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LA LIBERTA’

INTRODUZIONE
La libertà è uno dei bisogni essenziali dell’uomo ed uno degli argomenti filosofici più trattati
di sempre. I concetti di libertà e libero arbitrio hanno assunto significati diversi a seconda
delle epoche in cui sono stati trattati ma è quando si cerca di materializzare quei concetti
che diventa tutto più difficile. Possiamo affermare con una certa sicurezza che la libertà
assoluta, quella che ideologizza la nostra mente, non esiste; non esiste come esattamente
non può esistere la felicità assoluta. Per quanto ci si sforzi di essere completamente liberi,
dipenderemo sempre da qualcosa o qualcuno. Il lavoro che facciamo, la società, le regole,
la stessa aria che respiriamo non ci concede quanto la libertà assoluta richiederebbe, pur
vivendo nel migliore dei modi possibili.
INGLESE
Una forte critica ai regimi totalitari che nel ‘900 hanno oppresso la libertà individuale viene
mossa da George Orwell nei due romanzi “Animal farm” e “1984”. Il primo è una feroce
allusione allo stalinismo, in cui i protagonisti sono un gruppo di animali di una fattoria che
si ribellano al giogo degli uomini-padroni. Conquistata la libertà, si instaura un regime
democratico, che invece si rivela una dittatura di pochi. Il secondo invece risulta più
profetico e visionario: il mondo è diviso in due iperstati in guerra tra loro.
In Oceania, dove vive il protagonista, la società è governata dal partito del Socing e dal
Grande Fratello che tutto vede e tutto sa. I suoi occhi sono le telecamere che spiano di
continuo nelle case, il suo braccio la polizia del pensiero che interviene al minimo
sospetto. Tutto è permesso, tranne pensare se non secondo il Socing, tranne amare se
non per riprodursi, tranne divertirsi se non con i programmi del Socing.
Dal loro rifugio “l’ultimo uomo in Europa” (il titolo preferito dall’autore) e la sua compagna
lottano per conservare un granello di libertà. Quando Orwell scrisse questo che sarà il suo
ultimo romanzo, aveva già constatato i limiti dei sistemi autocratici e i pericoli di quel
totalitarismo che sarà il vero obbiettivo di tutta la sua critica: “Quello che ho realmente
inteso fare è discutere le implicazioni della divisione del mondo e in più indicare, per
mezzo della parodia, le implicazioni intellettuali del totalitarismo”.
A favorire la presa di coscienza di Orwell in merito a quelle che saranno le sue posizioni
contro i totalitarismi ed in particolare contro lo stalinismo saranno la guerra civile spagnola
e la militanza nel POUM (Partito operaio di unificazione marxista); egli arriverà alla
consapevolezza che il socialismo non sa più di rivoluzione, di cacciata di tiranni: sa di
stortura e di adorazione della macchia russa. Il socialismo è sfociato nella dittatura,
deviando i principi che lo avevano ispirato. Per Orwell, però, sarà fondamentale porre al
centro di questo contrasto tra potere e libertà il linguaggio che secondo lui è determinante
nel modificare il modo di pensare dell’uomo.
Tant’è vero che in “1984” il partito elaborerà la “Neolingua” il cui fine non sarà solo quello
di fornire un mezzo di espressione per la concezione del mondo e per le abitudini mentali
proprie ai seguaci del Socing, ma soprattutto quello di rendere impossibile ogni altra forma
di pensiero. La “Neolingua” è legata all’ideologia che deve esprimere, qualsiasi parola in
contrasto con i principi del Socing è eresia e come tale va eliminata attraverso un vero
terrorismo linguistico.
La “Neolingua” porta quindi ad una riduzione del vocabolario e tende ad eliminare parole
che esprimono ciò che non esiste più: “La parola libero in Neolingua esisteva ancora, ma
poteva essere impiegata solo in frasi come “Questo cane è libero da pulci”, non poteva
essere usata nell’antico significato di politicamente libero, dal momento che la libertà
politica ed intellettuale non esistevano più nemmeno come concetto”. L’introduzione della
“Neolingua” tende quindi a dogmatizzare la cultura e anche se qualcuno fosse talmente
coraggioso da voler confutare le tesi del partito non troverebbe più le parole per farlo:
democrazia, libertà non esistono nel nuovo vocabolario.
Sempre grazie alla manipolazione del linguaggio lo Stato riesce a cambiare il corso della
storia passata e presente ammettendo verità opposte e facendo accettare qualsiasi
menzogna del partito. In questo tipo di società chiunque non la pensi come il partito è una
cellula malata e la sua malattia è quella di voler essere un uomo libero. In questo modo
qualsiasi atto contrario al partito diviene un atto politico, infatti quando i protagonisti ribelli
faranno per la prima volta l’amore il loro sarà un “political act”.
