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Politecnico di Torino
Appunti di
Costruzioni Aeronautiche
Niero Luca
Corso di Laurea in Ing. Aerospaziale

A.A. 2022/2023

1
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CONTENTS 1

Contents
1 Nozioni strutturali aeronautiche 3
1.1 Classificazione dei velivoli aerospaziali . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Architettura aeromobili. Elementi strutturali . . . . . . . . . . 4
1.2.1 Centine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2.2 Fusoliera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.2.3 Longheroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2.4 Pannelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2.5 Correnti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2.6 Pannelli sandwich . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.2.7 Intersezione tra ala e fusoliera . . . . . . . . . . . . . . 10
1.3 Design di missione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.3.1 Verifica a fatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2 Carichi aeronautici e manovre di volo 14


2.1 Determinazione dei carichi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.2 Fattore di carico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2.1 Richiami di Aerodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.3 Velocità indicata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.4 Manovre di volo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
2.4.1 Moto stazionario rettilineo orizzontale . . . . . . . . . 18
2.4.2 Moto verticale a regime . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
2.4.3 Moto stazionario su rampa . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.4.4 Moto su traiettoria circolare . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.4.5 Virata corretta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.5 Carichi da manovra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.5.1 Richiamata e picchiata . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.5.2 Richiamata di ripresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.6 Ripartizione della portanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
2.7 Brusca manovra longitudinale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.8 Diagrammi di volo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.8.1 Diagramma di manovra . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.8.2 Diagramma di raffica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.8.3 Diagramma di inviluppo . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
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CONTENTS 2

3 Strutture a semiguscio 27
3.1 Nozioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.2 Teoria di De Saint-Venant . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.2.1 Flessione. Formula di Navier . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.2.2 Torsione. Formule di Bredt . . . . . . . . . . . . . . . 29
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1 NOZIONI STRUTTURALI AERONAUTICHE 3

1 Nozioni strutturali aeronautiche


Per il progetto di un velivolo aerospaziale è necessario introdurre le
tipologie di velivoli, le loro componenti ed i criteri di progetto.

1.1 Classificazione dei velivoli aerospaziali


I velivoli aerospaziali si suddividono in due categorie: veicoli spaziali (spazio)
ed aeromobili (atmosfera). Tralasciando le suddivisioni dei primi, poco af-
frontati nel corso, è utile suddividere maggiormente gli aeromobili. Si inizia
per tipologia di sostentazione:

ˆ Statica. Il loro volo è basato sul principio di Archimede, sfruttando


la spinta aerostatica generata dal volume spostato di fluido. Gli aero-
mobili di questa categoria sono palloni (comando solo di altitudine) e
dirigibili (comando direzionale in 3D). Sono detti aerostati;

ˆ Dinamica. Il volo degli aeromobili a sostentazione dinamica si basa


sul principio di azione e reazione, lavorando con getti o portanza. Ne
fanno parte i velivoli gettosostentati, i quali mediante un getto fluido
generano spinte direzionabili. Ancora vi sono velivoli a velatura fissa
come aeroplani, idrovolanti, anfibi (motovelivoli dotati di propulsore)
ed alianti (senza propulsore). Infine ne sono parte anche velivoli a ve-
latura mobile come elicotteri e autogiri (dotati di eliche che generano
portanza e direzione. Tutti questi sono aerodine.
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1 NOZIONI STRUTTURALI AERONAUTICHE 4

1.2 Architettura aeromobili. Elementi strutturali


La struttura di un moderno aeroplano è estremamente complessa è costi-
tuita da elementi strutturali che vengono collegati tra di loro. Tale struttura
deve essere in grado di sostenere i carichi concentrati e distribuiti, fornire
rigidezza e stabilità. Le strutture si suddividono in:

ˆ Primarie. Parti della struttura del velivolo che sostengono i carichi più
rilevanti (assiali, flettenti, taglianti e torsionali) e forniscono i percorsi
principali di carico. La rottura di un elemento primario costituisce un
evento catastrofico;
ˆ Secondarie. Strutture interne o esterne utilizzate per il collegamento
di componenti di dimensioni ridotte. Vengono supportate dalle strut-
ture primarie;
ˆ Terziarie. Supporti per scatole, cavi e tubazioni.

I principali elementi strutturali di un velivolo sono longheroni (spars, ele-


menti longitudinali di tipo trave), centine (ribs, elementi trasversali), rives-
timenti (skin) e correnti (stringers, elementi longitudinali di tipo asta).

