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Bulgakov - La Sposa Dell'agnello
Bulgakov - La Sposa Dell'agnello
Bulgàkov
La Sposa dell’Agnello
La creazione, l’uomo,
la chiesa e la storia
ranrrq
l ET[J UJ Dj Edizioni Dehoniane Bologna
Elenco delle sigle
ISBN 88-10-40783-0
3 B o r i , « I n tro d u z io n e » , 25.
4 B u l g à k o v , Il Paraclito, 6 8, n o ta 34.
10 La Sposa dell’Agnello
C esare R izzi
La chiesa
1. L ’e sse n z a della c h ie s a
(E c c l e s io l o g ia e s o f io l o g ia )
1 Q u esto p en siero sul sign ificato prim ordiale d ella ch iesa, qu ale fon d a
m en to ste s so d e ll’u n iv e r so , trova so lta n to una d e b o le esp r essio n e nella
patristica, il cui in teresse principale è rivolto alla ch iesa , quale istitu zion e e
o rg a n izza zio n e salvifica. T u ttavia, in casi sin goli, incontriam o q u esto p en sie
ro, in p a rticolare, ne II P a sto re di E r m a . Erm a ha visto una vecch ia signora,
e un g io v a n e , apparsogli in so g n o , gli d ice ch e q uesta vecch ia signora è la
ch iesa di D io . «Io gli chiesi p erch é ella è vecch ia. M i disse c h e , p oich é è stata
creata prim a di tu tto , ella è vecch ia e che per lei è stato creato il m ond o»
(V isio n e 11, 4 , 1). Si cap isce ch e il giudizio sul fatto ch e la ch iesa sia stata
creata p u ò esse r e attribuito so lo al suo asp etto creatu rale, in q u an to il suo
a sp etto non creaturale a p p artiene all’essere etern o d ella Sofia divina. N e ll’o
m elia di C lem en te (1 4 , 3 ), la ch iesa p reesisten te è id en tificata con lo Spirito
S a n to , m en tre in Erm a lo S p irito, rivelantesi nel C risto, op era nella chiesa.
Q ui si parla d e ll’essen za d ella d istin zion e tra le due ipostasi d ella D iad e: il
F iglio e lo Spirito S a n to , nella rivelazion e d el P adre. D i solito la teologia
v ed e n el p en siero su ll’esisten za eterna d ella ch iesa un fatto casu ale, «degli
ech i di id e e g n o stich e» (V . T r o i t s k i j , Saggi d i storia su l d o g m a della ch iesa,
S ergu iev P osad 1912, 105; in russo).
374 La Sposa dell’Agnello
* * *
10 Q u esta id ea d e ll’a sp etto cosm ico d ella ch iesa è illustrata icon ografi
ca m en te da alcune ico n e d ella M adre di D io , d o v e la T h e o tó k o s , q u ale cu ore
La chiesa 397
d ella ch iesa e sua p erso n ifica zio n e, è rappresentata con diversi attributi
c o sm ici, p er es.: «Il ro v eto a rd en te», «La sinassi d ella santissim a M adre di
D io » , ecc.
398 La Sposa dell’Agnello
2. L a c h ie s a ,
q uale o r g a n iz z a z io n e
sa c r a m en ta le - g e r a r c h ic a
M
402 La Sposa dell’Agnello
15 N ella p regh iera recitata dal sacerd ote durante l’inno dei cherubini:
« ... e ti costitu isti nostro P on tefice».
