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LEZIONE 23 (10/11)

Nella lezione scorsa avevamo detto se vi ricordate che la visione dei boschi nel mondo carolingio sembra
essere leggermente contradditoria. Se noi ci atteniamo ai testi letterari comunque alcuni testi letterari
quindi come Eginardo ed alcuni brani Annali del Regno dei Franchi la visione sembra essere negativa quindi
la foresta come luogo dei popoli barbari, comunque diciamo dei luoghi dei popoli esterni all’impero, luogo
di agguati e di insidie e nel caso poi appunto dei sassoni anche luogo demoniaco nel senso di sede del culto
in questo tradizionale culto degli alber,i pagano e quindi per un impero che abbiamo detto è
ideologicamente cristiano come quello di Carlo Magno molto più è un Ecclesias è concepito come una
assemblea di fedeli l’impero di Carlo quindi chiaramente queste manifestazione di paganesimo sono
vivacemente contrastanti. Abbiamo però anche detto che questa visione è figlia in maniera molto forte
probabilmente di un modello culturale che vediamo soprattutto in Eginardo, quindi in Eginardo il modello
classico, che Eginardo sappiamo anche da altre citazioni presenti nella sua opera conosceva benissimo,
probabilmente influisce sulla sua interpretazione quindi lui ripropone la vecchia classica interpretazione
romana della selva come luogo della barbarie e diciamo dell’estraneità a quella civiltà che è la civiltà
imperiale. Di fatto abbiamo detto gli stessi lo stesso Carlo Magno, gli stessi re Franchi danno invece una
grandissima importanza alla foresta un’importanza che oggi vedremo è un importanza economica
grandissima è un importanza sociale, ma è anche un’importanza simbolica e quindi abbiamo già detto che
proprio una parte importante della regalità prima merovingia e poi carolingia è il poter disporre di foreste
cioè spazi riservati all’usufrutto del re e dei suoi protetti come ad esempio questo Monastero di Malmondì
e destinati più che ad uno sfruttamento economico ad uno sfruttamento simbolico quindi alla caccia e
quella attività appunto che se praticata per diletto era estremamente qualificante del potere. Sottolineiamo
che spesso gli stessi campi di Marte cioè queste riunioni annuali che si svolgevano fra Carlo Magno e i suoi
nobili, quindi queste assemblee come questa insomma che menziona l’Annale dei Franchi prima tiene un
sinodo cioè una riunione col Clero ma con il Clero e con i grandi del regno prima di andare in Sassonia e
queste riunioni annuali erano quelle durante le quali venivano poi redatti i capitolari e tutto spesso si
svolgevano simbolicamente comunque anche loro sotto la protezione di un albero quindi questa idea dell’
albero regio che protegge l’azione del re ed in qualche misura ispira anche beneficamente l’azione del re la
ritroviamo anche in Carlo Magno. Se vi ricordate la quercia sotto la quale Luigi IX amministra la giustizia ha
probabilmente un precedente nella quercia o più spesso nel tiglio sotto il quale si svolgevano queste
assemblee carolingie. Perché il tiglio? Perché il tiglio è un albero particolarmente bello: ha le fronde
particolarmente vivaci e lucenti, e quindi il tiglio è uno degli alberi simbolicamente carichi di significato e
quindi viene utilizzato per queste cose: per le assemblee pubbliche e anche a questi livelli imperiali. Al di là
del valore simbolico: il bosco, gli alberi e la foresta hanno un’importanza fondamentale nella vita
economica e sono quindi oggetto di tutta una serie di provvedimenti e di interventi documentari per così
dire e ne devono garantire la redditività ed in particolare se nelle leggi Longobarde noi abbiamo una
regolamentazione dell’uso bosco che è passiva, cioè il re dice cosa non si deve fare nei boschi o cosa si può
fare nei boschi ma non cosa di deve fare dei boschi quindi se vi ricordate si possono portare via le api se
l’albero è pubblico non si possono portare via le api se l’albero è segnato non si può tagliare l’albero di un
altro e via così quindi una regolamentazione che non prevede un intervento attivo del re e dei suoi
magistrati nella gestione delle foreste. Questo non vuol dire che non ci fosse questo intervento attivo ma
vuol dire che forse c’erano dei regolamenti interni che non si sono conservati non lo sappiamo o forse non
