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GIANCARLO DE CARLO
Cultura e progetto nella città storica
1
L.Rossi, Giancarlo De Carlo Architetture, cfr.pag.9
evidenza ,apparentemente senza un iter sistemico le tematiche
affrontate da De Carlo; momento di riflessione sulla sua opera
come viene richiesto dai docenti del Dottorato.
Partendo da una definizione autorevole, De Carlo viene
indicato da Norberg-Shultz “ il solo rappresentante della terza
via “ quella vicina alla gente; è indubbio che la sua opera
coincida con la sua personalità “ De Carlo non è mai stato
amato dai fotografi delle belle riviste del settore, non crea
volumi o segni sul territorio che possano gareggiare con opere
d’arte astratta .Per capire le sue architetture bisogna
percorrerle; perché sia belle hanno bisogno della gente dentro
che si muova , quella che di solito viene allontanata al
momento delle fotografie di architettura, per evidenziarne i
volumi puri”2. I temi ricorrenti come detto in questa
introduzione, partono da una base comune ed un fine unico, la
città, i luoghi e le architetture sono degli uomini e per gli
uomini, grandi piccoli colti ignoranti il portato culturale che
proviene dal basso rappresenta una ricchezza inestimabile per
non tenerne conto, ricchezza che esprime l’uomo e la società
che la costruita.
L’uomo quello della strada deve poter leggere e comprendere il
linguaggio architettonico” svincolare l’architettura dalle
esigenze del potere, depurarla dalle distorsioni opportunistiche
provocate da un lungo esercizio accademico, restituirle
immediatezza di rappresentazione e di espressione per renderla
comprensibile ed utilizzabile da parte di tutti”.3
Le parole minore e spontaneo hanno rappresentato sin dalle
origini della ricerca di De Carlo un umus fertile su cui
impiantare gran parte della sua ricerca, l’amicizia con
2
F.Buncuga ,Conversazioni con D.C, cfr.pag..9
3
G.De Carlo, Memoria e Fiasco, in Spazio e Società,n°4
G.Pagano ( cultore ed iniziatore della rivalutazione del portato
culturale minore) fin dalla giovinezza ha determinato
l’avvicinamento a quelle teorie legate alle esperienze spaziali
alle esperienze dell’uomo. Va da se che l’uomo , individuo che
possiede un anima, è sempre al centro della progettazione
decarliana ; lo spazio diviene spazio abitato dall’uomo, sempre
diverso sempre unico sempre legato all’esperienza spaziale che
lo circonda e che a sua volta crea.
L’uomo e l’ambiente costruito vengono coinvolti attraverso
quella ricerca di identità sempre più cara e sempre più rara;
ricerca che diviene quasi battaglia etica “ ..è l’unica battaglia
etica della nostra epoca: salvaguardare il principio di identità
dai processi di omologazione” 4. Riflettere sulle intenzioni di
avvicinare il progetto architettonico all’individuo, vuol dire
pensare ” che i veri clienti dell’architettura siano gli esseri
umani”5 e come tali debbano partecipare alla costruzione del
proprio abitat, costruzione che “come gran parte delle attività
umane si è inaridita nella specializzazione e perciò il suo
linguaggio è divenuto astratto ed arrogante e soprattutto
povero”.6
La partecipazione diviene momento essenziale nella
costruzione e nella ricerca progettuale a tutti i livelli.
La storia, anch’essa , è momento fondamentale della ricerca
decarliana; “ quel che io considero storia è l’acquisizione di una
conoscenza esatta dei problemi con i quali noi architetti
veniamo continuamente in contatto, si che le nostre soluzioni e
le nostre scelte sono legate alla realtà…la storia non riguarda il
passato ma riguarda il presente ed offre direzioni per il
4
L.Rossi.cfr.pag9
5
G.De Carlo,il Tempio di Apollo a Bassae, in S.S n°31/32
6
G.De Carlo, in Space Design,N°274
futuro”7. Interpretare la storia in questo senso significa
immettersi nel contesto, partecipare alla costruzione della storia
stessa senza salti o voli pindarici, introdurre innovazione nel
tessuto esistente. “Il carattere del luogo è segnato dalla natura e
dalla storia:la natura è il suo stato originale,la storia è la sua
trasformazione e tutte e due attraverso le loro interrelazioni
definiscono la realtà con la quale l’atto di costruire si deve
misurare.Un edifico un insieme di edifici , una città un
paesaggio coltivato o comunque antropizzato , diventano a loro
volta luogo quando stabiliscono ed esprimono un rapporto
equilibrato tra natura e storia. Un altro edificio che si aggiunge
ha valore solo se partecipa di questo equilibrio introducendo
innovazione nella tradizione. Altrimenti non ha valore e
potrebbe essere ovunque o sarebbe meglio che non ci fosse
perché introduce uno squilibrio tra natura e storia e quindi
abbassa la qualità del luogo.Vorrei insistere sull’idea di
interrelazione tra natura e storia tra passato presente e futuro,tra
innovazione e tradizione …e considero tutti gli storicismi fioriti
nell’architettura uno squilibrio tra natura e storia non solo non
interessanti, ma anche ignoranti .“8 Introdurre nuove spazialità
che dialoghino con il contesto e a sua volta si contestualizzino
per rigenerare l’evoluzione del luogo; questa azione è possibile
attraverso una lettura ricerca in profondità, addirittura
transdisciplinare ,carpire i segreti, il DNA permette il “continuo
movimento della realtà” un continuo dialogo tra storia forme
costruite e spazio aperto. Interessate l’idea decarliana di
conservazione; l’idea “ che ogni situazione che viene dal
passato debba essere conservata è…superficiale deteriore
7
G.De Carlo,in Zodiac, n°16,1996.
8
G.De Carlo in Space Design, n°274.
quanto l’idea che debba essere sostituita in nome del
progresso”9.
“Salvaguardare il principio di identità dai processi di
omologazione”10è il fine delle letture che De Carlo propone per
ogni contesto su cui si trova ad operare; quindi “ leggere uno
spazio “ significa già proiezione progettuale, ricercare
quell’unicum irripetibile che nella ricerca decarliana ha
permesso la realizzazione di progetti sempre diversi spesso
antitetici.
La ricerca dell’identità “ già identità è una questione centrale
alla quale sono sempre stato costretto a dedicare gran parte
delle mie energie , parlo dell’identità degli edifici e dei luoghi
ma anche dell’identità degli individui..”11rappresenta quindi la
vera traccia della ricerca di dottorato, che nella prima parte ha
messo a fuoco i principi generatori attraverso progetti e
realizzazioni mentre nel secondo periodo ( annuale) cerca di
recuperare le radici di questo singolare pensiero.
Difficile evidenziare una data singolare o un’esperienza che
segna questo modo di leggere il contesto, si dovrebbe parlare di
somma di esperienze e frequentazioni; alcune figure
professionali ( scrittori,poeti, architetti )possono essere
considerate dei punti fondamentali nella carriera di De Carlo.
L’iniziazione con G.Pagano, La Triennale di Milano
sull’Architettura Rurale ( Curata da Pagano), sarà alla base
della IX triennale di Milano sull’Architettura Spontanea (
curata da De Carlo), cominciare dal percorso conoscitivo della
mostra ( spiega de Carlo la tortuosità tema che riprenderà 50
anni dopo per spiegare la supremazia della città mediterranea
9
F.Brunetti F.Gesi, G. De Carlo,Fi.1981,p53.
10
L.Rossi.cfr.pag 9
11
G.De Carlo, Gli spiriti dell’architettura,Ed.riuniti,1999.
rispetto alla città europea) l’amicizia con E.Vittorini, la
frequentazione di I.Calvino e V.Sereni.
Esiste un periodo preciso ( anni 55-60) che un gruppo di amici ,
scrittori, poeti, architetti, pittori, ecc si ritrovano a Bocca di
Magra ( località turistica) dove trascorrono le proprie vacanze;
tra gli altri si ritrovano I.Calvino, E.Vittorini,G.De Carlo.
Le analogie tra gli scritti di Calvino in “ Le città invisibili” con
E.Vittorini in “ Le città del Mondo “ con l’ultimo saggio di De
Carlo “ Nelle città del mondo” saranno alla base della seconda
parte della ricerca di dottorato.
In particolare un altro scritto di De Carlo pubblicato con lo
pseudonimo di Ismè Gimdalcha in “ il progetto Kalhesa”
propone una riflessione sulla ricerca, attraverso una “lettura
umana”, delle identità dei luoghi “ in verità Kalhesa ha la
prerogativa di essere allo stesso tempo unica ed universale “12.
Nel periodo di Bocca di Magra, viene fondata una associazione
denominata “ Amici di Bocca di Magra” è verrà pubblicato un
manifesto programmatico; a questo periodo risale una dei primi
lavori urbanistici di De Carlo ossia il piano regolatore del
Comune di Bocca di Magra ( Ameglia).
La ricerca oltre ad indagare sugli scritti di Vittoriani, di
Calvino, e delle analogie con le teorie Decarliane, cercherà di
approdare a documentazioni originali del periodo di Bocca di
Magra, scritti manifesti e pubblicazioni collettive. De Carlo non
ha mai parlato del periodo di Bocca di Magra come
un’esperienza intellettuale, ma viceversa come occasione di
divertimenti e spensieratezza giovanile “noi andavamo a Bocca
di Magra per stare insieme e per giocare… facevamo vacanza e
giocavamo..eravamo tutti molto giovani e avevamo voglia di
fare i nostri mestieri…spesso verso il tramonto ci ritrovavamo
12
I.Gimdalcha, Il progetto Kalhesa,Marsilio,Venezia,1995, p19.
in tre o quattro seduti sul muretto del fiume …io parlavo di
città con Vittorini e Calvino…ne parlavamo insieme ciascuno
dal suo punto di vista che cambiava parlandone”.13
L’importanza di queste due pubblicazioni, Le città invisibili, e
Nelle città del mondo, sono avvalorate dal fatto che
rappresentavano nei corsi accademici di De Carlo due testi
fondamentali;in Nelle città del mondo, in effetti viene
evidenziato un atteggiamento di lettura intermedia tra Calvino
e Vittorini che la ricerca si propone di approfondire.
La produzione di De Carlo è stata selezionata attraverso temi di
ricerca differenti per contenuto e produzione; la tesi di
dottorato ha individuato quella vena teorica e non solo, che
passa attraverso una dizione che potremmo dire “
cotestualismo interiore” .
L’infanzia trascorsa in Tunisa, con i nonni paterni lo porterà in
contatto, con un ambiente urbano sempre diverso e speciale,
come del resto lui sottolineerà, la tortuosità e la vitalità del
SouK ( città araba) rimarrà come un impronta nella sua
personalità.
La X Triennale sull’urbanistica ( Curata da De Carlo) dove
produrrà anche tre brevi cortometraggi in Collaborazione di
Vittorini sarà l’occasione per una critica al movimento
moderno in architettura e delle leggi che governano in modo
autoritario lo spazio dell’uomo. I cortometraggi mettono in
contrapposizione la ruralità e la vitalità di certi insediamenti
minori, rispetto alla periferia modera ed al disagio che certi
spazi creano alla socialità.
13
F.Buncuga, Conversazioni con Giancarlo De Carlo,eleuthera,p.18
Le analogie tra il pensiero Vittoriniano sulle città e sugli
individui come partecipi alla costruzione del proprio spazio si
leggono interamente nel testo Le città del mondo.La relazione
tra la bellezza della città e la bellezza delle persone ed
viceversa,sulla felicità delle persone sono temi che si
rincorrono continuamente nell’opera di De Carlo:
De Carlo riceverà da Vittoriani l’idea che è l’uomo il fine
ultimo della progettazione, e che lo spazio in cui vive è il
riflesso della propria esperienza.
Il Rapporto con Calvino è di più difficile lettura:
In un articolo su spazio e società, De Carlo pubblicherà per
intero un o scritto di Calvino al titolo Lezioni Americane ove
Calvino sottolinea la peste del linguaggio attraverso la perdita
della immediatezza della parola, generica astratta e smussature
di punte espressive.