16 D S 1307-1309, 3065.
410 La Sposa dell’Agnello
BIBLIOTECA
PONT. ATENEO S. ANSELMO
418 La Sposa dell’Agnello
ste (At 2,42; cf. A t 20,7). (Questa stessa assenza di una sua
forma definitiva, sfociante persino nell’indisciplinatezza bia
simata dagli apostoli, è attestata in ICor 11,20-22). Nella
parola di Dio non vi è neppure un’indicazione precisa riguar
do a chi compie l’eucaristia o al suo ministro, in quanto
investito di una determ inata posizione gerarchica. Rivolgen
dosi ai cristiani di Corinto, e per di più nel tem po della
propria assenza, l’apostolo Paolo diceva loro: «Il calice della
benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con
il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse
comunione con il corpo di Cristo?» (IC or 10,16). Queste
notizie sono com pletate dal quadro che ritroviamo nella
Didaché o Dottrina dei dodici apostoli: in essa sono conserva
ti i tratti della fluidità primordiale del rito liturgico da parte
del ministro, in quanto ivi lo spezzare del pane è compiuto e
dagli evangelisti e dai predicatori e dai profeti. La convinzio
ne che l’eucaristia debba essere compiuta dal vescovo, e in
generale dalla gerarchia, comincia a cristallizzarsi a partire
dal secondo secolo, ed essa rappresenta l’oggetto specialmen
te dell’insistente predicazione di s. Ignazio di Antiochia, il
Teoforo, evidentem ente come se si trattasse di un qualcosa
ancora nuovo e non indiscutibile; ciò che viene d’altronde
conferm ato dall’incertezza, in lui stesso presente, di una
definizione teologica dei vari gradi gerarchici. In seguito,
questa incertezza comincia a cedere il posto all’idea dell’e
sclusiva successione apostolica da parte della gerarchia e a
quella del significato speciale e centrale di quest’ultima nella
chiesa, sino a giungere alle parole di s. Cipriano: episcopus in
ecclesia e ecclesia in episcopo. Ma proprio da questo processo
del sorgere e dello sviluppo storico dell’episcopato, risulta
evidente come quest’ultimo diventi innanzi tutto l’organo del
compiersi legittimo e secondo una sua forma ben definita
deH’eucaristia. Ciò è la potestas clavium (o, in generale, la
potestas sacramentalis), da cui, come da un germ e, si sviluppa
tutto quanto il sistema episcopale-gerarchico. E ovvio come
una tale form a ben definita del sacrificio eucaristico sia
indispensabile e risulti benefica lungo le strade della storia
ecclesiale. Essa, come ogni altra autodeterm inazione della
La chiesa 421
22 T eodoro S t u d i t a , A n tirr. 1 a d v. Ic o n o m a c h o s, P G X C IX , 2 4 0 C.
422 La Sposa dell’Agnello
25 E sso p erò non è esau rien te, in q u an to c ’è altresì il rim anere d iretto di
C risto nel m o n d o m ed iante il san gu e da lui effu so sulla croce e che resta in un
m on d o ancora non trasfigurato (cf. il m io saggio: «Il santo G raal», in P ut',
Paris 1932).
424 La Sposa dell’Agnello
3. I C O N F IN I D E L S A C R A M E N T A L IS M O
4. L a g r a z ia
36 N ella teo lo g ia o ccid en ta le, il criterio è l’idea del d eb itu m n atu rae,
vale a dire di ciò ch e è proprio alla natura in q u an to tale per la creazion e;
m entre q u an to oltrep assa ciò riguarda la grazia (v e d i, per e s ., J. P o h l e ,
L eh rb u ch d e r D o g m a tik , t. II, B d. II, Paderborn 1921, 2 9 8 ), com e «das
sp e c ifis c h e P rinzip d e s a b so lu t ù b ern atiirlich en in der C reatur» ( = «il
p rin cip io d e ll’a sso lu to sop ran n atu rale n ella creatu ra») ( M . I . S c h e e b e n ,
H a n d b u ch d e r k ath olisch en D o g m a tik , Freiburg im B reisgau 1925, II, 250).
Il m etr o p o lita M a c a r i o ( T eo lo g ia d o g m a tica o rto d o s s a , San P ietroburgo
1895, II, 249) d istin gue tra grazia naturale, «com e i d on i di D io ch e crean o le
co se naturali», e grazia soprannaturale: «tutti i doni di D io , com u nicati in
m o d o sprannaturale in aggiunta ai doni d ella natura».
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38 STh I, q. 4 3 , a. 3.