Da questo mondo dominato dal potere e che cancella qualsiasi libertà non c’è via d’uscita,
non è più possibile, per Orwell, l’utopia. In Orwell vi è l’ammissione della sconfitta di ogni
spirito di libertà, di tensione al futuro, al progetto, vi è la totale identificazione del modello
con la realtà, l’utopia non è più possibile perché è venuto meno il referente; al suo posto
c’è il simulacro, il potere svincolato dal fine che non ha più come scopo l’organizzazione
del sociale, ma è gioco gratuito fine a se stesso.
Oggi che il “day after” è già arrivato, che il 1984 è già passato, possiamo leggere e
rileggere Orwell e vedere cosa ha indovinato dei nostri anni. L’annullamento delle
differenze ideologiche fra le superpotenze, la tecnologia come mezzo di controllo sociale,
la persecuzione degli oppositori politici in Africa e in Sud-America, la strumentalizzazione
dei mass-media. Più che saggio sarebbe raccogliere questo grido d’allarme contro
l’indifferenza che tollera forze annichilenti la libertà e la dignità individuale.
TRADUZIONE
A strong criticism of the totalitarian regimes that oppressed individual freedom in the 1900s
is made by George Orwell in the two novels "Animal farm" and "1984". The first is a fierce
allusion to Stalinism, in which the protagonists are a group of farm animals who rebel
against the yoke of men-masters. Conquered freedom, a democratic regime is
established, which instead turns out to be a dictatorship of a few. The second, on the other
hand, is more prophetic and visionary: the world is divided into two hyperstates at war with
each other.
In Oceania, where the protagonist lives, society is governed by the Ingsoc party and the
all-seeing, all-knowing Big Brother. His eyes are the cameras that constantly spy on
houses, his arm is the thought police who intervene at the slightest suspicion. Everything
is permitted, except to think if not according to Ingsoc, except to love if not to reproduce,
except to enjoy oneself if not with the programs of Ingsoc.
From their shelter "the last man in Europe" (the author's favorite title) and his partner fight
to keep a grain of freedom. When Orwell wrote this, which will be his last novel, he had
already seen the limits of autocratic systems and the dangers of that totalitarianism which
will be the real objective of all his criticism: "What I really intended to do is discuss the
implications of the division of the world and further to indicate, by means of parody, the
intellectual implications of totalitarianism”.
The Spanish civil war and militancy in the POUM (Workers' Party of Marxist Unification)
will foster Orwell's awareness of what will be his positions against totalitarianisms and in
particular against Stalinism; he will come to the awareness that socialism no longer smells
of revolution, of the expulsion of tyrants: it tastes of distortion and adoration of the Russian
stain. Socialism has resulted in dictatorship, deviating the principles that had inspired it.
For Orwell, however, it will be essential to place language at the center of this contrast
between power and freedom, which according to him is decisive in changing man's way of
thinking.
So much so that in "1984" the party will elaborate the "Newspeak" whose aim will not only
be to provide a means of expression for the conception of the world and for the mental
habits of the followers of Ingsoc, but above all to make any other form of thought is
impossible. "Newspeak" is linked to the ideology it must express, any word in contrast with
the principles of Ingsoc is heresy and as such must be eliminated through real linguistic
terrorism.
"Newspeak" therefore leads to a reduction of the vocabulary and tends to eliminate words
that express what no longer exists: "The word free in Newspeak still existed, but could only
be used in sentences such as "This dog is free from fleas", it could not be used in the old
sense of politically free, since political and intellectual freedom no longer even existed as a
concept”. The introduction of "Newspeak" therefore tends to dogmatise culture and even if
someone were brave enough to want to refute the party's theses, they would no longer
find the words to do so: democracy and freedom do not exist in the new vocabulary.
Always thanks to the manipulation of language, the State manages to change the course
of past and present history by admitting opposing truths and making any lie of the party
accepted. In this type of society anyone who doesn't think like the party is a sick cell and
their sickness is that of wanting to be a free man. In this way any act contrary to the party
becomes a political act, in fact when the rebel protagonists make love for the first time,
theirs will be a "political act".
From this world dominated by power and which erases any freedom there is no way out,
utopia is no longer possible for Orwell. In Orwell there is the admission of the defeat of
every spirit of freedom, of tension towards the future, towards the project, there is the total
identification of the model with reality, utopia is no longer possible because the referent
has disappeared; in its place there is the simulacrum, the power released from the end
which no longer has the purpose of organizing the social, but is free play for its own sake.
Now that the "day after" has already arrived, that 1984 has already passed, we can read
and re-read Orwell and see what he guessed about our years. The elimination of
ideological differences between the superpowers, technology as a means of social control,
the persecution of political opponents in Africa and South America, the exploitation of the
mass media. It would be more than wise to hear this cry of alarm against the indifference
that tolerates forces that annihilate freedom and individual dignity.
FILOSOFIA
L'uomo cerca la felicità, la brama oltre ogni avversità e ogni sfortuna. Questo suo tendere
verso una condizione di maggiore soddisfazione, purtroppo, spesso resta un viaggio
irrisolto, perché è proprio l'affannosa ricerca della felicità che allontana l'uomo da essa. La
felicità, per definizione, è lo stato d'animo di chi non è turbato da dolori e dispiaceri, una
condizione di beatitudine che è stata spesso al centro del dibattito di molti filosofi e
pensatori.