Figure 1: Schema d’ala

Tipicamente vengono usate architetture a doppio longherone (per creare una


sezione chiusa maggiormente resistente alla torsione) con eventuale terzo
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longherone arrestato al 25% o 50%. L’architettura dipende principalmente


dal costruttore, infatti Boeing ed Airbus adottano talvolta stili diversi di
strutture e di distanziamento degli elementi strutturali.

1.2.1 Centine
Le centine sono elementi trasversali, paralleli ai profili alari, che hanno due
funzioni principali. La prima è quella di forma, permettono infatti di conser-
vare il profilo aerodinamico dell’ala. La seconda è la funzione strutturale,
di trasferimento dei carichi provenienti dal rivestimento, di introduzione di
carichi concentrati, di realizzazione di spazi per serbatoi e di supporto dei
carichi di crushing. La distribuzione delle centine varia in base alla distanza
ed al loro numero, viene decisa in funzione del costruttore.
La struttura può essere a traliccio o a profilo sottile e viene selezionata
in base all’entità dei carichi, alla filosofica di progetto, alla disponibilità di
attrezzature ed ai costi.

Figure 2: Centine a traliccio ed a profilo sottile

Le centine sono fabbricate da sottili fogli di metallo che sono in grado di


sopportare carichi di trazione e taglio nel piano, ma si ingobbano se sottoposti
a carichi di compressione bassi, richiedendo pertanto degli irrigidimenti per
la distribuzione del carico. Il carico applicato nel piano della centina può
essere assorbito da irrigidimenti allineati con esso, se non è possibile allora è
opportuno concentrarlo all’incrocio di due irrigidimenti in modo da resistere
alla componente in entrambe le direzioni. Un carico applicato fuori dal piano
del pannello, in corrispondenza di due pannelli, è da redistribuire invece in
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tre irrigidimenti intersecanti. La soluzione ultima è quella di irrigidire anche


il pannello.

1.2.2 Fusoliera
In modo simile alle centine, le ordinate sono gli elementi trasversali cos-
tituenti la fusoliera.

Figure 3: Ordinata ad anello

La fusoliera è composta da numerose ordinate supportate da longheroni


e correnti, ricoperte poi di rivestimento. Si parla di sistema a longheroni
quando la distanza tra le ordinate è minore di quella tra i longheroni, sistema
a correnti quando è maggiore.

Figure 4: Sistemi di fusoliera


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1.2.3 Longheroni
I longheroni sono elementi strutturali di tipo trave che sopportano carichi
normali e flettenti (mediante le solette) e carichi a taglio e torcenti (mediante
l’anima). Sono costituiti dall’anima (web), parte centrale, e dalle solette
(cap), parti estreme.

Figure 5: Longherone

Essendo il longherone, tipicamente a sezione I, composto da una sezione


aperta, esso risulta avere una bassa rigidezza torsionale. Ciò è risolvibile
con un’architettura doppio longherone in modo da creare una sezione chiusa
con le centine. Si usa quindi la tecnica della torsione differenziale per
assorbire i carichi torsionali dell’ala.

1.2.4 Pannelli
I pannelli, se non irrigiditi, risultano di facile costruzione. Grazie alla den-
sità di solette presente sotto all’area resistente è possibile evitare il fenomeno
del buckling, avendo però instabilità negli altri punti.
L’irrigidimento può aiutare nel caso sia necessario sopportare carichi a fles-
sione maggiori. Si realizza con una costruzione mista tra pannelli e correnti,
solitamente con rivettatura, incollaggio o costruzione complessiva.

1.2.5 Correnti
I correnti sono elementi strutturali longitudinali che permettono di assorbire
carichi perlopiù normali. Possono essere disposti in modi differenti rispetto
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Figure 6: Pannelli irrigiditi rivettati-integrali-incollati

all’angolo e determinano un rinforzo della struttura complessiva.

Figure 7: Disposizione correnti

1.2.6 Pannelli sandwich


Una tecnologia adottata in ambito aeronautico è il pannello sandwich, un
tipo particolare di rinforzo che permette di ridurre di dimensioni le solette
dei longheroni. É infatti possibile aumentare la resistenza a flessione di un
pannello utilizzando una coppia di pannelli separati da un materiale partico-
lare.
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Presi due pannelli di spessore tf , di modulo elastico Ef e di larghezza b e un


materiale intermedio di spessore tc , di modulo elastico Ec e di altezza h − tf
allora si può calcolare la resistenza a flessione del pannello come
bt3f h2 bt3 h2
EI = 2 Ef + 2btf Ef + c Ec ≈ btf Ef
| 12 {z 4 } |12{z } 2
EIf EIc

É facile verificare come al crescere del rapporto tra altezza del core c e spes-
sore dei due pannelli t = 2tf si verifichi un elevato aumento della rigidezza e
della resistenza a flessione.