39 J. v a n d e r M e e r s c h , « G ràce», in DThC V I, 2, 1609: «La gràce
san ctifiante est d o n c une réalité d istin cte de D ie u , cré é e , infuse et inh éren te
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le resta che sfuggire a questo contatto con l’a m m u cch iare una
m ediazione a più piani. E non è forse la stessa cosa accettare
la comunicabilità diretta della grazia all’uomo, oppure com
p lic a rla con il postulare senza alcuna necessità e senza alcun
f r u tto ancora un’altra grazia speciale, che dia la p ossib ilità di
re c e p irla ? v
In ogni caso, il concetto di grazia creata ( g r a t i a creata) e
ch ia ra m e n te contraddittorio: se questa è grazia, cioè parteci
p a z io n e di Dio, contatto della creatura con la Divinità, allora
il discorso sul suo essere creata è fuori luogo; se essa si
rife ris c e alle forze e alle capacità naturali, non si deve parlare
d i grazia (per lo meno, nel senso soprannaturale). Tra 1 esse
r e creaturale e la grazia divina non c’è né vi può essere niente
d i in term ed io . Q uesto stesso pensiero su un tale essere
in te rm e d io è soltanto un malinteso, che non scioglie affatto la
d iffic o ltà affiorante nella comprensione del rapporto esisten
t e t ra Divinità e l’uomo; e le mezze misure qui non servono
p r o p r io a niente. Bisogna trasferire la questione su di un altro
p i a n o , vale a dire bisogna cercarne una comprensione sofio-
jo g ic a . ;
L a questione corretta è la seguente: in che modo 1 uomo
u ò e s s e r e capace di recepire la grazia, cioè la partecipazione
d i D i° ? Q uale principio della vita um ana lo rende atto a
i c e v e r e Dio? E quale principio invece rende la vita umana
c h i u sa a U’az‘one divina, oppure provoca in lui persino oppo-
c iz i o n e ? , .
L a capacità della partecipazione di Dio nell uomo e
i ’irn m ag>ne immagine che costituisce il fondamento
te s s o della sua essenza. Questa immagine è un invito conti-
S u o alla divinizzazione, all’attuazione della forza della Divi-
11o l irnanità, alla sofianizzazione della vita, all’identificazione
jla S °fia divina con la Sofia creaturale. Questa identifica-
• n e già si è comPiuta nella chiesa, che è il corpo del Cristo e
f J^ erripio dello Spirito Santo, la vita in Cristo per opera dello
jr jtc> Santo, la rivelazione della santa Trinità. Questa è la
te inesauribile della forza di grazia della divinizzazione,
^ ° z a che conduce l’uomo di gloria in gloria. Ciò che la
f ° o \ ° g i a cattolica definisce ricorrendo ad un concetto inven-
La chiesa 443
con Dio non perde del tutto il suo carattere personale, che
non può essere totalm ente rimosso nel teismo; ma essa resta
priva di quella concretezza, propria di un rivolgersi alle
ipostasi singole, o alla santa Trinità, quale Dio trino e uno.
Ma accanto a questa relazione personale esiste ancora, per
così dire, un altro rivolgersi indeterminato a Dio in generale,
alla Divinità, alla Sofia. Questa stessa cosa va applicata in
misura ancora maggiore a quei casi di un rivolgersi imperso
nale a Dio da parte di tutta la creazione di Dio, prima
dell’uomo o oltre l’uomo (per es., nel cantico dei tre giovani
nel libro del profeta Daniele 3,51-90). In questi e in altri
simili atti del rivolgersi a Dio, l’accento è posto non sulla
persona, ma sull’essenza, non sull’ipostasi di Dio, ma sulla
sua Divinità. Tale appunto è la nostra ricezione della grazia.