c’era un intervento attivo e che era un semplice appunto lasciar fare. Per invece l’impero carolingio in realtà
ancora regno perché questo è un testo della fine del VIII secolo prima che Carlo Magno quindi venisse
incoronato imperatore ma quando già dominava sostanzialmente due dei territori molto più vasti del regno
dei Franchi insomma ed anche dell’Italia la marca Ispanica anche se non era del tutto pacificata la Sassonia
Carlo Magno emana questo testo che per chi studia l’agricoltura, l’ambiente più in generale i rapporti
sociali nell’epoca Carolingia è fondamentale, cioè il capitulare de villis. Cosa è il capitulare de villis è un
capitolare quindi una legge un regolamento in questo caso articolato in capitoli che serve a regolare
appunto organizzare la gestione di questo enorme patrimonio regio che è la base del funzionamento
dell’impero che funziona senza tasse tramite le ricchezze procurate dalle terre del demanio regio quindi si
prevede un’organizzazione fondamentalmente coerente di questo demanio che deve basarsi sulle curtes o
ville da qui il titolo di capitolare delle ville a parte a conduzione diretta, una parte affittata e la nomina di
appositi ufficiali judice ad majores che appunto sono gli amministratori delegati dal re alla gestione delle
ville. Notiamo due cose di questo capitolare: la prima prevede un uso molto intenso dello scritto, la
mancanza di tasse non ci deve far pensare ad un impero primitivo aveva un’amministrazione funzionante e
dettagliata, abbiamo visto nel caso dei missi dominici delle corrispondenze, dei missi dominici che
intratteneva con la corte e lo si vede anche qui, i majores sono per esempio tenuti tutti gli anni a presentare
un rapporto scritto sulla produzione, investimenti, conservazione, parti del raccolto versate alla corte, parti
accumulate e via così, quindi a render conto dettagliatamente e venivano anche invitati a produrre degli
inventari delle terre e degli uomini che lavoravano nelle singole curtes. Seconda cosa questo ordinamento
vale anche per i grandi ecclesiastici se vi ricordate la Chiesa nell’Impero carolingio è una parte
dell’amministrazione dello stato fa parte è una componente della struttura amministrativa dello stato le
grandi abbazie e gli abati delle più grandi abazie delle così dette abazie regie ed i vescovi sono di nomina
regia, quindi sono nominate da Carlo Magno e dai sui successori, e sono a tutti gli effetti dei funzionari
imperiali. Quindi le terre delle abbazie e dei vescovadi che sono in gran parte ritagliati sul demanio quindi
su terra che appartenevano o al vecchio impero romano ma di cui Carlo Magno a tutti gli effetti è il
successore o sono donazioni fatte dai merovingi o dai carolingi stessi, quindi queste terre devono essere
amministrate esattamente come tutte le terre pubbliche. Quindi il capitolare dei villis influenza anche le
modalità di conduzione della grande proprietà agraria ed ecclesiastica. Cosa importante perché mentre poi
dalle fonti diciamo amministrative prodotte dai carolingi ci è arrivato poco, non è che non ci sia arrivato
niente, ma ci è arrivato poco, ci sono arrivati invece i documenti amministrativi prodotti dai grandi
monasteri e quindi possiamo farci un’idea di come funzionava tutto questo e dal nostro punto di vista
ovviamente vedere quale è il ruolo del bosco e quale è il ruolo degli alberi nella generale amministrazione
del proprietà fondiarie dell’impero ed ai boschi è dedicato il capitolo 36 del capitolare dei villis. Capitolare
che si dice “che i nostri boschi e le nostre foreste siano ben sorvegliati, che essi cioè i majoris, i giudici, gli
amministratori delle curtes facciano dissodare i luoghi che devono essere dissodati, perché essi permettano
ai campi di accrescersi a spese del bosco, ma dove devono esserci boschi non consentano che questi
vengano abbattuti o danneggiati, che essi veglino sulla cacciagione delle nostre foreste e tengano per
nostro uso astori e sparvieri, e che essi esigano diligentemente i nostri censi per questi beni e se i nostri
funzionari, i nostri majores, o i loro uomini, spingono per ingrassarli, i loro porci nei nostri boschi, essi siano i
primi a versare la decima per dare il buono esempio affinchè dopo gli altri uomini la paghino per intero”.