Anche le immagini prodotte si dissolvono senza lasciare traccia
nella memoria.
De Carlo appunto commenta che lo stesso linguaggio ha
infettato l’architettura.
I fili delle città di Calvino tema discusso insieme a Vittorini e
De Carlo a Bocca di Magra, sono appunto per De Carlo i Geni
della città storica .
In particolare un altro scritto di De Carlo pubblicato con lo
pseudonimo di Ismè Gimdalcha in “ il progetto Kalhesa”
propone una riflessione sulla ricerca, attraverso una “lettura
umana” delle identità dei luoghi; “ in verità Kalhesa ha la
prerogativa di essere allo stesso tempo unica ed universale “.
L’impostazione è pressoché identica; brevi saggi raccolti in un
unico tema.
De Carlo scriverà questo romanzo con lo pseudonimo di Ismè
Gimdalcha Kalehesa, e possiamo benissimo inserirla come 56
esima città invisibile nel romanzo di Calvino.
O meglio le potrebbe raccogliere di volta in volta la città e il
ricordo- la città e i segni- la città e la forma la città ed i morti.
Il rapporto Tra Calvino e Vittoriani e De Carlo, è ribadito da
Calvino stesso, il primo Calvino “ in nidi di Ragno”
rappresenta un omologo rurale alla Celebrazione di Vittoriani
della resistenza metropolitana di Milano in Uomini e no.
La ricerca si conclude con un analisi dettagliata e critica di un
progetto “ Minore “ cioè l’intervento a Mazzorbo. Le nuove
abitazioni di Mazzorbo, commissionate dall’Istituto Autonomo
Case Popolari di Venezia affronta il tema complesso della
residenza, di un contesto particolarissimo ( il paesaggio
lagunare) ed al tempo stesso una tabula rasa rappresentata
dall’isolotto di fronte a Burano.
L’intervento di Mazzorbo ci permette di verificare tutti gli
aspetti della ricerca decarliana, dalla partecipazione , alla stretta
relazione tra territorio, urbanistica ed architettuta, quindi
l’importanza della storia ed il Dna del luogo.
L’intervento di Mazzorbo, oltre ad una verifica concreta ( nel
senso di costruzione) ci permette di verificare in pieno la
capacità di lettura del contesto che caratterizza tutta l’opera di
De Carlo: l’intervento che si sviluppa intorno agli anni novanta
rappresenta un risultato popolare come avrebbe sognato Bob
Venturi e come lui non è mai riuscito a fare un modo di
penetrare i mutamenti della storia con la ferma convinzione di
assecondarli, con la certezza di perseguire ideali valori di
identità che permangono nel tempo.
Nell’esperienza di De Carlo
Il contestualismo interiore
14
G.De Carlo, in Conversazioni con G.D.C, a cura di F.Boncuga, ed.Eleuthera,Milano,2000
l’idea di tortuosità, la dualità uomo spazio attraverso
l’immedesimazione dello stesso, la lettura opposta tra pieno e
vuoti, tra vitalità e quiete. Il SouK è per De Carlo un modello di
spazio urbano di grande portato culturale, a cui farà riferimento
in seguito per definire il primato della città Mediterranea ,in
termini di qualità ambientale, sulla città Europea “Penso che la
città mediterranea potrebbe avere un’influenza importante
nella costruzione dell’Europa e della città europea;
un’influenza che può essere positiva perché feconda di
contraddizioni.Non si deve infatti dimenticare che il modello
dominante di città europea appartiene ad una concezione
economicista dello sviluppo urbano ad un’idea estrema dell’uso
del suolo e dei rapporti umani.
Però la città mediterranea ci costringe a riflettere su alcune
questioni che ormai consideriamo fondamentali.In primo luogo,
il concetto che lo spazio è sempre spazio e non è divisibile in
Maggiore o minore. Nella città mediterranea non esistono
differenze rilevanti fra spazio interno e spazio esterno.Se si
prova a disegnare i pini ed i vuoti di una città mediterranea e li
si confronta , si vede che i due disegni sono analoghi: i vuoti
potrebbero essere i pieni ed i pieni i vuoti. Del resto
l’alternanza dei ruoli è lampante in luoghi come il Souk dove la
strada essendo coperta, diventa con naturalezza
un’interno…una seconda cosa è la tortuosità. Non la esalto
come espediente morfologico, ma mi interessa come
rappresentazione dello spazio fondata sul principio che la sua
percezione non può essere altro che complessa…quello che
certo in termini geometrici, diventa incerto in termini di spazio
urbano…sappiamo che sono colme di disfunzioni, ma che sono
dotate anche di straordinaria capacità di cambiare, di
modificarsi di estinguersi, continuando a generare percezione e
esperienza di spazio…e la città ha cominciato a perdere il suo
fascino impareggiabile di città mediterranea, tortuosa,
complessa, imprevedibile, dove ci si può perdere e quindi dove
si dove continuare a scoprire”15. Questo articolo apparso su
Domus datato gennaio 2004, contiene una serie di indicazioni
critiche, che riassumo in tondo le tematiche di una carriera di
Architetto, Urbanista, Filosofo, Scrittore e sono fondamentali
per tracciare la ricerca .
La contraddizione, nello spazio urbano, è per De Carlo un
pregio, come vedremo in seguito, questa rappresenta una
differenza su cui fondare il progetto, che si esprime attraverso il
disordine e l’ordine.” L’ordine deriva da una selezione che
isola le variabili considerate significative e le organizza in un
sistema quanto più possibile semplice tale cioè da offrire una
soluzione semplice…sappiamo che sempre di più si tende ad
organizzare lo spazio fisico secondo principio riduttivo e
sappiamo che esso è l’origine di tutti i metodi che vengono
universalmente applicati per la costruzione del
luogo…prototipi spaziali la cui combinazione additiva dà
luogo ad un insieme ambientale: la strada, il quartiere, la città.
15
G.De Carlo, Tortuosità, in Domus, n°866, Gennaio 2004.
Fig.1 Schizzi tratti da “Nelle Città del Mondo”
Sappiamo anche che una città ci interessa per tutto quello che
riesce a sfuggire ai controlli di queste regole , per le espressioni
non ammesse, che si insinuano nelle smagliature dell’ordine e
si rivelano con tutta la ricchezza di stimoli che è propria delle
contraddizioni. Il tessuto trapelante delle espressioni non
ammesse dà luogo a una configurazione imperfetta di
disordini”16.
16
G.De Carlo, Ordine istituzioneeducazione disordine- in Casabella n°366.
La contraddizione sarà un portato dell’architettura spontanea, a
cui De Carlo si rifarà più spesso; una lezione che, come
vedremo nel II capitolo riceverà da Pagano. Appunto siamo nel
36 quando Pagano organizzerà la famosa triennale di Milano
con tema “ L’Architettura Rurale”. Questa occasione culturale
permetterà a molti architetti giovani dell’epoca di entrare in
contatto con quel portato culturale minore, che in alcuni casi
può aver fatto frenare l’avanzamento della cultura
architettonica, dall’altro, come nel Caso di De Carlo, è stata la
base fondamentale per apportare quelle critiche costruttive al
movimento moderno che imperiava in quegli anni incontestato.
Pagano, redattore già di Casabella, diverrà negli anni della
resistenza molto amico di De Carlo; la loro amicizia,
documentata anche attraverso lettere intercorse tra i due,
porterà De Carlo ad una rivisitazione interiore dei postulati
formulati dai Ciam, che culminerà con l’abbandono del famoso
gruppo, a seguito delle aspre critiche per il progetto di
appartamenti di Matera. In quest’occasione, De Carlo, convinto
che anche il movimento moderno si avvicinava ai luoghi con
una certa superficialità, presenterà un progetto ormai noto a
tutti, impostato più sulle assonanze architettoniche, alla
continuità materia linguistica che non ai punti teorici dei Ciam.
Il complesso residenziale della Martella, viene fotografato sullo
sfondo di un campo ove pascolano un gregge di pecore. Questa
foto non a caso rappresenterà una sensibilità al codice genetico
dei luoghi. De Carlo ormai convinto del superamento dei
principi autoritari del movimento moderno, organizzerà come
tema della IX Triennale di Milano, una sezione sull’architettura
spontanea.
Fig.2 Complesso della Martella
contemporanea”.17
17
G.De Carlo, Un sistema Crostaceo, in Collettami Castelbianco, www,coletta.it
Il periodo dagli anni 50-60, vede De Carlo impegnato in uno
dei più grandi progetti architettonici –urbanistici, del panorama
italiano, Urbino. De Carlo viene chiamato da Carlo Bo ad
interessarsi del recupero della sede centrale dell’università; da
allora sarà l’esecutore di un progetto di recupero edilizio- fisico
– sociale- economico che non ha precedenti nel panorama della
cultura architettonica ed urbanistica italiana ed internazionale.
Dal piano urbanistico generale agli interventi edilizi di recupero
e riqualificazione, sono tutti esempi di architetture contestuali
che fanno scuola.
18
F.Samassa, in G.De Carlo Percorsi, il Poligrafico, Inezia 2004.
19
G. DE Carlo, La redazione del Progetto per Genova, in Immagini e Frammenti, a cura di A.Mioni, Electa,1995.
orografiche, storiche, è letto da De Carlo, nella sua complessità
e soprattutto attraverso la presenza dell’uomo.Il territorio è
visto e letto attraverso l’esperienza umana, quell’esperienza
colta attraverso la narrativa di Vittorini.
20
G.De Carlo, L’identità del Territorio, in Lettura e Progetto del territorio, Maggioli editore, Rimini,1996.
Nel 1948-1949 si iscrive a Architettura a Venezia ove si laurea
insieme a Gardella, poco dopo verrà chiamato ad insegnare a
Venezia presso il corso di Disegno e rilievo.
Nel 1950-1955 Con il piano Fanfani ha l’occasione di
realizzare i suoi primi importanti edifici, è chiamo da Carlo Bo
per interessarsi a Urbino, Organizzerà la IX triennale di
architettura, , è chiamato da Rogers a far parte della redazione
di Casabella, farà parte dei Ciam fino alla famosa notte del
1959 . Nel 1950, realizzerà le case per appartamenti a S.San
21
G.De Carlo, in Casabella n°201,1954.
Fig.12 facciata complesso residenziale la Martella
22
G.De Carlo, in Conversazione con G.D.Carlo, a cura di Franco Boncuga, Eleuthera, Milano,2000
stemperato.Per tutto il tempo in cui si è sviluppata la
discussione sul regionalismo, nazionalismo, piani urbanistici,
centri storici, centri direzionali, città territorio regione,
vernacolo, post modernismo e progetto piano, è rimasta ferma
la persistente convinzione di De Carlo che ogni intervento deve
introdurre innovazione nel tessuto della tradizione esistente”23.
Ma la tradizione è fatta di permanenze che caratterizzano
quell’insieme di cose che chiamiamo identità .L’idea che ogni
luogo possiede un identità passa dallo studio del codice
genetico, che sarà per De Carlo un altro fondamentale aspetto
della sua ricerca. Appunto sul termine identità De Carlo
interverrà a più riprese “l’identità è una questione centrale alla
quale sono stato costretto a dedicare gran parte delle mie
energie.Parlo dell’identità degli edifici e dei luoghi, ma anche
dell’identità degli individui e delle società. È minacciata dalla
specializzazione e quindi dall’unificazione e debbo dire che
l’urbanistica ufficiale più recentemente ha contribuito molto in
questi anni a rendere la minaccia sempre più
attuale”24.L’identità viene legata al codice genetico; il codice
genetico dei luoghi per De Carlo è qualcosa di più della sola
identità, anzi per certi versi la contiene: “ credo che la
conoscenza dei codici genetici dovrebbe essere preliminare ad
ogni azione che ci si propone di compiere sul territorio…la
qualità specifica che deve avere ogni spazio aperto o edificato,
le corrispondenze che si debbano stabilire col contesto per non
confondere la sua identità, le coerenze necessarie tra strutture
urbanistiche e forme architettoniche , le consonanze con le
cadenze della natura…allora procedendo per alternanza di
lettura e progettazione tentativa , si finisce con lo scoprire che
23
H.Millon, Il tempo e l’architettura, in Giancarlo De Carlo Architetture, a cura di L.Rossi, A.Mondatori.
