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LA STORIA DI TREVISO e dintorni,

all’ombra del Leone. Gli zattieri del Piave,


morti per San Marco.
16 marzo 2016 di Millo Bozzolan
Di Pierluigi Ceccon
Dominium Venetum Religione Legge Iustitia Republica Conservat . Charitate Amore Pietate
Subditos. MDLXVI
La Repubblica conserva Il Dominio Veneto con la Religione, la Legge, la Giustizia, i Sudditi con la
Carità, l’Amore, la Pietà. 1566

Treviso dopo Oderzo e Montebelluna era una delle più importanti città del territorio centrale dei
Veneti Antichi, situata tra le due rive della Piave (all’epoca la Piave si divideva in due rami prima
del Montello), del Sile e del Cagnan. Il territorio viveva prospera di commerci e famose erano le sue
fabbriche di spade Venete. I Veneti Antichi si stanziarono negli attuali territori già dal XV° secolo
a.C.
Nel I° secolo A.C. divenne parte dell’impero Romano essendo parte della X Regio Venetia et
Histria.
Alla caduta dell’impero Romano d’Occidente la città si vide assoggettata da vari invasori, dai Goti
(il loro grande re, Totila, nacque proprio qui), i Bizantini. I Longobardi, più tardi, stanziarono una
zecca nella città entrata a far parte del loro territorio, mentre successivamente il trevigiano passò
indenne il periodo dell’arrivo degli Unni.
Treviso comunque dal 1176 al 1319 (con due brevi pause, dal 1239-59, fu Signoria dei Da Romano
e poi 1283-1312 dei da Camino) divenne una città-stato, essa si diede degli statuti per conservare la
sua indipendenza, ma nel 1313 dovette affrontare in un’ impari lotta con Cangrande della Scala,
Signore di Verona.
Dopo varie lotte tra Signori di opposte fazioni e dominazioni straniere il 2 Dicembre 1338 le truppe
della Serenissima entrarono nella città del Sile. Treviso fu la primogenita del futuro “Stato de tera”
e fu nello stesso tempo anche la più fedele dimostrandosi baluardo indistruttibile della Veneticità.
Lo si poté constatare qualche anno dopo quando i Trevigiani (l’11 Febbraio 1344) non vollero
essere considerati sottomessi contro la loro volontà dai fratelli Veneziani per conquista armata
(come fecero Scaligeri e Austriaci) e per questo con atto pubblico essi si dichiararono: riconoscenti
a Venezia per la materna opera sua e con una unanime deliberazione del consiglio dei Trecento, le
cedettero spontaneamente la città, i castelli, i beni, le regioni e le giurisdizioni. Il periodo di pace
durò poco e nel 1381-84 dopo lungo assedio fu conquistata dagli Austriaci, i quali la vendettero alla
signoria dei Francesco da Carrara (1384-88). Ma i Trevigiani non ci stettero e desiderando il ritorno
del buon governo Veneto insorsero al grido di: “Viva il popolo di Treviso e muoia il Carrarese che
ci ha sempre derubato!”
La sommossa ebbe come epicentro la piazza del Carbuio, l’attuale piazza dei Signori, ed il 29
Novembre 1388 migliaia di insorti provenienti dalla campagna trevigiana e dalla laguna veneta
gridavano per le strade: “Vivat Beatus Evangelista Noster Sanctus Marcus Venetus” (Viva il Beato
Evangelista, il nostro San Marco Veneto). Si formò subito un governo provvisorio e, cacciato
Francesco il Vecchio da Carrara, si diedero spontaneamente alla Repubblica Veneta; tale dominio

durò fino al tragico 1797.


Quindici giorni più tardi il 13 Dicembre i Veneziani rientrarono a Treviso e da quel momento il 30
Novembre, festa di San Andrea e il 13 Dicembre, festa di Santa Lucia divennero Feste Patrie. Una
processione laica partiva col Podestà da piazza del Carbuio, e un’altra religiosa, col Vescovo,
partiva dal Duomo per incontrarsi alla Messa solenne nella chiesa di S. Lucia.
Per più di cento anni la città di Treviso visse in pace sotto la protezione del Leone Alato. Ma dopo
la sconfitta dell’Armata Veneta ad Agnadello il 14 Maggio 1509 contro la Lega di Cambray che
puntava all’annientamento dell’invidiata Repubblica Veneta e la scomunica di Giulio II, si assistette
al dilagare della coalizione composta dai monarchi Europei nel territorio Marciano (Massimiliano
d’Asburgo per l’Austria, Luigi XII per la Francia, Ferdinando il Cattolico per la Spagna, ed il Papa
Giulio II).
I Trevigiani si prepararono alla battaglia nonostante che il governo Veneto avesse dato
l’autorizzazione alle varie città del Stato de Terra di arrendersi al nemico. Il popolo di Treviso da
sempre fedele al governo Veneto bloccò il podestà Gerolamo Marino che stava per abbandonare la
città per recarsi a Venezia.
Il Senato Veneziano decise così di fortificare Treviso per affrontare l’urto finale della Lega
nominando Fra Giocondo da Verona progettista delle difese della città. Successivamente il tempo il
progetto passò in mano al Bartolomeo D’Aviano, già comandante dell’Esercito Veneto (vedi
epigrafe in porta Santi XL Treviso) visto che il Frate tardava nel compire la sua opera.
L’esercito della Lega incombeva nelle pianure trevigiane, dopo aver abbandonato la conquista della
città di Padova, Francesi e Austriaci si riunivano in un unico comando affidato a Chambanèes de la
Palisse. Tra il 7 e 15 Ottobre 1511 si ebbe l’attacco decisivo contro la città che si concluse con un
nulla di fatto. Treviso fu salva grazie a vari atti di eroismo del popolo Veneto non ultimo quello che
vide protagonisti i Zattieri della Piave, i quali costretti loro malgrado a trasportare le truppe e
armamenti agli Austriaci che approntavano l’assedio di Treviso, si auto affondarono in una curva
del fiume nel Versante del Montello assieme al nemico. L’atto di eroismo fu premiato dalla
Serenissima con il dono di una medaglia d’oro “con l’impronta di San Marco” ai famigliari e orfani
dei defunti e il riconoscimento di alcune terre. L’orgoglio Veneto nel Trevigiano fece da scudo alla
capitale Venezia e per questo il Maggior Consiglio nello stesso secolo donò ai Trevigiani un Leone
di San Marco ubicato nella zona del portello con su scritto: SAN MARCO CONSERVA LA CITTA’
A TE DEDICATA.

