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Le terre

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I edizione: febbraio 2018
© 2005 by Daniele Ganser
Authorised translation from the English language edition published by Routledge,
a member of the Taylor & Francis Group
© 2018 Fazi Editore srl
Via Isonzo 42, Roma
Titolo originale: Operation Gladio. NATO’s Secret Stay-Behind Armies and
Terrrorism in Western Europe
Traduzione dall’inglese di Silvio Calzavarini
Tutti i diritti riservati
ISBN: 978-88-9325-354-3
www.fazieditore.it

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@FaziEditore

FaziEditore

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I capitoli che compongono il presente volume sono stati selezionati dalla prima
edizione
del testo, intitolato Gli eserciti segreti della NATO. Operazione Gladio e terrorismo
in Europa occidentale e pubblicato nel 2005 da Fazi Editore. Rispetto a questa
prima edizione sono stati espunti i capitoli su: Portogallo, Belgio, Olanda,
Lussemburgo, Danimarca, Turchia, Svezia, Finlandia, Svizzera e Austria

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Daniel Ganser

LA STORIA COME MAI


VI È STATA RACCONTATA
GLI ESERCITI SEGRETI DELLA NATO

traduzione di Silvio Calzavarini

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Indice

Introduzione
1. Attacco terroristico al centro del mondo
2. Uno scandalo scuote l’Europa occidentale
3. Il silenzio della nato, della cia e dell’mi-6
4. Gran Bretagna
5. Stati Uniti
6. Italia
7. Francia
8. Spagna
9. Germania
10. Grecia
Conclusione
Ringraziamenti
Cronologia
Bibliografia

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LA STORIA COME MAI VI È STATA
RACCONTATA

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A Beatrice.
Ammirerò sempre la maniera in cui vivi secondo i principi
che tu senti veri, saggi e illuminati.

7
Che differenza fa per i morti, gli orfani e quelli
rimasti senza casa, se le furibonde distruzioni
sono state scatenate in nome del totalitarismo
o nel santo nome della libertà e della democrazia?
MAHATMA GANDHI (1869-1948)

Il grande numero di abusi dei servizi segreti


riflette il fallimento più generale delle nostre
istituzioni fondamentali.
FRANK CHURCH, senatore degli Stati Uniti, 1976

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Introduzione

Nell’agosto 1990, sul finire della guerra fredda, in seguito a


un’indagine giudiziaria su misteriosi atti di terrorismo, il
presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti decise di
rivelare che in Italia e in altri paesi dell’Europa occidentale
esisteva un esercito segreto controllato dalla NATO.
Coordinato dalla sezione guerra non-ortodossa dell’Alleanza
Atlantica, questo esercito era stato allestito dalla CIA, il servizio
segreto americano, e dall’MI-6, l’intelligence britannica, dopo la
fine della seconda guerra mondiale, con lo scopo di combattere
il comunismo in Europa occidentale. Si trattava di una vera e
propria rete occulta che, dopo le rivelazioni del presidente del
Consiglio Andreotti, fu oggetto di indagini e ricerche da parte di
giudici, parlamentari, studiosi e giornalisti di tutta Europa e
risultò aver avuto in Italia il nome in codice di Gladio, mentre
negli altri paesi aveva assunto altre denominazioni: Absalon in
Danimarca, ROC in Norvegia e SDRA8 in Belgio. In ciascuno di
questi Stati il servizio segreto militare, in stretta collaborazione
con la CIA e l’MI-6, gestiva questi eserciti anticomunisti senza
che di ciò fosse informato il Parlamento o l’opinione pubblica.
Della struttura segreta erano al corrente, in ciascun paese, alcuni
esponenti dell’esecutivo, di solito il primo ministro e i ministri
della Difesa e dell’Interno, mentre l’Allied Clandestine
Committee (ACC, ‘Comitato Clandestino Alleato’) e il
Clandestine Planning Committee (CPC, ‘Comitato Clandestino di
Pianificazione’) del Supreme Headquarters Allied Powers

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Europe (SHAPE, ‘Quartier Generale Supremo delle Forze Alleate
in Europa’) coordinavano le reti a livello internazionale.
L’ultimo incontro dell’ACC con i rappresentanti dei servizi
segreti europei di cui si sia avuta conferma ebbe luogo il 24
ottobre 1990 a Bruxelles.
Dai dettagli emersi sull’operazione, la stampa concluse che
«il racconto sembra uscito direttamente dalle pagine di un
thriller politico»1. Gli eserciti segreti erano stati armati da CIA e
MI-6 con mitragliette, esplosivi, munizioni e apparecchi radio-
riceventi ad alta tecnologia, occultati in nascondigli segreti tra i
boschi, nei prati e in bunker sotterranei sparsi in tutta Europa. I
comandanti di queste formazioni clandestine venivano
addestrati insieme alle Forze Speciali statunitensi, i Berretti
Verdi, e a quelle britanniche, le SAS (Special Air Service).
Reclutati tra le frazioni più anticomuniste della società, lo
spettro delle tendenze politiche dei soldati segreti di Gladio
andava dal conservatorismo moderato fino al terrorismo
estremista di destra, tra cui noti personaggi come Stefano Delle
Chiaie e Yves Guérin-Sérac. Nella loro struttura strategica, gli
eserciti clandestini erano una copia carbone delle formazioni
inglesi Special Operations Executive (SOE), che nel corso della
seconda guerra mondiale venivano paracadutate in territorio
nemico e combattevano clandestinamente dietro le linee degli
invasori.
Nell’eventualità di un’occupazione sovietica dell’Europa
occidentale, i soldati segreti sotto comando NATO avrebbero
costituito una cosiddetta “rete stay-behind” che avrebbe operato
dietro le linee nemiche, suscitando e rafforzando i movimenti di
resistenza locale, evacuando i piloti degli aerei abbattuti e
sabotando con esplosivi le vie di rifornimento e i centri di
produzione avversari. L’invasione sovietica, tuttavia, non ci fu.
Agli occhi degli strateghi della guerra segreta di Washington e
Londra, il pericolo vero e attuale venne identificato nei partiti

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comunisti, a quel tempo numericamente forti, presenti in diverse
democrazie europee. La rete, pertanto, anche in totale assenza di
un’invasione sovietica, in numerosi paesi prese le armi per
combattere una guerra occulta contro le forze politiche di
sinistra. I servizi segreti, che controllavano le reti stay-behind,
contattarono e protessero giovani neofascisti che furono poi
coinvolti in una serie di operazioni terroristiche di cui vennero
falsamente accusati anarchici per screditare la sinistra. Le
operazioni furono costantemente mirate a diffondere terrore tra
la popolazione mediante bombe che provocavano stragi sui treni
o nelle piazze (Italia), con l’uso sistematico della tortura contro
gli oppositori (Turchia), con il sostegno ai colpi di Stato di
destra (Turchia e Grecia) e con attacchi contro gruppi
politicamente avversi (Spagna e Portogallo). Quando gli eserciti
segreti furono scoperti, sia la NATO sia i governi di Stati Uniti e
Gran Bretagna rifiutarono di prendere posizione e non
rilasciarono alcuna dichiarazione su quello che fu definito dalla
stampa come «il segreto politico-militare più custodito, e più
compromettente, dalla fine della seconda guerra mondiale»2.

1 «The Times», 19 novembre 1990.


2 «The Observer», 18 novembre 1990.

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1. Attacco terroristico al centro del mondo

In un bosco vicino al paese italiano di Peteano un’autobomba


scoppiò il 31 maggio 1972. L’ordigno ferì in modo grave un
carabiniere e ne uccise altri tre. I carabinieri erano stati attirati
in quel luogo da una telefonata anonima. Ispezionando una Fiat
500 abbandonata, uno degli agenti aveva aperto il cofano
dell’auto che aveva innescato l’esplosione. Dopo la strage
furono arrestati piccoli pregiudicati per reati comuni, poi
risultati del tutto estranei alla vicenda.
Nel 1984, il giovane giudice italiano Felice Casson riaprì il
caso rimasto a lungo in letargo, perché, con sua sorpresa, aveva
scoperto un’incredibile serie di grossolane manipolazioni e
contraffazioni intorno alla strage di Peteano. Il giudice Casson
accertò che i carabinieri avevano ostacolato le indagini della
polizia. Il rapporto che all’epoca dichiarava come l’esplosivo
usato nell’attentato fosse del tipo solitamente usato dalle Brigate
Rosse risultò falso. Il consulente giudiziario Marco Morin aveva
deliberatamente fornito una perizia falsa. Era, infatti, membro
dell’organizzazione italiana di destra Ordine Nuovo e, nel
contesto della guerra fredda, dava il suo contributo a quello che
riteneva un modo legittimo di combattere il potere dei
comunisti. Casson riuscì a provare che, contrariamente a quanto
aveva sostenuto Morin nella sua perizia, l’esplosivo usato era il
C4, il più potente esplosivo disponibile in quel momento, in
dotazione anche alla NATO. «Volevo solo che una nuova luce
potesse rischiarare quegli anni di bugie e misteri, questo è

12
tutto», dichiarò anni più tardi Casson ai giornalisti nel suo
minuscolo ufficio del settecentesco Palazzo di Giustizia che si
affacciava su un canale della laguna di Venezia. «Volevo che
l’Italia potesse, almeno per una volta, conoscere la verità»3.
Il 24 febbraio 1972 un gruppo di carabinieri aveva
casualmente scoperto un nascondiglio sotterraneo vicino a
Trieste contenente armi, munizioni ed esplosivo C4 identico a
quello usato a Peteano. I carabinieri credevano di aver trovato
l’arsenale di un gruppo criminale. Anni dopo, le indagini del
giudice Casson furono in grado di ricostruire che si erano
imbattuti in uno dei numerosi arsenali, più di cento,
dell’esercito segreto collegato alla NATO che in Italia era stato
chiamato con il nome in codice Gladio, la corta spada romana.
Casson scoprì che il servizio segreto militare italiano e il
governo dell’epoca avevano fatto di tutto per nascondere non
solo il rinvenimento di Trieste, ma il vasto contesto strategico in
cui era inserito.
L’organizzazione di destra Ordine Nuovo – secondo
l’inchiesta di Casson – aveva avuto stretti rapporti di
collaborazione con il servizio segreto militare, il Servizio
Informazioni Difesa (SID). Il giudice identificò in Vincenzo
Vinciguerra, un membro di Ordine Nuovo, l’uomo che aveva
collocato la bomba di Peteano. Anni dopo il crimine,
Vinciguerra si costituì e fu arrestato. Confessò e testimoniò di
essere stato aiutato e coperto da un’estesa rete di simpatizzanti
in Italia e all’estero. «Giudicati nel loro insieme o
separatamente, i gruppi della destra extraparlamentare appaiono
incapaci di costituire una minaccia politica», dichiarò Vincenzo
Vinciguerra durante un interrogatorio nel 1992; «sono nati quali
formazioni fiancheggiatrici di forze capaci per potenza di
giungere a una soluzione del caso italiano, le Forze Armate,
destinate a fare da supporto all’azione altrui [...]. È in questo
mondo unito dall’avversione al comunismo e dalla fiducia nelle

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Forze Armate, che gli uomini dei servizi, appoggiati e
coadiuvati da ufficiali dei carabinieri e da funzionari della
polizia politica, selezionano e reclutano uomini che per
caratteristiche appaiono più idonei a trasformarsi in loro
collaboratori permanenti ai quali affidare il compito di creare
gruppi di azione, proporre attentati, svolgere attività informativa
[...]. La strategia della tensione, che ha attraversato un ventennio
della nostra storia, trova così la sua logica e la sua ragione
d’essere [...]. Tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia a
partire dal 1969 appartengono a un’unica mente
organizzativa»4. «Un complesso meccanismo si era messo in
moto», ricordava Vinciguerra, «e questo comprendeva i
carabinieri, il ministro dell’Interno, la polizia di frontiera e i
servizi di intelligence civile e militare, che accettavano tutti il
ragionamento ideologico che stava dietro all’attentato»5.
Vinciguerra aveva ragione quando sottolineava che la strage
di Peteano era avvenuta in un momento storico particolarmente
agitato. Con l’avvento della rivoluzione dei figli dei fiori, le
proteste studentesche di massa contro la violenza in generale e
la guerra del Vietnam in particolare, nei tardi anni Sessanta la
battaglia ideologica tra destra e sinistra si era di nuovo riaccesa
sia nell’Europa occidentale sia negli Stati Uniti. Gran parte delle
persone impegnate nei movimenti di sinistra faceva affidamento
su forme non violente di protesta come dimostrazioni,
manifestazioni di disobbedienza civile e soprattutto infuocati
dibattiti. Criticava gli Stati Uniti, la guerra del Vietnam e
soprattutto la distribuzione del potere in Italia. Nonostante la
grande forza numerica che aveva in Parlamento, al PCI non
veniva attribuita nessuna carica ministeriale e dunque risultava
intenzionalmente escluso dal governo. Anche la destra era
consapevole di quanto ciò costituisse una flagrante
discriminazione e una violazione dei principi democratici
fondamentali.

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Fu in questo contesto di guerra fredda e di battaglia per il
potere nell’Europa occidentale che l’estrema sinistra e l’estrema
destra ricorsero alla violenza. Le Brigate Rosse comuniste
italiane e la tedesca Rote Armee Fraktion (RAF) furono i due
gruppi terroristici di estrema sinistra più importanti dell’Europa
occidentale. Fondate da studenti dell’università di Trento,
pressoché privi di addestramento militare, le Brigate Rosse
avevano come esponenti Margherita Cagol, Alberto
Franceschini e Renato Curcio. Come la RAF, erano convinti che
si dovesse usare la violenza per cambiare il sistema di potere
esistente, percepito come ingiusto e corrotto. Come la RAF, il
terrore delle Brigate Rosse non colpiva in modo indiscriminato
la popolazione, ma persone accuratamente selezionate, ritenute
rappresentative degli “apparati dello Stato”. Fondate nel 1969,
le Brigate Rosse operarono fino al 1974 senza uccidere né ferire
nessuno. In quell’anno furono arrestati Curcio, Franceschini e
altri dirigenti del gruppo, dopodiché i nuovi capi delle BR
cominciarono a sparare alle gambe e a uccidere le loro vittime.
Il tributo di morte che l’Italia pagò alle Brigate Rosse raggiunse
il numero di settantacinque persone. Solo dopo il 1980 alcuni
membri delle BR cominciarono a collaborare con le forze
investigative e questo portò all’arresto di molti membri e dopo il
1988 alla fine dell’organizzazione.
Nell’altro versante della guerra fredda anche l’estrema destra
ricorse alla violenza. In Italia la rete comprendeva
organizzazioni dichiaratamente fasciste come Ordine Nuovo,
Avanguardia Nazionale e altri gruppi, protetti dai servizi segreti.
Diversamente dalla sinistra, il terrore della destra intendeva
diffondere panico in tutta la società e per questo ordigni
esplosivi furono disposti tra la gente, per uccidere
indiscriminatamente un largo numero di persone e riversarne
fraudolentemente la colpa sulla sinistra e i comunisti. Tutto
cominciò nel 1969, poco prima di Natale, quando quattro
bombe scoppiarono in luoghi pubblici, a Roma e a Milano. Qui

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le bombe provocarono sedici morti e ottanta feriti, per la
maggior parte agricoltori che, dopo una giornata al mercato,
erano andati a depositare i loro introiti, certamente non molto
rilevanti, alla Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana.
Secondo una strategia diabolica, gli atti di terrorismo vennero
falsamente attribuiti agli anarchici, ai comunisti e all’estrema
sinistra, le vere tracce occultate e immediatamente furono
eseguiti gli arresti. L’opinione pubblica in genere aveva poche
possibilità di venire a conoscenza della verità dato che i servizi
segreti, in particolar modo i funzionari dell’Ufficio Affari
Riservati del Ministero dell’Interno, facevano di tutto per
coprire il crimine. A Milano una delle bombe non era scoppiata
per problemi al timer, ma un tentativo di copertura pressoché
immediato causò la distruzione della bomba sulla scena stessa
del rinvenimento, mentre alcune parti del dispositivo vennero
collocate nella villa del noto editore di sinistra, Giangiacomo
Feltrinelli6.
«I dati ufficiali dicono che, soltanto nel periodo compreso tra
il primo gennaio 1969 e il 31 dicembre 1987, si sono verificati
in Italia 14.591 atti di violenza con una motivazione politica»,
ha affermato il senatore Giovanni Pellegrino, presidente della
commissione parlamentare che indagava sulle stragi e sul
terrorismo, ricordando un periodo assai violento della recente
storia italiana. «Fuori da ogni logica burocratica, vale forse la
pena di ricordare che questi “atti” hanno lasciato sul terreno 491
morti e 1.181 feriti. Reduci di una guerra che per dimensione
non ebbe equivalente in Europa»7. Dopo l’attentato di piazza
Fontana del 1969, un’altra strage di rilievo fu quella alla
Questura di Milano del 17 maggio 1973 che uccise 4 persone e
ne ferì 12; seguì quella di Brescia dove, il 28 maggio 1974, una
bomba esplose durante una dimostrazione antifascista e fece 8
morti e 102 feriti. Il 4 agosto 1974 un’altra bomba esplose sul
treno Roma-Monaco, l’espresso Italicus, provocando 12 morti e

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48 feriti. Queste atrocità toccarono il culmine durante il periodo
di ferie estive, il 2 agosto 1980, quando una devastante
esplosione demolì la sala d’aspetto di seconda classe della
stazione ferroviaria di Bologna, causando 85 morti e 200 feriti.
Il massacro di Bologna si colloca tra i più drammatici attacchi
terroristici avvenuti in Europa nel corso del XX secolo.
Contrariamente a quanto accaduto alle Brigate Rosse, i cui
membri furono in gran parte arrestati, i terroristi di destra
riuscirono misteriosamente a fuggire dopo ogni massacro
perché, come ha sottolineato correttamente Vinciguerra, gli
apparati di sicurezza dello Stato italiano, i servizi segreti militari
e la NATO li protessero. Quando, anni più tardi, l’attentato di
piazza Fontana fu attribuito a Franco Freda, membro di Ordine
Nuovo, gli fu chiesto se, guardando le cose retrospettivamente,
avvertisse la sensazione di essere stato manipolato da persone
potenti, più in alto nella gerarchia, compresi ministri e generali.
Freda, un ammiratore dichiarato di Hitler, del quale la sua
piccola casa editrice aveva pubblicato un’edizione italiana del
Mein Kampf, replicò che non si poteva sfuggire alla
manipolazione: «La vita di ognuno risulta manipolata da coloro
che hanno più potere». «Per quanto mi riguarda», continuò,
«accetto di essere stato un pupazzo nelle mani delle idee, non
degli uomini dei servizi segreti italiani o stranieri. Intendo dire
di aver combattuto volontariamente la mia guerra, inseguendo
un progetto strategico che nasceva dalle mie idee. Questo è
tutto»8.
Nel marzo del 2001, il generale Gianadelio Maletti, già capo
del controspionaggio italiano, suggerì che accanto ai servizi
segreti italiani e a un gruppo di terroristi italiani di destra, le
stragi che avevano tentato di gettare discredito sui comunisti
italiani fossero state sostenute anche dal servizio segreto
americano, la CIA. Al processo degli estremisti di destra accusati
di essere coinvolti nella strage di piazza Fontana, Maletti

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testimoniò: «La CIA, seguendo le direttive del suo governo,
intendeva suscitare un nazionalismo italiano in grado di fermare
quello che veniva visto come un progressivo slittamento del
paese a sinistra e a questo scopo può aver fatto uso del
terrorismo di destra». «L’impressione era che gli americani
avrebbero fatto qualsiasi cosa per fermare l’Italia nel suo
slittamento verso sinistra», spiegava il generale e aggiungeva:
«Non dimenticate che era presidente Nixon e che Nixon era un
uomo molto strano, un politico molto intelligente, ma anche
l’uomo dalle iniziative poco ortodosse». Riguardo al passato, il
settantanovenne Maletti esprimeva critiche e rammarico:
«L’Italia ha avuto a che fare con una specie di protettorato» da
parte degli Stati Uniti. «Mi vergogno quando penso che
eravamo ancora soggetti a questa supervisione speciale»9.
Già durante gli anni Settanta e Ottanta il Parlamento italiano
si era dimostrato allarmato dal fatto che una catena
apparentemente infinita di stragi colpisse il paese, senza che i
colpevoli venissero mai identificati. Per quanto già allora
corressero voci a sinistra che i misteriosi atti di violenza non
fossero altro che una forma di guerra segreta non dichiarata
mossa dagli Stati Uniti ai comunisti italiani, questa teoria non
poteva contare su prove certe. Nel 1988, il Parlamento italiano
istituì una speciale commissione d’indagine, presieduta dal
senatore Libero Gualtieri, con la significativa denominazione di
«Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia
e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle
stragi»10. Il lavoro della commissione d’indagine si dimostrò
estremamente difficile. Né gli uomini politici al potere in quel
periodo, né i dirigenti dei servizi segreti sentirono il dovere di
rivelare quanto sapevano sulla strategia della tensione. Molti
ordini furono sicuramente trasmessi solo oralmente, altri
documenti erano stati distrutti e la stessa commissione,
costituita da partiti sia di sinistra sia di destra, era divisa su

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quale fosse stata la verità storica italiana e non trovava un
accordo su come presentare all’opinione pubblica i dati
significativi che aveva accertato.
Nel frattempo il giudice Casson, grazie alla testimonianza
del responsabile dell’attentato di Peteano, Vincenzo
Vinciguerra, e ad altri documenti che aveva scoperto,
cominciava a capire la complessa strategia segreta che era stata
impiegata. Iniziò a comprendere di avere a che fare non con
qualcosa di privato, ma con un terrorismo di Stato pagato dalle
tasse dei contribuenti e fatto nascere per “esigenze” di natura
internazionale nell’ambito della guerra fredda. Sotto il nome di
“strategia della tensione”, le stragi avevano l’obiettivo di creare
paura nella popolazione. Gli estremisti della destra e i loro
sostenitori nella NATO temevano che i comunisti italiani
sarebbero diventati troppo potenti e per questo motivo, nel
tentativo di «destabilizzare per stabilizzare», i soldati
clandestini della destra portarono a termine le stragi per
incolparne la sinistra. «Per quanto riguarda i servizi segreti,
l’attacco di Peteano è parte di quella che fu chiamata “strategia
della tensione”», così il giudice Casson spiegava gli eventi ai
non esperti, in un documentario della BBC su Gladio. «Questo
voleva dire creare tensioni nel paese per promuovere tendenze
politiche e sociali conservatrici e reazionarie. Mentre questa
strategia veniva messa in opera, era necessario proteggere
coloro che vi stavano dietro per evitare che si scoprissero delle
prove con cui li si potesse accusare. I testimoni rifiutavano di
fornire informazioni per coprire gli estremisti di destra»11. Il
neofascista Vinciguerra, che aveva ucciso per le sue convinzioni
politiche e, come altri, aveva rapporti con uomini del servizio
segreto militare italiano, riferì: «Si dovevano uccidere civili,
donne, bambini, innocenti, gente sconosciuta, lontana da ogni
gioco politico. Il motivo era molto semplice. Si supponeva che
questo avrebbe costretto il popolo, l’opinione pubblica italiana,

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a rivolgersi allo Stato chiedendo più sicurezza. Questa è la
logica politica che sta dietro tutte le stragi e le bombe impunite,
dato che lo Stato non può dichiararsi colpevole o responsabile di
quanto accaduto»12.
La mostruosità di questo piano diabolico solo molto
lentamente venne alla luce e, a tutt’oggi, molte connessioni
rimangono ancora inspiegate e soprattutto mancano i documenti
originali. «Con il massacro di Peteano e tutti quelli che
seguirono», spiegava Vinciguerra nel corso di un interrogatorio
nel 1984, «dovrebbe essere ormai chiaro che esisteva una vera
struttura attiva, occulta e coperta, in grado di dare un indirizzo
strategico agli attentati». Questa struttura, sosteneva, «risiede
nello Stato stesso. Esiste in Italia una forza segreta, parallela
alle Forze Armate, formata da civili e militari, che ha la capacità
di organizzare una resistenza all’esercito russo sul suolo
italiano». Senza attribuirgli un nome in codice, questa
testimonianza rivelava che la NATO era collegata a strutture
segrete. Si tratta, spiegava Vinciguerra, di «una organizzazione
occulta, una super-organizzazione segreta con una rete di
comunicazioni, armi ed esplosivi e uomini addestrati a usarli».
Vinciguerra rivelò che questa «super-organizzazione, dato che
un’invasione sovietica non sarebbe potuta realisticamente
avvenire, si era assunta il compito, per conto della NATO, di
prevenire uno spostamento a sinistra degli equilibri politici del
paese. Questo fecero con l’assistenza dei servizi segreti ufficiali
e di forze politiche e militari»13.
A prima vista le dichiarazioni di Vinciguerra del 1984
sembrano riferirsi solo alla struttura Gladio. Ma le indagini della
magistratura italiana hanno lasciato intravedere l’esistenza dal
1946 in poi di diverse e multiformi strutture segrete a vario
titolo incaricate di manipolare la polizia italiana e arginare
l’avanzata delle sinistre. Nell’immediato dopoguerra furono
costituite prevalentemente nel Friuli-Venezia Giulia alcune

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strutture tra le quali la “Osoppo”, che poi assunse il nome “O”.
Essa all’inizio ebbe il compito di contrastare una possibile
invasione jugoslava, ma negli anni successivi fu estesa a tutto il
territorio italiano con compiti segreti sui quali né gli storici né la
magistratura sono ancora riusciti a fare chiarezza. Scrive a
proposito Giuseppe De Lutiis: «Si può senz’altro affermare che
l’organizzazione “O” avesse i caratteri di struttura occulta
predisposta per la guerra non-ortodossa»14. Negli ultimi anni
nel corso di alcune indagini giudiziarie italiane è emersa la
possibile esistenza di un’altra struttura segreta, che si sarebbe
chiamata “Anello”, anch’essa costituita nel 1946 con compiti
anticomunisti, i cui contorni non sono chiari anche perché al
momento della pubblicazione di questo libro, nel 2005, le
indagini della procura di Brescia sono ancora coperte da segreto
istruttorio. In un’altra indagine condotta dal giudice milanese
Guido Salvini sull’eversione di destra e la strage di piazza
Fontana, fu esaminata la funzione dei cosiddetti “Nuclei per la
Difesa dello Stato” (NDS), organizzazione già emersa a fine anni
Sessanta. Questa struttura, protetta dai servizi segreti, era
costituita da neofascisti, alcuni dei quali poi coinvolti nelle
stragi. «Un’organizzazione, quella dei Nuclei, più radicata sul
territorio rispetto a Gladio [...], formata da cellule di cui solo il
responsabile conosceva tutti i componenti, addestrati
continuamente non solo all’uso delle armi, ma anche a quello
degli esplosivi e anche, sul piano numerico, di entità non
indifferente»15.
Tra le strutture segrete anticomuniste protette dai servizi
segreti come Gladio, Osoppo, Anello e NDS deve essere inserita
anche la cosiddetta “Rosa dei Venti”, organizzazione sulla quale
indagò tra il 1973 e il 1974 il giudice padovano Giovanni
Tamburino. L’indagine evidenziò legami diretti della Rosa dei
Venti con la NATO che, forse non casualmente, ha come simbolo
ufficiale proprio una rosa dei venti. Però, quando il giudice

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Tamburino si apprestava a indagare su questi legami, la Corte di
Cassazione gli sottrasse l’istruttoria nel dicembre 1974 e la
trasferì a Roma, dove l’indagine fu insabbiata. Per questo non
conosciamo ancora la verità sulla Rosa dei Venti. Il giudice
Tamburino, in alcune interviste, ha ipotizzato che, a un livello
superiore, ambedue i versanti dell’eversione italiana possano
essere stati manipolati da un’unica centrale.
Nei pochi mesi nei quali Tamburino aveva condotto
l’istruttoria aveva preso una misura che non aveva precedenti,
quella cioè di arrestare Vito Miceli, il capo del SID, il servizio
segreto militare, con l’accusa di «aver promosso, preordinato,
organizzato in concorso con altri, un’associazione segreta di
militari e civili allo scopo di provocare un’insurrezione armata
rivolta a ottenere un cambiamento illegale della Costituzione e
della forma di governo»16.
Miceli, già responsabile dell’Ufficio di Sicurezza della NATO,
nel corso del dibattimento processuale, il 17 novembre 1974
rivelò l’esistenza di strutture occulte collegate al SID: «Un super-
SID ai miei ordini? Naturalmente! Ma io non ho organizzato un
colpo di Stato per conto mio. Sono stati gli Stati Uniti e la NATO
a chiedermi di farlo!»17. Miceli se la cavò. Ottenne la libertà
provvisoria e passò sei mesi in un ospedale militare. Sedici anni
più tardi il presidente del Consiglio Giulio Andreotti rivelò
l’esistenza di Gladio di fronte al Parlamento italiano. Questo
fece andare in collera Miceli. Poco prima di morire, nell’ottobre
1990, rabbiosamente affermò: «Sono andato in carcere piuttosto
di rivelare l’esistenza di questa organizzazione super-segreta e
ora Andreotti va a parlarne in Parlamento!»18.
Dalla prigione il terrorista Vinciguerra spiegava al giudice
Casson che non solo Ordine Nuovo, ma anche un’altra
importante organizzazione della destra italiana, Avanguardia
Nazionale, aveva collaborato con il servizio segreto militare e
l’esercito segreto di Gladio per indebolire la sinistra italiana:

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«La linea terroristica era messa in atto da persone sotto
copertura, appartenenti agli apparati di sicurezza o collegati a
organi statali da rapporti di collaborazione. Io dico che ogni
singolo attentato avvenuto dopo il 1969 si inseriva in un unico e
pianificato progetto». Vinciguerra spiegava di essere stato
reclutato, assieme ai suoi compagni, per cooperare con
l’esercito di Gladio onde portare a termine le operazioni più
sanguinose: «Avanguardia Nazionale, come Ordine Nuovo, fu
mobilitata per la battaglia e ciò fu parte di una strategia
anticomunista che nasceva non da organizzazioni deviate
rispetto alle istituzioni di governo, ma dallo Stato stesso e in
particolare da quell’ambito delle relazioni dello Stato con
l’Alleanza Atlantica»19.
Il giudice Casson si allarmò per quello che aveva trovato.
Nel tentativo di investigare questo ganglio marcio dello Stato,
aveva seguito le tracce delle strutture occulte che nel corso della
guerra fredda avevano inquinato la politica italiana. Nel gennaio
1990 chiese l’autorizzazione di estendere le sue ricerche agli
archivi del Servizio Informazioni Sicurezza Militare (SISMI),
noto fino al 1978 col nome di SID. Nel luglio 1990 il presidente
del Consiglio Andreotti diede il suo assenso e consentì che il
giudice Casson facesse le sue ricerche negli archivi di Forte
Braschi, il quartier generale del SISMI a Roma. Fu a Forte
Braschi che Casson scoprì i documenti comprovanti, per la
prima volta, che l’esercito segreto, con la denominazione in
codice di Gladio, esisteva ed era costituito da una speciale
divisione del servizio segreto militare, specificamente quella
incaricata della guerra non-ortodossa. Casson trovò inoltre
documenti che collegavano sia la più grande alleanza militare
nel mondo, la NATO, sia l’unica superpotenza mondiale rimasta,
gli Stati Uniti, a Gladio, alla sovversione e ai terroristi di destra
in Italia e in altri paesi dell’Europa occidentale. La conoscenza
di queste informazioni comportò che, almeno per un certo

23
periodo, Casson si sentisse in serio pericolo: non ignorava che,
già in precedenza, diversi giudici in possesso di notizie scottanti
avevano subito attentati: «Da luglio a ottobre del 1990 ero il
solo a sapere qualcosa [relativo all’operazione Gladio] e questo
avrebbe potuto rivelarsi sfavorevole per me»20.
Mentre Casson faceva le sue ricerche a Forte Braschi, il
Parlamento italiano investigò sulla strage di Bologna. Il 2
agosto 1990, i parlamentari comunisti chiesero al presidente del
Consiglio Giulio Andreotti di «informare il Parlamento entro
sessanta giorni in ordine all’esistenza, alle caratteristiche e alle
finalità di una struttura occulta e parallela che avrebbe operato
all’interno del nostro servizio segreto militare con finalità di
condizionamento della vita politica del paese»21.
Il giorno successivo, 3 agosto 1990, il presidente del
Consiglio Andreotti fece una dichiarazione di fronte alla
commissione parlamentare e per la prima volta nella storia
dell’Italia postbellica confermò che il governo ammetteva
l’esistenza nel paese di una organizzazione segreta collegata alla
NATO. Andreotti assicurò i senatori che, sulla struttura segreta,
avrebbe presentato un rapporto scritto alla commissione
parlamentare entro sessanta giorni: «Mi riservo di presentare
alla commissione una relazione molto precisa che ho pregato lo
Stato Maggiore di predisporre. Si tratta di quelle attività che, sul
modello NATO, erano state messe in atto per l’ipotesi di un
attacco e di un’occupazione dell’Italia o di alcune regioni
italiane. Sulla base di quanto mi è stato riferito dai servizi, tali
attività sono proseguite fino al 1972, dopodiché si è ritenuto che
non ve ne fosse più bisogno. Sia sul problema in generale, sia
sullo specifico accertamento fatto in occasione dell’inchiesta
sulla strage di Peteano da parte del giudice Casson, fornirò alla
commissione tutta la documentazione necessaria»22.
Giulio Andreotti, che all’epoca delle rivelazioni su Gladio
aveva settantun anni, era senza dubbio la più importante fonte

