulazione di pene e mi si ire
di sicurezza 19.
Alio stesso modo deve essere eliminate ogni sistema punitivo pa-
rallelo per i minori incapaci penalmente perché al di sotto dell’eta
minima. Ad essi si applicherà la normale disciplina giuridica che deve
regolare, secondo i piú moderni principi pedagogici e nel pieno
rispetto della persona del minore e dei suoi diritti, il sistema del-
1’educazione pubblica e dell’assistenza ai minori.

c) Con il principio della esigibilità sociale del comportamento

STUD)
conform e alia legge viene indicata 1’esigenza di definire su un piano
rigorosamente tecnico-giuridico i requisiti normativi adatti a rego­
lare l’accertamento giudiziale di quella ulteriore condizione per
I’ascrizione di responsabilità penale che corrisponde, nella dogmatica
del reato, al concetto di colpevolezza. Tale esigenza trova riscon-
iro nel lavoro, già da tempo iniziato all’interno della piú avan-
zala dottrina giuridica, diretto alia depurazione del concetto di col-
Iicvolezza dagli elementi metafisici e morali che tradizionalmente
sono stati implicati in esso, come il libero arbitrio e la riprovevolezza
(o disvalore della « Gesinnung », cioè dell’atteggiamento interiore
del soggetto)20.
In una costruzione dommatica centrata sul contesto situazionale
ild l’nzione piuttosto che su un «elem ento interiore» tanto difficil-
iiidilc operazionalizzabile, come l’esperienza teórica e pratica in-
'ifgini, miilrebbero definite le seguenti serie di requisiti normativi:

I. Ciiu.se di non esigibilità sociale del comportamento conforme


dll.i legge c criteri per il suo accertamento in relazione al contesto
hliiid/.iomile dcITazione e ai ruoli sociali o istituzionali ricoperti dal
xiiggelin iid la situazione problematica.

"i l l Mill INAUI [1 9 8 0 ]; a. m a r g a r a [1 9 8 0 ]; f . g i b e r t i [1 9 8 3 ], p er i re ce n ti


I
nth in,mi, nil v erse in iilx ilizion e del m an ico m io giu d iziario in Ita lia e la d iscussion e
«.il i-i|.|n ii ii ihi |i!iii lii;iin n e scien za giu rid ica c fr. in o ltre la m onografia di A. m an a-
i I MI M | I 'l f l ,1 |
*' I ' mi i It i din iiit-nl e sign ificativi son o in q u esta direzio ne i c o n trib u ti re ca ti da
tl H I «I III III r W C fr . G. ELLSCHEID, W. HASSEMER [1 9 7 5 ]; W. HASSEMER
IIA N N H M H R .

|l«m, I
464 Alessandro Baratla

2. Criteri di valutazione dello spazio di alternative comporta-


mentali disponibile al soggetto nella situazione problematica di cui
ha fatto parte l ’azione 21.

P arte II

I principi extrasistematici del minimo intervento penale si possono


dividere in due gruppi:

1) Principi extrasistematici di decriminalizzazione;

2) Principi metodologici della costruzione alternativa dei con-


flitti e dei problemi sociali.

1. Principi extrasistematici di decriminalizzazione. - La maggior


parte dei principi intrasistematici funzionano anche come principi
didecriminalizzazione, per il fatto che essi indicano le condizioni
relative al rispetto dei diritti umani senza la reglizzazione delle quali
il mantenimento delle leggi penali non può ritènersi giustificato, im-
ponendosi pertanto un’opera di eliminazione parziale o totale di fi­
gure delittuose, ovvero cambiamenti che riducano qualitativamente
e quantitativamente la violenza punitiva.

