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PSICOLOGIA CRIMINALE

La psicologia criminale è una scienza che studia i comportamenti


criminali, l'insieme ordinato delle conoscenze empiriche sul crimine,
sulla condotta socialmente deviante e sul controllo di tale condotta e
sulla vittima.

Dal punto di vista storico, i primi albori della psicologia criminale si


hanno con l'affermarsi della cultura illuminista nel XVIII secolo e in
particolare con l'intellettuale giurista italiano Cesare Beccaria e il suo
trattato "Dei delitti e delle pen3".

La criminologia moderna non può essere definita una scienza in senso


stretto, ma come un fascio di discipline definite dal loro oggetto
comune, il reato.

Essa, in realtà, si esaurisce nelle discipline che, a vario titolo, si


occupano, ciascuna dal proprio punto di vista, di tale oggetto: fra le
scienze empiriche troviamo la sociologia, la psicologia, la psichiatria, la
biologia, la genetica, le neuroscienze in generale, e fra le scienze
normative il diritto penale e il diritto penitenziario.

Sono state proposte molte teorie per spiegare i fenomeni criminali. Esse
si possono dividere in: teorie biologiche; teorie psicologiche; teorie
sociologiche.

In questa lezione parliamo delle teorie biologiche .

Fra le prime teorie biologiche vanno ricordati gli studi di Cesare


Lombroso sul delinquente nato e sul concetto di atavismo, oltre che le
indagini sui fattori genetici, ormonali, psicopatologici e neurologici
dell'agire criminoso.
Successivamente si sono avanzate diverse teorie circa le origini
biologiche della delinquenza. Negli anni passati è stata avanzata la
teoria del cromosoma Y soprannumerario.

Nel patrimonio genetico umano normale sono presente due cromosomi


sessuali: XX nel caso delle femmine e XY nel caso dei maschi.

Il cromosoma Y è quindi quello che determina l'acquisizione del sesso


maschile. In un certo numero di casi di soggetti ricoverati in manicomi
criminali, o incarcerati per gravi reati, si è osservata la presenza della
trisomia XYY, cioè la presenza di un cromosoma Y aggiuntivo.

Poichè la frequenza statistica dell'anomalia XYY appariva piuttosto


elevata tra i soggetti internati e caratterizzati da comportamenti
violenti, si è pensato che questa anomalia potesse essere alle basi della
condotta criminale.

In realtà, dal punto di vista metodologico, c'era un grosso problema in


questi studi: mancava il confronto con un gruppo di controllo di non
internati. Quando tale studio venne effettuato, si riscontrò che la
frequenza dei soggetti XYY fra i delinquenti non era superiore a quella
degli stessi nella popolazione generale. Si sostenne in seguito che i
soggetti portatori di tale anomalia fossero presenti in maggior numero
nelle strutture carcerarie, perchè il loro maggiore sviluppo in altezza e
massa muscolare li rendeva più visibili alle forze di polizia che
operavano gli arresti.

Teorie psicologiche
In campo psicologico vanno menzionati in primo luogo i contributi della
psicoanalisi, come ad esempio la teoria del delinquente per senso di
colpa, che risale a una rara incursione freudiana nel campo, e la teoria
della carenza del Super-Io a sua volta connessa al concetto di "poliziotto
interno".

In questo ambito, si devono considerare anche i contributi della scuola


kleiniana e quelli del celebre psicoanalista inglese Donald W. Winnicott,
famoso per il suo concetto di "tendenza antisociale", a suo dire
stimolata dalla perdita precoce dell'oggetto d'amore materno, che
condurrebbe al tentativo risarcitorio costituito dagli agiti devianti e
criminali. Parallelamente, per quanto in ambito meno direttamente
clinico e più di ricerca sperimentale, le intuizioni di Winnicott si sono
sviluppate con il contributo di Sir John Bowlby, che ha rilevato in una
prima fase della sua ricerca la presenza di una deprivazione materna nei
soggetti che sarebbero diventati delinquenti; e successivamente ha
sviluppato la teoria dell'attaccamento, che prende in considerazione
anche l'aggressività e l'antisocialità facendole risalire a una particolare
forma di attaccamento ricondotto dall'autore e dai suoi allievi a
situazioni traumatiche che produrrebbero stati dissociativi nei soggetti.

Vanno poi menzionati i contributi di derivazione comportamentista,


basati sul concetto di condizionamento, e quelli, legati alla teoria della
"frustrazione-aggressione" di Charles Dollard e Kelly Miller: studi
sperimentali hanno provato che la frustrazione (cioè l'impedire a un
soggetto di raggiungere una meta od obiettivo importante per lui) tende
a generare aggressività, la quale può scaricarsi sia direttamente sulla
causa o fonte della frustrazione, sia indirettamente su altri soggetti per
così dire più accessibili.
Secondo questa teoria, dunque, alla base del comportamento criminale
potrebbe esserci un accumulo di aggressività da frustrazione.

Un'ulteriorie serie di contributi ha invece teso a ricondurre alla


psichiatria le problematiche legate agli agiti antisociali, che i manuali
diagnostico-statistici descrivevano in modo esageratamente
comportamentale e poco descrittivo delle caratteristiche psichiche dei
soggetti criminali.

Teorie sociologiche

Spesso i comportamenti criminosi si manifestano nell'ambito di


subculture criminali che trasmettono ai propri membri dei valori, che si
rivelano strutturanti la condotta del singolo quanto quelli propri della
cultura generale non criminosa di cui le stesse sottoculture fanno parte.
I sociologi hanno anche evidenziato l'importanza dei processi di
stigmatizzazione nella formazione dell'identit criminale, e nel suo
consolidamento in un vero e proprio progetto di vita deviante. In altre
parole, talvolta è la stessa reazione sociale squalificante ed emarginante
nei confronti della devianza e della criminalità ad agire come fattore
criminogeno.

La teoria dell'etichettamento sottolinea le conseguenze negative della


stigmatizzazione, ed è alla base dell'approccio nei confronti della
criminalità minorile, che si fonda sull'evitare il piu possibile la
carcerazione per i minori e la loro conseguente esclusione dal normale
circuito delle relazioni sociali.

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