Ecco questo capitoletto ci dice svariate cose, ma la prima è la prima più interessante cioè potete dissodare
ma state attenti a non dissodare, cioè cosa ci dice ”i nostri boschi e le nostre foreste siano ben sorvegliati”
notate il dualismo - i bos chi e le foreste - quindi gli ufficiali reggi devono sorvegliare le foreste perché sono
del re e quindi l’uso è esclusivamente suo o delle persone a cui il re esplicitamente lo concede. Le foreste
hanno un regime del tutto particolare e sono distinte dei boschi che sono aperte all’usufrutto pubblico a
patto però che si paghi un canone, come si capisce infondo al documento. Tutti questi boschi vanno
sorvegliati, quelli che sorgono sulle terre del demanio, quindi il bosco è una risorsa non è un luogo
abbondonato non sono quelle silve piene di insidie che ci descrive Eginardo il bosco è una risorsa che deve
essere guardato e sorvegliato affinché lo sfruttamento sia equilibrato. Infatti ci dice che i funzionari possono
dissodare i luoghi che devono essere dissodati, e permettono i campi di accrescersi a spese del bosco, qui
secondo me è stato saltato un “non” a dir la verità l’ho preso da un’edizione, quindi essi facciano dissodare
i luoghi che devono essere dissodati ma non permettano ai campi di accrescersi a spese dei boschi dove
devono esserci boschi, non consentano che questi vengano abbattuti e danneggiati. Quindi un duplici
regime, come avevamo detto VIII secolo è un secolo di espansione economica, demografica e quindi anche
di espansione agraria come avevamo visto nei documenti longobardi le prime tracce di Ronchi quindi di
terre dissodate, si dissoda nell’Italia settentrionale e si dissoda anche nel regno franco a cavallo tra Francia
e Germania ma attenzione dice Carlo Magno questi dissodamenti non devono essere un processo
indiscriminato. I luoghi che devono essere dissodati cioè quelli meno produttivi, magari anche di bosco,
magari il bosco più degradato, il bosco non fruttifero, piccole parcelle di bosco isolate, ma dove devono
esserci boschi, quindi boschi belli, i boschi redditizi, i boschi che producono non consentano che essi
vengano abbattuti e danneggiati. Quindi una legislazione a tutela del bosco. Questo ci fa riflettere su più
piani: il primo è che esiste un’idea diffusa e generalizzata dell’Alto Medioevo come del regno del bosco
un’epoca in cui la contrazione demografica e una certa perdita di vitalità economica avrebbero ricoperto
l’Europa occidentale di foreste. Ora che nell’Alto Medioevo le foreste si siano estese rispetto all’epoca
romana e poi rispetto all’epoca post grandi dissodamenti questo è indubitabile. Ma questa idea che a
questo punto ci fosse come dire una sovra abbondanza di foreste non coincide tanto con le testimonianze
che ci dà la documentazione. Per l’appunto la documentazione ci dice no, le foreste vengono tutelate per
evitare un uso indiscriminato. Quindi evidentemente comunque anche nell’Alto Medioevo le foreste non
vengono considerate così un bene a perdere, un bene di cui c’è una tale abbondanza che lo si può gestire
senza cura, senza progettualità. Quindi dove devono esserci boschi, questi non devono essere abbattuti o
danneggiati. Esiste già nell’VIII / IX secolo una politica di protezione della foresta e del bosco deve essere
comunque garantito e regolato. Seconda annotazione non è spirito ecologico quello che troviamo spesso
qui, ma interesse economico. Appunto il bosco è una risorse e di conseguenza appunto attentare questa
risorsa per allargare i campi diminuisce tutta una serie di risorse. Vi apro una parentesi anche perché noi
dobbiamo pensare che spesso abbiamo un’idea, come dire, una categorizzazione delle cose che è molto
figlia del ns modo di pensare e a questo, io ci tengo, perché secondo me una delle cose a cui serve la storia
è far capire che i nostri, le nostre generazioni di valori non sono necessariamente LE generazioni di valori
sono DELLE generazioni di valori e se in alcuni casi bisogna discutere perché possono essere valori etici, ma
spesso sono categorie di valore invece che noi applichiamo alle cose o in maniera indiscriminata, per
esempio l’idea che la pietra sia meglio del legno. Noi abbiamo un’idea una certa visione del legno che sia
uno strumento un primitivo per cui se uno dice che si passa dalla costruzione delle case di legno alle
costruzioni delle case di pietra tutti pensiamo è un progresso. Fino a un certo punto però, perché quando
nelle nostre case il legno viene sistematicamente sostituito dalla plastica poi ci manca il legno per cui non è
detto che il legno sia un oggetto così disprezzabile. Le cose vegetali in realtà sono risorse importantissime e
lesse un articolo di uno studioso inglese che disse, molto spesso le cose sono questione di percezione, se
avessi detto ad uno studioso italiano, casa con il tetto di paglia, pensa uno struttura rude, mentre se lo dite