Ma un filosofo su tutti seppe spiegare come liberare l'uomo dal dolore: Schopenhauer.
Nel 1819, Schopenhauer pubblicò il suo lavoro più notevole, e sicuramente il più celebre,
intitolato Il mondo come volontà e rappresentazione. Il filosofo di Danzica aveva una
concezione della vita angosciante e cupa, convinto che la vita dell’essere umano fosse
caratterizzata dalla sofferenza e che da essa non ci fosse scampo. Essendo un pessimista
radicale, sosteneva che non ci si dovesse concentrare sul raggiungimento della felicità,
ma sulle ragioni per cui non si è felici. Nonostante la sua attitudine avversa, Schopenhauer
riuscì a dimostrare attraverso la sua indagine filosofica che esistono delle regole per
liberarsi il dolore e poter provare sollievo durante il cammino dell'esistenza umana.
Schopenhauer tracciò un argine alla sofferenza attraverso quelle che lui definisce “le vie di
liberazione dal dolore”, divise in tre momenti: l’esperienza estetica o l'arte, l’esperienza
morale e l’esperienza ascetica. Il filosofo sosteneva l’importanza di percorrere queste vie
per superare una condizione umana che rischia altrimenti di portare ad arrendersi alla
frustrazione.
L'ESPERIENZA ESTETICA
Secondo il filosofo, osservando un bel quadro, leggendo un bel libro o ascoltando un
brano musicale, l'uomo dimentica se stesso e il proprio dolore, si sottrae alla catena degli
eventi e della causalità. Ciò è possibile in quanto l'arte è contemplazione, conoscenza
disinteressata, fuori dal tempo, dallo spazio e dai legami di causalità: mira alla pura
"idealità" della cosa e non al suo essere "fenomenico", e pertanto non è soggetta al
desiderio. E infatti il rapporto interessato con il mondo ad alimentare continuamente la
brama e la volontà, calandoci nel ciclo della sofferenza senza fine. L'esperienza artistica,
al contrario, ci fa guardare la realtà nella sua dimensione ideale e pertanto rappresenta un
"quietivo" per la volontà, che in essa cessa di esercitare la sua influenza.
L'esperienza estetica ha poi un'importante funzione catartica, In consonanza con quanto
aveva rilevato Aristotele, Schopenhauer afferma che la tragedia, ad esempio, presentando
scene di grande tensione, raffigurando le passioni più profonde (l'amore e la morte, le
guerre e i tradimenti, la perfidia e l'ingiustizia), in qualche modo "oggettiva" il dolore, lo
rende universale e, pertanto, libera da esso, permettendo di vederlo come dall'esterno.
Attraverso la tragedia gli uomini possono comprendere che il proprio dolore non è che il
riflesso del dolore di ogni essere vivente, della sofferenza cosmica, superando la propria
individualità e dunque attenuando la propria intima emozione. Inoltre, partecipando al
dramma, ma in una forma distaccata, essi "scaricano" gli effetti più negativi delle passioni
e "depotenziano" la stessa volontà.
Un posto di grande rilievo nella riflessione di Schopenhauer occupa la musica, di cui egli
parla nel terzo libro del suo capolavoro. Riprendendo in maniera originale spunti presenti
nella concezione romantica, l'autore ritiene che la musica sia del tutto indipendente dal
mondo dei fenomeni, al punto che potrebbe sussistere anche se il mondo non ci fosse:
essa è infatti espressione immediata della volontà, antecedente alle sue oggettivazioni
visibili.
LA MORALE
Sebbene l'arte sia importante, perché ci affranca dalle preoccupazioni della vita quotidiana
attenuando l'impeto della volontà, tuttavia il suo effetto è limitato nel tempo e, dunque, non
ci sottrae in modo definitivo alla catena del dolore. Una più duratura liberazione dai mali
della vita può derivare, invece, dalla morale.
Quest'ultima, come già l'arte, consente di oltrepassare le manifestazioni fenomeniche della
volontà, rendendo l'uomo consapevole delle dolorose conseguenze a cui essa conduce; a
differenza dell'esperienza artistica, però, non si limita a una contemplazione disinteressata
e individuale di un mondo ideale, ma implica un impegno pratico a favore del prossimo.
Nell'etica, infatti, l'uomo supera il principio di individuazione e cessa di considerare se
stesso come un individuo contrapposto ad altri, cioè come espressione di bisogni e
interessi che lo portano necessariamente al conflitto; al contrario, opera in modo da far
convergere il proprio io e quello dei suoi simili, riconoscendo - al di là delle separazioni e
delle divisioni della realtà fenomenica - la sua volontà come espressione dell'unica volontà
universale che accomuna tutti gli esseri.