24
G.De Carlo, Intervista di F.Karrer, in Spazio e Società, n° 41, Gennaio Marzo, 1998.
esiste un codice genetico che ha governato la nascita e lo
sviluppo del luogo sul quale si vorrebbe intervenire e che ogni
intervento incoerente con le ragioni di quel codice genetico
produrrebbe alienazione urbanistica –architettonica e sociale,
come si vede in modo inequivocabile dalla volgarità in cui cade
la morfologia”25.
Nel 1955-1966 Sono gli anni di insegnamento a Venezia,
l’appartenenza al Team X, l’appartenenza alla società amici di
Bocca di Magra.
In quegli anni apparterrà anche alla ormai famosa Società
Amici di Bocca di Magra, associazione culturale nata per
salvaguardare il patrimonio ambientale di quella località
turistica; in questa occasione, e nelle vacanze trascorse, De
Carlo entrerà in contatto con poeti scrittori, in particolare con
Calvino, Sereni. Di questo periodo, a mio parere di
fondamentale importanza, è il contatto con Vittorini e Calvino;
entrambi conoscitori di città parleranno della loro esperienza
con De Carlo, dopo pochi anni usciranno due libri, “ Le città
del Mondo” di Vittorini e “ Le città Invisibili “ di Calvino;
questi due libri come vedremo in seguito, precedono un terzo
libro di De Carlo “ Nelle città del mondo”la cui visione come
spiega appunto l’autore sarà una visione dall’interno.
25
G.De Carlo, Lettura e progetto del territorio, Maggioli editore, Rimini,1995.
Nel 1962-68 sono anni di intervento a Urbino, pubblicherà per
Argalia “la piramide rovescia” ma soprattutto sempre per
Argalia il libro “ Questioni di architettura ed Urbansitca”,
26
P.Di Biagi, I Classici dell’urbanisitca Moderna, Universale Donzelli, Roma 2002.
Nel 1960-68 Sono anni di intervento a Urbino, Pubblicherà per
Argalia “la piramide rovescia”. Gli interventi di Urbino
iniziano nel 1960 con la sede Centrale dell’Università , fino
all’attuale ristrutturazione della Data od orto dell’abbondanza.
27
G.De Carlo, in Conversazioni con G.De Carlo, a cura di F.Boncuga , Eleuthera, 2000.
assenza di aperture, eccetto alcuni tagli verticali di modeste
dimensioni, la forte potenza architettonica del muro in mattoni
faccia vista, chiusa quasi a recinto, come molte architetture
nascoste ( sembra non voler far affermare, in termini di
importanza, nessuna facciata rispetto all’altra ), si alterano alla
ricchezza dello spazio interno quello introverso dello spazio e
degli individui. Lo scavo generato all’interno del lotto dove
trovano posto le aule, l’anfiteatro, si presenta come
un’architettura vuota e piena allo stesso tempo( come
nell’architettura conventuale ove ad una chiusura totale verso
l’esterno, non solo formale, corrisponde una ricchezza interna
di spazi di forme).
28
T.Fuligna, in Una Giornata con De Carlo, Art Grafiche Stibu Umbria, 2001
Appunto De Carlo fa forza sulla dualità delle situazioni ,
dualità che genera forza, quindi stimoli e occasioni “la
consapevolezza di non scindere l’interedipendenza delle parti
urbane e territoriali, la persuasione acquisita con fatica che non
dà frutti, il separare in modo manicheo il piccolo dal grande, il
continuo dal discontinuo, la tradizione
dall’innovazione…mentre è fertile muoversi nello stimolante
intrico dei rapporti duali…le svariate circostanze delle società e
dei luoghi e così via”29.Sulla dualità Architettura Urbanistica,
29
G.De Carlo, Architettura mosca cochiera, in Lotus,1991,n°69.
perciò si può pianificarlo e progettarlo allo stesso tempo, senza
astratti patemi d’animo sulla priorità del piano sul progetto o
suo contrario.”30La questione del rapporto architettura
urbanistica, è sempre stata alla base della ricerca di De Carlo,
di quel contestualismo interiore, che la piccola scala permette
di affrontare; lo vedremo negli interventi di Mazzorbo, ove De
Carlo attraverso una lettura delle preesistenze interviene in un
contesto fortemente storicizzato inserendovi oggetti nuovi la
cui organizzazione funzionale e formale formano un tutto uno
con il vocabolario del luogo. Sul rapporto interno esterno
abbiamo già accennato in precedenza, nel Magistero questo
rapporto è ancora più evidente; la relazione interno esterno
degli edifici, De Carlo la legge come un rapporto interiore della
socialità degli individui, e come questi si inseriscano in questa
dualità. In Urbino, questo rapporto sociale è molto chiuso, la
città, le muraglie, sono fortemente introversi; come appunto De
Carlo sottolinea, questo rapporto non può limitarsi alla logica
privata dell’organismo architettonico, ma deve penetrare nella
logica complessiva del contesto fisico sociale. L’ambiente
arabo, il SouK, è stato per De Carlo un momento di attenta
lettura di questo rapporto, come ho già sottolineato, questo
rapporto culminerà nella stesura del progetto di Mazzorbo,l
dove De Carlo sintetizzerà queste relazioni ( attraverso schemi
grafici, tracciati) per presentare all’IACP di Venezia il progetto
di 36 Alloggi. Anche la dualità pieno e vuoto è fortemente
condizionante in questo contesto; come ogni progetto di De
Carlo è difficile scindere le parti per metterne in evidenza il
contenuto, quindi risulta arduo dividere e frammentare un
progetto in tante parti. Per De Carlo il pieno degli edifici, e il
vuoto dello spazio esterno sono la stessa cosa, o meglio
30
G.De Carlo, in Lastra a Signa, Progetto Guida per il Centro Storico, Electa, Milano, 1989.
nessuna parte predomina sull’altra in termini di importanza,
come vedremo in seguito anche questa lettura si può dire
ereditata dal passato; in molti progetti /piani, la lettura dei vuoti
e dei pieni diventa talmente significativa da rendere vano un
recupero edilizio se non si interviene sul suo intorno “Quando i
31
G.De Carlo , in Istruzioni per il recupero ambientale, a cura di L.Rossi, Maggioli,
32
D.Vargas, in Conversazioni sotto una tettoia, Clean Edizioni,2004
probabilmente turbolenti, qualunque tentativo di opporsi è
inutile se non risibile”33. Per partecipazione De Carlo intende”
stimolare la presa di coscienza di uno stato di fatto
iniquo…delle motivazioni che stanno dietro quello stato di fatto
e delle conseguenze che produce di delineare un nuovo modo di
usare e configurare il territorio coerente con i bisogni reali della
collettività; di proporre di sistemi morfologici- in termini di
immagini fisiche , tridimensionali espressive dei valori sottesi
ai bisogni reali e alle aspettative della collettività”. 34
33
G.De Carlo, ibidem, p. 12.
34
G.De Carlo,in le radici malate dell’urbanisitca italiana, a cura di aa.vv. Miozzi ed.Milano 1976.
mi danno le sue rughe…sono geloso di questa città al punto di
non poter dormire se altri la guardano con speranze
possessive…soffro delle fatiche di questa città che spesso sono
tante…E allora adesso che sono cittadino onorario prometto
che sarò un buon cittadino”.35
35
G.De Carlo, in Un Architetto e la città, Urbino Quattroventi, 1990.
sono state cominciate subito e contemporaneamente la lettura e
la progettazione tentativa Che per quattro mesi , molto
intensamente impiegati, sono state portate avanti in alternanza
continua”36. Sulla lettura e sulla progettazione tentativa sarebbe
interessante ampliare il discorso, che in fondo rappresenta in
qualche maniera un metodo operativo di De Carlo.
Nel 1993 rieceve la Royal Gold Medal.
Nel 1994 Progetto per le porte di S.Marino, rappresenta un altro
passaggio nella ricerca progettuale di De Carlo;
già qualche anno prima nel concorso per la Lizza a Siena, tra
una cortina muraria e l’altra appariva una torre smaterializzata;
si parlerà in seguito di lirismo strutturale. Di questa perdita di
materia, leggerezza, si è parlato ancora una volta come riflesso
di cambiamento della società come abbandono alle leggi del
cosiddetto progresso; “ quello che allora ho cominciato a
36
G.De Carlo, Progetto Guida Per il centro Storico di Lastra a Signa, Electa,Milano,1989.
progettare era di certo influenzato dal crescente rifiuto di una
banale e passiva idea di progresso. Quindi da una più precisa
posizione critica nei confronti di una tecnologia data come
onnirisolutiva , e invece sulla via di essere obsoleta perché
ancorata ai suoi gloriosi presupposti ottocenteschi.
37
G.De Carlo, Conversazioni con F.Boncuga, op.cit.pag.201.
progettuali crescono a piccoli passi; ancora una volta l’idea di
crescita spontanea della Torre, recupera metaforicamente quella
crescita della cultura popolare minore che in Siena è arrivata a
costruire la Torre del Mangia. Difficile distinguere il
linguaggio colto dal linguaggio popolare;
38
G.De Carlo, Una Torre per Siena , in Spazio e Società,1991,n°53.
modo di consistere nello spazio aereo e sotterraneo. Sono
rimasto colpito da quel confronto che mi si era repentinamente
presentato tra le rovine e gli alberi, tra un intensa espressione
dell’essere spazio con emozione e razionalità e un’altra
egualmente intensa espressione con emozionante
naturalità…mi sembra che la seconda possa essere considerata
inclusiva e cioè capace di dare mezzi per diventare attuali a
configurazioni complesse, molteplici, mutevoli.” 40
Di alberi in movimento sembra essere il progetto per le Porte di
S.Marino; “la nuova porta per S.Marino, come quella per Siena
incorpora l’immaterialità, è infatti ariosa, trasparente , leggera;
la via immediata per esperirla è di ricordare ai propri sensi :la
vista il tatto e perfino l’olfatto, perché i materiali di cui è fatta
hanno capacità di evocare attraverso gli odori”41 Le porte di S.
Marino, oltre a risolvere un problema distributivo di passaggio,
rappresentano un modo di evocare le cose, le attitudini di una
popolazione , della sua ricchezza “ tutte queste cose messe
insieme e tante altre che ho scoperto o mi sono inventato e
magari non esistevano ma ormai, attraverso la porta esistono e
sono in circolo e ne generano altre”.42
39
G.De Carlo, La Idea plastica come reto a la Tecnologia, in Parametro n° 43, 1976
40
G.De Carlo, Una Torre per Siena, in Nelle città del Mondo,Marsilio, Venezia,1995.
41
G.De Carlo, Dalla relazione di Progetto.
42
G.De Carlo, Con i sensi e la ragione in Lezioni di Architettura , in Rassegna di Architettura ed Urbanistica n°92/93.
La Lezione di Pagano
43
G.Pagano, Architettura Rurale in Italia, in Casabella, n°96, dicembre 1935.
quelle azioni forzate, calate dall’alto senza tenere in
considerazione il luogo ove si andava ad operare e soprattutto
intervenendo i contesti storicizzati essendo sprovveduti e goffi.
Da sempre infatti De Carlo ha posto alla base della sua ricerca
la salvaguardia dei principi di identità dai processi di
omologazione che annullano quelle differenze umane , quindi
anche fisiche e materiche costituenti la base dei geni della città.
44
G.Pagano,La nuova dell’Architettura-recensioni di un libro,in Costruzioni Casabella, n°150 giugno 1940.
45
G.Pagano, D.Guarnirei, Architettura rurale italiana, Quaderna delle triennali, 1937.