21 L ’orientamento della politica del minimo intervento penale verso le idee di giu­
stizia e di eguaglianza impone di considerare la diversa ampiezza dello spazio di alter­
native comportamentali a disposizione degli individui nelle situazioni problematiche
anche in relazione ai loro diversi status sociali. Generalmente sono gli individui ap-
partenenti agli strati sociali piú bassi quelli che dispongono di uno spazio di alterna­
tive piú ristretto. La costruzione dogmatica e la legge penale dovrebbero compensare
la loro situazione di svantaggio tenendo conto, da una parte, che anche gli spazi di
alternative di condotta sono, come altre risorse, disegualmente distribuite tra gli in­
dividui secondo il loro status sociale e, dall’altra, di cause specifiche di esigibilità di
un comportamento conforme o di attenuanti relative a situazioni di pressione in
cui possono trovarsi gli individui appartenenti ai gruppi sociali piú deboli. Cfr., in
questo senso, la teoria della « concolpevolezza» (co-culpalidad) sviluppata da E. R.
Zaffaroni, con particolare riferimento allegrandi differenze sociali nelle società peri-
feriche, come principio di graduazione delrim provero che può essere fatto agli autori
di reati. Questo principio tiene conto del diverso « spazio sociale» di cui essi go-
dono, in corrispondenza delle diseguali condizioni economiche e delle situazioni di
« carenza sociale », delle quali, prima che agli individui, deve esser fatto carico sillii
società [ e . r . z a f f a r o n i , 1982, 65 ss., 74; 1983, 314; 1985, 97 ss.].
Dei Delitti e delle Pene - 3 / 85 465

In questo paragrafo si considerano altri principi di una politica


di decriminalizzazione che, diversamente da quelli sopra indicati,
implicano l ’adozione di un punto di vista esterno ai sistemi penali
esistenti.

a) II principio del non intervento utile indica che l ’alternativa alia


criminalizzazione non è sempre un’altra forma di controllo sociale for-
male o anche informale. Come si è visto sopra, un principio generale
di politica alternativa è quello di assegnare il piú ampio spazio di
libertà per il diverso, compatibilmente con le esigenze minime di un
ordine giusto. Una rigorosa economia del controllo sociale corrisponde

STUDI
all’idea di una società egualitaria e libera, e può diventare un mo­
mento importante del processo di emancipazione dell’autonomia degli
individui e dei gruppi, che tende ad arrestare e diminuire la « colo-
nizzazione » del proprio « mondo vitale » da parte del sistema 22.

b) Principio della privatizzazione dei conflitti. - Ad esso si è fatta


11II11sione nella parte precedente, con riferimento ai principi di pro-
porzionalità concreta e del primato della vittima. Si tratta della stra-
li'gin di « riappropriazione dei conflitti » che considera le possibilita
ill hi>sIituire parzialmente l ’intervento penale con forme di diritto re-
ililulivo e accordi fra le parti all’interno di istanze pubbliche e comu-
iill a lie di riconciliazione.

i ) II principio della politicizzazione dei conflitti indica una direzione


' i|•)it triIn ,
inn complementare, a quella indicata dal principio della pri-
■ hi. n/h me, nella strategia del minimo intervento punitivo. Questo
I■111ii 11 iii) prcnde in considerazione una caratteristica fondamentale del
' ii niii penale: il suo modo di intervenire sui conflitti. II sistema pe-
Hdi j’enenilmcntc, reprime i conflitti e ne favorisce la loro costru-
i"i„ in un am hi to técnico che li priva delle loro reali connotazioni
l* 'InH In Si pensi ad ambiti assai vasti, come la sicurezza del lavoro

I' ■ mill iililU/iiziime del concetto fenomenologico di «mondo vitale» (Lebens-


‘ ■ i i. i ile . ,i iii <• di a . sc n u T Z in questo senso e per i concetti di sistema (Stato
i •• "iliiI • ill iiiliniizziizionc del mondo vitale da parte del sistema cfr. j. h a b e r -
'i i l l n r n , -I-I / hh. |. Un’applicazione di questi concetti per un’analisi critica
I Hi ' i. i " i 111 inn iillicn nello sviluppo attuale dei sistemi punitivi è stata fatta da
■ - i ' I I 11' hi | I'ei gli iispclli gcnerali del problema cfr. anche A. b a r a t t a [1 985].
466 Alessandro Baratta

e del transito, la corruzione amministrativa, le relazioni fra mafia e


potere legittimo in alcuni paesi, le gravi deviazioni degli organi mili-
tari e dei servizi segreti.
In ambiti come questi si tratta, innanzitutto, di restituire ai con­
flitti le loro dimensioni politiche e considerare poi, come alternativa
al loro trattamento « penale », forme di intervento istituzionale affi-
date non solo agli organi amministrativi, ma anche e soprattutto a
quelli della rappresentanza politica, assicurando cosi la partecipazione
e il controllo popolare nella gestione delle contraddizioni piú rilevanti
del sistema politico. Sono queste le misure piú adeguate alia natura
di tali contraddizioni e sono inoltre quelle che possono assicurare tra-
sparenza pubblica agli aspetti fondamentali della lotta delle classi po-
polari contro i rapporti di sfruttamento e di dominazione. General-
mente la costruzione nell’ambito della logica del sistema penale è ina-
deguata e riduttiva nei confronti di materie di grande portata politica
come quelle sopra indicate.