Figure 8: Schema pannello

Il pannello sandwich può essere costruito utilizzando schiume o strutture


a nido d’ape (honeycomb) a seconda dell’impiego. La struttura honeycomb
permette generalmente di ottenere minor peso ma maggiori problematiche
come quelle che seguiranno.
Il pannello sandwich può essere sottoposto ad instabilità (ingobbamento,
buckling), crimpatura da taglio (shear crimping), dimpling (ingobba-
mento tra celle) e wrinkling.

Figure 9: Architetture utilizzate


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1.2.7 Intersezione tra ala e fusoliera


L’intersezione tra ala e fusoliera avviene sollecitando a flessione ed a taglio
gli attacchi. Risulta una parte critica del progetto strutturale di un velivolo
e necessita attacchi particolari.

Figure 10: Sollecitazioni sull’intersezione

Si hanno tre possibili configurazioni:

a) Economica, basso interasse, elevati valori di sollecitazione, difficile da


installare;

b) Facile da installare, carichi suddivisi longitudinalmente e trasversalmente,


medio interasse;

c) Facile da installare, carichi suddivisi longitudinalmente e trasversalmente,


alto interasse, alto peso, alti costi di lavorazione.
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1 NOZIONI STRUTTURALI AERONAUTICHE 11

1.3 Design di missione


Lo studio della missione e degli obiettivi da raggiungere dipende dal tipo di
trasporto. In ambito civile e militare l’obiettivo spesso cambia, soprattutto
in relazione al problema.

Figure 11: Obiettivi di missione

Il design di missione deve tenere conto anche del fattore ecologico, in quanto
il trasporto aereo è responsabile del 2% delle emissioni di CO2 .
Il progetto strutturale ha come obiettivo principale lo sviluppo di una
struttura di basso peso in grado di svolgere la missione assegnatole con la
massima sicurezza al minimo costo. Deve verificare tre criteri cardine:

ˆ Robustezza. Si definisce robustezza la capacità di sopportare i carichi,


pertanto il criterio di robustezza impone che la struttura sia in grado
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di sopportare i carichi ad essa imposti, statici e dinamici, e di avere


un margine di sovraccarico in modo da sopportare anche imprevisti. Si
definisce carico di contingenza σ il massimo carico che si prevede la
struttura debba sopportare nelle condizioni operative standard, mentre
si dice carico di robustezza σR il carico che deve essere sopportato
dalla struttura senza rotture. Questo si ottiene moltiplicando il carico
di contingenza per un opportuno fattore di sicurezza k > 1

σR = kσ k ≈ 1.5

Sottoposta ai carichi di contingenza la struttura non deve arrivare al


campo di snervamento, mentre sottoposta a quelli di robustezza non
deve rompersi;

ˆ Rigidezza. La struttura deve essere in grado di non deformarsi ecces-


sivamente quando sottoposta a carichi. Il criterio dunque ricade sulla
scelta dei materiali;

ˆ Elasticità. La struttura deve avere un campo elastico accettabile e


non deve avere deformazioni residue una volta scaricata.

1.3.1 Verifica a fatica


Quando si è in presenza di carichi dinamici, si parla di fatica. In particolare
la fatica è un problema che caratterizza carichi inferiori alla rottura statica,
essendo carichi ripetuti nel tempo.
Si dice limite di fatica il valore del carico ciclico al di sotto del quale la
rottura non si verifica più anche prolungando la prova. La fatica fa sı̀ che il
danneggiamento, tipico di cricca, si accumuli aumentando man mano. Nella
prima fase si ha incubazione del danno e non si vede ma, a lungo andare,
la cricca si propaga e si espande. Ci sono diversi criteri di progetto a fatica:

ˆ SAFE-LIFE. Si determina a priori per ogni componente quale può


essere la massima durata pre-rottura a fatica. Il criterio prevede che
l’elemento strutturale non sia soggetto ad alcun danneggiamento du-
rante la sua vita operativa e che venga sostituito prima della fine di
essa;