46
G.De Carlo, Formalismo continuità dell’accademismo, in Isabella-Continuità,n°199, dicembre 1953.
musica, discutevamo di arte e di architettura. Erano come
piccole feste e di fatti le chiamavamo bairam. Discutevamo,
discutevamo, discutevamo di politica di arte e soprattutto di
architettura.Credo che quella sia stata in buona parte la mia
vera università.47A sottolinea l’amicizia tra Pagano e De Carlo,
esistono alcune lettere intercorse tra i due nel periodo in cui
G.Pagano era stato catturato dalla banda Koch e rinchiuso nel
carcere di S.Vittore, e che in questa sede se pur marginalmente
mi preme recupere: tra queste l’ultima lettera prima di essere
trasportato a Mathausen, “ Milano 10 Ottobre 1944, Carissimo
Giancarlo ho ricevuto oggi il tuo messaggio coni tuoi foglietti
del 7,8,9ottobre.
47
G.De Carlo, in Conversazioni con G.De.Carlo, a cura di F.Boncuga, ed.Eleuthera, p.49,2000 Milano
benzina o petrolio per bruciare il fondo di legno del vagone,
bardolino per copricapo.Pera la mia evasione penso di servirmi
di questi mezzi.”48Tornando alla memorabile mostra
sull’architettura rurale, è bene sottolineare che Pagano, su
questo argomento aveva già scritto diversi articoli su Casabella,
sottolineerà il dizionario logico dell’architettura minore; quel
dizionario denso di vocaboli che De Carlo utilizzerà, come
vedremo al termine , nell’intervento a Mazzorbo. “La
conoscenza delle leggi di funzionalità ed il rispetto artistico del
nostro imponente e poco conosciuto patrimonio di architettura
rurale sana ed onesta , ci riserverà forse dalle ricadute
accademiche ,ci immunizzerà contro la retorica
ampollosa”.49Pagano, di persona scandagliò gran parte della
campagna italiana alla ricerca di un’altra architettura da
contrapporre a quella di mondo; la sua attenzione per
l’architettura rurale determinò un importante contributo anche
alla storia dell’architettura, e che molti progettisti faranno
propria. “ per lui assertore convinto del lavoro di
collaborazione , l’architettura rurale era la dimostrazione più
palese dell’efficacia del lavoro collettivo, anonimo, che non
crea l’opera di eccezione ma da corpo alle necessità di
organizzare razionalmente l’abitare comune. A Pagano e
Guarnirei sfugge il ruolo di classe su cui l’edilizia rurale e
l’intera cultura minore e spontanea è fondata. Il limite si
ripercuote nel taglio disciplinare con cui l’argomento viene
affrontato:sintomatico è infatti che la casa rurale non sia mai
inserita in un suo organizzarsi più complesso”50.Il lavoro svolto
da Pagano, anche se settoriale, sfociò nel periodo successivo,
con un dibattito critico sulla architettura italiana e
48
G.Pagano,lettere dal carcere, pubblicate in Parametro n°35, 1957.
49
G.Pagano,D.Guarnieri
50
A.Saggio, L’opera di G.Pagano tra politica e Architettura,ed.Dedalo.
sull’italianeità, che come vedremo successivamente sfociò con
il dibattito sui “sassi di Matera” e del villaggio la Martella di
Matera.. Anche Zevi sottolinea l’importanza del contributo di
Pagano, in particolare scrive “Alla vigilia della prima guerra
mondiale ,l’eversione futurista ebbe il merito di rompere col
passato eclettico…ed allora che Giuseppe Pagano, leader del
movimento moderno fruga nel patrimonio edilizio minore ,
quasi totalmente estromesso dalla storiografia
artistica…riesaminando a distanza di mezzo secolo , il libro di
Pagano induce ad alcune osservazioni e pone alcuni
quesiti…ma è identificabile una figura di architetto minore? No
e Pagano neppure lo cerca. Si ferma a pezzi di architettura e
ben lieto di ignorarne gli autori”51.
51
B.Zevi,in Dialetti architettonici, Tascabili newton,1996,Roma.
italici fu ottenebrato a causa di una droga : il cosiddetto
spontaneo. Ci caddero quasi tutti , da Giuseppe Samonà e
R.Pane, a G. De Carlo. Una mostra alla Triennale del 1951 fu
dedicata aquesto tema ,in un rancido tripudio di vernacoli e di
pseudo vernacoli. Una psicanalisi collettiva avrebbe riscontrato
l’assommarsi di istinti diversi ma convergenti: rientro
nell’utero materno.”52
Zevi appunto si riferisce alla Triennale numero nove del 1951;
De Carlo, in quell’occasione dedicherà all’architettura
spontanea una cospicua sezione, che si riallaccerà non solo
idealmente, alla triennale predente di Pagano sull’architettura
rurale. In questo periodo fino tutto il decennio 50-60’ la
produzione di De Carlo sarà caratterizzata da costruzioni che
mostreranno in maniera inequivocabile la lezione di Pagano.
Tornando alla Triennale sull’architettura spontanea, De Carlo
affronterà questo impegno insieme a Giuseppe Samonà, Ezio
Cerreti,Albe Stainer ed una serie di collaboratori regionali che
curavano le varie sezioni ,tra cui Michelacci, Detti. I risultati
della Triennale furono aspramente criticati; abbiamo già visto
che Zevi giudicherà il risultato come un tripudio di vernacoli,
,ma anche lo stesso Carlo Doglio, su Metron scrisse infatti”
…per varie ragioni ma fondamentalmente per mancanza di una
approfondita indagine sociologica , riscoté gli applausi dei
polemici dei populisti e quelli folcloristici dei romantici: ma la
verità delle sue cause che non può mai diventare oggetto di
analisi estetica a causa delle miserie che ricoprono chi le
capì?”53Sicuramente la IX Triennale non fu compresa appieno
nel suo significato; l’intenzione non era affatto quella
sottolineata da Carlo Doglio, come coaugolo di esperienze
52
Ibidem,p.p.29.
53
C.Doglio, Accademia e formalismo alla base della IX Triennale, in Metron, n°43,1951,p19.
romantiche o peggio ancora come un insieme sistematico di
elementi formali da utilizzare, ma viceversa”La mostra
dell’architettura spontanea si propone di accentuare e
diffondere il senso del problema che oggi è particolarmente
vivo nell’architettura moderna: la necessità di trovare nuovi
modi per ricostruire un ambiente che agisca sugli uomini come
veicolo di vita…Le architetture spontanee non possono fornirci
suggerimenti diretti-troppo diverse sono le costanti che
agiscono nella società contemporanea- ma indicano come possa
essere ricca di vitalità e fantasia un’opera che nasca in un
accettata aderenza ai fatti della vita e per contrasto come sia
misera un’opera che nasca dall’ignoranza di questi
fondamentali legami. Queste opere ovviamente non sono state
indicate perché divengano materia di ispirazione per gli
architetti e di nostalgia per il pubblico, ma perché il risalire ai
loro fondamentali valori, il comprendere le ragioni delle loro
origine, formazione e decadenza può avviare alla creazione e
alla comprensione di opere contemporanee valide”.54La
rilettura del contesto storico minore, sarà anche causa per De
Carlo di abbandono dei Ciam, infatti sono di questo periodo
importanti costruzioni che recuperano “un fare spontaneo”tra
cui il complesso residenziale del villaggio la Martella a
Matera.Questo intervento, presentato ad Otterlo alla conferenza
dei Ciam, suscitò l’ira dei “padri fondatori” che videro in
questo progetto una sorta di tradimento dei principi
fondamentali del movimento moderno; il tetto a falde, il
linguaggio degli elementi componenti la facciata, una base, un
corpo ed una testa, le aperture tradizionali sia livello di
dimensioni che di materiali, quindi un tamponamento di pietra
a faccia vista lascia intravedere una struttura in c.a portante. “io
54
G.De Carlo, Nona Triennale di Milano,Catalogo della Mostra, Milano, 1951,pp.89-90.
sapevo bene che i materiali e la tecnica mi consentivano di
tagliare finestre orizzontali di grande luce. Ma perché mai avrei
dovuto disegnare finestre orizzontali in ogni circostanza?
Sapevo bene che si potevano realizzare tetti piani che non
perdono.Ma perché mai avrei dovuto impedirmi di fare tetti a
falde anche quando c’erano buone ragioni per farli? Forse per
essere moderno? Se la modernità è solo quello dicevo ai miei
ostinati oppositori- se per essere moderni basta applicare come
stavano facendo lodole loro formule meccaniche , allora di
essere considerato moderno non me ne poteva importarmene di
meno.Però l’architettura moderna dicevo è di sostanza molto
più complessa dei pensierini semplici che i Ciam continuavano
a Ribadire”55.
55
G.De Carlo, in Conversazioni con G.De.Carlo, a cura di F.Boncuga, ed.Eleuthera, p.105,2000 Milano
offrire attraverso il portato culturale minore. De Carlo respinge
con forza l’applicazione di regole che devono essere ripetute
pedessiquamente in ogni contesto, senza trarre invece dal
contesto stesso le leggi per una ricerca moderna dello spazio
antropico.Tornando alla sua produzione di questo decennio,
oltre all’intervento di Matera sono altre tre opere che descrivo
lo stato della ricerca decarliana: il complesso residenziale alla
Commasina, gli appartamenti per dipendenti dell’Università di
Urbino al Cavallino, Le case di abitazioni a Baveno, la casa a
Ziagania del Friuli.
56
F.Brunetti.F.Gesi,in Giancarlo De Carlo, Aliena Editrice,Firenze,1981.pp.77.
straordinario che venne scoperto influenzò direttamente per
molti anni l’architettura italiana nel suo sforzo di contatto con
gli strati popolari”.57 Del 1955 è l’intervento al Cavallino in
Urbino; si tratta di case per dipendenti dell’università di
Urbino: in questo progetto di nuovo l’attenzione per la città
storica italiana, per la tradizione costruttiva locale è ben
rappresentata. L’impianto urbano, si distribuisce ad emiciclo,
quasi a ricordare la circolarità di certi centri storici, nonché
articola i vari appartamenti in una concatenazione su più livelli
altimetrici.
Fig.37 Case al Cavallino Urbino-foto E.Bascherini
57
V.Gregotti, Orientamenti nuovi nell’architettura Italiana,Electa,. Milanoa,1969,p.53.
Ne risulta una composizione d’insieme molto suggestiva; anche
nell’uso dei materiali si riconosce l’attenzione per la tecnica
locale nell’uso di laterizio a faccia a vista, arricchita nel
sottogronda con delle modanature semplice, i tetti a falde che
abbracciano come a Baveno l’intera composizione a dimostrare
l’attenzione per le coperture Umbre; è da sottolineare l’uso di
un loggiato che si alterna tra pieni e vuoti della facciata.
58
T.Fuligna, in Una giornata a Urbino con G.De Carlo,Aprile ,2001.p.63
l’organizzazione di più ambienti distinti ma raccolti sotto un
unico tetto a coppi. I materiali sono quelli della cultura
tradizionale muri in mattoni con travi in c.a pavimentazioni
interne in legno, finiture interne ed esterne in intonaco
fratazzato, serramenti in legno, muri di recinzione in pietra. La
leggera copertura che si adagia sui muri perimetrali, quasi
proteggerli, si ricollega a quell’architettura organica cara anche
a F.L.Wright.