Questo obiettivo si raggiunge innanzitutto in "negativo", limitandosi a non compiere azioni
che possano ledere la volontà degli altri; si ha così l'affermazione della virtù della giustizia,
incarnata nel diritto che impone regole esteriori al comportamento individuale. Ma può
essere conseguito anche in "positivo" attraverso la carità, cioè la volontà di fare del bene
al prossimo: tale virtù comporta un sentimento di compassione che può nascere
solamente in colui che, riconoscendo il proprio dolore come analogo a quello degli altri,
supera l'egoismo. Egli sviluppa un amore disinteressato e un atteggiamento di pietà
universale.
Le virtù della giustizia e della carità si limitano però a negare la volontà individuale
eliminando il conflitto tra uomo e uomo. Un più alto grado del processo di liberazione
richiede invece una negazione della volontà di vivere in se stessa, e si ottiene soltanto
attraverso il faticoso percorso dell'ascesi.
L’ASCESI
L'ascesi consiste nella sistematica mortificazione degli istinti e dei bisogni conseguente
all'«orrore» che l'uomo prova per la volontà di vivere che è alla radice del suo stesso
essere. Essa si realizza attraverso l'esercizio della noluntas, cioè la negazione radicale
della volontà. Dal momento che la prima e fondamentale manifestazione di quest'ultima è
l'istinto della generazione, l'uomo deve innanzitutto raggiungere uno stato di perfetta
castità; quindi deve rinunciare ai piaceri e dedicarsi all'attuazione delle virtù tipiche degli
asceti: l'umiltà, il digiuno, la povertà, il sacrificio e la rassegnazione. Le prescrizioni di
Schopenhauer appaiono simili a quelle della tradizione mistica cristiana.
In realtà le due prospettive sono molto diverse: nel cristianesimo l'ascesi ha come obiettivo
l'unione con Dio; in Schopenhauer la redenzione finale viene riconosciuta nella conquista
del nirvana (proprio della tradizione buddista), cioè nell'esperienza del nulla.
Bisogna precisare che il nulla di cui si parla non è un concetto positivo, nel senso che non
indica una realtà sostanziale, un nulla assoluto a cui il soggetto può aspirare come il
mistico aspira al divino, bensì un concetto "relativo", nel senso che si può comprendere
solo in relazione a ciò che nega. In particolare, il nulla di cui parla Schopenhauer è la
negazione del mondo, con tutti i suoi fenomeni, la sua catena causale, le forme dello
spazio e del tempo; è l'estinzione della volontà di vivere che è in noi, con il suo carico
inevitabile di sofferenze e di inquietudini. Per il saggio che riesce a raggiungere questo
stadio finale, il nulla o nirvana non è morte, anzi non è neppure propriamente nulla, ma è
la conquista del tutto, un oceano di serenità, in cui si sciolgono non soltanto le catene del
mondo, ma anche la differenza tra l'io e il tu, tra il soggetto e l'oggetto.
SCIENZE
La Terra, il nostro pianeta natio, è un luogo affascinante e misterioso in cui si manifestano
innumerevoli forze naturali. Tra queste, una delle più incredibili è senza dubbio la libertà di
movimento delle placche tettoniche.
Ad oggi sappiamo che questi fenomeni sono causati dai continui e lenti movimenti delle
placche.
La tettonica a placche è il modello di dinamica della Terra su cui concorda la maggior
parte dei geologi, secondo i quali la litosfera è divisa in circa venti zolle (o placche).
Questa teoria è in grado di spiegare fenomeni che interessano la crosta terrestre quali:
attività sismica, orogenesi, la disposizione areale dei vulcani, le variazioni di chimismo
delle rocce magmatiche, la formazione di strutture come le fosse oceaniche e gli archi
vulcanici, la distribuzione geografica delle faune e flore fossili durante le ere geologiche e i
motivi per cui le attività vulcaniche e sismiche sono concentrate su determinate zone.
Le placche si possono paragonare a zattere che "galleggiano" in equilibrio isostatico sullo
strato immediatamente sottostante del mantello superiore, l'astenosfera. Per effetto
combinato delle elevate temperature, pur essendo allo stato solido e quindi le zolle
tettoniche si possono muovere sopra l'astenosfera e collidere, scorrere l'una accanto
all'altra o allontanarsi fra loro.
Per tale motivo, nel corso della storia della terra, la faccia del nostro pianeta ha subito
importanti trasformazioni.
Il movimento di ogni placca è indipendente, ma influenza il movimento di quelle adiacenti.
Le forze che permettono alle placche di muoversi sono i moti convettivi.
I margini delle placche adiacenti possono essere: DIVERGENTI, CONVERGENTI E
TRASFORMI. (i margini di placca sono zone strette ed allungate particolarmente
interessate da fenomeni geologici quali terremoti e vulcani)
- Margini divergenti: due placche adiacenti si allontanano l'una dall'altra. Allontanandosi, il
magma che fuoriesce dal mantello solidifica e forma nuova litosfera. Questo processo, con
il passare del tempo, può portare alle formazioni di nuovi oceani.
