Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
" - documento n 1
componenti della comunit israelitica, mostratasi favorevole ai francesi, finch sono fermate da
alcuni esponenti del patriziato locale.
Nel pomeriggio del 7 luglio circa tremila insorti, guidati da Wyndham e Lorenzo Mari, vecchio
ufficiale dei dragoni di Toscana divenuto comandante degl'insorgenti di Montevarchi, fanno il loro
ingresso in Firenze, preceduti da un frate zoccolante con una grande croce. A essi si aggiungono
altri reparti aretini provenienti da Pontassieve e alcuni squadroni di cavalleria austro-russa. Gli
austriaci, intervenuti in forze il giorno 20, assumono progressivamente il controllo dei centri
occupati dagl'insorti, con i quali nascono presto non pochi attriti. Fra i personaggi fiorentini subito
tradotti in carcere dai contro-rivoluzionari vi pure mons. Scipione de' Ricci (1741-1810), vescovo
di Pistoia e di Prato, il maggior esponente del giansenismo italiano.
Anche nella Toscana Occidentale i francesi e i giacobini locali vengono ovunque battuti. Il 17 luglio
le truppe rivoluzionarie sgombrano Livorno, mentre in Maremma i contingenti di Volterra, guidati
dai fratelli Curzio e Marcello Inghirami, cacciano i francesi e risollevano le insegne granducali.
Dopo alcuni giorni di assedio, gli aretini, insieme a reparti dell'area del Trasimeno e dell'alta valle
del Tevere, entrano a Perugia nella notte fra il 3 e il 4 agosto, e il 31 si arrende anche l'ultimo
baluardo giacobino in citt, cio la Rocca Paolina. Arezzo, in quanto centro militare ed economico
dell'insorgenza, diventa la capitale effettiva del Granducato e la Suprema Deputazione continua a
governare il paese anche dopo che il sovrano ha affidato in sua assenza il governo della Toscana al
Senato fiorentino dei Quarantotto. Nella conflittualit insorta con il Senato, titolare del potere
legale, la Deputazione ha, in un primo momento, la meglio, mantenendo il controllo del territorio e
riorganizzando le proprie bande e quelle delle citt alleate in un'"armata austro-aretina", che insegue
l'esercito francese nello Stato Pontificio, dove libera Todi, Assisi, Foligno, Spoleto e Orvieto,
giungendo fino alle porte di Roma. L'inevitabile esaurimento dell'azione militare, a seguito della
ritirata generale dei francesi dall'Italia Centrale, finisce per togliere alla Deputazione le ragioni della
sua forza, consentendo al Senato fiorentino di procedere allo scioglimento prima dell'armata e poi
della stessa Deputazione.
Dietro il governo granducale, l'Austria assume il controllo della Toscana, reprimendo duramente
tutte le attivit giacobine, ma anche emarginando progressivamente gl'insorgenti.
IL TRISTE, MA GLORIOSO EPILOGO
Un motu proprio sovrano del 16 febbraio 1800 riconosce i meriti degli aretini e concede loro
numerosi benefici, ma, quando i francesi tornano in forze in Italia nel maggio del 1800, dopo la
vittoria napoleonica di Marengo, in Lombardia, la difesa del Granducato affidata all'inetto
generale Annibale Sommariva (1755-1829), che presiede la reggenza nominata dal granduca e che
fugge ingloriosamente prima da Firenze e poi da Arezzo.
La resistenza tentata dal marchese Albergotti, il 17 ottobre, in un contesto profondamente mutato
rispetto a quello dell'anno precedente, risulta vana e i francesi si vendicano di Arezzo, rimasta sola.
Gl'insorgenti aretini scrivono le pagine pi belle dell'epopea del Viva Maria, combattendo
eroicamente contro l'invasore, a cui vengono inflitte notevoli perdite. Il giorno dopo, spezzate le
ultime resistenze, i francesi compiono uno sfrenato saccheggio, che prosegue nei giorni successivi.
Bande d'insorti, trasformatisi in guerriglieri, continuano ancora a operare nell'Italia Centrale, ma
ormai l'insorgenza si esaurita.