Un altro argomento concettuale che avvicina De Carlo a
Pagano, e come vedremo di seguito De Carlo affronterà diverse
volte attraverso scritti ed interventi, è la questione della
“forma” o meglio lo spostamento concettuale dal “ Come “ al “
Perché” del progetto. Il come progettare qualcosa secondo De
Carlo ha assunto un ruolo secondario o quasi del come
progettare qualcosa; in poche parole il come è prematuro se non
troviamo prima di tutto perché. Questo spostamento concettuale
è il retroscena tutto decarliano della lettura come momento
anticipatore del progetto, o meglio leggere in maniera
progettuale.” Il problema del come progettare qualcosa è meno
importante del problema del perché progettare qualcosa. O
perlomeno che il come è prematuro, inopportuno e vago, se non
troviamo prima una risposta al problema del perché”59. E’
evidente il collegamento con Pagano, con i suoi scritti; nel
1935 appunto Pagano su Casabella scriveva “ Nella storia
dell’architettura noi studiamo generalmente la storia del gusto
architettonico, attraverso le forme auliche adottate dalle
costruzioni maggiori: i templi, le chiese, i palazzi.Quali ragioni
tecniche e quali rapporti di tradizioni formali e quali influenze
di carattere economico e funzionale abbiano originate queste
manifestazioni non interessano più ne il modo degli studioso ne
59
G.De Carlo, Whj/ How to build Schools buildings, in Casabella n°368-69, 1972.
quello degli artisti. Nell’esame dell’architettura stilistica ci
interessa enormemente il come ma non il perché…conosciamo
più per intuizione che per esperienza, che una forma
naturalmente estetica nella architettura rappresentativa è stata
inizialmente suggerita dalla risoluzione di una necessità tecnica
o funzionale . Ma i rapporti tra l’ultimo anello della catena e
quello iniziale spesso ci sfuggono perché crediamo morte e
disperse nella preistoria quelle testimonianze intermedie che
hanno servito da lievito alla rappresentazione aulica.Pur
conoscendo che la sopravvivenza di una forma è più forte della
sua stessa ragione pratica , e che una abitudine estetica o gergo
decorativo o inerzia tradizionale quando è cessato lo stimolo di
quel bisogno, la maggioranza si rifiuta di sottoporre
l’architettura stilistica a questa indagine apparentemente e poco
rispettosa ”.60Sicuramente il Perché di Pagano è uno stato di
necessità, derivante dal contesto, e l’architettura rurale ne
dimostra l’essenza. Il monumentalismo imperiante viene così
attaccato da quel portato culturale minore, attraverso quelle
regole consce che poi si fanno forma estetica pura, si ha
garanzia di arrivare secondo Pagano ad un moderno modi di
fare architettura, il cui contenuto diviene essenziale e privo di
decorazioni superflue. Possiamo dire che il perché di Pagano è
un perché economico e funzionale. In un secondo articolo
Pagano si spinge oltre l’analisi oggettiva del portato culturale
minore proponendo un atteggiamento progettuale “…Ci
troviamo di conseguenza , anche in questo campo alla sola
duplice valutazione delle cose: valutazione estetica che si
risolve in questioni di forma e valutazione tecnica che si risolve
in questioni di sostanza. In realtà però la dove la valutazione
tecnica volesse affidarsi all’intuizione estetica non dovrebbe
60
G.Pagano, Documenti di Architettura Rurale,in Casabella n°95,1935.
esistere questo contrasto ma anzi procedere con spontaneo
affiatamento tanto la valutazione estetica del problema quanto
quella tecnica ed economica e fondersi in un unico risultato: la
costruzione rurale corrisponde tanto ai postulati estetici quanto
alle necessità tecniche dell’edilizia moderna”.61
Fig.40 Il ballatoio degli appartamenti a S.S.Giulino
61
G.Pagano, Case rurali, in Casabella, n°86, 1935.
Anche i principi del movimento moderno, divengono troppo
stretti e restrittivi;De Carlo porta l’esempio di due congressi
dei Ciam ed in particolare a quello di Francoforte, il cui tema
era l’abitazione razionale, dice”Avevamo smarrito la ragione
più profonda del loro impegno culturale. Oggi dopo
quarantenni dal congresso, ci troviamo con quelle proposte
diventate case e poi quartieri e poi periferie e poi intere città,
manifestazioni palpabili di una sopraffazione perpetuata prima
sui poveri e poi perfino sui meno poveri, alibi culturali della più
feroce speculazione economica e della più ottusa inefficienza
politica . E tuttavia quei perché così spensieratamente
memorizzati a Francoforte, ancora stentano ad affiorare con
chiarezza. Mentre è del tutto lecito domandarsi perchè
l’alloggio debba essere il più possibile economico, e non invece
per esempio assai costoso; perché invece di compiere ogni
sforzo per ridurlo ai minimi livelli di superficie di spazio di
spessori di materiali…ci si debba sforzare per renderlo più
ampio..renderlo confortevole ricco di occasioni
…comunicazione, scambio, creatività personale” 62. Secondo
De Carlo il come progettuale è stato sopravvalutato, ed è
rimasto il tema centrale nella produzione architettonica
contemporanea; “ un modo di pensare per archetipi che sarebbe
in ultima analisi della valorizzazione contemporanea del
monumentalismo della pura e incontaminata delle architetture
considerate in se per se , del tutto fuori dai bisogni degli utenti,
della banalizzazione del problema dell’architettura sulla
questione stilistica entro cui mescolare significati simbolici e
valori estetici: a completa evasione dei grandi problemi che le
discipline progettuali dovrebbero porsi concretamente e
62
G.De Carlo, Il Pubblico in Architettura, in Parametro,n°5,1970.
rimangono così inevasi”.63Superando quindi il problema del
perché tecnico del moderno e allo stesso tempo criticando la
supremazia dei come, De Carlo considera la realizzazione un
fatto sociale e come tale deve nascere dal basso,poi potrà
nascere anche la forma , ma a quel punto sarà superato il come
ed il perché del risultato.
63
G. De Carlo, in G.De Carlo Percorsi, a cura di F.Samassa,Il poligrafico, Vemnezia 2004,p.144.
ampliato lo spettro delle sue comunicazioni con il mondo
esterno e ha cambiato modi di produzione , comportamenti ed
aspettative.La contraddizione che dopotutto è frequente anche
fuori dalla laguna è stata accolta nel progetto come uno stimolo
positivo. E invece di abrogare il linguaggio tradizionale ( strada
dell’accademia modernista ) o di contorcerlo per renderlo
paradossale ( strada dell’accademia post-moderna) è stata scelta
la strada del linguaggio molteplice. Ne è risultata una
configurazione stratificata dove segni e segnali del presente si
mescolano a figure tradizionali, in un sistema compositivo
inequivocabilmente contemporaneo. La struttura formale del
nuovo nucleo residenziale è incrostata di analogie che
ricordano immagini già presenti nel luogo o riportate altrove.
64
G. De Carlo, Tra Acqua ed aria, Sagep editrice, Genova 1989.
Questa attenzione per il luogo lo riconosciamo anche a Pagano,
e la lettura che De Carlo fa a Mazzorbo Pagano lo fa sulla casa
rurale “…rigorosa e osservanza dei principi funzionali imposti
dalle abitudini edilizie del luogo..abitudini delle maestranze
locali, delle necessità climatiche e delle necessità tecniche
imposte dal tipo di coltivazione …dove le condizioni
economiche e clima delle possibilità tecniche non hanno subito
variazione notevoli, osserviamo ancor oggi tuttora in atto
abitudini edilizie che possano risalire all’età della palafitta o al
medioevo feudale.”65
65
G.Pagano, Case Rurali, op.cit.p.10.
Lo stesso termine sulle abitudini edilizie viene appunto ripreso
da De Carlo per affrontare il tema di Mazzorbo. Il progetto
deve quindi contenere i perché- i come- ed aggiungerei il chi; “
Benché la società contemporanea sia più pluralistica di quanto
non sia stato in passato accade che la gente comune venga
sempre più esclusa dalle grandi decisioni. Il problema è nella
sua sostanza ..che a questo punto deve decidere se il suo
cliente è l’anonimo potere economico oppure gli esseri
umani…l’architettura , come gran parte delle attività umane si è
inaridita nella specializzazione e perciò il suo linguaggio è
divenuto astratto arrogante e soprattutto povero.
L’impoverimento è venuto dall’isolamento e dalla perdita degli
innumerevoli apporti creativi di chi, pur non essendo
specializzato nell’architettura continuerà ad inventare e a
modificare lo spazio della sua vita quotidiana66.
66
G.De Carlo,Up to Now and From Now on, in Space Design, n°274,1987.
miracolo è più sorprendente perché rivela una singolare
sapienza nel fare la soluzione di una causa materiale dell’uso
con un accrescimento di potenziale nell’espressione . Si tratta
del mistero della cultura popolare che sta scomparendo e alla
quale comunque non possiamo sostituirci”.67Le innumerevoli
lezioni che la cultura popolare può apportare al progetto, e
attraverso la partecipazione ed attraverso la lettura del portato
culturale architettonico ed urbanistico, viene considerato da De
Carlo come punto di partenza attraverso il quale il progetto
futuro può avere fondamento. Interessante è l’analisi che De
Carlo fa sullo studio di Colletta di Castelbianco e sul rapporto
67
G.De Carlo, Tra Aria ed Acqua, op.cit.p.5.
tutte le direzioni : in orizzontali, in verticale, in obliquo
scendendo o risalendo Piccoli insiemi di cellule costituiscono
le abitazioni che si sviluppano quindi come sequenze di
configurazione variabile .
Quello che non varia – o varia molto poco – è la dimensione di
ciascuna cellula; e questo è dovuto alla coerenza che intercorre
tra le caratteristiche dello spazio e la tecnologia usata per
definirlo: oltre i muri, anche le volte sono in pietra e questo
fissa la loro dimensione entro un campo di variazione limitato.
Le varie abitazioni non hanno di fatto confini, se non
impercettibili; per cui è possibile immaginare e così forse è
avvenuto in passato che possano estendersi o ritirarsi una
nell’altra …..Il progetto che è stato elaborato ha lo scopo di
recuperare il villaggio per renderlo di nuovo abitabile .
Gli abitanti non saranno gli stessi nel senso che non avranno le
stesse attività e gli stessi modi di vita di quelli che c’erano nel
tempo remoto, perché di certo non sono cessate le ragioni per
cui il villaggio è stato abbandonato.
Non saranno probabilmente turisti nel senso che comunemente
si dà a questo modo di essere e di viaggiare .Potranno essere
persone o nuclei familiari che desiderano ritrovare un modo di
abitare immediato e tuttavia confortevole per lunghi periodi di
vacanza non necessariamente legati alla stagioni. Si tratta
dunque di ricostruire abitazioni di varie dimensioni e natura
senza alterare il codice che ha regolato la crescita del villaggio
nel passato.
In realtà non si è dovuto fare molto: è stata solo seguita la
logica dei sistemi costruttivo, aggregativi e compositivo;
ricollegando le varie parti del crostaceo secondo criteri il più
possibili aderenti alle nuove esigenze abitative; riparando le
parti che si erano consumate, adattando l’insieme per quanto
possibile, alle prescrizioni delle normative in vigore;
provvedendo ad una dotazione di impianti leggera, per non
entrare in conflitto con il sistema costruttivo e compositivo, ma
anche il più possibile sofisticata per offrire ai futuri abitanti il
doppio vantaggio di godere di un tranquillizzante isolamento e
di una costante capacità di stabilire relazioni con il mondo
esterno nel modo migliore possibile.
Progettando si è avuta la sorpresa di scoprire che gli
adattamenti erano relativamente facili e che il sistema crostaceo
sul quale si stava operando era molto più docile e reattivo di
quanto non siano i sistemi vertebrati dei quali è generalizzato
l’uso nell’architettura contemporanea. Essenziale era stato
capire il codice genetico ei sui modi di generare eventi spaziali.
L’altra sorpresa è stata di trovare conferma, più di quanto non
sia già capitato in altri casi, che un sistema antico di
costruzione come quello della pietra, con le sue leggi precise
perché legate alla natura dei materiali e alle tecniche di metterli
insieme, sopporta meglio inserti di tecnologia avanzata e quindi
leggera che inserti della tecnologia pesante ancora
generalmente usata nell’edilizia contemporanea”.68
L’insegnamento che De Carlo riceve da Pagano è molteplice e
si può sintetizzare come segue: l’attenzione per il portato
culturale minore, attraverso il quale si può percepire la
costruzione dello spazio umano( fisico- sociale- economico)
attraverso una lettura plurisdisciplinare;
De Carlo viene indicato da Norberg-Shultz “ il solo
rappresentante della terza via “ quella vicina alla gente; “ De
Carlo non è mai stato amato dai fotografi delle belle riviste del
settore, non crea volumi o segni sul territorio che possano
gareggiare con opere d’arte astratta.
68
G.De Carlo, Un sistema Crostaceo, in Collettami Castelbianco, www,coletta.it
“salvaguardare il principio di identità dai processi di
omologazione”69. Riflettere sulle intenzioni di avvicinare il
progetto architettonico all’individuo, vuol dire pensare ” che i
veri clienti dell’architettura siano gli esseri umani.Il portato
culturale minore entra nella ricerca decarliana attraverso
Pagano e rimarrà un’idea fissa culminate con l’intervento di
Mazzorbo.