- Margini convergenti: due placche adiacenti si muovono l'una verso l'altra, Scontrandosi
distruggono porzioni di litosfera che sprofonda nel mantello. Questo fenomeno è noto
come subduzione.
- Margini trasformi: due placche si muovono in senso opposta l'una al fianco dell'altra. In
questo modo non creano e non distruggono litosfera. Lungo questi margini, a causa dello
sfregamento, vengono evidenziate le faglie.
-Il movimento di ogni placca è indipendente, ma influenza il movimento di quelle adiacenti.
Le forze che permettono alle placche di muoversi sono i moti convettivi.
-Lungo i margini convergenti due placche convergono l'una verso l'altra; si distinguono tre
tipi di convergenza tra placche:
-convergenza tra placca oceanica e placca continentale;
-convergenza tra placche oceaniche;
-convergenza tra placche continentali.
INFORMATICA
Viviamo in un'era in cui la connettività pervade ogni aspetto delle nostre vite e la
cybersecurity, è diventata un elemento essenziale per la nostra società. L'essere umano è
profondamente interconnesso con la tecnologia, ma questa interconnessione ci rende
vulnerabili ad attacchi esterni e minacce virtuali che possono mettere a rischio non solo i
nostri dati, ma anche mettere in crisi la nostra stessa esistenza. La nostra società, fondata
sui pilastri della libertà e dell'autonomia, è minacciata dai cybercriminali che mirano a
sfruttare le debolezze del nostro sistema digitale. Queste minacce possono mettere a
repentaglio non solo la nostra privacy, ma anche le nostre istituzioni, le infrastrutture e la
stabilità economica.
Innanzitutto, bisogna fare una distinzione tra safety e security:
-Safety si occupa della salvaguardia della salute e all’integrità fisica
-Security invece si interessa di proteggere qualcosa dall’intervento da parte di
malintenzionati
Quindi, security significa protezione contro chi ci vuole male.
Al giorno d’oggi c’è un’interconnessione dei dispositivi fisici attraverso Internet, anche
quelli di uso comune come lampadine, forni a microonde, frigoriferi, sono connessi alla
rete e acquisiscono una propria identità digitale. Per intendere ciò si una un neologismo,
cioè, L’internet delle cose. Tuttavia, nonostante quest’ultimo apre le porte a un mondo di
opportunità, dobbiamo anche riconoscere i rischi associati a questa crescente
interconnessione perché come per ogni cosa, anche questo ha un lato oscuro, perché con
l’internet delle cose non si rischia, per esempio, solamente di farsi rubare dati o soldi dal
conto bancario ma si può rischiare anche la vita. Questo perché non sempre chi progetta
apparati per la safety si occupa anche di security, quindi utensili come il pacemaker o altri
che sono prettamente utilizzati per la salvaguardia della salute ma comunque connessi
alla rete, possono essere facilmente manomessi da remoto e portare problemi gravi,
perché sono prettamente safe e poco secure. La sicurezza nell'Internet delle cose è un
fattore cruciale da considerare, poiché il numero di dispositivi connessi continua a
crescere esponenzialmente ma nonostante questa interconnessione offra una comodità
senza precedenti, allo stesso tempo crea una superficie di attacco più ampia per i
malintenzionati. Una delle principali preoccupazioni è la protezione dei dati. Gli oggetti
connessi alla rete raccolgono una vasta quantità di informazioni personali, come le nostre
abitudini di consumo, i nostri modelli di utilizzo e persino i dati medici e quindi, la raccolta
di questi dati da parte dell'Internet delle cose può sollevare preoccupazioni legate alla
privacy e alla libertà individuale. La libertà individuale implica il diritto di mantenere il
controllo sulle proprie informazioni personali e di decidere come e quando vengono
condivise e questo può portare a un'erosione della privacy se tali dati vengono utilizzati in
modo non autorizzato o se vengono raccolti senza il consenso esplicito dell'utente.
Inoltre, se i dati personali vengono utilizzati in modo improprio o se cadono nelle mani
sbagliate, possono verificarsi conseguenze negative significative. Ad esempio, i dati
medici potrebbero essere utilizzati per scopi di discriminazione o estorsione, o le
informazioni personali potrebbero essere utilizzate per scopi di sorveglianza e controllo.
Inoltre, l’internet delle cose può anche portare a una certa fragilità della società, perché se
i dispositivi vengono compromessi da attacchi informatici o da violazioni della sicurezza,
possono verificarsi interruzioni dei servizi critici o violazioni della sicurezza fisica. In
conclusione, la protezione dei dati nell'IoT è cruciale per preservare la privacy e la libertà
individuali, e dall'utilizzo improprio dei dati personali e garantire la sicurezza e quindi
garantire la stabilità della società nel suo complesso.