24
che avesse rivelato l’esistenza di Gladio e delle reti stay-behind.
A quel tempo aveva alle spalle una lunghissima carriera,
probabilmente senza eguali tra gli uomini politici dell’Europa
occidentale. Quale esponente di spicco della Democrazia
Cristiana che, durante tutto il corso della guerra fredda, aveva
funzionato da baluardo contro il Partito Comunista, Andreotti
aveva goduto dell’appoggio degli Stati Uniti, di cui aveva
conosciuto personalmente tutti i presidenti, ed era considerato,
sia in Italia sia all’estero, uno dei politici più potenti della
cosiddetta Prima Repubblica (1945-1993).
Nonostante i governi cambiassero con grande rapidità
nell’Italia della fragile Prima Repubblica, Andreotti era
abilmente riuscito a rimanere al potere in numerose coalizioni e
si era assicurato una presenza influente e quasi costante nei vari
governi italiani. Nato a Roma nel 1919, Andreotti era diventato
ministro dell’Interno all’età di trentacinque anni e in seguito
aveva stabilito un primato senza precedenti riuscendo a
occupare la carica di presidente del Consiglio per ben sette
volte, di ministro per ventuno volte, di cui sei come ministro
degli Esteri. I suoi ammiratori lo paragonavano a Giulio Cesare
e lo chiamavano il “divino Giulio”, mentre i suoi critici lo
accusavano di essere il politico delle manovre ambigue e oscure
e l’avevano soprannominato “lo zio”.
Rivelando l’operazione Gladio e gli eserciti segreti della
NATO, “lo zio” aveva scritto una pagina di storia. Quando, alla
fine della guerra fredda, la Prima Repubblica cadde, anche il
potente Andreotti, ormai anziano, fu trascinato in diverse aule di
giustizia, dove fu accusato di aver manipolato le istituzioni
politiche, collaborato con la mafia e segretamente ordinato di
far assassinare i suoi oppositori. «Il sistema giustizia è
impazzito», gridò il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
quando nel novembre 2002 la corte d’appello di Perugia
condannò Andreotti a ventiquattro anni. I giudici avevano
ricevuto minacce di morte ed erano stati posti sotto protezione

25
della polizia. La televisione interruppe la cronaca delle partite di
calcio del campionato nazionale per comunicare che Andreotti
era stato ritenuto dal Tribunale colpevole di aver ordinato al
boss mafioso Gaetano Badalamenti di uccidere, nel 1979, il
giornalista Mino Pecorelli per nascondere la verità
sull’assassinio di Aldo Moro. La Chiesa cattolica si mobilitò per
salvare la reputazione del divino Giulio; il cardinale Fiorenzo
Angelini, nell’apprendere le sconvolgenti notizie, dichiarò:
«Anche Gesù Cristo fu crocifisso prima di risorgere». Ciò
nonostante Andreotti non finì dietro le sbarre di una prigione
perché la sentenza fu annullata nell’ottobre 2003 e “lo zio”
continuò a muoversi liberamente.
Durante le prime rivelazioni su Gladio, il 3 agosto 1990, “lo
zio” di fronte ai senatori aveva abilmente sostenuto, in
riferimento all’esercito segreto stay-behind, che «tali attività
erano continuate fino al 1972» allo scopo di ridurre il danno che
intuiva gli sarebbe potuto derivare da queste ammissioni. Nel
1974, infatti, come ministro della Difesa, aveva testimoniato nel
corso di un’indagine giudiziaria sulle stragi: «Posso dire che i
responsabili dei servizi segreti hanno ripetutamente e
inequivocabilmente escluso l’esistenza di organizzazioni segrete
di qualsiasi tipo e consistenza»23. Nel 1978 aveva rilasciato una
dichiarazione simile di fronte ai giudici che indagavano sugli
attentati di destra a Milano.
Quando la stampa italiana rivelò che l’esercito segreto di
Gladio, lungi dall’essere stato sciolto nel 1972, era ancora
attivo, Andreotti dovette ammettere di essere stato male
informato. In agosto e settembre del 1990, come assai raramente
era successo durante i suoi incarichi, Andreotti diede prova di
una intensissima attività diplomatica consistente nell’inviare
messaggi, nel ricercare contatti e incontri con numerosi
ambasciatori24. Il 18 ottobre 1990 egli fece pervenire alla
Commissione Stragi un rapporto intitolato “SID parallelo –

26
Operazione Gladio”. Un membro della commissione
parlamentare, il senatore Roberto Cicciomessere, che aveva
sentito per caso dell’arrivo di una relazione di Andreotti, e che
si trovava presso la segreteria, volle darvi un’occhiata. Rimase
fortemente sorpreso perché il testo di Andreotti conteneva non
solo una breve descrizione dell’operazione Gladio ma,
contrariamente alla sua dichiarazione del 3 agosto, ammetteva
che l’organizzazione segreta Gladio era ancora attiva.
Il senatore Cicciomessere chiese una fotocopia del
documento, ma gli fu negata dal momento che le procedure
prevedevano che fosse il presidente della commissione, senatore
Libero Gualtieri, a leggerla per primo. Secondo la versione
ufficiale, Gualtieri non lesse mai questa prima versione della
relazione Andreotti sull’operazione Gladio. Infatti, proprio nel
momento in cui – tre giorni dopo – stava infilando il documento
nella sua cartella per portarselo a casa e leggerlo
tranquillamente nel week-end, squillò il telefono. Era lo stesso
presidente del Consiglio che chiedeva al senatore di restituirgli
immediatamente il suo rapporto «perché alcuni passaggi devono
essere rimaneggiati». Gualtieri assentì e rimandò il documento a
Palazzo Chigi da Andreotti, dopo esserselo fatto fotocopiare25.
In contrasto con la versione ufficiale, negli ambienti
giornalistici di Roma circolò la voce che fosse stato lo stesso
senatore Gualtieri a restituire la copia ad Andreotti pregandolo
di togliere alcuni paragrafi del documento che lui riteneva
pericoloso rivelare. La vicenda Gladio fece grande scalpore e
attirò l’attenzione della stampa. I giornali titolarono
“Operazione Giulio” facendo un gioco di parole con
l’operazione Gladio. Tra le cinquantamila e le quattrocentomila
persone irritate, arrabbiate e allarmate, organizzate dal Partito
Comunista marciarono per le vie centrali di Roma in una delle
più grandi manifestazioni di quegli anni, scandendo slogan ed
esibendo striscioni che dicevano «Vogliamo la verità». Alcuni

27
dei dimostranti si erano vestiti da gladiatori. Il segretario del
Partito Comunista Achille Occhetto, parlando alla folla nella
centrale Piazza del Popolo, osservava che questa manifestazione
avrebbe costretto il governo a rivelare gli oscuri segreti che a
lungo aveva mantenuto nascosti: «Siamo qui per ottenere verità
e trasparenza»26.
Il 24 ottobre il presidente del Consiglio Andreotti inviò di
nuovo al senatore Gualtieri il rapporto sul “SID parallelo”.
Ridotta di due pagine rispetto alla precedente, questa versione
finale constava ora di dieci pagine. I fortunati giornalisti che
erano riusciti a procurarsi la prima versione la confrontarono
con la seconda e notarono immediatamente che parti
significative, riguardanti in particolare i collegamenti
internazionali e analoghe organizzazioni segrete presenti in altri
paesi, erano state tagliate. Inoltre, l’organizzazione parallela
segreta della quale si era in precedenza parlato al presente,
indicando con ciò un’esistenza ancora in atto, veniva adesso
descritta al passato.
Nel suo rapporto finale il presidente del Consiglio spiegava
che Gladio, all’interno dei paesi NATO, era stato ideato come la
rete delle organizzazioni di resistenza clandestina che avevano
lo scopo di contrastare un’eventuale invasione sovietica. Dopo
la guerra il servizio segreto militare italiano, il SIFAR, e quello
statunitense, la CIA, avevano siglato «un accordo relativo
“all’organizzazione e all’attività di una rete clandestina
postoccupazione”, un accordo cui si alludeva con il termine
“stay-behind”, in cui confluirono e furono riaffermati tutti i
precedenti impegni in materia relativi all’Italia». La
cooperazione tra CIA e SIFAR, come Andreotti spiegava nel
documento, era diretta e coordinata dai centri segreti NATO per
la guerra non-ortodossa: «Una volta che l’organizzazione di
resistenza clandestina fu costituita, l’Italia venne chiamata a
partecipare, [...] nel 1959, ai lavori del CPC che operava

28
nell’ambito dello SHAPE [...]; nel 1964 il servizio segreto italiano
entrò anche nell’ACC»27.
L’esercito segreto – secondo le rivelazioni di Andreotti – era
ben armato. L’equipaggiamento fornito dalla CIA era stato
sepolto in centotrentanove località segrete sparse nel paese,
nascosto in boschi, campi e perfino in chiese e cimiteri.
Secondo Andreotti nei nascondigli di Gladio si potevano trovare
«armi portatili, munizioni, esplosivi, granate a mano, coltelli e
pugnali, mortai da 60 mm, cannoncini 57 mm, fucili di
precisione, radio trasmittenti, binocoli e attrezzi vari»28. Le
sensazionali rivelazioni di Andreotti non solo fecero scalpore
sulla stampa e nell’opinione pubblica per i rapporti illeciti
intrattenuti tra governo e CIA, ma scatenarono anche una caccia
ai nascondigli segreti di armi. Padre Giucciano ricorda, con
atteggiamento ambivalente, il giorno in cui i giornalisti erano
andati a cercare nella sua chiesa i segreti di Gladio: «Ero stato
preavvertito nel pomeriggio, dato che due giornalisti del
“Gazzettino” mi avevano chiesto se sapevo qualcosa su certi
depositi d’armi qui in chiesa. Decisero di scavare proprio qui e
trovarono subito due casse. Poi il testo indicava una trentina di
centimetri dalla finestra e allora andarono là e scavarono. Una
cassa fu messa in disparte perché conteneva bombe al fosforo.
Mandarono fuori i carabinieri mentre due esperti aprivano
questo cassone, in un altro c’erano due mitragliette. Tutte le
armi erano nuove, in perfetto stato. Non erano mai state
usate»29.
Contrariamente alle testimonianze rilasciate, negli anni
Ottanta, dall’estremista di destra Vinciguerra, Andreotti, nel suo
rapporto del 1990, sottolineò che il servizio segreto militare
italiano in generale e i membri di Gladio in particolare non
avevano nulla a che fare con le stragi che l’Italia aveva dovuto
patire. Spiegò che tutti i “gladiatori”, prima del loro
reclutamento, erano passati attraverso severi controlli ed erano

29
stati scelti sulla base di una «rigorosa applicazione» della legge
sui servizi segreti per assicurarsi della loro «scrupolosa fedeltà
ai valori della Costituzione repubblicana e antifascista» ed
escludere chiunque avesse avuto incarichi politici e
amministrativi nel periodo fascista. Inoltre la legge richiedeva,
come fece osservare Andreotti, che i «soggetti selezionati non
avessero avuto condanne penali, non avessero fatto parte di
partiti politici né di movimenti estremistici di qualsiasi tipo»30.
Mentre i giornalisti volevano maggiori dettagli, il presidente
della Repubblica Cossiga affermò che i membri della rete non
potevano essere indagati dai giudici e che i loro nomi e gli altri
dettagli su quell’esercito occulto erano coperti da segreto. Lo
stesso Andreotti, nel documento consegnato alla Commissione
Stragi, scriveva: «L’operazione, in base alle attuali forme di
organizzazione e impiego – come previsto dalle direttive NATO e
integrato nei suoi piani – deve essere condotta a termine e
perfezionata in una cornice di assoluto segreto»31.
Le rivelazioni di Andreotti sul “SID parallelo” scossero
l’Italia. Un esercito segreto della CIA in Italia e poi? A molti
sembrava poco credibile. Una struttura di tal genere era legale?
Il quotidiano «La Stampa» commentò duramente: «Nessuna
ragione di Stato può essere invocata per giustificare il
mantenimento, la copertura, la difesa di una struttura militare
segreta composta da membri selezionati ideologicamente –
dipendenti o, come minimo, sotto la forte influenza di una
potenza straniera – che presumibilmente viene usata come
strumento di battaglia politica. Nessuna definizione si può dare
di questa operazione se non quella di alto tradimento e di
attacco alla Costituzione»32. In Senato i rappresentanti dei
Verdi, dei comunisti e del gruppo parlamentare degli
indipendenti di sinistra accusarono il governo di aver usato le
unità di Gladio per porre sotto sorveglianza le forze politiche
del paese e per atti di terrore volti a condizionare il clima

30
politico. I membri del PCI, soprattutto, erano convinti che non gli
eserciti stranieri, ma loro stessi erano stati, per tutto il
dopoguerra, i veri obiettivi delle armate di Gladio. I
commentatori insistevano sul fatto che «con questo misterioso
SID parallelo, preparato per contrastare un impossibile colpo di
Stato da parte della sinistra, abbiamo seriamente rischiato di
renderlo possibile alla destra [...]. Non possiamo accettare che
[...] questo super-SID sia stato predisposto come uno strumento
militare destinato a entrare in funzione “in caso di occupazione
nemica”. Il solo vero nemico è ed è stato esclusivamente il
Partito Comunista Italiano, ossia il nemico interno»33.
Non volendo accollarsi da solo queste accuse, il presidente
del Consiglio Andreotti, nello stesso giorno in cui presentò il
suo rapporto finale su Gladio, dichiarò in Parlamento: «Ciascun
capo di governo venne informato dell’esistenza di Gladio»34.
Questa affermazione creò grande imbarazzo e minacciava di
compromettere l’immagine degli ex presidenti del Consiglio tra
cui il socialista Bettino Craxi (1983-1987), il repubblicano
Giovanni Spadolini (1981-1982), allora presidente del Senato,
Arnaldo Forlani (1980-1981), segretario della Democrazia
Cristiana, e soprattutto Francesco Cossiga (1978-1979), allora
presidente della Repubblica. Le alte cariche trascinate da
Andreotti nello scandalo reagirono in modo confuso. Craxi
pretendeva di non essere stato informato, perfino quando fu
posto davanti a un documento su Gladio che lui stesso, come
presidente del Consiglio, aveva firmato. Spadolini e Forlani
diedero segni di generale amnesia, anche se in seguito dovettero
rivedere le loro dichiarazioni. Spadolini, con un certo
divertimento dell’opinione pubblica, sostenne che c’era una
differenza tra quello che aveva saputo come ex ministro della
Difesa e come ex presidente del Consiglio.
Solo Francesco Cossiga, presidente della Repubblica fin dal
1985, confermò con fierezza la sua partecipazione alla

31
cospirazione. Durante una visita ufficiale in Scozia, sottolineò
di essere «orgoglioso e felice» per quanto aveva fatto, come
giovane ministro della Difesa democristiano, per l’allestimento,
negli anni Cinquanta, di quell’esercito segreto35. Dichiarò che
tutti i “gladiatori” erano buoni patrioti e testimoniò di
«considerare un grande privilegio e un atto di fiducia [...] il fatto
di essere stato scelto per questo compito delicato [...]. Devo dire
di essere orgoglioso di avere mantenuto il segreto per
quarantacinque anni»36. Con il suo consenso dato a un esercito
compromesso da legami col terrorismo, il presidente, al suo
ritorno in Italia, si trovò nel mezzo di una tempesta politica: da
vari partiti provennero richieste di dimissioni immediate e
istanze perché venisse sottoposto a impeachment per alto
tradimento. Il giudice Casson fu abbastanza audace da chiedere
al capo dello Stato di testimoniare di fronte alla commissione
inquirente. Il presidente, tuttavia, ora non più orgoglioso e
contento, rifiutò collericamente e minacciò di far cessare le
indagini parlamentari su Gladio: «Rimanderò al Parlamento la
legge che estende questo mandato e, se dovessero riapprovarla,
riesaminerò il nuovo testo per vedere se ricorrano le condizioni
per l’estremo ricorso a un assoluto rifiuto [presidenziale] alla
sua promulgazione»37. Questa reazione era del tutto priva di
ogni fondamento costituzionale e alcuni critici cominciarono a
chiedersi se la salute mentale del presidente fosse ancora salda.
Cossiga sfuggì solo per poco all’impeachment dimettendosi da
presidente nell’aprile 1992, tre mesi prima del termine38. Fu la
prima e finora la più importante vittima dello scandalo di
Gladio.
In un discorso tenuto al Senato il 9 novembre 1990 Andreotti
affermò, ancora una volta, che la NATO, gli Stati Uniti e
numerosi paesi dell’Europa occidentale, tra cui Germania,
Grecia, Danimarca e Belgio, erano coinvolti nella cospirazione
stay-behind. Per fornirne le prove, informazioni segrete furono

32
fatte pervenire alla stampa e il settimanale politico «Panorama»
pubblicò integralmente il rapporto intestato “SID parallelo –
Operazione Gladio” che Andreotti aveva fatto pervenire alla
Commissione Stragi. Quando la Francia tentò di negare il suo
coinvolgimento nella rete internazionale Gladio, Andreotti
dichiarò inflessibilmente che anche la Francia aveva partecipato
al più recente incontro segreto della commissione ACC di Gladio
che aveva avuto luogo solo poche settimane prima e
precisamente il 23 e 24 ottobre 1990 a Bruxelles. Con qualche
imbarazzo, pertanto, anche la Francia dovette confermare di
essere coinvolta nell’operazione Gladio. La dimensione
internazionale della guerra segreta non poteva essere soffocata a
lungo e infatti lo scandalo militare dilagò in vari paesi
dell’Europa occidentale. Seguendo le varie zone geografiche in
cui era divisa la NATO, attraversò l’Atlantico e raggiunse gli
Stati Uniti. La commissione d’inchiesta del Parlamento italiano
sulle stragi concluse nel 2000: «Quelle stragi, quelle bombe,
quelle azioni militari furono organizzate o promosse o sostenute
da persone facenti parte delle istituzioni statali italiane e, come
si è scoperto più recentemente, da uomini collegati ai servizi
segreti americani»39.

3 «The Observer», 18 novembre 1990.


4 Interrogatori di Vincenzo Vinciguerra dinanzi al giudice
istruttore di Milano Antonio Lombardi del 31 gennaio e del 5
febbraio 1992. Riportati in Giuseppe De Lutiis, I servizi segreti
in Italia. Dal fascismo alla seconda repubblica, Roma, Editori
Riuniti, 1998, p. 223.
5 Scrive Hugh O’Shaughnessy: «Gladio: il segreto meglio
conservato d’Europa. Erano agenti che dovevano restare dietro
le linee se l’Armata Rossa avesse occupato l’Europa. La rete

33
allestita con le migliori intenzioni in alcuni paesi degenerò
tuttavia in una copertura per il terrorismo e l’agitazione politica
di estrema destra», in «The Observer», 7 giugno 1992.
6 I ricercatori Fabrizio Calvi e Frédéric Laurent hanno prodotto
probabilmente il miglior documentario sulla strage di piazza
Fontana: Piazza Fontana: storia di un complotto trasmesso l’11
dicembre 1997 alle 20.30 sul canale televisivo Rai Due e
ritrasmesso in versione francese L’Orchestre Noir: La Strategie
de la tension in due puntate il 13 e il 14 gennaio 1998 sul canale
francese Arte. In questo documentario vengono intervistati un
gran numero di testimoni, tra cui i giudici che per anni avevano
indagato sulla strage, Guido Salvini e Gerardo D’Ambrosio, gli
estremisti di destra Stefano Delle Chiaie, Amos Spiazzi, Guido
Giannettini, Vincenzo Vinciguerra, il capitano Labruna, l’ex
presidente del Consiglio Andreotti, Victor Marchetti e Marc
Wyatt della CIA.
7 Citato in Giovanni Fasanella - Claudio Sestieri con Giovanni
Pellegrino, Segreto di Stato. La verità da Gladio al caso Moro,
Torino, Einaudi, 2002, Introduzione.
8 Allan Francovich, Gladio: The Puppeteers, secondo dei tre
documentari di Francovich su Gladio, trasmesso il 17 giugno
1992 da BBC2.
9 Philip Willan, “Terrorists ‘helped by CIA’ to stop rise of left
in Italy”, in «The Guardian», 26 marzo 2001. Willan è un
esperto sulle operazioni segrete statunitensi in Italia e ha
pubblicato un libro di grande valore: Philip Willan,
Puppetmasters. The political use of terrorism in Italy, Londra,
Constable, 1991 [trad. it. I burattinai. Stragi e complotti in
Italia, Napoli, Tullio Pironti Editore, 1993, p. 40).
10 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in
Italia e sulle cause della mancata individuazione dei
responsabili delle stragi. Una proposta di relazione del
Presidente della Commissione, senatore Giovanni Pellegrino, è
stata pubblicata dal Senato nel 1995 con il titolo: “Il terrorismo,

34
le stragi ed il contesto storico-politico”.
11 Notiziario “Newsnight” trasmesso il 4 aprile 1991 dalla
BBC1.
12 «The Observer», 7 giugno 1992.
13 Ed Vulliamy, “Secret agents, freemasons, fascists...and a
top-level campaign of political ‘destabilisation’: ‘Strategy of
tension’ that brought carnage and cover-up”, in «The
Guardian», 5 dicembre 1990.
14 Giuseppe De Lutiis, Il lato oscuro del potere. Associazioni
politiche e strutture paramilitari segrete dal 1946 a oggi,
Roma, Editori Riuniti, 1996, p. 18.
15 Tribunale di Milano, Ufficio Istruzione. Sentenza-ordinanza
del giudice istruttore Guido Salvini del 24 marzo 1995, p. 450.
16 «Statewatch», gennaio 1991.
17 Jean-François Brozzu-Gentile, L’affaire Gladio, Parigi,
Editions Albin Michel, 1994, p. 105.
18 «L’Europeo», 16 novembre 1990.
19 Ed Vulliamy, op. cit.
20 “Spinne unterm Schafsfell. In Südeuropa war die Guerilla
truppe besonders aktiv – auch bei den Militärputschen in
Griechenland und der Türkei?”, in «Der Spiegel», n. 48, 26
novembre 1990.
21 Mario Coglitore (a cura di), La notte dei gladiatori.
Omissioni e silenzi della Repubblica, Padova, Calusca Edizioni,
1992, p. 131.
22 Citato ivi, p. 132.
23 «The Guardian», 5 dicembre 1990.
24 Leo Müller, Gladio – das Erbe des Kalten Krieges. Der
Nato-Geheimbund und sein deutcher Vorläufer, Amburgo,
Rowohlt, 1991, p. 26.
25 Per una descrizione dettagliata della sequenza degli eventi
vedi «la Repubblica», il «Corriere della Sera» e «La Stampa»
del 24 ottobre 1990
26 “50.000 seek truth about secret team”, in «The Toronto

35
Star», 18 novembre 1990.
27 Franco Ferraresi, “A secret structure codenamed Gladio”, in
«Italian Politics. A Review», 1992, p. 30. Ferraresi cita
direttamente dal documento che Andreotti fece pervenire a
mano alla commissione parlamentare. Su «l’Unità» venne
pubblicata sia la prima che la seconda versione del documento
in un’edizione speciale del 14 novembre 1990. Anche Jean-
François Brozzu-Gentile pubblica il testo completo del
documento di Andreotti intitolato «Il SID parallelo –
Operazione Gladio» (in traduzione francese). Cfr. Jean-François
Brozzu-Gentile, op. cit., Appendice.
28 Franco Ferraresi, op. cit.,p. 30, dal documento di Andreotti.
29 Testimonianza di Padre Giucciano davanti alla sua chiesa in
Allan Francovich, Gladio: The Puppeteers, secondo dei tre
documentari di Francovich su Gladio, trasmesso il 17 giugno
1992 da BBC2.
30 Franco Ferraresi, op. cit., p. 31, dal documento di Andreotti.
31 Ibid., dal documento di Andreotti.
32 Ibid.
33 Norberto Bobbio citato ivi, p. 32.
34 Leo Müller, op. cit., p. 27.
35 «The Observer», 18 novembre 1990.
36 Reuters, 12 novembre 1990.
37 Franco Ferraresi, op. cit., p. 32.
38 «The Economist», 30 marzo 1991.
39 Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in
Italia e sulle cause della mancata individuazione dei
responsabili delle stragi: Stragi e terrorismo in Italia dal
dopoguerra al 1974. Relazione del Gruppo Democratici di
Sinistra-L’Ulivo, Roma, giugno 2000 (d’ora in avanti Relazione
dei parlamentari DS, 2000), citato in Philip Willan, “US
supported anti-left terror in Italy. Report claims Washington
used a strategy of tension in the cold war to stabilise the centre-
right”, in «The Guardian», 24 giugno 2000.

36
2. Uno scandalo scuote l’Europa occidentale

Parecchi giornalisti di quotidiani stranieri che si trovavano,


nell’estate del 1990, nei locali dell’Associazione Stampa Estera
di Roma si lamentavano della mancanza di coraggio dei loro
giornali nell’affrontare la scabrosa storia di Gladio e delle sue
dimensioni internazionali. Le rivelazioni fatte dal presidente del
Consiglio Giulio Andreotti, il 3 agosto 1990 davanti al
Parlamento italiano, relative all’esistenza di un esercito segreto
stay-behind collegato alla NATO e dispiegato nell’Europa
occidentale, erano arrivate in un momento piuttosto agitato.
Andreotti aveva rilasciato ampie dichiarazioni proprio il giorno
successivo al 2 agosto 1990, giorno in cui il dittatore iracheno
Saddam Hussein aveva dato il via all’invasione e occupazione
del Kuwait. Editori di giornali e consiglieri militari di Parigi,
Londra, Washington temevano, infatti, che la storia di Gladio
potesse danneggiare seriamente l’immagine di molte
democrazie occidentali e soprattutto destabilizzare i preparativi
per l’imminente guerra del Golfo. Il 2 agosto a New York, Stati
Uniti, Gran Bretagna e Francia «allarmate dall’invasione del
Kuwait» avevano, con il consenso di Cina e Russia, approvato
la risoluzione 660 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite che ordinava «l’immediato e incondizionato ritiro di tutte
le forze irachene sulle posizioni che occupavano il primo agosto
1990» e questo avveniva mentre neppure da parte delle
organizzazioni pacifiste mondiali lo scandalo Gladio riceveva
alcuna attenzione.

37
I media occidentali e mondiali erano concentrati sulla
“questione Golfo” e raccontarono come gli Stati Uniti e il loro
presidente George Bush senior avessero lanciato la più grande
operazione militare dalla seconda guerra mondiale e, a capo di
una coalizione che comprendeva Germania, Francia, Gran
Bretagna, Belgio, Italia, Olanda, con l’operazione “Desert
Storm”, nel gennaio-febbraio 1991, avessero respinto Saddam
Hussein fuori dal Kuwait40. Esperti dei media temevano che la
comunità internazionale si sarebbe trovata davanti a una
bizzarra e quanto mai sospetta coincidenza: da una parte la
guerra nel Golfo e dall’altra il mancato scandalo Gladio in
Europa. Quest’ultimo, tuttavia, fu evitato dal presidente del
Consiglio Andreotti il 24 ottobre 1990, attraverso il rapporto
destinato alla commissione parlamentare italiana che indagava
sulle stragi in Italia. Lo scalpore provocato sulla stampa da
questa relazione fu tale che Andreotti si presentò davanti al
Parlamento per sottolineare che «ogni capo di governo era stato
messo al corrente dell’esistenza di Gladio», cosa che lasciò i
parlamentari nello scompiglio41.
Lo scandalo alla fine superò i confini italiani e il 30 ottobre
l’ex primo ministro socialista greco Andreas Papandreou
confermò al quotidiano «Ta Nea» che egli stesso aveva scoperto
in Grecia, nel 1984, una struttura segreta della NATO molto
simile alla rete Gladio italiana e ne aveva ordinato lo
scioglimento. Forti richieste seguirono perché fosse condotta
un’indagine parlamentare su questo esercito clandestino e su un
suo possibile coinvolgimento nel colpo di Stato militare di
destra del 1967, tutte respinte dal governo conservatore greco in
carica. Il ministro della Difesa Varvitsiotis spiegò che un
militare greco, ex attaché a Washington che aveva lavorato
presso la NATO, avrebbe esaminato queste accuse, mentre egli
prometteva: «Il governo non deve temere nulla»42.
Dalla Grecia lo scandalo rimbalzò in Germania dove, il 5

38
novembre, il parlamentare dei Verdi Manfred Such, che l’aveva
a sua volta appreso dal quotidiano «TAZ», presentò una formale
interrogazione per conoscere l’opinione del governo di Helmut
Kohl sull’eventuale esistenza in Germania di strutture come
Gladio. Mentre il ministro della Difesa meditava su quale
strategia adottare per rispondere alla richiesta, il canale
televisivo privato RTL scosse l’opinione pubblica tedesca
rivelando, in un servizio speciale su Gladio, che ex membri
delle SS avevano fatto parte della rete tedesca di Gladio, mentre
anche in numerosi altri paesi estremisti di destra erano stati
reclutati per fare parte dell’esercito anticomunista clandestino.
La tensione crebbe ulteriormente quando il portavoce del
governo tedesco Hans Klein in modo alquanto confuso spiegò
pubblicamente che «la Gladio tedesca non era, come si era
preteso, un comando segreto di truppe né un’unità di
guerriglia», aggiungendo di non poter discutere la questione nei
dettagli per motivi di segretezza43. Le affermazioni di Klein
causarono proteste tra i politici dell’opposizione
socialdemocratica e verde che intravidero in esse un argomento
per le successive elezioni politiche. Il parlamentare Hermann
Scheer, esperto di problemi di difesa del Partito
Socialdemocratico Tedesco, sottolineò che questa misteriosa
rete di destra sembrava una specie di Ku-Klux-Klan destinata
più a operazioni clandestine contro la popolazione e
l’opposizione che contro un’improbabile invasione sovietica.
Scheer insisteva sul fatto che «per evitare che insabbiamenti ne
distruggano ogni traccia» un’inchiesta su Gladio doveva essere
condotta immediatamente44. «Questo affare è di pertinenza
della più alta autorità giudiziaria (Generalbundesanwalt)»,
spiegava Scheer, «perché l’esistenza di un’organizzazione
militare segreta fuori da ogni controllo parlamentare o
governativo è incompatibile con la legalità costituzionale e deve
pertanto essere perseguita in base al codice penale»45.