La lettura del contesto specifico porterà ad avere progetti
differenti e realizzazioni linguisticamente mai Identiche.
La ricerca della coincidenza tra urbanistica ed architettura nel
contesto specifico approderà dalla dimensione territoriale al
principio insediativo all’unità di misura, della spontaneità”
capire i limiti della spontaneità o della razionalità nella
formazione del territorio sembra molto difficile” 70 lo spazio di
relazione, il vocabolario architettonico
La modestia in architettura, Sia Pagano che De Carlo detestano
le prime donne, le copertine patinate delle riviste i servizi
fotografici, gli eroi ed alla “pragmatica umilità che questo
mestiere richiede”71
69
L.Rossi.cfr.pag9
70
G.De Carlo, Tra acqua ed aria, Sagep editrice, Genova, 1989.
71
L.Rossi, Giancarlo De Carlo Architetture,A.Mondatori Editore,
La dimensione umana di Vittorini
72
G. De Carlo, Intenzioni e risultati della mostra di Urbanistica, in Casabella n°203, 1954.
dalla carta di Atene di far girare l’urbanistica su se stessa,
proponendosi ”l’apocalisse e la paligenesi della società umana
e producendo città deserte, villaggi tetri squallidi centri
direzionali, miseri quartieri di abitazioni nei quali la vita non
73
Ibidem, p.24.
problema o un contenuto parlando d’altro, esalta il vuoto
parlando del pieno:
Anche De Carlo ha questa caratteristica, esalta il pieno per
74
G.De Carlo La idea Plastica come reto della tecnologia , in Parametro n°43, 1976.
…di artigiani…Città di Guerra..Da Babilonia a new York
hanno tutte la stessa storia…di bisogno e di lavoro per il
bisogno di libertà e di lotta per la libertà. Ma anche di
sopraffazione , di paura di sconfitta , di ingiustizia..ognuna di
esse ne porta il segno.Oggi la città ha questa faccia un ritmo
che attrae e disorienta . Ma sotto è gonfia della sua vita
contraddittoria per cui un uomo muore è non è che un
incidente…per cui nutrirsi, nella ripetizione di ogni giorno non
è più una festa comune per cui possiamo non far caso a chi ci
passa accanto disperato…La città che l’uomo ha creato si è
rivoltata contro di lui …ma la città è anche speranza , apertura
spinta alla comunicazione e alla libertà. Noi non possiamo
distruggerla per il suo male perché distruggeremo anche il suo
bene irriproducibile , unica forza viva del mondo
contemporaneo.Solo nella città si può lavorare per aiutare gli
uomini a vivere meglio”75.
75
G.de Carlo E.Vittorini, estratto dal film “la città degli uomini” Meridiana Film.
vittoriniana e decarliana. I l secondo cortometraggio propone
una critica aspra e allo stesso tempo ironica all’urbanistica e
agli urbanisti moderni” Ogni azione è una lotto continua con lo
spazio con il tempo con i suoi simili. La città teatro di questa
lotta è un organismo difettoso minacciato da una grande
crisi.Gli urbanisti hanno il compito di studiare le ragioni dei
mali delle città e di proporne i rimedi.La città è un organismo
delicato e sensibile ed i suoi problemi vanno affrontati in tutta
la loro complessità e i rimedi non possono essere avventati o
parziali.Attenzione agli urbanisti che non tengono conto di
questo.Essi compiono un’azione astratta che spesso si risolve in
un danno ancora più grande.”76Esiste un secondo periodo di
notevole interesse che vede coinvolto anche la figura di
Calvino, Franco Fortini ecc. Tra il 1950 e il 1960, un gruppo di
amici tra cui De Carlo – Elio Vittorini, Italo Calvino, si
ritrovano in una località turistica della riviera Apuana alla foce
del fiume Magra. Come De Carlo più spesso ha sottolineato,
Bocca di Magra ha rappresentato un periodo felice tra amici,
che giocavano facevano vacanza e spesso parlavano dei propri
lavori e anche di città. Senza alcuna forzatura l’interesse di
Calvino per le sue città invisibili, non può essere stato
sottovalutato da De Carlo, o le città descritte da Vittorini, non
possono essere state trascurate da Calvino, lo stesso Calvino
dice che il suo primo romanzo “ Il sentiero dei nidi di ragno”
del 1947 fu scritto come una sorta di omologo rurale e ligure
alle celebrazione delle città di Vittorini della resistenza
metropolitana di Milano in “ Uomini e no” del 1945. Il periodo
di Bocca di Magra nasce quando “ Elio ci ha proposto di andare
con loro in vacanza …e ci ha trovato una stanza nel villaggio
che è sulla riva settentrionale del fiume.Il posto ci aveva subito
76
G. De Carlo, estratto dal film “ Una lezione di urbanistica” Meridiana Film.
incantati…noi andavamo a Bocca di Magra per stare insieme e
per giocare..spesso verso il tramonto ci trovavamo in tre o
quattro seduti sul muretto del fiume prima di decidere cosa
avremmo fatto la sera; e allora si parlava. Io parlavo di città con
Vittorini e Calvino e loro ne parlavano con me. Ho un ricordo
vivo e lacinate delle conversazioni sul muretto del fiume e sulle
rocce di Punta Bianca con Calvino, Vittorini, Sereni, spesso
anche con Stainer e Pintori. Parlavamo di città perché quello
era il nostro interesse comune che ci legava. Gli ultimi,libri di
Vittorini sono tutti centrati sulle città e ce ne è uno postumo
che si chiama Le città del mondo. Il titolo era stato proposto da
Calvino una sera a Milano.Calvino stava preparando Le città
Invisibili. Parlavamo anche di questo a Bocca di Magra…del
rapporto città-campagna, che in quel periodo veniva visto a
senso unico secondo l’ipotesi marxista. La città era per noi il
miracolo nel miracolo ancora più grande che è il territorio 77.In
quel periodo a Bocca di Magra si costituirà anche una
associazione culturale denominata “Amici di Bocca di Magra”,
un associazione spontanea che si proponeva di salvaguardare il
paesaggio naturale di quella costa turistica. L’associazione
attraverso un manifesto programmatico ( stampato a La Spezia)
aveva come logo il simbolo della vecchia luni ( una stella e una
luna.” L’associazione faceva capo a Luigi Biso, medico di
zona, e si riunivano sulle pendici della riviera, sotto un portico
a verde che si affaccia sulla foce del fiume; gli incontri a cui
partecipavano a più riprese diversi poeti, scrittori; l’incontro
più duro fu con la popolazione di monte Marcello, ove c’era
anche De Carlo, la popolazione insorse per il piano di
salvaguardia che De Carlo stava preparando, infatti era stato
incaricato dal Comune di Ameglia a redigere il piano regolatore
77
G. De Carlo, Conversazioni con G.D.Carlo, a cura di F.Boncuga. ed.Eleuthera,2000.
comunale, ma nello stesso periodo, una società romana, delle
Condotte, andava in giro ad offrire soldi e televisori per
persuadere i proprietari a vendere terreni ove speculare, con il
piano ciò non poteva accadere…alcune cose sono ancora
registrate, come le firme dell’associazione contenute in questo
quaderno”.78
78
I.Fabbricotti, Colloquio avvenuto in data 20 Maggio 2004 nella abitazione .
“guardo le acque e le canne di un braccio di fiume e il sole
dentro l’acqua, “Questo Muro” di Franco Fortini.
“Oggi a Bocca di Magra non c’è più Vittorini, non c’è più
Sereni. Giù nel villaggio al posto dei bagni dell’albergo Sans
fancon c’è una discoteca, vicino c’è piazza Vittorini, Più in
là,lungomare Sereni."80
79
Tratto da il manifesto programmatico “Società amici di Bocca di Magra”
80
C.Sabelli Fioretti, Quei poeti in riva al fiume, il secolo XIX, 1 Aprile 1988.
confronti dei luoghi attraverso le esperienze dei suoi
personaggio. Questo rapporto intimo coi luoghi lo troviamo
anche in De Carlo ( Urbino).
IL testo “ le città del mondo” era un testo fondamentale per
l’insegnamento di De Carlo agli studenti della facoltà di
Venezia; “ più tardi ho consigliato anche le città invisibili di
Calvino,sono due libri fondamentali se si vuole capire qualcosa
delle città e dei territori.”81 Le affinità tra il testo “ le città del
mondo” e l’opera di De Carlo sono diverse; il modo di
accerchiare la città, di descrivere il territorio prima di entrarvi,
che nel racconto di Vittorini, attraverso i suoi personaggi,
assume in De Carlo un carattere fondamentale di avvicinarsi ai
luoghi, di accerchiarli e descriverli. “accerchiare la città e
vederla anche dall’esterno è un’esperienza importante per
l’urbanistica. L’ambito naturale e quello cittadino sono stati
sempre strettamente legati e in perenne conflitto.Il concetto di
Vittorini di dover girare con timore e rispetto attorno a qualcosa
per poterlo definire è bellissimo”82.
“uno degli anni in cui noi uomini di oggi si era ragazzi o
bambini, sul tardi d’un pomeriggio di marzo, vi fu in Sicilia un
pastore che entrò col figlio e una cinquantina di pecore, più un
cane e un asino nel territorio della città di Scicli. Questa sorge
all’incrocio di tre valloni con case da ogni parte su per i dirupi
una grande piazza i basso a cavallo del letto di una fiumara e
antichi edifici ecclesiastici che coronano in più punti come
acropoli barocche il semicerchio delle altitudini…e a pochi
chilometri da Modica, e chi vi arriva dall’interno se la trova
d’un tratto ai piedi festosa di tetti ammucchiati…mentre chi vi
arriva dal non lontano litorale la scorge che si annida con
81
G.De Carlo, Conversazioni con G.D.Carlo, a cura di F.Boncuga. ed.Eleuthera,2000
82
F.Boncuga op.cit. p.97.
duemila finestre nere in seno a tutta l’altezza della montagna tra
fili serpeggianti di fumo qua e là il bagliore d’un vetro aperto o
chiuso, di colpo contro il sole” 83.
Questo modo di vedere la città dall’esterno per comprenderla
meglio, è, senza forzature , leggibile attraverso gli scritti di De
Carlo, in particolare nel famoso scritto “ è tempo di girare il
cannocchiale”84 o meglio “Urbino appare in maniera diversa a
seconda che la si osservi dal suo interno, in tangenza,
dall’esterno vicino, dall’esterno lontano; e questa differenza di
percettibilità che presenta la moltiplica, la ripropone in una
molteplicità di aspetti che finiscono col diventare un ‘unica
immagine di grande ampiezza. Nel piano ho tenuto conto di
questo fenomeno singolare; tanto è vero che uno degli studi
chiave è stato quello sulla struttura morfologica di tutta l’area
che include il centro storico e il paesaggio compreso
sull’orizzonte percettibile del centro storico.Lo studio cercava
di decifrare il sistema di relazioni attuali e potenziali che
connettono il costruito ed il naturale ; prendendoli come
tutt’uno come di fatto sono: perché anche il naturale è
interamente costruito secondo gli stessi moduli, e ritmi che
caratterizzano il tessuto della città”85De Carlo parla di
quell’identità territoriale che da sempre considera fondamentale
per la conoscenza dei luoghi; identità è una parola che può
servire da salvagente, e secondo De Carlo tale termine non
cambia pur variando gli elementi che la compongono, “ è una
che non nega ma invece implica il cambiamento continuo dei
simboli, proiettando la definizione …sul mondo reale i simboli
sono gli atti, i fatti e le circostanze interne ed al contorno in cui
accadono; il loro perenne cambiamento genera aggregazioni di
83
E.Vittorini, Le città del mondo,Oscar Mondatori, Milano, 1991.
84
G.De Carlo, E’ tempo di girare il cannocchiale, in Spazio e Società, n°54.
