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DOTTRINA

Mancato lancio di OPA obbligatoria: il puzzle SAI - Fondiaria alla luce di


alcune esperienze europee(*)
Fonte: Giur. comm., fasc.5, 2008, pag. 908
Autori: Eugenia Macchiavello,Gian Giacomo Peruzzo

Sommario: 1. Il caso SAI - Fondiaria e le incertezze del sistema italiano delle offerte
pubbliche d'acquisto obbligatorie: - 2. (Segue): a) La ratio della disciplina dell'offerta
pubblica d'acquisto obbligatoria; - 3. (Segue): b) La questione dell'esistenza di un diritto al
risarcimento da mancato lancio di OPA. In particolare, il diritto a vendere o a ricevere una
proposta (responsabilità contrattuale); - 4. (Segue): c) Risarcibilità del danno a titolo di
responsabilità extracontrattuale; - 5. (Segue): d) Responsabilità precontrattuale. - 6. Novità
legislative. - 7. Germania. - 8. Regno Unito. - 9. Francia. - 10. Sintesi delle esperienze
straniere e italiana.

1. Il caso SAI - Fondiaria e le incertezze del sistema italiano delle offerte pubbliche
d'acquisto obbligatorie. - La vicenda SAI - Fondiaria impegna da tempo giornalisti e Corti
italiani e ha rivelato la difficoltà del nostro ordinamento a fornire una risposta chiara ai
problemi sorti nella pratica delle offerte pubbliche di acquisto(1). I giudici chiamati a
pronunciarsi sul caso non hanno mostrato univocità di vedute, talvolta pur in presenza del
medesimo decisum(2), restando ancora da chiarire, in particolare, se sussistano strumenti
di tutela, specialmente di tipo risarcitorio, a favore degli azionisti di minoranza in caso di
mancato lancio di OPA obbligatoria, al di là delle sanzioni e delle misure già previste per
legge.

Nel presente lavoro, si tenterà di analizzare le diverse soluzioni suggerite dalla


giurisprudenza e dalla dottrina con riferimento al caso SAI - Fondiaria, raffrontandole con
l'esperienza di alcuni paesi europei, impegnati, come il nostro ordinamento (solo
recentemente), nel recepimento della Direttiva OPA.

2. (Segue): a) La ratio della disciplina dell'offerta pubblica d'acquisto obbligatoria. - Il punto


di partenza per la formulazione di una risposta al quesito sopra evidenziato è spesso

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rappresentato dall'individuazione e dall'esame della ratio della disciplina in materia(3) allo
scopo di risolvere la questione se sussista un obbligo di lanciare l'OPA in seguito al
superamento della soglia di rilevanza, di che natura sia e se, quindi, lo stesso determini il
sorgere di una corrispondente situazione soggettiva a favore degli azionisti di minoranza.
L'operazione in questione non è affatto agevole né indiscussa in quanto l'individuazione
delle funzioni dell'istituto in esame è ampiamente dibattuta(4). Secondo parte della
dottrina, infatti, la ratio sottesa a tale disciplina, ricavabile dal principio di eguaglianza degli
azionisti (art. 92 t.u.f.)(5) e dalla presumibile creazione di valore per mezzo del controllo,
corrisponderebbe alla volontà di riconoscere in capo agli azionisti di minoranza il diritto ad
uscire dalla società bersaglio beneficiando del riparto del premio di maggioranza pagato
agli alienanti le partecipazioni determinanti il controllo della società(6) ma tale posizione è
criticata da molti autori(7). Altri, sottolineando ancora l'utilizzo dei takeovers per l'estrazione
di benefici privati invece che per la sostituzione di managers inefficienti ed il miglioramento
della situazione della società, riconducono la disciplina dell'OPA alla funzione di garanzia
del diritto di exit degli azionisti ad un prezzo non svantaggioso in caso di cambio di
controllo indesiderato oltre che di tutela dell'interesse generale all'efficienza del mercato
del controllo societario(8). Alcuni interpreti calano invece la disciplina dell'OPA nell'ambito
di una prospettiva conservativa: attraverso l'obbligo di presentare una proposta di acquisto
agli azionisti si garantirebbe la conservazione delle prerogative di scelta libera ed informata
in materia di investimento, dinnanzi al rischio di un'eventuale perdita conseguente al
cambio di controllo determinante una minor contendibilità della società(9). In base alle
precedenti prospettazioni, ad ogni modo, il legislatore mirerebbe a tutelare sia gli interessi
privati degli investitori che l'interesse pubblico al funzionamento del mercato con il
conseguente riconoscimento di diritti ad agire in capo ai singoli(10). Tuttavia, vi è anche chi
riconosce nelle disposizioni legislative solo la finalità pubblica di garantire il buon
funzionamento e l'efficienza del mercato, senza alcun riguardo alle posizioni individuali
degli investitori se non in via strumentale(11).

L'esame della ratio dell'OPA può risultare perciò non decisivo ed anche alcuni giudici(12)
riconoscono comunque che, pur ad identificare una medesima funzione dell'istituto,
quest'ultima potrebbe essere perseguita dal legislatore con mezzi differenti.

3. (Segue): b) La questione dell'esistenza di un diritto al risarcimento da mancato lancio di


OPA. In particolare, il diritto a vendere o a ricevere una proposta (responsabilità
contrattuale). - Alla varietà di posizioni in materia di funzione dell'istituto dell'OPA
obbligatoria, corrisponde la molteplicità di opinioni in merito alle conseguenze derivanti
dalla violazione dell'obbligo in questione. Partendo dalle posizioni estreme, qualche autore
ha sostenuto l'utilizzabilità dell'art. 2932 c.c.(13): la legge farebbe sorgere un diritto a
vendere le proprie azioni in presenza del superamento di una certa soglia partecipativa e
tale diritto sarebbe esercitabile anche richiedendo al giudice la produzione degli effetti del
contratto imposto attraverso sentenza. Tuttavia, è stato rimarcato, anche a livello

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giurisprudenziale(14), l'incompatibilità dell'obbligo di acquisto e dell'acquisto imposto ex
art. 2932 c.c. con la sanzione di cui all'art. 110 t.u.f. comportante un opposto obbligo di
vendita delle azioni eccedenti la soglia giuridicamente rilevante e con gli obblighi
informativi e procedimentali previsti dal t.u.f.(15).

Sul lato diametralmente opposto, si è invece sostenuta l'inesistenza di un qualunque diritto


in capo agli azionisti in quanto il lancio dell'OPA costituirebbe solo un onere di chi voglia
acquistare il controllo di una società (il quale quindi manterrebbe la libertà di scegliere fra
rinuncia al controllo e lancio dell'offerta)(16). L'ambigua formulazione del t.u.f.
sembrerebbe infatti lasciare allo scalatore la scelta fra acquisto del controllo con il
corrispondente onere di lancio di un'OPA totalitaria e la vendita delle azioni con
sospensione del diritto di voto(17). Sembra però doversi ritenere prevalente una
qualificazione legislativa in termini di illiceità - illegittimità del comportamento dello
scalatore che non proceda al deposito del progetto di OPA nei termini(18): sono infatti
previste conseguenze del mancato adeguamento al comportamento sancito nella norma
chiamate sanzioni e vengono sospesi, in ottica sanzionatoria, i diritti di voto collegati
all'intera partecipazione (non solo quelli riguardanti le azioni eccedenti la soglia)(19).

Ad ogni modo e passando quindi ad analizzare le posizioni intermedie che pur affermano
la natura di obbligo del comportamento richiesto dagli articoli 105 ss. del t.u.f., si è ancora
discusso sulla configurabilità, nel caso in esame, di un dovere (posto nell'interesse
generale e senza la creazione di un corrispondente diritto di qualcuno) piuttosto che di un
obbligo o di un'obbligazione (comportanti un'opposta situazione soggettiva)(20): secondo
parte della dottrina sarebbe infatti sussistente nel caso in esame un dovere senza un
corrispondente diritto soggettivo di qualcuno(21) ed il discorso è strettamente collegato
all'identificazione dell'interesse tutelato dalla norma e della natura di quest'ultimo.

Alcuni sostenitori della qualificazione in termini contrattuali propendono poi per l'esistenza
di un obbligo (non ad acquistare ma) a presentare una proposta contrattuale nascente dal
superamento delle soglie previste dalla legge, obbligo strumentale alla possibilità degli
azionisti di aderire all'offerta e determinante il sorgere di un diritto, in capo a questi ultimi, a
ricevere l'offerta (costituendo la legge una fonte legittima di obbligazioni ex art. 1173
c.c.)(22) o derivante dal contratto di società attraverso il procedimento di integrazione
contrattuale ex art. 1374 c.c.(23). Escludendo per gli stessi motivi di cui supra l'esecuzione
in forma specifica dell'obbligo(24), la posizione che qui si sta sintetizzando sostiene però
l'accoglibilità della domanda di risarcimento per equivalente a titolo di inadempimento
presentata dall'azionista di minoranza(25), per una somma quantificata nella differenza fra
il prezzo di OPA e quello di mercato al momento dell'inadempimento, cioè del giorno
successivo alla scadenza del termine di 30 giorni per il lancio (interesse positivo)(26).

4. (Segue): c) Risarcibilità del danno a titolo di responsabilità extracontrattuale. -


Spostando l'attenzione al campo della responsabilità extracontrattuale(27), come

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sostenuto da alcuni precedenti in materia(28), resta comunque da individuare con
precisione il danno ingiusto e quindi l'interesse meritevole di tutela che si ritiene
violato(29). Secondo alcuni Autori, la funzione prevalentemente conservativa della
responsabilità extracontrattuale non permetterebbe di individuare un danno ingiusto nel
mancato lancio di OPA, dal momento che la situazione degli azionisti di minoranza non
potrebbe dirsi di per sé modificata poiché, in assenza di lancio dell'OPA, il prezzo
presumibilmente non si alzerà (come invece di norma accade in vista dell'OPA) o, dopo
essersi alzato per l'affidamento del mercato nel lancio, ritornerà al prezzo iniziale nel
momento in cui sarà chiara la mancanza di un'offerta (senza variazione sostanziale del
valore dell'azione rispetto al momento precedente al superamento della soglia); inoltre, nel
caso Sai - Fondiaria, in cui i concertisti, nonostante il mancato lancio, hanno finito per
acquistare comunque il controllo della società, non si potrebbe sostenere che un eventuale
danno sia derivato dalla violazione dell'obbligo di OPA, dal momento che il controllo è stato
conseguito attraverso una delibera di fusione (ipotesi esentata dall'obbligo di lancio di
OPA) approvata senza il voto determinante dei concertisti(30). Ciò che l'azionista
sembrerebbe quindi richiedere in realtà con l'azione di risarcimento a titolo
extracontrattuale è la partecipazione ad un profitto ingiusto ma senza avere ragioni per
pretenderla(31).

Secondo una distinta tesi(32), il mancato lancio di OPA priverebbe l'azionista di una
''possibilità di guadagno concreta'', corrispondente alla maggiorazione del prezzo che si
verifica quando un'offerta pubblica sta per svolgersi e darebbe diritto all'azionista
minoritario al risarcimento del danno da perdita di chance(33) di ottenere tale guadagno. In
questo senso, sulla vicenda in esame sembra pesare in particolar modo il ritardo
nell'accertamento dell'inadempimento. Se quest'ultimo fosse stato scoperto entro i 30
giorni, termine entro cui l'acquirente o gli acquirenti di concerto devono proporre l'OPA, la
Consob avrebbe potuto richiedere agli stessi di presentare la proposta di offerta, pur senza
altri mezzi per imporre in via coercitiva il lancio, e avrebbe potuto impugnare le delibere di
nomina delle cariche sociali se già avvenuta con voto determinante dei concertisti (cfr. il
caso Antonveneta)(34). Qualora invece si scopra il concerto (e quindi la violazione
dell'obbligo contenuto nell'art. 109 t.u.f.) oltre il termine dei 30 giorni, è la legge stessa ad
escludere ed impedire una tutela effettiva (cioè corrispondente esattamente al risultato che
si voleva conseguire attraverso l'imposizione dell'obbligo) dal momento che, come più volte
ricordato, non è possibile procedere ad un'OPA tardiva ed i concertisti sono tenuti, anzi, ad
alienare le azioni. Tuttavia, potrebbe forse riconoscersi l'interesse degli azionisti a ricevere
una proposta di acquisto entro i termini di legge una volta che si siano realizzate le
circostanze previste dalla legge (il superamento della soglia)(35), sicuramente dannosa per
il mercato (ma lasciando inalterata la situazione soggettiva creata in capo agli
azionisti)(36). La lesione di tale interesse sarebbe rappresentata dalla perdita della
possibilità di prendere parte all'OPA obbligatoria non realizzata nei tempi (peraltro, nel

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caso concreto, non più effettuabile nemmeno da altri concorrenti interessati essendosi
ormai consolidatosi il controllo per altra via)(37).

In modo non molto dissimile, ma avvicinandosi maggiormente al concetto di danno da


informazioni inesatte, altra parte della dottrina sostiene la via del risarcimento da perdita di
possibilità di conseguire un valore di scambio senza gli effetti negativi determinati dal
mutamento di controllo(38). Per ottenere il risarcimento, però, sarebbe necessaria la prova
di un effettivo deprezzamento (rispetto al prezzo di mercato prima del superamento della
soglia, al prezzo di OPA ed al prezzo realizzato dalla vendita delle azioni) e l'aver già
venduto il titolo, essendo questo l'unico modo per determinare l'esistenza o meno di un
danno ed evitare un ingiusto arricchimento degli azionisti. D'altra parte, risulterebbe
risarcibile anche il danno di chi abbia disinvestito senza poter valutare l'opportunità di
restare nella società e beneficiare del cambio di controllo eventualmente efficiente(39).

Similmente, inquadrando espressamente il caso nell'ambito del danno da informazione


propriamente detto, si potrebbe qualificare l'interesse leso in termini di possibilità di
operare sul mercato ad un prezzo giusto che rifletta, cioè, le informazioni imposte per
legge e ritenute dalla stessa indispensabili al funzionamento efficiente del mercato(40).
Perderebbero così rilevanza la probabilità o meno dell'adesione da parte dell'azionista
all'OPA mancata e la natura dell'obbligo di lancio dell'offerta, acquistando rilievo invece
l'assenza di un'informazione che avrebbe potuto incidere variamente sul mercato o sul
comportamento degli azionisti(41).

Ad ogni modo, in tutte le ipotesi prese in considerazione, il risarcimento non potrebbe


consistere nell'interesse positivo, trattandosi pur sempre di una perdita di chance o della
lesione di un interesse diverso rispetto al diritto a vendere.

5. (Segue): d) Responsabilità precontrattuale. - Altra posizione dottrinale ammette una


tutela in capo agli azionisti di minoranza sotto forma di risarcimento del danno da delusione
di affidamento derivante dal superamento della soglia e dal conseguente sorgere
dell'obbligo di lancio di OPA (responsabilità precontrattuale o ancora extracontrattuale a
seconda degli autori)(42). Secondo tale prospettazione, il risarcimento sarebbe
riconoscibile solo in capo a quegli investitori che abbiano acquistato i titoli facendo
affidamento su un futuro lancio di OPA (essendo stato comunicato o essendo in altro modo
noto il superamento della soglia), li abbiano rivenduti a prezzo inferiore ed abbiano quindi
subito una perdita conseguente all'abbassamento del prezzo dopo il mancato lancio nei
termini ed eventualmente alla vendita forzosa dei titoli ex 110 t.u.f., essendo invece
escluso il risarcimento del danno da mantenimento dei titoli(43); in tal caso, comunque,
sarebbe irrilevante l'acquisto effettivo del controllo o meno da parte del mancato offerente
(essendo centrale invece la questione dell'informazione ricevuta dagli investitori) ed il
danno sarebbe quantificabile nel solo interesse negativo(44)(45).

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La soluzione appena sintetizzata è sicuramente molto interessante(46) ma è poco
adeguata a risolvere il caso Sai-Fondiaria qui in esame, dal momento che si potrebbe
anche dubitare che l'affidamento degli azionisti sul lancio dell'OPA sia stato sussistente (in
quanto il concerto e la volontà di acquisire il controllo di Fondiaria era sì sospettato dal
mercato ma non dichiarato dai protagonisti né conosciuto dalla maggior parte degli
azionisti fino alle indagini dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato)(47) o
comunque legittimo ed incolpevole, considerato che tale affidamento si basa sull'obbligo di
OPA previsto nel t.u.f. il quale, però, permette di evitare il lancio con la vendita dei titoli
eccedenti la soglia e l'azionista di minoranza dovrebbe essere consapevole della
possibilità sussistente per l'acquirente di una partecipazione sopra soglia di adeguarsi
all'obbligo di vendita delle azioni piuttosto che procedere al lancio dell'OPA (benché la
legge guardi al lancio dell'offerta come alla conseguenza naturale dell'acquisto di una
partecipazione rilevante ai sensi dell'art. 106 t.u.f.). La tesi della responsabilità
precontrattuale sembrerebbe di fatto negare una qualunque tutela agli azionisti nei casi
(frequenti) in cui forme di concerto o di interposizione che abbiano permesso l'acquisto del
controllo siano scoperte solo a distanza di tempo (come nel caso in esame) dal momento
che subordina il risarcimento all'affidamento sull'esistenza del concerto(48). Diverso,
ovviamente, sarebbe il caso di OPA annunciata e poi non eseguita: più difficilmente si
escluderebbe in tal caso un affidamento o la natura precontrattuale dell'obbligo(49).

6. Novità legislative. - Esaminando il decreto legislativo di recepimento nel nostro


ordinamento (con enorme ritardo rispetto ai tempi imposti dalla Comunità europea) della
direttiva CE 2004/25 già citata, possiamo constatare che non è stata colta l'opportunità di
chiarire in modo inequivocabile la posizione dell'ordinamento italiano sui punti finora
analizzati.

Infatti, si è sancita l'irricevibilità dell'offerta di acquisto una volta scaduto il termine per
presentarla (102, 3° comma, t.u.f.(50)), escludendo quindi, almeno come regola generale,
la possibilità per lo scalatore di lanciare tardivamente l'offerta; si è introdotto l'obbligo di
acquisto dei titoli detenuti da chi ne faccia richiesta (senza la necessità di seguire il
procedimento prescritto per l'OPA) a carico di chi abbia acquistato più del 95% del capitale
rappresentato da titoli (108, 1° comma, t.u.f.)(51), mentre nell'art. 106 si è mantenuta la
formula già ora vigente (''chiunque [...] venga a detenere una partecipazione superiore al
30 % promuove un'offerta pubblica d'acquisto [...]''), quasi a voler sottolineare la differenza
fra le due ipotesi ed escludere un diritto a vendere nella fattispecie di cui all'art. 106 t.u.f.; si
sono ampliati i poteri della Consob, la quale potrà imporre un prezzo di OPA superiore a
quello previsto dalla legge nel caso, fra l'altro, in cui vi siano stati tentativi di elusione
dell'obbligo di lancio dell'offerta (106, 3° comma (lett. d), n. 3)(52) ed esentare lo scalatore
dall'obbligo di OPA, pur sussistente, motivando sulla base delle ipotesi elencate (106, 6°
comma)(53) ma non si è introdotto - a livello di regola generale e principale - il potere
dell'Autorità di imporre il lancio dell'offerta; infatti, il decreto ha incrementato l'incertezza

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esistente in merito alle conseguenze derivanti dal mancato lancio di OPA obbligatoria,
cambiando la rubrica dell'art. 110 t.u.f. da ''Sospensione del diritto di voto'' a
''Inadempimento agli obblighi'' e mantenendo le sanzioni in esso previste della
sospensione dei diritti di voto e della vendita delle azioni scaduto il termine per la
presentazione dell'offerta (la quale sarebbe irricevibile, si è già visto, una volta trascorso il
termine) ma aggiungendo il potere della Consob di richiedere, a sua scelta (motivata), in
alternativa alla vendita (e, a quanto parrebbe prima facie dall'esame dell'articolato,
eccezionalmente), il lancio dell'OPA con ampia discrezionalità in merito alla
determinazione del prezzo (art. 110, comma 1°-bis)(54)(55).