39
Il parlamentare socialista Willfried Penner, membro della
Commissione Parlamentare di Controllo (Parlamentarische
Kontrolkommission, PKK) sui servizi segreti, sottolineò di non
aver mai udito dell’esistenza di una rete segreta della NATO né di
«coinvolgimenti mafiosi», dichiarando «che questo pasticcio
deve essere chiarito pubblicamente di fronte a tutti»46. Anche
Burkhard Hirsch, membro della PKK che, per conto del governo,
controllava i servizi segreti, era «estremamente preoccupato».
Infatti «se una cosa resta segreta tanto a lungo, la mia
esperienza mi dice che ci deve essere qualcosa di marcio»47. La
richiesta di un’indagine esauriente avanzata dai socialisti svanì
improvvisamente quando il governo in carica rivelò che anche i
ministri socialisti, quando erano stati al governo, avevano
coperto questo segreto, quindi, nonostante le proteste del Partito
dei Verdi, dell’affare si discusse senza clamori a porte chiuse.
In Belgio, la sera del 7 novembre il ministro della Difesa, il
socialista Guy Coëme, rivolgendosi a un pubblico già in allarme
dichiarò che un esercito segreto collegato alla NATO esisteva
anche in Belgio. Riferendosi implicitamente alle uccisioni
avvenute negli anni Ottanta nel Brabante – oscuri episodi in cui
numerose persone erano state colpite con armi da fuoco da
uomini misteriosi vestiti di nero, all’interno di supermercati e
altri negozi – il ministro della Difesa aggiunse: «Intendo inoltre
indagare per sapere se esista un legame tra le attività di questa
rete occulta e l’ondata di crimini e terrore che il nostro paese ha
sofferto negli anni scorsi»48. Il primo ministro belga Wilfried
Martens, molto infastidito dai lampi dei flash della stampa,
dichiarò: «Sono primo ministro da undici anni e non ho mai
sentito dire che nel nostro paese esiste questa rete occulta»49. I
giornalisti notarono che il primo ministro, «in altre circostanze
così sicuro di sé», appariva in quest’occasione «molto teso».
Dopo di che il Parlamento belga, con una decisione
coerentemente democratica, stabilì di istituire una commissione

40
speciale per indagare sull’organizzazione stay-behind belga,
commissione che un anno più tardi, a conclusione dei suoi
lavori, presentò una pregevole relazione pubblica che constava
di 250 pagine50.
Assai significativamente, i parlamentari belgi scoprirono che
l’esercito segreto della NATO era ancora attivo e accertarono che
un incontro segreto di generali a capo delle occulte armate stay-
behind di numerosi paesi dell’Europa occidentale si era tenuto
assai recentemente, il 23 e 24 ottobre 1990, nel quartier generale
segreto di Gladio collegato alla NATO, il Comitato Clandestino
Alleato (ACC). La riunione aveva avuto luogo a Bruxelles sotto
la presidenza del generale Raymond Van Calster, capo del
servizio segreto militare belga, il Service Général du
Renseignement (SGR, ‘Servizio Generale d’Informazione’). Il
generale si dimostrò furioso con i giornalisti che l’inseguivano e
fecero squillare il suo telefono per tutto il tempo. Egli mentì una
prima volta alla stampa il 9 novembre quando negò con
decisione di aver presieduto l’incontro internazionale dell’ACC e
dichiarò che Gladio era un affare unicamente italiano. In seguito
ammise che in effetti una rete occulta era stata allestita anche in
Belgio dopo la seconda guerra mondiale e che questa doveva
«raccogliere informazioni in caso di invasione sovietica»51.
Mentre insisteva con veemenza sul fatto che non vi era «alcun
legame diretto con la NATO», rifiutava di fornire dettagli e allo
stesso tempo sottolineava: «Non abbiamo nulla da
nascondere»52.
In Francia, il governo del presidente socialista François
Mitterrand, nel tentativo di evitare ulteriori imbarazzi, il 9
novembre fece dichiarare a un funzionario che in Francia
l’esercito segreto «era stato sciolto da molto tempo»53. In
aggiunta il generale Constantin Melnik, capo dei servizi segreti
francesi dal 1959 al 1962, sul maggior quotidiano francese
diffuse la voce che la Gladio francese era «probabilmente stata

41
sciolta dopo la morte di Stalin nel 1953 e che certamente non
esisteva più quando De Gaulle divenne presidente [dopo il
1958]»54. La stampa francese affiancò il governo che si stava
preparando ad affrontare la guerra del Golfo ed evitò di porre
domande significative e imbarazzanti, per cui «un affare che
produceva titoli di prima pagina in molti altri quotidiani
europei, a Parigi riusciva ad avere solo una piccola nota a fondo
pagina»55.
Il presidente del Consiglio italiano tuttavia riuscì a mandare
inesorabilmente in frantumi questa riservatezza francese,
dichiarando il 10 novembre 1990, non senza una punta di
spirito, che anche la Francia aveva partecipato alla recentissima
riunione dei dirigenti di Gladio all’ACC in Belgio, il 23 ottobre
1990. Con qualche imbarazzo il ministro della Difesa francese
Jean-Pierre Chevènement tentò di minimizzare sostenendo
l’assoluta passività dell’esercito occulto francese: «Da quando
ne sono a conoscenza non ha avuto alcun ruolo attivo, ma
solamente di collegamento». Alla domanda di un giornalista
della radio che gli chiese se, date le speculazioni sulle attività
interne e terroristiche dell’armata segreta di Gladio, anche la
Francia avrebbe dovuto affrontare ora la stessa tempesta politica
che aveva colpito Italia e Belgio, il ministro della Difesa in tutta
calma replicò: «Non credo»56. I giornalisti osservarono che il
governo stava facendo ogni sforzo per evitare che le rivelazioni
su Gladio fossero etichettate come «una mostruosità di politica
interna»57.
In Gran Bretagna i portavoce del dipartimento della Difesa
rispondevano, giorno dopo giorno, alle domande della stampa
britannica con espressioni come: «Credo di non poter discutere
di questioni di sicurezza», «È un problema di sicurezza. Non
parliamo di questo», «Non possiamo lasciarci trascinare in
discussioni su problemi di sicurezza»58. Poiché la stampa

42
continuava a sollevare il caso, il ministro della Difesa Tom
King tentò di trattare questo argomento assolutamente
imbarazzante in modo disinvolto, quasi scherzoso: «Non sono
sicuro su quale sia la patata bollente cui state dando la caccia.
Sembra meravigliosamente eccitante, ma ho paura di essere
completamente ignorante su questo tema. Sono più informato
sul Golfo»59. Nel mezzo dei preparativi per l’operazione
“Desert Storm” e della guerra contro l’Iraq, il Parlamento
britannico non fece pressioni per ottenere un’indagine o un
dibattito parlamentare su questo argomento, ma sostenne il
governo del primo ministro John Major. Ancora nell’estate del
1992 non c’era una posizione ufficiale inglese su Gladio e certa
stampa si rammaricava dell’assoluto silenzio dei parlamentari
britannici60.
In Olanda il primo ministro Ruud Lubbers, del Partito
Democratico Cristiano in carica dal 1982, decise di trattare il
delicato argomento scrivendo, il 13 novembre, una lettera al
Parlamento in cui confermava l’esistenza in Olanda
dell’esercito segreto sottolineando però che «non c’era alcuna
supervisione della NATO su questa organizzazione»61. Quindi
Lubbers e il ministro della Difesa Relus ter Beck tennero una
relazione a porte chiuse, di fronte al Comitato Sicurezza e
Intelligence del Parlamento, sugli aspetti significativi della
Gladio olandese. Lubbers dichiarò pubblicamente al Parlamento
che «i primi ministri e i ministri della Difesa che si sono via via
succeduti hanno sempre preferito non informare gli altri membri
del governo e del Parlamento», aggiungendo di essere
orgoglioso che circa trenta ministri avessero tutti mantenuto il
segreto. Mentre alcuni parlamentari si dimostrarono critici per
l’intrinseco pericolo rappresentato da un esercito segreto non
conosciuto dal Parlamento e dalla popolazione in genere, si
decise che non si sarebbe svolta nessuna indagine parlamentare
né che sarebbe stato presentato un rapporto pubblico sulla rete

43
segreta. «Non sono particolarmente preoccupato su cosa sia
stata, o tuttora sia, questa cosa», disse Hans Dijkstal
dell’opposizione liberale. «Il mio problema è piuttosto su ciò
che la notte scorsa in Parlamento non è stato detto»62.
Nel vicino Lussemburgo, il 14 novembre, il primo ministro
Jacques Santer prese la parola in Parlamento e confermò che un
esercito segreto collegato alla NATO esisteva anche in
Lussemburgo. Santer sottolineò che «la sola attività di queste
persone, e questo riguarda tutto il periodo di esistenza della rete,
è stato l’addestramento in preparazione dei loro compiti,
comprese le istruzioni e le esercitazioni su come avrebbero
dovuto individualmente comportarsi in un ambiente ostile e su
come coordinare le loro azioni con quelle dei paesi alleati»63.
La richiesta del parlamentare Jean Huss, del Partito dei Verdi
Alternativi del Lussemburgo, che propose innanzitutto l’avvio
in Parlamento di un dibattito sul tema e quindi l’istituzione di
una commissione d’indagine parlamentare, fu respinta con una
decisione della maggioranza.
Quando la stampa internazionale riferì che «in Portogallo,
una radio aveva affermato che cellule della rete associata
all’operazione Gladio erano state attive negli anni Cinquanta per
difendere la dittatura di destra di Salazar»64, il governo in
carica smentì categoricamente. Il ministro della Difesa
portoghese Fernando Nogueira dichiarò, il 16 novembre 1990,
di non avere notizia dell’esistenza in Portogallo di alcuna
struttura Gladio e sostenne che non esisteva né presso il
Ministero della Difesa né allo Stato Maggiore delle Forze
Armate portoghesi «alcuna informazione relativa all’esistenza o
all’attività di qualsiasi “struttura Gladio” in Portogallo»65. Un
generale in pensione, in contrasto con le bugie diffuse dal
governo, confermò invece alla stampa, a condizione che gli
fosse permesso di rimanere anonimo, che anche in Portogallo
esisteva un esercito parallelo segreto «dipendente dal ministro

44
della Difesa, dal ministro dell’Interno e da quello per gli Affari
Coloniali»66. Nella vicina Spagna dove, come in Portogallo,
durante gran parte della guerra fredda aveva governato una
dittatura di destra che combatteva l’opposizione politica col
terrore e la tortura, Alberto Oliart, ministro della Difesa nei
primi anni Ottanta, considerava «infantile» che fosse posta la
domanda sull’esistenza nel paese di un esercito segreto di destra
al tempo di Franco, perché «qui Gladio era al governo»67.
In Danimarca, il ministro della Difesa Knud Enggaard su
pressione dell’opinione pubblica fu costretto a prendere la
parola di fronte al Folketing, il Parlamento danese, dove il 21
novembre respinse l’affermazione secondo cui «una qualche
specie» di NATO aveva sostenuto un’organizzazione della CIA
allestita segretamente in Danimarca. «Ulteriori informazioni
relative a operazioni dei servizi segreti in caso di occupazione
nemica costituiscono materiale classificato come segreto –
sottolineò il ministro della Difesa – e io, pertanto, non posso
rivelare, anche di fronte al Parlamento danese, alcun altro
dettaglio». Il parlamentare Pelle Voigt, che aveva sollevato la
questione Gladio in quell’assemblea, osservò che «la risposta
del ministro della Difesa è contraddittoria e costituisce una
conferma indiretta del fatto che anche in Danimarca esisteva
questa rete segreta»68. In seguito, ebbe luogo, all’interno del
comitato parlamentare di supervisione sulle attività dei servizi
segreti, una discussione sull’esercito segreto, ma a porte chiuse.
In Norvegia, quando la stampa iniziò a porre al governo
domande relative a Gladio, fu fornita quella che forse fu la più
sintetica risposta relativa all’esercito segreto dispensata dai
governi del continente. «Ciò che Hansen ha detto è tuttora
valido», spiegò Erik Senstad, portavoce del ministro della
Difesa, riferendosi a quanto era stato affermato nel 1978
quando, dopo la scoperta dell’organizzazione stay-behind
norvegese, il ministro della Difesa Rolf Hansen ne aveva

45
ammesso l’esistenza di fronte al Parlamento. L’ex ammiraglio
Jan Ingebristen, che nel 1985 aveva lasciato la carica di capo del
servizio d’intelligence dell’Alto Comando per la Difesa
norvegese, in mezzo al turbine di critiche sollevate
dall’opinione pubblica insisteva sul fatto che era logico che
questo esercito dovesse rimanere segreto: «Non c’è niente di
sospetto in questo. Queste sono unità che dovrebbero rimanere
dietro le linee nei territori occupati dal nemico ed è pertanto
necessario che siano mantenute segrete»69.
In Turchia l’élite al governo prese posizione sul tema Gladio
il 3 dicembre, quando il generale Dog˘an Beyazit, presidente del
Dipartimento Operativo dell’esercito turco, e il generale Kemal
Yilmaz, capo delle Forze Speciali turche, confermarono alla
stampa l’esistenza di un esercito segreto della NATO in Turchia
diretto dal Dipartimento Speciale per la Guerra che aveva il
compito «di organizzare la resistenza nel caso di
un’occupazione comunista»70. Mentre i generali sostenevano
che i membri della Gladio turca erano tutti buoni «patrioti», la
stampa e l’ex primo ministro Bülent Ecevit affermavano che
l’esercito segreto chiamato “Controguerriglia” era stato
ripetutamente coinvolto in operazioni ove erano state accertate
torture, stragi e uccisioni così come nei colpi di Stato di cui il
paese aveva sofferto. Attualmente era impiegato per combattere
contro la minoranza curda del paese. In seguito i militari al
potere rifiutarono di rispondere alle domande indirizzate loro
dal Parlamento, mentre il ministro turco della Difesa Giray si
dimostrò indignato delle rivelazioni tanto esplicite di Ecevit71.
Dato che Controguerriglia continuava le sue operazioni,
perfino il dipartimento di Stato americano, nel suo rapporto sui
diritti umani del 1995, rilevava che in Turchia «importanti e
credibili organizzazioni per i diritti umani, leader curdi e la
popolazione curda locale affermano che il governo è
acquiescente o promuove l’assassinio di civili». Il rapporto del

46
dipartimento di Stato faceva presente che «gruppi in difesa dei
diritti umani riportano la diffusa e credibile convinzione che il
gruppo Controguerriglia, associato alle forze di sicurezza, aveva
eseguito alcune “misteriose uccisioni”». Negli Stati Uniti la
giornalista Lucy Komisar tentò di raccogliere ulteriori
informazioni, ma trovò che il suo governo, di fronte al segreto
militare, non si comportava in modo diverso dai generali turchi.
«Per quanto riguarda Washington, il Pentagono non volle
comunicarmi se stesse tuttora elargendo fondi o aiuti d’altro
tipo al Dipartimento Speciale per la Guerra; in effetti, non
avrebbe risposto ad alcuna domanda su questo argomento». La
Komisar fu ripetutamente respinta: «Mi fu detto da vari
funzionari che non sapevano nulla di questo, che si trattava di
cose di molto tempo fa e che non esistevano documenti
d’archivio o che quello che descrivevo corrispondeva a
un’operazione CIA per la quale non potevano rilasciare
informazioni. Uno storico del Pentagono disse: “Oh, tu ti
riferisci all’organizzazione stay-behind. È tutto segreto”»72.
La questione Controguerriglia, tuttavia, non sparì dalle
scene. Il 3 novembre 1996, una veloce Mercedes nera urtò un
trattore e si schiantò. Avveniva in una lontana autostrada, vicina
al villaggio turco di Susurluk, circa 160 chilometri a sud di
Istanbul. Oltre a un alto ufficiale della polizia e a un membro
del Parlamento anche un importante esponente del gruppo
Controguerriglia rimase ucciso nell’incidente. Per molti si
trattava della prova tangibile di quanto tutto il governo fosse
strettamente coinvolto nella sporca guerra condotta da
Controguerriglia e migliaia di persone protestarono contro lo
«Stato di Susurluk» e chiesero che il paese fosse liberato «da
bande criminali». Nel gennaio del 1998 il nuovo primo ministro
Mesut Yilmaz ebbe il piacere di informare milioni di
telespettatori dei risultati di un’indagine parlamentare, durata
sette mesi, sullo scandalo di Susurluk. «È l’anatomia di un

47
ignobile imbroglio», affermò, e in seguito ammise che
«all’interno dello Stato era stata costituita una squadra di
assassini» mentre «tutti gli altri organi dello Stato erano al
corrente di quanto succedeva»73.
Viste le ripercussioni che si ebbero in tutta Europa in seguito
alle rivelazioni sullo scandalo Gladio, l’argomento fu discusso
dal Parlamento della Comunità Europea il 22 novembre 1990.
In quel momento la Comunità contava dodici paesi, ognuno dei
quali risultava coinvolto nello scandalo74. I dodici avevano
incrementato in modo significativo la reciproca collaborazione e
stavano per dare il via al Mercato Comune Europeo in cui
persone, merci, servizi e capitali si sarebbero spostati
liberamente e senza vincoli, mentre le questioni relative alla
difesa e alla sicurezza sarebbero rimaste, anche nella nuova
organizzazione, sotto il controllo sovrano di ciascuno Stato
membro. «Signor presidente, signore e signori, c’è una
fondamentale necessità politica e morale che riguarda la nuova
Europa che stiamo progressivamente costruendo», così,
sapientemente, aprì il dibattito quel giorno il parlamentare
italiano Falqui. «Questa Europa non avrà futuro se non sarà
fondata sulla verità, sulla totale trasparenza delle sue istituzioni
di fronte agli oscuri complotti contro la democrazia che hanno
agitato la storia, anche recente, di molti Stati europei». Falqui
insisteva: «Non ci sarà futuro, signore e signori, se non
rimuoveremo l’idea di essere vissuti in una specie di doppio
Stato – uno, aperto e democratico, l’altro, clandestino e
reazionario. Questo è il motivo per cui dobbiamo conoscere
perché e quante reti Gladio ci sono state in Europa negli Stati
membri della Comunità Europea»75.
Il parlamentare francese Dury condivideva queste
preoccupazioni e di fronte ai delegati europei dichiarava:
«Quello che ci ha inquietato in questo affare Gladio è il fatto
che tali reti hanno potuto esistere segretamente e al di fuori di

48
ogni controllo da parte delle autorità democratiche. Questo, a
mio avviso, è il tema fondamentale che rimane aperto». Dury
concluse che la storia degli eserciti Gladio andava investigata:
«Da parte nostra, crediamo che si debba far luce su tutta la
questione in modo da poterne conoscere tutte le implicazioni e
impedire che il problema possa permanere o verificarsi con altre
organizzazioni, o prevenire il rinascere di tentazioni di questo
tipo». Anche il ruolo della NATO, secondo Dury, doveva essere
sottoposto a indagini, anche se, «per quanto riguarda le
responsabilità di NATO e SHAPE non ritengo si dovrebbe parlare
di complotto, ma penso si debba tenere vigile questo spirito di
indagine e questa sollecitudine affinché ogni cosa emerga
apertamente. Sappiamo molto bene che alcune persone
coinvolte in Gladio siedono anche in comitati della NATO», e
concludeva dicendo: «Penso che sia parte del nostro dovere nei
confronti della democrazia riuscire a illuminare in modo
appropriato quest’ordine di problemi»76.
«Signor presidente, il sistema Gladio è stato in funzione per
quattro decenni sotto vari nomi», esordì il parlamentare greco
Ephremidis rivolgendosi al Parlamento della Comunità
Europea. «Ha operato in modo clandestino, e noi abbiamo il
diritto di attribuirgli tutte le destabilizzazioni, tutte le
provocazioni e tutti gli atti di terrorismo accaduti nei nostri
paesi in questi quarant’anni, e dire che, attivamente o
passivamente, deve aver avuto un coinvolgimento». Ephremidis
lanciava aspre critiche all’intera rete stay-behind: «Rimane il
fatto che è stata allestita da CIA e NATO che, mentre
pretendevano di difendere la democrazia, stavano in realtà
minandola alla radice o usandola per i loro propri scopi
scellerati». Con un implicito riferimento al coinvolgimento della
Gladio greca nel colpo di Stato del 1967, sostenne che «la
democrazia, della quale si dice godiamo, è stata ed è tuttora
nient’altro che apparenza», e incoraggiava il Parlamento

49
europeo a indagini ulteriori sull’argomento: «Si devono portare
alla luce i dettagli della questione e istituire noi stessi una
speciale sottocommissione inquirente per tenere audizioni e far
scoppiare l’intera questione in modo da poter prendere tutte le
misure necessarie per liberare i nostri paesi da queste
organizzazioni clandestine»77.
Il parlamentare francese de Donnea manifestava una diversa
prospettiva nel dichiarare: «Signor presidente, era perfettamente
legittimo alla fine della seconda guerra mondiale, per la
maggioranza dei nostri Stati, allestire servizi il cui scopo fosse
preparare reti di resistenza clandestina che potessero essere
attivate nel caso che i nostri paesi fossero occupati dalle forze
del patto di Varsavia». Di qui, il parlamentare francese ne
deduceva che «noi tutti dobbiamo onorare coloro che, finché
durò la guerra fredda, lavorarono in queste reti». A de Donnea
appariva chiaro che queste organizzazioni clandestine dovevano
rimanere segrete: «Perché fossero efficaci», diceva, «era
ovviamente necessario che rimanessero segrete», ma
contemporaneamente desiderava che si facesse chiarezza sui
presunti legami con attività terroristiche: «Detto questo, se ci
sono serie indicazioni o fondati sospetti che qualcuna o tutte
queste reti abbiano operato in modo illegale o anormale in certi
paesi, è nell’interesse di tutti che ciò venga chiarito apertamente
e che i colpevoli siano puniti»78.
Il parlamentare olandese Vandemeulebroucke sintetizzò bene
i sentimenti di molti europei quando riassunse la questione
affermando che «è un affare che lascia l’amaro in bocca, dato
che è andato avanti per tutto il tempo in cui la Comunità
Europea è esistita e noi pretendiamo di creare una nuova forma
di democrazia». Vandemeulebroucke sottolineò come fosse
soprattutto la segretezza che circondava tutta la faccenda ciò
che, in quanto parlamentare, più lo turbava, perché «anche i
fondi di queste organizzazioni segrete sono stati tenuti segreti.

50
Non sono stati discussi in nessun Parlamento e noi vogliamo
esprimere la nostra preoccupazione davanti al fatto che [...]
soltanto ora si scopre che ci sono centri decisionali ed esecutivi
non soggetti ad alcuna forma di controllo democratico». Il
parlamentare olandese concludeva: «Voglio protestare
duramente contro il fatto che i militari americani, attraverso lo
SHAPE, la NATO o la CIA, pensano di poter interferire in quelli che
sono i nostri diritti democratici». Mentre riconosceva che lo
stesso Parlamento europeo non aveva la competenza per
affrontare compiutamente l’argomento: «Mi rendo conto che
noi, nel Parlamento europeo, non abbiamo competenza sui temi
della pace e della sicurezza», spiegava, «e pertanto una
risoluzione ragionevole chiederebbe di istituire commissioni
parlamentari d’inchiesta in ciascuno dei dodici stati membri, in
modo da raggiungere una chiarificazione totale»79.
A seguito del dibattito, il Parlamento della Comunità
Europea approvò una risoluzione nella quale i parlamentari
riflettevano criticamente sull’affare Gladio e, in sette punti,
posti come preambolo alla presa di posizione, venivano
riassunte le caratteristiche principali di questo fenomeno: «A. In
considerazione delle rivelazioni di diversi governi europei
sull’esistenza, per quarant’anni, di un’organizzazione parallela
di intelligence clandestina e di operazioni armate, attiva in
alcuni Stati membri della Comunità»; «B. dato che per oltre
quarant’anni questa organizzazione è sfuggita a ogni controllo
democratico ed è stata governata dai servizi segreti degli Stati
interessati in collaborazione con la NATO»; «C. temendo il danno
che tale rete clandestina può avere provocato o può tuttora
provocare tramite interferenze illegali negli affari politici interni
degli Stati membri»; «D. dato che in certi Stati membri i servizi
segreti militari (o sezioni non controllate di questi) sono stati
coinvolti in episodi importanti di terrorismo e criminalità come
provato da varie inchieste giudiziarie»; «E. dato che queste

51
organizzazioni hanno operato e continuano a operare
completamente al di fuori della legge in quanto non soggette a
controllo parlamentare e spesso anche coloro che occupano le
più alte cariche governative e costituzionali sono tenuti
all’oscuro su questi argomenti»; «F. dato che varie
organizzazioni “Gladio” hanno a disposizione arsenali
indipendenti e risorse militari che conferiscono loro un ignoto
potenziale di attacco, mettendo pertanto in pericolo le strutture
democratiche dei paesi in cui operano o hanno operato» e,
infine, «G. molto preoccupati per l’esistenza di organismi
decisionali e operativi non soggetti a forme di controllo
democratico e di natura totalmente clandestina in un momento
in cui la maggiore cooperazione all’interno della Comunità nel
campo della sicurezza è un costante argomento di discussione»,
i parlamentari della Comunità Europea presentavano il loro
punto di vista critico.
Al primo posto, nelle critiche che seguono il preambolo, la
risoluzione del Parlamento europeo «condanna la creazione
clandestina di reti operative e di manipolazione e chiede
un’indagine completa sulla natura, la struttura, gli obiettivi e
tutti gli altri aspetti di queste organizzazioni clandestine o
gruppi isolati, sul loro uso in relazione a possibili interferenze
illegali nella politica interna dei paesi interessati, sul problema
del terrorismo in Europa e sulle sue possibili collusioni con i
servizi segreti degli Stati membri o di paesi terzi». In secondo
luogo la Comunità Europea «protesta vigorosamente per
l’assunzione, da parte di personale militare americano dello
SHAPE e della NATO, del diritto di incoraggiare l’istituzione in
Europa di una rete clandestina sia operativa che di intelligence».
In terzo luogo la risoluzione «chiede ai governi degli Stati
membri di smantellare ogni organizzazione clandestina militare
o paramilitare». Come quarto punto la Comunità Europea
«chiede alle magistrature dei paesi nei quali la presenza di
queste organizzazioni è stata accertata di chiarire in modo

52
completo la loro composizione e modus operandi e di appurare
ogni azione che possa essere stata intrapresa per destabilizzare
le strutture democratiche degli Stati membri». Inoltre, come
quinto punto la Comunità Europea «richiede a ogni Stato
membro di prendere le misure opportune, se necessario
istituendo commissioni parlamentari d’indagine, per redigere un
elenco completo delle organizzazioni attive in questo campo e,
allo stesso tempo, per monitorare i loro rapporti con i rispettivi
servizi d’intelligence statale ed eventualmente con gruppi che
abbiano praticato attività terroristiche o illegali d’altro tipo».
Sesto, il Parlamento europeo si rivolge al Consiglio dei ministri
della Comunità Europea, in particolare alla loro riunione
congiunta con i ministri della Difesa, e «chiede al Consiglio dei
Ministri di fornire informazioni complete sulle attività di questi
servizi d’intelligence e operativi». Settimo, la risoluzione
«chiede alla commissione competente che consideri
l’eventualità di effettuare audizioni allo scopo di chiarire il
ruolo e l’impatto dell’organizzazione Gladio e gruppi simili».
Ultimo, ma non meno importante, il punto finale della
risoluzione, che era esplicitamente rivolto alla NATO e agli Stati
Uniti, dato che il Parlamento della Comunità Europea «incarica
il suo presidente di inoltrare questa risoluzione alla
commissione, al Consiglio, al Segretario Generale della NATO, ai
governi degli Stati membri e al governo degli Stati Uniti»80.
Il cane abbaiò forte, ma non morse. Delle otto richieste del
Parlamento europeo, non una fu evasa in modo soddisfacente.
Solo Belgio, Italia e Svizzera incaricarono una commissione
parlamentare di indagare su questi eserciti occulti e produssero
una corposa e dettagliata relazione pubblica. Benché la
risoluzione fosse stata inoltrata agli organi della Comunità
Europea, alla NATO e agli Stati Uniti, né il segretario generale
della NATO Manfred Wörner né il presidente degli Stati Uniti
George Bush sostennero un’indagine esauriente o fornirono una

53
spiegazione ufficiale.

40 La coalizione comprendeva Kuwait, Stati Uniti, Arabia


Saudita, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Egitto, Siria, Oman,
Qatar, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Israele, Afghanistan,
Bangladesh, Canada, Belgio, Cecoslovacchia, Germania,
Honduras, Italia, Niger, Romania e Corea del Sud. Il 29
novembre 1990 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU intimò, con
la risoluzione 678, un ultimatum e autorizzò le forze che
cooperavano con il Kuwait di usare «tutti i mezzi necessari [...]
per ripristinare la pace mondiale e la sicurezza internazionale
nell’area», se l’Iraq non si fosse ritirato dal Kuwait entro il 15
gennaio 1991. Poiché Saddam Hussein non rispettò l’ultimatum
dell’ONU fu dato il via all’operazione “Desert Storm”, sotto
comando americano, che iniziò con un massiccio attacco aereo
il 17 gennaio 1991, seguito il 24 febbraio da uno sbarco di forze
di terra alleate. Le Forze Armate irachene furono rapidamente
sbaragliate e Kuwait City fu liberata il 27 febbraio. Il giorno
seguente la coalizione cessò i combattimenti. Si stima che i
morti tra le truppe irachene siano stati centomila, mentre le
perdite totali della coalizione ammontarono a 370 soldati. Il 3
marzo 1991 l’Iraq accettò il cessate il fuoco, mentre Saddam
Hussein rimaneva al potere.
41 Leo Müller, op. cit., p. 27.
42 “Spinne unterm Schafsfell”, cit.
43 Presse-und Informationsamt der Bundesregierung.
Pressemitteilung n. 455/90, durch Hans Klein, 14 novembre
1990. Vedi anche Leo Müller, op. cit., p. 30.
44 “Das blutige Schwert der CIA. Nachrichten aus dem Kalten
Krieg: In ganz Europa gibt es geheime NATO Kommandos, die
dem Feind aus dem Osten widerstehen sollen. Kanzler,
Verteidigungsminister und Bundeswehrgenerale wussten

54
angeblich von nichts. Die Spuren führen nach Pullach, zur stay-
behind organisation des Bundesnachrichtendienstes”, in «Der
Spiegel», 19 novembre 1990.
45 Citato in Leo Müller, op. cit., p. 14.
46 Citato ivi, p. 75.
47 “Das blutige Schwert der CIA”, cit.
48 Citato in Jan de Willems (a cura di), Gladio, Bruxelles,
Editions EPO, 1991, p. 13
49 Ivi, p. 13.
50 Enquête parlementaire sur l’existence en Belgique d’un
réseau de renseignements clandestin international. Rapport fait
au nom de la commission d’enquête par MM. Erdman et
Hasquin, Documento del Senato, sessione 1990-1991,
Bruxelles. Da qui in avanti citato come Relazione della
Commissione del Senato belga, 1991.
51 Jan de Willems, op. cit., p. 14.
52 Associated Press, 11 novembre 1990.
53 Leo Müller, op. cit., p. 30.
54 «Le Monde», 13 novembre 1990. Vedi anche il settimanale
svizzero «Wochenzeitung», 14 dicembre 1990.
55 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 140.
56 «Le Monde», 14 novembre 1990; Reuters, 12 novembre
1990; «The Guardian», 14 novembre 1990.
57 Cfr. Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 141.
58 «The Guardian», 14 novembre 1990.
59 Richard Norton-Taylor, “Secret Italian unit ‘trained in
Britain’”, in «The Guardian», 17 novembre 1990.
60 Cfr. Hugh O’Shaughnessy, op. cit.
61 Associated Press, 14 novembre 1990. Il testo completo della
lettera di Lubbers al Parlamento è riportata in olandese sul
quotidiano «NRC Handelsblatt» nell’edizione del 14 novembre
1990 col titolo “Brief premier Lubbers ‘geheime organisatie’”.
È anche presente nei documenti ufficiali del Parlamento
olandese come Kamerstuk n. 21895.

55
62 Associated Press, 14 novembre 1990.
63 Riportato integralmente su «Luxemburger Wort», 15
novembre 1990.
64 «The Guardian», 10 novembre 1990.
65 Nel quotidiano portoghese «Diário de Notícias», 17
novembre 1990.
66 João Paulo Guerra, “’Gladio’ actuou em Portugal”, in «O
Jornal», 16 novembre 1990.
67 “Calvo Sotelo asegura que España no fue informada, cuando
entró en la OTAN, de la existencia de Gladio. Morán sostiene
que no oyó hablar de la red clandestina mientras fue ministro de
Exteriores”, in «El País», 21 novembre 1990.
68 Nel quotidiano danese «Berlingske Tidende», 25 novembre
1990.
69 Associated Press, 14 novembre 1990.
70 Serdar Celik, Turkey’s Killing Machine: The Contra
Guerrilla Force. <http://www.ozgurluk.org/mhp/0061.html>.
Sua fonte: Intervista con il presidente dello Stato Maggiore
turco Dog˘an Güres¸, riportata nel quotidiano turco «Milliyet»,
5 settembre 1992.
71 Lucy Komisar, “Turkey’s Terrorists: A CIA Legacy Lives
On”, in «The Progressive», aprile 1997.
72 Ibid.
73 Hugh Pope, “Turkey Promoted Death Squads and Drug
Trafficking. Prime Minister’s Probe of 1996 Car Crash Scandal
Escoriates Rival Mrs. Ciller”, in «Wall Street Journal», 26
gennaio 1998.
74 Nel novembre 1990 i membri della Comunità Europea erano:
Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo,
Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna, Grecia, Spagna e
Portogallo.
75 Dibattiti del Parlamento europeo, 22 novembre 1990.
Trascrizioni ufficiali.
76 Ibid.

56
77 Ibid.
78 Ibid.
79 Ibid.
80 Risoluzione del Parlamento europeo sull’affare Gladio, 22
novembre 1990.

57
3. Il silenzio della NATO, della CIA e dell’MI-
6

Nel 1990, al momento delle rivelazioni su Gladio, il Patto


Atlantico (NATO), la maggiore alleanza militare mondiale, era
costituita da 16 Stati: Belgio, Danimarca, Germania, Francia,
Grecia, Regno Unito, Islanda, Italia, Canada, Lussemburgo,
Norvegia, Portogallo, Spagna, Olanda, Turchia e Stati Uniti,
con questi ultimi in posizione dominante all’interno
dell’alleanza. La NATO reagì confusamente alle rivelazioni del
primo ministro italiano Andreotti e temette per la propria
immagine quando gli eserciti segreti stay-behind furono
collegati a stragi, torture, colpi di Stato e altre operazioni
terroristiche in diversi paesi dell’Europa occidentale.
Dopo quasi un mese di silenzio, lunedì 5 novembre 1990, la
NATO smentì categoricamente le accuse di Andreotti circa un
proprio coinvolgimento nell’operazione Gladio e negli eserciti
segreti. Jean Marcotta, portavoce capo della NATO, dichiarò allo
SHAPE a Mons in Belgio, che «la NATO non ha mai preso in
considerazione la guerriglia o operazioni clandestine; si è
sempre occupata di questioni militari e della difesa delle
frontiere degli Alleati»81. Poi, il 6 novembre, un altro portavoce
della NATO spiegò che le smentite del giorno prima erano false.
L’incaricato rilasciò ai giornalisti un breve comunicato in cui si
diceva soltanto che la NATO non rilasciava mai dichiarazioni su
argomenti coperti dal segreto militare e che Marcotta non

58
avrebbe dovuto dichiarare nulla82. La stampa internazionale
protestò contro la sconsiderata politica di relazioni pubbliche
dell’Alleanza Atlantica, riportando con durezza: «Mentre sul
Continente allo sconcerto seguiva lo sconcerto, un portavoce
della NATO rilasciava una smentita: nulla era noto di Gladio o di
stay-behind. Poi un comunicato di sette parole annunciava che
la smentita era “inesatta” e niente più»83.
Mentre la fiducia nella NATO diminuiva, le prime pagine
titolavano: “Gruppi sotto copertura della NATO ‘potrebbero aver
avuto legami con i terroristi’”84, “Reti segrete NATO tacciate di
sovversione: una commissione scopre che Gladio, braccio
nascosto dell’Alleanza in Italia, era diventato punto di
riferimento degli elementi fascisti impegnati a combattere i
comunisti fomentando atti terroristici per giustificare leggi
repressive”85, “La bomba usata a Bologna proveniva da
un’unità della NATO”86. Un diplomatico dell’Alleanza, che ha
insistito per rimanere anonimo, argomentava in questo modo di
fronte alla stampa: «Essendo questa un’organizzazione segreta,
non mi aspetterei che ci fosse risposta a troppe domande, anche
se la guerra fredda è finita. Se ci fosse qualche legame con
organizzazioni terroristiche, tale tipo di informazione sarebbe
certamente sepolto molto in profondità. In caso contrario, cosa
ci sarebbe di male nel prendere precauzioni per organizzare una
resistenza, se si pensa che i sovietici potrebbero attaccare?»87.
Secondo la stampa spagnola, il segretario generale della
NATO Manfred Wörner, dopo il crollo nelle relazioni pubbliche
del 5 e 6 novembre, convocò per il 7 novembre una riunione
informativa degli ambasciatori NATO a porte chiuse sul caso
Gladio. La stampa spagnola riferì che «il Quartier Generale
Supremo delle Forze Alleate in Europa, organo direttivo
dell’apparato militare della NATO, coordinò le attività di Gladio,
secondo le rivelazioni che il segretario generale Manfred

59
Wörner ha fatto durante la riunione con gli ambasciatori NATO
delle sedici nazioni alleate». «Wörner ha presumibilmente
chiesto tempo per condurre un’inchiesta sulla dichiarazione di
totale estraneità che la NATO aveva rilasciato il giorno prima.
Queste precisazioni sono state presentate al Consiglio Atlantico
che si è tenuto a livello di ambasciatori, secondo alcune fonti, il
7 novembre». Il funzionario militare della NATO di rango più
alto in Europa, il generale americano John Galvin, aveva
confermato che quanto la stampa riportava era in larga misura
corretto, ma doveva rimanere segreto. «Durante questo incontro
a porte chiuse, il segretario generale della NATO ha riferito che le
autorità militari interrogate – e precisamente il generale John
Galvin, comandante supremo delle Forze Alleate in Europa –
avevano chiarito che le operazioni Gladio erano coordinate
dallo SHAPE. Da quel momento in poi la posizione ufficiale della
NATO era di non rilasciare dichiarazioni su segreti ufficiali»88.
Secondo fonti che hanno voluto restare anonime, l’Ufficio di
Sicurezza della NATO era presumibilmente coinvolto
nell’operazione Gladio89. Situato nel quartier generale della
NATO a Bruxelles, l’Ufficio di Sicurezza è stato parte integrante
della NATO fin dalla creazione dell’Alleanza nel 1949. Esso
coordina, controlla e mette in atto la politica di sicurezza della
NATO. Il direttore della Sicurezza è il principale consigliere del
segretario generale in questioni di sicurezza, dirige il Servizio di
Sicurezza del Quartier Generale della NATO, ed è responsabile
del coordinamento complessivo della sicurezza nell’ambito
della NATO. Il fatto più rilevante è che il direttore della Sicurezza
è anche presidente del Comitato Sicurezza della NATO presso il
quale i capi dei servizi segreti dei paesi membri si riuniscono
regolarmente per discutere dei problemi relativi allo spionaggio,
al terrorismo, all’eversione e altre minacce, compreso il
comunismo in Europa occidentale, che potrebbero colpire
l’Alleanza.