ˆ FAIL SAFE. Predire la vita operativa a fatica di un componente


risulta complicato, dunque si utilizza un criterio differente. Si tende
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1 NOZIONI STRUTTURALI AERONAUTICHE 13

a verificare che una rottura a fatica non provochi danni catastrofici e


che non pregiudichi la missione di volo. Questo metodo implica l’uso
di strutture iperstatiche;

ˆ DAMAGE TOLERANT. Questa filosofia si basa sull’assunzione che


la struttura contenga una cricca già all’inizio della sua vita operativa.
Il progetto deve garantire che quella cricca non cresca fino a provocare
rotture catastrofiche.
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2 CARICHI AERONAUTICI E MANOVRE DI VOLO 14

2 Carichi aeronautici e manovre di volo


I carichi agenti sulle strutture aeronautiche possono essere di diversa natura.
Mediante lo studio di tali e di come agiscono è possibile definire le condizioni
di volo e le manovre effettuabili.

2.1 Determinazione dei carichi


I carichi sono definiti come forze appartenenti ad una particolare categoria.
Si definisce forza statica una forza costante applicata alla struttura per
tutta, o parte, la sua vita. Un esempio standard di forza statica è la forza
peso. Se un carico variabile nel tempo ha un applicazione lenta e duratura,
si considera carico statico. Un classico esempio è la pressurizzazione della
fusoliera. É comunque necessario considerare l’affaticamento della struttura.
Si definiscono carichi quasi-statici le forze generate da fenomeni dinamici
ma con caratteristiche statiche, quali le sollecitazioni centrifughe dei rotori.
Si definiscono invece carichi dinamici forze fortemente variabili nel tempo,
in grado di produrre effetti dinamici e vibrazionali. Tali avvengono in pre-
senza di rotori non equilibrati e fenomeni aeroelastici.
Definiti i carichi in base alla loro azione, è opportuno creare una classifi-
cazione in base alla causa. Si dice carico aerodinamico un qualsiasi carico
dovuto alla manovra (dipendente dal pilota) o alla raffica (turbolenza atmos-
ferica).
Un carico invece è dovuto al sistema propulsivo quando proviene dalla
spinta, ovvero le coppie di reazione delle parti mobili, gli effetti giroscopici,
le vibrazioni ed i carichi termici.
Per quanto riguarda le operazioni legate a terra, si dice che un carico è ap-
plicato in fase di atterraggio quando si parla della reazione del carrello
all’impatto. Un carico in fase di taxing è invece una sollecitazione dovuta
alla movimentazione via ruote.
I carichi di massa (inerzia e peso) ed i carichi speciali (bird strike, pres-
surizzazione) sono un’ultima categoria generale.
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2 CARICHI AERONAUTICI E MANOVRE DI VOLO 15

2.2 Fattore di carico


Si definisce fattore di carico (o di contingenza) n il rapporto tra la portanza,
o in generale la forza apparente, ed il peso del velivolo.
L
n=
W
Tale fattore è un indice della variazione dell’accelerazione a cui sono soggette
le varie masse del velivolo nella direzione normale alla traiettoria. Evidente-
mente se n = 1 allora è presente solo l’accelerazione di gravità.

n+ n−
General Aviation - normal 2.5 ÷ 3.8 −1 ÷ −1.5
General Aviation - utility 4.4 −1.8
General Aviation - acrobatic 6 −3
Fighter 6.5 ÷ 9 −3 ÷ −6
Tactical Bomber 4 −2

Table 1: Valori tipici

2.2.1 Richiami di Aerodinamica


Presa una superficie alare S, si definisce la risultante delle forze aerodi-
namiche R come
Z Z Z Z
R= p · n dS + τ · k dS
S S

ovvero la somma di forze di pressione e di attrito. Si definisce inoltre il


coefficiente di pressione cp come
p − p∞
cp =
q
essendo q la pressione dinamica
1
q = ρ∞ V∞2
2
Si definisce coefficiente angolare di portanza CL,α il valore tale per cui
L
CL = CL,α α =
qc
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2 CARICHI AERONAUTICI E MANOVRE DI VOLO 16

essendo c la corda di riferimento.