Ad ogni modo, può risultare utile esaminare qui di seguito la situazione di tre paesi europei
a noi vicini per verificare se un caso simile alla vicenda SAI-Fondiaria avrebbe potuto
ricevere negli stessi un trattamento differente.

7. Germania. - La disciplina dell'OPA in Germania è regolata a livello legislativo dal 2002


con il Wertpapiererwerbs - und Übernahmegesetz (da ora WpÜG)(56). In precedenza
esisteva un codice di autodisciplina promosso dal Börsensachverständigenkommission
(che non riscosse un grado di adesione particolarmente elevato fra le società quotate)(57),
il quale già prevedeva l'istituto dell'OPA obbligatoria(58). L'efficacia di tale strumento fu
pressoché nulla(59), in quanto il codice di autodisciplina non contemplava alcun tipo di
sanzione a carico dei soggetti inadempienti verso i patti assunti e, pertanto, non offriva
alcuna concreta tutela agli azionisti della società bersaglio(60).

La disciplina dell'OPA nel WpÜG e nel t.u.f. presenta in generale aspetti dissimili(61). In
ambito di OPA obbligatoria, invece, le differenze sussistono solo per le sanzioni, mentre
non se ne riscontrano per i presupposti che determinano l'obbligo di offerta, che si
concretizza quando un soggetto (o più azionisti in concerto fra loro ex § 30 WpÜG)
superano la soglia di possesso del 30% delle azioni con diritto di voto: da questo momento
è imposto a chi ha acquistato il controllo l'obbligo di comunicare entro sette giorni tale
evento al mercato(62) e presentare il documento di offerta alla BaFin(63).

Per quanto concerne le sanzioni societarie, il § 59 WpÜG rispecchia la ratio dell'art. 110
t.u.f. (senza imporre però l'obbligo di vendita delle azioni eccedenti il 30% in caso di
mancata presentazione dell'offerta, ammettendo, quindi, l'OPA tardiva) e prevede la
sterilizzazione del diritto di voto di tutte le azioni dello scalatore e dei soggetti che agiscono
con lui in caso di mancata pubblicizzazione dell'acquisto del controllo (§ 35, 1° comma,
primo periodo, WpÜG) o mancato lancio dell'offerta (§ 35, 2° comma, primo periodo,
WpÜG). Rispetto alla disciplina italiana vi sono però ulteriori conseguenze: la perdita del
diritto ai dividendi (con il conseguente aumento proporzionale dell'utile spettante agli altri
azionisti) e del diritto di opzione(64). Con riferimento alle sanzioni amministrative, il § 60, 1°
comma, nt. 1, lett. a), WpÜG punisce con una sanzione pecuniaria (Geldbu‫ )ڥ‬inflitta dalla

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BaFin di importo non superiore ad un milione di euro chi non adempia, fra l'altro, agli
obblighi di pubblicizzare la notizia dell'acquisto del controllo e di effettuare l'OPA(65).

Rispetto al nostro ordinamento, quello tedesco comprende una disposizione a favore della
tutela civile degli gli azionisti di minoranza: il § 38 WpÜG obbliga infatti il soggetto
controllante che è inadempiente alla procedura dell'OPA (ma non anche i concertisti, salvo
che questi risultino essere coofferenti)(66) a corrispondere agli azionisti della società
bersaglio per tutta la durata dell'inadempimento gli interessi nella misura del cinque per
cento annuo sul prezzo dell'OPA. In dottrina è dibattuto però se tale obbligo si concretizzi
semplicemente per il mancato rispetto delle procedure di pubblicazione dell'offerta ovvero
solo quando l'offerta sia poi stata presentata in maniera conforme alla legge: nel primo
caso sarebbero legittimati ad agire tutti gli azionisti, nel secondo solo quelli che hanno
esercitato il diritto di exit. La questione concerne quindi se tale disposizione abbia carattere
primario o secondario, cioè se sia applicabile autonomamente rispetto alla presentazione
dell'offerta ovvero solo in subordine ad essa. Accanto a tale questione si pone la più
generale problematica attinente la qualificazione del WpÜG come corpus normativo
finalizzato a tutelare interessi solamente pubblici ovvero anche privati. Il dubbio origina
dalla formulazione del § 4 WpÜG, che stabilisce che la BaFin, nell'adottare le misure
necessarie per contrastare le condotte che impediscono o danneggiano il regolare
andamento del mercato, agisce solamente nell'interesse pubblico. Secondo la maggior
parte degli studiosi questa disposizione(67) indicherebbe che il legislatore ha voluto
impedire, anche al fine di ridurre al minimo la litigiosità, l'instaurazione di cause civili(68). Il
§ 35 WpÜG non accorderebbe quindi alcun diritto all'OPA, così che gli azionisti di
minoranza non sarebbero legittimati ad agire: l'obbligo di lanciare l'OPA di cui al § 35
WpÜG, pur comportando senza dubbio degli effetti positivi (mediati) per gli azionisti,
rappresenterebbe solamente una Aufsichtsregel (''norma di sorveglianza''), la cui
violazione attiverebbe unicamente l'intervento della BaFin ex § 4 WpÜG(69). È stato inoltre
evidenziato che sarebbe inusuale per il sistema tedesco ammettere la tutela individuale a
favore degli azionisti in assenza di una espressa previsione testuale, tutela che invece,
quando accordata in altri contesti, è esplicitamente inserita nella lettera della legge, come
accade nella disciplina dei contratti di dominio e di Gewinnabführungsvertrag(70). Per di
più, da una prospettiva sistematica, la dottrina sottolinea come nell'ordinamento tedesco
sussisterebbe un'incompatibilità strutturale che impedirebbe ad un medesimo enunciato di
essere destinato alla salvaguardia di un bene pubblico (il funzionamento del mercato del
controllo) e, contemporaneamente, alla regolazione di interessi privati antagonisti(71).

Il sistema tedesco si presenta quindi simile a quello italiano, per cui si discute se l'OPA
obbligatoria costituisca una lex perfecta ovvero consenta agli azionisti di agire anche in
sede civile. Non mancano anche in Germania sostenitori di questa seconda impostazione:
alcuni autori affermano il diritto degli azionisti di minoranza a vendere le azioni allo
scalatore(72). Le critiche a tale soluzione eccepiscono che l'ipotesi di tutela in forma

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specifica eluderebbe la disciplina inderogabile del WpÜG che, invece, prevede il controllo
necessario ed esclusivo del documento d'offerta da parte della BaFin(73).

Per quanto riguarda il mancato lancio di OPA come fattispecie di responsabilità


extracontrattuale, è da tenere presente che nel sistema tedesco, a parte i casi in cui il
legislatore ha espressamente previsto fattispecie di responsabilità aquiliana, una condotta
diventa rilevante nel momento in cui è sussumibile in una delle tre clausole generali
contenute nel BGB, le quali restringono la risarcibilità dei danni ai soli casi in cui essi siano
conseguenza della violazione (colposa o dolosa): del diritto alla vita, all'integrità fisica, alla
salute, alla libertà, alla proprietà o di un altro diritto (§ 823, 1° comma, BGB); di una
disposizione con finalità protettive (§ 823, 2° comma, BGB); delle gute Sitten in caso di
condotta dolosa (§ 826 BGB). In dottrina è condiviso che i danni derivanti agli azionisti dal
mancato lancio di OPA (mancato conseguimento del prezzo d'OPA; eventuale decremento
del titolo) siano di natura meramente patrimoniale, per cui non rientrano nella nozione di
''altro diritto'' di cui al § 823, 1° comma, BGB e non sono quindi risarcibili(74). Altrettanto,
non è configurabile una lesione delle gute Sitten di cui al § 826 BGB, atteso che
l'inadempimento da parte dell'acquirente del controllo agli obblighi di cui al § 35 WpÜG non
presenta gli estremi necessari per essere considerato un atteggiamento non etico(75). Vi è
chi individua nel § 35 WpÜG la funzione di norma protettiva di cui al § 823, 2° comma,
BGB e sostiene che il diritto ad uscire dalla società in cui si è verificato il cambio di
controllo ha natura individuale e deve quindi essere tutelato a livello civile(76). La maggior
parte della dottrina critica questa impostazione obiettando la già menzionata funzione
esclusivamente pubblicistica del WpÜG (v. supra).

Le tesi ora illustrate circa la funzione del WpÜG si ritrovano nell'analisi del § 38 WpÜG: chi
ne sostiene l'accessorietà nei confronti del § 35 WpÜG (e quindi ne subordina l'applicabilità
all'avvenuta adesione all'offerta) si basa sul fatto che costituirebbe una contraddizione la
sussistenza del diritto degli azionisti a chiedere gli interessi su una prestazione (il lancio
dell'offerta) che non possono rivendicare come diritto soggettivo(77) e, inoltre, che sarebbe
inusuale per il sistema tedesco che obblighi di diritto pubblico siano fonte di azioni
civili(78). Il § 38 WpÜG comporterebbe quindi solo un aumento del prezzo d'offerta di cui al
§ 31 WpÜG e svolgerebbe una funzione di deterrenza per spingere chi acquista il controllo
ad adempiere nei modi e nei tempi di cui al § 35 WpÜG alla disciplina dell'OPA(79). Le
opinioni che, invece, considerano il § 38 WpÜG come fonte di un'obbligazione principale a
carico dello scalatore nei confronti di tutti gli azionisti traggono spunto dalla lettera della
legge, la quale sarebbe rivolta genericamente agli azionisti senza distinguere fra quelli
aderenti o meno all'OPA e che individuerebbe il momento dal quale possono essere
richiesti gli interessi nella violazione della procedura di presentazione dell'offerta e non dal
momento in cui si perfeziona il contratto di compravendita delle azioni fra l'azionista e
l'offerente(80). La (scarsa) casistica giurisprudenziale conta due vicende: nella prima è
stata affermata l'accessorietà del § 38 WpÜG(81); nella seconda, che è giunta alla Corte

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Federale(82), la Corte d'appello di Monaco ha riconosciuto(83), riformando la sentenza del
tribunale di primo grado(84), la natura di norma primaria al § 38 WpÜG. Il BGH, pur non
entrando nel merito della questione in quanto non ha riscontrato l'esistenza dei presupposti
giuridici dell'OPA obbligatoria, ha espresso comunque dubbi sull'applicabilità della
disposizione in assenza di una offerta(85). Sembrerebbe quindi che il § 38 WpÜG sia
finalizzato a sanzionare le offerte presentate oltre i termini previsti dalla legge (i.e. OPA
tardive).

In merito infine alla configurabilità di responsabilità precontrattuale da lesione di


affidamento per mancato lancio di OPA si è rilevato uno scarso approfondimento sia in
dottrina che in giurisprudenza. La notizia dell'acquisto del controllo non è considerata
idonea a creare fra lo scalatore e gli azionisti un contatto adeguato per ritenere che
quest'ultimi abbiano maturato un legittimo affidamento al concretizzarsi dell'OPA: i motivi
sono individuati nel fatto che potrebbero sussistere cause di esclusione dall'obbligo di OPA
ovvero il documento presentato alla BaFin dal potenziale offerente potrebbe non
rispondere ai requisiti di legge e pertanto non essere autorizzato per la pubblicazione(86).

È discusso se la BaFin sia legittimata ad imporre il lancio dell'OPA. Le tesi contrarie


denunciano da un lato l'assenza di qualsiasi legittimazione da parte della legge e, pertanto,
la carenza di potere dell'autorità, dall'altro sostengono che il sistema di sanzioni di cui ai §§
38, 59 e 60 WpÜG non ammette altri rimedi(87). Le tesi a favore (fra cui anche l'esplicita
posizione assunta dalla BaFin stessa)(88) fanno riferimento al § 4 WpÜG che
consentirebbe all'autorità di intervenire ex imperio ogni volta in cui si verifichi un
inadempimento al § 35 WpÜG: la BaFin sarebbe chiamata a rendere la disciplina dell'OPA
effettiva per garantire il buon funzionamento del mercato e tutelare la fiducia degli
investitori nelle regole del mercato finanziario(89). La dottrina sostiene ad ogni modo che la
BaFin sia irresponsabile per le sue scelte(90).

In conclusione, a livello di tutela civile, in Germania manca una casistica giurisprudenziale


di cause intentate dagli azionisti contro l'acquirente del controllo inadempiente all'obbligo
d'OPA, fatta eccezione per il § 38 WpÜG, che è stato letto come sanzione per il ritardo nel
lancio dell'offerta. La dottrina annovera posizioni favorevoli e contrarie nel considerare il §
35 WpÜG come una norma che legittima gli azionisti ad agire in sede civile. Rimane quindi
aperta la questione, nel caso in cui l'OPA tardiva e l'imposizione dell'OPA da parte della
BaFin non siano più attuabili (ad es. perché lo scalatore è sceso sotto il 30%), se gli
azionisti possano chiedere il risarcimento del danno.

In Germania in un caso simile a quello Sai Fondiaria la BaFin avrebbe probabilmente


imposto agli scalatori il lancio dell'OPA, aumentando il prezzo dell'offerta secondo quanto
previsto dal § 38 WpÜG e comminando le sanzioni amministrative.

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8. Regno Unito. - A partire dal 1972 è presente nell'ordinamento del Regno Unito l'istituto
dell'offerta pubblica d'acquisto obbligatoria totalitaria (mandatory bid rule) posta a carico di
chi abbia acquistato più del 30% (fino al 1974 il limite era del 40%) delle azioni con diritto di
voto in modo da permettere agli azionisti di minoranza di vendere a condizioni favorevoli
(cioè al prezzo più alto pagato dall'offerente nei 12 mesi precedenti l'offerta) i propri
titoli(91). La norma risponde alla finalità del Takeover Code, anche detto City Code, di
garantire agli azionisti un trattamento equo e l'opportunità di decidere sul merito di una
scalata(92) e alla ratio espressa nel Principio Generale di eguale trattamento degli azionisti
e di protezione degli stessi in caso di cambio di controllo(93).

La particolarità del sistema giuridico in esame risiede nella natura non legislativa del testo
che racchiude la mandatory bid rule (il già menzionato City Code) e di conseguenza
dell'autorità preposta all'interpretazione e all'applicazione dello stesso (The Panel on Take-
overs and Mergers), considerata soggetto privato. Il City Code, infatti, è stato adottato
come self regulation nel 1968 dalla City, la comunità di professionisti formata in prevalenza
da banche d'affari ed investitori istituzionali. Questo fatto ha reso più complesso il
problema connesso all'enforcement del codice, basato esclusivamente sull'accettazione
delle regole ad opera degli appartenenti alla comunità(94). Le sanzioni inizialmente
consistevano quindi, fondamentalmente, in censure private o pubbliche del comportamento
intrapreso in violazione del codice ma anche quelle successivamente elaborate del Panel
ed ora vigenti mirano a costringere il titolare di una partecipazione significativa a lanciare
l'offerta totalitaria alle condizioni indicate nel Code. Nei primi casi in cui il sistema
autoregolatorio del codice è stato messo a dura prova nel contesto di acquisti determinanti
l'obbligo di lanciare un'offerta pubblica totalitaria, il Panel ha imposto il divieto di esercizio
del diritto di voto connesso alle azioni determinanti il superamento del limite (e non a quelle
eventualmente detenute in precedenza), di ulteriore acquisto e di vendita delle azioni in
questione (a differenza dell'opposta sanzione di vendita apprestata dal nostro
ordinamento) ad eccezione del caso di acquisto da parte di un terzo soggetto indipendente
disposto a lanciare l'offerta. Il Panel, di fronte all'ostinato rifiuto di adempiere l'obbligo di
presentare un'offerta pubblica ha utilizzato l'arma del cold-shouldering, consistente nella
minaccia di richiedere ad altre autorità di sanzionare, sulla base del Conduct of Business
Rules, gli operatori che intrattengano rapporti con i soggetti inadempienti gli obblighi
contenuti nel Codice, soprattutto nei casi in cui, trattandosi di società straniere, la forza del
Panel basata sul rispetto fra operatori del settore e sul valore dell'onore all'interno
dell'ambiente non riusciva ad operare(95).

Un primo esempio interessante è rappresentato dal caso St. Martins/Hay's Wharf(96): St.
Martins Property Corporation acquistò nel novembre del 1973 il 34% delle azioni della
società Hay's Wharf, detenendo il controllo effettivo della stessa, il quale, pur non
rappresentando un superamento del limite giuridicamente rilevante (fino al 1974 la soglia
era del 40%), obbligava comunque l'acquirente a lanciare un offerta pubblica totalitaria.

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Dinnanzi al mancato lancio, il Panel ha richiesto alla società St. Martins, fino all'effettivo
lancio (ritenuto quindi imprescindibile), di non esercitare i diritti di voto collegati alle azioni
acquistate, di non comprarne altre né di venderle, salvo il caso di acquisto da parte di un
terzo soggetto indipendente che procedesse all'offerta pubblica. In seguito al mancato
adempimento da parte della società delle indicazioni del Panel, quest'ultimo minacciò la
prima di impedirle l'utilizzo delle facilities del mercato.

Solo un mese dopo tale vicenda, un consorzio capeggiato dalla società Crest International
Securities Ltd. acquistò il 20% delle azioni ordinarie della Ashbourne Investements Ltd.
detenendone già nel complesso un 23%(97). Il consorzio era obbligato dal Codice a
lanciare un'offerta pubblica d'acquisto ma quest'ultima non venne promossa per ben otto
mesi nei quali il controllo sulla Ashbourne venne comunque esercitato e furono portate
avanti da parte della Crest azioni legali di rescissione dall'acquisto o comunque volte ad
impedire il lancio. Il Panel richiese che il Consorzio intraprendesse four steps (implicanti
peraltro un penetrante intervento del Panel nel sistema di Corporate Governance della
società a difesa delle minoranze): riducesse il numero degli amministratori ad esso
collegati nel Cda della Ashbourne, sostituisse il Presidente della società bersaglio con un
amministratore indipendente, permettesse agli azionisti di minoranza della società di
essere rappresentati nel Cda, non esercitasse i diritti di voto collegati alle azioni acquistate
per ultime (20%) mentre usasse ovviamente i diritti di voto incorporati nelle azioni già
precedentemente detenute per svolgere le operazioni supra indicate(98).

Diversamente, nel caso in cui il superamento della soglia giuridicamente rilevante sia
avvenuto involontariamente o per errore, il Panel dispensa l'acquirente dall'obbligo di
lanciare un'offerta pubblica totalitaria sempre che lo stesso proceda alla vendita delle
azioni sopra soglia e non eserciti nel frattempo i diritti di voto(99). Nello stesso senso si è
mosso il Panel nei casi in cui nonostante la volontaria e consapevole acquisizione di una
partecipazione rilevante ai fini della R. 9, la società acquirente non avesse fondi a
sufficienza per procedere all'offerta pubblica, soluzione ritenuta poco soddisfacente(100).

Particolarmente interessante per il confronto con l'aggiramento svolto da SAI nel caso qui
commentato è la vicenda riguardante la scalata della Westminster Property Group ad
opera di St. Piran, nella quale il Panel ha adottato un atteggiamento che supera il dettato
formale della legge per colpire i tentativi di sostanziale elusione del codice(101). Il Panel,
infatti, ha ritenuto che le azioni WPG (15% del capitale sociale), formalmente di proprietà
del sig. Kirch ma sulle quali St. Piran aveva un'opzione di acquisto esercitabile senza
necessità di corresponsione del prezzo nel caso di mancato pagamento di un prestito o di
esercizio del diritto di voto in modo non conforme alla volontà di St. Piran da parte di Kirch,
dovessero essere conteggiate come facenti parte del pacchetto già consistente detenuto
da St. Piran (39,9%), determinando così, a carico della stessa, l'obbligo di lanciare un'OPA
totalitaria, in attesa della quale nessun rappresentante di St. Piran avrebbe potuto essere

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eletto nel Cda di WPG, nessun voto avrebbe dovuto essere esercitato dalla medesima
società, né le azioni alienate(102).