Fonte: Dizionario del Pensiero Forte
Pubblicato su BastaBugie n.104 dell'11 settembre 2009
ssier sul movimento "Viva Maria!" - documento n 2
I documenti lo confermano
I fatti di Siena. Siena fu lunica citt della Toscana che accolse con un certo ottimismo larrivo dei
francesi. Perfino lArcivescovo Zondadari partecip, con la coccarda tricolore, allinnalzamento
dellalbero della libert. In due mesi la ricca citt venne spogliata dei suoi beni; tutto quanto era
trasportabile fu portato via: tonnellate di denaro pubblico e privato, argenteria delle Chiese, etc. Il
grano sal a 12 lire lo staio, cifra per la quale Arezzo il 18 aprile 1795 era insorta contro Firenze.
Alle speranze iniziali in Siena subentr perci la pi profonda delusione e un grande risentimento
contro la nuova amministrazione, che i francesi avevano affidato al Commissario Abram, un ebreo
di origine francese. Pi apertamente che altrove qui gli ebrei parteggiarono per i nuovi arrivati, e i
francesi favorirono apertamente gli ebrei anche a discapito dei cristiani. Lo affermano con tutta
chiarezza i popolani che assaltarono il Ghetto, come motivazione del loro gesto: La nazione ebrea
la quale notorio ricevesse dai Francesi in occasione della loro invasione delle distinzioni e
parzialit superiori a molti meritevoli soggetti cattolici (14).
Tutti gli inquisiti e i condannati per lassalto al Ghetto ebraico furono senesi, chiamati anche con il
loro soprannome, specialmente un certo giovinotto di capello rosso che fu quello che con laccetta
atterr la porta di una casa del Ghetto: era Lorenzo Regoli, detto il Rosso; insieme a lui cera Luigi
Guerrini ed altri popolani (15). I nomi dei condannati sono, oltre ai gi nominati, Assunto Provedi,
Pietro Trinci, che uccise due ebrei, Servi Isacco, Moranti Giovanni, ecc., tutti senesi.
I fatti avvennero nelloccasione dellingresso in questa stessa citt delle Truppe Aretine (16). La
plebaglia approfitt della confusione e della fuga dei francesi in Fortezza per vendicarsi, assaltando
il Ghetto al grido di soldi, soldi, quattrini, quattrini (e non Viva Maria !!!).
I capitani aretini, accortisi di quanto stava succedendo, misero sentinelle al ghetto per evitare
ulteriori crimini (17) e si cerc perfino di recuperare la refurtiva per restituirla ai danneggiati (18);
refurtiva che fu trovata anche ad Asciano.
In un fascicolo dellarchivio senese si trova la proposta di una benemerenza per il Capitano Antonio
Panzieri, Tenente della Truppa Aretina, che venne in Siena il d 28 giugno per scacciare i Francesi
da questa citt, si sempre portato onestamente da Ufficiale donore, non avendo mai dato da dire
n pensare la minima cosa contraria ad un vero cattolico ed onestissimo ufficiale (19).
Considerando che si tratt di una guerra di liberazione popolare (e sappiamo quanto queste siano
aspre e talvolta feroci), si pu concludere con Angiolo Lorenzo Giudici, testimone dei fatti, che in
tutta linsurrezione del 1799 gli Aretini si fecero impegno di non oltrepassare i confini della
giustizia e dellequit (20).
Antonio Bacci e Santino Gallorini
Fonte: "Il Viva Maria non fu antiebraico
e gli Aretini non furono massacratori"
Note
(14) Archivio di Stato di Siena, Governatore, 309, n. 4; novembre 1799.
(15) ASS, Capitano di Giustizia, 284, n. 48
(16) ASS, Governatore, n. 19.
(17) ASS, Governatore, 284, n. 48.
(18) ASS, Capitano di Giustizia, 286, 230.
(19) ASS, Governatore, dicembre 1799.
(20) Lettere sopra la condotta degli Aretini nella loro insurrezione del 1799, n. 10.