60
In Germania, il ricercatore Erich Schmidt-Eenboom ha
riferito che i capi di diversi servizi segreti occidentali, inclusi
quelli di Spagna, Francia, Belgio, Italia, Norvegia,
Lussemburgo e Gran Bretagna, si sono incontrati svariate volte
alla fine del 1990 per delineare una strategia di
controinformazione per far fronte al diffondersi delle rivelazioni
sul caso Gladio90. Molto probabilmente queste riunioni si sono
svolte nell’ambito dell’Ufficio di Sicurezza della NATO. «Il fatto
che le strutture segrete di Gladio fossero coordinate da un
comitato internazionale costituito esclusivamente dai membri
dei diversi servizi segreti», osservava il quotidiano portoghese
«Expresso», «pone il problema dell’effettiva sovranità
nazionale di ciascuno Stato». In diversi paesi durante la guerra
fredda, soprattutto i servizi segreti militari erano stati
ampiamente al di fuori di ogni controllo democratico.
«Ovviamente vari governi europei non hanno tenuto sotto
controllo i loro servizi segreti», mentre la NATO coltivava stretti
legami con i servizi segreti militari di tutti i paesi membri. «Ne
consegue che ovviamente la NATO segue la dottrina della fiducia
limitata. Tale dottrina afferma che certi governi non agirebbero
adeguatamente contro comunisti e che quindi non varrebbe la
pena tenerli informati sulle attività dell’esercito segreto della
NATO»91.
Con il titolo “Manfred Wörner spiega Gladio” la stampa
portoghese riferì ulteriori dettagli sulla riunione NATO del 7
novembre. «Il segretario generale della NATO, il tedesco
Manfred Wörner, ha spiegato il ruolo della rete segreta – creata
negli anni Cinquanta per organizzare la resistenza in caso di
un’invasione sovietica – agli ambasciatori dei 16 paesi alleati
nella NATO». A porte chiuse «Wörner ha confermato che il
comando militare delle forze alleate – Quartier Generale
Supremo delle Forze Alleate in Europa – coordinava le attività
della “rete Gladio”, che erano state messe in atto dai servizi

61
segreti in vari paesi della NATO, mediante un comitato creato nel
1952, attualmente presieduto dal generale Raymond Van
Calster, capo del servizio segreto militare belga», rivelatosi in
seguito essere il Comitato Clandestino Alleato. «La struttura fu
creata da principio in Italia prima del 1947, e in seguito estesa
in Francia, Belgio, Regno Unito, Olanda, Lussemburgo,
Danimarca, Norvegia e Grecia», riferiva il giornale. «Il
segretario generale disse inoltre che lo SHAPE aveva diffuso
“false informazioni” quando aveva negato l’esistenza di questa
rete segreta, ma rifiutò di dare spiegazioni sulle numerose
contraddizioni in cui erano incorsi i vari governi confermando o
smentendo l’esistenza delle reti Gladio all’interno dei loro
rispettivi paesi»92.
La stampa, nel pieno dello scandalo, chiese ripetutamente al
più alto funzionario civile della NATO, il segretario generale
Manfred Wörner, spiegazioni o almeno un commento. Wörner,
tuttavia, non era disponibile a concedere interviste poiché
l’Alleanza non aveva mai rilasciato dichiarazioni su argomenti
coperti da segreto militare93. Il termine «segreto militare»
divenne il punto focale delle successive discussioni tra i
giornalisti che iniziarono a ricercare gli ufficiali NATO in
pensione, forse più disponibili a fare osservazioni su tutta la
questione. Il settantanovenne Joseph Luns, diplomatico in
pensione, già segretario generale della NATO dal 1971 al 1984, in
una intervista telefonica dal suo appartamento di Bruxelles,
disse ai reporter di essere stato all’oscuro delle reti clandestine
fino a quando non ne aveva letto sui giornali recentemente.
«Non ho mai sentito nulla al riguardo, nonostante ricoprissi una
carica molto importante alla NATO». Luns riconosceva
comunque di essere stato «occasionalmente» informato su
attività clandestine, sostenendo che «è improbabile, ma
possibile» che Gladio fosse stata organizzata alle sue spalle,
senza che egli ne fosse a conoscenza94.

62
«Il solo organismo collettivo che ha agito è stata la NATO e
questo perché era un’alleanza militare e noi ne eravamo al
comando», osservò una volta significativamente il presidente
statunitense Richard Nixon95. Egli correttamente sottolineava
che, nonostante la NATO avesse un quartier generale europeo in
Belgio, quello principale si trovava al Pentagono a Washington.
Sin dall’istituzione della NATO, il suo più alto comandante
militare in Europa, il Comando Supremo Alleato in Europa, che
operava dal quartier generale SHAPE nella città belga di Casteau,
era sempre stato un generale americano. Agli europei veniva
concesso di far parte della NATO con il più alto funzionario
civile, il segretario generale. Tuttavia, sin da quando, dopo la
guerra, il generale USA Eisenhower era stato nominato primo
comandante supremo alleato per l’Europa, la carica di più
importante ufficiale della NATO in Europa era stata ricoperta
esclusivamente da una successione di generali statunitensi96.
Il funzionario della CIA in pensione Thomas Polgar, dopo la
scoperta degli eserciti segreti in Europa occidentale, confermò
che essi erano stati coordinati da «una sorta di gruppo di
pianificazione di guerra non convenzionale» legato alla NATO97.
Ciò fu confermato anche dalla stampa tedesca, la quale
sottolineò che questo dipartimento riservato della NATO era
rimasto per tutta la durata della guerra fredda sotto il dominio
statunitense. «Le missioni degli eserciti occulti vengono
coordinate dalla “sezione Forze Speciali” in un dipartimento di
massima sicurezza del quartier generale NATO a Casteau»,
riportava la stampa tedesca. «Una grigia porta d’acciaio, che si
apre come il caveau di una banca soltanto mediante una
particolare combinazione numerica, impedisce l’accesso ai non
autorizzati. Ufficiali degli altri dipartimenti, che vengono
invitati, sono controllati subito dopo l’ingresso presso un oscuro
sportello. La sezione Forze Speciali è diretta esclusivamente da
ufficiali inglesi e americani e gran parte dei documenti che vi

63
circolano portano stampigliata la scritta “riservato agli
americani”»98.
Data la forza dei partiti comunisti in diversi paesi
dell’Europa occidentale, la NATO ha partecipato a guerre segrete
non-ortodosse fin dalla sua creazione negli anni successivi alla
seconda guerra mondiale. Secondo gli accertamenti della
commissione parlamentare d’inchiesta belga sui segreti di
Gladio la guerra non-ortodossa aveva addirittura preceduto la
creazione dell’Alleanza. Questa, dal 1948 fu coordinata dal
cosiddetto Western Union Clandestine Committee (‘Comitato
Clandestino dell’Unione Occidentale’, WUCC). La rivista
militare belga «Fire!» ha confermato gli accertamenti della
commissione parlamentare e, nel 1991, ha riferito che tutti i
«paesi partecipanti a Gladio erano membri del WUCC e
partecipavano regolarmente alle sue riunioni con un
rappresentante dei loro servizi segreti. I servizi segreti erano di
solito in contatto con gli organi stay-behind»99.
Quando, nel 1949, fu firmato il Patto Atlantico il WUCC fu
segretamente integrato nel nuovo apparato militare
internazionale e, a partire dal 1951, operò con la nuova sigla di
Clandestine Planning Committee (CPC, ‘Comitato Clandestino di
Pianificazione’), a volte chiamato in modo meno evidente anche
Coordination and Planning Committee (‘Comitato di
Coordinamento e Pianificazione’). In quel periodo il quartier
generale della NATO era in Francia e anche il CPC aveva sede a
Parigi. Come precedentemente il WUCC, il CPC si occupava di
pianificazione, preparazione e direzione di guerre non-ortodosse
condotte da eserciti stay-behind e Forze Speciali. Solo agli
ufficiali con le autorizzazioni di sicurezza più selettive, era
concesso l’accesso al quartier generale del CPC dove, alla
presenza di esperti della CIA e dell’MI-6, si riunivano a intervalli
regolari durante l’anno i capi dei servizi segreti occidentali per
coordinare misure di guerra non-ortodossa in Europa

64
occidentale.
Quando il presidente francese Charles De Gaulle, ex
generale nella seconda guerra mondiale e grande esperto di
questioni militari, scoprì le operazioni segrete delle Forze
Speciali della NATO, ricorse a misure drastiche ed espulse la
NATO dal suolo francese. La Francia aveva giustamente
sospettato che Stati Uniti e Gran Bretagna conducessero
operazioni clandestine dal quartier generale della NATO a Parigi.
Poiché le sedi dell’Alleanza furono trasferite in Belgio, anche
gli uffici del CPC furono, nel 1968, trasferiti a Bruxelles, come
risulta dall’indagine belga su Gladio100. La storica espulsione
della NATO dalla Francia permise di comprendere i più oscuri
segreti dell’alleanza militare come mai fino ad allora. Lo
studioso di operazioni clandestine Philip Willan riferisce che
«l’esistenza di protocolli segreti della NATO, che affidavano ai
servizi segreti dei paesi firmatari la prevenzione dell’avanzata
comunista, emerse fin dal 1966, quando il presidente De Gaulle
decise di ritirare la Francia dal sistema militare integrato della
NATO, denunciando quei protocolli come una palese violazione

della sovranità nazionale»101.


Mentre le copie originali dei protocolli anticomunisti della
NATO rimangono secretati, le congetture sul loro contenuto si
moltiplicarono dopo la scoperta degli eserciti segreti
anticomunisti stay-behind. Il giornalista statunitense Arthur
Rowse nel suo articolo su Gladio sostiene che «una clausola
segreta nel primo patto NATO nel 1949 prevedeva che una
nazione, per poter aderire, doveva aver già costituito un’autorità
di sicurezza nazionale per combattere il comunismo mediante
cellule clandestine»102. L’esperto italiano di servizi segreti e
operazioni clandestine Giuseppe De Lutiis ha scoperto che
quando l’Italia diventò membro della NATO nel 1949, firmò non
soltanto il Patto Atlantico, ma anche protocolli segreti che
prevedevano la creazione di un’organizzazione non ufficiale

65
«preposta a garantire con ogni mezzo la collocazione
internazionale dell’Italia all’interno dello schieramento
atlantico, anche nel caso che l’elettorato si mostri orientato in
maniera difforme»103. Anche Mario Coglitore, ricercatore sulla
Gladio italiana, ha confermato l’esistenza dei protocolli segreti
NATO104. Un ex ufficiale dei servizi segreti NATO, che ha
insistito per restare anonimo, dopo le rivelazioni su Gladio del
1990 arriva ad affermare che i protocolli segreti NATO
proteggevano palesemente gli estremisti di destra giudicati utili
nella lotta contro i comunisti. Il presidente statunitense Truman
e il cancelliere tedesco Adenauer avevano presumibilmente
«firmato un protocollo segreto con gli USA, al momento
dell’ingresso della Germania nella NATO nel maggio 1955, in cui
si concordava che le autorità tedesco-occidentali si sarebbero
astenute da effettivi procedimenti legali nei confronti dei noti
estremisti di destra»105.
Il generale italiano Paolo Inzerilli, che comandò la Gladio
italiana dal 1974 al 1986, asserì che «gli onnipresenti Stati
Uniti» dominavano il CPC che dirigeva la guerra segreta. Il CPC,
secondo Inzerilli, era stato istituito «per ordine del Comandante
Supremo della NATO in Europa. Esso era il punto d’incontro tra
il Quartier Generale Supremo delle Forze Alleate in Europa
della NATO e i servizi segreti degli Stati membri, per quanto
riguardava i problemi della guerra non-ortodossa»106. Gli Stati
Uniti, assieme alla Gran Bretagna, loro più recente alleato, e
alla Francia, dominavano il CPC e, all’interno del comitato,
avevano costituito il cosiddetto “gruppo dirigente”. «Le riunioni
si svolgevano in media una o due volte l’anno al quartier
generale del CPC a Bruxelles e i vari problemi in agenda
venivano discussi con il “gruppo dirigente” e i militari», riferiva
Inzerilli107.
«La nostra stay-behind era coordinata con le altre analoghe

66
strutture segrete europee dal CPC, Comitato di Pianificazione e
Coordinamento dello SHAPE, il Quartier Generale Supremo delle
Forze Alleate in Europa», rivelava il generale italiano Gerardo
Serravalle. Il generale Serravalle, predecessore del generale
Inzerilli, fu a capo della Gladio italiana dal 1971 al 1974 e riferì
che «negli anni Settanta i membri del CPC erano i dirigenti
responsabili dei servizi segreti di Gran Bretagna, Francia,
Germania, Belgio, Lussemburgo, Olanda e Italia. Costoro si
incontravano una volta l’anno in una delle capitali»108. In
ognuna di tali occasioni, responsabili di alto grado della CIA
erano presenti durante gli incontri. «Alle riunioni stay-behind i
rappresentanti della CIA erano sempre presenti», ricordava
Serravalle. «Non avevano diritto di voto e provenivano dagli
uffici CIA della capitale nella quale si teneva la riunione».
Inoltre «erano presenti membri del Comando Forze Armate
statunitensi in Europa, anch’essi senza diritto di voto»109.
«Il riferimento ufficiale era la “Direttiva SHAPE”, se non la
vera e propria teoria stay-behind alleata», spiega Serravalle nel
suo libro su Gladio e sottolinea che le registrazioni delle
discussioni al CPC, da lui lette ma che rimangono segrete, più di
tutto «riguardano l’addestramento dei gladiatori in Europa,
come attivarli dal quartier generale delle operazioni clandestine
in caso di occupazione totale del territorio nazionale e altre
questioni tecniche come, per citare la più importante,
l’unificazione dei diversi sistemi di comunicazione tra le basi
stay-behind»110.
Nei primi anni Cinquanta, accanto al CPC fu allestita una
seconda postazione segreta di comando con funzione di quartier
generale stay-behind nella NATO, denominata Allied Clandestine
Committee, a volte eufemisticamente anche Allied Coordination
Committee (‘Comitato Alleato di Coordinamento’). Come il
CPC, anche l’ACC era direttamente collegato al Supreme Allied
Commander Europe (SACEUR) controllato dagli USA. Secondo gli

67
accertamenti della commissione d’indagine belga su Gladio, nel
1957 l’ACC fu presumibilmente reso «responsabile del
coordinamento delle reti stay-behind di Belgio, Danimarca,
Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, Norvegia,
Regno Unito e Stati Uniti». In tempo di pace i compiti dell’ACC,
secondo il rapporto belga su Gladio, «comprendevano
l’elaborazione di direttive per la rete, sviluppando le sue
capacità operative clandestine, e l’organizzazione di basi in
Gran Bretagna e negli Stati Uniti. In periodo bellico, si
dovevano pianificare operazioni clandestine congiuntamente
allo SHAPE; gli organizzatori dovevano attivare basi clandestine
e da queste organizzare le operazioni»111.
Il generale della Gladio italiana, Inzerilli, sostiene che «le
relazioni all’interno dell’ACC erano completamente differenti»
da quelle vigenti nel CPC. «L’atmosfera era chiaramente più
rilassata e amichevole, paragonata a quella nel CPC». L’ACC,
istituito per «specifico ordine del SACEUR al CPC»
presumibilmente «divenne una sottodivisione» di
quest’ultimo112. Probabilmente questo nuovo organismo
serviva soprattutto come forum nel quale il know-how delle
operazioni Gladio era condiviso tra i numerosi capi dei servizi
segreti: «L’ACC era essenzialmente un comitato tecnico, nel
quale si condividevano informazioni sulle esperienze fatte, dove
si parlava dei mezzi disponibili o studiati, si scambiavano
informazioni sulle reti ecc.», ricorda il generale Inzerilli. «Era
questione di reciproco interesse. Tutti sapevano che, se per
un’operazione fosse mancato un esperto in esplosivi, in
comunicazioni o in repressione, era possibile senza problemi
rivolgersi a un altro paese, poiché gli agenti erano stati
addestrati a operare con le stesse tecniche e con gli stessi
materiali»113.
In particolare, le cosiddette radiotrasmittenti Harpoon
figuravano tra i materiali usati da tutti i membri dell’ACC. Esse

68
erano state sviluppate e prodotte negli anni Ottanta dall’impresa
tedesca AEG-Telefunken per centotrenta milioni di marchi, su
ordine dell’ACC, e sostituirono un vecchio sistema di
comunicazione divenuto ormai obsoleto. Il sistema Harpoon era
in grado di inviare e ricevere messaggi radio cifrati su distanze
superiori ai seimila chilometri, riuscendo così a collegare le
diverse basi stay-behind anche oltre Atlantico. «L’unico
strumento che fu condiviso da tutti gli organismi stay-behind
membri dell’ACC, è la famosa radiotrasmittente Harpoon»,
rivelò negli anni Novanta l’agente Gladio belga Van Ussel, il
quale aveva usato personalmente tale apparecchiatura quando
era in servizio negli anni Ottanta. Secondo la sua opinione,
«questo apparato era usato regolarmente per la trasmissione di
messaggi tra le basi radio e gli agenti (specialmente durante le
esercitazioni radio), ma era principalmente destinato ad avere
un ruolo centrale nella trasmissione di informazioni segrete in
caso di occupazione»114. Vi erano due basi ACC, una negli Stati
Uniti e una in Gran Bretagna, dalle quali le unità nei territori
occupati potevano essere organizzate e comandate. I manuali
ACC presumibilmente addestravano i gladiatori alle comuni
procedure operative clandestine, sulle tecniche di
comunicazione come la codificazione dei messaggi e il cambio
di frequenza, ma anche su lanci di materiali e sbarchi.
La presidenza dell’ACC si alternava ogni due anni tra i vari
paesi aderenti alla NATO e nel 1990 era tenuta dal Belgio, poiché
la riunione del 23 e 24 ottobre fu presieduta dal generale
maggiore Raymond Van Calster, capo del servizio segreto
militare belga.
Il generale Inzerilli ricorda che nell’ACC, «a differenza del
CPC, non vi era una direzione fissa e predeterminata. La
presidenza del Comitato era tenuta per due anni da un membro
ruotando in ordine alfabetico per paese», per cui l’ACC non era
caratterizzato «dallo stesso predominio delle Grandi Potenze».

69
Inzerilli preferiva lavorare nell’ACC che nel CPC, più fortemente
controllato dagli USA, e aggiunge: «Posso dire, anche per aver
personalmente fatto l’esperienza di presiedere l’ACC per due
anni, che esso era veramente un comitato non
discriminatorio»115.
Le future ricerche sulle operazioni Gladio e la rete stay-
behind della NATO dovranno al di là di ogni dubbio concentrarsi
sulle trascrizioni e le registrazioni delle riunioni dell’ACC e del
CPC. Tuttavia, anche oggi, dopo anni dalla scoperta della rete
clandestina, come nel 1990, la replica ufficiale è caratterizzata
da silenzi e dinieghi. Quando, durante le mie ricerche,
nell’estate 2000 contattai gli archivi NATO per avere maggiori
informazioni su Gladio e in particolare sull’ACC e il CPC,
l’alleanza militare rispose: «Abbiamo consultato i nostri archivi
e non siamo riusciti a trovare alcuna traccia dei comitati cui ha
fatto riferimento». Alle mie insistenze, la sezione archivi della
NATO replicò: «Desideriamo ancora una volta confermarvi che i
comitati cui vi riferite non sono mai esistiti in ambito NATO.
Inoltre l’organizzazione alla quale vi riferite col nome “Gladio”
non ha mai fatto parte della struttura militare della NATO»116. In
seguito mi sono rivolto all’Ufficio di Sicurezza della NATO, ma
non mi è stato permesso né di parlare al suo direttore, né di
conoscerne il nome perché coperto da segreto. La signora
Isabelle Jacobs dell’Ufficio di Sicurezza mi ha informato che
era improbabile ottenere alcuna risposta riguardante argomenti
significativi circa Gladio e mi consigliò di inoltrare le domande
su Gladio attraverso l’ambasciata del mio paese.
Pertanto, la missione d’indagine svizzera presso la NATO a
Bruxelles inoltrò le mie domande alla NATO stessa, mentre
l’ambasciatore svizzero Anton Thalmann si doleva del fatto che
«né a me, né al mio personale è nota l’esistenza, come
menzionata nella vostra lettera, di comitati segreti della
NATO»117. Nella lettera, posi queste domande: «Qual è il

70
collegamento tra la NATO, il CPC e l’ACC? Qual è il ruolo del CPC
e dell’ACC? Quale rapporto collega CPC e ACC con l’Ufficio di
Sicurezza della NATO?» e, il 2 maggio 2001, ricevetti una
risposta da Lee McClenny, capo ufficio stampa della NATO.
Nella sua missiva McClenny sosteneva che «né l’ACC né il CPC
compaiono in alcun documento, coperto o no da segreto, sulla
NATO che io abbia visto». Aggiungeva poi che «non ho trovato
nessuno, tra coloro che lavorano qui, che sia a conoscenza di
questi due comitati. Non so se un tempo uno o entrambi possano
essere esistiti presso la NATO, ma di certo nessuno dei due esiste
attualmente»118. Insistendo, chiesi ancora: «Perché lunedì 5
novembre 1990 Jean Marcotta, portavoce superiore NATO,
smentì categoricamente ogni collegamento tra la NATO e Gladio,
mentre il 7 novembre un altro portavoce NATO dovette
dichiarare che le affermazioni di Marcotta di due giorni prima
erano false?». Lee McClenny replicò: «Non sono a conoscenza
di alcun legame tra NATO e l’operazione Gladio. Inoltre non
trovo alcuno stato di servizio nel quale risulti che qualcuno di
nome Jean Marcotta sia mai stato portavoce della NATO»119. Le
domande rimasero tali.
La CIA, il più potente servizio segreto del mondo, non si
dimostrò maggiormente cooperativo della più grande alleanza
militare mondiale, quando gli furono poste domande sulla
delicata questione riguardante Gladio e la rete stay-behind. Il
compito principale della CIA – fondata nel 1947, due anni prima
della NATO – fu, negli anni della guerra fredda, la lotta globale al
comunismo tramite azioni segrete e la promozione
dell’influenza degli Stati Uniti. «Per operazioni sotto
copertura», disse una volta il presidente americano Richard
Nixon, «intendo quelle attività che, nonostante abbiano lo scopo
di promuovere i programmi e la politica estera degli Stati Uniti,
vengano pianificate e messe in atto in modo tale che la mano del
governo americano non risulti visibile a persone non

71
autorizzate»120. Storici e analisti politici hanno fin da allora
descritto in dettaglio come la CIA, assieme alle Forze Speciali
statunitensi, con una guerra silenziosa e non dichiarata in
America Latina, abbia influenzato gli sviluppi politici e militari
in numerosi paesi, compresa in primo piano la deposizione in
Guatemala del presidente Jakobo Arbenz Guzmán nel 1954, il
fallito tentativo di rovesciare il cubano Fidel Castro nel 1961
con l’invasione alla Baia dei Porci, l’assassinio di Ernesto Che
Guevara in Bolivia nel 1967, il rovesciamento del presidente
cileno Salvador Allende e l’insediamento al suo posto del
dittatore Augusto Pinochet nel 1973, il sostegno ai Contras in
Nicaragua dopo la Rivoluzione sandinista del 1979121.
Oltre al Sud America, la CIA condusse numerose operazioni
segrete in Asia e Africa, tra le quali spiccano l’abbattimento del
governo Mossadeq in Iran nel 1953, l’appoggio alla polizia
bianca sudafricana che portò nel 1962 all’arresto di Nelson
Mandela, il sostegno ad Al Qaeda di Osama bin Laden in
Afghanistan dopo l’invasione sovietica del 1979, il supporto al
leader dei Khmer rossi, Pol Pot, dalle basi all’interno della
Cambogia, in seguito alla disfatta USA in Vietnam nel 1975. Da
una prospettiva sistematicamente scientifica la CIA, secondo le
stesse definizioni in uso all’FBI, è pertanto un’organizzazione
terroristica. «Terrorismo – secondo l’FBI – è l’uso illegale della
forza e della violenza contro persone e proprietà per intimidire o
coartare un governo, la popolazione civile o parte di essi, nel
perseguimento di obiettivi politici o sociali»122.
Quando, alla metà degli anni Settanta, il Parlamento
statunitense si rese conto che la CIA e il Pentagono avevano
accresciuto i loro poteri quasi al di fuori di ogni controllo e ne
avevano abusato in numerose occasioni anche negli stessi Stati
Uniti diede il via a tre indagini determinanti di cui nella seconda
metà degli anni Settanta si ebbero le relazioni conclusive che
fino a oggi rimangono tra i documenti più autorevoli sulle

72
guerre segrete degli USA123. L’impatto complessivo delle
indagini del Congresso USA rimase tuttavia marginale e i servizi
segreti, sostenuti dalla Casa Bianca, continuarono ad abusare
dei loro poteri, come mise in luce lo scandalo Iran-Contras del
1986. Questo portò la storica Kathryn Olmsted dell’Università
di California a porre l’«interrogativo principale»: «Dopo l’inizio
delle indagini, perché gran parte degli esponenti della stampa e
del Congresso si sono astenuti dallo sfidare il governo
segreto?»124.
Mentre continua il dibattito circa l’esistenza o meno di un
“governo segreto” degli Stati Uniti, le prove su Gladio
dimostrano che CIA e Pentagono hanno ripetutamente operato
negli anni della guerra fredda al di fuori di ogni controllo
democratico e soprattutto, anche dopo la fine di quell’epoca,
non hanno dato conto delle azioni compiute nei decenni
precedenti. L’ammiraglio Stansfield Turner, direttore della CIA
dal 1977 al 1981, rifiutò categoricamente di rispondere a
domande su Gladio in un’intervista televisiva in Italia nel
dicembre del 1990. Quando, per rispetto alle vittime delle
numerose stragi italiane, i giornalisti insistettero l’ex direttore
della CIA collericamente strappò via il microfono e urlò: «Avevo
detto, niente domande su Gladio!», al che l’intervista finì125.
Alcuni funzionari della CIA di livello intermedio in ritiro
furono più espliciti sui segreti della guerra fredda e le
operazioni illegali della CIA. Tra questi, Thomas Polgar, in
pensione dal 1981 dopo una carriera di trent’anni alla CIA, il
quale nel 1991 testimoniò contro la nomina di Robert Gates a
direttore generale della CIA poiché quest’ultimo aveva coperto lo
scandalo Iran-Contras. Interrogato sugli eserciti segreti di
Gladio in Europa, Polgar spiegò, riferendosi implicitamente al
CPC e all’ACC, che i programmi stay-behind erano coordinati da
«una sorta di gruppo di pianificazione di guerra non
convenzionale collegato alla NATO». Nei quartieri generali

73
segreti, i capi degli eserciti nazionali clandestini «si sarebbero
incontrati ogni due mesi in capitali diverse». Polgar sosteneva
che «ciascun servizio segreto nazionale aveva agito con un
diverso livello di intensità», ammettendo che «in Italia, negli
anni Settanta, alcuni andarono un po’ oltre ciò che era stato
permesso dalla NATO»126. Il giornalista Arthur Rowse, già
giornalista del «Washington Post», scrisse poco tempo dopo in
un saggio sulla Gladio italiana, Le lezioni di Gladio, che «fin
quando l’opinione pubblica americana rimarrà ignara di questo
oscuro capitolo nella politica estera statunitense, gli organismi
che ne sono responsabili dovranno affrontare poche pressioni
per modificare la loro condotta. La fine della guerra fredda»,
osservava Rowse, «cambiò poco a Washington. Gli USA [...]
attendono ancora un vero dibattito nazionale sui mezzi, i fini e i
costi delle nostre politiche di sicurezza nazionale»127.
Specializzati in ricerche sulle operazioni sotto copertura
della CIA e la guerra fredda segreta, i ricercatori dell’istituto non
governativo indipendente National Security Archive della
George Washington University il 15 aprile 1991 presentarono
alla CIA una richiesta di chiarimenti in base al Freedom on
Information Act (FOIA). Secondo il FOIA, ogni settore della
pubblica amministrazione deve rispondere alle interrogazioni
pubbliche relative alla legalità delle proprie azioni. Malcolm
Byrne, vicedirettore delle ricerche al National Security Archive,
chiese alla CIA «tutti i documenti dell’agenzia relativi a [...]
decisioni originarie presumibilmente prese nel periodo 1951-
1955 dal governo degli Stati Uniti, tese a sostenere, favorire o
collaborare con eserciti clandestini, reti o altre unità costituite
per contrastare una possibile invasione dell’Europa occidentale
da parte di paesi governati da regimi comunisti o condurre
operazioni di guerriglia in paesi dell’Europa occidentale qualora
dovessero essere dominati da partiti o regimi comunisti, di
sinistra, o sostenuti dall’Unione Sovietica». Inoltre Byrne

74
sottolineava: «In riferimento a quanto sopra, vi prego di
includere nella vostra ricerca ogni documento relativo ad attività
note come operazione Gladio, in particolare per quanto riguarda
Francia, Germania e Italia»128.
Byrne faceva notare correttamente che «ogni dato ottenuto
come risultato di questa richiesta contribuirà in modo
significativo alla pubblica comprensione della politica estera
statunitense nel periodo successivo alla seconda guerra
mondiale, come pure per quanto riguarda il ruolo delle
informazioni, delle analisi e delle operazioni segrete nella
condotta politica degli Stati Uniti in quel periodo». La CIA
tuttavia rifiutò di collaborare e, il 18 giugno 1991, rispose: «La
CIA non può né confermare né smentire l’esistenza o meno dei
documenti di risposta alla vostra richiesta». Quando Byrne si
appellò contro questo rifiuto della CIA di fornire informazioni su
Gladio, il ricorso fu respinto. La CIA basò il suo rifiuto di
cooperare su due eccezioni onnicomprensive al FOIA, che
proteggevano i documenti sia «propriamente secretati da un
ordine esecutivo nell’interesse della difesa nazionale o della
politica estera» (eccezione B1) o «per gli obblighi statutari del
direttore di proteggere dalla divulgazione fonti e metodi di
informazione, e anche organizzazioni, funzioni, nomi, titoli
ufficiali, salari e numero del personale impiegato dall’Agenzia,
rispettivamente in base al National Security Act del 1947 e alla
legge sulla CIA del 1949» (eccezione B3).
Quando alcuni governanti europei tentarono di sfidare il
governo segreto, ottennero a malapena risultati migliori. Nel
marzo 1995 la commissione parlamentare, presieduta da
Giovanni Pellegrino, dopo aver indagato su Gladio e le stragi in
Italia, indirizzò un’interrogazione alla CIA in base al FOIA. I
parlamentari italiani chiesero alla CIA ogni documento relativo
alle Brigate Rosse e all’affare Moro allo scopo di accertare se la
CIA, in base ai compiti di controllo interno attribuiti a Gladio,

75
avesse infiltrato le Brigate Rosse prima dell’assassinio dell’ex
primo ministro e segretario della Democrazia Cristiana Aldo
Moro nel 1978. La CIA, rifiutando ogni collaborazione, si
appellò alle eccezioni B1 e B3 e, nel maggio 1995, respinse
ogni richiesta e rispose di «non poter né confermare né smentire
l’esistenza di una documentazione CIA relativa ai vostri quesiti».
La stampa italiana rilevò quanto ciò fosse «imbarazzante» e
titolò: “La CIA ha respinto la richiesta di collaborare con la
commissione parlamentare sui misteri del rapimento Moro, un
segreto di Stato per gli USA”129.
La seconda interrogazione alla CIA riguardante Gladio da
parte di funzionari di governo europei venne dall’Austria, dopo
che nel gennaio 1996 erano stati scoperti nascondigli d’armi di
Gladio segretissimi nei prati e nei boschi alpini di quello Stato
neutrale. Funzionari del governo statunitense dichiararono che
gli USA avrebbero coperto i costi derivanti dallo scavo e dal
recupero dei depositi d’armi della CIA130. L’indagine austriaca
su tale scandalo, presieduta da Michael Silea, del Ministero
dell’Interno austriaco, presentò il 28 novembre 1997 la sua
relazione conclusiva sui nascondigli d’armi della CIA
dichiarando che «non ci può essere alcuna certezza assoluta né
sui depositi di armi né sul loro progettato uso». Per cui «allo
scopo di raggiungere una precisa chiarificazione, l’accesso ai
documenti del caso, soprattutto negli Stati Uniti, sarebbe
opportuno»131. Oliver Rathkolb dell’Università di Vienna,
membro della commissione d’inchiesta, fece quindi una
richiesta in base al FOIA per poter consultare i documenti
attinenti al caso. Ma nel corso del 1997, il direttore dell’Ufficio
Rilascio Documentazione della CIA rispose che la sua richiesta
veniva respinta in base alle eccezioni B1 e B3; agli austriaci non
restava che deprecare che la CIA non desse conto delle proprie
azioni.
Poiché le richieste basate sul FOIA rappresentano l’unico