Q uantunque sia giusto ritenere che la grazia provenga dal
Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, dalla Monade nella
Triade e dalla Triade nella M onade, tuttavia lo stesso dono
può essere anche non ipostatizzato. È come se si trattasse di
una grazia impersonale, di un dono appunto, e non di un
D atore (e il tentativo da parte di alcuni teologi cattolici di
identificare questo dono con il D atore, lo Spirito Santo,45 con
la sua inconsistenza non fa che confermare questa verità). Se
amm ettiam o che la grazia non soltanto è data dalla Terza
ipostasi, ma che essa è la stessa Terza ipostasi, allora soppri
miamo questa stessa ipostasi, equiparandola alla sua stessa
natura, come un dono impersonale. In quanto poi facciamo
46 « N o i cred ia m o ch e l ’u o m o , d e c a d u to a causa d el p e c c a to , si è
offu scato e ha p erd u to la p erfezion e e l’im passib ilità, ma non ha perduto
q u ella natura e q u ella forza, che ha ricevu to da D io m isericord ioso. P oich é,
in caso co n trario, egli risulterebbe irragion evole, cio è non u om o: ma egli
p o ssied e la natura, con cui è stato crea to , e una forza naturale libera,
v iv en te, attiva, così ch e se co n d o natura p u ò scegliere e fare il b e n e , fuggire e
allontanarsi dal m a le ... D a ciò è ev id en te che il b en e fatto d all'u om o non può
essere un p ecca to , perch é il b en e non p u ò essere m ale» (L ettera d e i p a tria rch i
d ella C hiesa cattolica orien tale su lla f e d e o rto d o s sa , art. 14).
La chiesa 453
51 «E xtra ecclesia m cath olicam totum p otest praeter salu tem . P otest
h a b ere h o n o r e m , p o te st h a b ere sa era m en tu m , p o te st cantare A llelu ia ,
p o test resp on d erc A m e n , p otest E van geliu m ten ere, p otest in n om in e Patris
et Filii et Spiritus Sancti fidem et h ab ere et praedicare; sed nusquam nisi in
ecclesia ca th o lica salu tem p oterit invenire» (S erm o a d C a e s.\ P L X L III,
695). «S a lu s, inquit (C yp rian u s), extra E cclesiam non est. O u is negat? Et
id eo q u aecu m q u e ipsius E cclesia e h abentur, extra E cclesiam non valen t ad
salutem (!!). S ed aliud est non h ab ere, aliud non utiliter habere. Q ui non
h a b et, est b a p tisan du s, ut habeat; qui autem non utiliter h ab et, ut utiliter
habeat corrigendus» ( D e b a p tism o , lib. IV , c. X V II; P L X L III, 170).
« U n u s en im D e u s, una fid es, unum b ap tism a, una incorrupta cath oli
ca E cclesia; n on in qua so la unus D e u s colitur, sed in qua sola unus D eu s pie
colitur; n ec in qua so la una fides retin etu r, sed in qua sola una fides cum
caritate retinetur; n ec in qua sola unus baptism us h abetur, sed in qua sola
unus b aptism us salubriter habetur» (C o n tro C resc .. I, c. X X IX ; P L X L III,
4 6 4 ). E c co altri testi a p rop osito d ell'im p ossib ilità dei doni d ello Spirito
S an to al di fuori d ella chiesa: «Isti au tem cum quibus agim us, vel de quibus
agim us, non sunt d esp erand i; adhuc en im sunt in co rp o re: se d non qu aeran t
S p ìritu m Sancturn, nisi in Christi corp ore cuius hab en t foris saeram entum ,
sed rem ipsam non ten en t intus cu iu s est illud saeram entum ; et id eo sibi
iudicium ed u n t et bibunt (IC or X I, 2 9 ). U n u s enim panis saeram entum est
unitatis (ib. X , 1 7 )... P roinde E cclesia catholica sola corpus est C hristi, cuius
ille caput est S alvator corporis sui (E p h . V , 23 ). Extra h oc corpus nem inem
vivificat Spiritus San ctu s (R o m . V , 5 ) ... N o n est autem particeps divinae
caritatis, qui h ostis est unitatis. N o n habent itaque Spiritum Sancturn qui
sunt extra E c c le sia m ... Q u i ergo vult habere Spiritum Sancturn, caveat foris
ab E cclesia rem a n ere, caveat in illam sim ulatus intrare» (E p ist. 185; P L
X X X III, 8 1 5 ). «Extra E cclesiam non rem ittuntur peccata» (E n ch ir. I, 65; P L
X L , 262).
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