Menzognera
targa posta
accanto alla
sinagoga di Siena
I documenti
confermano che
non fu
responsabilit del
Viva Maria
(tra l'altro gli ebrei
bruciati dai senesi
furono quattro e
non tredici)
senesi per gli assassini degli ebrei e la maggioranza degli stessi tra gli assalitori del Ghetto, vorrei
replicare. Su quei fatti del Ghetto di Siena abbiamo le testimonianze non degli appartenenti al Viva
Maria, ma delle vittime: gli Ebrei di Siena, che interrogati a pi riprese dalla polizia e dai magistrati
in un periodo in cui non c'erano pi le bande del Viva Maria a Siena raccontano quello che
hanno visto ed hanno sentito. Oltre agli Ebrei, ci sono anche i non ebrei di Siena, ed anche essi
raccontano e fanno nomi e cognomi. Ancor pi degli stessi Ebrei, che evidentemente conoscevano
meno la teppaglia senese oppure avevano qualche timore ad accusare chi abitava a due passi dal
Ghetto. E quei nomi li abbiamo. Sono appuntati sui registri del Governatore e del Capitano di
Giustizia, conservati nell'Archivio di Stato di Siena dal 1800. Pertanto possiamo attribuire colpe e
responsabilit.
A titolo di esempio, nel processo n. 284, i testimoni raccontano di 15/16 persone che il 28 giugno
entrarono in casa dell'ebreo Leon Vita Pesaro e l ferirono e rapinarono. Ebbene, incrociando le
varie testimonianze di ebrei e cristiani, veniamo a conoscere i nomi di 17 persone, tutte residenti a
Pantaneto, Porta Romana e zone limitrofe. Non c' spazio, dunque, per qualche altro responsabile.
Inoltre, voglio ricordare come nell'Archivio di Stato di Siena ci siano anche molti altri documenti
relativi alla primavera del 1800 quando molti indizi facevano paventare un nuovo assalto al
Ghetto e gli stessi Ebrei chiesero protezione al Bargello ed al Governatore della Citt. E chi sono i
personaggi segnalati per minacce e screzi agli Ebrei? Alcuni del basso popolo senese, gi inquisiti
per i fatti del 28 giugno 1799, assieme ad altri che parrebbero non aver avuto precedenti. E cosa
dicono questi popolani agli Ebrei? Dicono: "E' passato il 28 giugno, ma ritorner e allora si far
peggio di quello che non si fatto", "Se un giorno cadr Genova, si far di loro una stiaccia, che
non ne rimarr uno". E quando ai primi di giugno 1800 Genova stava per cadere davvero, le carte
del Governatore ci dicono che fu mandata una "forza militare" al Ghetto, "per quiete e sicurezza"
degli Ebrei. Sottolineo come da tanti mesi non ci fossero bande del Viva Maria a Siena.
Quanto alla "trucida catena di uccisioni e saccheggi", che sarebbe stata provocata dal Viva Maria di
Arezzo, rispondo con le parole di Enzo Droandi, che parl di "movimento quasi non violento". Ma
se si conoscono tutte queste uccisioni, si elenchino per poterle studiare ed indagare.
Terminando, vorrei sottolineare come, anche dal dibattito attuale, sia palese che la memoria sul Viva
Maria resti ancora una "memoria divisa". E se per Roberto Barzanti (che proviene dal PCI), ma
anche per Turi, Tognarini, Salvadori ed altri, la responsabilit delle morti e delle violenze, accadute
a Siena il 28 giugno 1799, ricadrebbe inevitabilmente sul Viva Maria, per studiosi di differente
sensibilit politica questo non vero. Fra i tanti, posso citare Oscar Sanguinetti, Massimo Viglione
o Franco Cardini, che nella Prefazione al mio libro afferma: "Ritengo che quei pur truci episodi [di
Siena, n. d, a.] non possano essere presi a pretesto per una frettolosa e unilaterale condanna del Viva
Maria nel suo complesso".
Pertanto, seppur non arriveremo per adesso a conciliare le due posizioni, credo che da ambo le parti
occorra continuare a studiare seriamente quelle antiche vicende, in uno "spirito che quello di una
collaborazione volta a conoscere e a capire sempre di pi" (Roberto G. Salvadori).
Cordialmente
Santino Gallorini
Fonte: Corriere di Siena, 12 luglio 2011
Menzognera
targa posta
accanto alla
sinagoga di Siena
I documenti
confermano che
non fu
responsabilit del
Viva Maria
(tra l'altro gli ebrei
bruciati dai senesi
furono quattro e
non tredici)