76
mezzo disponibile per acquisire documenti CIA riguardanti
Gladio, anch’io, il 14 dicembre 2000 inoltrai una richiesta su
base FOIA alla CIA. Due settimane più tardi, la CIA rispose in
maniera evasiva alle mie richieste «attinenti l’operazione
Gladio» sostenendo «di non poter né confermare né smentire
l’esistenza di documenti riferibili alla domanda in oggetto».
Facendo riferimento alle eccezioni B1 e B3 del FOIA, Kathryn I.
Dyer, coordinatrice per l’Informazione e la Riservatezza della
CIA, con la sua lettera rifiutò di fornire qualsiasi informazione

relativa a Gladio132. Mi appellai a questa decisione


argomentando che «i documenti rifiutati devono essere resi
pubblici secondo le norme del FOIA, poiché le eccezioni B1 e B3
possono ragionevolmente riferirsi soltanto a operazioni CIA che
risultino attualmente segrete». Con i documenti della mia
ricerca provai che non si era più in quella situazione e conclusi:
«Se lei, signora Dyer, solleva le eccezioni B1 e B3 del FOIA in
questo contesto, incautamente impedisce alla CIA di esprimere la
propria opinione e le nega la possibilità di assumere una
posizione nel dibattito relativo alle rivelazioni su Gladio, che vi
sarà comunque, indipendentemente dal fatto che la CIA decida di
parteciparvi o meno»133.
Nel febbraio 2001 la CIA rispose: «Il suo appello è stato
accolto e disposizioni in merito saranno impartite dai membri
competenti dell’Ufficio Rilascio Documentazione dell’Agenzia.
Lei sarà informato sulle decisioni prese». Nello stesso momento
la CIA sottolineava che l’Ufficio Rilascio Documentazione
evade gli appelli sottoposti «in ordine cronologico di arrivo» e
che «in questo momento, il nostro carico di lavoro ammonta a
circa 315 appelli»134. La mia richiesta su Gladio venne così
archiviata e rinviata. A distanza di più di due anni, l’Ufficio
Rilascio Documentazione non ha ancora risposto alla mia
richiesta d’informazione.
Oltre alla NATO e alla CIA, il servizio segreto britannico MI-6

77
era la terza organizzazione coinvolta in modo rilevante
nell’operazione stay-behind. L’MI-6, struttura di maggiore
longevità ed esperienza delle tre era stata fondata nel 1909.
L’MI-6 non prese posizione sull’affare Gladio nel 1990, perché
con la leggendaria ossessione inglese per la segretezza la sua
reale esistenza fu confermata ufficialmente solo nel 1994 con
l’approvazione dell’Intelligence Service Act il quale specificava
che l’MI-6 raccoglieva le informazioni segrete sui paesi stranieri
e operava sotto copertura all’estero. Mentre gli esponenti del
governo britannico e l’MI-6 rifiutavano di esprimere ogni
commento, Rupert Allason, membro del Partito Conservatore,
direttore dell’«Intelligence Quarterly Magazine» sotto lo
pseudonimo di Nigel West e autore di diversi libri sui servizi di
sicurezza britannici, al culmine dello scandalo Gladio, nel
novembre 1990, confermò in un’intervista telefonica
all’Associated Press che «noi siamo stati pesantemente coinvolti
e lo siamo tuttora [...] in queste reti». West spiegava che gli
inglesi «certamente avevano contribuito a finanziare e dirigere
con gli americani» alcune reti e, attraverso l’MI-6 insieme alla
CIA, erano direttamente coinvolti: «L’ispirazione proveniva dai
servizi segreti inglesi e americani». West affermò che dopo il
1949 gli eserciti stay-behind erano coordinati dalla Struttura di
Comando e Controllo delle Forze Speciali della NATO,
all’interno della quale le SAS, le Forze Speciali britanniche,
avevano un ruolo strategico135.
«Il ruolo della Gran Bretagna nell’organizzazione delle forze
stay-behind in tutta Europa è stato certamente essenziale»,
riportò, con qualche ritardo, il 4 aprile 1991, anche il notiziario
serale della BBC. John Simpson, giornalista del notiziario serale,
criticava l’MI-6 e il ministro della Difesa inglese perché
mantenevano segrete le informazioni sull’argomento, mentre
«sulla scorta delle rivelazioni sull’esistenza di Gladio è emerso
che altri paesi europei avevano i propri eserciti stay-behind –

78
Belgio, Francia, Olanda, Spagna, Grecia, Turchia. Perfino nella
neutrale Svezia e nella Svizzera vi è stato un dibattito pubblico
e in qualche caso erano state avviate delle inchieste. Tuttavia
nulla in Gran Bretagna, a parte il consueto commento del
ministro della Difesa secondo il quale non si discutono
questioni concernenti la sicurezza nazionale»136. Simpson
riferiva che fin dalla caduta del muro di Berlino gli inglesi
avevano appreso con interesse e orrore dei complotti e delle
operazioni terroristiche della STASI, della Securitate e di altri
servizi segreti nell’Europa dell’Est. «Può la nostra parte aver
mai fatto qualcosa di paragonabile? Sicuramente no», osservò
con tono ironico, e poi puntando l’attenzione sui servizi di
sicurezza occidentali: «Adesso, tuttavia, cominciano a emergere
informazioni sui supposti misfatti dei servizi più segreti della
NATO. In Italia una commissione parlamentare sta investigando
sulle attività di un esercito segreto allestito dallo Stato per
resistere a una possibile invasione sovietica. L’indagine ha
condotto alla scoperta di forze segrete simili in quasi tutta
Europa. Ma il gruppo italiano, noto come Gladio, è sospettato di
essere coinvolto in una serie di attentati terroristici»137.
La BBC non riuscì a ottenere dagli esponenti del governo una
presa di posizione su Gladio e la conferma ufficiale che l’MI-6
era stato coinvolto venne solo anni più tardi, attraverso un
canale alquanto inconsueto: un museo. L’Imperial War Museum
di Londra inaugurò nel luglio del 1995 una nuova esposizione
permanente intitolata Secret Wars. I visitatori venivano accolti
all’ingresso così: «Quello che state per vedere è stato, per anni,
uno dei segreti che molti paesi hanno protetto più
accuratamente». «Per la prima volta viene reso qui disponibile
al pubblico e, cosa più importante di tutte, si tratta della verità.
La realtà è più incredibile e affascinante dell’immaginazione».
Una didascalia appena visibile in una delle vetrine dedicate
all’MI-6 confermava che «tra i preparativi dell’MI-6 per la terza

79
guerra mondiale vi era l’organizzazione di gruppi stay-behind
pronti a operare dietro le linee nemiche in caso di un’avanzata
sovietica in Europa occidentale». Nella stessa vetrina, una
grande cassa piena di esplosivi con la seguente dicitura:
«Imballo di esplosivi realizzato dall’MI-6 per essere nascosto in
territorio potenzialmente ostile. Potrebbe rimanere sepolto per
anni senza alcun deterioramento del contenuto». Vicino a un
opuscolo sulle tecniche di sabotaggio per unità stay-behind, un
testo recitava: «Nella zona d’occupazione inglese, in Austria,
ufficiali subalterni dei Royal Marines furono distolti dai loro
normali compiti per predisporre nascondigli per rifornimenti
nelle montagne e servire da ufficiali di collegamento con gli
agenti reclutati in loco»138.
Alcuni ex ufficiali dell’MI-6 presero giustamente
l’esposizione come segno del fatto che ora era possibile per loro
parlare dell’operazione segretissima Gladio. Pochi mesi dopo
l’apertura della mostra, gli ex ufficiali dei Royal Marines Giles
e Preston, gli unici agenti a essere nominati nella mostra su
Gladio, confermarono al curatore Michael Smith che, tra la fine
degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, gli inglesi e
gli americani avevano predisposto in Europa occidentale delle
unità stay-behind in vista anche di una possibile invasione
sovietica. In quegli anni Giles e Preston furono inviati a Fort
Monckton, vicino a Portsmouth, Inghilterra, dove l’MI-6
addestrava i gladiatori con le Forze Speciali britanniche dello
Special Air Service (SAS). Lì furono addestrati ai messaggi in
cifra, all’uso delle armi e alle operazioni coperte. Le
esercitazioni simulavano vere e proprie azioni di guerriglia139.
Giles ricordò che avevano anche partecipato a operazioni di
sabotaggio su treni inglesi in servizio pubblico, come ad
esempio durante l’esercitazione a Eastleigh Marshalling Yard:
«Mettevamo dei mattoni nelle locomotive, per simulare gli
esplosivi al plastico. Ricordo file e file di locomotive a vapore

80
tutte coperte di una spessa coltre di neve, avvolte in nuvole di
vapore», ricorda Giles. «Vi erano pattuglie in servizio con i
cani. Le guardie passarono oltre e io ero effettivamente nascosto
tra i motori di queste locomotive mentre se ne andarono.
Aprivamo anche i tappi del lubrificante delle scatole dei
differenziali e vi gettavamo della sabbia. Quel che succede è
che, dopo circa cinquanta miglia, la sabbia negli ingranaggi li fa
arroventare e li fa fondere»140. Gli agenti non si preoccupavano
minimamente che le locomotive fossero in servizio pubblico:
«Non era un mio problema. Facevamo sul serio», spiegò Giles.
«Dovetti fare un corso di dieci giorni a Greenwich per imparare
come pedinare la gente e liberarmi da chi mi seguiva»,
ricordava Preston: «Erano gli aspetti pratici del far parte del
mondo dei servizi segreti». In seguito furono trasferiti in aereo
in Austria per reclutare e addestrare agenti e ispezionare
«bunker sotterranei pieni d’armi, vestiario e rifornimenti» della
Gladio austriaca che erano stati allestiti «dall’MI-6 e dalla
CIA»141. Quando feci visita al quartier generale dell’MI-6, sulle
rive del Tamigi, a Londra nel 1999, mi fu detto che l’MI-6 non
rilascia dichiarazioni su segreti militari.

81 «The European», 9 novembre 1990.


82 Ibid. Pare che l’ufficiale britannico che corresse la prima
dichiarazione sia stato Robert Stratford. Cfr. Regine Igel,
Andreotti. Politik zwischen Geheimdienst und Mafia, München,
Herbig Verlag, 1997, p. 343.
83 «The Observer», 18 novembre 1990.
84 «The Guardian», 10 novembre 1990.
85 «The Guardian», 10 gennaio 1992.
86 «The Guardian», 16 gennaio 1992.
87 Reuters, 15 novembre 1990.

81
88 “Gladio. Un misterio de la guerra fría. La trama secreta
coordinada por mandos de la Alianza Atlántica comienza a salir
la luz tras quatro décadas de actividad”, in «El País», 26
novembre 1990.
89 “El servicio español de inteligencia mantiene estrechas
relaciones con la OTAN. Serra ordena indagar sobre la red
Gladio en España”, in «El País», 16 novembre 1990.
90 Erich Schmidt-Eenboom, Schnüffler ohne Nase. Der BND.
Die unheimliche Macht im Staate, Düsseldorf, Econ Verlag,
1993, p. 365.
91 «Expresso», 24 novembre 1990.
92 Ibid.
93 Reuters, 13 novembre 1990. «The Independent», 16
novembre 1990.
94 Associated Press, 14 novembre 1990, Reuters, 12 novembre
1990, Reuters, 15 novembre 1990.
95 «The Independent on Sunday», 21 giugno 1998. Recensione
di un libro su Nixon (Nixon in Winter) dell’ex assistente di
Nixon, Monica Crowley.
96 Questi sono: 1951-1952 Gen. Dwight D. Eisenhower, US
Army; 1952-1953 Gen. Matthew B. Ridgway, US Army; 1953-
1956 Gen. Alfred M. Gruenther, US Army; 1956-1962 Gen.
Lauris Norstad, US Air Force; 1963-1969 Gen. Lyman L.
Lemnitzer, US Army; 1969-1974 Gen. Andrew J. Goodpaster,
US Army; 1974-1979 Gen. Alexander M. Haig Jr, US Army;
1979-1987 Gen. Bernard W. Rogers, US Army; 1987-1992
Gen. John R. Galvin, US. Army; 1992-1993 Gen. John M.
Shalikashvili, US Army; 1993-1997 Gen. George A. Joulwan,
US Army; 1997-2000 Gen. Wesley K. Clark, US Army.
97 Jonathan Kwitny, “The CIA’s Secret Armies in Europe”, in
«The Nation», 6 aprile 1992, p. 445.
98 «Der Spiegel», n. 47, 19 novembre 1990, p. 20.
99 Pietro Cedomi, “Service secrets, guerre froide et ‘stay-
behind’. Part III. Repertoire des résaux S/B”, in «Fire! Le

82
Magazine de l’Homme d’Action», periodico belga, novembre-
dicembre 1991, p. 82.
100 Commissione parlamentare d’inchiesta belga su Gladio,
riassunta da «Statewatch», gennaio-febbraio 1992.
101 Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit.,
p. 33.
102 Arthur Rowse, “Gladio: The Secret US War to Subvert
Italian Democracy”, in «Covert Action Quarterly», n. 49, 1994,
p. 3.
103 Citato in Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in
Italia, cit., p. 34.
104 Mario Coglitore (a cura di), op. cit., p. 34. «È un fatto certo
che i protocolli segreti NATO esistono perché sono stati
esplicitamente denunciati da De Gaulle il 7 marzo 1966 e il
Parlamento della Germania dell’Ovest ha recentemente
ammesso che esistono» (ibid.).
105 «Searchlight», periodico britannico, gennaio 1991.
106 Paolo Inzerilli, Gladio. La verità negata, Bologna, Analisi,
1995, p. 61.
107 Ivi, p. 62.
108 Gerardo Serravalle, Gladio, cit., p. 78.
109 Ivi, p. 79.
110 Ivi, p. 78.
111 Commissione parlamentare d’inchiesta belga su Gladio,
riassunta da «Statewatch», gennaio-febbraio 1992.
112 Paolo Inzerilli, op. cit., p. 63.
113 Ibid.
114 Michel Van Ussel, Georges 923. Un agent du Gladio Belge
parle. Témoignage, Brussels, Editions La Longue Vue, 1991, p.
139.
115 Paolo Inzerilli, op. cit., p. 64.
116 E-mail di Anne-Marie Smith della Sezione Archivi NATO
all’autore, 18 agosto 2000.
117 Lettera del capo della Missione svizzera presso la NATO,

83
ambasciatore Anton Thalmann, all’autore, in data 4 maggio
2001.
118 Lettera di Lee McClenny, capo ufficio stampa e media della
NATO, all’autore, in data 2 maggio 2001.
119 Lettera di Lee McClenny, capo ufficio stampa e media della
NATO, all’autore, in data 2 maggio 2001.
120 Presidential Directive, National Security Memorandum 40,
Responsibility for the Conduct, Supervision and Coordination
of Covert Action Operations, Washington, 17 febbraio, 1970.
Signed: Richard Nixon.
121 La miglior visione complessiva delle operazioni coperte
della CIA a partire dalla seconda guerra mondiale è
probabilmente William Blum, Killing Hope. US Military and
CIA interventions since World War II, Maine, Common
Courage Press, 1995 [trad. it. Il libro nero degli Stati Uniti,
Roma, Fazi Editore, 2004].
122 Vedi l’homepage <www.terrorism.com>.
123 Le tre commissioni furono la commissione parlamentare
diretta da Frank Church, la commissione della Camera dei
Rappresentanti diretta da Otis Pike e la commissione Murphy
istituita dal presidente Ford.
1) Report of the House Select Committee on Intelligence [Pike
Committee], Ninetyfourth Congress, pubblicato da «Village
Voice», New York, febbraio 1976.
2) Report of the Commission on the Organization of the
Governement for the Conduct of Foreign Policy [Murphy
Commission], Washington DC, US Governement Printing
Office, giugno 1975.
3) Final Report of the United States Select Committee to Study
Governmental Operations with Respect to Intelligence Activities
[Church Committee], Washington DC, US Government Printing
Office, aprile 1976.
Il Final Report of the US Senate Select Committee to study
Governmental Operations with respect to Intelligence activities,

84
forse il migliore dei tre rapporti, consta di sei volumi. Il primo si
concentra sull’intelligence militare operante all’estero, CIA,
operazioni segrete e sul problema del controllo democratico dei
servizi segreti. Nel secondo volume, intitolato Intelligence
Activities and the Rights of the Americans, il rapporto Church
rivela come l’NSA e l’FBI hanno violato la privacy di cittadini
americani. Il terzo volume, intitolato Supplementary Detailed
Staff Reports on the Intelligence Activities and the Rights of
American, estende l’analisi del secondo volume e sostiene che il
termine “counter-intelligence” (controspionaggio) non sia un
nome appropriato per indicare “azione coperta interna”. Il
quarto volume è intitolato Supplementary Detailed Staff Reports
on Foreign and Military e presenta una storia della CIA dal
1946 al 1975. Il quinto volume intitolato The Assassination of
President John F. Kennedy and the Performance of the
Intelligence Agencies indaga su eventuali complotti dei servizi
segreti americani per mantenere nel mistero l’assassinio di JFK.
Il sesto volume, intitolato Supplementary Reports on
Intelligence Activities, tratta dell’evoluzione storica e
dell’organizzazione dell’intelligence federale dal 1776 al 1976.
124 Kathryn Olmsted, Challenging the Secret Government. The
Post-Watergate Investigations of the CIA and FBI, Chapel Hill,
University of North Carolina Press, 1996, p. 9.
125 «The Indipendent», 1° dicembre 1990.
126 Jonathan Kwitny, “The CIA’s Secret Armies in Europe”, in
«The Nation», 6 aprile 1992, p. 445
127 Arthur Rowse, op. cit.
128 Richiesta FOIA: “Operazione Gladio” della CIA, inoltrata
da Malcolm Byrne il 15 aprile 1991. Numero richiesta FOIA:
910113.
129 «Corriere della Sera», 29 maggio 1995.
130 «Zoom», n. 4/5, 1966, “Es muss nicht immer Gladio sein.
Atentate, Waffenlager, Erinnerungslücken”, p. 6.
131 Bericht betreff US Waffenlager. Oesterreichisches

85
Bundesministerium für Inneres. Generaldirektor für die
öffentliche Sicherheit. Mag. Michael Sika, Wien, 28 novembre
1997, p. 10.
132 Lettera datata 28 dicembre 2000 della CIA all’autore
relativa alla richiesta FOIA su Gladio n. F-2000-02528.
133 Lettera datata 23 gennaio 2001 dell’autore a Kathryn I.
Dyer della CIA.
134 Lettera datata 7 febbraio 2001 dell’Information e Privacy
Coordinator della CIA, Kathryn I. Dyer, all’autore.
135 Associated Press, 14 novembre 1990.
136 BBC1, “Newsnight”, 4 aprile 1991, 10.30 pm. Servizio su
Gladio del giornalista Peter Marshall.
137 Ibid.
138 Imperial War Museum, Londra. Esposizione Secret Wars,
da me visitata il 20 maggio 1999. Il 4 giugno 1999, ho
incontrato Mark Siemens, della divisione ricerche del museo,
responsabile dell’esposizione Secret Wars, il quale ha affermato
che l’esercito segreto SOE, utilizzato dagli inglesi nella seconda
guerra mondiale, fu un predecessore diretto dei gruppi Gladio
stay-behind, ma che egli non vedeva alcuna possibilità di
ottenere ulteriori informazioni su tale argomento da parte
dell’MI-6.
139 Michael Smith, New Cloak, Old Dagger: How Britain’s
Spies Came in from the Cold, Londra, Gollancz, 1996, p. 117.
Basato sulle interviste a Simon Preston, 11 ottobre 1995, e
Michael Giles, 25 ottobre 1995.
140 Ibid.
141 Ivi, p. 118.

86
4. Gran Bretagna

Un resoconto definitivo sulla guerra fredda probabilmente


non verrà mai scritto, poiché la storia evolve insieme alla
società che la produce e la utilizza. Una chiave interpretativa,
tuttavia, sta raccogliendo ampi consensi tra gli studiosi di molti
paesi, che individuano nella lotta al comunismo su scala
mondiale il carattere principale della guerra fredda. In questo
scontro che ha contrassegnato, insieme a pochi altri elementi, la
storia del XX secolo, quella che un tempo era la grande
superpotenza mondiale, la Gran Bretagna, perse definitivamente
il suo primato a favore degli Stati Uniti, che si servirono dello
scontro, vero o immaginario che fosse, con il comunismo per
accrescere, decennio dopo decennio, la loro potenza. Dopo la
caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 e la fine della guerra
fredda, l’impero degli Stati Uniti dominava il mondo come
nessun altro era riuscito fino a quel momento.
La classe dirigente conservatrice britannica si era assai
preoccupata quando nel 1917, per la prima volta nella storia
dell’umanità, un sistema comunista si era installato in un vasto,
anche se lontano, paese agricolo. Dopo la Rivoluzione, in
Russia i comunisti s’impadronirono delle imprese e spiegarono
che d’ora innanzi i mezzi di produzione sarebbero appartenuti al
popolo. Gli investitori, nella gran parte dei casi, persero tutto.
Nel suo The Cold War and Its Origins, lo storico Denna Frank
Fleming osservò che molti dei cambiamenti sociali portati dalla
Rivoluzione russa, compresa la radicale abolizione della Chiesa

87
e della nobiltà terriera, «avrebbero potuto essere accettati dalle
forze conservatrici mondiali dell’epoca, mai però la
nazionalizzazione delle industrie, degli affari e della proprietà
terriera». L’esempio della Rivoluzione russa non si sarebbe mai
più dovuto ripetere. «J.B. Priestley disse una volta che le menti
dei conservatori inglesi si erano chiuse di scatto di fronte alla
Rivoluzione russa e mai più si riaprirono»142.
Pur essendo largamente ignota in Occidente, la guerra
segreta contro il comunismo fu avviata immediatamente dopo la
Rivoluzione russa da Gran Bretagna e Stati Uniti che inviarono i
loro eserciti contro lo Stato appena fondato – ma ancora
vacillante – dell’Unione Sovietica. Tra il 1918 e il 1920 Londra
e Washington sostennero la destra russa e finanziarono una
decina di interventi militari sul suolo sovietico contro l’URSS,
interventi che non solo non riuscirono a rovesciare i nuovi
governanti, ma crearono nella classe dirigente comunista e in
Stalin grandi e fondati sospetti sui veri intenti dell’Occidente
capitalista143. Negli anni successivi l’Unione Sovietica rafforzò
il suo apparato di sicurezza e alla fine divenne uno Stato
totalitario che arrestava, quasi di routine, gli stranieri sorpresi
sul suo territorio, accusandoli di essere agenti segreti
dell’Occidente. Mentre si faceva sempre più evidente la
difficoltà di rovesciare il governo comunista in Russia, la Gran
Bretagna e i suoi alleati si concentrarono su una strategia volta a
impedire la diffusione del comunismo negli altri paesi. Quando
nel luglio 1936 il dittatore fascista Franco organizzò un colpo di
Stato contro il governo di sinistra spagnolo e, nella successiva
guerra civile, sbaragliò l’opposizione e i comunisti, poté godere
del silenzioso sostegno dei governi di Londra, Washington e
Parigi.
Quegli stessi governi non fermarono Adolf Hitler a Monaco
sia perché il suo potenziale militare risultava rafforzato, ma
soprattutto perché il nemico di Hitler era quello giusto per

88
l’Occidente: il comunismo sovietico. Durante la guerra civile
spagnola fu permesso a Hitler e a Mussolini di bombardare
l’opposizione repubblicana. Dopo aver dato l’avvio alla seconda
guerra mondiale, Hitler lanciò tre devastanti offensive contro la
Russia – nel 1941, nel 1942 e nel 1943 – che assestarono un
colpo quasi mortale al comunismo sovietico. Con un numero di
vittime di gran lunga superiore a quello di qualsiasi altro paese,
l’Unione Sovietica perse nella seconda guerra mondiale più di
quindici milioni di civili e sette milioni di militari, mentre si
ebbero altri quattordici milioni di persone tra feriti e
invalidi144. Gli storici russi hanno in seguito sostenuto che,
nonostante le pressanti richieste di Mosca, Gran Bretagna e Stati
Uniti – che persero complessivamente trecentomila soldati nella
liberazione di Asia ed Europa durante la seconda guerra
mondiale – ostacolarono deliberatamente l’apertura di un
secondo fronte contro Hitler a occidente, un fronte che avrebbe
certamente distolto le truppe naziste dall’attacco all’URSS. Solo
dopo Stalingrado, quando il corso degli eventi cambiò e
l’Armata Rossa, sbaragliati i tedeschi, marciò verso ovest, gli
Alleati, temendo di lasciare troppo terreno agli avversari,
aprirono rapidamente un secondo fronte e dopo l’invasione della
Normandia nel 1944 raggiunsero l’Armata Rossa a Berlino145.
«L’Inghilterra, in epoca moderna, è sempre stata un centro di
sovversione – nota come tale agli altri, ma non a se stessa», ha
osservato dopo la seconda guerra mondiale lo storico britannico
Mackenzie. «Di qui deriva una curiosa immagine a due facce: al
resto del mondo l’Inghilterra appare come un modello di
intrighi, astuzie ed estrema segretezza, ma all’interno tutto
questo appare soltanto un bluff, semplice e pieno di senso»146.
Mackenzie sostiene che le leggendarie guerre segrete degli
inglesi risalgono «storicamente alle “piccole guerre” che
portarono alla costituzione dell’Impero Britannico»147. Quando
la seconda guerra mondiale stava per scoppiare gli strateghi

89
inglesi del Ministero della Difesa conclusero che le loro
operazioni clandestine «dovevano basarsi sulle esperienze che
avevano fatto in India, Iraq, Irlanda e Russia, ovvero dovevano
essere sviluppate come una combinazione tra guerriglia e
tattiche dell’IRA»148.
Nel marzo 1938, poco dopo l’annessione dell’Austria da
parte di Hitler, fu istituito un nuovo dipartimento all’interno
dell’MI-6, la sezione D149, il cui compito era di sviluppare
azioni sovversive in Europa. La sezione D iniziò a costituire
gruppi di sabotaggio stay-behind nei paesi minacciati di
invasione da parte della Germania. Quando, nel 1940, lo sbarco
tedesco nell’Inghilterra meridionale sembrava imminente, «la
sezione D incominciò ad allestire depositi di armi e a reclutare
agenti in tutta la Gran Bretagna, senza informarne nessuno. Il
servizio segreto interno, l’MI-5, si allarmò molto quando iniziò a
ricevere rapporti sulle attività della sezione D e parecchi agenti a
essa collegati finirono arrestati come spie prima che la verità
emergesse»150. L’arruolamento e l’organizzazione di agenti
stay-behind da parte di membri della sezione D appariva, per un
osservatore qualsiasi, come un’attività assolutamente riservata:
«La comparsa di questi forestieri [agenti della sezione D] con i
loro abiti di foggia cittadina, le loro sinistre limousine nere e
una vaga aria di mistero allarmavano la popolazione locale»,
ricorda il funzionario del SOE Peter Wilkinson. Gli agenti
segreti, inoltre, «facevano infuriare i comandanti militari
subordinati perché rifiutavano di spiegare la loro presenza e il
loro compito, salvo dire che era “segretissimo”»151. Mezzo
secolo più tardi la mostra sulle Secret Wars all’Imperial War
Museum di Londra rivelava al pubblico come «l’MI-6 – sezione
D, seguendo la dottrina stay-behind, approntò in Inghilterra un
esercito segreto le cui divisioni vennero chiamate “unità
ausiliarie”, dotate di armi ed esplosivi». Queste prime unità
britanniche di Gladio «ricevettero un addestramento speciale e

90
furono istruite a restare dietro le linee nemiche in caso di
invasione tedesca dell’isola. Operando da basi segrete e con
depositi d’armi occulti, dovevano essere in grado di portare a
termine operazioni di guerriglia e sabotaggio contro gli invasori
tedeschi»152. In assenza di invasione tedesca era impossibile
sapere se il piano avrebbe funzionato o meno. Nell’agosto del
1940, tuttavia, «un’organizzazione piuttosto sgangherata»
copriva le spiagge ritenute più probabili per un’invasione, lungo
le coste inglesi e scozzesi del Mare del Nord153.
La sezione D dell’MI-6 si occupava della guerra segreta
limitatamente alle isole britanniche. Questa situazione cambiò
quando nel luglio del 1940 il primo ministro britannico Winston
Churchill ordinò che fosse creato un esercito segreto, il già
citato Special Operations Executive, per «incendiare l’Europa
sostenendo movimenti di resistenza e portando a termine
operazioni sovversive nei territori occupati dal nemico»154. Il
memorandum del 19 luglio 1940 del Gabinetto di Guerra riporta
che «il primo ministro ha inoltre deciso, dopo essersi consultato
con i ministri interessati, che venga immediatamente costituita
una nuova organizzazione per coordinare tutte le attività di
sovversione e sabotaggio contro i nostri nemici d’oltremare». Il
SOE fu sottoposto al comando del ministro laburista per
l’Economia di Guerra, Hugh Dalton. Dopo che le forze tedesche
ebbero occupato la Francia, quando sembravano ormai
inarrestabili, il ministro Dalton insistette affinché si combattesse
una guerra clandestina contro l’esercito tedesco nei territori
occupati: «Dobbiamo organizzare, nei paesi occupati dal
nemico, dei movimenti paragonabili al Sinn Fein in Irlanda, alla
guerriglia cinese che sta ora operando contro il Giappone, agli
irregolari spagnoli che giocarono un ruolo non secondario nella
campagna di Wellington o – e si può anche ammetterlo – alle
organizzazioni che gli stessi nazisti hanno sviluppato in modo
così efficace in quasi ogni paese del mondo». Sembrava logico

91
che l’arma della guerra segreta non dovesse essere trascurata e
Dalton affermava: «Questa “internazionale democratica” deve
usare i metodi più diversi, compresi sabotaggio industriale e
militare, agitazioni operaie e scioperi, propaganda, atti
terroristici contro i traditori e i capi tedeschi, boicottaggi e
sommosse». In totale segretezza, pertanto, fu allestita, da parte
di temerari elementi dell’esercito e dello spionaggio,
un’organizzazione di resistenza clandestina: «Quello che serve è
una nuova organizzazione per coordinare, spronare, controllare
e assistere le forze nazionali dei paesi oppressi che devono
essere essi stessi diretti partecipanti. Abbiamo bisogno di
segretezza assoluta, di un certo fanatico entusiasmo, di voglia di
lavorare con gente di diverse nazionalità e di un’affidabilità
politica totale»155.
Sotto il ministro Dalton, il comando operativo del SOE fu
affidato al generale maggiore Sir Colin Gubbins, un piccolo,
baffuto, tenace scozzese che, in seguito, avrebbe avuto una certa
influenza nell’allestimento della Gladio britannica156. «Il
problema e il piano consistevano nell’incoraggiare le
popolazioni dei paesi occupati e metterle in grado di operare
azioni di disturbo nei confronti dello sforzo bellico tedesco e in
tutti i modi possibili – con il sabotaggio, la sovversione, le
pratiche di rallentamento, i colpi di mano, le incursioni, ecc.»,
così Gubbins descriveva il compito del SOE e «nello stesso
tempo si tratta di reclutare forze sul posto, organizzarle,
armarle, addestrarle a partecipare solo quando avrà inizio
l’assalto finale». Il SOE era una copia carbone dell’operazione
Gladio, nata in piena seconda guerra mondiale. «Nei suoi aspetti
essenziali, il piano comporta alla fine l’invio di un grande
numero di persone e di notevoli quantità di armi ed esplosivi»,
diceva Gubbins riassumendo l’ambizioso piano157.
Il SOE arruolò molto personale dalla sezione D e alla fine
divenne la maggiore organizzazione nel suo genere, con oltre

92
tredicimila tra uomini e donne, che lavoravano su scala
mondiale in stretta cooperazione con il servizio segreto
britannico. Benché il SOE abbia portato a termine missioni anche
in Estremo Oriente, con base in India e in Australia, il
principale teatro di operazioni fu l’Europa occidentale dove ci si
concentrò per allestire eserciti nazionali segreti. Il SOE promosse
sabotaggi e atti di sovversione nei territori occupati e costituì
nuclei di uomini addestrati che potevano aiutare i gruppi di
resistenza nella riconquista dei loro paesi. «Il SOE fu per cinque
anni il più importante strumento di intervento britannico nella
politica interna europea», riportava una nota dell’Ufficio di
Gabinetto britannico, «era uno strumento di grande efficacia»
dato che poteva servire per una molteplicità di compiti, e così
«mentre il SOE era attivo, nessun politico europeo poteva
illudersi che gli inglesi si disinteressassero o fossero stati
tagliati fuori»158.
Ufficialmente il SOE fu sciolto dopo la guerra, nel gennaio
del 1946, e il suo comandante Gubbins dimesso. Tuttavia Sir
Steward Menzies, capo dell’MI-6 dal 1939 al 1952, non aveva
alcuna intenzione di gettar via un così valido strumento come
l’esercito segreto e anzi, in qualità di direttore della divisione
Special Operations (SO) dell’MI-6, assicurava che le operazioni
clandestine britanniche sarebbero continuate nella guerra
fredda. Il rapporto di Gabinetto sul SOE concludeva, infatti, che
«è del tutto certo che, in qualche modo, il SOE dovrà essere
creato per ogni guerra futura»159. Obiettivi a lungo termine,
approvati provvisoriamente dai capi di Stato Maggiore il 4
ottobre 1945 per il SOE e per la divisione Special Operations
dell’MI-6, stabilirono pertanto la creazione di una struttura che
sarebbe stata costituita, in primo luogo, da una rete in grado di
espandersi rapidamente in caso di guerra e, secondariamente, di
assolvere alle richieste di operazioni clandestine all’estero
avanzate dal governo britannico. «La priorità stava nel condurre

93
queste operazioni in paesi che sarebbero stati verosimilmente
occupati, nelle prime fasi di un conflitto con l’Unione Sovietica,
da quest’ultima, ma per ora non sotto controllo sovietico»160.
L’Europa occidentale rimaneva pertanto, anche dopo la fine
della seconda guerra mondiale, il teatro principale della guerra
segreta britannica.
Dopo lo scioglimento del SOE, il 30 giugno 1946 fu costituita
una nuova sezione Special Operations, all’interno dell’MI-6 e
sotto il comando del generale maggiore Colin Gubbins.
Secondo Frans Kluiters, esperto di servizi segreti olandesi, l’MI-
6 promosse attivamente l’organizzazione di eserciti clandestini
anticomunisti dal momento che «la divisione Special Operations
iniziò a impiantare reti in Germania Ovest, Italia e Austria.
Queste reti (organizzazioni stay-behind) sarebbero state attivate
in caso di invasione sovietica per raccogliere informazioni
segrete e per condurre attività offensive di sabotaggio»161.
Gubbins si assicurò che, anche dopo il 1945, personale del SOE
rimanesse in paesi come la Germania, l’Austria, l’Italia, la
Grecia e la Turchia. Che il SOE e le strutture che gli succedettero
avessero «uno scopo politico che andava oltre la sconfitta pura e
semplice della Germania» è provato da un’esplicita direttiva del
1945 che «chiariva come i principali nemici del SOE fossero il
comunismo e l’Unione Sovietica», dato che gli interessi
britannici in Europa «erano minacciati dall’Unione Sovietica e
dal comunismo europeo»162. Alcuni anni più tardi, nel
tentativo di ottenere l’appoggio parlamentare per le operazioni
clandestine allora in pieno sviluppo, il ministro degli Affari
Esteri Ernest Bevin sollecitò, il 22 gennaio 1948, di fronte al
Parlamento britannico, la creazione di unità occidentali
specializzate da usarsi contro la sovversione e la “quinta
colonna” sovietica. Un numero selezionato di parlamentari era
già al corrente che queste proposte stavano per essere messe in
atto.