ad uno inglese, pensa ad uno di quei meravigliosi cottage, che ci sono ancora nei paesi inglesi e che le classi
alte inglesi comprano, per centinaia di migliaia di sterline, perché sono edifici di prestigio. Il tetto di paglia
noi lo disprezziamo, ma è un portato culturale nostro, in quanto il tetto di paglia ha come unico rischio
quello di incendiarsi, se no è un favoloso isolante, molto migliore delle tegole per esempio. Questo per dire
che nell’alto medioevo probabilmente si usava molto più legno di quello che si usava nel basso medioevo; e
questo rendeva il tema della foresta ancora più importante, perché se io per esempio costruisco in legno i
grandi edifici, quelli che prima i romani costruivano in mattoni e marmo, quindi ho bisogno di tanto legno,
soprattutto legno di alta qualità, quindi per esempio ho bisogno di alberi vecchi, perché sono belli alti e belli
robusti, non posso usare i pioppeti di due anni che hanno 15cm di diametro per costruire una casa; quindi
questa tutela del bosco e probabilmente collegata ad un usufrutto del bosco molto più intenso, un valore
economico del legno che è molto più fondamentale e ha molti più usi di quelli (che comunque sono
tantissimi) di quello dei secoli successivi. Quindi una tutela economica razionalmente espressa, rispetto ad
una risorsa che probabilmente non è almeno nei suoi aspetti più ricchi, gli alberi più anziani più ricchi e più
utilizzabili, probabilmente non è cosi sovrabbondante come ogni tanto si immagina. Dopo di che ci dice gli
altri usi della foresta; i quali sono la caccia, e qui vedete quello che vi dicevo prima, cioè la caccia regia, qui
si vede questa dimensione nobile della caccia regia, le foreste sono esclusivamente del re; i funzionari
quando arriva il re da quelle parti devono fargli trovare pronto per la caccia, e in questo caso è la caccia con
il falcone (astori/ sparvieri sono rapaci), con uso di questi rapaci addestrati che poi catturano per il loro
addestratore o altri uccelli o prede terrestri; un tipo do caccia molto aristocratica e che richiedeva un sacco
di tempo per addestrare un uccello da preda. Questo ci spiega anche il perché le leggi longobarde
tutelassero i nidi degli sparvieri, perché appunto hanno un valore economico, perché gli aristocratici gli
usano per la caccia. Non parla invece della caccia quotidiana, che al re non interessa, e un’altra cosa a cui
servono gli i boschi è l’allevamento; qui si parla esplicitamente dell’allevamento soprattutto quelli dei maiali
che andavano a mangiare nei boschi, perché sono onnivori e quindi possono mangiare un po' tutto quello
che si trova nel bosco, dai frutti caduti dagli alberi alle piantine, ai polloni degli alberi, possono mangiare
anche piccole prede anche vive che riesco ad acchiappare, i maiali sono robusti, quelli medioevali non
erano esattamente come i nostri, erano più scuri, pelosi spesso, simili ai cinghiali però senza zanne che non
ai nostri maiali d’allevamento e molto più agili, si movevano senza problemi nei boschi; dove ovviamente
portare altri animali come mucche o le più delicate come le pecore non sarebbe stato possibile. Quindi il
bosco è principalmente luogo per l’allevamento dei maiali o eventualmente delle capre, però ha un valore
economico molto inferiore rispetto al maiale e appunto nei boschi del demanio si paga al re, la decima,
quindi si pagava una quota del bestiame per avere l’usufrutto del bosco; Quindi qui come vedete c’è una
menzione positiva dell’uso bosco, è una risorsa da preservare, completamente il contrario di quello che
abbiamo visto nel approccio letterario. Una serie di norme abbastanza dettagliate date ai funzionari perché
valorizzino al massimo i boschi Regi; Un’altra tipologia di documento molto interessante e molto utile per
chi studia la storia dell’età carolingia, i cosiddetti “polittici”, la legislazione carolingia prevedeva che le
curtes, i funzionari addetti ad esse, redigessero degli inventari dei beni della curtes, dei frutti, le entrate e
delle uscite; e questo lo dovevano fare anche quei tipi particolari di funzionari che erano gli “abati” e i
“vescovi”; e siccome gli archivi ecclesiastici sono quelli meglio conservati, e attraverso essi che noi
riusciamo a trovare documenti, i più antichi in Italia sono addirittura del VI°, sia a Roma e sia a Ravenna si
sono conservati dei papiri. Quindi sono principalmente gli archivi ecclesiastici che ci hanno conservati questi
documenti; ogni abate/vescovo magari dava dei criteri diversi di redazione, per cui il livello di precisione
che può essere diverso da un documento all’altro, in un inventario magari si contavano anche le dimensioni
delle famiglie, in un’altra ci si limitava a dire c’è il tizio con la sua famiglia in altre si precisavano i
componenti della famiglia; però nel insieme questi documenti che si sono conservati sia per la Francia che
per la Germania che per l’Italia, sono estremamente interessanti in quanto ci danno una versione completa