85
G.De Carlo, Conversazioni su Urbino con Pierluigi Nicolin,in Lotus International, n°18,1978
qualità che distinguono il modo di essere di individui, cose
situazioni, diverse da altri modi di essere e cioè dotate di un
loro particolare carattere..l’identità implica che ogni modo di
essere di individui, cose situazioni,ecc essendo distinto da altri
modi di essere sia stato di un profondo carattere e al limite sia
unico”86.Vittorini quindi secondo De Carlo, non vi è dubbi,
legge attraverso i suoi personaggi il carattere dei luoghi, la loro
identità.
86
G.De Carlo, L’identità del Territorio, Tratto da relazione introduttiva Ilaud –Iuav
Il primo argomento sulla relazione tra individui e città, sulla
relazione tra la bellezza della città la bellezza della gente,
Vittorini racconta “ il padre allora si alzò in testa il berretto
dalla visiera mangiucchiata…il suo piede si avviò , Rosari
continuò è la più bella città che abbiamo mai vista più di
Nicosia, più di Enna, il padre non lo negava è forse la città più
bella di tutte le città del mondo, e la gente è contenta nelle città
che sono belle…e si capisce che sia contenta ha belle strade e
belle piazze in cui passeggiare ha belle case per tornarvi la sera,
ha tutto il resto che ha ed è bella gente. E se incontriamo un
vecchio tu dici che bel vecchio..ma più la città e bella e più la
gente e bella come se l’aria vi fosse buona. Nelle città brutte la
gente è anche cattiva…la gente delle città belle era bella ne più
ne meno come la gente delle città brutte era anche
cattiva…tutto dipendeva dal modo in cui la gente viveva, dove
la gente viveva come ad Enna si aveva Enna , dove la gente
viveva come a Licata si aveva Licata”87.Questi due passaggi
sono importanti anche per De Carlo; la relazione tra spazio ed
individuo, è fondamentale nella teoria decarliana; la relazione
tra spazio costruito e individuo è una relazione osmotica di
continui passaggi tra due parti della stessa totalità: il fatto che
Vittorini sottolinea fortemente, sulla dualità modo di vita degli
abitanti e modo di essere della città, è la premessa di De Carlo
sull’idea di partecipazione. Secondo Norberg –Schulz in De
Carlo “ la forma è parte di una situazione di vita .Si potrebbe
anche dire che ogni autentica situazione della vita riesce a
trovare una sua espressione e che l’architettura dovrebbe
possedere la stessa naturalezza. L’architettura entra così a far
87
E.Vittorini op.cit.p.27
parte della vita come un sistema di comunicazione che permette
agli esseri umani di esprimersi “88.
88
C.N.Schulz, La terza alternativa, in G.D.Carlo architetture , a cura L.Rossi, A.Mondatori.E. Milano.
89
G.De Carlo, Architettura Urbanistica Società, in Domus, 695,1998.
due occhi ch’erano rimasti impassibili,può darsi che vi siano il
padre continuò luoghi più ricchi di attrattive . Io ne conosco
che affascinano per la stravaganza loro, o per la loro confusione
Ma quanto a nobiltà di aspetto, Nardo mio non c’è luogo più
favorito di questo”.90
90
E.Vittorini, op.cit.p48.
siano luoghi morti e cioè sgradevoli ripugnanti inquietanti. Al
contrario sono attraenti rinfrescanti distensivi. Ma perché?
Probabilmente sono complementari ai luoghi dove la vitalità è
alta. Senza luoghi a bassa vitalità forse i luoghi ad alta vitalità
diventano fastidiosi e insolenti”91.
Di nuovo la dualità del pieno e del vuoto, del circoscritto e
dell’inscritto della complementarietà delle cose che mai si
alternano, ma si compensano.
Ed ancora sulla stessa ricerca della vitalità ed attrazione dei
luoghi è interessante l’osservazione “ oggi nella città
assistiamo al formarsi di interazioni tra spazi e gruppi
sociali…vediamo gruppi di giovani che si incontrano per
qualche mese in alcuni luoghi che in apparenza non hanno
alcuna attrazione, poi cambiano e ancora per qualche mese si
incontrano in latri luoghi che appaiano ugualmente
insignificanti. Di questo scegliere , cambiare fissarsi cambiare
ancora fissarsi di nuovo e cambiare ulteriormente non
riusciamo a capire la ragione …eppure qualche ragione …ci
deve essere; e deve essere una ragione connessa alla qualità dei
luoghi.Di certo si tratta di una ragione molto complessa che
non viene dall’uso diretto di quello che lo spazio offre…la
complessità deve essere riconosciuta altrimenti si piomba
nell’idiozia”.92
De Carlo appunto parla di complessità lezione questa che a mio
parere riceverà anche attraverso le frequentazioni con Clavino.
91
G.De Carlo, Tre note per un laboratorio di Architettura, in Spazio e Società, n°49, Gennaio, 1990.
92
G.De Carlo, Architettura Urbanistica Società, in Domus, 695,1998.
La complessità dello spazio di Calvino
93
I.Calvino, Lezioni Americane, Garzanti, Milano 1988.
94
G.De Carlo, in Spazio e società, n°43, 1998.
dello spazio, dice e precisa che tutto quello che si allontana da
questo intento non è architettura…l’architetto è libero oggi di
Fig. 56 I. Calvino
95
G.De Carlo, Conversazioni sotto una tettoia, a cura di Davide Vargas, Clean, 2003
diafano, trasparente , sottile come ragnatele “96 direbbe
Calvino.
96
I.Calvino, Palomar,Einaudi, Torino,1983,p.113.
leggere altri testi di Calvino di qualche anno prima che in
qualche modo ricordano altri testi di De Carlo. In uno dei primi
romanzi Calvino scrive “Per vedere una città non basta tenere
gli occhi aperti. Occorre per prima cosa scartare tutto ciò che
Fig.58 schzzi di De Carlo (la complessità)
97
I.Calvino,Gli dei della Città, in La collana dei Meridiani, Saggi,1975,p346.
Leggere vuol dire guardare criticamente , identificare i segni
del lo spazio fisico, estrarli” dalle loro
stratificazioni,interpretarli, ordinarli e ricomporli, in sistemi che
siano significativi…di questo processo è necessario
comprendere , ma anche immaginare sul filo di ipotesi
considerate plausibili: il che significa progettare”98.
“ Se si vuole descrivere un luogo, descriverlo completamente,
non come un’apparenza momentanea ma come una porzione di
spazio che ha una forma , un senso e un perché, bisogna
rappresentarlo attraversato dalla dimensione del tempo, bisogna
rappresentare tutto ciò che in questo spazio si muove, d’un
moto rapidissimo o con inesorabile lentezza: tutti gli elementi
che questo spazio contiene o ha contenuto nelle sue relazioni
passate presenti e future”99
“lento o rapido che sia, ogni movimento in atto nella società
deforma e riadatta o degrada irreparabilmente il tessuto urbano
la sua topografia la sua sociologia, la sua cultura istituzionale e
la sua cultura di massa( diciamo la sua antropologia)…città
diverse si succedono e si sovrappongono sotto uno stesso nome
di città occorre non perdere di vista quale è stato l’elemento di
continuità che la città ha perpetuato lungo tutto la sua storia
quello che l’ha distinta dalle altre città e le ha dato un senso” 100.
La dimensione della stratificazione raccontata da Calvino è la
dimensione della stratificazione che ritroviamo negli scritti di
De Carlo “per progettare un’alternativa bisogna prima di tutto
saper leggere criticamente l’intera stratificazione accettando
che ogni strato è irreversibile.Dopo tutto i segni impressi nello
spazio fisico non cancellano mai quelli che lo hanno preceduti,
ne possono essere cancellati da quelli che li
98
G.De Carlo, Lettura e Progetto del territorio, Note introduttive al laboratorio ILAUD,Ferrara, Aprile,1995.
99
I.Calvino, Storia e Natura, in La collana dei Meridiani, Saggi ,1974,p.2320.
100
I.Calvino, Gli dei della città,op.cit.p.p.347-349.
seguiranno”101.Potremmo dire quindi che la lettura diviene
momento fondamentale della conoscenza dell’ambiente urbano;
saper leggere criticamente un tessuto, un ambiente, un contesto,
da consultare.
Fig.59 schizzi di De Carlo
101
G.De Carlo, Goreè,Dakar,Pikine,in Spazio e società, n°é20, Dicembre,1982.
102
I.Calvino, Eremita a Parigi, in La collana dei Meridiani, Volumi Romanzi e Racconti 1974.
La città per De Carlo, come avevamo visto precedentemente è
fatta anche di vuoti, che l’architettura sia un’arte del togliere
invece che dell’aggiungere?”le città sono tessiture di svariati
contesti e ogni contesto è fatto da un sistema di edifici che
racchiude uno spazio aperto; oppure , si può dire da uno spazio
103
G.De Carlo, Hanno ancora senso le piazze, e per chi?, in Spazio e Società, n°42, Aprile Giugno,1988.
“Camminando per la grande Prospettiva della nostra città
cancello mentalmente gli elementi che ho deciso di non
prendere in considerazione .Passo accanto al palazzo d’un
ministero, la cui facciata è carica di cariatidi, balaustre, plinti,
mensole, metope, e sento il bisogno di ridurla ad una liscia
superficie verticale, a una lastra di vetro opaco, a un diaframma
che delimiti lo spazio senza imporsi alla vista. Ma anche così
semplificato quel palazzo continua a pesarmi addosso in
104
P.Milano,Commento a due voci sulle città di Clavino, in La visione dell’invisibile,Mondatori, Milano,2003.
è proprio una storia palermitana ( e insieme italiana) che si è
aggirata dentro e fuori il suo centro storico 1972-1982 senza
lasciare traccia, ovviamente se non questa . Un racconto
filosofico in forma di allegoria e metaforica che non sarebbe
spiaciuto, penso a Diderot”105.
105
L.Sichirollo, in Gli spiriti dell’architettura, Editori riuniti, Roma,1999,p.XXII.
verità Kalhesa io l’ho cercata dappertutto dedicandole tutti i
miei viaggi estivi ed invernali degli ultimi dieci anni. L’ho
cercata in ogni paese del Mediterraneo e poi anche nel medio
oriente e nel cuore della Turkia e perfino in Iran, India
settentrionale e Pakistan. In ogni paese ho trovato tracce che mi
davano speranze di averla trovata , ma presto prove
inoppugnabili mi dimostravano che ero fuori strada.Alla fine ho
deciso che Kalhesa non c’è e anche che è dappertutto.Forse
come tutte le città di valore inestimabile ,Kalhesa ha la
prerogativa di essere allo stesso tempo unica ed universale”106.
Sicuramente Kalhesa potrebbe far parte di una delle città
invisibili di Calvino. Come “Le città Invisibili” non è un libro
di Architettura o Urbanistica, ma permette di entrare nei
meccanismi che regolano la vita di una città, quei segni visibili
e invisibili che ne disegnano lo spazio fisico, sociale e
economico.Si legge attraverso la narrazione delle vicende
un’idea forte di architettura, ed un’idea forte di come ci si
rapporta alla città storica”il perimetro dell’area è disintegrato
dall’inserimento di nuove costruzioni che hanno squarciatomi
tessuti antichi…come sempre mi domando se bisogna salvarlo,
se non sarebbe meglio radere al suolo tutto e rifare
daccapo.Ogni rovina è seducente, quasi per sua natura, ma
l’ideografia è cambiamento e non certo culto della
rovina.Perché abbiamo tanto paura del futuro da divenire così
timidi nei confronti del passato”107.Questo pensiero è
decisamente decarliano, “Il problema è come un’opera del
passato possa essere convertito per essere significativo per il
presente. Se l’opera del passato non è significativa per il
presente, la sua presenza non serve a niente”108.Ed ancora
106
Ismhè Gimdalcha, Il progetto Kalhesa,Marsilio,1995.
107
Ibidem.p.175.
108
G.De Carlo, Tratto dalla relazione “Tradizione e Innovazione” Pisa, registrato da E.Bascherini.