94
Dato che la Gran Bretagna aveva questo nemico in comune
con Washington, la collaborazione militare e di intelligence con
gli Stati Uniti si fece molto stretta. Per ordine della Casa
Bianca, a Washington, Frank Wisner, direttore della divisione
operazioni segrete della CIA, l’OPC (Office of Policy
Coordination), stava allestendo eserciti segreti stay-behind
dovunque in Europa occidentale e, in questa attività,
collaborava strettamente con la sezione Special Operations
dell’MI-6 di Colin Gubbins. I servizi segreti inglesi e americani
dovevano in un primo tempo «neutralizzare le superstiti unità
segrete delle potenze dell’Asse in Germania, Austria e Italia del
Nord» e solo in seguito avrebbero potuto reclutare alcuni dei
fascisti sconfitti e inquadrarli nei nuovi eserciti segreti
anticomunisti, come osservano Roger Faligot e Rémi Kauffer,
studiosi del servizio segreto francese. «In effetti, attraverso
l’OPC della CIA e il SOB del SIS, i servizi segreti dei paesi
democratici, che avevano appena vinto la guerra, si videro
“ritornare” alcuni di questi commandos [sconfitti] contro il loro
ex alleato sovietico»163.
Oltre ai servizi segreti MI-6 e CIA e ai loro rispettivi
dipartimenti SOB e OPC, anche i militari delle Forze Speciali
inglesi e americane collaborarono strettamente. Le SAS inglesi e
i Berretti Verdi americani, addestrati per condurre operazioni
clandestine in territorio nemico, in molte occasioni durante la
guerra fredda furono compagni d’armi e, tra l’altro, istruirono le
armate segrete stay-behind. Due ex ufficiali della Royal Marine,
Giles e Preston, che misero in piedi la Gladio austriaca,
confermarono che le reclute per le operazioni stay-behind
venivano inviate nel vecchio presidio napoleonico di Fort
Monckton sul litorale, vicino a Portsmouth, dove l’MI-6
addestrava i suoi agenti assieme alle SAS britanniche. Loro stessi
avevano partecipato a questi corsi Gladio e si erano esercitati
nel cifrare i codici, nell’uso delle armi e nelle operazioni sotto

95
copertura164. Tra coloro che erano stati addestrati dalle SAS vi
era anche Decimo Garau, un istruttore della Gladio italiana che
aveva una base nel Centro Addestramento Guastatori (CAG) a
Capo Marrargiu, in Sardegna. «Sono stato in Inghilterra, a
Poole, per una settimana, su invito delle Forze Speciali. Sono
stato là una settimana e mi sono addestrato con loro», confermò
l’istruttore Garau dopo la denuncia di Gladio nel 1990. «Feci
dei lanci col paracadute sul canale della Manica. Mi allenavo
con loro e andavo bene. Poi andai a Hereford per pianificare e
portare a termine simulazioni con la SAS»165.
A quell’epoca, gli inglesi erano quelli che avevano maggiore
esperienza nel campo delle operazioni clandestine e della guerra
non-ortodossa. Le Forze Speciali SAS erano state create in Nord
Africa nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, con il
compito di colpire in profondità dietro le linee nemiche. Si può
dire che le più implacabili nemiche delle SAS durante la guerra
furono le Forze Speciali tedesche, le Schutzstaffel (SS), sotto il
comando di Heinrich Himmler, create molto prima dell’inizio
del conflitto. Come tutte le Forze Speciali, anche le SS tedesche
erano un corpo scelto di combattimento con insegne particolari
– uniformi di un nero brillante, decorate con un cranio e un
pugnale d’argento – che si considerava superiore alle truppe
regolari e si guadagnò la fama di gruppo di «fanatici assassini».
Dopo la sconfitta della Germania nazista le Forze Speciali SS
furono dichiarate un’organizzazione criminale e sciolte dal
tribunale alleato di Norimberga nel 1946.
Dopo la vittoria, anche il corpo delle SAS fu smobilitato, alla
fine della guerra, nell’ottobre 1945. Tuttavia, dato che la
necessità di operazioni sporche top-secret e imprese temerarie
risorgeva con la rapidità con cui il potere globale dell’Impero
Britannico declinava, le SAS furono ricostituite e già nel 1947
combattevano dietro le linee nemiche in Malesia. Dal loro
quartier generale, la cosiddetta “Nursery di Hereford”, furono

96
lanciate numerose operazioni con modalità di basso profilo, tra
cui, nel 1958, un’operazione nell’Oman dove le SAS accorsero in
aiuto del sultano dittatore e sconfissero la guerriglia di sinistra.
Questa impresa presumibilmente assicurò al reggimento i futuri
finanziamenti dato che, come osservava un comandante delle
SAS, queste ultime avevano dimostrato «che potevano essere
rapidamente e discretamente aviotrasportate nei punti caldi e
operare in aree remote senza pubblicità, una qualità molto
apprezzata dal governo conservatore del tempo»166. L’azione
delle SAS che ebbe maggior risonanza presso l’opinione
pubblica fu l’assalto all’ambasciata iraniana a Londra, mentre
durante la guerra delle Falkland operarono in modo molto più
discreto. Le loro imprese maggiori dopo la seconda guerra
mondiale furono comunque nella guerra del Golfo, nel 1991, e
con i Berretti Verdi americani quando addestrarono
segretamente ed equipaggiarono le forze dell’Armata di
Liberazione del Kosovo, prima e durante i bombardamenti NATO
sulla provincia serba.
Il parlamentare conservatore britannico Nigel West
sottolineava correttamente che, come i Berretti Verdi USA, anche
«le SAS britanniche avrebbero giocato un ruolo strategico
nell’operazione Gladio se i sovietici avessero invaso l’Europa
occidentale», con un implicito riferimento al fatto che i piani
operativi coinvolgevano gli eserciti stay-behind europei167.
Entrambe le unità paramilitari, infatti, cooperavano strettamente
e come segno di questa collaborazione i membri delle Forze
Speciali americane portavano, fin dal 1953, ma in modo non
ufficiale, come distintivo un berretto verde e ciò per imitare i
loro idoli delle SAS che avevano usato a lungo quell’insegna. Il
copricapo «straniero» non era ben accetto da molti ufficiali
anziani dell’esercito americano e fu solo il presidente Kennedy,
grande entusiasta delle operazioni clandestine e delle Forze
Speciali, che l’approvò, nel corso della sua visita a Fort Bragg,

97
quartier generale delle truppe scelte, nell’ottobre 1961, come
insegna ufficiale americana. Da allora questo distintivo fu
adottato dalle più importanti divisioni delle Forze Speciali USA.
La stima degli americani nei confronti del prestigioso corpo
delle SAS durò a lungo e il quartier generale inglese a Hereford
fu considerato una sorta di “casa madre” anche per gli ufficiali
americani che, se vi completavano il loro addestramento,
godevano di maggior prestigio. Anche gli inglesi, per
ricambiare, coltivarono buoni rapporti con le Forze Speciali
americane e, nel 1962, nominarono il generale maggiore
William Yarborough, comandante dei Berretti Verdi americani,
membro onorario delle SAS.
Già due anni prima delle rivelazioni su Gladio, e cioè nel
1992, la BBC aveva svelato al grande pubblico la cooperazione
clandestina tra Forze Speciali inglesi e americane. In un
documentario intitolato The Unleashing of Evil aveva infatti
rivelato come le SAS britanniche e i Berretti Verdi USA avessero,
nei trent’anni precedenti, praticato la tortura nei confronti dei
loro prigionieri in ogni campagna militare, dal Kenya all’Irlanda
del Nord, dall’Oman allo Yemen, a Cipro e in altri paesi. L’ex
ufficiale dei Berretti Verdi Luke Thompson spiegò al pubblico,
davanti a una telecamera, che le Forze Speciali USA di Fort
Bragg condividevano il loro programma d’addestramento con le
SAS britanniche e il giornalista Richard Norton-Taylor,
produttore del programma e poi cronista di rilievo durante lo
scandalo Gladio, ne concluse che la tortura è «più diffusa e più
vicina a noi di quanto ci piaccia pensare»168. In un’altra
operazione segreta i Berretti Verdi addestrarono unità del
gruppo genocida dei Khmer Rossi in Cambogia dopo che il
contatto era stato stabilito da Ray Cline, agente CIA e consigliere
speciale del presidente Ronald Reagan. Quando esplose lo
scandalo Iran-Contras, nel 1983, il presidente Reagan, temendo
lo scoppio di un altro spiacevole affaire, chiese al primo

98
ministro britannico Margaret Thatcher di assumere sotto il suo
controllo quelli che erano stati inviati a addestrare le forze di
Pol Pot. «Andammo prima in Thailandia nel 1984», testimoniò
in seguito un ufficiale delle SAS, «noi e gli americani insieme,
eravamo come fratelli. A loro non piaceva [quello che
succedeva] e neanche a noi. Addestrammo i Khmer Rossi a un
mucchio di tecniche», ricorda l’ufficiale. «Loro volevano
entrare subito nei villaggi e infilzare la gente. Dicemmo loro di
andare piano». Le SAS erano a disagio con quelle operazioni e
«molti di noi avrebbero cambiato parte se ce ne fosse stata la
possibilità. Per questo eravamo incazzati. Odiavamo essere
mischiati con Pol Pot. Vi dico: siamo soldati, non
ammazzabambini»169.
«La mia esperienza di operazioni segrete è che raramente
restano segrete a lungo», così si esprimeva il feldmaresciallo
Lord Carver, capo dello Stato Maggiore Generale e
successivamente capo dello Stato Maggiore della Difesa,
alludendo forse a Gladio. «Una volta che si è imboccata una
discesa, si può scivolare facilmente, c’è il pericolo che le Forze
Speciali credano di essere loro stesse la legge, come hanno fatto
i francesi in Algeria e recentemente nell’affare Greenpeace in
Nuova Zelanda», quando il servizio segreto francese, lo SDECE
(Service Documentation Extérieure Contre Espionnage), il 10
luglio 1985 affondò l’imbarcazione di Greenpeace Rainbow
Warrior che protestava contro i test nucleari francesi nel
Pacifico170. Un passo falso fu sicuramente il comportamento
delle SAS nell’Irlanda del Nord, dove i repubblicani irlandesi le
consideravano alla stregua dei terroristi. «Ci sono buoni
motivi», ragionavano i critici, «per ritenere che, anche da un
punto di vista britannico, le SAS nell’Irlanda del Nord erano
parte del problema piuttosto che parte della soluzione»171.
Quando, nel 1990, scoppiò il caso Gladio la stampa
britannica osservò che «ora appariva chiaro che il reggimento

99
d’élite delle SAS era dentro fino al collo nel programma NATO e
svolgeva, assieme all’MI-6, la funzione di braccio armato per la
guerra di guerriglia e il sabotaggio». In particolare la stampa
inglese confermava che «un’unità stay-behind italiana si
addestrava in Gran Bretagna. Le prove raccolte suggeriscono
che questa situazione si protrasse fino agli anni Ottanta»,
aggiungendo che «era stato provato che le SAS avevano
costruito, nel settore britannico della Germania Ovest, alcuni
rifugi segreti dove erano state accumulate armi»172. Alcuni dei
dati più rivelatori sul coinvolgimento segreto britannico
arrivarono da un’indagine del Parlamento svizzero sull’esercito
stay-behind P26 organizzato nella Confederazione elvetica. «I
servizi segreti britannici collaborarono strettamente con
un’organizzazione svizzera armata e occulta [la P26] e,
attraverso una serie di accordi segreti, ne fecero una
componente della rete di gruppi di “resistenza” dell’Europa
occidentale», così la stampa informava lo sconcertato pubblico
della neutrale Svizzera. Al giudice svizzero Cornu fu affidato il
compito di indagare sull’argomento e questi, nel suo rapporto,
«definì la collaborazione del gruppo [P26] con il servizio segreto
britannico “intensa”, con la Gran Bretagna che forniva il
prezioso know-how. I quadri della P26 partecipavano
regolarmente a corsi di addestramento in Inghilterra, dice il
rapporto. Consiglieri britannici – presumibilmente delle SAS –
visitarono in Svizzera i luoghi segreti di addestramento». Per
ironia della sorte, gli inglesi sapevano molto di più di
quest’esercito segreto che lo stesso governo svizzero, dato che
«le attività della P26, i suoi codici segreti, il nome del suo
comandante, Efrem Cattelan, erano noti all’intelligence inglese,
mentre il governo svizzero – secondo il rapporto – era tenuto
all’oscuro. Viene affermato anche che i documenti che
precisavano i particolari di questi accordi tra inglesi e gruppo
P26 non sono mai stati trovati»173.

100
I membri della stay-behind svizzera, durante gli anni
Sessanta, Settanta e Ottanta, furono addestrati in Gran Bretagna
da istruttori delle Forze Speciali britanniche. Queste
esercitazioni, secondo l’istruttore militare svizzero e presunto
membro di Gladio Alois Hürlimann, comprendevano anche
operazioni vere, non simulate, contro attivisti dell’IRA,
probabilmente nell’Irlanda del Nord. Tale Hürlimann
sventatamente raccontò in Svizzera, durante una conversazione
nel corso di inglese che frequentava, che nel maggio 1984 aveva
preso parte a esercitazioni segrete in Inghilterra in cui era stato
dato un vero e non simulato assalto a un deposito di armi
dell’IRA, assalto al quale egli, Hürlimann, aveva partecipato in
divisa militare, e durante il quale almeno un attivista dell’IRA
era stato ucciso174.
Ancor più significativamente, l’indagine di Cornu del 1991
rivelò anche che da qualche parte in Inghilterra era stato
costituito un comando svizzero di Gladio e il suo centro di
comunicazioni era equipaggiato con i caratteristici apparecchi
Harpoon. Nel 1984 un Accordo di lavoro comune, integrato nel
1987 da un Memorandum di supporto tecnico, «parlavano di
centri d’addestramento in Gran Bretagna, dell’installazione di
un centro di trasmissioni svizzero in Inghilterra e della
collaborazione dei due servizi in campo tecnico».
Sfortunatamente, come riferiva il giudice Cornu, «sia l’Accordo
di lavoro comune che il Memorandum di supporto tecnico non
sono stati trovati». Il responsabile del servizio segreto militare
svizzero, l’UNA (Untergruppe Nachrichtendienst und Abwehr),
dichiarò che «nel dicembre 1989 li aveva consegnati, per motivi
che restano non chiari, al servizio segreto inglese, senza farsene
alcuna copia»175. «I quadri dell’organizzazione svizzera
consideravano gli inglesi come i maggiori specialisti del
settore», osservava il governo elvetico in un suo rapporto176.
Un ex ufficiale anonimo dell’intelligence della NATO, dopo la

101
scoperta degli eserciti segreti, verso la fine del 1990, affermò
che «c’era una divisione del lavoro tra inglesi e americani, con
la Gran Bretagna che si prendeva la responsabilità delle
operazioni in Francia, Belgio, Olanda, Portogallo e Norvegia e
gli americani che si occupavano di Svezia, Finlandia e del resto
d’Europa»177. Questa suddivisione dei compiti non fu, tuttavia,
una cosa tanto pacifica, come mostra il caso italiano. Il generale
Umberto Broccoli, uno dei primi direttori del servizio segreto
militare, scrisse l’8 ottobre 1951 al capo di Stato Maggiore della
Difesa Efisio Marras per discutere argomenti relativi alla stay-
behind italiana e all’addestramento dei gladiatori. Broccoli
spiegava che gli inglesi avevano già creato queste reti stay-
behind in Olanda, Belgio «e presumibilmente anche in
Danimarca e Norvegia». Broccoli era lieto di confermare che la
Gran Bretagna «aveva acquisito grande esperienza nel settore e
ce la rende disponibile», mentre gli americani ci hanno «offerto
di collaborare attivamente con le nostre organizzazioni
fornendoci uomini, materiali (presumibilmente senza costi o
quasi senza costi) e forse fondi». Broccoli sottolineava che
sarebbe stato utile inviare sette ufficiali italiani, previamente
selezionati, per un corso di addestramento speciale in Inghilterra
dal novembre 1951 al febbraio 1952 in quanto, al ritorno,
avrebbero potuto dirigere l’addestramento dei gladiatori italiani.
Il capo dei servizi segreti militari Broccoli chiedeva al Stato
Maggiore della Difesa Marras di «dare la sua approvazione per
questo corso perché, senza che gli inglesi ne siano al corrente,
ho preso accordi con il servizio segreto americano per una
nostra partecipazione al corso»178.
L’addestramento di tipo Gladio degli inglesi non era gratuito,
quanto piuttosto un affare redditizio e Broccoli confessava: «Si
può immaginare che il costo ammonterà a circa 500 milioni di
lire, che non si possono prendere dal bilancio del SIFAR e che
dovrebbero essere trattati in quello delle Forze Armate»179. Il

102
servizio segreto britannico, come specificava Broccoli, aveva
offerto l’addestramento degli ufficiali italiani di Gladio alla
condizione che l’Italia acquistasse armi dagli inglesi. Allo
stesso tempo, tuttavia, in quella che può essere interpretata
come una lotta per le sfere di influenza, la danarosa CIA offriva
gratuitamente armi per Gladio. Alla fine gli italiani decisero di
prendere il meglio da entrambe le offerte. Mandarono, infatti, i
loro ufficiali a frequentare i corsi delle Scuole Speciali
d’Addestramento britanniche e contemporaneamente, ma
riservatamente, fecero un accordo con gli americani che
fornirono loro armi senza alcun costo. Gli inglesi non ne furono
affatto contenti e quando il generale Ettore Musco, successore
di Broccoli alla testa del SIFAR, visitò Fort Monckton dove aveva
avuto luogo l’addestramento Gladio, l’atmosfera era tesa: «Nel
1953 gli inglesi compresero di essere stati ingannati e
redarguirono aspramente il generale Musco, protestando perché
“il suo servizio stava consegnandosi amo, lenza e piombo agli
americani”»180.
La competizione tra inglesi e americani per le sfere
d’influenza non si limitava all’Italia. Verso la fine del 1990, il
ministro della Difesa belga, Guy Coëme, dopo la scoperta
dell’esercito segreto, spiegò che «il rapporto tra i servizi segreti
inglese e belga prese avvio da contatti che ebbero luogo tra
Spaak e il capo dell’intelligence britannica [Menzies] e in un
accordo tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Belgio»181. Il ménage
à trois aveva i suoi lati contorti, dato che sia MI-6 che CIA
volevano assicurarsi che il Belgio non privilegiasse la
controparte. Il capo dell’MI-6, Steward Menzies, scrisse pertanto
al primo ministro belga Paul-Henri Spaak il 27 gennaio 1949:
«Sono lieto di avere l’opportunità di discutere personalmente
con voi di alcuni problemi relativi ai nostri due paesi, problemi
che considero realmente importanti e che mi hanno dato
recentemente qualche preoccupazione». In seguito asseriva che

103
entrambi i paesi dovevano rafforzare la loro cooperazione
«sull’argomento Cominform e sulle potenziali attività del
nemico» e avviare la «preparazione di opportuni gruppi di
intelligence e operativi nell’eventualità della guerra». In
particolare, «certi ufficiali dovrebbero venire prossimamente nel
Regno Unito per studiare, insieme al mio Servizio
d’informazioni, gli aspetti tecnici di questa faccenda». Menzies
era molto preoccupato del fatto che Spaak, riguardo all’affare
Gladio, potesse prendere accordi con la CIA anziché con l’MI-6 e
sottolineava «di aver sempre considerato di importanza capitale
la partecipazione americana alla difesa dell’Europa. Sono
tuttavia convinto che tutti gli sforzi, non esclusi quelli
americani, debbano essere integrati in un piano organico. Se
pertanto gli americani volessero portare avanti insieme ai vostri
Servizi alcuni preparativi indispensabili alle esigenze belliche, li
considererei essenziali – e so di avere il vostro appoggio – e
ritengo che queste attività dovrebbero essere coordinate con le
mie».
Menzies si riferiva in modo particolare al Western Union
Clandestine Committee, che coordinava la guerra non-ortodossa
fin dal 1948, ossia da circa un anno prima della firma del Patto
Atlantico e dell’organizzazione, da parte della NATO, delle varie
Gladio. «Tale cooperazione», sottolineava Menzies nella sua
lettera a Spaak, «eviterà sgradevoli ripercussioni con i capi di
Stato Maggiore dell’Unione Occidentale. Da parte mia ho già
indicato al capo dei servizi americani di essere pronto a
elaborare un piano dettagliato di collaborazione con lui su
queste basi e pertanto suggerisco che ogni progetto da loro
formulato debba essere di nuovo rinviato a Washington per una
successiva discussione tra i servizi segreti inglesi e americani a
Londra». Menzies osservava inoltre che la Gladio belga avrebbe
dovuto essere equipaggiata e che «emergeranno presto richieste
di addestramento e materiali. Mi sono già adoperato per fornire
certe agevolazioni per l’addestramento di ufficiali e altri

104
nominati dal capo del vostro servizio segreto, e sono nella
condizione di fornirvi i nuovi equipaggiamenti ora in
produzione (per esempio apparecchiature ricetrasmittenti) che
saranno richiesti nell’immediato futuro per le attività
clandestine». Alcuni materiali, secondo il parere del capo
dell’MI-6, avrebbero potuto essere consegnati senza costi alla
Gladio belga, mentre altri avrebbero dovuto essere pagati:
«Queste apparecchiature speciali potrebbero essere comprate o
prese in prestito, ma io suggerisco che se sorgesse la necessità
dell’acquisto di un tipo di materiale più convenzionale (per
esempio armi di piccola dimensione e altri rifornimenti militari)
la contabilità sarebbe soggetta a un’amichevole contrattazione
tra i Servizi Speciali belga e inglese». Naturalmente
l’allestimento della Gladio belga avrebbe dovuto essere
condotta nel più stretto segreto e Menzies concludeva la sua
lettera affermando: «Non devo certo aggiungere che sono
convinto che tu condividerai il mio desiderio che questa
corrispondenza rimanga assolutamente riservata e che non
venga mostrata a terze parti senza un accordo preventivo tra
noi»182.
Circa due settimane dopo Spaak rispose per iscritto a
Menzies che, per quanto contento dell’aiuto offerto dagli
inglesi, doveva informarlo che anche gli americani l’avevano
avvicinato per lo stesso motivo e che pertanto riteneva che
inglesi e americani dovessero prima risolvere il problema tra di
loro. «Sono d’accordo con te – scriveva il primo ministro belga
– che sarebbe altamente desiderabile che i tre servizi (inglese,
americano e belga) collaborassero strettamente tra loro».
Consapevole della lotta per le sfere d’influenza tra MI-6 e CIA,
Spaak osservava che «se due di loro, americani e britannici,
rifiutassero la collaborazione, la situazione per i belgi
diventerebbe estremamente imbarazzante e difficile. Ritengo
pertanto che sia inevitabile che si tengano tra Londra e

105
Washington negoziati al più alto livello per risolvere la
questione»183.
In Norvegia, il capo dei servizi segreti Vilhelm Evang fu la
figura centrale sia per la costituzione della rete stay-behind sia
per la creazione del primo Servizio di Intelligence Norvegese, il
NIS. Evang, un laureato in Scienze di Oslo, era diventato
membro dell’esiguo servizio d’intelligence del governo
norvegese in esilio a Londra dal 1942. Tornato in Norvegia in
eccellenti rapporti con gli inglesi, Evang costituì nel 1946 il NIS
postbellico, di cui fu al comando per vent’anni. Nel febbraio
dell’anno successivo Evang s’incontrò con un non identificato
ufficiale britannico dell’MI-6 «in stretta relazione con gli
importanti circoli militari e della difesa», come ricorda Evang
nei suoi appunti. «Queste considerazioni hanno portato l’inglese
a esprimere un forte interesse per la creazione di una forza di
difesa da utilizzarsi nei paesi che fossero finiti sotto
occupazione nemica. Sembra che Olanda, Francia e Belgio
stiano per costituire organizzazioni più o meno permanenti per
un esercito clandestino»184.
Che accanto alla Norvegia, nella neutrale Svezia, i britannici,
assieme alla CIA americana, abbiano giocato un ruolo di primo
piano nell’addestrare i comandanti della Gladio locale, fu
rivelato da Reinhold Geijer, un ex militare svedese, che era stato
reclutato nel 1957 nella rete Gladio di quel paese e che aveva
ricoperto per decenni il ruolo di comandante regionale. A quasi
ottant’anni, nel 1996, Geijer ricordava, durante una trasmissione
della televisione svedese TV4, come gli inglesi, in Gran
Bretagna, lo avessero addestrato alle operazioni clandestine.
«Nel 1959 andai, via Londra, in una fattoria fuori Eaton. Ciò
avveniva secondo rigidissime procedure di sicurezza, per
esempio con passaporto falso. Non avevo neppure il permesso
di chiamare mia moglie», ricordava Geijer. «Lo scopo
dell’addestramento era l’acquisizione di tecniche per inviare e

106
ricevere messaggi cifrati e altre esercitazioni alla James Bond.
Gli inglesi erano molto duri. Ebbi spesso la sensazione che si
stesse esagerando»185.
Quando, alla fine del 1990, furono scoperti eserciti segreti
allestiti ovunque in Europa occidentale e venne a galla il ruolo
inglese in quelle operazioni, il governo di John Major rifiutò di
prendere posizione sull’argomento. «Mi spiace, ma non
intendiamo discutere di problemi riguardanti la sicurezza»,
continuavano a ripetere, giorno dopo giorno, i portavoce
governativi alle pressanti domande della stampa inglese186. Il
Parlamento britannico si opponeva sia a un dibattito sia a
un’inchiesta sull’argomento e, ancora nell’estate 1992, il
giornalista Hugh O’Shaughnessy lamentava che «il silenzio di
Whitehall e la quasi totale mancanza di curiosità da parte dei
parlamentari circa un affare in cui la Gran Bretagna è coinvolta
in modo centrale sono assolutamente straordinari»187. Si lasciò
che la rete televisiva BBC osservasse come «il ruolo della Gran
Bretagna nell’allestimento delle reti stay-behind da un capo
all’altro dell’Europa fosse stato assolutamente fondamentale». Il
notiziario della BBC, nell’edizione della notte del 4 aprile 1991,
sottolineò la dimensione criminale degli eserciti segreti e riferì
che «se si rimuove la maschera, ci sono orrori da vedere». La
BBC riportava correttamente che, oltre alla funzione stay-behind,
gli eserciti clandestini erano stati impiegati in manipolazioni
politiche: «Proprio come la spada dei gladiatori aveva un
doppio taglio, ci sono due facce nella storia della Gladio
moderna». La domanda è, continuava il servizio, «Gladio, con i
suoi depositi segreti di armi ed esplosivi, fu usato dai suoi capi
[...] per sovversioni interne [...] contro la sinistra? Erano stati
agenti dello Stato i responsabili della misteriosa ondata di stragi
terroristiche?». E quale fu il ruolo della Gran Bretagna?
«Abbiamo prove che fin dall’inizio di Gladio», dichiarò il
parlamentare italiano Sergio de Julio di fronte alla Camera,

107
«ufficiali furono mandati a addestrarsi in Inghilterra. Erano stati
incaricati di costituire il primo nucleo dell’organizzazione
Gladio. Così abbiamo le prove di una cooperazione, diciamo, di
una cooperazione tra il Regno Unito e l’Italia»188.
Il giornalista della BBC Peter Marshall intervistò il generale
Gerardo Serravalle, comandante della Gladio italiana dal 1971
al 1974, e gli pose domande dirette sul ruolo della Gran
Bretagna. Il generale confermò che la cooperazione con gli
inglesi era stata intensa: «Li invitai [gli inglesi] perché avevamo
visitato le loro basi in Inghilterra – le basi stay-behind [del
Regno Unito] – e per ricambiare li invitammo». Marshall
domandò: «Dove sono le basi stay-behind inglesi?». Il generale
Serravalle sorrise e rispose: «Mi spiace, non vi dirò dove sono
perché questo fa parte dei segreti del vostro paese». Al che
Marshall, per assicurarsi una risposta, chiese: «Ma siete rimasti
favorevolmente impressionati dagli inglesi?». Serravalle
rispose: «Sì, perché sono efficienti, bene organizzati e il
personale era eccellente»189.
Un anno dopo la BBC trattò ancora una volta l’argomento
Gladio e mandò in onda tre ottimi documentari su Gladio
firmati da Allan Francovich. Nel realizzare documentari su
argomenti scottanti, pochi avevano l’esperienza di Francovich
che, nel 1980, con una sua produzione intitolata On Company
Business aveva denunciato i lati oscuri della CIA e aveva
ricevuto il premio internazionale della critica quale miglior
documentarista al Festival del Cinema di Berlino. In seguito
investigò su Gladio e poi, nel 1995, con The Maltese Double
Cross-Lockerbie, rivelò la connessione tra l’incidente aereo del
volo 103 della Pan Am su Lockerbie e l’abbattimento
accidentale dell’apparecchio 655 della Iran Air da parte della
nave da guerra americana Vincennes, avvenuti entrambi nel
1988. «Sono rari in effetti, all’infuori dei romanzi, i crociati
della verità che, di volta in volta, mettono se stessi in pericolo

108
come ha fatto lui», ricordava il suo amico Tam Dalyell, dopo la
morte di Francovich avvenuta per un attacco di cuore in
misteriose circostanze all’ingresso negli Stati Uniti, presso la
dogana dell’aeroporto di Houston, in Texas, il 17 aprile
1997190.
Costituiti per lo più da interviste e concentrati quasi
esclusivamente sugli eserciti Gladio in Italia e Belgio, i
documentari di Francovich per la BBC mettevano in primo piano
di fronte alle telecamere i protagonisti dell’affare Gladio come
Licio Gelli, capo della P2, l’attivista di destra Vincenzo
Vinciguerra, il giudice veneziano Felice Casson che aveva
scoperto l’organizzazione, il suo comandante italiano generale
Gerardo Serravalle, il senatore belga Roger Lallemand, capo
della commissione parlamentare d’inchiesta su Gladio, Decimo
Garau, ex istruttore militare italiano nella base sarda
dell’esercito segreto, William Colby, ex direttore della CIA e
Martial Lekeu, ex membro della polizia belga, per dirne soltanto
qualcuno191. «Lo sforzo dell’operazione stay-behind, secondo
me, era mirato semplicemente ad assicurarsi che se fosse
arrivato il peggio, se cioè un partito comunista fosse andato al
potere, ci sarebbero stati alcuni agenti che ci avrebbero avvisato
e ci avrebbero detto cosa stava succedendo là», spiegava, per
esempio, di fronte alla telecamera di Francovich, Ray Cline,
vicedirettore della CIA dal 1962 al 1966. «Non è inverosimile
che sia stato reclutato qualche gruppo di destra e che sia stato
messo nella stay-behind perché loro ci avrebbero senz’altro
avvertito se una guerra stava per scoppiare e pertanto l’uso di
persone di destra, per scopi di intelligence, non politici, è
corretto», continuava Cline192. Il giorno dopo, i giornali di
Londra riferivano: «Era uno di quei programmi che ti saresti
immaginato avrebbero fatto cadere i governi, ma è tale
l’amnesia istantanea prodotta dalla televisione che nei giornali
del giorno successivo ne troverete a stento un accenno»193.