Bisogna comunque considerare i recenti sviluppi che hanno avuto luogo nel diritto
britannico: a partire dal 6 giugno 2007, il Panel è stato investito di nuovi poteri a seguito del
secondo ed ultimo passo verso il recepimento della direttiva comunitaria 2004/25
nell'ordinamento del Regno Unito, in un contesto di rafforzamento della base legale del
Panel, pur senza toccare la sostanza di self regulation(103). Oltre al potere di fare rapporto
ad altri organismi quali il Financial Services Authority e di chiedere loro di intervenire per
rendere effettive le norme del codice (competenza già a disposizione del Panel insieme ai
compiti di interpretazione e di applicazione del Codice)(104), di richiedere la produzione di
documenti ed informazioni aggiuntive e di rule making, il Panel ha anche acquistato il
potere di richiedere l'intervento del giudice per l'enforcement delle proprie decisioni (clause
955, Parte 28, capitolo 1) e di ordinare il pagamento di una compensation in caso di
violazione di una rule che disponga il pagamento di una somma di denaro (clause 954).
Con riguardo al primo, esso, pur mantenendo il principio di esclusione di un intervento
preventivo e sostanziale del giudice (c.d. hands off approach stabilito nel caso Datafin in
materia di revisione delle decisioni del Panel)(105), permette al Panel di richiedere alla
Corte di emettere un ordine idoneo ad assicurare l'adempimento dell'obbligo previsto dal
Codice, quando vi sia una ragionevole probabilità che una persona violi o abbia violato un
obbligo contenuto in una rule; rimane ancora preclusa, però, la possibilità di richiedere
un'injunction diretta ad impedire che un soggetto violi o continui a violare una norma
contenuta nel Codice(106). In merito al potere di ordinare il pagamento di una
compensation, tale novità sembrerebbe essere ridotta alla possibilità per il Panel di
pretendere dall'offerente il versamento a favore degli azionisti della differenza fra il prezzo
effettivamente pagato agli stessi e quello più alto che avrebbe dovuto pagare in base alle
rules(107)(eventualmente con l'aggiunta degli interessi maturati) e non di condannare ad
un vero e proprio risarcimento(108); d'altra parte il Panel aveva già in precedenza preteso
il pagamento della differenza tra il prezzo pagato agli azionisti nel corso dell'offerta
pubblica e quello più alto, non pubblicizzato, pagato ad altri nei dodici mesi
precedenti(109).

Difficilmente percorribile appare la strada della responsabilità civile per delusione


dell'affidamento che gli azionisti abbiano eventualmente posto nel realizzarsi di un'offerta
pubblica d'acquisto. A questo proposito, peraltro, si è sempre sostenuto che la violazione
del City Code, non costituendo un inadempimento ad un obbligo imposto per legge, non
desse origine ad una cause of action a favore degli azionisti lesi(110). Il Code (R. 2.7)
prevede l'obbligo dell'offerente che abbia annunciato la seria intenzione di realizzare
un'OPA e che vi abbia poi rinunciato per motivi non ritenuti validi dal Panel di procedere
comunque all'offerta(111) per impedire cambiamenti di programma dannosi per il mercato
avendo ormai l'annuncio influito sul prezzo e spinto molti ad impegnarsi in operazioni sulla

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base di aspettative che verrebbero in caso contrario deluse (i poteri limitati del Panel e
sempre la natura non legale del City Code hanno fatto sì che le decisioni del Panel
riguardassero però solo azioni disciplinari nei confronti degli offerenti e dei loro
consulenti)(112). Ad ogni modo, benché vi sia a carico di chi abbia acquistato una
partecipazione significativa ai sensi della R. 9 (R. 2.2 e R. 7.1) il dovere di annunciare
immediatamente l'offerta, in assenza di annuncio non si applicherebbe la R. 2.7. La
questione ritorna quindi ad essere impostata intorno all'individuazione delle conseguenze
derivanti dalla violazione di un dovere contenuto nel City Code (R. 9 e R. 2.3), la quale ad
ora appare chiaramente un'inadeguata ed inesistente cause of action(113), considerato il
fatto che nell'ambito dei testi di recepimento della direttiva nell'ordinamento britannico si è
specificatamente escluso il diritto dei singoli di agire per violazione delle norme contenute
nel City Code(114).

Il quadro generale risultante dalle norme vigenti sembra indicare perciò che la tutela degli
shareholders fornita dal Panel sia diretta a costringere l'acquirente di partecipazioni sopra
soglia ad adempiere in forma specifica all'obbligo previsto nella rule 9, utilizzando solo a
questo fine sanzioni quali il congelamento dei voti e delle azioni e la sospensione dalla
quotazione fino all'effettivo svolgimento dell'offerta, mentre resterebbero senza risposta le
istanze di risarcimento dei danni eventualmente subiti dagli azionisti di minoranza, stanti la
scarsa disponibilità delle Corti a pronunciarsi sulle questioni rientranti nella competenza del
Panel e la volontà del Governo di ribadire la particolare (ed ora ibrida) natura del City Code
la quale non permetterebbe di agire per breach of statutory duty né di, peraltro, far
dichiarare la responsabilità del Panel o dei suoi funzionari in connessione all'esercizio delle
loro funzioni(115).

9. Francia. - L'articolo L 433-3 del Code monetaire et financier affida al regolamento


generale dell'Autorité des marchés financiers il compito di fissare le condizioni in presenza
delle quali chiunque, agendo da solo o di concerto e venendo a detenere direttamente o
indirettamente una frazione del capitale o dei diritti di voto di una società con sede sociale
in Francia e le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato
dell'UE, deve informare immediatamente l'AMF e depositare un progetto di OPA in vista
dell'acquisto di una quantità determinata di titoli della società al prezzo equivalente (salvo,
a partire dalla legge 31 maggio 2006 di recepimento della direttiva OPA, diversa
determinazione dell'AMF nei casi previsti per legge) a quello più alto pagato dall'offerente
nei dodici mesi precedenti il deposito dell'offerta. L'art. 234-2 del suddetto Regolamento
Generale individua nei due terzi del capitale sociale o dei diritti di voto la soglia rilevante ai
fini dell'imposizione di un'offerta pubblica totalitaria. Un'ipotesi particolare di OPA
obbligatoria è rappresentata poi dalla garantie des cours (artt. 235-1 ss. del Regolamento
Generale): chiunque, agendo da solo o in concerto, acquisti o prometta di acquistare un
pacchetto di titoli che gli conferisca, anche insieme ai titoli o diritti di voto eventualmente
già detenuti, la maggioranza del capitale o dei diritti di voto di una società, s'impegna ad

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acquistare sul mercato nell'arco di dieci giorni almeno la totalità dei titoli che gli saranno
presentati e al prezzo al quale avverrà o è avvenuto il passaggio del pacchetto(116).

La legge prevede una serie di sanzioni da apprestarsi in caso di inadempimento all'obbligo


di lanciare l'offerta al di fuori dei casi di esclusione riconosciuti.

In primo luogo, vengono privati del diritto di voto i titoli eccedenti la soglia giuridicamente
rilevante (art. L 433-3, I)(117) e, qualora il voto sia comunque esercitato, la relativa
delibera sarà nulla per applicazione dell'art. L. 235-2-1 come modificato dalla legge n.
2006-387 del 31 marzo 2006(118). Sempre in caso di inadempimento all'obbligo, l'AMF ha
poi il potere di emettere in prima persona un'ingiunzione (facoltà peraltro non
unanimemente riconosciuta dalla dottrina)(119) mentre alcuni cambiamenti si sono avuti
nel tempo in riferimento al potere della stessa autorità di richiedere un'ingiunzione
giudiziale. Ad ogni modo a partire dal 1989 il Code monetaire et financier (prima con l'art.
621-7, ora con l'art. 621-14) ha riconosciuto al Presidente dell'AMF il potere di richiedere al
giudice l'emissione dell'ordine, rivolto al soggetto che avesse violato norme di legge o di
regolamento in modo da pregiudicare i diritti dei risparmiatori, di conformarsi o di porre fine
o di eliminare gli effetti conseguenti alla violazione. Nell'ambito dei giudizi promossi in tal
senso, la Corte ha utilizzato la disposizione anche per condannare l'offerente a pagare gli
interessi collegati al ritardato lancio, giustificando la decisione con la volontà di rispondere
alla ratio della norma mirante a porre gli azionisti nella medesima situazione al momento
del superamento della soglia(120).

Passando ad esaminare l'applicazione della normativa citata, particolare eco ha avuto il


caso Hyparlo(121): l'AMF aveva esonerato dall'obbligo di lancio di un'OPA totalitaria la
società Carrefour e la famiglia Arlaud dinnanzi alla modificazione del patto sociale
esistente fra i due soggetti comportante il passaggio da una situazione di controllo
esercitato di concerto per mezzo di due holdings e di partecipazioni dirette ma con
predominanza della famiglia Arlaud, ad una forma egualitaria di esercizio del potere da
parte dei due soggetti attraverso un'unica holding (risultante da una fusione, con
ricomposizione del capitale e modificazione nella composizione degli organi sociali). La
Corte d'appello, interpretando in modo diverso i fatti ed il concetto di predominanza
contenuto nell'art. 234-3 del Regolamento generale dell'AMF(122), ha annullato la
decisione dell'autorità in questione e riconosciuto direttamente (senza rinviare la questione
all'AMF né attendere la richiesta di un'ingiunzione in tal senso da parte del Presidente
dell'AMF), in capo ai concertisti, l'obbligo di depositare un progetto di offerta pubblica
d'acquisto entro tre mesi dal giorno dell'esecutorietà della decisione, ritenendo che
l'operazione avesse determinato uno spostamento significativo del controllo giustificante il
diritto degli azionisti minoritari ad uscire dalla società. È qui palese la tendenza del giudice
francese ad entrare nel merito delle decisioni dell'AMF e a sostituirsi ad essa(123),
atteggiamento sconosciuto ed anzi ripudiato dalle Corti inglesi.

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In un altro caso, una persona fisica, avendo superato la soglia partecipativa prevista
nell'art. 234-2 del Regolamento Generale dell'AMF nella società Billon attraverso acquisti
diretti ed indiretti, aveva chiesto più volte all'AMF di essere dispensata dall'obbligo di OPA
senza però che la sua istanza venisse mai accolta e, dinnanzi alla conseguente richiesta
da parte dell'AMF di deposito del progetto di offerta, questi aveva venduto parte delle
azioni a soggetti ''amici''. Sia il tribunale di grande istanza che la Corte d'appello
riconobbero l'esistenza di un concerto anche tra il dichiarante e tali soggetti ordinando
quindi al primo di depositare il progetto atteso, stabilendo peraltro che il prezzo dell'offerta
(da calcolare con riferimento al momento di superamento della soglia, il 22 aprile 2005)
sarebbe stato aumentato tenendo conto degli interessi legali e condannando l'offerente a
pagare 3.000 euro per ogni giorno di ritardo a partire dal quindicesimo giorno successivo
alla pubblicazione dell'ordinanza, in modo da garantire l'eguaglianza tra gli azionisti
raggiungibile, a giudizio del giudice estensore, solo ricreando le condizioni iniziali superate
purtroppo dal ritardo: tutto ciò nonostante il fatto che la società in questione fosse stata nel
frattempo assoggettata ad una procedura concorsuale(124).

La tendenza, quindi, è nel senso di costringere l'acquirente di partecipazioni significative


(in modo simile ma con strumenti diversi rispetto al sistema del Regno Unito) ad adempiere
agli obblighi derivanti per legge dalla detenzione di queste ultime (la sospensione dei diritti
di voto è finalizzata esclusivamente a spingere al lancio, senza pretese sanzionatorie
riguardando peraltro solo le azioni eccedenti la soglia e le decisioni del giudice sono
spesso accompagnate dai restraints, misura pecuniaria diretta a velocizzare
l'adempimento degli ordini della Corte), alle condizioni esistenti al momento del sorgere
dell'obbligo, tenendo anche conto dell'eventuale ritardo con il quale si è alla fine proceduto
al lancio dell'offerta (attraverso il riconoscimento di interessi legali), in modo da garantire
agli azionisti un'eguaglianza effettiva ed espressamente attribuendo agli azionisti un diritto
soggettivo in tal senso(125).

Resta però da chiedersi quale spazio possano trovare le istanze degli azionisti nel caso in
cui, per qualunque ragione, tale lancio non avvenga e gli stessi subiscano un danno. I
commentatori d'oltralpe fanno rientrare l'ipotesi in questione nella figura conosciuta anche
da noi come perte d'une chance e richiamano a tal fine l'art. 1382 code civil (in materia di
responsabilità extracontrattuale)(126), identificando il danno in una mancata occasione di
vendere i propri titoli ad un prezzo equo in caso di cambio di controllo e la colpa nella
violazione di norme legislative e regolamentari. A quanto consta, però, non si è ancora
presentata ai giudici l'occasione per pronunciarsi su tale particolare ipotesi ma, ad ogni
modo, difficilmente potremmo rinvenire accenni ad un inquadramento in termini di
responsabilità precontrattuale (come invece avviene nella sentenza della Corte
ambrosiana qui commentata), non trovando quest'ultima spazio nel codice civile francese
ed essendo stata la stessa ricondotta per lo più alla responsabilità extracontrattuale.
Bisogna comunque rimarcare che, nell'ambito di controversie per danni da false o mancate

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informazioni al mercato, la prevalente giurisprudenza (benché non condivisa da altre
recenti sentenze e con un discorso non estensibile ai casi qualificati come perdita di
chances) ha negato la risarcibilità del danno subito da chi abbia acquistato i titoli prima
della diffusione della falsa informazione e li abbia conservati perdendo la possibilità di
venderli ad un prezzo superiore poiché non risulterebbe certo che l'azionista abbia
conservato i titoli proprio a causa dell'informazione falsa ed essendo invece riconducibile
l'eventuale danno al rischio intrinseco del mercato(127).

6. Sintesi dell'esperienza straniera e italiana. - La rassegna delle esperienze straniere in


materia di OPA ha evidenziato che Francia ed Italia non risolvono esplicitamente (i.e.
normativamente) la questione della tutela civile. Il Regno Unito, invece, sembrerebbe aver
assunto una posizione definita in merito al problema attraverso l'art. 956 del Companies
Act (come novellato nel 2006) il quale nega espressamente la legittimità ad agire per
violazione delle regole del City Code. Il sistema inglese si presenta però ambiguo, in
quanto pare prevedere nell'art. 954 del Companies Act una sorta di tutela civile collettiva
affidata al Takeover Panel il quale potrebbe imporre l'obbligo ai soggetti inadempienti di
pagare una compensation: per comprendere la posizione dell'ordinamento inglese, ad ogni
modo, è necessario attendere l'interpretazione che della disposizione verrà data nella
pratica. In Germania vi è il § 38 WpÜG che obbliga lo scalatore a corrispondere agli
azionisti di minoranza gli interessi del cinque per cento sul prezzo d'OPA in caso di
mancato lancio: l'interpretazione che sembra prevalere considera però tale enunciato
come norma finalizzata a sanzionare il ritardo con cui viene presentata l'offerta ed
applicabile solo a favore degli azionisti aderenti all'OPA tardiva. Le norme inerenti l'OPA
obbligatoria dei quattro paesi sembrano, quindi, più che altro orientate ad individuare
rimedi che impediscano di esercitare il controllo (a chi si è reso inadempiente all'obbligo di
presentare l'offerta di acquisto) ed affidare ai principi generali dell'ordinamento (attraverso
l'attività interpretativa della giurisprudenza) la tutela civile (v. Francia, Germania, Italia). La
logica di tale scelta pare essere quella per cui, grazie al congelamento dell'esercizio del
controllo a scapito dello scalatore (effettuato in vari modi a seconda degli ordinamenti), gli
azionisti della società bersaglio sarebbero preservati da qualsiasi lesione o compressione
dei loro diritti (e interessi).

È da riconoscere che le regole che sanzionano il mancato lancio di OPA sono


tendenzialmente efficaci fin quando si tratta di neutralizzare lo scalatore all'interno della
società bersaglio e in assenza di azioni di concerto fra azionisti: si passa dal modello
italiano, in cui si applica il congelamento dei diritti di voto dell'intera partecipazione fino a
quando non siano state alienate le azioni eccedenti la soglia di controllo ovvero fino a
quando non sia stata promossa l'OPA imposta coattivamente dalla Consob, ai sistemi
francese, inglese e tedesco, in cui è pure presente la sospensione del diritto di voto (in
Francia riguarda però solamente le azioni eccedenti la soglia di controllo e non l'intera
partecipazione), mentre manca l'obbligo di dismettere i titoli eccedenti il 30%. Questa

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carenza è però solo apparente, in quanto alle autorità di vigilanza francese e tedesca è
riconosciuto, analogamente a quanto avviene ora per la Consob in seguito al nuovo art.
110, comma 1°-bis, t.u.f., il potere di imporre l'OPA ex imperio, che non risulta invece,
almeno da quanto emerge dalla casistica del Takeover Panel, contemplato nel Regno
Unito. Tuttavia, la disciplina inglese presenta comunque efficaci strumenti di deterrenza per
costringere lo scalatore a promuovere l'OPA. Questi, infatti, in base alla regola del cold-
shouldering che vieta agli intermediari finanziari operanti nel territorio del Regno Unito di
operare con soggetti che hanno infranto il City Code, rischia la paralisi dell'attività. In tutti
gli ordinamenti esaminati le sanzioni applicate sembrano, quindi, finalizzate effettivamente
ad ottenere il lancio dell'OPA, anche tardivo. La recente riforma dell'art. 110 t.u.f. pare aver
introdotto tale possibilità anche per l'ordinamento italiano, in quanto la Consob, in caso di
inerzia dello scalatore (i.e. mancato lancio entro il termine di venti giorni da quanto è stato
acquistato il controllo), ha il potere di imporre l'OPA.

L'OPA tardiva non deve però essere considerata come la soluzione di tutti i problemi
connessi con l'offerta obbligatoria: infatti, nel caso in cui lo scalatore si riporti, tramite la
vendita di azioni, sotto la soglia che fa scattare l'OPA ovvero esca dalla società bersaglio,
si presenta comunque il problema se gli azionisti di minoranza abbiano diritto a chiedere il
risarcimento per la mancata presentazione dell'offerta. In Francia, la cui struttura civilistica
è simile alla nostra, la questione resta irrisolta ma forse maggiormente aperta ad un esito
positivo. In Germania si scontrano due impostazioni: una considera la disciplina dell'OPA
obbligatoria come corpus normativo che legittima gli azionisti ad agire, l'altra sostiene che
essa tutela solo l'interesse pubblico del buon funzionamento del mercato. In entrambi i
paesi e nel Regno Unito non constano precedenti giurisprudenziali sul punto.

La questione può ulteriormente complicarsi nel caso in cui la scoperta del passaggio di
controllo avvenga da parte del mercato in un momento successivo a quello dell'acquisto
effettuato dallo scalatore: questa situazione si verifica per lo più nei casi di azione di
concerto. Fin quando non è svelata l'azione congiunta, vi è il rischio che i concertisti
esercitino il controllo eludendo il congelamento dei diritti di voto. L'ignoranza circa
l'esistenza del controllo congiunto impedisce alle autorità di vigilanza ed agli azionisti di
minoranza di adottare quegli strumenti che il diritto societario mette loro a disposizione per
impugnare le delibere assunte con il voto determinante di azioni sterilizzate (v. ad es. art.
110 t.u.f., § 243 AktG). L'aumento della distanza temporale dal momento in cui sorge
l'obbligo di OPA a quello in cui gli azionisti di minoranza ricevono la tutela pone il problema
di come affrontare le oscillazioni che i titoli possono subire nel frattempo, evidenziando i
limiti ed i vantaggi che derivano dall'impiego della presentazione tardiva dell'offerta ovvero
dal risarcimento del danno(128).