e ci permettono un po' di guardare con gli occhi dell’amministratore i patrimoni di questi monasteri. Cosa
vuol dire con occhi dell’amministratore? Che noi attraverso questi elenchi non soltanto abbiamo un sacco di
informazioni di terreni, ma abbiamo un sacco di informazioni sulla mentalità e la formazione di che redige
gli inventari. Cioè siccome appunto questi inventari non sono rigidamente codificati noi riusciamo a capire
cosa era importante e cosa non era importante per esempio agli occhi del redattore dell’inventario su cosa
ci si sofferma, su cosa si va veloci come i redattori di questi inventari interpretavano per esempio lo spazio,
come quantificavano le cose sono delle chiavi interpretative molto belle non soltanto appunto per il dato
grezzo che ci danno ma per come questi dati vengo raccolti e come questi dati vengono esposti. Vi faccio un
esempio c’era l’interno di un abbazia francese, un registro dove le località venivano elencate in base al
percorso di viaggio fatto dall’abbate ed al suo team di scrivani ed aveva elencato le località man mano che
le toccava e siccome non voleva saltarne nemmeno una e non voleva nemmeno rifare due volte la stessa
strada perché era un uomo razionale cosa ha fatto è andato a spirale: quindi è partito dall’abbazia, ha fatto
quelle più vicine all’abbazia, poi si è allargato, ha fatto quelle un po' più lontane, poi si è allargato ha fatto
ancora quelle un po' più lontane poi ha spiazzare tutti c’era un fiume quindi ha navigato sul fiume che era
più comodo e si è spostato, poi è ripartito a spirale lungo il fiume. E quindi aver intuito che lì c’era il viaggio
dell’abate ha permesso di capire un sacco di cose, anche proprio sulla logica che è estremamente logica
che aveva presieduto la scelta di questo andamento a spirale che apparentemente non ha senso, ma ha
senso se ci mettiamo noi nei panni di un abate che dovendosi spostare a piedi o a dorso di un mulo non
aveva voglia di fare località ritorno, località ritorno ma voleva in un unico giro togliersi tutto il dovere. Ecco
fra i polittici che sono appunto documenti estremamente interessanti il più famoso è il cosidetto polittico di
Irminone. Che è l’abate di questa Abbazia di Saint Germain de Près che era una delle principali abbazie
regie della Francia settentrionale. Saint Germain de Près, esiste ancora oggi ed ospita il museo del
medioevo, era una abbazia suburbana, quindi questa lunga durata dell’importanza dell’abbazia che va
dall’abate Irminone ad oggi ci dà però l’importanza di questa Abbazia che ha dato il nome a tutto il
quartiere di Parigi. Aveva una quantità sterminata di beni, la gran parte nell’Ile de France quindi nella zona
di Parigi fra la Senna e la Loira ma poi li aveva sparsi un po' dappertutto dai Pirenei alla Germania
Occidentale quindi questo inventario colossale è una fonte straordinaria per conoscere l’agricoltura Alto
Medioevale. Qui ho preso un piccolo estratto in cui descrive questi beni di Palaiseau che è una località non
troppo lontana da Parigi e appunto Irminone è l’abate, siamo agli inizi del IX secolo, promuove la redazione
di questi inventari e ci dice “ L’abazia possiede a Palaiseau un manso dominico con l’abitazione ed altri
immobili in numero sufficiente. Essa vi possiede 6 culturae di terra arabile, estese 287 bonniers dove
possono essere seminati 1300 moggi di frumento; e 127 arpenti di vigna dove possono essere raccolti 800
moggi di vino. Essa possiede 100 arpenti di prato, su cui possono raccogliersi 150 carri di fieno. Essa
possiede nella località un bosco stimato una lega di circonfernza, dove si possono ingrassare 50 porci. Essa
vi possiede 3 mulini. Ne ricava un censo di 154 moggi di grano. Essa possiede un’altra chiesa a Gif, che tiene
il prete Warodo. Ne dipendono 7 “ospiti”. Ed essa possiede, tra il prete e i suoi ospiti, 6 bonniers e mezzo di
arativo, 5 arpenti di vigna, 5 arpenti di prato, 1 bonnier di giovane bosco (silva novella). Questo è l’estratto
dell’inventario che è dettagliatissimo, l’inventario di Irminone è uno di quelli molto belli perché per
esempio dà la descrizione, l’elenco dettagliato di tutti i massari con le loro famiglie e quindi è una miniera di
informazioni sulla struttura della famiglia che è molto moderna, la famiglia contadina è famiglia coniugale
genitori e figli, di solito non questi grandi clan allargati che invece, se vi ricordate caratterizzavano ancora la
aristocrazia. Si vede proprio un duplice regime familiare quello dei nobili è una cosa, quello dei contadini è
un’altra, si può fare certo una qualsiasi cosa l‘onomastica abbiamo nomi di centinaia e centinaia di
contadini di età carolingia, quindi si può capire come si chiamavano il loro rapporto con la tradizione biblica
piuttosto che con gli elementi naturali; metà si chiamano wolf tanto per intenderci, lupo, ed anche questo è
interessante chiamarsi lupo vuol dire avere una concezione positiva del lupo della fiera e quindi del bosco.