Per quasi trecento anni la città si assopì nel torpore sereno creatosi attorno a lei dal mantello
protettivo della potenza dello Stato Veneto, i vasti territori della Marca Trevigiana non ebbero mai
periodo più fecondo e tranquillo, nemmeno nei secoli avvenire
In questo lasso di tempo le difese delle mura cittadine erano lasciate alla confraternita dei
Bombardieri, tecnici volontari specializzati nell’uso dei cannoni e di tutte le armi da fuoco; ogni
tanto veniva levato un bando a sorteggio per mandarli a combattere nelle fortezze Venete d’Oriente
o imbarcarli nelle navi Venete. Da segnalare che una volta all’anno al Lido di Venezia accorrevano
da tutto il Dominio Veneto i Bombisti per gareggiare tra di loro e per parecchi anni i Trevigiani
primeggiarono in queste competizioni.
Nota di una certa importanza fu il passaggio all’inizio del secolo XVIII° del Generale In Capite
Johann Matthias Graf Von Schulenburg , intento ad ispezionava le fortezze Venete del dominio de
Tera, dopo averne ricevuto l’incarico dal Governo Veneto (SS.EE. von Schulenburg era il miglior
comandante dell’epoca in Europa, e la Serenissima Repubblica di Venezia non badò a spese per il
suo ingaggio ne per la sue difese).
I Bombisti Trevigiani non si fecero trovare impreparati e quando all’altezza di San Trovaso, dove vi
era un presidio di controllo, lo videro avanzare, segnalarono il contatto con un lancio di fuochi
illuminanti che visti dai Bombardieri dentro la città fece scattare il piano di difesa delle mure
cittadine. Il Generale vista l’eccellente e rapida preparazione nell’approntare un’eventuale attacco,
proseguì nel suo viaggio verso le altre città murate del Veneto, notando nel suo rapporto come la
provincia di Treviso fosse ben difesa dai propri volontari.
Ma questo qualche decennio più tardi non bastò a fermare l’orda Napoleonica, Treviso si trovò
costretta a rispettare il patto di neutralità che la Serenissima aveva stipulato con il brigante corso.
Nel 1797 le torme Francesi compivano delitti di ogni genere e taglieggiavano tutto il territorio
chiedendo soldi e risorse di ogni genere per la loro guerra contro l’Austria. A mo’ di esempio, ad
Asolo furono fucilati e poi impiccati sul colle di Ca’Soderini a cinque padri di famiglia che si
rifiutavano di dare vivande e foraggi ai banditi di Napoleone.
lo stesso Bonaparte intimò personalmente al Provveditore Straordinario N.H. Angelo Giustinian
Recanati, di allontanarsi dalla città di Treviso stufo di le angherie e dei soprusi che aveva
precedentemente sopportato, come impostogli dal Senato Veneto, tutte quelle inventive, si staccò la
spada dal fianco e la porse al Bonaparte, dicendogli che si offriva in ostaggio per la Repubblica, a
garanzia della lealtà e buona fede del suo governo, e che, se il generale voleva sangue, egli era
pronto a offrire il proprio per la salvezza della Patria. Di fronte a un comportamento, , virile e
risoluto, Bonaparte, restituì la spada al Giustinian e gli permise di andare a Venezia a informare
personalmente il Senato delle sue richieste.
A ricordo di questo esempio di amore patrio nel 1905 l’associazione Tarvisium-Venetiae fece porre
sotto il portico della casa Giacomelli in via S.Angostino un lapide che porta scritto:
“Il N.H. Angelo Giustinian Recanati, Provveditore Straordinario/ Qui, nel giorno 2 Maggio 1797,
al cospetto di Bonaparte invasore/ Difese imperterrito nel nome di San Marco, il sacro nome della
Patria.”
Da quei giorni per Treviso, come per il tutto il territorio Veneto, ci furono soltanto carestie e disastri
di ogni genere, aumentati con l’annessione nel 1866 al regno italico dei Savoia; da questo periodo
iniziò la prima diaspora Veneta per il mondo. foto 2 e 3: parata per la commemorazione della
dedizione.

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