I valori bidimensionali non sono propriamente rappresentativi del velivolo,
dunque occorre passare al tridimensionale. Detta b l’apertura alare, si definisce
allungamento alare AR il valore

b2
AR =
S
da cui
3D 2D AR
CL,α = CL,α
AR + 2
Si noti infatti che facendo tendere b all’infinito il coefficiente 3D coincide con
il 2D.
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2 CARICHI AERONAUTICI E MANOVRE DI VOLO 17

2.3 Velocità indicata


La misurazione di velocità di un velivolo è variabile in base alla densità
dell’aria, la quale dipende dalla quota. In particolare con la variazione di
altitudine si ha un ∆q a seconda dell’aria incontrata
∆q = ∆ρV
essendo V costante. É utile svincolarsi da questa dipendenza mediante il
riferimento ai valori di quota zero, ovvero a livello del mare. In partico-
lare sono p0 = 101325P a, T0 = 288, 15K, ρ0 = 1, 225kg/m3 ed il modello è
detto aria ISA (international standard atmosphere). Tale modello definisce
l’andamento dei rapporti T /T0 , p/p0 e ρ/ρ0 .

Figure 12: Modello ISA

Utilizzando la densità ρ0 per il calcolo della pressione dinamica, si ottiene


una velocità fittizia detta EAS (equivalent air speed ) VEAS . Con la densità
locale si ottiene invece la TAS (true air speed ) VT AS , la quale corrisponde alla
velocità misurata dagli anemometri di bordo (ovvero Pitot tarati al suolo).
Le velocità sono legate dalle relazioni
r
1 2 1 2 ρ 1 2
ρVT AS = ρ0 VEAS VEAS = VT AS L = CL S ρVEAS
2 2 ρ0 2
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2.4 Manovre di volo


Il fattore di carico gioca un ruolo fondamentale per tracciare le manovre più
gravose. Si analizzano dunque le manovre più comuni di un velivolo per
calcolare i loro fattori.

2.4.1 Moto stazionario rettilineo orizzontale


Si consideri un velivolo in moto rettilineo uniforme su traiettoria orizzontale
(o volo stazionario livellato). La portanza generata equilibra il peso,
dunque
L
n= =1
W

Figure 13: Volo stazionario livellato

2.4.2 Moto verticale a regime


Si consideri un velivolo in picchiata a regime con velocità Vlim . Si avrà
D = W e L = 0, dunque
L
n= =0
W
In tale condizione di volo CD = CD,min da cui
s
1 2 2W/S
D = CD,min S ρ0 VEAS,lim ⇒ VEAS,lim =
2 ρ0 CD,min

Inoltre varrà necessariamente

L=0 ⇒ CL = 0
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Figure 14: Volo in picchiata a regime

2.4.3 Moto stazionario su rampa


Definito l’angolo di rampa β come l’angolo dal terreno all’asse vento, un
velivolo in moto stazionario su rampa vede generarsi una portanza pari a
L = W cos β. Il fattore di carico varrà
L
n= = cos β < 1
W

Figure 15: Moto su rampa

2.4.4 Moto su traiettoria circolare


Il volo su una traiettoria circolare aumenta il fattore di carico, essendo
soggetto a forza centrifuga. Essendo L = nW , nel caso del velivolo nel
punto più basso della traiettoria si avrà che
Fc
nW = W + Fc ⇒ n=1+ >1
W
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Figure 16: Moto circolare

Detto R il raggio di curvatura e detta ω la velocità angolare si ha


W W 2 W ωV
Fc = ac = ω R= ωV ⇒n=1+
g g g g
Se il velivolo è ad elica girante a Ω, allora nella richiamata si genera una
coppia giroscopica imbardante di entità Cg = Je (Ω ∧ ω).

2.4.5 Virata corretta


Si definisce virata corretta il moto stazionario su traiettoria circolare per
il quale il vettore risultante delle forze di massa nW agisce sul piano di
simmetria del velivolo. Definito l’angolo di sbandamento ϕ, si ha per
ϕ = 0 la virata piatta, mentre per ϕ = 90 la virata a coltello. Si può
dire che W 2 + Fc2 = n2 W 2 e che nW cos ϕ = L cos ϕ = W , da cui
s
L 1 V4
n= = = 1+ 2 2
W cos ϕ g R

Figure 17: Virata corretta


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2.5 Carichi da manovra


I fattori di carico per manovra non sono sufficienti a descriverne la fattibilità.
É opportuno verificare le forze agenti sui velivoli in vari casi.