d) II principio della conservazione delle garanzie form ali esige che,


nel caso di trasferimento dei conflitti al di fuorí del campo delPinter-
vento penale verso altre aree del controllo sociale istituzionale o co­
munitário, la posizione dei soggetti non sia ricondotta ad un regime
di minori garanzie rispetto a quello formalmente previsto dal diritto
penale. Nell’indicare questo principio si fornisce una risposta ad argo-
menti che spesso vengono utilizzati contro la decriminalizzazione e
che consistono nell’accentuare i rischi che deriverebbero, per esempio,
dal trasferimento di materie penali verso forme di controllo ammini-
strativo.
Utilizzando simili argomenti si pretende di affermare una prero-
gativa del diritto penale: questo fornirebbe piú estese garanzie ai
soggetti e maggiore trasparenza ai conflitti [ w . h a s s e m e r , 1981,
224 ss., 299 ss.]. Ma queste prerogative del diritto penale non tro-
vano riscontri nella realtà. D ’altra parte, l ’esigenza di garanzia e tra­
sparenza può essere soddisfatta in ogni area di intervento non-penale
conformemente alia sua specifica natura, se esistono la volontà e la
forza politica necessarie ed una immaginazione sociologica e proget-
tuale adeguata alle esigenze di una politica emancipativa ed innova-
tiva del diritto.
Dei Delitti e delle Pene ■3/S5 467

2. I principi metodologici della costruzione alternativa dei con­


flitti e dei problem i sociali implicano l’idea di una liberazione dell’im-
maginazione sociologica e politica nei confronti di una « cultura del
penale » che ha ampiamente colonizzato la maniera di percepire e
costruire i conflitti e i problemi sociali nella società. Questi principi
hanno la funzione di contrastare la reificazione dei concetti di cri­
minalità e di pena 23 e di favorire una visione innovatrice e piú diffe-
renziata dei conflitti e dei problemi sociali.

a) II principio della sottrazione m etodologica dei concetti di crimi­


nalità e di pena propone l’uso, in funzione euristica, di un esperi-

STUDI
inento metodologico: la sottrazione ipotetica di determinati concetti
da un arsenale prestabilito, o la sospensione (epoché ) della loro vali-
ililà. Si raccomanda agli attori implicati nella interpretazione di con-
llilti e problemi e nella ricerca di soluzioni, di realizzare un tale
cNpcrimento e precisamente di prescindere, per un certo tempo, dal-
rmipiego dei concetti di criminalità e di pena, in modo da verificare
nr e come potrebbero venire costruiti i conflitti e i problemi nonché
If l isposte ottimali in ottiche diverse da quella punitiva.
b) 11 principio di specificazione dei conflitti e dei problem i prende
In i uiisidcrazione il fatto che il sistema penale può essere interpretato
uni inlogiciimente come un agglomerato arbitrario di oggetti etero-
Hi'iici (comportamenti punibili) che non hanno alcun altro elemento
i mintin' n Inlli, se non quello di venire assoggettati alia risposta pu-
lilllvii Sc prcscindiamo, per ipotesi, dall’esistenza di questo sistema
ill 1 1h|it isi ii isliluzionale, si vedrà che sono possibili altri raggruppa-
lin iiii pin cocrcnti degli oggetti in questione, in aree omogenee spe-
illiilic, ‘h'cdihIo la loro distinta natura. Ne risulteranno indicazioni
hidl»iIi lie piii frultuose in termini di risposte differenziate e piú ade-
tflliili ill hi mil urn dei conflitti e dei problemi rispetto a quelle fornite
Mill «Inn niii pcmilc. Cosa hanno di comune tra loro, oltre al fatto di
Mini aiihi iftj.ii■1 1al i alia risposta punitiva, « d e litti» tanto differenti

** lit "I' ••■■•I iilii i um ivii Iin « penale » e «non penale» che presiede generalmente
III* nidi ii ill |Hiignimmi di dccriminalizzazione appare in realtà inficiata da una
)|W ......... 1111111 iilii d.ill'oltica professionale degli operatori del sistema penale,
■ W h Im * c i o i i . itI .I ( m m ' | ii it 1 1 1 ) tli pui'tenza di ogni ipotesi il momento penale, come

P IJlllHlii i i ii 1 1<|» ii nli m u - iid nun cnlegorin naturale.