Note:

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(*) Benché il presente contributo sia frutto di impegno e ricerche comuni agli autori, sono
da imputare a Eugenia Macchiavello i §§ 1, 2, 4, 5 e a Gian Giacomo Peruzzo i §§ 3 e 6. Il
lavoro è una rielaborazione e sintesi della relazione presentata nell'ambito di un workshop
sul tema tenutosi il 6 luglio 2007 presso il Dipartimento Casaregi - Sez. Dir. Commerciale
della Facoltà di Giurisprudenza di Genova: gli autori ringraziano sentitamente i Professori
Guido Ferrarini, Paolo Giudici e Michele Siri per gli utili consigli forniti in occasione dello
stesso e successivamente
(1) I fatti sono esposti in dettaglio ed analizzati attentamente dal punto di vista delle
conseguenze derivanti dalla disciplina in materia di OPA in Bulzacchelli, La mancata Opa
di Sai su Fondiaria, Ceradi, settembre 2003 e nei commenti alla prima sentenza
pronunciata sul caso: Tribunale Milano, 9 giugno 2005, in Società, 2005, 1137, nota di De
Gioia-Carabellese; Foro it., 2005, I, 3210, nota di Palmieri; in questa Rivista, 2005, 6, 1,
note di Gambaro e Gatti; Dir. Banca e del mercato finanziario, 2005, 615, nota di
Carbonetti; Riv. dir. comm., 2005, II, 227, nota di Guizzi; in Corr. merito, 2005, 11, 1146,
nota di Cajazzo; Società, 2006, 4, 408, nota di Morello; N. giur. civ. comm., 2006, 4, 435,
nota di Romagnoli; Resp. civ. prev., 2006, 1107, nota di Awwad. Cfr. anche Trib. Milano,
sez. VIII, 8 maggio 2006, in Corr. giur., 2006, 7, 983, nota di Rolfi; App. Milano, 28 febbraio
2003 (decreto), in Giur. it., 2003, 1875, nota di Fiorio; Cons. St., sez. IV, n. 4142/03 del 13
maggio 2003, in Giur. it., 2004, 2107, nota di Desana; Ferrarini-Giudici, Scandali finanziari
e ruolo dell'azione privata: il caso Parmalat, in Mercato finanziario e tutela del risparmio, a
cura di Galgano-Visintini, Cedam, Milano, 2006, 201 e 244 s.; Trib. Firenze, 9 maggio 2002
(ordinanza), in Giur. it., 2003, 4, 719, nota di Callegari e in Giur. it., 2002, 1426; T.A.R.
Lazio, 26 novembre 2002 n. 10709, inedita; Provvedimento dell'Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato n. 11284 del 10 ottobre 2002 pubblicato in Bollettino n.
40/2002; Comunicato Consob n. 2082933 del 27 dicembre 2002 e Comunicato Consob 18
dicembre 2002; Comunicato stampa 17 maggio 2002, A proposito della vicenda
Sai/Fondiaria, www.consob.it. Da ultimo, cfr. anche, Tucci, La violazione dell'obbligo di
offerta pubblica di acquisto - rimedi e tutele, Milano, 2008. Per una recente ed approfondita
ricostruzione in chiave di analisi economica del diritto (per ora unica nel panorama italiano)
della questione risarcimento del danno per mancato lancio di OPA, Giudici, Private Law
Enforcement in a Formalistic Legal Enviroment: the Italian Sai - Fondiaria Case, disponibile
su www.unibz.it/economics/crele/conference/index.html.Le cause ancora aperte
raggiungono la decina; tra le più recentemente definite: App. Milano, 15 gennaio 2007, in
Giur. it., 2007, 7, 2578, nota di Desana, in Riv. dir. comm., 2007, II, 207, nota di Ferro-
Luzzi e in Giur. merito 2007, 10, 2578, nota di Meruzzi; Trib. Milano, 8 marzo 2007 n. 5184,
inedita; Trib. Milano, 7 giugno 2007, n. 7292, inedita; Trib. Firenze, 25 agosto 2007, inedita
(2) La prima sentenza sul caso (Trib. Milano, 9 giugno 2005, cit.) ha riconosciuto il diritto al
risarcimento del danno a favore di un'azionista di minoranza per inadempimento
all'obbligazione contrattuale di presentare un'offerta pubblica d'acquisto al superamento
della soglia giuridicamente rilevante (obbligo previsto per legge ed integrante il contratto
sociale ex art. 1374 c.c. o obbligazione ex lege a norma dell'art. 1173 c.c.) da parte degli

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scalatori agenti di concerto (benché questi ultimi fossero stati già assoggettati alla
sanzione di rivendita delle azioni eccedenti la soglia del 30% ex art. 110 t.u.f. e a quelle
amministrative previste dalla legge ma solo a distanza di tempo dal fatto e quando era già
stata deliberata la fusione tra gli stessi e la società bersaglio e quindi consolidato il
controllo), con una motivazione poco lineare criticata e contraddetta anche in punto di
decisione dalla Corte d'appello (15 gennaio 2007, cit.): secondo il giudice di secondo
grado, la legge imporrebbe sì un obbligo primario (e non un onere) di promuovere l'OPA
ma da ciò e dalla pur plausibile finalità di tutela degli azionisti non potrebbe derivarsi
l'esistenza in capo ai medesimi di un diritto soggettivo contrattuale a vendere che si
aggiunga agli altri rimedi previsti dalla legge, essendo se mai configurabile il diritto al
risarcimento dell'interesse negativo ricollegabile ad una responsabilità precontrattuale
(affermazione sostenuta, però, solo nell'ambito di un obiter dictum). Inoltre, la Corte critica
il ragionamento del tribunale di Milano dal punto di vista della coerenza e della logica: a
sostegno della qualificazione contrattuale (alla base della domanda principale dell'attore
accolta), il giudice avrebbe dovuto considerare come rilevanti soltanto l'esistenza della
fonte dell'obbligazione di lancio dell'OPA (il contratto sociale integrato per legge o
semplicemente la legge) e l'inadempimento, mentre, obietta la Corte d'appello, si è
giustificato l'utilizzo del rimedio risarcitorio contrattuale, in aggiunta agli strumenti tipici
previsti dalla legge, sulla base di alcuni comportamenti successivi dei convenuti
(partecipazione alle delibere di nomina del nuovo CdA e di fusione: di per sé legittima e, in
base alle risultanze processuali, non determinante l'esito del voto in assemblea) i quali
avrebbero consolidato il controllo acquisito violando la disciplina in materia di OPA,
determinando un aggiramento di norme imperative (fatti rilevanti, al limite, ai fini
dell'accoglimento della domanda subordinata fondata sull'art. 2043 c.c.) e rendendo
inefficaci le sanzioni già predisposte dalla legge.Il Tribunale di Milano (cfr. nt. 1) è tornato a
pronunciarsi sul punto, mantenendo invariata la posizione di fondo ma modificando la
motivazione, nel marzo scorso (condannando SAI - Fondiaria e Mediobanca a risarcire il
danno subito dagli investitori a titolo di responsabilità contrattuale derivante dalla violazione
di due obbligazioni alternative - lancio dell'offerta e vendita delle azioni con sostanziale
perdita del controllo - ex 1173 c.c le quali si inserirebbero nel contratto sociale) e, poco
dopo, a giugno (accordando ad alcuni azionisti di minoranza di Fondiaria un risarcimento di
circa 20 milioni di euro a carico dei concertisti a titolo di responsabilità contrattuale per
violazione del contratto sociale così come integrato dall'obbligo di OPA imposto dalla legge
e, questa volta, ritenendo irrilevanti gli eventi successivi. Il Tribunale di Firenze, invece, ha
rigettato le domande dell'attore, ritenendo insussistente l'obbligo di lancio di OPA in
presenza dell'esenzione contenuta nel t.u.f. con riguardo alla fusione (deliberata per
evidenti esigenze industriali e non al fine di eludere la disciplina dell'OPA obbligatoria) ed
irrilevante il concerto scoperto ai fini dell'acquisto del controllo e della determinazione del
concambio
(3) Nel nostro ordinamento, in modo non dissimile ormai da quasi tutti i restanti paesi
europei, è presente la regola (artt. 105 ss. t.u.f.) che impone (concentrandoci ivi solo

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sull'offerta pubblica obbligatoria totalitaria) a carico di chi superi attraverso acquisti a titolo
oneroso, direttamente o di concerto o indirettamente (art. 109 t.u.f.), la soglia di
partecipazione del 30% del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto di
una società con azioni quotate (in seguito, tuttavia, all'adozione della direttiva Direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, n. 25, concernente le offerte
pubbliche d'acquisto recepita in Italia con enorme ritardo con il d. lgs. 19 novembre 2007,
n. 229, il riferimento è alle società con titoli negoziati su un mercato domestico) l'obbligo di
procedere, entro trenta giorni dal superamento, ad un'offerta pubblica di acquisto sulla
totalità delle azioni con diritto di voto su determinati argomenti ad un prezzo stabilito sulla
base di parametri individuati dalla legge. In particolare, il prezzo stabilito finora per legge
era quello non inferiore alla media aritmetica fra il prezzo medio ponderato del mercato
negli ultimi dodici mesi e quello massimo pagato dal medesimo soggetto per le azioni della
stessa categoria; tuttavia, in base al decreto legislativo di recepimento (in vigore dal 28
dicembre 2007) della direttiva comunitaria citata, invece, il prezzo di OPA è quello
massimo pagato dall'offerente nei precedenti dodici mesi. Il testo unico ed il regolamento
emittenti (regolamento Consob n. 11971/1999) prevedono alcune esenzioni dall'obbligo,
tra cui il caso di superamento della soglia nell'ambito di un'operazione di fusione salvo che
la stessa non risponda ad esigenze industriali (art. 106, 5° comma, lett. e) t.u.f. ed art. 49,
1° comma, lett. f) regolamento emittenti vigente al dicembre 2007) ed alcune sanzioni in
caso di violazione delle norme in questione: sanzioni civili, in particolare sospensione del
diritto di voto concernente l'intera partecipazione detenuta (si pensa a partire dal giorno
successivo alla scadenza del termine per lanciare l'OPA, cfr. Costi-Enriques, Il mercato
mobiliare, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, Padova, Cedam, 2004, 165;
Enriques, Mercato del controllo societario e tutela degli investitori - La disciplina dell'OPA
obbligatoria, Bologna, Il Mulino, 2002, 215; Romagnoli, Diritti dell'investitore e dell'azionista
nell'OPA obbligatoria, Cedam, Padova, 2004, 215; Cannella, sub art. 110, in La disciplina
delle società quotate nel testo unico della finanza d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, a cura di
Marchetti - Bianchi, Milano, Giuffrè, 1999, 455-456. Tuttavia, altri autori, quali Romagnoli,
op. ult. cit., 216, ritengono invece che la sospensione dei diritti di voto debba decorrere dal
giorno del superamento) e l'obbligo di alienare le azioni eccedenti il 30% entro 12 mesi
dalla scadenza del medesimo termine (art. 110 t.u.f.), sanzioni amministrative pecuniarie
(art. 192 t.u.f.) e penali (in caso di mancata alienazione nel termine dei 12 mesi ai sensi
dell'art. 110 t.u.f. a carico degli amministratori: art. 173 t.u.f.)
(4) Cfr. Skog, Se l'OPA obbligatoria sia davvero necessaria. Riflessioni critiche alla luce del
sistema svedese, in Riv. soc., 1995, 967; Pagano-Panunzi-Zingales, Osservazioni sulla
riforma della disciplina dell'OPA, degli obblighi di comunicazione del possesso azionario e
dei limiti agli incroci azionari, in Riv. soc., 1998, 1, 152; Wymeersch, The mandatory bid
rule. A critical view, in European Takeovers, Law and Practice, London, Butterworths,
1992, 351; Elhauge, The Triggering Function of Sale of Control Doctrine, 59 U. Chi. L.
Rev., 1465 (1992); Enriques, (nt. 3), 23 s

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(5) Art. 92 t.u.f.: ''Parità di trattamento - 1. Gli emittenti quotati assicurano il medesimo
trattamento a tutti i portatori degli strumenti finanziari quotati che si trovino in identiche
condizioni''
(6) Cfr. Montalenti, Le offerte pubbliche di acquisto. Le fattispecie obbligatorie, Milano,
Giuffrè, 1995, 1 s; Romano, Guide to Takeovers: Theory, Evidence and Regulation, in Hopt
e Wymeersch (Eds.), European Takeovers. Law and Practice, (nt. 4), 13 s. Secondo il Trib.
Milano del marzo 2007, (nt. 1), la normativa ''ha la funzione di tutelare gli azionisti, quali
investitori che agiscono in un mercato aperto, rimasti fuori dal piano di conquista dai
possibili pregiudizi [...] a seguito del trasferimento del controllo [...], attribuendo loro la
facoltà di uscire dalla compagine sociale (diritto di exit) ricevendo una parte del c.d. premio
di maggioranza [...]: in questo modo si offre agli stessi azionisti [...] la possibilità di
recuperare il danno immediatamente subito a causa del passaggio di controllo intervenuto
per mano di altri azionisti, che consiste nella diminuzione del valore intrinseco del diritto
amministrativo di voto incorporato nella quota di partecipazione''
(7) Tuttavia, la posizione citata per prima nel testo è criticata da altri Autori, i quali
sottolineano come l'obbligo di trattamento eguale degli azionisti gravi, non su di un qualche
azionista in particolare nei confronti degli altri ma, sulla società nei confronti di tutti gli
azionisti: cfr. Skog, (nt. 4), 1006; Pagano-Panunzi-Zingales, (nt. 4), 153; Hopt, European
Takeover Regulation: Barriers to and Problems of Harmonizing Takeover Law in the
European Community, in European Takeovers, (nt. 4), 179; Guizzi, Noterelle in tema di
OPA obbligatoria, violazione dell'obbligo di offerta e interessi protetti, in Riv. dir. comm.,
2005, II, 251, (nt. 1), in particolare 255, anche nella nota n. 7; Gatti, Mancata promozione
di OPA obbligatoria e risarcimento del danno, in questa Rivista, 2005, 6, 1, 774, (nt. 1), in
particolare 783. D'altra parte, anche a giudizio della Corte d'appello di Milano, cit., non
avrebbe senso richiamare il principio di parità dal momento che una seppur minima parità
tra scalatore e azionisti di minoranza sarebbe sostenibile solo dopo la formulazione della
proposta. Inoltre, a giudizio di altri interpreti sarebbe ipotizzabile sia un acquisto del
controllo senza il pagamento di un premio di maggioranza - ad esempio attraverso un
rastrellamento di azioni sul mercato (Stella Richter Jr, Trasferimento del controllo e rapporti
fra soci, Milano, 1996, 127 s.; Guizzi, (nt. 1), 256; Awwad, Responsabilità da mancato
lancio di OPA obbligatoria, in Resp. civ. prev., 2006, 6, 1118, nt. 1, in particolare 1124), sia
il sorgere dell'obbligo di OPA in mancanza di adesione al contratto sociale - potendo
scattare l'obbligo anche in presenza di controllo indiretto (Weigmann, voce ''Offerte
pubbliche di acquisto (opa)'', in Enc. Giuridica Treccani, Roma, Istituto Enciclopedico
Italiano 2001, XXI, 3; Romagnoli, Responsabilità contrattuale per omissione d'OPA
obbligatoria e tutela risarcitoria subordinata, in N. giur. civ. comm., 2006, 4, 435, nt. 1,
436); infine, la distribuzione del premio di maggioranza agli azionisti minoritari
rappresenterebbe un ingiustificato spostamento di ricchezza (Romano, (nt. 4), 13 s;
Morello, Mancata promozione di Opa obbligatoria totalitaria e risarcimento del danno, nt. 1,
412) disincentivante anche gli acquisti efficienti (Pagano-Panunzi-Zingales, (nt. 4), 154 e
157), dal momento che la corresponsione del premio di maggioranza solo ad alcuni - in

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ipotesi, i precedenti soci di maggioranza alienanti il pacchetto di controllo - sarebbe
giustificata dall'aver questi ultimi sopportato gli oneri derivanti dal controllo (Pagano-
Panunzi-Zingales, (nt. 4), 154 e 157: ''[...] l'esigenza di tutela degli azionisti di minoranza
diventa primaria solo qualora esista un gruppo di controllo che trasferisce il suo blocco di
azioni ad un altro acquirente. Tale esigenza non sussiste invece nei casi in cui prima della
scalata manchi un forte gruppo di controllo, in quanto in tal caso la protezione dei piccoli
azionisti viene offerta dalla contendibilità del controllo''; Gilson-Black, The Law and Finance
of Corporate Acquisitions, Westbury, Foundation Press, New York, 2ª ed. 1995, 1230;
Gatti, (nt. 1), 785 in nota n. 23) e l'evidenza di tale disparità sarebbe percepibile anche
attraverso l'esame della disciplina dell'OPA, la quale prevede sanzioni miranti a
neutralizzare il controllo ma non a ristabilire l'equilibrio, e per la presenza di un prezzo di
OPA non eguale al prezzo più alto pagato (ma v. nt. 2 sulle modifiche apportate dal d. lgs.
n. 229/2007). Secondo alcuni, poi, la ripartizione del premio di controllo agli azionisti di
minoranza determinerebbe semplicemente uno spostamento di ricchezza dagli
stakeholders a questi ultimi, dovuta alla rottura dei rapporti di fiducia con i primi. Cfr.
Ferrarini, Le difese contro le o.p.a. ostili: analisi economica e comparazione, in Riv. soc.,
2000, 5, 737; Romano, (nt. 4), 13 s
(8) Costi-Enriques, (nt. 3), 123 s.; Enriques, (nt. 3), 45; Gatti, (nt. 1), 790; Cannizzaro,
Offerta pubblica d'acquisto totalitaria, in Commentario al testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria, a cura di Alpa-Capriglione, II, Padova, Cedam,
1998, 982. Non mancano però critiche anche a tale prospettazione: in questo modo si
ostacolerebbero egualmente i mutamenti di controllo efficienti i quali sarebbero
disincentivati dall'obbligo di ripartire tra gli azionisti di minoranza eventuali vantaggi futuri
creati attraverso una buona gestione, ovviamente costosa (cfr. Pagano-Panunzi-Zingales,
(nt. 4), 157: ''Se si fosse in grado di assicurare una tutela veramente solida agli azionisti di
minoranza per altra via, allora non ci sarebbe bisogno di una disciplina dell'OPA
obbligatoria o almeno tale disciplina potrebbe essere molto tenue. In tal modo, si
eviterebbero gli ''effetti collaterali'' negativi dell'OPA obbligatoria [...] cioè l'''ingessamento''
del mercato del controllo azionario, che [...] alla fine danneggia anche gli azionisti di
minoranza. In effetti, l'OPA obbligatoria è una modalità impropria di tutela dei diritti degli
azionisti di minoranza, e come tale ha dei costi aggiuntivi rispetto a modalità più dirette di
perseguimento di tale obiettivo. Se da un lato essa protegge gli azionisti di minoranza da
uno ''scalatore dannoso'', dall'altro lato essa scoraggia le acquisizioni mirate alla
valorizzazione della società, cioè fatte da uno ''scalatore benefico''''. Cfr. anche Costi-
Enriques, (nt. 3), 124 e Enriques, (nt. 3), 29 che riconoscono la controindicazione
dell'aumento del costo di qualunque acquisizione; Bebchuk, Efficient and Inefficient Sales
of Control, in 109 Quarterly Journal of Economics (1994), 957 s; per una critica alle
giustificazioni dell'istituto dell'OPA obbligatoria proposte, si veda Skog, (nt. 4), 1004 s).
D'altra parte, inoltre, non si spiegherebbe la limitazione dell'ambito della disciplina ai soli
acquisti a titolo oneroso: a tal proposito, il testo unico individua come fatto determinante il
sorgere dell'obbligo il mero superamento indipendentemente dall'effettivo controllo (cfr.