ITALIANO
L'idea di libertà è stata un tema centrale nella storia dell'umanità, suscitando riflessioni,
dibattiti e scontri. Da una prospettiva filosofica, politica e letteraria, la libertà ha affascinato
e ispirato numerosi pensatori e artisti nel corso dei secoli. Tra questi, emerge la figura di
Giacomo Leopardi, il quale ha offerto un'interpretazione unica e sfaccettata della libertà,
permeata dal suo sguardo acuto e profondamente pessimista sulla condizione umana.
Leopardi era consapevole delle limitazioni e delle sofferenze dell'esistenza umana. Nelle
sue opere, esprime un profondo senso di pessimismo e disillusione riguardo alla
condizione umana. Secondo Leopardi, gli esseri umani sono intrappolati in una condizione
di insoddisfazione e dolore, incapaci di raggiungere una vera e duratura felicità.
Tuttavia, nonostante questa visione pessimistica, Leopardi non nega del tutto il concetto di
libertà. Egli riconosce la necessità di una libertà interiore, un'indipendenza e un'autonomia
dell'individuo nella ricerca di senso e nella lotta contro l'oppressione e l'ignoranza. Questa
libertà interiore può essere vista come un modo per superare le limitazioni e le delusioni
dell'esistenza umana.
In alcune poesie, come "L'Infinito" e "A Silvia", Leopardi esplora il desiderio di fuga e di
espansione dell'anima umana, alla ricerca di una libertà che superi le limitazioni fisiche e
temporali. Questi versi riflettono il desiderio di un'esperienza di libertà che vada oltre i
confini terreni e che si collega a un'idea di infinito e trascendenza.
L’ infinito anticipa in forma poetica un nucleo tematico che diverrà il centro delle riflessioni
leopardiane negli anni successivi: la «teoria del piacere», da cui si sviluppa la teoria del
«vago e indefinito». Per chiarire il senso della poesia vanno tenute presenti alcune pagine
dello Zibaldone, dove Leopardi sostiene che particolari sensazioni visive o uditive, per il
loro carattere vago e indefinito, inducono l’uomo a crearsi con l’immaginazione
quell’infinito a cui aspira, e che è irraggiungibile, perché la realtà non offre che piaceri finiti
e perciò deludenti. L’infinito è appunto la rappresentazione di uno di questi momenti
privilegiati, in cui l’immaginazione strappa la mente al reale, che è il «brutto», e la immerge
nell’infinito.
È un piccolo idillio e i temi chiave sono: la poetica del vago e dell’indefinito temporale e il
concetto di infinito spaziale e temporale. La poesia si articola in due momenti,
corrispondenti a due distinte sensazioni di partenza. Nel primo momento l’avvio è dato da
una sensazione visiva, o, per dir meglio, dall’impossibilità della visione: la siepe che
chiude lo sguardo, impedendo ad esso di spingersi sino all’estremo orizzonte.
L’impedimento della vista, che esclude il «reale», fa subentrare il «fantastico»; il pensiero
si costruisce l’idea di un infinito spaziale, cioè di spazi senza limiti, immersi in «sovrumani
silenzi» e in una «profondissima quiete». Nel secondo momento l’immaginazione prende
l’avvio da una sensazione uditiva, lo stormire del vento tra le piante. La voce del vento
viene paragonato all’infinito silenzio creato dall’immaginazione e suscita l’idea del perdersi
delle labili cose umane nel silenzio dell’oblio.
Viene così in mente al poeta l’idea di un infinito temporale (l’«eterno»), in contrasto con le
epoche passate e ormai svanite, e con l’età presente, col suo carattere ugualmente
effimero, destinato anch’esso a svanire presto nel nulla. Nel secondo momento l’io si
annega nell’immensità dell’infinito immaginato (spaziale e temporale), sino a perdere la
sua identità, e questa sensazione di naufragio dell’io è piacevole, dolce. Se la coscienza
rappresenta all’uomo il vero, lo spegnersi della coscienza individuale dà una sensazione di
piacere e garantisce una forma di felicità.
La durata temporale e il processo psicologico in cui si articola l’esperienza cantata nella
poesia prendono corpo in una struttura dal rigoroso disegno costruttivo, fondata su precise
simmetrie. I due momenti, corrispondenti all’esperienza dell’infinito spaziale e a quella
dell’infinito temporale, occupano ciascuno esattamente sette versi e mezzo. Il passaggio
tra i due momenti avviene al verso 8, che è diviso in due da una forte pausa al centro,
segnata dal punto fermo.
La pausa serve a distinguere i due momenti. Vi sono però anche chiari elementi che
sottolineano la continuità fra di essi, il fatto cioè che viene descritto un processo unico, in
cui un’immaginazione scaturisce dall’altra, senza contrasti con la precedente: si tratta di
un elemento sintattico, la congiunzione coordinativa «e» all’inizio del secondo periodo, e di
uno metrico, la sinalefe che collega in una sillaba sola la vocale finale di «spaura» con la
«e» successiva. Ci sono dei riferimenti a delle cose familiari. Passa dalla realtà
all’immaginazione, attraverso la siepe che gli impedisce la vista e quindi immagina cosa
c’è all’aldilà della siepe.