2.5.1 Richiamata e picchiata


Si consideri un velivoli inizialmente in moto rettilineo uniforme su traiettoria
orizzontale con incidenza α. Vale quindi
1
L1 = W = CL,α αS ρV 2 n=1
2
Si supponga ora una manovra a cabrare. Tale provoca una variazione
sull’incidenza ∆α a cui associa un aumento di portanza come
∆CL = CL,α ∆α
Ipotizzando che V rimanga invariata, caso irreale, si ottiene un nuovo carico
di portanza pari a
1
L2 = L1 + ∆L = CL,α (α + ∆α)S ρV 2
2
Dunque
L2 ∆α
n=
=1+
W α
Prendendo una manovra in picchiata
∆α
n=1−
α

2.5.2 Richiamata di ripresa


Si consideri un velivolo in affondata verticale, dunque
1 1
D = W = CD,0 S ρV 2 = CD,0 S ρ0 VEAS,lim
2
2 2
Si immagini che il velivolo cabri fino allo stallo, dunque il coefficiente di
portanza assume valore CL,max . Sotto l’ipotesi di richiamata, la portanza
vale quindi
1 2 CL,max
L = nW = CL,max S ρ0 VEAS,lim ⇒ n=
2 CD,0
Tale n rappresenta il massimo fattore di carico realizzabile.
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2 CARICHI AERONAUTICI E MANOVRE DI VOLO 22

2.6 Ripartizione della portanza


La portanza è stata considerata finora come azione globale applicata nel
baricentro del velivolo. É in realtà suddivisibile in più contributi: ala ed
impennaggi orizzontali (si trascurano le gondole motore e la fusoliera).
Si definiscono:

L Portanza totale
Lw Portanza dell’ala
LHT Portanza impennaggi
M0,w Momento focale ala
M0,HT Momento focale coda
xF G Distanza baricentro velivolo dal fuoco dell’ala
a Distanza baricentro fuoco HT

Table 2: Valori utili alla ripartizione della portanza

Trascurando M0,HT m per l’equilibrio alla traslazione ed alla rotazione

L = nW = Lw + LHT

Lw xF G + M0,w − LHT a = 0
Da cui  
1 + M0 /(nW xF G )
LHT = nW
1 + a/xF G
 
1 + M0 /(nW xF G )
Lw = nW 1 −
1 + a/xF G
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2 CARICHI AERONAUTICI E MANOVRE DI VOLO 23

2.7 Brusca manovra longitudinale


Le manovre viste finora sono di tipo statico, non coinvolgono quindi accel-
erazioni se non quella del baricentro. Tutte le normative impongono però di
prendere in considerazione una condizione di carico non statica per il velivolo,
come una brusca manovra longitudinale.

Figure 18: Brusca manovra a cabrare

Il pilota improvvisamente mette in barra l’equilibratore per effettuare una


manovra a cabrare. Alla variazione di portanza in coda si associa un’accelerazione
verticale dell’intero velivolo ed una variazione del fattore di carico pari a
∆LHT ∆LHT az
az = g ∆n1 = =
W W g
Il momento dovuto alla variazione della portanza in coda causa un’accelerazione
angolare di beccheggio pari a
M ∆Lt a
ω̇ = =
Jy Jy
Ciò comporta una variazione del fattore di carico lineare con la distanza dal
baricentro come
∆LT a
∆n2 = x
Jy g
Il fattore complessivo vale allora

n = 1 + ∆n1 + ∆n2
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2.8 Diagrammi di volo


I carichi di volo variano dunque al variare della condizione di volo. Nasce la
necessità di avere dei diagrammi che consentano di valutare i carichi alle
diverse condizioni di volo.

2.8.1 Diagramma di manovra


Si definisce diagramma di manovra un diagramma che riporta la vari-
azione del fattore di carico in funzione della velocità equivalente VEAS .

Figure 19: Campo di manovra assoluto

Il diagramma è limitato dalle condizioni di nmax corrispondenti al CL,max e da


nmin al CL,min , entrambe misurate alle velocità limite VEAS,lim . In condizioni
statiche si ha
ρ0 2
n = W CL VEAS
2S
Il diagramma rappresenta il campo di sicurezza assoluto, ovvero i limiti
costruttivi del velivolo, non è possibile superarli poiché l’aerodinamica non
lo consentirebbe.
Nella realtà il campo viene ridotto per via dei limiti umani, utilizzando un
campo di sicurezza regolamentare. Le accelerazioni si considerano mas-
sime quelle sopportabili biologicamente dai piloti e dai passeggeri. Nel caso
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2 CARICHI AERONAUTICI E MANOVRE DI VOLO 25

di accelerazioni per cui il sangue vada dai piedi alla testa si parla di visione
rossa (occhi iniettati di sangue), mentre viceversa si perdono i sensi e si parla
di visione nera.
I regolamenti individuano una velocità massima per il velivolo VD (design
diving airspeed ), una velocità massima di crociera VC (design cruising
airspeed ) ed una velocità di manovra VA (design manoeuvring airspeed ).
In base a tali velocità si definiscono fattori di carico n3 ed n4 che limitano il
diagramma.