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Guizzi, (nt. 1), 256); si veda, tuttavia, l'esenzione di cui all'art. 49, 1° comma, lett. a) in
merito alla detenzione da parte di altro socio della maggioranza dei diritti di voto in
assemblea
(9) Guizzi, (nt. 1), 259
(10) Cfr. Tribunale di Milano, 8 marzo 2007 (nt. 1), secondo il quale l'obbligo di offerta
costituirebbe ''una forma di protezione del valore del suo investimento e della sua
autonomia negoziale'' e la disciplina specifica concilierebbe ''detta protezione con la
necessità di soddisfare l'interesse generale allo sviluppo del mercato, alla circolazione
della proprietà, alla contendibilità del controllo, in vista dell'efficienza del controllo
societario'', essendo l'obbligo di OPA ''lo strumento ''tecnico giuridico'' in grado di
soddisfare concretamente l'interesse degli azionisti risparmiatori''. Per un'analoga
conclusione, ma con argomentazioni di analisi economica, v. Giudici, (nt. 1), 25 ss
(11) Macchiati-Siciliano, Gli effetti economici dell'offerta obbligatoria successiva, in
Consob, Quaderni di finanza n. 24, Milano, Giuffrè, 1998, 81 (in particolare, 87). Sulla
questione cfr. anche Cannella, Offerta pubblica di acquisto totalitaria, in La disciplina delle
società quotate nel Testo Unico della Finanza, I, (nt. 3), Milano, Giuffrè, 1999, 328 (testo e
nota n. 13) e Gatti, (nt. 1), 790 s
(12) Cfr. App. Milano, cit., secondo la quale, la funzione dell'istituto sarebbe da ricollegarsi
all'esigenza di fornire strumenti adeguati per la corretta gestione del mercato garantendo,
in particolare, agli azionisti un diritto di exit ad un prezzo competitivo in caso di scalata
indesiderata; la stessa, però, portando ad esempio le differenze di normativa esistenti negli
ordinamenti stranieri (Stati Uniti, Francia, Germania...) sottolinea la possibilità per il
legislatore di seguire strade diverse per raggiungere il medesimo scopo
(13) Weigmann, (nt. 6), 15; con qualche remora, De Gioia-Carabellese, La responsabilità in
caso di violazione dell'OPA obbligatoria, in Società 2000, 1368; Id., Responsabilità per
violazione di OPA obbligatoria: epistemologia e fenomeno d'un passaggio a nord-ovest, in
Riv. soc., 2005, in particolare 1147
(14) Trib. Milano, 23 giugno 1997, in Riv. soc. 1998, 3, 303, nota di Lener; App. Milano 27
novembre 1998, in Foro it., 1999, I, 2729, nota di Lisanti; in Società, 1999, 316, nota di
Tucci: il caso riguardava la richiesta di risarcimento da parte di un azionista di minoranza
per mancato lancio di OPA obbligatoria in seguito al superamento della soglia nell'ambito
di un'operazione di risanamento portata avanti da un consorzio di banche nel vigore,
comunque, della previgente disciplina (in base all'attuale normativa non sussisterebbe
invece alcun obbligo); si veda anche Trib. Milano 20 marzo 2000, in Riv. soc., 2000, 1357,
nota di De Gioia-Carabellese, (nt. 1)
(15) Costi-Enriques, (nt. 3), 168; Enriques, (nt. 3), 236 s.; Callegari, Commento sub art.
110, in La legge Draghi e le società quotate in borsa, diretto da Cottino, Torino, Utet, 1999,
69; Morello, (nt. 1), 410 s.; Romagnoli, (nt. 1), 437; Id., Diritti dell'investitore e dell'azionista
nell'OPA obbligatoria, (nt. 3), 103; Carbonetti, (nt. 1), 643

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(16) Manzini, L'OPA totalitaria e le sue esenzioni, in Aa.Vv., Le offerte pubbliche di
acquisto, Il Sole 24 ore, Milano, 2000; Stella Richter Jr, (nt. 6), 229. Tale era stata la
posizione della Corte di appello di Milano del 27 novembre 1998, (nt. 14)
(17) Anche la circostanza che la sospensione del diritto di voto intervenga, secondo parte
della dottrina, solo il giorno successivo alla scadenza del termine massimo per il lancio e
non dal giorno del superamento sembrerebbe rispondere alla finalità di indurre alla vendita
più che all'adempimento dell'apparente obbligo di OPA totalitaria; ciò sarebbe confermato
dall'applicabilità delle sanzioni, sostenuta da alcuni autori (Costi-Enriques, (nt. 3), 166;
Enriques, (nt. 3), 216; Carbonetti, (nt. 1), 641), anche in caso di lancio di OPA tardivo (per
non permettere al soggetto acquirente la partecipazione rilevante di decidere la tempistica
dell'OPA in aggiramento delle norme del t.u.f.); inoltre, la sanzione penale consegue non al
mancato lancio di OPA ma all'omessa vendita delle azioni in seguito al mancato lancio
dell'OPA nei termini stabiliti
(18) Costi e Enriques, (nt. 3) sostengono che la sospensione dei diritti di voto si protragga
anche dopo la vendita ex art. 110 t.u.f., rispondendo alla ratio sanzionatoria ricavabile dalla
circostanza che la sospensione colpisce ora l'intera partecipazione e non solo la parte
eccedente la soglia rilevante.Inoltre, Lisanti (nel commento alla sentenza della Corte
d'appello del 1998 cit. alla nt. 14, Se l'OPA obbligatoria sia veramente tale, 2721) ritiene
che la presenza dell'interesse tutelato dalla norma (parità degli azionisti e diritto di exit
degli stessi) in capo a soggetti diversi da colui che è tenuto ad adeguarsi alla condotta
descritta nella norma non sia compatibile con la natura di onere
(19) Cfr. sulla questione, anche in merito alla differenza tra OPA successiva e OPA
preventiva, all'uso dell'indicativo e all'interesse tutelato, Romagnoli, (nt. 3), 78 s., Lisanti,
(nt. 14), 2721, e App. Milano, 2007, cit.; il Tribunale di Milano del giugno 2007, (nt. 1),
sottolinea anche l'uso del termine ''solidarietà'' (art. 109 t.u.f.) e la presenza di deroghe
(20) Si ricade ivi nella dogmatica del diritto civile che tende a distinguere fra loro le
categorie dell'obbligo (caratterizzata dall'indeterminatezza dei destinatari),
dell'obbligazione (in cui i destinatari sono determinati/determinabili e la prestazione
valutabile in termini economici) e del dovere (privo del carattere della patrimonialità rispetto
all'obbligazione). Tuttavia, attenta dottrina (Rescigno, Voce ''Obbligazioni (nozione)'',
Enciclopedia del diritto, XXIX, Milano, Giuffrè, 1979, 138 s.) avverte che il linguaggio del
legislatore e l'utilizzo delle espressioni menzionate da parte di questi non permettono di
delimitare con precisione i confini delle categorie in questione, essendo spesso usate
queste ultime in modo intercambiabile
(21) Cfr. Lisanti, (nt. 14), 2722; Basso, Commento sub art. 109, in Commentario al testo
unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di Alpa-
Capriglione, II, 1022; Guizzi, (nt. 1), 259; Alvisi, Abusi di mercato e tutele civili, in Contratto
e imp. 2007, 1, 181 (261)
(22) Costi-Enriques, (nt. 3), 169; Enriques, (nt.3), 237 s.; Romagnoli, (nt. 1), 437; Id., (nt.
5), 33 e 96 s. Ad ogni modo, è molto discusso a quali condizioni possa desumersi il
sorgere di diritti soggettivi dalla presenza di precetti contenuti nella legge. Sui criteri per

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identificare le obbligazioni derivanti dalla legge, cfr. Breccia, Le obbligazioni, in Trattato di
diritto privato, a cura di Iudica-Zatti, Milano, Giuffrè, 1990, 114
(23) Trib. Milano 8 marzo 2007, (nt. 1), che riconosce in capo agli investitori un diritto di
put. Tale posizione può essere ricondotta alla tesi proposta da Gatti, (nt. 1), 785 s., il quale,
per superare le obiezioni che si sono sintetizzate, ha ritenuto di poter qualificare il
comportamento posto in violazione della disciplina in materia di OPA come inadempimento
ad un obbligo preesistente corrispondente ad un diritto di put a favore degli azionisti di
minoranza, per cui gli stessi avrebbero diritto ad una somma pari al valore di mercato di
tale diritto di put che, comunque, finirebbe col coincidere con l'interesse positivo sopra
descritto
(24) Secondo l'App. Milano, cit., la sussistenza dell'obbligo a contrarre, ritenuto
eccezionale nel nostro ordinamento, dovrebbe essere valutata alla luce della ratio, dei
presupposti di esercizio del diritto corrispondente e della coercibilità dello stesso. Cfr.
Benazzo, I presupposti dell'o.p.a. preventiva, in questa Rivista, 1994, I, 117; Stella Richter
Jr., (nt. 6), 229; Lisanti, (nt. 14), 2722. Peraltro, nel caso di specie non si sarebbe potuto
imporre coattivamente a SAI il lancio dell'offerta dal momento che l'ISVAP aveva negato
alla società in questione l'autorizzazione ad acquistare ulteriori partecipazioni in Fondiaria.
Sulla notizia cfr. Manacorda, L'Isvap stoppa Sai-Fondiaria ''Per il matrimonio bisogna
cambiare condizioni'', in La Stampa, 3 gennaio 2002; Bocconi, Sai-Fondiaria, arriva il no
dell'Isvap, in Corriere della Sera, 3 gennaio 2002
(25) Costi-Enriques, (nt.3), 169. Invece, altri Autori (Awwad, Violazione dell'''obbligo di
OPA'' e tutela risarcitoria degli azionisti, (nt. 1), 1121 e 1125), distinguendo tra obblighi in
senso tecnico (aventi ad oggetto una prestazione ottenibile coattivamente) e meri doveri di
comportamento (comunque determinanti, in caso di violazione, il diritto al risarcimento del
danno), qualificano l'obbligo di OPA come dovere di protezione nascente dal ''contatto'' tra
il potenziale offerente e i soci di minoranza una volta superata la soglia di riferimento e
dalla posizione qualificata ricoperta dal primo all'interno della società, con la conseguenza
che in caso di mancato lancio di OPA i soci di minoranza avrebbero diritto al risarcimento
del danno subito. Tale posizione però, sembra semplicemente aggirare il problema
dell'identificazione e descrizione dell'eventuale diritto sussistente in capo agli azionisti
(diritto al lancio dell'OPA o diritto a ricevere una proposta o a fare affidamento su un certo
comportamento, ecc..) per garantire l'applicazione della disciplina contrattuale
(26) La Corte d'appello di Milano, cit., invece, partendo dal punto fermo dell'inesistenza
dell'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di OPA (rafforzata peraltro dalla
subordinazione per legge della presentazione della proposta all'espletamento di una serie
di attività informative e procedimentali), esclude la sussistenza di un obbligo a contrarre e,
residuando solo un obbligo a proporre, ritiene non plausibile la qualificazione contrattuale
del corrispondente diritto, essendo il contratto ancora inesistente; inoltre, secondo la Corte,
in caso di mero obbligo a proporre, la somma assegnata come risarcimento agli azionisti di
minoranza non potrebbe rappresentare l'equivalente del corrispettivo dal momento che il
più delle volte gli azionisti sono ancora in possesso dei titoli e che, in caso contrario, si

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determinerebbe un ingiustificato spostamento di ricchezza e si rischierebbe di cumulare
l'onere di alienare entro 12 mesi le azioni in esubero ad un prezzo probabilmente non
conveniente all'obbligo di pagare l'equivalente del diritto di exit senza che questo sia stato
esercitato. Cfr. anche Morello, (nt. 1), 412 s; Lisanti, (nt. 14), 2722. Contra Romagnoli, (nt.
3), 101. In particolare contra il sillogismo che, partendo dall'impraticabilità dell'esecuzione
in forma specifica, esclude l'esistenza del diritto al risarcimento per equivalente, Trib.
Milano giugno 2007 (nt. 1) e Giudici, (nt. 1), 23. Qualche autore (v. Morello, (nt. 1), 411)
giustifica l'inesistenza del diritto a vendere in capo agli azionisti con la necessità legale di
una proposta completa ed approfondita a tutela di questi ultimi, la quale, però, a giudizio di
altri (Gatti, (nt. 1), 787), non potrebbe risolversi in conseguenze limitanti e negative su altri
fronti per i medesimi soggetti
(27) Cfr sul punto Lisanti, (nt. 14), 2722. Osserva Giudici, (nt. 1), 15 che l'analisi
economica del diritto tende a sfumare, in materia di regolazione finanziaria, la dicotomia fra
responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
(28) In particolare, obiter dicta del Trib. Milano 20 marzo, 2000, (nt. 14). Tale soluzione
viene talvolta scartata dalla dottrina nella convinzione dell'irrisarciblità del danno
meramente patrimoniale nell'ambito della responsabilità extracontrattuale. Cfr. Gambaro,
Riflessione breve sulla argomentazione giurisprudenziale, (nt. 1), 773. Sull'ammissibilità di
tale tipo di danno nella maggior parte degli ordinamenti europeo-continentali fra i quali
l'Italia, cfr. Van Dunné, Responsabilità per danno meramente patrimoniale: regola o
eccezione?, in Danno resp., 2000, 121
(29) Ciò porta ad interrogarci ancora una volta sulla finalità della norma e sulla prevalenza
degli interessi pubblici o privati: giustamente si è sottolineato (Gatti, (nt. 1), 790 s.) che il
diritto a ricevere un risarcimento potrebbe sussistere solo nel caso in cui si ritenga che la
disciplina miri a proteggere anche gli interessi individuali degli azionisti (le cui eventuali
conseguenze negative non possono essere rimosse con le sanzioni contenute nel t.u.f.) o
che comunque la tutela delle dette posizioni individuali sia indispensabile e strumentale al
perseguimento dell'interesse generale al corretto andamento del mercato (cfr. anche
Romagnoli, (nt. 1), 436)
(30) Così anche Trib. Firenze, 25 agosto 2007, (nt. 1) e App. Milano, 15 gennaio 2007, (nt.
1). La sentenza del Trib. Milano di marzo, (nt. 1), invece, ritiene che, prevedibilmente, il
risultato delle deliberazioni sarebbe stato diverso in presenza di una tempestiva
sterilizzazione dei voti e che la prova di resistenza sia comunque da considerare irrilevante
ai fini del riconoscimento del risarcimento non interrompendo il nesso tra inadempimento
all'obbligo di lancio ed il danno da mantenimento illecito del controllo, profilandosi peraltro
di esito incerto all'epoca (quando la Consob aveva escluso il concerto prima affermato)
un'impugnazione della delibera
(31) App. Milano, 15 gennaio 2007, (nt. 30). Cfr. Morello, (nt. 1), 413 s.; Carbonetti, (nt. 1),
643; App. Milano, 27 novembre 1998, (nt. 14)
(32) Lisanti, (nt. 14), 2722

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(33) Si rinvia per i riferimenti bibliografici e giurisprudenziali in materia di perdita di
chances, al recente Chindemi, Il danno da perdita di chance, Milano, Giuffrè, 2007, 156
(34) Deliberazione Consob 10 maggio 2005, n. 15029 pubblicata in Bollettino n. 5.1 del 27
maggio 2005, 19, e in Riv. soc. 2005, 8, 1041, con nota di Baglioni. Il 17 maggio 2005,
sotto l'imminente scadenza del termine di 30 giorni per la presentazione dell'offerta, veniva
richiesta da BPI l'autorizzazione a Banca d'Italia per il lancio dell'OPA totalitaria
(35) L'interesse in questione potrebbe considerarsi meritevole di tutela poiché basato sulla
presenza di un obbligo di legge riguardante il lancio di un'OPA che viene superato dallo
stesso legislatore in caso di ritardo oltre i 30 giorni e sostituito con sanzioni di vario tipo
solo al fine di eliminare, nel minor tempo possibile, l'incertezza della situazione. In questo
senso il Tribunale di Milano, maggio 2007, (nt. 1) pur all'interno di un discorso impostato in
termini di responsabilità contrattuale: ''L'obbligo secondario [di vendere le azioni sopra
soglia] scatta allorché l'OPA non è più lanciabile, posto che è presumibile che il valore dei
titoli, decorsi trenta giorni dal superamento della soglia del 30%, muti sotto l'influsso di altre
variabili di mercato che non permettono più di fare l'offerta a condizioni di parità di
trattamento e di giusto prezzo''
(36) Ovviamente, perché una perdita di chance sia effettivamente configurabile, sarebbe
indispensabile provare, anche attraverso ragionamenti presuntivi, che, ad esempio, per il
prezzo di OPA, le condizioni di mercato ed altre circostanze, l'adesione all'OPA sarebbe
stata altamente probabile da parte dell'azionista (forse non facilmente ipotizzabile nel caso
in esame, dal momento che le minoranze erano, a quanto risulta dai voti in assemblea,
favorevoli alla fusione con Sai, probabilmente confidando nella gestione di quest'ultima) e
che un danno patrimoniale ci sia stato (confrontando il prezzo dei titoli prima della fusione
e l'ipotetico prezzo di OPA). Cfr. Chindemi, (nt. 33), 4: ''Dalla tutela della esigenza di
integrale reintegrazione del patrimonio del soggetto leso dall'inadempimento o dal fatto
illecito sia nel senso di ripristinare la situazione originaria antecedente al momento in cui si
è verificato il fatto produttivo del danno, sia di tutelare le utilità economiche non godute
quale conseguenza dell'illecito è sorta, vista dapprima con diffidenza, la categoria del
danno da perdita di chance quale danno patrimoniale futuro, risarcibile a condizione che il
danneggiato dimostri (anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di
fatto certe e puntualmente allegate) la sussistenza di un valido nesso causale tra il danno e
la ragionevole probabilità della verificazione del danno''
(37) La posizione soggettiva in questione si differenzia ovviamente dal diritto a vendere allo
stesso modo in cui l'interesse a partecipare ad un concorso si distingue dal diritto a
vincerlo o come il diritto a ricevere un trattamento sanitario idoneo si distingue dal diritto a
guarire. Cfr. Chindemi, (nt. 33): ''La chance è un valore economico già compreso nel
patrimonio del danneggiato e può divenire attuale a seguito del fatto illecito che comprima
delle legittime aspettative o veri e propri diritti della vittima di ottenere un risultato
favorevole che si risolve in un vantaggio economico [...]''. La chance di vendere si
trasformerebbe in diritto a vendere solo dopo che sia stato presentato, approvato e
pubblicizzato il documento d'offerta e ottenute le eventuali autorizzazioni. Nello spazio

