TIPOLOGIA E PROGETTO ARCHITETTONICO La frase di Mumford “Il pensiero prende forma nella città; e a loro volta le forme urbane condizionano il pensiero” è esemplificativa per spiegare la relazione che c’è tra architettura, intesa come adeguamento formale e città, intesa come espressione delle trasformazioni sociali. L’elemento fulcro di questa relazione è il progetto, forma del pensiero architettonico in cui la struttura tipologica svolge un ruolo centrale. Per Tipo si intende un concetto che si basa su caratteristiche comuni stabilite e tipologia è lo studio che li raggruppa e ordina, sulla base di un’indagine osservativa e descrittiva. La classificazione tipologica in architettura può essere di tipo funzionale (elementi dell’architettura relativi alle funzioni), può riguardare i caratteri costruttivi, le qualità dei materiali… Il concetto funzione è legato alla questione formale, per cui la forma deve tener conto delle necessità. Per Tipo edilizio s’intende lo studio dei tipi dell’abitazione attraverso le sue caratteristiche distributive, funzionali e formali (casa unifamiliare, casa a ballatoio, casa a corte…). Per Tipo architettonico, invece, s’intende lo studio formale degli elementi inteso più generalmente (pianta centrale, a corte…). Tra questi due termini non esiste differenza sul piano della definizione formale. (esempi di tipo pagg. 19-20-21) Analizzando la Rotonda di Andrea Palladio si arriva alla conclusione che egli si concentri prevalentemente sulla concezione formale e tipologica dell’architettura, utilizzando l’impianto centrale e alcuni elementi dell’architettura sacra, trascurando l’aspetto funzionale. Secondo Aldo Rossi egli opera una ‘commistione eretica’ tra elementi religiosi e civili. Quatremère de Quincy elabora una definizione di tipo, il quale non rappresenta l’immagine di una cosa da copiare o imitare perfettamente ma l’idea di un elemento che deve servire di regola al modello; quest’ultimo inteso come un oggetto che si deve ripetere tale e quale, una sorta di prototipo. Arte dell’architettura diventa imitatrice della natura sotto il rapporto morale, appropriandosi il sistema, i principi, le regole delle proporzioni e gli effetti del piacere che ne risulta nell’organizzazione del corpo umano. Quatremère de Quincy, in un passo importante nella costruzione della teoria in Architettura, spiega che l’imitazione dell’antico, non è riprodurre ciò che fu fatto da essi ma fare come essi avrebbero fatto nel mondo moderno, confrontandosi con diverse esigenze e differenti condizioni. Per l’architetto il tipo, le forme, i rapporti di proporzione con la facoltà visuale sono gli elementi necessari della sua imitazione; il genio non si adopera per trovarne altri ma li utilizza per impressionare e per esprimere idee e sentimenti. ARCHIETTETTO = motore e interprete della realtà TIPOLOGIA E COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA “Tipo, ciò che sta più vicino all’essenza stessa dell’architettura” _Aldo Rossi quindi mette in evidenza l’esigenza di riportare ad unità la dialettica esistente tra aspetti della tecnica, della funzione e dello stile. Più che di funzione bisogna parlare di utilità, poiché comprende anche la bellezza e il carattere degli edifici (carattere inteso come espressione dello scopo per cui l’edificio è stato realizzato). “Tipo come struttura formale: un’idea generale di forma che è allo stesso tempo di organizzazione dello spazio” _ Carlos Martì Il tipo è il filo conduttore tra la composizione e la progettazione. Colin Rowe, architetto e urbanista statunitense, analizza il percorso dell’architettura che va dal settecento ai maestri del moderno, sostenendo che un loro punto in comune è la convinzione che la forza dell’idea compositiva debba esprimersi innanzitutto nella pianta dell’edificio, ritenuta l’elemento fondante con cui ordinare le questioni funzionali e formali del progetto. Durand, architetto francese di fine Settecento, definiva la composizione come “geometrica”, come la disposizione delle parti e degli elementi “in modo giusto e conveniente”. Emil Kaufmann, storico dell’architettura austriaco novecentesco, aveva individuato le origini del progetto moderno nel passaggio dalla forma “figurativamente conclusa e dotata di forte gerarchia interna” del sistema rinascimentale-barocco, al “pavillon- system “cioè alla composizione di elementi distinti, caratteristica dell’architettura neoclassica. Due modalità compositive: COLLEGARE e DIVIDERE. Il primo compone gli spazi in un manufatto unitario e concluso; questa modalità si può trovare nelle domus, nelle terme romane, nei conventi, in sostanza negli edifici con tipologia a corte. La seconda modalità differenzia elementi e funzioni attraverso volumi separati. Dall’integrazione di queste due modalità sono maturate successivamente alcune strategie progettuali che compongono volumi riconoscibili dentro un recinto. Alla scala urbana, questi due modi costituiscono principi insediativi della città moderna. Mediante la tecnica unificante corrisponde la grande unità abitativa; mentre per quella divisoria corrisponde il quartiere come parte formata dalla ripetizione di edifici distinti. La configurazione dell’impianto