468 Alessandro Baratta

come, ad esempio, l ’aborto e le deviazioni degli organi statali, le


ingiurie fra privati e la grande criminalità organizzata, i piccoli furti
e le grand! infrazioni ecologiche, le bestemmie e gli attentati contro
la salute nel lavoro industriale? Come può accettarsi la pretesa di un
sistema, come il penale, di rispondere con gli stessi strumenti e le
stesse procedure a conflitti e problemi cosi eterogenei?

c) II principio generale di prevenzione offre un’indicazione politica


fondamentale per una strategia alternativa del controllo sociale. Si
tratta, essenzialmente, di spostare sempre di piú l ’accento da forme
di controllo repressivo a forme di controllo preventivo. Le prime con-
sistono in risposte ad espressioni individuali dei conflitti che si mani-
festano in azioni definite devianti; le seconde prestano attenzione a
situazioni complesse nelle quali si producono i conflitti.
In questo senso, la politica di giustizia sociale, la realizzazione dei
diritti umani, il soddisfacimento dei bisogni reali degli individui,
sono molto di piú di una politica criminale alternativa: sono la vera
alternativa democratica alia politica criminale.
II sistema penale non è adeguato a fornire l'e difese piú efficaci dei
diritti umani, per il fatto che il suo intervento è strutturalmente
limitato ad una risposta sintomatologica ai conflitti; cioè, una risposta
ai conflitti nel luogo e nel momento in cui essi si manifestano nel si­
stema sociale. Ma la teoria sociologica ci insegna che il luogo ed il
momento in cui si manifestano i conflitti possono essere, nei sistemi
sociali complessi, distinti e lontani dal luogo e dal momento in cui
essi effettivamente si producono 24. Con la sua logica repressiva il si­
stema penale è solo in grado, del resto, di rispondere ad azioni puni-
bili di individui (né sarebbe opportuno, come si è visto, estendere la
risposta punitiva oltre questo lim ite!). Ma un’analisi corretta dei con­
flitti e dei problemi in cui sono individuate azioni devianti, cioè in­
frazioni di norme sociali o giuridiche, mostra quasi sempre che le
azioni individuali non sono le variabili indipendenti adeguate a com-
prcndere la logica dei conflitti e dei problemi, ma piuttosto variabili
dipcndenti. Per comprendere questa logica è quasi sempre necessário
spostare 1’analisi dalle azioni e dalle decisioni di un attore a quell a

14 Sul Umiui cfi\ le osservazioni di n . luh m an n [1974, 42 s.].


Dei Delitti e delle Pene ■3/85 469

di situazioni in cui piú attori sono implicati, di strutture oggettive


e meccanismi sociali complessi in cui le azioni e le decisioni di ciascun
attore si inscrivono come funzioni e non come cause.

d) II principio della articolazione autonoma dei conflitti e dei bi-


sogni reali è forse il piú importante dei principi extrasistematici. II
sistema penale è tradizionalmente un aspetto dell’espropriazione
ideologica dei portatori di bisogni e di diritti umani da parte del
« sistema » e della cultura dominante, con riferimento alia percezione
dei conflitti in cui si trovano coinvolti.
Nessun cambiamento democrático nella politica del controllo so­

STUDI
ciale sarà possibile se i portatori di bisogni e diritti non riusciranno
a convertirsi, da soggetti passivi di un trattamento istituzionale e bu­
rocrático, in soggetti attivi nella definizione dei conflitti in cui sono
implicati e nella costruzione delle forme e degli strumenti di inter­
v e n e istituzionale e comunitário idonei a risolverli secondo i propri
bisogni reali.
I ,’nriicolazione autonoma della percezione e della coscienza dei con-
llnii, dei bisogni reali e dei diritti umani da parte dei loro portatori
In nun comunicazione libera dal potere 25, l ’idea della democrazia e
11« IIii sovranita popolare, sono i principi guida per la trasformazione
ilvlln StnUi, non solo verso il modello formale dello Stato di diritto,
fti>i iinelie verso il modello sostanziale dello Stato dei diritti umani.
Smio i|iicsti, anche, i principi guida per la trasformazione ed il
unpciiimeiiln del sistema penale tradizionale verso un sistema di di-
It'iii e gitriinziit dei. diritti umani.

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