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immaginario compreso tra chance e diritto di vendita potrebbe invece comprendersi il diritto
a non partecipare a trattative infruttuose, tutelato dall'istituto della responsabilità
precontrattuale (ad esempio, qualora sia presentata l'offerta ma poi ritirata per insufficienza
delle risorse o per mancanza dei requisiti richiesti per legge e quindi per la mancanza di
autorizzazione dell'autorità di vigilanza competente).Inoltre, nel caso Sai-Fondiaria era
presente un'OPA concorrente di Toro s.p.a. impedita dall'incertezza della situazione e dal
ritardo nel ristabilirsi di un equilibrio. Poco dopo l'intervento dei cavalieri bianchi, Toro ha
abbandonato l'offerta. Perciò, si potrebbe forse sostenere che, a causa della presenza
delle operazioni di acquisto, di successiva vendita ex 110 t.u.f., di intervento dei cavalieri
bianchi e della situazione di generale incertezza creata sul mercato, gli azionisti di
Fondiaria abbiano perso l'occasione di uscire dalla società aderendo ad altre offerte, nel
caso specifico già prospettate (da Toro s.p.a.) e quindi di perseguire il profitto ulteriore
conseguente al lancio di OPA (quasi certo in quanto annunciato al mercato)
(38) Guizzi, (nt. 1), 261-262
(39) Guizzi, (nt. 1), 262. Cfr. sull'argomento dell'ingiusto arricchimento anche Morello, (nt.
1), 412 s
(40) Sul danno da informazione sul mercato, in particolare: Carnevali, In tema di c.d.
responsabilità da prospetto delle banche, in Corr. giur., 1989, 1004; Cattaneo, Recensione
a Ferrarini, in Quadrim, 1986, 433; G. Ferrarini, La responsabilità da prospetto.
Informazione societaria e tutela degli investitori, Milano, 1986; Jaeger, Appunti sulla
responsabilità da prospetto, in Quadrim., 1986, 287; Portale, Informazione societaria e
responsabilità degli intermediari, in L'informazione societaria, Atti del convegno
internazionale di studi - Venezia, 5-7 novembre 1981, Milano, 1982, II; recentemente, ex
multis, Bruno, L'azione di danni da informazione non corretta sul mercato finanziario,
Febbraio 2004, Ceradi; Pisani, Emissioni obbligazionarie e responsabilità degli
intermediari, in Banca, borsa e titoli di credito, 2005, 6, 760; Perrone, Informazione al
mercato e tutela dell'investitore, Milano, Giuffrè, 2003, (in particolare, 57); Ventoruzzo, La
responsabilità da prospetto negli Stati Uniti d'America tra regole di mercato e mercato delle
regole, Milano, Giuffrè, 2003. Pur in assenza di orientamenti univoci in materia e non
sussistendo, al contrario di quanto avviene negli USA, la tendenza a riconoscere in capo ai
singoli il fondamentale compito di difendere gli interessi pubblici oltre che quelli privati e
personali (cfr. Ventoruzzo, cit., 2) l'esistenza di un danno ingiusto consistente nella lesione
del diritto ad un'informazione corretta e trasparente nel mercato potrebbe dirsi sorretta
dalla presenza della normativa in materia di manipolazione del mercato (cfr. Alvisi, Abusi di
mercato e tutele civili, in Contratto e impresa - Europa 2007, 181 - in particolare 236 e 250
s, 264 - e Bruno, cit.), di altre ipotesi tipiche di illecito di false informazioni (ad esempio, il
delitto e la nuova ipotesi di illecito di falso in prospetto e gli art. 114 ss. t.u.f.) e dei
numerosi obblighi di informazione posti in capo agli emittenti dal t.u.f
(41) Ad esempio, gli azionisti di minoranza, in presenza dell'informazione dovuta,
avrebbero potuto decidere di votare contro la fusione o di vendere le azioni o comprarne
altre, ecc. Non facile sarebbe comunque il calcolo del danno risarcibile ma, in questo caso,

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pur dovendosi far riferimento all'ipotetico prezzo di OPA, sarebbe da questo, in un certo
senso, sganciato perché non rileverebbe più tanto l'effettivo svolgersi dell'OPA o meno ma
semplicemente la diffusione di informazioni incomplete, non tempestive e/o non corrette
(non essendo il danno ingiusto rappresentato dal mancato lancio ma dal difetto di
informazione). Inoltre, il calcolo del risarcimento in caso di danno da informazione è
questione ampiamente discussa ma si potrebbe ipotizzare la scelta del giudice di
procedere alla liquidazione del danno in via equitativa, tenendo conto delle variazioni del
prezzo di mercato nel tempo e compreso quello ipotetico nel caso in cui i soggetti avessero
comunicato in tempo l'intenzione di acquistare il controllo di Fondiaria di concerto ed il
superamento delle soglie rilevanti (la notizia del concerto avrebbe comunque fatto alzare il
prezzo e ciò avrebbe influito sul calcolo del valore delle azioni Fondiaria ai fini del
conguaglio di fusione Sai-Fondiaria)
(42) Morello, (nt. 1), 413 s.; Carbonetti, (nt. 1), 643-644. Cfr. anche Trib. Milano, 20 marzo
2000, (nt. 14), e App. Milano (decr.), 28 febbraio 2003, (nt. 1)
(43) Cfr. § 5 e nt. 127 sull'esperienza francese
(44) Morello, (nt. 1), 414
(45) L'App. di Milano, (nt. 1), sulla scia di questa posizione e comunque nell'ambito di un
obiter dictum, ha (in astratto) lasciato aperta la strada per configurare l'obbligo di
presentare un'OPA come precontrattuale e per far derivare dalla sua violazione il diritto
dell'azionista ad un risarcimento dell'interesse negativo da lesione dell'affidamento; la
stessa ha constatato, ad ogni modo, che la questione non poteva essere esaminata in
dettaglio (ed in concreto) dal momento che il tribunale aveva escluso l'esistenza di un tale
danno (perdita di valore del titolo) e la corrispondente domanda non era stata riproposta in
appello. Secondo Giudici (nt. 1), 27, il ragionamento della Corte d'appello e della dottrina
cui si ispira si caratterizzerebbero per un approccio prettamente formalistico, che non tiene
conto dei vantaggi derivanti al mercato dall'azione di risarcimento danni proposta dagli
azionisti di minoranza. L'A., invece, ricava l'esistenza del diritto ad agire dalla circostanza
che le regole imperative dell'OPA obbligatoria si inserirebbero automaticamente nello
statuto dell'emittente, la cui violazione è pacificamente considerata fonte di risarcimento
del danno (ibidem, 25).
(46) Sull'attuale tendenza espansiva dell'ambito della responsabilità precontrattuale cfr.
Cass. civ., 29 settembre 2005, n. 19024, in Danno resp., 2006, 25, nota di Roppo-Afferni;
Resp. civ. prev., 2006, 6, 1080, nota di Greco; Foro it., 2006, 4, 1105, nota di Scoditti; in
questa Rivista, 2006, 4, 626, nota di Salodini; Giust. civ., 2006, 7-8, 1526; Giur. it., 2006, 8-
9, 1599, nota di Sicchiero; Contratti, 2006, 5, 446, nota di Poliani; Corriere giur., 2006, 5,
669, nota di Genovesi; Impresa, 2006, 7-8, 1140, nota di Facchin. Contra tale espansione
cfr. D'Amico, La responsabilità precontrattuale, in Trattato del contratto, a cura di Roppo,
2006, 1026 s. (ed in particolare 1087 s.)
(47) Nel caso Sai-Fondiaria si è spesso fatto riferimento all'ipotesi di una responsabilità
della Consob: ad esempio, gli scalatori, nell'ambito del giudizio promosso davanti alla
Corte d'appello di Milano, avevano suggerito la configurabilità di una responsabilità a

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carico della Consob per aver questa creato un affidamento negli investitori annunciando la
presenza del concerto e poi deluso lo stesso negando il medesimo concerto; in altra
occasione, un fondo (Liverpool Limited Partnership) aveva ritenuto riferibile al cattivo
esercizio della funzione pubblica da parte della Consob il danno subito da affidamento,
richiedendone il risarcimento al T.A.R. Lazio (sentenza 26 novembre 2002, (nt. 1)), il quale
ha rigettato la domanda motivando come segue: '' [...] non vi è ragionevole certezza sul
punto che, qualora la Consob avesse sin dall'inizio ''imposto'' l'OPA totalitaria, l'operazione
si sarebbe ugualmente compiuta); [...] [e bisogna considerare] la mancanza, allo stato e
finché non sarà stato compiutamente delibato il tema dell'interposizione degli Investitori, di
certezza giuridica intorno alla sussistenza del requisito dell' ''ingiustizia'' del danno [...] [;]
alla Consob nella fattispecie non è possibile muovere alcun rimprovero in termini di colpa
(negligenza o imperizia) [dal momento che] nella presente vicenda la Consob non è affatto
rimasta inerte. Al contrario, come risulta dagli atti di causa, essa ha svolto una intensa
attività istruttoria [...]''
(48) Sarebbe infatti plausibile (si veda supra sulla qualificazione extracontrattuale) ritenere
sussistente anche il diritto degli azionisti ad acquistare e vendere i titoli sulla base di
informazioni veritiere e trasparenti e quindi, anche a distanza di anni, accordare il
risarcimento a coloro che abbiano operato sui titoli nella convinzione che non esistesse un
concerto determinante l'acquisto del controllo quando tale concerto era invece sussistente
(49) Un vero e proprio affidamento precontrattuale sembrerebbe poter sussistere solo in
presenza di dichiarazioni al mercato da parte dello scalatore. Cfr. nt. 37
(50) ''3. Salvo quanto previsto dall'articolo 106, comma 2, l'offerente promuove l'offerta
tempestivamente, e comunque non oltre venti giorni dalla comunicazione di cui al comma
1, presentando alla Consob il documento d'offerta destinato alla pubblicazione. In caso di
mancato rispetto del termine il documento d'offerta è dichiarato irricevibile e l'offerente non
può promuovere un'ulteriore offerta avente a oggetto prodotti finanziari del medesimo
emittente nei successivi dodici mesi''
(51) L'obbligo di acquisto, qualora la partecipazione sia superiore al 90% ma inferiore al
95%, è posto in alternativa al ristabilimento entro 90 giorni di un flottante sufficiente (art.
108, 2° comma)
(52) ''3. La Consob disciplina con regolamento le ipotesi in cui: [...] d) l'offerta, previo
provvedimento motivato della Consob, possa essere promossa ad un prezzo superiore a
quello più elevato pagato purché ciò sia necessario per la tutela degli investitori e ricorra
almeno una delle seguenti circostanze: [...] 3) l'offerente abbia posto in essere operazioni
volte ad eludere l'obbligo di offerta pubblica di acquisto''
(53) ''6. La Consob può con provvedimento motivato disporre che il superamento della
partecipazione indicata nel 1° comma o nel 3° comma, lettera b), non comporta obbligo di
offerta con riguardo a casi riconducibili alle ipotesi di cui al comma 5, ma non
espressamente previsti nel regolamento approvato ai sensi del medesimo comma''
(54) ''1-bis. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 192, comma 1, la Consob, in
alternativa all'alienazione di cui al 1° comma, con provvedimento motivato, avuto riguardo

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tra l'altro alle ragioni del mancato adempimento, agli effetti che conseguirebbero
all'alienazione e alle modifiche intervenute nella compagine azionaria, può imporre la
promozione dell'offerta totalitaria al prezzo da essa stabilito, anche tenendo conto del
prezzo di mercato dei titoli''. La versione definitiva del comma citato approvata il 19
novembre scorso mostra il tentativo del legislatore di ridurre la discrezionalità della Consob
ancorando il giudizio di questa a parametri (comunque indicativi) e di sottolineare l'illiceità
del mancato lancio mantenendo ferma, pur in caso di lancio tardivo, la sanzione
amministrativa dell'art. 192 1° comma t.u.f.. Cfr. il testo nella versione precedente
contenuta nella proposta di decreto: ''In alternativa all'alienazione di cui al comma 1 la
Consob può imporre, con provvedimento motivato, la promozione dell'offerta di cui
all'articolo 106 al prezzo da essa stabilito, anche tenendo conto del prezzo di mercato dei
titoli''
(55) Il decreto, introducendo espressamente il dovere di comunicare senza indugio
l'insorgenza dell'obbligo di lancio dell'OPA alla Consob e al mercato secondo le modalità
dell'articolo 114 t.u.f. (art. 102, 1° comma), potrebbe essere visto da alcuni autori come
mirante a ricondurre la fattispecie nell'ambito della materia dell'informazione societaria e
perciò citato a sostegno della qualificazione della fattispecie in esame in termini di danno
da informazione
(56) Il WpÜG è stato emanato il 20 dicembre 2001 (BGBI. I S. 3822) ed è entrato in vigore
l'1 gennaio 2002
(57) Novak, Investor Protection and Capital Market Regulation in Germany, in The German
Financial System, a cura di Krahnen-Schmit, 2004, OUP, 443, che imputa l'insuccesso del
codice ad un'adesione inferiore alle aspettative (64% delle società quotate) ed all'assenza
di alcune grandi società (come BMW e Volkswagen)
(58) L'art. 16 del codice imponeva, a chi avesse superato mediante acquisti di valori
mobiliari in borsa o fuori borsa la metà dei diritti di voto di una società, di rivolgere agli
azionisti della medesima un'offerta per l'acquisto delle residue azioni. Thoma, Der neue
Übernahmekodex der Börsensachenverständigenkommission, WP, 1996, disponibile su
http://www.jura.uni-frankfurt.de. Cfr. anche Balp, Il codice tedesco di autodisciplina in
materia di OPA, in Riv. soc., 1996, 126 ss. Ancor prima del codice vi erano dei principi
orientativi risalenti al 1979 (riportati in Baumbach e Hopt, Handelsgesetzbuch-Kommentar,
Monaco, Beck, 1987, 18)
(59) V. Franks e Meyer, Ownership and Control of German Corporations, WP, 2000, 19,
disponibile su http://papers.ssrn.com
(60) Sui limiti del codice v. Kirchner e Ehricke, Funktionsdefizite des Übernahmekodex der
Börsensachverständigenkommission, AG, 1998, 105
(61) Il riferimento è alla passivity rule, che è stata recepita in Italia dal t.u.f. all'art. 104,
mentre in Germania non ha trovato applicazione (v. § 33 WpÜG), se non nell'art. 18 ai
tempi del codice di autodisciplina. Le ragioni che hanno determinato il mancato passaggio
dal codice alla legge di tale istituto sono, secondo la dottrina internazionale (v. Gordon, An
American Perspective on Anti-Take Over Laws in The EU: The German Example, in

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Reforming Company and Takeover Law in Europe, a cura di Ferrarini e Wymeersch, OUP,
2004, 542 ss., in part. 545) da rinvenirsi nell'acquisizione della tedesca Mannesmann da
parte dell'inglese Vodafone, vicenda che causò un'avversione profonda e diffusa in tutta la
società (dai sindacati ai banchieri) alla passivity rule, la quale inizialmente era supportata
dal governo tedesco in sede di elaborazione della tredicesima direttiva sull'OPA. Il caso
Mannesmann aveva dato modo alla comunità finanziaria tedesca di convincersi che
l'aggressività caratterizzante il mercato delle acquisizioni non era compatibile, da un lato,
con la cultura di mercato (si pensi alla soziale Marktwirtschafstlehre della scuola
ordoliberale di Friburgo) e, dall'altro lato, con la concezione che l'ordinamento tedesco ha
della società commerciale (il riferimento è alla visione istituzionalistica della società ancora
marcatamente presente in tale ordinamento ed al sistema dualistico che prevede l'elezione
di metà del consiglio di sorveglianza da parte dei lavoratori)
(62) Lo scalatore deve adempiere alle prescrizioni di cui ai commi 2, 3 (terzo periodo), 4, 5
e 6 del § 10 WpÜG che indicano quali soggetti devono essere informati della notizia (gli
organi direttivi delle borse in cui sono quotati i titoli dello scalatore, della società bersaglio e
di altre società coinvolte) e le modalità con cui questa deve essere pubblicata
(63) La BaFin è l'autorità di vigilanza del mercato finanziario creata nel 2002
(Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht). Il documento d'offerta
(Angebotsunterlage) deve essere trasmesso alla Bafin entro quattro settimane dalla
comunicazione della notizia dell'acquisto del controllo. L'offerta può essere resa pubblica
una volta che abbia ottenuto il benestare dall'autorità di vigilanza ovvero dopo che siano
decorsi 10 giorni senza che la BaFin abbia eccepito nulla (cfr. § 14 WpÜG). Il termine delle
quattro settimane, alla luce del § 37 WpÜG che ammette l'esenzione dall'obbligo di OPA in
caso di discesa al di sotto del 30% prima dello scadere di tale termine, è da considerarsi
come un periodo di riflessione a favore dello scalatore, che può scegliere se mantenere la
quota ed assoggettarsi alla disciplina dell'OPA ovvero dismettere le azioni eccedenti il 30%
ed affrancarsi da qualsiasi obbligo. In Italia una fattispecie analoga di esenzione si ritrova
nell'art. 49, lett. e), del regolamento emittenti della Consob, ma vale solo se la soglia del
trenta per cento è superata per non più del tre per cento e l'acquirente si impegna a cedere
le azioni in eccedenza entro dodici mesi e a non esercitare i relativi diritti di voto. Il prezzo
(Gegenleistung) è calcolato - sia in caso di offerta in contanti sia di offerta di azioni (che
non possono essere prive del diritto di voto) - sulla base della media ponderata del valore
del titolo dei tre mesi precedenti la pubblicazione dell'offerta e degli acquisti effettuati
dall'offerente, dalle persone che agiscono con lui o dalle società figlie (§ 31 WpÜG e §§ 4,
5 e 6 WpÜGAngebV)
(64) v. Noack, Commento al WpÜG, in Kapitalmarktrechts-Kommentar, a cura di Schwark,
Monaco, Beck, 2004, § 59, n. 13 ss
(65) Si ritiene che i soggetti destinatari delle sanzioni di cui al § 60 WpÜG siano l'offerente
ed i soggetti che agiscono con lui: cfr. Noack, (nt. 64), § 60, 1. L'effetto deterrente di
questa disposizione nei confronti dello scalatore inadempiente è scarso, in quanto la
sanzione può essere comminata una sola volta ed il suo importo è nettamente inferiore ai

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probabili costi dell'OPA inerenti l'acquisto delle azioni (simile la situazione italiana: cfr. art.
192 t.u.f. ss). Per ovviare a tale carenza e potenziare la pressione sullo scalatore perché
formalizzi l'offerta, Cahn, BaFin und Rechtsschutz im Übernahmerecht, ZHR, 2003, 267 ha
ipotizzato di richiamare attraverso il § 46 WpÜG le disposizioni concernenti l'esecuzione
nel procedimento amministrativo (§§ 11 e 13, co. 6, VwVG), che legittimano la P.A. ad
imporre ai soggetti inadempienti (oltre le sanzioni previste da altre disposizioni come ad es.
il § 60 WpÜG) l'obbligo di pagamento di una somma (Zwangsgeld) del valore massimo di
500.000 euro tante volte fino a quando tali soggetti non abbiano effettuato l'offerta
d'acquisto. L'autore avanza però il dubbio per cui il legislatore potrebbe aver volutamente
optato per applicare solo la sanzione di cui al § 60 WpÜG ed escludere altre misure
(66) Noack (nt. 64), § 38, n. 7
(67) L'intenzione del legislatore sarebbe anche nel senso di escludere la possibilità per gli
azionisti di minoranza di ricorrere alla BaFin e di impugnarne i provvedimenti.
L'interpretazione infatti prevalente in dottrina (ex multis Steinmeyer e Häger, WpÜG,
Schmidt, Berlino, 2002, § 37, n. 51; Schnorbus, Rechtsschutz im Übernahmeverfahren (II),
WM, 2003, 660; contra Cahn, (nt. 65), 293; Noack, (nt. 64), § 4, n. 14; Seibt, Rechtsschutz
im Übernahmerecht, ZIP, 2003, 1875) ed unanime in giurisprudenza (OLG Francoforte s.
M., 9 ottobre 2003, ZIP, 2003, 2254; OLG Francoforte s. M., 27 maggio 2003, ZIP, 2003,
1251; OLG Francoforte s. M., 27 maggio 2003, ZIP, 1297) ritiene che i terzi (fra i quali
rientrano anche gli azionisti della società bersaglio) non possano partecipare ai
procedimenti davanti alla BaFin relativi all'esenzione dal lancio di OPA ed impugnarne i
relativi provvedimenti, in quanto, da un lato, non sono destinatari diretti dei provvedimenti
della medesima (Adressatentheorie), dall'altro lato non hanno a riguardo alcun diritto
soggettivo pubblico (v. fra tanti Müller, Das Verwaltungs - und Beschwerdeverfahren nach
dem Wertpapiererwerbs - Übernahmesenat unter besonderer Beürcksichtigung der
Rechtsstellung Dritter, ZHR, 2003, 304.)
(68) Pohlmann, Rechtsschutz der Aktionäre der Zielgesellschaft im Wertpapiererwerbs -
und Übernahmeverfahren, ZGR, 2007, 11. L'unico caso in cui il WpÜG legittimerebbe
l'azione civile è quello di cui al § 12 WpÜG, che si concretizza nel caso in cui il documento
d'offerta presenti delle notizie errate/false: v. Lappe e Stafflage,
Unternehmensbewertungen nach dem Wertpapiererwerbs - und Übernahmegesetz, BB,
2002, 2189
(69) Schnorbus, (nt. 67), 663, il quale sostiene però la tutela civile per gli azionisti ex § 38
WpÜG: v. infra nota 80; Krause e Pötzsch, Wertpapiererwerbs - und Übernahmegesetz, a
cura di Assmann, Pötzsch E Schneider, Colonia, Schmidt 2005, § 35, n. 252. Habersack,
Reformbedarf im Übernahmerecht, ZHR, 2002, 621
(70) Simon, Rechtsschutz im Hinblick auf ein Pflichtangebot nach § 35 WpÜG, Nomos,
Baden-Baden, 2005, 208, che fa riferimento ai §§ 304, 305, 320b e 327b AktG
(71) Mülbert e Schneider, Der aussrvertragliche Abfindungsanspruch im Recht der
Pflichtangebote, WM, 2003, 2307, i quali però individuano una tutela civile per gli azionisti
di minoranza in base alla disciplina dei gruppi: v. infra nt. 72