“Ogni spazio sembra a prima vista dotato di una disponibilità
senza fine ad accogliere usi diversi da quelli della loro
destinazione originale, a mettersi in relazione con altri spazi per
formare nuove configurazioni…e contemporaneamente si
rivela refrattario ad ogni trasformazione”.109
De Carlo nel progetto Kalhesa descrive luoghi attraverso
l’esperienza umana, descrive vicende persone e luoghi come
Marco Polo.De Carlo vive in un’unica città che contiene tutte le
città del mondo “ è un viaggiatore all’interno del corpo interno
della città, microsonda che si muove in quel corpo, in proposte ,
in progetti…credo che il progetto Kalhesa sia un viaggio
compiuto da Gimdalcha all’interno di Giancarlo De Carlo:
questi si riflette in tutte le persone presenti nella vicenda
raccontata, si specchia in quei nomi noti eppure
irriconoscibili…De Carlo costruisce la più bella delle
similitudini, un’analogia che ci parla delle affinità fra Samonà e
la città,fra l’uomo e la città fra la malattia dell’uomo…e il
simile annebbiamento e confusione del codice immunitario
della città, che provoca l’entrata in circolo di materiali
incongrui a quella città.Questi materiali iniziano a moltiplicarsi
come un tumore a stratificarsi e disorganizzando e
destabilizzando il corpo della città”110.L’idea di cosa sia
Kalhesa ce la fornisce direttamente De Carlo “IL progetto
Kalhesa è un Journal che l’islamico signor Gimdalcha teneva
durante il corso di una strana esperienza…non è un luogo e
basta ma è tanti luoghi insieme per cui, se uno o ha conosciuto,
quando lo ripensa finisce col confonderlo con tanti altri
luoghi…mi ha sempre affascinato…il modo di scrivere di
architettura dei trattatisti rinascimentali ed in particolare del
109
G.De Carlo, La Centrale Tecnica del Monastero di San Nicolò l’Arena Catania, in Casabella n°611,1994.
110
G.Ciucci, Questioni sul progetto Kalhesa, in Rassegna di Architettura ed Urbanistica, n°88.
Filerete:mescolando le teorie che venivano elaborando con le
esperienze del loro lavoro…tutti e due i libri sono un viaggio
interno a me stesso…tutte e due si propongono di leggere
situazioni specifiche e indicare modi di leggerle, dei fornire
frammenti di metodo per progettarle o riprogettarle e modi di
far corrispondere attraverso viaggi itineranti a spirale ferendosi
ad una molteplicità di esperienze dirette per dare ad ogni
giudizio un contenuto che sia il più universale possibile…ed
111
G.De Carlo,Risposte alle questioni sul progetto Kalhesa, in Rassegna di Architettura ed Urbanistica, n°88.
112
I.Calvino, op.cit.p.V.
riflettendo.Poi soggiunge : Perché mi parli delle Pietre? E’ solo
dell’arco che mi importa Polo risponde: senza pietre non c’è
arco”113. A questa osservazione se ne può affiancare un’altra di
De Carlo che mi sembra sulla stessa linea di pensiero “ l’opera
architettonica non ha solo significato in se stessa , ma un
significato più ampio…essa va considerata nella struttura più
ampia in cui si inserisce…in altre parole il campo di influenza
dell’architettura stabilisce una tangenza immediata e
profonda...”114
Come dice appunto F.Samassa, la visone decarliana tra pietra
ed arco e simile alla dualità tra architettura e città, dove è
possibile operare solo sulle forme dell’architettura ma è la
forma della città che ci interessa, la risultante del nostre
disporre pietra su pietra.
Un altro argomento,anche se sottile, si può leggere nella città
invisibile Moriana e l’idea di carattere dello spazio vuoto di De
Carlo. In Moriana 56 ° città invisibile si recita “ Da una parte
all’altra la città sembra continui in prospettiva moltiplicando il
suo repertorio d’immagini: invece non ha spessore, consiste
solo in un dritto e un rovescio, come un foglio di carta con una
figura di qua e una di là, che non possono staccarsi ne
guardarsi”115. Come lo spazio vuoto e pieno della città pensato
da De Carlo, sembra essere un continuo di valori nessuna
supremazia l’uno sull’altro, nessuna dualità ma coincidenza di
statuto e di identità.
Se dovessi sintetizzare l’esperienza calviniana attraverso
l’opera e gli scritti di De Carlo , indicherei, che in entrambi è
forte il concetto di complessità visibile ed invisibile.
113
I.Calvino,op.cit.
114
G.De Carlo, in Giancarlo De Carlo Percorsi, a cura di F.Salassa, il Poligrafico, Venezia 2004.
115
I.Calvino, in Le città Invisibili, la città di Moriana.
A Calvino questa complessità serve per descrivere e rendere
leggibile il contenuto delle città attraverso fili che legano e
tessono radici, contrasti, tensioni, speranze inquietudini
collettive e paradossalmente i suo romanzo è comprensibile a
tutti, perché tutti riconoscono una città familiare o meglio una
città che dia risposte al proprio essere. A De Carlo questa
complessità serve come conoscenza del codice genetico che in
ugual maniera serve per costruire quei luoghi comprensibili a
tutti .
“ E direi che la sua comprensione attraverso l’analisi della sua
fisicità, del sistema di relazioni, di quella specie di DNA, che fa
di ogni città del mondo qualcosa di assolutamente irripetibile, è
il centro della ricerca progettuale di De Carlo.Ogni suo edificio
, tende ad essere città perché i significati che un edificio
sottende devono essere complessi esattamente come le
stratificazioni di significati che si accumulano nella città. Mi
sono spesso chiesto se a questa idea astratta di città corrisponda
anche un’immaginazione più tangibile ; se anche per De Carlo
come per molti architetti esista una città implicita –copme la
Inezia di Marco Polo di Calvino- una città che vive come
riferimento continuo, nascosto o evidente fisico o emozionale,
in tutte le esperienze di progettazione …non necessariamente
una città geografica ma piuttosto un luogo della mente e del
ricordo; una città ideale cristallizzazione fisica dell’essenza
della convivenza e della tolleranza, di quella incredibile
commistione di occasioni di sviluppo individuale e di relazioni
culturali che trova la massima espressione nella città europea.
Forse anche per DE Carlo questa città invisibile esiste ma è un
anti modello o meglio un processo di continua modificazione di
un modello, una specie di sommatoria di luoghi che si
accordano e si negano”116.
116
L.Rossi, Giancarlo De Carlo architetture, Mondatori editore, Milano.
Mazzorbo
Un esempio di Contestualismo interiore
117
G.De Carlo, Tra Aria ed Acqua op.cit.
dello spazio urbano: De Carlo considera questi due spazi un
unico insieme, senza dualità alcuna; lo spazio vuoto può essere
considerato benissimo il pieno, ed il pino il vuoto. Questo
carattere segna quello che è la dimensione sociale
dell’ambiente fisico, attraverso la dimensione vuoto, De Carlo
riscrive quella qualità ambientale che nella maggioranza
dell’architettura è relegata solamente all’edificio. Possiamo
benissimo asserire che l’edificio sembra, non solo nel caso di
Mazzorbo, inscritto nel vuoto.
La cosa migliore per uno che parla molto bene un’altra lingua
è di parlarla con la propria intonazione : così facendo rispetta la
sua integrità intrinseca : la sua capacità di adattarsi a cadenze
che non le sono proprie conservando intatta la sua capacità
rilevante. In sostanza mi pare si debbano assumere le strutture
lessicali dell’architettura di Burano e poi usarle con
naturalezza, omologandole al nostro patrimonio culturale ( di
specialisti, di non partecipi della cultura popolare del luogo).
Tornando alle facciate a cosa servirebbe evitare la
bidimensionalità che è tipica degli involucri edilizi di Burano?
La prima idea che era venuta in mente era stata di finire gli
intonaci e lasciare agli abitanti di colorarsi le facciate da
loro.Ma era la prima e quindi la più facile. La ventesima idea
invece, quella messa in atto, è stato che non ci si poteva
sottrarre alla responsabilità di decidere e di realizzare le
colorazioni. Perché, perché il processo di formazione delle
nuove case è stato in tutto diverso da quello delle case che sono
state costruite finora nelle due isole e sembrava necessario
conservarlo coerente fino in fondo.perciò si è indagato sulle
strutture cromatiche esistenti a Burano e Mazzorbo e poi
attraverso molte prove e accurate osservazioni si è deciso per
tre toni diversi di tre diversi colori. Invece che unità edilizie , i
colori distinguono le loro associazioni; e i toni dello stesso
colore distinguono i vari piani in cui le facciate si compongono.
E probabile che in futuro gli abitanti ridipingeranno in modo
118
Piaggio M Tra Burano e Mazzorbo, in Costruire in Laterizio, n°10 Luglio.Agosto,1989.
La lezione che si può trarre da queste esperienze …può essere
riassunta nell’invito a prestare molto attenzione alle matrici
storiche che hanno determinato l’edificazione del contesto, sia
sul piano tipologico che su quello tecnologico e nell’assimilare
il rapporto tra funzione e morfologia al fine di coniugare con
saggia umiltà la possibilità di innovare con il rispetto della
tradizione. L’ambiente urbano che ne risulta è sempre e
comunque veneziano, anche se i singoli interventi possono
essere facilmente attribuibili, per la filosofia progettuale che
esprimono ai loro autori a al loro tempo”119.”
119
M.Zaffagnini,Progettare nel tessuto urbano, Alinea Firenze, 1993.
Nonostante la distanza esigua le due isole rappresentano due
mondi assolutamente diversi: da un lato la vitalità di Buranio,
dall’altro il decadente silenzio di Mazzorbo.In questo contesto
così delicato … l’intervento è una atto di ricomposizione
pacifica tra due diverse culture per dare luogo ad una terza
cultura capace di omogeneizzare entrambe …è tutto giocato sul
sottile filo della comprensione dei luoghi…il risultato può
essere considerato come metafora dei colori di Burano,un po’
come i camini metallici, le fasce di piastrelle ceramiche sulle
120
L.Rossi, Gioancarlo De Carlo Architetture, Mondatori editore, Milano.
investe decisioni collettive e un processo partecipativo fuori dal
comune.E’ evidente inoltre che la morfologia è realizzata
permutando gli elementi tipizzati onde realizzare le diverse tipologie
edilizie:la serialità razionalista ancora presente in molte opere qui
viene arricchita da elementi vernacolari, dal colore, dalla completa
integrazione con le sistemazioni esterne.Il sistema combinatorio è
qui esaltato nelle sue valenze più importanti:offrire la
personalizzazione , la
121
Piero Sartogo, Note dal Fronte , in L.Rossi, Giancarlo De Carlo Architetture, Mondatori editore, Milano.
rivelare un amore per il dettaglio costituiscono acquisizione da
un linguaggio stratificato e domestico, strutturate in un insolita
narrazione moderna”122.”
Le residenze di Mazzorbo che specchiano i loro nitidi volumi
colorati nella laguna veneziana, declinano con estrema capacità
narrativa una serie di spazi dalla scala urbana a quella del singolo
alloggio nel quale la matrice tipologica si dissolve in una sottile rete
di relazioni tipologiche .Distanza e vicinanza si fanno in questo
insediamento strumenti di un racconto
Fig99/1 Mazzorbo le finiture interne
122
A.Romano,G.De Carlo, universale di architettura,Gennaio, 2001.
123
F.Purini, L’opera e il tema, in G.De Carlo , Percorsi, a cura di F.Samassa, Il Poligrafico, Venezia 2004.
Egli ha avviato questo processo di ricerca della qualità
architettonica ed ambientale puntando sulle analisi
morfologiche piuttosto che sulle prescrizioni e sugli
standard…ha elaborato un progetto architettonico per giungere
alla formazione di un piano…è forse l’unico modo di
intervento altamente qualificato laddove la struttura
paesaggistica , storica e ambientale debba essere salvaguardata
e rafforzata.Il disegno di De Carlo…ha privilegiato l’assetto
morfologico dell’impianto lo stretto rapporto con la realtà
edilizia buranella.
124
A.Benedetti, Edilizia residenziale nella laguna veneziana a Mazzorbo, in L’idustria italiana delle Costruzioni, n°192.
125
F.Irace, Nuovi quartieri in Laguna, in Abitare,n°260,1987
Conclusioni