Poi attraverso il vento fa un confronto fra l’infinito spaziale e la realtà. Sarebbe facile
leggere il componimento in chiave mistico-religiosa: il perdersi dell’io nell’infinito è il dato
costitutivo di ogni esperienza mistica. Ma bisogna fare attenzione: non è ravvisabile nel
componimento nessun accenno ad una dimensione sovrannaturale; l’infinito non ha le
caratteristiche del divino, di un’entità spirituale e trascendente.
Non solo, ma questo «infinito» non è un infinito oggettivo, come dovrebbe essere la
divinità, bensì tutto soggettivo, creato solo dall’immaginazione dell’uomo («io nel pensier
mi fingo»); ed è evocato a partire da sensazioni fisiche, in chiave prettamente sensistica,
come di derivazione sensistica è la riflessione del piacere misto a paura provocato
nell’immaginazione dall’idea dell’infinito.
Con questo, non si può del tutto escludere una componente mistica nella poesia: bisogna
però supporre che essa sia radicata negli strati più profondi della personalità leopardiana,
e che, per arrivare a esprimersi, debba passare attraverso le forme culturali acquisite dal
poeta, sensistiche e materialistiche, conformandosi a esse e subendo una decisiva
trasformazione, che muta volto agli impulsi originari.
ROBA DA AGGIUNGERE NEL CASO
// L’infinito, composto nella natìa Recanati nel 1819. Al poeta si presenta una visione
limitata dell'orizzonte, ostacolata da una siepe, posta sulla cima di un colle. La vista
impedita permette a Leopardi di fantasticare e meditare sull'infinito. L'idillio si basa su un
confronto continuo tra limite e infinito tra suoni evocati dalla realtà e il silenzio dell'eternità.
Il componimento è in endecasillabi sciolti, forma metrica che Leopardi trova più adatta per
rendere il ritmo e i moti dell'animo. Siamo nelle prime fasi del pessimismo storico
leopardiano, quando cioè il poeta capiva che il progressivo distacco dell’uomo dalla
natura, l’avvento della civiltà, aveva creato disagio nell’umanità, e vagheggiava le ere
antiche, specie quelle dei Greci, come momento più alto di questa relazione con il mondo.
Leopardi riconosce la forza oggettiva del limite, quale condizione umana, ma anche
l’ambizione di tentare di superarlo, che è pure propria dell’uomo. Come a dire: siamo
limitati, ma per nostra natura siamo portati sempre a tentare di superare i limiti esterni che
ci vengono imposti. Intelligenza e sensibilità possono riportarci in una condizione
favorevole dove questa opposizione torna ad essere positiva. In questo idillio, come è
noto, Leopardi vuole suscitare nel lettore principalmente due sensazioni: una visiva e una
uditiva. La prima porterà alla percezione di un infinito spaziale e la seconda temporale.
Tali percezioni di infinità - come ha ormai certificato la critica moderna - non concedono
niente alla teologia, alla metafisica e, più in generale, all’ambito del sacro, ma sono tutte
interne alla finzione immaginativa e poetica. L’idillio è insomma “un'avventura storica
dell'animo” del poeta, che racconta di un'estasi dei sensi, i quali, di fronte alla figurazione
momentanea dell’infinito, prima si “spaurano” e poi “naufragano dolcemente”. Per rendere
questo duplice piano psicologico percettivo Leopardi adotta precise tecniche espressive,
che esemplificano al meglio la sua idea di poesia “vaga e indefinita”. Iniziamo ad
osservare la sintassi. A parte il primo e l’ultimo verso, i restanti tredici non formano
enunciazioni isolabili, ma sono legati tra loro in un “continuum metrico-sintattico”, che
abbraccia l’intera poesia. Se guardiamo il totale dei versi, infatti, balza immediatamente
all’occhio che ben dieci sono collegati da enjambements, che così contribuiscono a
sviluppare un discorso poetico assai “legato” e coeso. Non solo. Avverbi, congiunzioni e
connettivi in genere abbondano in tutto l’idillio. La congiunzione, poi, ha un ruolo
veramente determinante perché collega per polisindeto tanto i singoli elementi descrittivi
(vv. 5-7), quanto i passaggi tematici della poesia, trovandosi in quest’ultimo caso sempre
in posizione forte di inizio verso o di inizio proposizione (v. 2 e v. 15). Anche il lessico è
volutamente selezionato, così da allontanare le percezioni di finitudine, di concretezza e di
precisione a vantaggio di una sensazione indeterminata e dilatata sia nello spazio che nel
tempo. Nella prima parte (quella dedicata all’infinito “spaziale”) Leopardi sceglie aggettivi
con valore superlativo (“interminati”, v. 4; “sovrumani”, v. 5; “profondissima”, v. 6),
accoppiandoli a sostantivi astratti di valore assoluto (“spazi”, v. 5; “silenzi”, v. 6; “quiete”, v.