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(72) L'ipotesi di tutela in forma specifica è proposta in diverse sfumature: la prima
considera il § 35, 2° comma, WpÜG come un obbligo a contrarre in capo allo scalatore
così che ogni singolo azionista ha diritto di alienare al medesimo le proprie azioni e
ricevere il prezzo d'OPA: cfr. Ekkenga e Hofschroer, Das Wertpapiererwerbs - und
Übernahmesenat, DStR, 2002, 777; Steinmeyer e Häger, WpÜG, Berlino, Schmidt, 2002, §
35, nr. 28; Seibt, (nt. 67), 1876, il quale non esclude però, come extrema ratio, di poter
considerare il § 35 WpÜG anche come norma di protezione ex § 823, 2° comma, BGB, la
cui lesione darebbe quindi comunque diritto al risarcimento del danno extracontrattuale: v.
infra, nt. 76; la seconda ritiene che ciascun azionista abbia un diritto di opzione a vendere:
cfr. Ihrig, Rechtsschutz Drittbetroffener im Übernahmeschutz, ZHR, 2003, 349, che, come
Seibt, prospetta anche una violazione del § 35 WpÜG come norma di protezione; la terza
non riconosce all'azionista alcun diritto con efficacia reale nei confronti dello scalatore,
bensì sostiene che il primo sia legittimato a richiedere alla magistratura di imporre il lancio
dell'OPA al secondo: Noack, nt. 64, § 35, n. 49. Vi è poi la posizione di Mülbert e
Schneider, (nt. 71), 2308 ss., che ritengono, analogamente a quanto avviene per i gruppi,
che l'acquisto del controllo instauri un obbligo ex lege fra acquirente ed azionista che dà
diritto a quest'ultimo di vendere le azioni allo scalatore
(73) Ekkenga e Schulz, Wertpapiererwerbs-und Übernahmegesetz, a cura di Ehricke,
Ekkenga, Oechsler, Monaco, Beck, 2003, § 35, nr. 6. Il diritto degli azionisti a vendere i
titoli precluderebbe, fra l'altro, allo scalatore di poter scegliere se offrire titoli o denaro. In
Italia v. Morello, (nt. 1), 411. I civilisti tedeschi ammettono un'intromissione nella libertà
contrattuale delle parti (§ 145 BGB) solo a condizione che i beni o le prestazioni oggetto
del contratto siano fondamentali per l'esistenza della parte richiedente e che non siano
ottenibili tramite altri soggetti: cfr. Jauernig, BGB Kommentar, Beck, Monaco, 2004, § 145,
nr. 9 ss. Nel caso, invece, del possesso di strumenti finanziari, Simon, (nt. 70), 211,
sostiene che per il titolare è sempre possibile vendere le proprie azioni sul mercato. Tale
argomentazione non sembra del tutto pertinente, atteso che l'effetto positivo per gli
azionisti terzi derivante dalla disciplina dell'OPA non è il diritto a vendere (che, anzi, è una
prerogativa che un titolo deve avere per essere qualificato come strumento finanziario),
bensì di vendere ad un prezzo tendenzialmente superiore a quello di mercato; e non è
certo detto che un azionista che, deluso per il mancato lancio dell'OPA, decide di rivolgersi
al mercato, riesca ad ottenere un prezzo pari a quello che avrebbe conseguito grazie
all'offerta obbligatoria. Agli occhi di un osservatore italiano, però, l'elemento che appare
dirimente nel WpÜG per escludere la fondatezza dell'obbligo a contrarre è contenuto nel
terzo comma del § 15 WpÜG, che prevede la nullità del contratto di compravendita delle
azioni in caso (fra l'altro) di mancata presentazione alla BaFin del documento d'offerta. In
altri termini il legislatore tedesco ha traslato sul piano civile gli obblighi di carattere
pubblicistico il cui inadempimento è fonte di nullità: ne consegue che sarebbe del tutto
insensato che l'azionista potesse richiedere l'adempimento forzoso di un contratto che, nel
momento in cui si perfezionasse, sarebbe nullo per espressa volontà della legge

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(74) Habersack, Die Mitgliedschaft - subjiektives und ''sonstiges'' Recht, Mohr Siebeck,
Tubinga, 1996, 247 ss
(75) Krause e Pötzsch, (nt. 69), § 35, n. 254
(76) V. Bülow, Kölner Kommentar zum WpÜG, a cura di Hirte e V. Bülow, Heymanns,
Colonia, 2003, § 35, nr. 199; Zschocke e Rahlf, Anmerkung zu OLG Frankfurt a. M.,
Beschluss vom 27. Mai, DB, 2003, 1376; Ihrig (nt. 72), 349 e Seibt, (nt. 67), 1876
(77) Simon, (nt. 70), 220
(78) Ekkenga, Wertpapiererwerbs - und Übernahmegesetz, a cura di Ehricke, Ekkenga,
Oechsler (nt. 73), § 38, n. 3, che però ammette in definitiva la funzione di norma primaria
del § 38 WpÜG
(79) Simon, (nt. 70), 221. V. anche Assmann, Wertpapiererwerbs - und Übernahmegesetz,
a cura di Assmann, Pötzsch e Schneider, (nt. 69), § 38, n. 2; Steinmeyer e Häger, (nt. 67),
§ 38, n. 3
(80) Ihrig, (nt. 72), 347 s.; Hecker, WpÜG - Kommentar zum Wertpapiererwerbs - und
Übernahmegesetz, a cura di Baums e Thoma, RWS Vlg Kommunikationsforum, Colonia,
2004, § 38, nr. 11. Cahn, (nt. 67), 269, non esclude in teoria di poter qualificare il § 38
WpÜG come fonte di un'obbligazione principale, tuttavia ritiene alquanto difficile che, a
livello pratico, gli azionisti, ai quali compete l'onere probatorio, riescano, soprattutto in casi
di sospetto di concerto, a dimostrare l'esistenza dei presupposti dell'OPA obbligatoria. Altra
impostazione evidenzia che il § 38 WpÜG sarebbe in relazione solamente con il § 31
WpÜG (che indica come calcolare il prezzo d'OPA): Schnorbus, (nt. 67), 663
(81) OLG Francoforte s. M., 27 maggio 2003, ProSieben AG, ZIP, 2003, 1297, in part.
1299
(82) BGH, 18 settembre 2006, II ZR 137/05, WM, 2006, 2080; ZGR, 2007, 440 con nota di
U. Schneider, Acting in Concert: Vereinbarung oder Abstimmung über Ausübung von
Stimmrechten?
(83) OLG Monaco, 11 marzo 2004, WMF, ZIP, 2004, 1101
(84) OLG Monaco, 27 aprile 2005, WMF II, ZIP, 2005, 856
(85) La vicenda traeva spunto da un patto di sindacato stipulato nel 1993 dai quattro
maggiori azionisti di una società quotata (WMF), in cui i medesimi si concedevano
reciprocamente un diritto di prelazione in caso di vendita delle azioni e si accordavano
sulla nomina dei membri del consiglio di sorveglianza. Nel febbraio 2003 i pattisti decisero
di risolvere il patto al fine di non risultare inadempimenti verso la nuova disciplina dell'OPA
introdotta dal WpÜG, tuttavia sancirono un accordo di individuare in comune il presidente e
vicepresidente del consiglio di sorveglianza che sarebbe stato rinnovato nel giugno
successivo. In seguito a contrasti sorti fra gli ex pattisti uno di loro si rivolse alla
magistratura sostenendo che l'accordo del febbraio 2003 era finalizzato a cristallizzare i
rapporti fra i quattro soci e rendere a ciascuno di loro l'uscita dalla società difficilmente
praticabile. Il socio attore si lamentava del mancato lancio di OPA nonostante la
sussistenza del patto di sindacato e, di conseguenza, la violazione del § 35 WpÜG ed il
diritto ad ottenere gli interessi sul prezzo d'OPA di cui al § 38 WpÜG. Il Landgericht di

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primo grado respinse la domanda affermando che l'accordo del 2003 non poteva
considerarsi un patto parasociale rilevante ex § 29 WpÜG in quanto non riguardava il
controllo della società; che il WpÜG non poteva essere applicato retroattivamente
all'accordo del 1993 e che l'accordo per la nomina dei membri del consiglio di sorveglianza
del 2003 doveva considerarsi come un episodio verificatosi una tantum, che, alla luce del §
30, 2° comma, primo periodo WpÜG, è escluso espressamente dalla nozione di patto di
sindacato. Il giudizio fu ribaltato dall'Oberlandgericht, il quale qualificò l'accordo sulla
nomina dei membri del consiglio di sorveglianza come patto parasociale in quanto non
riconobbe il requisito dell'occasionalità dell'accordo, trattandosi invece di una strategia
concordata e programmata. L'applicabilità del 38 WpÜG fu data però per scontata, senza
entrare nel merito della sua natura di norma primaria o accessoria. Il BGH cassò la
sentenza d'appello, in quanto l'accordo fra i soci non era qualificabile come patto (le
indicazioni dei soci sono irrilevanti per la nomina del presidente in quanto di competenza
esclusiva dei membri del consiglio di sorveglianza che agiscono in completa autonomia
dall'assemblea) e, comunque, anche se lo fosse stato, il socio attore sarebbe stato da
considerare come appartenente al medesimo e quindi come (eventualmente) coobbligato
al lancio dell'offerta. Il BGH non si è espresso sulla portata del § 38 WpÜG, tuttavia, a
livello di obiter dictum, ha manifestato maggiore convinzione verso le tesi che limitano
l'applicabilità del § 38 WpÜG a condizione che esista un'offerta e gli azionisti vi aderiscano
(86) Zschocke e Berresheim, Schadensersatzhaftung des Bieters wegen unterlassener
Angebotsunterbreitung im Übernahmerecht, BKR, 2004, 306; Simon, (nt. 15), 233. Le
argomentazioni illustrate nel testo non sembrano convincenti, in quanto non definiscono la
nozione di affidamento, ma si limitano a ricordare che non è scontato che all'acquisto del
controllo segua per forza l'OPA. Una volta però che, nel caso concreto, si sia accertato che
non sussistono gli estremi per l'esenzione, il problema dell'affidamento si ripropone
irrisolto. Dall'altro lato lo scenario alternativo del divieto di pubblicazione dell'offerta da
parte della BaFin non pare un elemento idoneo ad interrompere il nesso causale che
sussiste fra l'ipotetico affidamento ed il decremento dei titoli, considerato che tale
evenienza conferma anzi l'atteggiamento negligente dello scalatore. Si ritiene che il punto
consista nell'appurare se nel sistema tedesco gli azionisti abbiano diritto o meno a vendere
le azioni: in generale la lesione dell'affidamento è riconosciuta solo in caso di contatto
personale fra l'offerente e gli azionisti (che presumibilmente saranno quelli rilevanti) o nel
caso in cui il contratto di compravendita sia nullo ex § 15 WpÜG: Noack, (nt. 64), § 15, n.
16
(87) Noack, (nt. 64), § 35, n. 48; Baums e Hecker, WpÜG - Kommentar zum
Wertpapiererwerbs - und Übernahmegesetz, a cura di Baums e Thoma, (nt 80), § 35, n.
295. Vi è poi Ihrig, (nt. 72), 348, che sostiene che l'intervento della BaFin abbia carattere
sussidiario e possa avere luogo solo in caso di inefficacia delle sanzioni amministrative e
civili del WpÜG. La BaFin non avrebbe alcun potere coercitivo nel caso in cui è pacifico
che sussistono i presupposti dell'OPA obbligatoria (ad es. l'inconfutabilità del superamento
della soglia di controllo da parte di un solo soggetto): in questa situazione sarebbe

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sufficiente, per spingere lo scalatore ad adempiere, la minaccia della perdita dei diritti
amministrativi e patrimoniali ex § 59 WpÜG e la prospettiva di dover presentare un'offerta
maggiorata ex § 38 WpÜG. L'unica situazione in cui sarebbe ammissibile l'intervento della
BaFin è quando risulti particolarmente complicato decifrare se sia stata o meno superata la
soglia di controllo. In questa situazione, infatti, la minaccia delle sanzioni del WpÜG
sarebbe scarsa: i dubbi sull'esistenza dei presupposti oggettivi non consentirebbero di
applicare la sospensione del diritto di voto di cui al § 59 WpÜG né di considerare il
comportamento del(i) soggetto(i) presuntivamente obbligato(i) a lanciare l'OPA come
colpevole, così che non sarebbe possibile comminare neanche la sanzione amministrativa
di cui al § 60 WpÜG. Per ovviare a tale fase di stallo l'imposizione dell'OPA sarebbe la
soluzione ideale perché costringerebbe i(l) presunti(o) controllori(e) a dar prova
dell'assenza dei requisiti che fanno scattare l'offerta obbligatoria
(88) V. a riguardo il caso Mobilcom AG, in cui la BaFin prospettò l'intervento ex imperio per
far lanciare l'OPA, di cui dà notizia Seibt, Rechtsschutz im Übernahmerecht-
Gesellschaftsrechtliche und öffentlichrechtliche Grundsätze, in Gesellschaftsrecht 2003,
Atti dell'RWS Forum, a cura di Henze e Hoffmann-Becking, Colonia, Rws Verlag, 2004,
345
(89) V. Pohlmann, (nt. 68), 6, secondo la quale la legittimità della BaFin di imporre il lancio
di OPA sarebbe in linea con l'art. 17 della direttiva OPA (sanzioni) che non escluderebbe,
per rendere maggiormente efficace la disciplina dell'OPA, l'impiego di rimedi di carattere
amministrativo e civile. V. anche Zschocke e Berresheim, (nt. 86), 306; Ekkenga (nt. 78), §
35, n. 73
(90) La dottrina tedesca esclude la responsabilità della BaFin per le sue scelte rimarcando,
da un lato, che essa agisce solo nell'interesse pubblico (cfr. Schnorbus, (nt. 67), 663, che
sottolinea che il § 4 WpÜG non può contemporaneamente accordare protezione per i diritti
soggettivi privati e negarla per i diritti soggettivi pubblici) e richiamando, dall'altro lato, i
precedenti casi in cui il legislatore, proprio in ambito di responsabilità delle autorità di
vigilanza, è intervenuto per sancire l'inesistenza di alcun diritto dei privati ad agire contro
tali soggetti pubblici. A metà degli anni '80 del secolo scorso, infatti, a fronte
dell'orientamento del BGH che aveva affermato la responsabilità dell'autorità per il controllo
del sistema creditizio per la mancata vigilanza sulla stabilità degli istituti di credito da cui
erano derivati danni ai correntisti (v. BGH, 15 febbraio, 1979-III ZR 108/76 (Wetterstein),
BGHZ, 74, 144; BGH, 12 luglio 1979, III ZR 154/77 (Herstatt), BGHZ 75, 120), il legislatore
reagì stabilendo l'irresponsabilità dell'autorità suddetta (v. la terza novella del 20 dicembre
1984 al Kreditwesengesetz (BGBl. I, 1693. La riforma è stata poi considerata conforme al
Trattato dalla CGCE: v. CGCE, 12 ottobre 2004, C-22/02, ZIP, 2004, 2039). Il motivo alla
base dell'orientamento che nega la responsabilità della BaFin consiste nell'evitare che la
medesima, per paura delle cause di risarcimento per negligente vigilanza in cui potrebbe
essere coinvolta, adotti un atteggiamento rigido oltre il necessario che potrebbe paralizzare
il mercato (Cahn, (nt. 67), 286 ss.). La legittimità di tale esclusione non è messa in dubbio
dalla dottrina, atteso che il mancato lancio di OPA non lede alcun diritto tutelato

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direttamente dalla Costituzione, così che il legislatore ha la massima discrezione nel
regolare gli interessi in gioco. È però discusso se il sistema di protezione offerto
dall'ordinamento agli azionisti terzi della società bersaglio sia adeguato: questi, infatti, non
potendo interagire con la BaFin, subiscono passivamente le sue decisioni: v. Cahn, (nt.
67), 295 ss che sostiene, isolatamente, la legittimità degli azionisti di minoranza ad
intervenire nel procedimento amministrativo di fronte alla BaFin)
(91) Beaufort Palmer-Morse, Palmer's Company Law, 25th ed., Sweet & Maxwell, London,
1992, 12113. La rule venne adottata in seguito al verificarsi del caso riguardante il
rastrellamento di azioni Venesta International da parte di David Rowland; cfr. Armour-Skeel
Jr., Who writes the rules for hostile takeovers, and why? - The peculiar divergence of US
and UK takeover regulation, Centre for Business Research, University of Cambridge,
Working paper No. 331, September 2006, 40.Attualmente, in seguito al recepimento della
Direttiva OPA, si prevede (R. 9.1 del Takeover Code) che chiunque, anche in concerto con
altri, abbia acquistato il 30% o più dei diritti di voto o chi, avendo tra il 30 ed il 50% degli
stessi, abbia acquistato nell'arco di 12 mesi l'1% in più, debba annunciare immediatamente
l'intenzione (R. 2.2 e 7.1) di acquistare la totalità delle azioni presenti sul mercato al prezzo
più alto pagato nei 12 mesi precedenti l'annuncio (R. 9.5) e depositare il documento
d'offerta entro 28 giorni (R. 30.1)
(92) Takeover Code, Introduction, 2a) Nature and purpose of the Code: ''The Code is
designed principally to ensure that shareholders are treated fairly and are not denied an
opportunity to decide on the merits of a takeover and that shareholders of the same class
are afforded equivalent treatment by an offeror. The Code also provides an orderly
framework within which takeovers are conducted. In addition, it is designed to promote, in
conjunction with other regulatory regimes, the integrity of the financial markets. [...]''
(93) Takeover Code, General Principles, No. 1: ''All holders of the securities of an offeree
company of the same class must be afforded equivalent treatment; moreover, if a person
acquires control of a company, the other holders of securities must be protected''
(94) Beaufort Palmer-Morse, (nt. 91), 12113; Shea, Regulation of Takeovers in the United
Kingdom, 16 Brook. J. Int'l L. 89, 1990, 97 s.; Hurst, The Regulation of Tender Offers in the
United States and the United Kingdom: Self-Regulation Versus Legal Regulation, 12 N. C.
J. Int'l L. & Com. Reg. 389, 1987, 400 e 411; Armour-Skeel Jr., (nt. 91), 38; Morse, Offeror
not able to fund mandatory cash bid, Journal of Business Law, 1986, 409, 410. Cfr. ora in
materia di enforcement da parte del Panel la Section 10 dell'introduzione al Takeover Code
(A19)
(95) Cfr. Anche il noto St. Piran affair, Journal of Business Law, 1980, 270 e 358. Il sig.
Roper, titolare di un pacchetto rappresentante il 34% delle azioni ordinarie St. Piran ad
esito di una controversia (marzo 1974), era stato autorizzato dal Panel ad alienare le azioni
eccedenti il 30% a terzi ma anni dopo il Panel scoprì l'esistenza di un concerto tra il sig.
Roper ed altre società (tra le quali Gasco Investements Ltd.) in prevalenza extraterritoriali
acquirenti di rilevanti partecipazioni in St. Piran. Nonostante le pressioni del Panel, Gasco
e Roper rifiutarono di lanciare un'offerta totalitaria e continuarono ad esercitare i diritti di