109
142 Denna Frank Fleming, The Cold War and Its Origins 1917-
1960, Londra, George Allen & Unwin, 1961, p. 4.
143 Ivi.
144 Dati presi da Andrew Wilson, Das Abrüstungshandbuch:
Analysen, Zusammenhänge, Hintergründe, Amburgo, Hoffmann
und Campe, 1984, p. 38. Perdite americane: 300.000 soldati
caduti, 600.000 feriti. Nessuna vittima civile. Totale dei morti
della seconda guerra mondiale: 60 milioni (ibid.).
145 Cfr. Valentin Falin, Die Zweite Front, Monaco, Bömer
Knaur, 1995.
146 William J.M. Mackenzie, History of the Special Operations
Executive. Britain and the Resistance in Europe, Londra, British
Cabinet Office, 1948, pp. 1153 e 1155. Originale inedito del
Public Record Office di Londra. Di prossima pubblicazione
presso la casa editrice Frank Cass, Londra.
147 William J.M. Mackenzie, op. cit., p. 9.
148 Un funzionario della prima ora del SOE, il tenente
colonnello Holland, «un ufficiale con personali esperienze di
guerra non convenzionale in Irlanda e in India [...] apprezzava
vivamente queste tecniche e queste possibilità». Citato ibid.
149 Accanto alla sezione D dell’MI-6, altri due organismi erano
stati istituiti fin dal 1938 affinché operassero nell’area di
sovversione. Uno era una sezione del General Staff presso il
War Office, noto come GS(R) e successivamente MI(R),
destinato allo studio delle tecniche di guerra non convenzionale.
L’altro, denominato EH dal nome della sua sede ubicata a
Londra nell’Electra House, si specializzò nella propaganda
«oscura» (non attribuibile) in Europa. Cfr. David Stafford,
Britain and European Resistance, 1940-1945. A Survey of the
Special Operations Executive, Oxford, St. Antony’s College,
1980, pp. 19-21.

110
150 Tony Bunyam, The History and Practice of the Political
Police in Britain, Londra, Quartet Books, 1983, p. 265.
151 Peter Wilkinson, Foreign Fields: The Story of an SOE
Operative, Londra, Tauris Publishers, 1997, p. 100.
152 Imperial War Museum, Londra. Da me visitato nel maggio
1999.
153 Peter Wilkinson, op. cit., p. 101.
154 David Stafford, op. cit., p. 20.
155 Lettera del ministro Hugh Dalton al ministro degli Affari
Esteri Halifax datata 2 luglio 1940. Cit. in M.R.D. Foot, An
Outline History of the Special Operations Executive 1940-1946,
Londra, British Broadcasting Corporation, 1984, p. 19.
156 “Statewatch Background Document File No. 0391:
GLADIO”, gennaio 1991. Cfr. anche
<http://users.patra.hol.gr/~cgian/gladio.html>. Sul ruolo di
Gubbins vedi anche la rivista belga «Fire! Le Magazine de
l’Homme d’Action», settembre-ottobre 1991, p. 77.
157 Edward Henry Cookridge, Inside SOE. The Story of Special
Operations in Western Europe 1940-45, Londra, Arthur Barker
Limited, 1966, p. 13.
158 William J.M. Mackenzie, op. cit., p. 1152.
159 Ivi, pp. 1153 e 1155.
160 David Stafford, op. cit., p. 203.
161 Frans Kluiters, De Nederlandse inlichtingen en
veiligheidsdiensten, Den Haag, SDU, 1993, p. 309.
162 David Stafford, op. cit., p. 211.
163 Roger Faligot - Rémi Kauffer, Les Maîtres espions.
Histoire mondiale du renseignement. II, De la guerre froide à
nos jours, Parigi, Editions Laffont, 1994, p. 53.
164 Michael Smith, New Cloak, Old Dagger: How Britain’s
Spies Came in from the Cold, Londra, Gollancz, 1996, p. 117.
Basato su interviste a Simon Preston (11 ottobre 1995) e
Michael Giles (25 ottobre 1995).
165 Allan Francovich, Gladio: The Ringmasters. Primo di tre

111
documentari di Francovich su Gladio, trasmesso il 10 giugno
1992 dalla BBC2.
166 Michael de la Billiere, Looking for Trouble, Londra, Harper
Collins, 1994, p. 150. Il libro è un’autobiografia di Billiere
durante il suo servizio nelle SAS.
167 Associated Press, 14 novembre 1990.
168 The Unleashing of Evil, documentario prodotto da Richard
Norton-Taylor, che scrisse diffusamente su «The Guardian»
riguardo alle rivelazioni del 1990 su Gladio. Trasmesso dalla
BBC il 29 giugno 1988. Annunciato da «The Guardian» nella
stessa giornata: “Soldati britannici hanno usato la tortura”.
169 Un ufficiale delle SAS al famoso giornalista investigativo
John Pilger («The Guardian», 16 ottobre 1990).
L’amministrazione Reagan s’infuriò quando, nel 1986, la
corrispondenza dell’avvocato del Congresso Jonathan Winer
denunciò che gli Stati Uniti avevano finanziato Pol Pot con 85
milioni di dollari tra il 1980 e il 1986 seguendo la logica
secondo cui «il nemico del mio nemico è mio alleato» (John
Pilger su «The Guardian», 6 ottobre 1990). Gli inglesi non
furono meno imbarazzati. Nel 1990 il primo ministro Thatcher
smentì un coinvolgimento inglese nell’addestramento di unità
dei Khmer Rossi, nonostante le testimonianze di ufficiali delle
SAS. Alla fine, nella causa di diffamazione contro John Pilger,
il ministero della Difesa ammise che la Gran Bretagna aveva
contribuito all’addestramento di alleati dei Khmer Rossi («The
Guardian», 20 aprile 1993).
170 Joseph Paul de Boucherville Taillon, International Co-
Operation in the Use of Elite Military Forces to Counter
Terrorism. The British and American Experience, with Special
Reference to Their Respective Experiences in the Evolution of
Low Intensity Operations (1992), p. 200. (Tesi di Dottorato
presso la London School of Economics and Political Science,
inedita). Lettera da Carver a Boucherville Taillon, in data 24
dicembre 1985.

112
171 Periodico britannico «Lobster», dicembre 1995.
172 Mensile britannico «Searchlight», gennaio 1991.
173 Richard Norton-Taylor, “UK trained secret Swiss force”, in
«The Guardian», 20 settembre 1991.
174 Urs Frieden, “Die England Connection. PUK EMD: P26
Geheimarmist Hürlimann im Manöver”, in «Wochenzeitung»,
30 novembre 1990.
175 Schweizer Bundesrat: Schlussbericht in der
Administrativuntersuchung zur Abklärung der Natur von
allfälligen Beziehungen zwischen der Organisation P26 und
analogen Organisationen in Ausland. Kurzfassung für die
Oeffenntlichkeit, 19 settembre 1991, pp. 4-5.
176 Ibid.
177 Mensile britannico «Searchlight», gennaio 1991.
178 La lettera di Broccoli, del 1° ottobre 1951, con oggetto:
“Organizzazione informativa operativa nel territorio nazionale
suscettibile di occupazione nemica”, è un documento importante
sul tema Gladio. Viene citato nella relazione della commissione
parlamentare d’inchiesta italiana. Un buon sunto si può trovare
in Mario Coglitore (a cura di), op. cit., pp. 132-133. Anche il
settimanale «L’Espresso», in possesso del documento originale
di Broccoli, lo cita diffusamente nella sua edizione del 18
gennaio 1991.
179 Mario Coglitore (a cura di), op. cit., p. 133.
180 Pietro Cedomi, “Service secrets, guerre froide et ‘stay-
behind’. Part II. La mise en piace des résaux”, in «Fire! Le
Magazine de l’Homme d’Action», settembre-ottobre 1991, p.
80.
181 Allan Francovich, Gladio: The Ringmasters, cit.
182 Relazione della Commissione del Senato belga, 1991, pp.
212-213.
183 Ivi, p. 213. Cit. anche in «The Observer», 7 giugno 1992.
184 Cit. in Olav Riste, The Norwegian Intelligence Service
1945-1970, Londra, Frank Cass, 1999, p. 16.

113
185 Thomas Kanger - Oscar Hedin, “Erlanders hemliga gerilla.
I ett ockuperat Sverige skulle det nationella motstandet ledas
fran Appelbo skola i Dalarma”, nel quotidiano svedese «Dagens
Nyheter», 4 ottobre 1998.
186 «The Guardian», 14 novembre 1998.
187 Hugh O’Shaughnessy, “Gladio: Europe’s best kept secret.
They were agents who were to ‘stay-behind’ if the Red Army
overran western Europe. But the network that was set up with
the best intentions degenerated in some countries into a front for
terrorism and far-right political agitation” (Il segreto meglio
conservato d’Europa. Erano agenti che dovevano restare dietro
le linee se l’Armata Rossa avesse occupato l’Europa. La rete
allestita con le migliori intenzioni tuttavia in alcuni paesi
degenerò in una copertura per il terrorismo e l’agitazione
politica di estrema destra), in «The Observer», 7 giugno 1992.
188 BBC1, “Newsnight”, 4 aprile 1991, edizione delle 22.30.
Servizio del giornalista Peter Marshall.
189 Ibid.
190 Necrologio del 28 aprile 1997 su «The Independent».
191 I tre documentari di Allan Francovich su Gladio sono: il già
citato Gladio: The Ringmasters, trasmesso il 10 giugno 1992
dalla BBC2; Gladio: The Puppeteers, trasmesso il 17 giugno
1992 dalla BBC2; Gladio: The Foot Soldiers, trasmesso il 24
giugno 1992 dalla BBC2.
192 Allan Francovich, Gladio: The Ringmasters, cit.
193 «The Times», 28 giugno 1992.

114
5. Stati Uniti

Dopo la sconfitta della Germania e dell’Italia, il presidente


americano Harry Truman ordinò all’Air Force americana di
sganciare bombe atomiche sulle città di Hiroshima e Nagasaki.
Con la resa del Giappone, ebbe termine la seconda guerra
mondiale. Mentre l’Europa occidentale era in rovina,
l’economia statunitense procedeva a grandi passi. Tuttavia,
nonostante la sua potenza militare ed economica, la Casa Bianca
temeva quella che percepiva come un’irresistibile avanzata del
comunismo mondiale. Dopo che gli Stati Uniti e la Gran
Bretagna, tra il 1918 e il 1920, avevano tentato ripetutamente,
ma senza successo, di invadere l’Unione Sovietica, l’alleanza
militare con l’Armata Rossa durante la seconda guerra mondiale
era servita unicamente a sconfiggere Hitler e Mussolini e
liberare l’Europa. Subito dopo la guerra l’ostilità riaffiorò e l’ex
alleato ridivenne il mortale nemico della guerra fredda. Dato
che gli Stati Uniti, dopo la guerra, si erano assicurati l’Europa
occidentale e avevano combattuto e respinto la sinistra in
Grecia, l’Unione Sovietica di Stalin rafforzò il suo fronte
occidentale dal quale per ben due volte era stata attaccata nel
secolo delle due guerre mondiali. Truman assistette con grande
apprensione all’instaurarsi di regimi fantoccio in Polonia,
Germania dell’Est, Ungheria, Romania, Cecoslovacchia,
secondo la dottrina della sovranità limitata. Stalin mise infatti
questi paesi sotto il controllo di oligarchi locali, della brutale
forza militare sovietica e del servizio segreto del KGB. Truman

115
pertanto si convinse che anche nelle democrazie formalmente
sovrane dell’Europa occidentale, i partiti comunisti dovevano
essere segretamente combattuti e indeboliti.
La CIA tentò di predisporre un esercito segreto in Cina, nel
tentativo di bloccare l’avanzata del comunismo, ma fallì e, nel
1949, Mao e il Partito Comunista Cinese presero il potere. L’ex
direttore della CIA William Colby ricordava: «Mi sono sempre
chiesto se le reti stay-behind che avevamo approntato avrebbero
funzionato sotto l’occupazione sovietica. Sapevamo infatti che
tentativi dell’ultima ora per organizzare reti di questo tipo erano
fallite in Cina nel 1950 e nel Vietnam del Nord nel 1954». Dopo
lo scoppio della guerra di Corea nel 1950, dal fragile confine
che separava il Sud controllato dagli USA dal Nord comunista,
l’esercito americano aveva tentato di ridurre l’influenza dei
comunisti dal Nord, ma senza successo. La CIA aveva inoltre
provato, con operazioni clandestine ed eserciti segreti, ad
assumere il controllo di un certo numero di paesi dell’Europa
orientale, ma senza risultati. «Sapevamo che gli sforzi di
organizzazione dall’esterno erano stati scoperti e mandati
all’aria dalla polizia segreta in Polonia e Albania negli anni
Cinquanta», ricordava Colby rievocando gli sforzi fatti per
predisporre eserciti anticomunisti194.
Nei paesi del Terzo Mondo, in Africa, America Latina e in
alcune zone dell’Asia, forme di comunismo e socialismo
divennero popolari come sistemi per distribuire le ricchezze in
modo più equo e per guadagnare l’indipendenza dalle nazioni
capitaliste del “primo mondo”. In Iran Mossadeq si imbarcò in
un programma socialista e tentò di distribuire parte della
ricchezza del petrolio alla popolazione. Dopo che l’India ebbe
guadagnato l’indipendenza dalla Gran Bretagna, anche l’Africa
si avviava a una battaglia anticoloniale a sfondo socialista,
battaglia che raggiunse il suo culmine nel 1960 con la
dichiarazione d’indipendenza di Camerun, Togo, Madagascar,

116
Somalia, Niger, Nigeria, Ciad, Congo, Gabon, Senegal, Mali,
Costa d’Avorio, Mauritania e Repubblica Centro-Africana.
Nell’Asia sud-orientale, dopo il ritiro delle forze d’occupazione
giapponesi, le Filippine e il Vietnam diedero vita a forti
movimenti anticoloniali di sinistra e comunisti, che in Vietnam
originarono prima la “guerra francese” e poi la “guerra
americana”, conclusasi solo nel 1975 con la vittoria dei
comunisti vietnamiti.
Nella mente dei combattenti della guerra fredda alla Casa
Bianca la guerra non si concluse nel 1945, ma venne
semplicemente trasferita a un livello segreto di basso profilo,
nel quale i servizi segreti sarebbero diventati il più importante
strumento a disposizione della politica governativa. Verso la
fine del 1944 il presidente Roosevelt aveva seguito i consigli di
William Donovan, che durante la guerra aveva diretto il servizio
d’intelligence, l’OSS (Office of Strategic Services), e aveva
tentato di costituirne uno equivalente per il tempo di pace, col
quale condurre azioni clandestine in paesi stranieri contro i
comunisti e altri eventuali nemici degli Stati Uniti. Edgar
Hoover, capo dell’FBI, aveva avversato questo progetto di
Roosevelt, temendo che l’agenzia di intelligence e le operazioni
segrete di cui era a capo potessero perdere d’influenza. Hoover
pertanto fece pervenire a un reporter del «Chicago Tribune»
copie del rapporto di Donovan e dell’ordine esecutivo di
Roosevelt, cosa che, il 9 febbraio 1945, fece titolare al
quotidiano: “Nuovo progetto prevede un supersistema di
spionaggio – Agenti spieranno sia noi che tutto il mondo – Si
sta prendendo in considerazione l’istituzione di una super-
GESTAPO”. Il «Chicago Tribune» riferiva che «nei circoli
superiori dove il memorandum e la bozza d’ordine sono
circolati l’organismo proposto è noto come la “GESTAPO di
Frankfurter”» con riferimento al giudice Frankfurter della
Suprema Corte di Giustizia e al terribile servizio segreto tedesco
della GESTAPO. L’articolo rivelava che il nuovo servizio segreto

117
era destinato a combattere una guerra segreta e «avrebbe
condotto [...] operazioni di sovversione all’estero [...] e gli
sarebbe stato assegnato personale militare e della marina in
misura tale da assolvere al compito»195.
Dato che il ricordo della GESTAPO era all’epoca ancora molto
forte, i cittadini americani si allarmarono e la protesta popolare
riuscì a stroncare l’iniziativa di Donovan, con grande
soddisfazione del direttore dell’FBI, Hoover. Discussioni relative
a un nuovo servizio segreto americano continuarono,
comunque, ai più alti livelli, circondate tuttavia da un’estrema
riservatezza. Dopo la morte di Roosevelt, Harry Truman nel
gennaio 1946 istituì, con decreto presidenziale, il Central
Intelligence Group (CIG) come nuovo servizio segreto
americano in tempo di pace. Truman celebrò questo evento con
un originale ricevimento che si tenne alla Casa Bianca e nel
quale presentò i suoi ospiti abbigliati con mantello, cappello e
baffi neri e con un pugnale di legno. In questa occasione
Truman annunciò che il primo direttore del CIG, l’ammiraglio
Sidney Souers, sarebbe stato il «capo dei ficcanaso
centrali»196.
Il CIG restava tuttavia un’agenzia provvisoria e Truman si
convinse ben presto che la mano segreta della Casa Bianca
andava rafforzata. Nel luglio del 1947, pertanto, fu approvato il
National Security Act che istituì sia la CIA, sia l’NSC. Questa
volta, la GESTAPO americana non fu denunciata dalla stampa.
Formata dallo stesso presidente, dal vicepresidente, dai segretari
agli Affari Esteri e alla Difesa, dal direttore della CIA, dal
consigliere per la sicurezza nazionale, dal presidente del
Comitato dei Capi di Stato Maggiore e da altri funzionari d’alto
rango e consiglieri speciali, «l’NSC divenne, senza esagerazioni,
il più potente comitato presente a Washington»197. Come è
avvenuto innumerevoli volte nel corso della storia, la
concentrazione di potere, in questo caso nella Casa Bianca e

118
nell’NSC, generò abusi. Anche nel corso del XXI secolo, l’NSC
rimane «un’istituzione particolare, nota per essere stata in
passato ai limiti o addirittura al di là della legalità»198.
Il National Security Act non solo istituì i due più importanti
servizi segreti americani ma, cosa ancor più rilevante, fornì il
fondamento per operazioni clandestine o guerre segrete degli
Stati Uniti contro altri paesi conferendo alla CIA l’incarico di
«eseguire le attività di intelligence relative alla sicurezza
nazionale secondo le disposizioni di volta in volta provenienti
dall’NSC»199. Senza ironia, questa frase era una copia quasi
perfetta di quanto Hoover aveva denunciato nel 1945. La
formulazione vaga, da un lato serviva a sorreggere la pretesa
che le operazioni coperte degli USA avessero una solida base
legale, dall’altro evitava di contraddire in modo esplicito
numerose leggi americane, inclusa la Costituzione, e molti
trattati internazionali. Il vicedirettore della CIA Ray Cline
definiva giustamente questa frase infame «una clausola elastica
che copre tutto»200. Clark Clifford spiegò in seguito: «Non
abbiamo fatto cenno esplicito [alle operazioni clandestine]
perché sentivamo che poteva nuocere al nostro interesse
nazionale reclamizzare il fatto che potevamo impegnarci in
attività di quel tipo»201.
Il primo paese che la Casa Bianca individuò come campo
d’azione del nuovo strumento per le operazioni coperte della CIA
fu l’Italia. Il primo documento, classificato dal National
Security Council come NSC 1/1 in data 14 novembre 1947,
riassumeva: «Il governo italiano, che propende ideologicamente
verso le democrazie occidentali, è debole e soggetto ai continui
attacchi da parte di un forte Partito Comunista»202. Pertanto, in
una delle sue prime riunioni, l’appena costituito NSC adottò la
direttiva NSC 4-A che ordinava al direttore della CIA
Hillenkoetter di avviare un’ampia gamma di operazioni

119
clandestine per prevenire una vittoria comunista nelle imminenti
elezioni italiane. L’NSC 4-A fu un documento top-secret, dato
che le operazioni clandestine USA in Europa occidentale erano
un tema particolarmente scottante. Ce n’erano solo tre copie,
una delle quali il direttore della CIA Hillenkoetter teneva
«strettamente custodita nel suo ufficio, al quale neppure i
membri del suo staff, che non avessero “la necessità di sapere”,
potevano accedere». Una seconda copia era tenuta da George F.
Kennan al dipartimento di Stato203. Il «motivo di una così
grande segretezza era comunque chiaro», ricorda la storia
ufficiale della CIA, dato che «in quel momento vi erano cittadini
di quello Stato che sarebbero rimasti inorriditi se avessero
appreso quanto contenuto nell’NSC 4-A»204.
Le operazioni in Italia indebolirono il Partito Comunista e
furono un successo. Il presidente Truman rimase affascinato
dalle attività clandestine come strumento di governo e sollecitò
la CIA a estendere il suo campo d’intervento ben oltre l’Italia. Il
18 giugno 1948, pertanto, l’NSC approvò la famosa direttiva NSC
10/2 che autorizzava la CIA a condurre azioni segrete in ogni
paese del mondo e all’interno della CIA istituì a questo riguardo
una divisione con il nome di Office of Special Projects (OSP),
che venne presto cambiato con la meno rivelatrice
denominazione di Office of Policy Coordination. La direttiva
NSC 10/2 stabiliva che l’OPC avrebbe potuto «pianificare e
portare a termine operazioni clandestine». Per «operazioni
clandestine» la NSC 10/2 intendeva tutte le attività «che sono
condotte o promosse da questo governo contro Stati o gruppi di
Stati stranieri ostili o a sostegno di Stati o gruppi di Stati amici,
ma pianificate ed eseguite in modo tale che ogni responsabilità a
loro riguardo da parte del governo americano non sia evidente
alle persone non autorizzate o, se scoperta, possa essere
plausibilmente smentita». In particolare le operazioni
clandestine, secondo la NSC 10/2, «potevano comprendere ogni

120
attività riferibile a propaganda, guerra economica, azioni dirette
preventive compreso il sabotaggio, l’antisabotaggio, la
distruzione e misure di evacuazione; sovversione contro Stati
ostili, compreso il sostegno a gruppi di resistenza occulti,
guerriglia, raggruppamenti di rifugiati e aiuto a elementi
anticomunisti autoctoni nei paesi minacciati del mondo libero».
La direttiva NSC 10/2 copriva pertanto l’allestimento di eserciti
occulti anticomunisti come Gladio in Europa occidentale, ma
escludeva esplicitamente la guerra convenzionale come pure le
operazioni di spionaggio e controspionaggio: «Queste
operazioni non includeranno conflitti armati tra forze militari
note, spionaggio, controspionaggio, copertura e sabotaggio di
operazioni militari»205.
Il periodo, relativamente breve, dei cinque anni successivi
alla seconda guerra mondiale vide così il costituirsi di quello
che più tardi alcuni critici chiamarono il complesso militare e di
intelligence statunitense, che operò in ampia misura, sia
all’interno sia all’estero, al di fuori di ogni controllo da parte dei
cittadini americani. «Non avevo alcuna preoccupazione quando
stabilii che la CIA si sarebbe lanciata, in tempo di pace, in
operazioni di cappa e spada», asseriva un fragile Truman da
molti anni in pensione206. Nel 1964, otto anni prima della sua
morte, Truman insisteva ancora sul fatto che egli non aveva mai
inteso dire che la CIA «operasse come un’agenzia internazionale
impegnata in strane attività». In quel momento, il complesso
militare e di intelligence era molto al di fuori del suo controllo.
«Nel periodo del suo ritiro dalla vita pubblica, che durò
vent’anni, Truman apparve talvolta stupito, talvolta sgomento di
fronte alla dimensione acquisita dal potere dell’intelligence che
egli aveva posto in essere», così riassumeva i sentimenti del
presidente in pensione lo storico inglese Christopher
Andrew207.
Anche George Kennan, gran sostenitore delle operazioni

121
segrete e ardente anticomunista del Policy Planning Staff
(‘Gruppo di Pianificazione Politica’) del dipartimento di Stato
sotto Truman, aveva vigorosamente sostenuto l’approvazione
della direttiva NSC 10/2 e le azioni clandestine della CIA in Italia
e altrove. Diversamente da Truman, tuttavia, egli era
consapevole della brutta strada sulla quale gli Stati Uniti si
erano avviati. «Dopo tutto, il più grande pericolo in cui
potevamo incorrere nel combattere il comunismo sovietico era
quello di permettere a noi stessi di diventare proprio come
coloro contro i quali ci battevamo», osservava Kennan nel
famoso lungo telegramma sull’Unione Sovietica con riferimenti
al governo segreto, alle strutture totalitarie e alla manipolazione
dei governi stranieri208. Trent’anni dopo, Kennan, ormai
anziano, ammetteva: «Non ha funzionato nel modo in cui
l’avevo immaginato»209.
Allo scopo di garantire una smentita plausibile, una
grandissima quantità dei verbali delle riunioni dell’NSC come
pure la maggior parte delle valutazioni e delle decisioni
dell’NSC, rimangono inaccessibili ai ricercatori. Nel periodo
successivo alla crisi del Watergate, tuttavia, il Parlamento USA
diede il via a un’indagine sulla CIA e l’NSC e accertò che «le
elezioni politiche del 1948 in Europa furono la ragione
principale della costituzione dell’OPC». Il pericolo del
comunismo in Europa occidentale influenzò in modo diretto
l’avvio di operazioni clandestine da parte della CIA dopo la
seconda guerra mondiale. Nel loro rapporto finale, pubblicato
nel 1976, i senatori statunitensi affermarono che «indirizzando
fondi ai partiti del centro e stimolando l’attività dei mezzi di
comunicazione, l’OPC tentò di influenzare i risultati elettorali –
con notevole successo». «Queste attività costituirono, per i
vent’anni successivi, la base per ogni operazione politica
clandestina. Nel 1952 circa quaranta diversi progetti di azioni
clandestine erano in corso per un solo paese dell’Europa

122
centrale». Su esplicita richiesta del Pentagono, il lavoro della
divisione operazioni segrete della CIA – l’OPC – includeva anche
l’allestimento di eserciti segreti Gladio in Europa occidentale:
«Fino al 1950 le attività paramilitari dell’OPC (denominate anche
“azioni preventive”) furono limitate alla pianificazione e
predisposizione delle reti stay-behind nell’eventualità di una
futura guerra. Richieste dal Comitato dei Capi di Stato
Maggiore, queste operazioni si concentravano, ancora una volta,
sull’Europa occidentale ed erano destinate a supportare le forze
della NATO di fronte a un attacco sovietico»210.
Come primo comandante dell’OPC George Kennan scelse
Frank Wisner, un avvocato di Wall Street proveniente dal
Mississippi che aveva diretto durante la seconda guerra
mondiale la sezione dell’OSS distaccata a Istanbul e
Bucarest211. Wisner e gli altri ufficiali dell’OPC «erano per lo
più bianchi [maschi adulti] provenienti dalle élite anglosassoni,
famiglie dalla lunga tradizione e di antica ricchezza [...] e in
qualche modo ereditarono l’atteggiamento degli inglesi nei
confronti delle popolazioni di colore»212. Wisner custodiva in
modo molto rigoroso la direttiva segreta NSC 10/2. «Chiunque
nell’OPC volesse leggere la 10/2 doveva firmare uno speciale
documento d’accesso. Poi gli veniva passata una delle due o tre
copie che Wisner teneva al sicuro nel suo ufficio»213. Lo
spirito dell’OPC, il nuovo centro per le operazioni clandestine,
era aggressivo, entusiastico, segreto e spregiudicato dal punto di
vista morale e Wisner, in uno dei primi incontri dell’OPC con il
direttore della CIA Hillenkoetter e Kennan, il 6 agosto 1948,
insisteva sul fatto che gli era consentito sfruttare la NSC 10/2 in
tutte le sue possibilità e gli era stata data «ampia scelta» nel
selezionare i «metodi operativi». Wisner voleva dirigere le
azioni clandestine perché riteneva che queste non erano limitate
da norme o «altri metodi esistenti». Hillenkoetter e Kennan

123
assentivano214.
Il direttore dell’OPC, Wisner, divenne il principale architetto
della rete di eserciti segreti in Europa occidentale. «Frank
Wisner dell’OPC incaricò il suo vice Frank Lindsay di
coordinare la rete stay-behind in Europa», aveva rivelato la
stampa belga dopo la scoperta degli eserciti occulti di Gladio.
Lindsay, come Wisner, aveva compiuto il suo apprendistato
nell’OSS durante la seconda guerra mondiale in Jugoslavia e lì
aveva potuto conoscere di prima mano le tattiche comuniste.
Lindsay, come sottolineavano le rivelazioni belghe su Gladio,
«inviò William Colby (che poi diresse la CIA dal 1973 al 1976)
nei paesi scandinavi e Thomas Karamessines in Grecia, dove
quest’ultimo poteva contare sull’aiuto del KYP, il servizio
segreto greco»215.
Mano a mano che gli Stati Uniti intensificavano le
operazioni segrete internazionali, l’OPC cresceva e, alla fine del
primo anno di incarico di Wisner, contava su trecento funzionari
e sette stazioni oltre Atlantico, tutte impegnate in numerose
missioni clandestine. Tre anni più tardi, nel 1951, l’OPC era
arrivato a 2.812 funzionari a tempo pieno e a 47 stazioni
all’estero con altri 3.142 agenti sotto contratto e disponibilità
finanziarie cresciute contemporaneamente da 4,7 a 82 milioni di
dollari l’anno»216. Perfino Bedell Smith, che nel novembre
1950 sostituì Hillenkoetter nella carica di capo della CIA,
osservò nel maggio 1951 che «l’ambito delle operazioni coperte
della CIA supera ormai di gran lunga quanto contemplato dalla
NSC 10/2»217. L’ampliarsi delle operazioni segrete era stato
talmente drammatico che perfino il ficcanaso Smith «era
preoccupato delle dimensioni e del tasso di crescita del budget
dell’OPC»218.
Allen Dulles, che divenne capo della CIA al posto di Smith
nel 1953, si era convinto che le operazioni clandestine fossero

124
uno strumento formidabile per combattere il comunismo e
promuovere segretamente gli interessi americani all’estero.
Monitorava da vicino, pertanto, il lavoro del direttore dell’OPC
Frank Wisner, del suo vice Frank Lindsay, il quale, per ciò che
riguardava gli eserciti segreti, collaborava strettamente con
Gerry Miller, capo della sezione Europa occidentale della CIA.
Miller, insieme ad altri funzionari della CIA di grado elevato,
reclutò agenti CIA da inviare successivamente in Europa
occidentale per allestire le reti stay-behind. Tra i reclutati per
questo compito figurava anche William Colby, che divenne in
seguito direttore della CIA. Come molti altri agenti segreti,
Colby era stato aggregato all’OSS durante la seconda guerra
mondiale ed era stato paracadutato nella Francia occupata per
lavorare con la Resistenza. Dopo la guerra fu di nuovo in
missione all’estero e fu inviato in Norvegia per allestirvi linee di
comunicazione e trasporto. Nell’aprile del 1951 Colby sedeva di
fronte alla scrivania di Miller. I due uomini si conoscevano bene
perché Miller, durante la seconda guerra mondiale, era stato il
superiore di Colby nelle operazioni dell’OSS in Norvegia. Dal
loro punto di vista la guerra non era mai finita e Miller assegnò
Colby all’unità di Lou Scherer della divisione scandinava della
CIA: «D’accordo Bill, allora continua tu. Quel che ci serve è una
solida rete di intelligence e resistenza sulla quale poter contare
in caso di occupazione russa di questi paesi. Abbiamo alcuni
piani iniziali, ma devono essere completati e messi in pratica.
Tu lavorerai per Lou Scherer finché capiremo cosa bisogna
fare»219.
In questo modo Colby fu addestrato dalla CIA a predisporre la
rete Gladio nei paesi scandinavi. Colby riferisce nelle sue
memorie che «saltò fuori che uno degli obiettivi principali del
lavoro dell’OPC era la pianificazione nel caso, non inverosimile,
di un’invasione sovietica dell’Europa occidentale. E,
nell’eventualità di un successo dei russi nell’occupare uno o più

125
paesi del continente, spiegava Miller, l’OPC voleva essere nella
condizione di attivare rivolte partigiane ben armate e
organizzate contro gli invasori». «Questa volta», diceva Miller,
«intendiamo avere una forza organizzata di resistenza sul posto
prima dell’occupazione e perfino prima dell’invasione; siamo
decisi a predisporla e rifornirla ora che abbiamo tutto il tempo
per farlo per bene e con il minimo rischio», così Colby
descriveva quello che riteneva un’operazione onorevole. «In
questo modo l’OPC intraprese un grosso lavoro di costruzione,
dovunque in Europa occidentale vi fossero paesi che potessero
essere verosimili obiettivi di un attacco sovietico, di quelle che
nel linguaggio dell’intelligence erano note col nome di “reti
stay-behind”, infrastrutture clandestine con disponibilità di
materiali e comandanti addestrati, pronte a essere chiamate in
azione per sabotaggi e o come forze di spionaggio quando fosse
giunto il momento». A tale scopo Miller inviò agenti CIA in ogni
paese dell’Europa occidentale, «e il compito che Miller mi
assegnò fu di pianificare e allestire tali reti stay-behind in
Scandinavia»220. Le operazioni clandestine degli Stati Uniti in
Europa occidentale furono condotte «con estrema segretezza»,
come sostiene Colby. «Pertanto mi fu ordinato di limitare
l’accesso alle informazioni su quanto stavo facendo a un
numero, quanto minore possibile, di persone affidabili, a
Washington, alla NATO e in Scandinavia»221.
All’interno della NATO, soltanto il centro di comando del
Pentagono a Washington era informato dettagliatamente degli
eserciti segreti di Gladio in Europa occidentale, mentre il
Comando Supremo delle Forze Alleate in Europa, sempre
americano, sovrintendeva le armate segrete e i centri di
comando CPC e ACC. Un documento interno del Pentagono del
1957, desecretato nel 1978, rivelava l’esistenza di uno «statuto
del CPC» che ne definiva i compiti all’interno della NATO, nello
SHAPE e nei rapporti con i servizi segreti europei ma che non è