Figure 20: Campo di manovra regolamentare

2.8.2 Diagramma di raffica


I carichi sollecitanti possono essere causati da un effetto aerodinamico non
dovuto a manovra, come una raffica a gradino U istantanea. Come già visto,
la raffica provoca una variazione d’incidenza ∆α che influisce sul fattore di
carico come
∆α U
n=1± ∆α ≈
α V
Scrivendo α in funzione delle velocità allora
ρCL,α U V
n=1±
2W/S
Il fattore di carico da raffica è una funzione lineare della velocità di raffica
e della velocità di volo, si avranno quindi un insieme di rette passanti per
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(0, 1) con parametro U . La raffica a gradino istantanea dunque crea un


diagramma di raffica come segue.

Figure 21: Campo di raffica

L’effetto della raffica risulta maggiore quanto più è piccolo il carico alare,
pertanto un aereo civile da trasporto sarà meno soggetto a carichi rispetto ad
un velivolo ultraleggero. La raffica si verifica solitamente a quote importanti
per via dei moti convettivi dovuti alla temperatura, volando a quote vicine
al livello mare è difficile incontrarla.

2.8.3 Diagramma di inviluppo


Fissato il carico alare, É possibile sovrapporre i diagrammi di manovra e
raffica. Per un aereo da trasporto civile il diagramma di manovra è sem-
pre contenuto in quello di raffica, mentre in ambito militare, con raffiche e
manovre brusche, si intersecano.
L’intersezione dei diagrammi di manovra e raffica da luogo al diagramma
di inviluppo.
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3 STRUTTURE A SEMIGUSCIO 27

3 Strutture a semiguscio
Le strutture aeronautiche devono essere leggere, rigide, robuste ed avere
forme atte a generare opportune forze aerodinamiche. Per garantire queste
proprietà sono tipicamente realizzate in parete sottile.

3.1 Nozioni preliminari


Le tipologie di strutture in parete sottile possono essere

ˆ a guscio: rivestimento esterno solo;

ˆ a semiguscio: oltre al rivestimento ed altri elementi in parete sottile


sono presenti dei rinforzi longitudinali e/o trasversali.

Gli irrigidimenti hanno importanti funzioni a seconda della tipologia. Quelli


longitudinali contribuiscono ad irrigidire la struttura (soprattutto a com-
pressione) ed a sopportare i carichi diretti secondo il loro asse, quelli trasver-
sali mantengono la forma aerodinamica della struttura e fungono da rompi-
tratta per aumentare i carichi critici del rivestimento, trasmettendo i carichi
di pressione dal rivestimento ai longheroni.
Le strutture a guscio sono poco impiegabili per due motivi. Il primo è il peso,
andando ridotto è necessaria una diminuzione dello spessore. Ciò comporta
però la riduzione dei carichi sopportabili dalla struttura, come quello di in-
stabilità, o l’utilizzo di un materiale più performante (maggiori costi). Il
secondo motivo sono i carichi, in quanto agendo non solo carichi distribuiti
ma anche concentrati il pannello non resiste a tali. Nelle strutture a semigus-
cio invece è presente l’intersezione tra componenti che sviluppano tre piani
diversi (vertice del triedro) dando punti di notevole rigidezza adatti a sop-
portare carichi concentrati.
Le principali strutture aeronautiche (semiali e fusoliera) hanno solitamente
una sezione trasversale di dimensioni inferiori al loro sviluppo longitudinale
e possono essere modellizzate come travi, accompagnata da una struttura
a semiguscio. Sarà quindi necessario richiamare brevemente la teoria di De
Saint Venant per lo studio di tale modello.
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3 STRUTTURE A SEMIGUSCIO 28

3.2 Teoria di De Saint-Venant


Di seguito alcuni richiami e risultati principali della teoria della trave di
De Saint-Venant. Le ipotesi di partenza sono:

ˆ Solido cilindrico (prismatico) ottenibile dalla traslazione lungo un asse


longitudinale della sezione trasversale;
ˆ Le dimensioni della sezione trasversale sono piccole rispetto alla lunghezza
della trave;
ˆ A sufficiente distanza dalle sezioni trasversali alle quali sono applicati i
carichi, lo stato tensionale nella trave dipende solo dalle forze e dai mo-
menti risultanti dei carichi stessi e non dalla loro effettiva distribuzione.
Dunque si perde l’informazione dei carichi nel calcolo delle caratteris-
tiche di sollecitazione, sia del luogo che dell’intensità.