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voto spettanti ed il Panel si ritrovò costretto, come ultimo tentativo, ad usare l'arma del
congelamento delle azioni St. Piran sullo Stock Exchange e la sospensione dei servizi
forniti sul mercato alle società coinvolte. La vicenda si complicò maggiormente con un
ulteriore tentativo di aggiramento della R. 9 da parte della St. Piran nell'ambito di
un'operazione di takeover nei confronti della Westminster Property Group plc e si concluse
solo nel 1983 con le scuse e l'adempimento degli obblighi da parte dell'esecutivo della
società (vedi in seguito, nt. 101). Su tale tipo di sanzione: Beaufort Palmer-Morse, (nt. 91),
12086 e 12090; Shea, (nt. 94), 93; Armour-Skeel Jr., (nt. 91), 38. Cfr. ora Takeover Code,
Introduction, Section 11 (A20), Disciplinary powers. La misura in questione, ad ogni modo,
sembra colpire maggiormente gli azionisti della società sanzionata che quest'ultima e,
inoltre, rimane aperta la questione della modalità di tutela degli azionisti di minoranza della
società bersaglio nel caso in cui subiscano comunque un danno: cfr. Rider, Self-
Regulation: the British Approach to Policing Conduct in the Securities Business, with
Particular Reference to the Role of the City Panel on Take-Overs and Mergers in the
Regulation of Insider Trading, in J. Comp. Corp. L. & Sec. Reg. 319, 1978, 335; Morse,
Journal of Business Law, 1974, 312; Hurst, (nt. 94), 411; Morse, Attempting to enforce a
mandatory bid, Journal of Business Law, 1980, 358
(96) Caso St. Martins/Hay's Wharf, 5 aprile 1974 in Journal of Business Law, 1974, 312
(97) Ashbourne Investement Ltd, Journal of Business Law, 44, 1975 e Journal of Business
Law, 1976, 259
(98) Attualmente il Code stabilisce che, senza l'autorizzazione del Panel, nessun soggetto
può essere nominato dall'offerente e dagli eventuali concertisti nel cda della società
bersaglio né questi ultimi possono esercitare qualunque diritto di voto fino al deposito del
documento d'offerta (R. 9.7)
(99) Orme Developments Ltd - St. Piran Ltd. 1979, Journal of Business Law 48; St. Piran
affair, Journal of Business Law, 1980, 270; The Takeover Panel, British
Telecommunications Plc offer for Plusnet plc, 12 febbraio 2007.Nel vigente City Code, la
Nota No. 4 alla R. 9.7 permette a chi incorra inavvertitamente nell'obbligo di cui alla R. 9 di
non lanciare l'offerta purché alieni in un certo tempo un sufficiente numero di azioni a
favore di soggetti non collegati, in modo che la percentuale di azioni detenute
residualmente sia inferiore al 30% e l'operazione sia giudicata soddisfacente dal Panel
(100) Inoco plc - Petranol plc, Journal of Business Law, 1986, 409
(101) Westminster Property Group plc (19 agosto 1983), Journal of Business Law, 1983,
491
(102) Attualmente la Note No. 10 alla R. 9 del Takeover Code considera rilevanti ai fini
dell'applicazione della medesima rule non tanto l'acquisto di opzioni su azioni con diritto di
voto, ma l'esercizio del diritto di opzione
(103) Morse, Implementing the thirteen EC Directive - the end of self-regulation in form
only, Journal of Business Law, 2005, 403; Armour-Skeel Jr., (nt. 91), 17 e 68
(104) Cfr. Section 143 del Financial Services and Market Act 2000

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(105) Ex parte Datafin, Journal of Business Law, 1987, 142. Cfr. in senso critico, pur in
altro contesto, Ogowewo, Tactical Litigation in Takeover Contests, Journal of Business
Law, 2007, 589 (in particolare 611)
(106) Cfr. anche le Explanatory Notes al Companies Act 2006 (in particolare nn. 1211-
1213)
(107) Explanatory Notes (1210); Takeover Code, Introduction, Section 10 (A19), lett. C)
(108) Morse, Detailed proposals integrating the use of derivatives into the control issues of
City Code - new category of recognised intermediary, Journal of Business Law, 2006, 237
(in particolare 244)
(109) Regina v. Panel on Take-overs & Mergers, ex parte Guinness plc, W.L.R., 1989, 863
(C.A.)
(110) Hurst, (nt. 94), 409 s; Shea, (nt. 94), 95
(111) Cfr. le decisioni del Panel: Lesco World Trade Company (UK) Ltd for Pergamon
Press Ltd, 27 agosto 1969; Combined English Stores Group Limited/David Grief Limited;
Wm Low and Co. plc for Budgens plc, 1 agosto 1989; Offer by WPP Group Plc for Tempus
Group Plc, 6 novembre 2001
(112) Morse, Withdrawing a proposed offer - liability of the offeror and its adviser under
GP3, Journal of Business Law, 1990, 70
(113) Inoltre, mentre l'obbligo di procedere all'offerta una volta annunciatane l'intenzione
mira a tutelare più direttamente i singoli azionisti (oltre al mercato), il dovere di comunicare
l'intenzione di lanciare l'offerta quando ve ne siano le premesse sembra primariamente
volto a eliminare dal mercato le fluttuazioni dovute a incertezze e rumors sul mercato
(114) Clause 956 Companies Act: ''No action for breach of statutory duty etc - 1.
Contravention of a rule-based requirement or a disclosure requirement does not give rise
to any right of action for breach of statutory duty. 2. Contravention of a rule-based
requirement does not make any transaction void or unenforceable or (subject to any
provision made by rules) affect the validity of any other thing. [...]''; cfr. anche Explanatory
Notes n. 1177-1178 e clause 631 Company Law Reform Bill. Ad ogni modo, se anche non
fosse stato espressamente escluso, difficilmente l'azionista deluso avrebbe potuto agire
per il risarcimento dei danni sulla base della cause of action per breach of statutory duty, in
quanto, qualora tale cause of action non sia riconosciuta dalla legge in modo espresso, è
necessario che la legge imponga un dovere con la finalità di proteggere una particolare
classe della quale l'attore fa parte, che la ratio della legge sia quella di conferire il diritto di
agire in questione, che il danno subito sia di un tipo previsto dalla legge (tradizionalmente
limitati ai danni alla persona, esclusi quindi i danni puramente economici) e che via sia un
collegamento causale tra la violazione ed il danno. Cfr. per gli illeciti in campo finanziario,
McMeel-Virgo, Financial advice and financial products - Law and liability, 2001 Oxford
University Press, 185 s. Non vi è purtroppo spazio a sufficienza per affrontare la
problematica attinente la configurabilità di una cause of action per negligence (per la quale,
nell'ambito dei torts (fatti illeciti) ed in caso di danni meramente patrimoniali, è necessaria
la ragionevole prevedibilità del danno, la ragionevole esistenza di un obbligo di diligenza in

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capo al convenuto - justice and reasonableness - ed un sufficiente contatto - proximity - fra
le parti) o misrepresentation. Cfr. sul punto McMeel-Virgo, citato supra e Dunnö, (nt. 28).
Cfr. Anche Morse, Implementing..., (nt. 103), 406; Armour-Skeel Jr., (nt. 91), 69
(115) Clause 961 Companies Act e Explanatory Notes nn. 1177 e 1221-1223. Sul punto
vedi infra § 6
(116) In materia di OPA obbligatoria (compresa l'ipotesi di excès de vitesse d'acquisition
ed i casi di deroga all'obbligo su autorizzazione dell'AMF tra i quali compare anche la
fusione) e garantie de cours in Francia: Viandier, OPA/OPE et autres offres publiques, Ed.
Francis Lefebvre, 2006; De Vauplane-Bornet, Droit des marchés financiers, Litec, 1998; De
Vauplane, La procédure de garantie de cours, BJB 1999, 1, 44; Peltier-Martin Laprade,
Directive 2004/25/CE du 21 avril 2004 relative aux OPA ou l'encadrement par le droit
communautaire du changement de contrôle d'une societé cotée, BJB, 2004, 5, 611;
Douvreleur-Uzan, Projet de modification du règlement général de l'Autorité des marchés
financiers, BJB, 2006, 3, 275
(117) La prima applicazione di tale sanzione (quando non era ancora prevista nel Codice
ma nell'art. 22-1 della legge del 2 luglio 1996) si è avuta con un avis del CMF (ora AMF)
del 6 novembre 1998 (Sté Olipar, Bull. Joly Bourse 1998, 885 e RTD com. 52, 1, 1999) con
il quale si è constatata la sussistenza della sanzione di congelamento dei voti, avendo la
società Olipar superato la soglia dei due terzi dei diritti di voto nella società Lucia e
presentato un documento d'offerta ritenuto irricevibile senza peraltro ricadere nei casi di
esclusione dell'obbligo
(118) Art. L. 235-2-1: ''Les délibérations prises en violation des dispositions régissant les
droits de vote attachés aux actions peuvent être annulées''. Cfr. Viandier, (nt. 116), 284 n.
1762. In passato era invece discusso se l'esercizio del diritto di voto sospeso per
violazione dell'obbligo di OPA determinasse o meno la nullità della delibera in quanto tale
conseguenza non era stata espressamente indicata e la nullità avrebbe potuto derivare
esclusivamente dalla violazione di regole imperative contenute nel Code de Commerce
(similmente nel sistema ancora antecedente, in base all'art. 360 della legge 24 luglio 1966,
la nullità, in mancanza di una disposizione apposita, poteva conseguire solo alle violazioni
di disposizioni imperative contenute nella medesima legge). A favore dell'ipotesi della
nullità, De Vauplane-Bornet, (nt. 116), 676 n. 791; contra, Viandier, OPA OPE et autres
offres publiques, Ed. Francis Lefebvre, 1999, 300 n. 1762. Cfr. sul punto anche Daigre,
L'injonction de déposer une offre publique sur une société in bonis, BJB 2006, 163 n. 41
(119) Cfr., a favore del potere di ingiunzione diretta da parte dell'AMF in caso di omesso
lancio di OPA obbligatoria, Rontchevsky, Injonction à une personne physique de déposer
un projet d'offre publique visant la totalité du capital et des titres donnant accès au capital
ou aux droits de vote d'une société cotée: réflexions sur le pouvoir d'injonction du juge
judiciaire en matière d'offre publique, RTD com., 2006, 1, 151. Contra, Viandier, (nt. 116),
1767, 286, il quale nega che l'omissione in questione possa essere qualificata come
''pratique'' ai sensi dell'art. L. 621-14, 2° comma del Code mon. et fin. (su cui vedi infra nel
testo e nt. 120). Con riferimento invece alla procedura di garantie de cours, per

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l'inadempimento alla quale non erano previste espressamente sanzioni, cfr. Viandier, ed.
1999, (nt. 118), 397 e Id., (nt. 116), n. 2433, 407, il quale ammette in tal caso (in presenza
di violazione della disciplina di garantie de cours) la sussistenza del potere di ingiunzione
diretta da parte dell'AMF constituendo il rifiuto dell'acquirente una pratica contraria alle
disposizioni regolamentari e suscettibile di arrecare danno ai risparmiatori ai sensi dell'art.
L 621 - 14
(120) Per l'ingiunzione di eseguire un obbligo di garantie de cours e la condanna al
pagamento degli interessi legali connessi al ritardo nella procedura: caso Sté H. Finance et
Participations c/ COB et CBV (conosciuto anche come affair Hubert dal nome dei
cessionari del pacchetto di controllo), ordinanza Président Tribunal Grande Instance de
Paris, 5 agosto 1994, in JCP, 1994, 623, nota di Viandier e in Dr. Sociétés 1994, n. 209,
nota di Hovasse; confermata in secondo grado da Cour d'Appel de Paris, 18 settembre
1995, in BJB, 1995, 511, nota di Le Cannu e in ultima istanza da Cass. comm., 24 febbraio
1998, n. 568, in BJB, 1998, 474, nota di De Nayer.La disposizione in esame è stata
modificata nel 2003 (L. 1 agosto 2003 n. 706) e nel 2005 (L. 26 luglio 2005 n. 842)
attraverso un cambiamento di numerazione (l'articolo è ora L. 621-14) e una formulazione
più ampia che rafforza maggiormente il potere d'ingiunzione dell'AMF. Cfr. Art. L-621-14:
''I. Le collège peut, après avoir mis la personne concernée en mesure de présenter ses
explications, ordonner qu'il soit mis fin, en France et à l'étranger, aux manquements aux
obligations résultant des dispositions législatives ou réglementaires ou des règles
professionnelles visant à protéger les investisseurs contre les opérations d'initiés, les
manipulations de cours et la diffusion de fausses informations, ou à tout autre
manquement de nature à porter atteinte à la protection des investisseurs ou au bon
fonctionnement du marché. Ces décisions peuvent être rendues publiques. [...]. II. Le
président de l'Autorité des marchés financiers peut demander en justice qu'il soit ordonné à
la personne qui est responsable de la pratique relevée de se conformer aux dispositions
législatives ou réglementaires, de mettre fin à l'irrégularité ou d'en supprimer les effets. La
demande est pertée devant le président du tribunal de grande instance de Paris qui statue
en la forme des référés et dont la décision est exécutoire par provision. Il peut prendre,
même d'office, toute mesure conservatoire et pronuncer pour l'exécution de son
ordonnance une astreinte versée au Trésor public [...]''
(121) CA Paris, 1re Ch., 13 settembre 2005 n. 04058, Adam c/ Sté Hyparlo et autres in
RTD com., 2005, 4, 799, nota di Ronctchevsky; RD bancaire et fin. 2005, 5, 35, n. 191,
nota di Couret; BJB 2005, 6, 735, n. 177, nota di Bucher; BJS 2005, 12, n. 301, 1380, nota
di Schmidt e Delespaul; Dr. Sociétés 2006, 29, nota di Bonneau
(122) L'articolo in questione impone l'obbligo di lanciare un'OPA totalitaria anche nel caso
di controllo indiretto (che si verifica quando una società detiene più di un terzo del capitale
o dei diritto di voto di un'altra società e ciò rappresenta una parte essenziale dell'attivo)
qualora una persona acquisti il controllo della società detentrice o un gruppo di concertisti
prenda il controllo della società detentrice salvo il caso in cui una o più delle persone del
gruppo disponessero già del controllo, restino predominanti e l'equilibrio delle

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partecipazioni non risulti modificato. Sul tema cfr. Viandier, (nt. 116), 1410 s., 232 s. (action
de concert) e 1595 s., 261 s. (mise en concert sans changement significatif)
(123) Cfr. le riflessioni in merito al rapporto tra competenze dell'autorità giudiziale e
dell'AMF in Schmidt-Delespaul, Controle conjoint et injonction de depôt d'une offre
publique, BJS, 2005, 12, n. 301, 1385 (a favore di ampia discrezionalità e poteri coincidenti
per ambito a quelli dell'AMF) e Daigre, (2006), (nt. 118), 164. Contra Rontchevsky, (nt.
119), 155
(124) Ordinanza TGI Paris 13 luglio 2005, inedita; confermata da CA Paris 14e ch. 19
ottobre 2005 n. 54287 in BJB 2006, n. 41, 159 e RTD com., 2006, 1, 151
(125) Oltre ai casi precedentemente menzionati, cfr. in materia di mancato lancio di offerta
pubblica di retrait (corrispondente alla nostra OPA residuale) T. com. Paris 15 maggio
2000, Sté Viel & Cie Finances c/Sté Parfival in JCP 2000, 1214; RTD com. 2001, 1, 187;
CA Paris 5 febbraio 2002 n. 16591, SA Parfival c/ Sté Viel & Cie Finance in RTD com.
2002, 2, 344
(126) Viandier, OPA OPE, (nt. 118), n. 1765, 301; n. 2431, 395 e Id., (nt. 116), 1768, 287;
2431, 407; Daigre, (nt. 118), 165
(127) Appello Parigi 15 gennaio 1992 in Gaz. Pal. 1992, 293, nota di Marchi e Cass. Crim.,
15 marzo 1993, in Banque et droit, 1992, 32, 22, nota di Peltier. Alcuni autori (Dolidon, La
diffusion d'informations prévisionnelles inexactes, fait générateur de responsabilité civile
des émetteurs, in BJB, 2004, 89, 472, in particolare 476-477 e Peltier, Délit d'initié,
personne morale extension de la condamnation aux dirigents sociaux, diffusion
d'informations fausses ou trompeuses, complicité du banquier, réparation du prejudice, in
Banque et Droit, 1993, 32, 22) giustificano tale posizione restrittiva della giurisprudenza
con l'argomento che il danno sarebbe certo solo una volta rivenduti i titoli ma affermano la
risarcibilità, a favore di chi abbia conservato i titoli senza alienarli, della perdita di chance di
acquistare i titoli ad un prezzo inferiore o semplicemente di acquistarli. Sul punto e sul
nuovo orientamento (affaires Sidel, Gaudriot e Pfeiffer) che si contrappone al precedente
riconoscendo la sussistenza, anche in capo a chi abbia mantenuto i titoli, di una perdita di
chance di aver potuto investire in altro modo i propri risparmi cfr. TGI Parigi 11e ch, 27
febbraio 1998 in BJS, 1998, 925, n. 291, nota di Rontchevsky; Dezeuze, Affaire Sidel:
divers aspects de l'action publique et de l'acton civile relatives aux délits d'initiés, de
diffusion d'information trompeuse et de présentation de comptes infidèles, in Bulletin Joly
Borse (BJB), 2007, Janvier-Février, §4, 49 (in particolare 61); Dolidon, La diffusion
d'informations prévisionelles inexactes, fait générateur de responsabilité civile des
émetteurs, in Bulletin Joly Borse (BJB), Juillet-Août 2004, § 89, 472 (in particolare 476 s.);
Pietrancosta, Délits boursiers: la réparation du préjudice subi par l'investisseur, Revue
Trimestrielle de Droit Financier 2007, 3, 21
(128) Si immagini l'ipotesi in cui, quando viene acquistato il controllo di una società, il titolo
valga 5 ed il prezzo d'OPA sia 9. Poniamo che il concerto sia scoperto dopo sei mesi: la
quotazione del titolo potrebbe essere invariata, aumentata, diminuita. Se non vi è
differenza, il rimedio dell'OPA tardiva protegge gli azionisti di minoranza come quello del

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risarcimento del danno, in quanto per l'azionista è indifferente ricevere la differenza fra il
prezzo d'OPA ed il valore del titolo (9-5=4) mantenendo la proprietà delle azioni (5) ovvero
aderire all'OPA tardiva (9): in entrambi i casi incasserebbe (il controvalore sarebbe) 9. Se il
valore del titolo è aumentato (assumiamo a 8, così che il valore totale è 12: 8 come prezzo
di borsa + 4 come prezzo di OPA), si pone il problema di capire se il prezzo dell'OPA
tardiva non possa che rimanere a 9 (ed allora lo scalatore offrirebbe 9 per un'azione che in
realtà vale 12, così che nessun azionista aderirebbe) ovvero debba essere aumentato a 12
ed incorporare il prezzo attuale delle azioni. In questa situazione il risarcimento del danno
risulta essere una soluzione più semplice, perché l'azionista mantiene il titolo (valore 8) ed
incassa 4 come risarcimento. Invece, se il valore del titolo scende (assumiamo a 3), si
verifica l'opposto di quanto descritto nell'esempio precedente. Il risarcimento del danno per
il mancato lancio di OPA (4) fa raggiungere all'azionista un valore pari a 7, con la perdita
quindi di 2. Gli azionisti di minoranza per recuperare il deprezzamento del titolo dovranno
dimostrare che esso è imputabile causalmente agli scalatori - il che è sicuramente
complicato e costoso - ovvero confidare nell'accoglimento di soluzioni poco convincenti
come quella dell'affidamento prospettata dalla Corte d'appello di Milano. L'OPA tardiva,
invece, salvaguarderebbe gli azionisti di minoranza, che - si presume - aderirebbero in
massa ad un'offerta di valore pari a 9. Il problema di questo rimedio però è che in questo
caso la diminuzione di valore del titolo sarebbe accollata allo scalatore come responsabilità
oggettiva

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26/07/2021
PARTHENOPE 2021

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