Non è il lupo cattivo è il lupo forte. Torniamo al nostro documento, questo tanto per dirvi quanto si può
trarre da questi documenti. Qui ho appunto ho un pò sforbiciato per concentrarmi proprio sulla descrizione
dei beni. Che cosa ha di interessante che come vedete l’andamento della descrizione è duplice cioè che
cosa interessa al nostro Irminone o agli uomini che Irminone ha mandato a fare l’inventario da un lato la
quantità dei beni ma dall’altro la redditività dei beni quindi interessa in realtà quanto il possesso di questi
beni frutta all’abbazia, quindi 287 bonniers adesso non ho idea di quanto corrispondono esattamente ma
possiamo dire a decine di ettari di terra dove possono essere seminati 1300 moggi di frumento; 127 arpenti
di vigna che ci danno 800 moggi di vino, 100 arpenti di prato, che ci danno 150 carri di fieno quindi di tutto
viene data la dimensione ma quello che conta davvero è il frutto. Tra l’altro notate una cosa mentre quanto
rende la vigna e quanto rende un prato a spanne è abbastanza costante a meno che non vi siano disastri
quanto rende il frumento dipende tantissimo dall’annata: secca, umida, giusta etc quindi il frumento
poteva rendere da 3 a 5 volte il seminato. Non lo si poteva sapere prima quindi le cose del frumento dice
quanto si semina non quanto si raccoglie mentre nel caso della vigna e del prato dice quanto si raccoglie. E
dopo le terre coltivate arriviamo al bosco, e allora il bosco lo da più o meno nella stessa maniera cioè le
dimensioni una lega di circonferenza qualche chilometro è un bosco relativamente grosso e la redditività, la
redditività è misurata in maiali. Probabilmente era difficile quantificare quanti carri di legna e ne poteva
trarre o quanti conigli e lepri si potevano prendere e quindi viene dato come un posto dove si possono
portare ad allevare 50 porci. Il nesso con il capitulare de Villis che parla appunto di ingrassare i porci
secondo me è nettissimo quello è l’unità di misura del bosco perché si paga per ingrassare i porci e poi ci da
la redditività. Stessa cosa nei mulini è quanto poi ne ricava. Pertanto il bosco viene trattato più o meno
come tutte le altre superfici: il bosco è tot e rende tot, non c’è un particolare distinzione se non per questa
cosa che non danno effettivamente la superficie del bosco ma la circonferenza, usando una traduzione
possiamo dire il circuito non è che era perfettamente circolare girandoci attorno si percorre una lega.
Questa annotazione secondo me è interessante per due motivi un po' probabilmente la difficoltà di
misurare perfettamente la superficie di un bosco, per un motivo banale: i campi si misuravano, non
essendoci gli strumenti per misurarli / fotografarli dall’alto o la cartografia, si misuravano con strumenti
ottici ci si metteva ad un angolo del campo con questi tai graduati di origini romana e si misura ad occhio
quanto era distante l’altro angolo del campo. In un posto pieno di alberi questi strumenti non possono
essere utilizzati e percorrere tutto il bosco misurandolo era troppo faticoso quindi si dava un altro tipo di
misurazione che è quella della circonferenza. Ma l’altra cosa interessante è che quindi questo bosco è
isolato. Se ci dice quanto è lungo girarci attorno, vuol dire che questa è una macchia di bosco, quindi ancora
qui non immaginiamoci queste isola di coltivi in una marea di boschi intervallati da buchi coltivati, che è un
po' l’immagini che c’è in po' per chi ama il fumetto, come i villaggi di Asterix, ma piuttosto il contrario, in
queste zone centrali dobbiamo pensare a superfici coltivate, intervallate da macchie di bosco. L’ultima
annotazione, questo pezzettino finale di Gif, che è un altro paesino che è lì vicino, per il giovane bosco, la
silva novella. Quindi non soltanto difesa del bosco ma allevamento del bosco. Se serviva legname, si
impiantavano boschi nuovi e quindi esistono anche le silve novelle, i boschi giovani, che sono frutto
dell’azione dell’uomo. Quindi tutt’altro ancora una volta rispetto a questa immagine di contrapposizione
silva, selva male, coltivato bene, la selva già nel IX secolo e poi lo vedremo ancora di più per i secoli
successivi, la selva è coltivata, allevata. Ecco come vi dicevo il polittico di Saint Germain des Près è