Presa una sezione elementare, della sezione trasversale della trave, di dimen-
sioni dx e dy su questa agiscono delle tensioni σzz , τzx , τzy . Da tali tensioni,
noto il sistema di riferimento, è possibile valutare le caratteristiche di sol-
lecitazione M N T .

Figure 22: Caratteristiche di sollecitazione

Z Z Z
N= σzz dA Mx = σzz y dA My = σzz x dA
A A A
Z Z Z
Tx = τzx dA Ty = τzy dA Mz = (τzy x − τzx y) dA
A A A
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3.2.1 Flessione. Formula di Navier


Se la trave è soggetta a momento flettente e/o sforzo normale si genera uno
sforzo σzz . La relazione che li lega è la formula di Navier
N Mx Ixy + My Ix My Ixy + Mx Iy
σzz = + 2 −I I
x − 2 −I I
y
A Ixy x y Ixy x y

essendo A l’area della sezione ed I i momenti d’inerzia


Z Z Z
2 2
Ix = y dA Iy = x dA Ixy = xy dA
A A A

Per le strutture a semiguscio è utile definire i momenti d’inerzia di sezioni


discrete, in particolare come
X X X
Ix = Ai yi2 Iy = Ai x2i Ixy = Ai xi yi
i i i

Se il sistema è baricentrico principale, allora Ixy = 0. Se il materiale della


trave risulta isotropo ed omogeneo, la deformazione si calcola dalla relazione
σzz = Eεzz , essendo E il modulo di Young.

3.2.2 Torsione. Formule di Bredt


Si consideri una trave in parete sottile soggetta a momento torcente Mz . Nel
caso di sezione aperta, la tensione tangenziale che si genera è distribuita
linearmente lungo lo spessore annullandosi sulla linea media ed assumendo il
valore massimo sullo spessore.
Per una sezione composta da tratti rettilinei si può valutare la tensione
tagliante massima, di un tratto i, come
Mz
τi,max = bi
It
avendo definito la rigidezza torsionale It della trave come
X 1X 3
It = Ii,t = ai b i
i
3 i

Si può valutare inoltre il gradiente di tensione come


dθ Mz
θ̇ = =
dz GIt
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il quale rappresenta la rotazione della trave al variare della sua lunghezza. Il


flusso di taglio sul tratto i è invece
Z bi /2
qi = τzs (t)dt = 0
−bi /2

Il flusso è nullo poiché la trave a sezione aperta non può sopportare carichi
a torsione.

Figure 23: Sezione aperta in parete sottile a torsione

Se la sezione è di forma qualunque, ovvero con spessore b(s), si avrà una


tensione
Mz
τzs (s) = b(s)
It
mentre la rigidezza si calcola come
Z
1
It = b3 (s) ds
3 C
Il gradiente diventa
dθ Mz
θ̇ = =
dz GIt
ed il flusso di taglio rimane nullo dal calcolo
Z b(s)/2
q(s) = τzs (s, t) dt = 0
−b(s)/2
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Nel caso di sezione chiusa la tensione è circa uniforme lungo lo spessore


(per analogia idrodinamica) ed il flusso di taglio non risulta nullo. Si può
dimostrare che è costante in ogni tratto della sezione e che
X
qi = 0
i

Figure 24: Sezione chiusa in parete sottile a torsione


Per sezioni chiuse monocelle (figura a sinistra) si utilizza la prima formula
di Bredt per il flusso
Mz
q=
2Ω
essendo Ω l’area media. Il taglio è
q Mz
τzs (s) = =
b(s) 2Ωb(s)
Il gradiente
Mz
θ̇ =
GIt
essendo It
4Ω2
It = H ds
c b(s)
Si ricava quindi la seconda formula di Bredt
I
q ds
θ̇ =
2GΩ c b(s)
Se la sezione è composta da tratti rettilinei
I
ds X ai
=
c b(s) i
bi
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3 STRUTTURE A SEMIGUSCIO 32

Corso
Corso: Costruzioni Aeronautiche
Carico: 8 CFU
Docenti: Brischetto S.

Bibliografia
ˆ Materiale didattico fornito dal Politecnico di Torino;

ˆ TeX Maker per l’editor LATEX

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