planimetrico ha grande rilevanza sulla qualità del progetto, infatti è ritenuto molto importante il passaggio dall’idea planivolumetrica alle scelte figurative che devono relazionarsi con la forma. Le fasi progettuali sono: l’individuazione del tema urbano o architettonico, la scelta tipologica (idea-guida), l’idea costruttiva e le scelte figurative e stilistiche. (Esempi: Campus di Utrecht di Koen Van Velsen; la nuova università di Chieti di Barbieri, Del Bo, Manzo e Mennella) La FORMA viene intesa come una configurazione astratta “dotata di significato naturale o priva di significato” _Alain Colquhoun. La FIGURA come una “configurazione cui il significato è conferito dalla cultura”, quindi storicizzato. La figura strutturata di un tipo architettonico richiama una percezione globale che comprende anche la capacità di rispondere ai bisogni dell’abitare. La figura quindi si presenta come una sintesi di esperienze complesse comprensive anche dei contenuti funzionali, delle ragioni d’uso. “La forma come struttura rimanda alle dimensioni intellegibili dell’oggetto e si apre verso la concezione astratta; la forma come la figura rimanda alla dimensione percettiva dell’oggetto e costituisce la base dell’elaborazione figurativa” _Carlos Martì Arìs. Figura= impronta caratterizzata della forma che costituisce le linee di forza del progetto finale. I tipi considerati come figure basiche dell’architettura rispondono a caratteristiche estetiche ma anche condizioni d’uso, aspetti distributivi, costruttivi. IL METODO ANALOGICO PER ORIENTARSI NEL PROGETTO Andrea Palladio nel terzo de ‘I Quattro Libri dell’Architettura’, nel capitolo sui ponti, espone il suo progetto per quello di Rialto, in cui si propone di “conoscere” innanzitutto il tema e lavorando in analogia ad esso mette a punto una nuova soluzione adeguata alla sua realtà ma sempre con un occhio ad un esempio del passato. Il metodo palladiano si fonda su un procedimento analogico in cui la conoscenza del passato diviene l’elemento attraverso cui mettere in opera il progetto. Le analogie, secondo Hofstadter (filosofo statunitense), consistono nella rapidissima percezione di importanti elementi comuni tra due situazioni (strutture mentali). Una di esse è appena stata costruita e rappresenta una nuova circostanza nella nostra vita; l’altra è vecchia poiché esisteva già nel nostro cervello. Dunque un’analogia adeguata permette a una persona di associare qualcosa di nuovo a un concetto già esistente, come se fosse familiare. Prerogativa dell’analogia è mettere in relazione la novità con quanto già sperimentato consentendo all’uomo di “orientarsi nel presente”. Ritornando al Ponte di Rialto di Palladio, il foro romano di Nerva corrisponde alla struttura mentale già presente nel nostro cervello, mentre la strada sull’acqua coincide con quella appena costruita. Il progetto di architettura dovrebbe essere inteso come un percorso conoscitivo volto alla ricerca di una risposta adeguata a un problema particolare. L’evolversi dell’architettura nel corso della storia indica come ogni epoca abbia cercato di definire la forma, in grado di diventare la rappresentazione di una cultura. La parola tipo/tipologia è da intendersi nella volontà di definizione dei caratteri di un edificio necessari al fine di una sua riconoscibilità. (Definizione di tipo e modello di Quincy) Dal dizionario: “Tipo: esemplare cui per caratteristiche comuni si può ricondurre un gruppo di cose o individui”, il tipo ha bisogno di essere tradotto perché nella sua definizione nulla è definito stabilmente “tutto è vago nel tipo”: è un concetto astratto e ogni volta deve essere specificato per poter prendere forma. Esempio il tipo della casa a corte il cui principio è quello di far sì che la vita si svolga nella corte definendo un rapporto tra un interno e un esterno. La reinterpretazione del tipo non significa attingere dal passato ma farne il punto di partenza per una propria, adeguandola a nuove necessità. Mies van der Rohe progetta una casa unifamiliare circoscritta da un recinto totalmente chiuso rispetto allo spazio esterno; un edificio introverso la cui unica apertura verso l’esterno è la porta d’ingresso. Si ispira alla casa romana/greca per voler separare la vita privata da quella pubblica. È chiaro come egli non inventi nulla ma cerchi nella storia un possibile esempio analogo da riproporre non tanto per la forma, quanto per la validità del principio generale (l’idea dell’abitare). Il processo analogico si attua nel momento in cui interagiscono la trasgressione (atto creativo) e il controllo delle regolarità (atto critico). COMPOSIZIONE E IMMAGINE DEL PROGETTO. DI ALCUNE FINZIONI DI ALDO ROSSI “L’architettura suscita nell’uomo degli stati d’animo” _Adolf Loos “L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di chi è per commuovere” _Le Corbusier Evocazione di un’emotività intrinseca al compito dell’architetto rispetto al fine etico ed estetico dell’architettura. Da queste due citazioni è possibile comprendere alcuni progetti di Aldo Rossi, per cui l’importanza del tipo e della forma tipologica risulta essere in primo piano, congiuntamente all’idea di forma permanente a alla nozione di emozione.