6). Mantengono lo stesso valore anche i sostantivi della seconda parte (ove predomina
l’infinito “temporale”) come “eterno” (v. 11) e “stagioni” (v. 12), “morte” (v. 12), “presente”
(v. 12), “viva” (v. 13). Ancora più brevi le scelte lessicali del momento conclusivo, dove si
scende a due sillabe: “dolce” (v. 15) e “mare” (v. 15). Una funzione essenziale rivestono,
inoltre, gli aggettivi dimostrativi, che collocano nello spazio l’esperienza psicologica della
poesia, che pure trascende uno spazio e un luogo specifici. Infine vale la pena osservare
come tutto l’idillio sia pervaso da un’atmosfera emotivamente vibrante, in cui traspare il
coinvolgimento non solo di un io fittizio e impersonale, ma anche di un io interno e
effettivamente coinvolto nell’esperienza. Pare insomma che Leopardi, da questi celebri
versi, voglia anche lasciar intravedere in filigrana il suo volto, il suo rapporto col luogo da
cui si irradia questa esperienza. Lo si può ben osservare nel primo verso dove il “colle”,
teatro della scena, è luogo da “sempre caro”, carico quindi di ricordi e di familiarità.
Dunque un luogo dell’assoluto, senz’altro; ma anche un luogo reale, che fu da sempre “a
me” - cioè a Giacomo Leopardi - “caro”, e un “naufragare” dei sensi che “a me”, al poeta e
filosofo precocemente impegnato nel disvelamento dell’“vero”, sebbene sia doloroso non
può che riuscire “dolce” in quanto lo sprofondare nell’infinito concede questa serenità alla
mente. 
L’Infinito è una poesia di Leopardi composta nel 1819 ma completata nel 1825, quindi
appartiene a una fase di transito fra i due pessimismi, in questa c’è lo scontro fra Natura e
fato in cui quest’ultimo è responsabile dell’infelicità umana. Questa poesia fa parte della
raccolta leopardiana “I Canti” in questa si riconoscono: le canzoni, gli idilli, i canti pisano-
recanatesi e il ciclo di Aspasia; L’Infinito rientra negli Idilli. In questa categoria troviamo
innovazioni dal punto di vista tematico e metrico, queste hanno un forte impatto sulla
poesia leopardiana. Leopardi inizia a trattare temi più profondi ed esistenziali, come
l’Infinito, il tempo, il ricordo a cui viene collegata la sua teoria del vago e dell'indefinito. Dal
punto di vista metrico, l’autore è più libero, non usa alcuna struttura rimica fissa e
compone poesie in strofe di diverse lunghezze, in queste Leopardi si serve di
endecasillabi sciolti. Un’altra novità nella poesia leopardiana è la presenza dell’Io poetico,
esso racconta la propria storia attraverso cui crea empatia con i lettori. //
MATEMATICA
Se consideriamo il concetto di libertà come un'idea di vastità e completezza gli integrali
definiti sono strumenti matematici che consentono di calcolare l'area sotto una curva o la
quantità totale di una grandezza variabile in un intervallo specifico. Possono essere
interpretati come una forma di "somma continua" che abbraccia tutti i valori intermedi tra
due punti.
Quando applichiamo il concetto di libertà alla matematica, possiamo considerare gli
integrali definiti come un modo per misurare la libertà o la possibilità di movimento in una
certa direzione o intervallo. Ad esempio, se consideriamo una funzione che rappresenta la
velocità di un oggetto in movimento lungo un percorso, l'integrale definito di quella
funzione su un intervallo di tempo ci darà la distanza percorsa dall'oggetto, ovvero la
libertà di spostarsi in quell'intervallo di tempo.
Inoltre, gli integrali definiti possono essere utilizzati per esplorare le possibilità e le
limitazioni di un sistema. Ad esempio, nella teoria delle probabilità, possiamo utilizzare
integrali definiti per calcolare le probabilità di eventi specifici in un intervallo di valori. In
questo contesto, la libertà può essere interpretata come la probabilità di accadimento di un
evento desiderato o l'ampiezza del range di valori in cui un evento può verificarsi.
Inoltre, gli integrali definiti possono essere utilizzati per calcolare quantità che
rappresentano la libertà o l'indipendenza in diversi contesti. Ad esempio, in economia,
possono essere utilizzati per calcolare l'area sotto una curva di offerta e domanda per
determinare il surplus del consumatore o del produttore, che rappresenta la libertà
economica di acquistare o vendere beni e servizi.
In conclusione, il collegamento tra il nodo concettuale della libertà e gli integrali definiti può
essere fatto considerando gli integrali come uno strumento matematico per misurare la
libertà, la possibilità di movimento o la quantità di una grandezza variabile in un intervallo
specifico. Essi possono essere interpretati come una forma di "somma continua" che
abbraccia tutti i valori intermedi, offrendo così una connessione tra la nozione astratta di
libertà e il calcolo matematico.

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