bellissimo perché ci da queste descrizioni dettagliate delle terre e delle famiglie che le lavoravano e tanto
per darvi un’idea ve ne ho presa una, siamo sempre a Palaiseau e questa è la descrizione del dominico, la
descrizione delle terre gestite direttamente dalla curtis, con questa nozione siamo ospiti non servi
ovviamente. Poi si passa al massaricio e cosa ci dice del massaricio, questo è uno dei mansi: “Walafredo,
colono e capo famiglia, la moglie, colona, chiamata Eudimia, uomini di San Germano, hanno in casa due
bambini, di nome Walahildo e Leutgardo. Egli tiene 2 mansi ingenuili, costituiti da 7 bonniers di terra
arabile, 6 arpenti di vigna, 4 arpenti di prato. Egli paga per ogni manso 1 bue, un altro anno 1 porco; 4
denari per il diritto d’uso del bosco (in lignericia), 2 moggi di vino per il diritto di pascolo… corvées
(corvados), lavori con il carro (carroperas), opere manuali (manoperas), taglio di legna secondo quanto gli
viene comandato; 3 polli; 15 uova…. L’abbazia possiede a Paliseau 108 mansi ingenuili (mansi liberi gestiti
da contadini liberi, perché poi c’erano la possibilità di spostare dei servi sui mansi e questi erano cosìdetti
mansi servili,) che corrispondono ogni anno al momento dell’esercito 6 carri (carra), perché il primo compito
della rete delle curtes come abbiamo detto è alimentare lo stato e una delle cose che serve allo stato è
l’esercito quindi fornisce all’esercito 6 carri di rifornimenti; lo stato ogni tre anni 108 porci, ogni due anni
108 pecore con gli agnelli, 240 moggi di vino per il diritto di pascolo, 35 soldi per il diritto d’uso del bosco,
350 polli, 1750 uova, 9 soldi di testatico (de capatico). Allora che cosa ci dice questo documento alcune cose
interessanti perché come vedete il bosco è solo collettivo. questi mansi non includono spazi di bosco. Il
manso di Walafredo è ricco perché tiene 2 mansi, e quindi è un colono ricco può pagare un affitto
consistente perchè 1 bue ogni 2 anni è tanto, quindi è un contadino relativamente agiato, ma questi 2
mansi ingenuili sono fatti da terra arabile, vigna e prato, non c’è il bosco. Quindi il bosco, almeno nella
concezione di Saint Germain des Près, ma è un po' quello che si capisce anche dal testo del capitulari de
villis, i boschi sono boschi comunque nelle mani del proprietario o dello stato, per cui per l’usufrutto del
bosco deve pagare un canone: 4 denari per il diritto dell’uso del bosco che poi in latino è in lignericia quindi
molto esplicitamente nella raccolta della legna. Quindi raccogliere la legna probabilmente c’era una quota
prefissata: 1 carro, mezzo carro, non si sa, porta al pagamento di un censo e specularmente questi boschi
sono lavorati durante le corvées, perché se vedete tra le corvées che deve prestare (corvées= servizi di
lavoro gratuiti) taglio di legna secondo quanto gli viene comandato. Quindi si mette ben in luce il ruolo del
bosco come risorsa nelle mani del proprietario della curtis, che poi questo proprietario sia una chiesa, un
privato o appunto il re. Un bosco nel quale appunto i privati devono pagare per ricorrere al bosco e devono
prestare prestazioni. Fra l’altro alla fine l’entità del pagamento non è male perché appunto nella summa,
nella sintesi finale, 35 soldi per il diritto d’uso del bosco, notate che è l’unica sostanzialmente risorsa
monetaria perché poi ci sono 9 soldi di testatico. Quindi vuol dire che i 4/5 del denaro, che non è
tantissimo, insomma però neanche pochissimo, è un po' più di 1 libbra di argento, quasi 2 libbre d’argento,
20 soldi facevano 1 libbra di argento. Tutto il contante, diciamo, viene praticamente tutto dal frutto del
bosco ed anche questo chiarisce perché sia così importante l’uso del bosco. L’ultima annotazione, qui
emerge l’altro uso del bosco. Se vi dicevo che nell’’inventario generale il bosco viene misurato per la sua
capacità di nutrire dei maiali, che sarà importante perché appunto comunque questi allevano maiali, come
Walfredo che deve pagare un maiale ogni 2 anni come canone, però qui il rimando è essenzialmente alla
legna, perché è la legna è ovviamente la risorsa più importante, anche se meno misurabile rispetto al
numero di maiali, e quindi qui si parla espressamente di lignericia come uso del bosco e come opera
manuale al taglio della legna al servizio dei proprietari.
Ci sposiamo ad Annapes, località che adesso non esiste più, è nel nord ovest della Francia, ai confini con il
Belgio. E’ una curtis particolarmente interessante perché questa invece è proprio una curtis regia, non è
una curtis monastica o episcopale ma è direttamente dipendente dal re. Ci è stato conservato l’inventario
della curia di Annapes che è stato proposto come modello. Gli ufficiali regis se dovevano fare un inventario
di una curtis dovevano farlo seguendo il modello dell’inventario che è stato fatto di Annapes e quindi è
stato trascritto in appendice praticamente al capitulato de Villis e quindi è circolato tra la documentazione
pubblica carolingia. Questo inventario è particolarmente interessante appunto perché è eregio. Da un lato,
ci da un altro punto di vista, infatti vedremo che si sono tanti dettagli per dare grande importanza al valore
simbolico, ad esempio al palazzo perché questa è la corte del re e deve distinguersi dalle altre. L’inventario
è dettagliatissimo qui ho sforbiciato ma insomma da veramente informazioni minutissime, sembra essere
una curtis particolarmente ricca perché le corti regie erano oggetto di cure, attenzione e investimenti
particolari e un pò anche perché l’hanno trovata, in parte è stata scavata archeologicamente e quindi
abbiamo i riscontri archeologici di quello che si dice. Questo inventario a due aspetti particolarmente
interessanti:
1) ci fa vedere l’uso del legno, è così dettagliato che noi possiamo percepire appunto quanto il legno
fosse fondamentale nella gestione di una azienda agraria e probabilmente più estesamente di tutta
l’economia carolingia;
2) in questo grande dettaglio ricadono anche gli alberi, pertanto abbiamo una descrizione dettagliata
anche degli alberi da frutto e possiamo vedere come fossero altrettanto importanti tanto da
meritare una descrizione dettagliata

Noi abbiamo trovato nel fisco di Annapes un palazzo reale costruito in buonissima pietra, tre stanze, la
dimora tutta circondata da una galleria con 11 piccole stanze; al di sotto, una cantina e due portici;
all’interno della corte (curtis), 17 altre abitazioni (casae) di legno, con altrettante stanze e gli altri annessi in
buono stato: una stalla, una cucina, un forno, 2 granai, 3 magazzini.
Una corte munita di forti palizzate, con una porta di pietra sormontata da una galleria. Una corte anch’essa
circondata da una palizzata, ben ordinata e piantata di alberi di diversa specie: peri, meli, nespoli, pesche,
madorli, noci, moroni e meli cotogni. Notiamo pertanto questi due elementi: la pietra ed il legno. Se notate
al legno è affidata la gran parte dell’edificio, ma alla pietra viene riservato un forte valore simbolico; non è
che la legna sia migliore come materiale di costruzione, ma essendo più costosa, più difficile da lavorare e
anche più duratura nel tempo, rappresenta un elemento fortemente simbolico; quindi qui vediamo il legno
per le attrezzature di uso di tutti i giorni, alla pietra è delegata la rappresentatività del fatto che questa è
una corte regia; infatti in pietra abbiamo: un palazzo reale (piccolo e non imponente come quelli della
loira); l’altra cosa fatta in pietra è la porta d’ingresso della curtis, la quale è munita di forti palizzate
sormontata da un porta in pietra. Anche in questo caso è evidente che il valore simbolico prevale, perché la
porta non è più forte dei muri che gli stanno intorno, anche la curtis fortificata è simbolica (essendo regia
ha un status superiore), la corte del re si distingue dalle altre e siccome il re ha il potere militare darle un
aspetto più fortificato la connota come più forte. Dopo di che la fortificazione vera e propria in legno
(palizzata/staccionata), mentre l’ingresso della curtis è in pieta; il legno quindi per tutte le abitazioni, c’è il
palazzo regio ma poi al interno ci sono 17 altre case ( in latino è un edificio modesto), con altrettante
stanze, annessi in buono stato, stalla, cucina, forno, granai, magazzini devono essere tutti in legno (qui non
specifica che è in pietra) e poi le palizzate. Quindi già vediamo che l’uso della legna nell’edilizia è
imponente, e poi la piccola corte (che affianca la principale) che è piantata di alberi di diverse specie; ed
ecco qui il secondo protagonista, non solo il legno morto/tagliato, ma gli alberi che rappresentano una
risorsa importante nel quadro di queste curtes. Utensili (2 bacilli di rame, 2 coppe per bere, una di ferro,
una padella ecc.) e utensili di legno a sufficienza, anche qui possiamo vedere che essendo una curtis regia il
metallo è abbastanza raro nel Europa alto medioevale, essendo una curtis regia c’era una certa dotazione di
attrezzi metallici (lavoro più efficiente); alcuni di essi sono stati ritrovati (alcune falci metalliche, e vanghe
metalliche) di età carolingia, per cui l’inventario è attendibile ma tutto sommato poco. Utensili a legno a
sufficienza non vengono numerati, il legno è di uso più comune e più diffuso, ma soprattutto si capisce che
la maggior parte degli utensili doveva essere in legno; il che per la maggior parte di questi usi poteva
funzionare, cioè sono in ferro le cose che non possono non essere in ferro (falci, scuri ecc.) perché il legno
non si taglia, mentre tutto il resto può benissimo essere il legno (zappa, forcone per fieno)

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