126
stato ancora desecretato. Il documento in questione è un
memorandum per il Comitato dei Capi di Stato Maggiore
redatto il 3 gennaio 1957 dal generale americano Leon Johnson,
rappresentante USA presso il comitato militare della NATO. In
questo documento il generale Johnson valutava le rimostranze
dell’allora generale SACEUR Lauris Norstad relative alla qualità
scadente delle informazioni di intelligence che aveva ricevuto
durante la crisi di Suez del 1956: «Il SACEUR ha espresso la
convinzione che le informazioni di intelligence che ha ricevuto
tramite lo SHAPE dalle autorità nazionali durante il recente
periodo di tensione sono state inadeguate. Afferma inoltre che
ogni riesame del supporto dell’intelligence allo SHAPE dovrebbe
includere il problema dell’incremento e della velocizzazione del
flusso di informazioni di intelligence clandestina».
Fu in questo contesto che il comandante supremo Norstad
prese in considerazione se il CPC potesse essere utilizzato per
migliorare la situazione: «In aggiunta, il SACEUR osserva in una
nota che non esiste alcuna clausola nell’allegato b, il documento
del Clandestine Planning Committee dello SHAPE, che impedisca
l’esame delle attività clandestine in tempo di pace. Egli in
particolare raccomanda che lo SHAPE CPC sia autorizzato a: A)
Valutare le necessità dell’attività di intelligence dello SHAPE in
tempo di pace. B) Ricercare modi in cui i servizi clandestini
nazionali possano contribuire al miglioramento del flusso di
informazioni di intelligence indirizzate allo SHAPE». Al contrario
di Norstad, il generale Johnson riteneva che lo statuto del CPC
impediva che quest’ultimo fosse impiegato in quel modo:
«Norstad nel suo memorandum ha scritto che non c’è nulla
nell’allegato b [lo statuto del CPC] che proibisce esplicitamente
al CPC di mettere sotto esame le attività dell’intelligence
clandestina, ma io credo che questa sarebbe un’estensione non
consentita delle attività del CPC. La mia interpretazione
dell’allegato b è che il CPC sia stato istituito esclusivamente allo
scopo di pianificare, in tempo di pace, i mezzi attraverso cui

127
soddisfare le necessità operative di guerra clandestina del
SACEUR. Mi sembra che ogni incremento del flusso di
informazioni di intelligence allo SHAPE, da qualunque fonte
provenga, debba essere concordato con i normali servizi
segreti». Per cui il generale concludeva: «Raccomando la non
approvazione dell’estensione dell’ambito di attività del CPC
dello SHAPE»222.
Oltre al Pentagono anche le Forze Speciali USA erano
coinvolte direttamente nella guerra segreta contro i partiti
comunisti dell’Europa occidentale, dato che addestravano
assieme alle SAS britanniche i membri delle reti stay-behind.
Alla fine del conflitto il servizio segreto che gli statunitensi
avevano impiegato in tempo di guerra, l’OSS, fu sciolto e le
Forze Speciali furono riorganizzate nel quartier generale di Fort
Bragg, in Virginia, nel 1952. Il generale McClure costituì un
Centro per la Guerra Psicologica (Psychological Warfare
Center) a Fort Bragg e nell’estate del 1952 la prima unità delle
Forze Speciali, chiamata, in modo un po’ fuorviante, 10th
Special Forces Group, iniziò l’addestramento agli ordini del
colonnello Aaron Bank. Il 10th Special Forces Group fu
organizzato conformemente alle esperienze dell’OSS durante la
seconda guerra mondiale ed ereditò direttamente da
quest’ultimo la missione di portare a termine, come le SAS
britanniche, missioni di sabotaggio e reclutamento,
equipaggiamento e addestramento delle forze di guerriglia allo
scopo di usarne il potenziale di resistenza in Europa orientale e
occidentale223.
Il colonnello Bank ha sottolineato che il corso d’istruzione
per le Forze Speciali comprendeva «l’organizzazione di
movimenti di resistenza e la gestione della rete dei loro
componenti» come pure «la guerra di guerriglia, che è di per sé
una materia complessa che include non solo il coordinamento,
la tattica e la logistica, ma anche la distruzione selettiva,

128
comunicazioni radio e trasmissioni in cifra, tecniche di
sopravvivenza, il metodo Fairbairn di combattimento
individuale e di fuoco istintivo»224. Il bando di arruolamento
per i giovani interessati affermava che il membro ideale delle
Forze Speciali USA sapeva parlare una o più lingue europee e
inoltre elencava: «Minimo ventun anni, grado di sergente o
superiore, addestrato all’uso di mezzi aviotrasportati o
volontario disponibile a addestramento paracadutistico,
conoscenza delle lingue europee e/o esperienze di viaggio in
Europa, eccellente curriculum personale, ecc. Tutto il personale
deve essere disponibile a essere paracadutato e operare dietro le
linee nemiche sia in uniforme sia in abiti civili»225.
La Germania sconfitta fu il primo paese nel quale le Forze
Speciali americane, appena costituite, furono dispiegate. Nel
novembre del 1953 il reggimento 10th Special Forces Group si
stabilì nella sua prima base oltremare, un’ex caserma delle SS
costruita nel 1937, la Flint Kaserme a Bad Tölz in Baviera.
Successivi quartieri generali per le operazioni delle Forze
Speciali USA furono allestiti a Panama per l’America Latina e a
Okinawa, in territorio giapponese, per il Sud-Est asiatico. Nel
1990, quando scoppiò lo scandalo, venne rivelato che i
gladiatori erano stati addestrati nel campo del 10th Special
Forces Group a Bad Tölz in Germania e molti altri, provenienti
da numerosi paesi europei, avevano avuto il loro speciale
addestramento da parte dei Berretti Verdi USA, probabilmente a
Fort Bragg negli Stati Uniti226.
Il comandante della Gladio italiana, il generale Serravalle,
riferì che nel 1972 i gladiatori italiani furono invitati dai Berretti
Verdi a Bad Tölz227. «Ho fatto visita al 10th Special Forces
Group che era acquartierato a Bad Tölz, in un’ex caserma delle
SS, almeno due volte. Il loro comandante era il colonnello
Ludwig Fastenhammer, un Rambo ante litteram», ricorda il
generale italiano. «Durante le riunioni in cui ci venivano

129
spiegate le varie missioni di cui ho già detto (controinsurrezioni,
assistenza a gruppi di resistenza locale, ecc.) chiesi più volte se
esisteva un piano operativo che coinvolgesse sia la loro unità sia
gli altri gruppi stay-behind, in particolare Gladio». Serravalle
rifletteva che «non c’è bisogno di aver conseguito un particolare
titolo all’Accademia Militare per sapere che se un’unità X è
destinata a sostenere, in periodo di guerra, in territorio Y un
movimento di resistenza diretto dall’unità segreta Z, deve essere
stato approntato, in tempo di pace, un piano e un’intesa, almeno
in forma embrionale tra X e Z», per cui ci si sarebbe aspettati
l’esistenza di piani operativi tra i Berretti Verdi americani e le
SAS britanniche da un lato e le unità Gladio dall’altro. «Tuttavia,
questi piani non c’erano», sostiene Serravalle. «Così, in caso di
guerra, le Forze Speciali di Bad Tölz si sarebbero infiltrate nel
nostro paese per prendere parte alla resistenza e alle attività
insurrezionali. Come li avrebbero accolti i nostri gladiatori? A
fucilate, di questo sono certo, scambiandoli erroneamente per
Spetzsnaz, le Forze Speciali dell’Armata Rossa. La guerra
partigiana ci ha insegnato che in caso di dubbio si deve prima
sparare e solo dopo andare a controllare chi è rimasto sul
terreno»228.
In ogni occasione, comunque, le Forze Speciali americane
collaborarono strettamente con la divisione operazioni segrete
della CIA. Dal momento in cui, nel 1952, le Forze Speciali
ebbero il loro quartier generale a Fort Bragg, il nome della
divisione operazioni segrete della CIA mutò da OPC a Directorate
of Plans (DP, ‘Direzione della Pianificazione’) e Wisner venne
promosso vicedirettore ai Piani. Assieme al direttore della CIA,
Allen Dulles, Wisner intensificò le azioni clandestine della CIA
su scala mondiale. Dulles autorizzò i tentativi di assassinio di
Fidel Castro e Lumumba, come pure gli esperimenti LSE su
soggetti inconsapevoli, alcuni dei quali finirono per gettarsi da
grattacieli. Assieme a Wisner organizzò il rovesciamento del

130
presidente iraniano Mossadeq nel 1953 e l’anno successivo il
colpo di Stato che depose il presidente socialista del Guatemala,
Arbenz. Nel 1956, a motivo della simpatia a sinistra dimostrata
dal presidente indonesiano Sukarno, Wisner disse ad Alfred
Ulmer, capo delle operazioni coperte della divisione Estremo
Oriente, che «è ora che bruciamo i piedi a Sukarno»229.
Entusiasti di queste attività sotto copertura, Wisner e Dulles non
vedevano limiti ai risultati che avrebbero potuto raggiungere su
scala mondiale con questo genere di guerre segrete, ma quando
nel 1961 le operazioni clandestine contro il governo cubano di
Fidel Castro fallirono con l’invasione della Baia dei Porci, il
presidente Kennedy irato licenziò Dulles e nominò John
McCone nuovo direttore della CIA.
Allen Dulles, nel periodo del suo incarico come direttore
della CIA, fu il vero cervello che stava dietro alle armate segrete
anticomuniste. Quando, nel 1990, questi eserciti clandestini
furono scoperti quasi dovunque in Europa, un anonimo ex
ufficiale dell’intelligence della NATO spiegò che «per quanto
l’operazione stay-behind sia ufficialmente partita solo nel 1952,
tutte queste attività erano in atto già da parecchio tempo, in
effetti fin da quando nacquero nella testa di Allen Dulles»230.
Durante la seconda guerra mondiale, il futuro capo della CIA,
Allen Dulles, si era stabilito a Berna, nella neutrale Svizzera, e
da lì coordinava le azioni clandestine contro la Germania
nazista tenendo i contatti sia con l’OSS americano sia con i
servizi segreti britannici. Dirigere eserciti segreti era la sua
specialità e la sua passione. «Allen Dulles», riportava un
periodico belga, nel periodo delle rivelazioni su Gladio, «vede
nel progetto [Gladio...] oltre a uno strumento per resistere
all’invasione sovietica anche un mezzo per impedire ai
comunisti di arrivare al potere nei paesi in questione!»231.
Mano a mano che le guerre segrete continuavano, Wisner fu
afflitto in modo crescente da un disagio psicologico da cui non

131
riusciva a liberarsi. Allen Dulles «sosteneva la teoria che la
malattia di Wisner derivasse dalla natura del suo lavoro»232.
Sempre più incapace di portare a termine il “lavoro sporco”
della CIA in Europa, Africa, America Latina e Asia, Wisner fu
sostituto nel 1958 da Richard Bissel che diresse la divisione
operazioni segrete per i successivi quattro anni, fino al 1962
quando Richard Helms divenne vicedirettore delle Operazioni.
Già allora le condizioni psicologiche dell’architetto di Gladio,
Frank Wisner, erano seriamente compromesse e nel 1965
Wisner si sparò233. Nello stesso anno Richard Helms fu
promosso a direttore della CIA. Al funerale di Wisner, Helms lo
lodò per il suo impegno nelle attività clandestine e lo collocò
nel novero di «quei pionieri che hanno avuto la non sempre
felice responsabilità [...] di servire il loro paese nell’ombra»234.
Lo stesso Helms, nel corso degli anni Settanta, dovette
affrontare la stessa non felice responsabilità di testimoniare sul
ruolo della CIA nel colpo di Stato contro il presidente cileno
Salvador Allende. Il direttore della CIA Helms mentì
decisamente ai senatori americani quando negò che la CIA
avesse tentato di impedire all’esponente della sinistra Allende di
essere eletto presidente del Cile: «Avrei dovuto firmare progetti
di questo tipo. L’avrei saputo». Quando la bugia fu scoperta
Helms dovette dimettersi da direttore della CIA, nel febbraio
1973, e il Senato americano gli inflisse un’ammenda di duemila
dollari per spergiuro235.
L’agente CIA William Colby, per i dettagli che fornì nelle sue
memorie, rimane a tutt’oggi il più famoso esponente
dell’agenzia coinvolto nell’operazione Gladio. Ma anche la sua
vita ebbe un tragico epilogo. Dopo aver collaborato
all’allestimento delle reti Gladio in Scandinavia, Colby fu
trasferito nel 1953 alla stazione CIA di Roma per combattere il
comunismo in Italia e promuovere la rete clandestina Gladio. Di
battaglia in battaglia, Colby lasciò l’Italia nel 1959 per Saigon,

132
dove diresse le operazioni coperte della CIA nel Vietnam e nel
Laos. Tra queste, l’operazione “Phoenix” che la CIA aveva
progettato per distruggere l’organizzazione partigiana dei
Vietcong e per realizzare la liquidazione fisica dei suoi membri.
Di fronte al Congresso americano Colby ammise, nel 1971, che
più di ventimila Vietcong erano stati uccisi mentre egli dirigeva
il progetto Phoenix, ma rifiutò di rispondere alla richiesta di
sapere se la maggior parte di questi fossero morti sotto tortura,
osservando: «Non intendo giurare sul fatto che nessuno sia stato
ucciso o giustiziato nell’esecuzione di questo programma. Penso
che probabilmente è successo, sfortunatamente»236. Nel 1973
la divisione operazioni segrete della CIA cambiò la sua
denominazione e divenne Directorate of Operations (DO) e
Colby andò a sostituire Thomas Karamessines come
vicedirettore alle Operazioni. Nel 1973, in seguito alle
dimissioni di Helms, il presidente Nixon nominò Colby
direttore della CIA, ruolo che Colby mantenne fino alle sue
dimissioni anticipate nel 1976, sulla scia dello scandalo
Watergate. Colby annegò in un fiume nel Maryland, nel 1996, a
settantasei anni.
Dopo il prematuro abbandono di Colby divenne direttore
della CIA George Bush senior (era presidente Gerald Ford) che,
in questa sua funzione, controllava le operazioni segrete delle
reti dell’Europa occidentale. In seguito, con il presidente
Reagan, George Bush divenne vicepresidente degli Stati Uniti e
continuò a sostenere le guerre clandestine, in particolare
nell’affare Iran-Contras in Nicaragua. Nel 1990, quando il
presidente del Consiglio italiano Andreotti rivelò l’esistenza
degli eserciti segreti della CIA in Europa, George Bush era
presidente degli Stati Uniti ed era occupato nella preparazione
della guerra in Iraq contro Saddam Hussein. Dato che la
popolazione americana rimaneva tiepida di fronte a questa
prospettiva fu architettata, per suscitare sentimenti di odio e

133
vendetta, un’incredibile messinscena. Una ragazzina di quindici
anni, presentata col solo nome di Nayirah testimoniò tra le
lacrime, il 10 ottobre 1990, di fronte a un comitato del
Congresso statunitense per i Diritti Umani che, mentre svolgeva
servizio di infermiera volontaria in un ospedale del Kuwait, era
stata testimone della brutalità dei soldati iracheni, i quali, dopo
l’invasione del paese, avevano fatto irruzione nell’ospedale e
tolto i neonati dalle incubatrici «per metterli sul pavimento a
morire di freddo»237. La vicenda delle incubatrici creò grande
indignazione tra la popolazione americana e il presidente Bush
vi fece riferimento in numerosi discorsi, sostenendo che 312
bambini erano morti in questo modo. Bush fu così convincente
che anche Amnesty International, in quel momento, si fece
portavoce della storia. Solo a guerra conclusa saltò fuori che la
ragazza non aveva mai lavorato in Kuwait, ma era la figlia
dell’ambasciatore kuwaitiano negli Stati Uniti e che questo fatto
era noto agli organizzatori delle audizioni parlamentari del 10
ottobre. Amnesty International, con molto rincrescimento, ritirò
il suo avallo alla storia e «Middle East Watch» dichiarò, nel
febbraio 1992, che il racconto era stato «chiaramente
propaganda di guerra»238.
Per quanto Bush senior fosse impegnato nel promuovere la
guerra in Iraq, non sfuggì alle dure critiche sollevate dal
Parlamento della Comunità Europea che, in una risoluzione
inoltrata alla Casa Bianca e all’amministrazione Bush nel
dicembre del 1990, condannò con forza le guerre segrete degli
Stati Uniti. La Comunità Europea, chiariva il documento,
«condanna la creazione di reti finalizzate a operazioni
clandestine e di manipolazione e chiede un’indagine completa
sulla natura, struttura, obiettivi e tutti gli altri aspetti di queste
organizzazioni clandestine o di gruppi segreti e sul loro uso per
un’intromissione illecita nei problemi di politica interna dei
paesi interessati, sul problema del terrorismo in Europa e sulla

134
possibile collusione con i servizi segreti degli Stati membri
della Comunità o di paesi terzi». Soprattutto, la Comunità
Europea protestava «vigorosamente sulla base dell’assunto
secondo cui personale militare USA presso lo SHAPE e la NATO si
è sentito in diritto di incoraggiare l’allestimento di una rete
operativa e di intelligence in Europa»239.
Con la grande esperienza accumulata nel settore delle
operazioni clandestine, il presidente Bush era ben al corrente sia
delle azioni più significative sia degli atti terroristici nei quali
gli eserciti segreti erano stati coinvolti e perciò rifiutò sempre di
prendere posizione, mentre anche il Congresso americano
evitava di porre domande imbarazzanti. Anche la stampa USA si
distinse nel non porre o suscitare interrogativi su queste
vicende. In uno dei pochissimi articoli comparsi sull’argomento
sui media americani, il «Washington Post» aveva titolato “La
CIA ha organizzato un esercito segreto in Europa occidentale. Le
forze paramilitari sono state create per resistere a un’invasione
sovietica”. Nell’articolo, un anonimo «funzionario governativo
al corrente dell’operazione Gladio» veniva citato per aver detto
che Gladio era «una questione esclusivamente italiana. Noi non
abbiamo avuto alcun controllo su questo», aggiungendo che «se
ci sono voci che sostengono che la CIA è stata implicata in
attività terroristiche in Italia, sono prive di qualsiasi
fondamento»240. Nello stesso momento, l’ex direttore della CIA
ammiraglio Stansfield Turner, durante un’intervista televisiva,
rifiutò con decisione di rispondere a qualsiasi domanda
sull’argomento.241

194 William Colby, Honorable Men. My Life in the CIA, New


York, Simon & Schuster, 1978, p. 100.
195 Walter Trohan su «The Chicago Tribune», 9 febbraio 1945.

135
196 Riferito in Christopher Andrew, For the President’s Eyes
Only. Secret Intelligence and the American Presidency from
Washington to Bush, New York, Harper Collins, 1995, p. 164.
197 Christopher Shoemaker, The NSC Staff: Counselling the
Council, Boulder, Westview Press 1991, p. 1.
198 John Prados, Keepers of the Keys. A History of the National
Security Council from Truman to Bush, New York, William
Morrow, 1991, p. 567. Precedentemente John Prados aveva
pubblicato l’utile Presidents’ Secret Wars: CIA and Pentagon
Covert Operations since World War II, New York, William
Morrow, 1986. In quel momento gli eserciti clandestini
dell’Europa occidentale non erano ancora stati scoperti e il libro
non contiene riferimenti a Gladio.
199 Thomas Etzold - John Lewis Gaddis, Containment:
Documents on American Policy and Strategy 1945-1950, New
York, Columbia University Press, 1978, p. 12.
200 Philip Willan, op. cit., p. 20.
201 Citato in Christopher Andrew, op. cit., p. 171.
202 Ibid.
203 Arthur Darling, The Central Intelligence Agency. An
Instrument of Government, University Park, Pennsylvania State
University Press, 1990, p. 245.
204 Ivi, p. 246.
205 NSC 10/2: National Security Council Directive on Office of
Special Projects. June 18, 1948. Già top secret, riportato
interamente in Thomas Etzold - John Gaddis, op. cit., p. 125.
L’importanza fondamentale della direttiva NSC 10/2 per
l’allestimento degli eserciti anticomunisti in Europa occidentale
è stata riconosciuta da quasi tutti gli studiosi di Gladio. Cfr. a
questo proposito, Jan de Willems (a cura di), Gladio, Bruxelles,
Editions EPO, 1991, p. 145; Jens Mecklenburg (a cura di),
Gladio: Die Geheime Terrororganisation der NATO, Berlino,
Elefanten Press, 1997, p. 17 e 51; Leo Müller, op. cit., p. 63.
206 Citato in Christopher Andrew, op. cit., p. 171. Allen Dulles,

136
direttore della CIA dal 1953 al 1961, ricordava in privato a
Truman che non poteva disconoscere la sua responsabilità nelle
operazioni clandestine degli USA né in Grecia, né in Turchia,
Italia o Filippine. Al consigliere legale della CIA Dulles scrisse:
«In nessun momento il signor Truman espresse qualcosa di
diverso dal completo accordo sui punti di vista che io gli
esponevo» (ibid.).
207 Ivi, p. 198.
208 Moscow Embassy Telegram Nr. 511: “The Long
Telegram”, February 22, 1946, cit. in Thomas Etzold - John
Gaddis, op. cit., p. 63.
209 George Kennan citato in Thomas Etzold - John Gaddis, op.
cit., p. 125.
210 United States Senate. Final Report of the Select Committee
to Study Governmental Operations with respect to Intelligence
activities. Book IV: Supplementary detailed staff reports on
foreign and military intelligence, p. 36.
211 Harris Smith, OSS. The Secret History of America’s First
Central Intelligence Agency, Berkley, University of California
Press, 1972, p. 240.
212 Thomas Powers, The Man Who Kept the Secrets: Richard
Helms and the CIA, Londra,Weidenfeld and Nicolson, 1980, p.
37. Una biografia di Frank Wisner non sembra esistere. La
miglior fonte su di lui sembrerebbe la biografia di Richard
Helms scritta da Powers. Helms prestò servizio sotto Wisner
nella divisione operazioni segrete e nel 1958 prese il suo posto
come capo delle azioni clandestine della CIA.
213 Thomas Powers, op. cit., p. 32.
214 Arthur Darling, op. cit., p. 279.
215 Pietro Cedomi, “Service secrets, guerre froide et ‘stay-
behind’. Part II”, cit., p. 78.
216 Thomas Powers, op. cit., p. 48. Stesse cifre in Christopher
Andrew, op. cit., p. 193.
217 Ludwell Montague, General Walter Bedell Smith as

137
Director of Central Intelligence, University Park, Pennsylvania
University Press, 1992, p. 209. Questo sarebbe stato
probabilmente un buon libro se non fosse stato censurato tanto
pesantemente dalla CIA. In quasi ogni paragrafo si trovano
segnalazioni del tipo «[cancellata una riga]», «[tre paragrafi
cancellati]», «[sette righe cancellate]», ecc. È riferendosi a un
contesto simile che Mark Twain osservò circa un secolo fa nel
suo Following the Equator (1897): «È per la misericordia del
Signore che nel nostro paese abbiamo tre cose indiscutibilmente
preziose: libertà di parola, libertà di coscienza e una grande
prudenza che ci consente di non servircene mai».
218 Ludwell Montague, op. cit., p. 213.
219 William Colby, op. cit., p. 83.
220 Ivi, pp. 81-82.
221 Ivi, p. 83.
222 Questo documento, da me trovato, non è stato
precedentemente discusso nel contesto degli studi su Gladio, ma
è di grande importanza, soprattutto per le ricerche relative al
centro di comando di Gladio, il CPC. Memorandum del tenente
generale Leon W. Johnson, Rappresentante USA al Military
Committee Standing Group della NATO, del 3 gennaio 1957,
all’US Joint Chiefs of Staff sull’Intelligence Clandestina. Origi-
nariamente top secret, desecretato nel 1978. Trovato nel
database informatico Declassified Documents Reference System
all’LSE di Londra.
223 Il termine “controguerriglia” diventò di moda durante
l’amministrazione Kennedy e tutte le varie divisioni delle forze
militari USA si precipitarono a costituire «unità per operazioni
speciali». La Marina, per esempio, formò i gruppi SEAL [Sea,
‘mare’; Air, ‘aria’; Land, ‘terraferma’] addestrati per essere
paracadutati in mare con equipaggiamento subacqueo, dotati di
sistemi per far saltare navi e allenati a combattere sulla
terraferma.
224 Aaron Bank, From OSS to Green Berets: The Birth of

138
Special Forces, Presidio Press, Novato, 1986, pp. 175-176.
225 Ivi, pp. 168-169.
226 «Fire! Le Magazine de l’Homme d’Action», settembre-
ottobre 1991, p. 84. Inoltre su «Zoom», n. 4/5, 1996, “Es muss
nicht immer Gladio sein. Attentate, Waffenlager,
Erinnerungslücken”, p. 61.
227 Jens Mecklenburg (a cura di), op. cit., p. 50.
228 Gerardo Serravalle, Gladio, cit., p. 90.
229 Thomas Powers, op. cit., p. 89.
230 Mensile britannico «Searchlight», gennaio 1991.
231 Pietro Cedomi, “Service secrets, guerre froide et ‘stay-
behind’. Part II”, cit., p. 77.
232 Thomas Powers, op. cit., p. 77.
233 Christopher Simpson, Blowback. America’s Recruitment of
Nazis and Its Effects on the Cold War, Londra, Weidenfeld and
Nicolson, 1988, p. 289; Thomas Powers, op. cit., p. 77.
234 Discorso di Richard Helms, direttore della CIA, ai funerali
di Frank Gardiner Wisner (1909-1965). Trovato nel database
informatico Declassified Documents Reference System all’LSE
di Londra.
235 Jonathan Kwitny, An International Story. The CIA’s Secret
Armies in Europe. Nel periodico statunitense «The Nation», 6
aprile 1992, p. 445.
236 «The Times», 7 maggio 1996.
237 Ramsey Clark, The Fire this Time: US War Crimes in the
Gulf, New York, Thunder’s Mouth Press, 1992, p. 31.
238 Ivi, p. 32.
239 Risoluzione del Parlamento europeo sull’affare Gladio, 22
novembre 1990.
240 «The Washington Post», 14 novembre 1990. L’unico altro
articolo del «Washington Post» che riporta il termine “Gladio”
apparve l’8 agosto 1993, con riferimento esclusivo all’Italia. In
Europa gli articoli su Gladio furono molto più copiosi. Per
esempio su «The Guardian», nello stesso periodo, comparvero

139
trentanove articoli sulle varie Gladio presenti in numerosi paesi.
241 «The Independent», 10 dicembre 1990.

140
6. Italia

L’anticomunismo degli Stati Uniti ha dominato in Italia la


parabola tragica della cosiddetta Prima Repubblica (1945-
1993). Le prove emerse negli ultimi dieci anni dimostrano come
in questa guerra sotterranea e non dichiarata l’esercito Gladio,
diretto dal servizio segreto militare italiano e alleato al
terrorismo di destra, fu pesantemente coinvolto. In assenza di
un’invasione sovietica le unità paramilitari segrete allestite dalla
CIA furono impiegate per portare a termine manovre interne e
manipolare il quadro politico del paese. L’inchiesta
parlamentare italiana su Gladio e sulle misteriose stragi che
avevano colpito il paese concluse che in Italia la «CIA aveva
goduto, in tempo di pace, della massima discrezionalità» poiché
l’Italia aveva vissuto il periodo della Prima Repubblica «in una
difficile e a volte tragica situazione di frontiera», una frontiera
che, durante la guerra fredda, marcava la linea di divisione tra
ideologie in conflitto. A sinistra di questa frontiera stava il
Partito Comunista Italiano, eccezionalmente forte e popolare,
sostenuto da finanziamenti segreti dell’Unione Sovietica, come
pure il vigoroso Partito Socialista Italiano242. Dall’altro lato del
fronte operavano la CIA e il servizio segreto militare con il suo
esercito Gladio e un certo numero di terroristi di destra,
sostenuti politicamente dal partito conservatore della
Democrazia Cristiana243.
Durante la seconda guerra mondiale, l’Italia guidata da
Benito Mussolini era stata a fianco di Hitler. Dopo la sconfitta

141
delle potenze dell’Asse, il presidente americano Franklin
Roosevelt, il primo ministro inglese Winston Churchill e il
leader dell’Unione Sovietica Josif Stalin si incontrarono nel
febbraio 1945 nella cittadina russa di Jalta per discutere
l’assetto futuro dell’Europa e, con una decisione di grande
importanza per l’Italia, quest’ultima fu posta sotto la sfera
d’influenza degli Stati Uniti. Allo scopo di limitare la forza dei
comunisti italiani la CIA si alleò con la mafia e con gli estremisti
di destra. «La mafia», spiegava l’agente della CIA Victor
Marchetti, «per il suo carattere anticomunista è uno degli
elementi che la CIA usa per controllare l’Italia»244. Già durante
la seconda guerra mondiale, Earl Brennan, capo dell’OSS, il
servizio segreto americano in Italia, aveva consigliato al
ministro americano della Giustizia di ridurre la condanna a
cinquant’anni di carcere inflitta al boss della mafia Charles
«Lucky» Luciano che, in cambio della sua liberazione, avrebbe
fornito all’esercito americano un elenco di influenti mafiosi
siciliani disponibili a sostenere l’esercito americano sbarcato
nell’isola nel 1943245. Dopo la guerra la CIA «fu lieta di
mantenere rapporti segreti con la mafia siciliana» e «in nome
della lotta al comunismo in Italia e in Sicilia, gli americani
abbandonarono di fatto l’isola al governo della criminalità che
tuttora persiste»246.
Le truppe americane che avevano liberato il paese e
trasformato la dittatura in una fragile democrazia furono salutate
dagli italiani con espressioni di benvenuto, bandiere, pane e
vino. Gli alleati, tuttavia, «erano sempre più preoccupati per la
situazione politica italiana e, in particolare, per il pericolo che
l’influenza comunista crescesse oltre il limite e riproducesse
quanto stava avvenendo in Grecia e Jugoslavia». Si verificò,
pertanto, un deliberato cambiamento di strategia politica.
Washington e Londra bloccarono tutti i rifornimenti diretti ai
partigiani italiani controllati dai comunisti, partigiani che, con la

142
loro eroica resistenza al fascismo, si erano guadagnati grande
rispetto tra la popolazione italiana. «Questo cambiamento di
linea politica scoraggiò» gli ufficiali di collegamento inglesi e
americani che avevano combattuto, dietro le linee nemiche,
contro Mussolini e Hitler, «e gli stessi italiani»247. Lo
sconforto aumentò quando i comunisti italiani si accorsero che
gli Stati Uniti, «da quando un anticomunismo aggressivo,
ingrediente chiave dell’attrazione esercitata dal fascismo, stava
ridiventando popolare», reclutavano clandestinamente fascisti
sconfitti ed esponenti di destra per inserirli nell’apparato di
sicurezza dello Stato248.
«Non è inverosimile che gruppi di destra siano stati reclutati
e inseriti nella rete stay-behind, perché ci avrebbero sicuramente
messo in allarme se una guerra fosse stata sul punto di
scatenarsi», confermò successivamente in un documentario su
Gladio Ray Cline, vicedirettore della CIA dal 1962 al 1966.
«L’impiego di esponenti di destra, se non se ne fa un uso
politico, ma viene limitato all’ambito dell’intelligence va
bene»249. Tuttavia, lungi dall’affidare agli esponenti di destra
soltanto il compito di raccogliere informazioni, furono
consegnate loro le chiavi del potere. Gli Stati Uniti sostennero
la Democrazia Cristiana, «piena di collaborazionisti, monarchici
e fascisti rifatti»250, come baluardo contro il comunismo.
Alcide De Gasperi divenne presidente del Consiglio dal 1945 al
1953 e presiedette otto governi diversi. «Una seria epurazione
non si fece mai e ciò permise a molti esponenti della vecchia
burocrazia fascista di rimanere al loro posto»251. De Gasperi
insieme al suo ministro dell’Interno, Mario Scelba, sovrintese
personalmente «al reintegro di personale seriamente
compromesso con il regime fascista»252.
Il principe Valerio Borghese, soprannominato “il principe
nero”, fu tra i fascisti più famosi reclutati dagli Stati Uniti. In

143
qualità di comandante di una sanguinosa campagna contro i
partigiani, per ordine di Mussolini, nel periodo della Repubblica
di Salò, Borghese con la sua Decima MAS, un corpo speciale di
quattromila uomini allestito nel 1941 e ufficialmente
riconosciuto dall’Alto Comando Nazista, si era specializzato
nella cattura e liquidazione di centinaia di comunisti italiani.
Alla fine della guerra i partigiani catturarono Borghese e lo
avrebbero impiccato se il 25 aprile 1945 l’ammiraglio Ellery
Stone, proconsole americano nell’Italia occupata e intimo della
famiglia Borghese, non avesse dato ordine a James Angleton,
agente dell’OSS e in seguito celebre spia, di salvarlo. Angleton
vestì il principe con un’uniforme da ufficiale americano e lo
scortò a Roma dove doveva essere processato per crimini di
guerra. Grazie alla protezione americana, Borghese, alla fine del
procedimento, fu dichiarato non colpevole253. L’agente CIA
James Angleton ricevette dall’esercito americano la decorazione
della Legione al Merito per i risultati «eccezionalmente
meritevoli» raggiunti e negli anni successivi fece carriera.
Divenne capo del controspionaggio della CIA e «una figura
chiave nel controllo di tutti i gruppi politici e paramilitari di
destra e neofascisti nell’Italia del dopoguerra»254. Con
un’evoluzione tipica del combattente della guerra fredda, dopo
la disfatta di Hitler e Mussolini «per Jim Angleton era soltanto
cambiato il nemico», osserva il suo biografo. «Ora la falce e il
martello avevano preso il posto della croce uncinata»255.
Nel 1947 furono creati a Washington il National Security
Council e la Central Intelligence Agency e l’Italia, a causa «dei
continui attacchi che subiva da parte di un forte partito
comunista», ebbe la sventura di diventare il primo paese al
mondo obiettivo di una silenziosa e mai dichiarata guerra
occulta da parte della CIA. Il compito dell’Agenzia era chiaro:
impedire alla sinistra italiana di vincere le prime elezioni
politiche nazionali dopo la guerra, elezioni che si sarebbero

144
tenute il 18 aprile 1948. Il presidente americano Harry Truman
era molto preoccupato perché il Partito Comunista, il più grande
dell’Europa occidentale, e il Partito Socialista si presentavano
alle urne uniti come Fronte Democratico Popolare. Gli
osservatori si aspettavano che questo raggruppamento
guadagnasse la maggioranza parlamentare, come nelle elezioni
amministrative che avevano preceduto il voto politico, lasciando
in secondo piano la DC sostenuta dagli USA. Fu in quel periodo
che la divisione operazioni segrete della CIA (OPC), sotto il
comando di Frank Wisner, allestì e diresse gli eserciti segreti di
Gladio in Europa occidentale, foraggiando la DC con dieci
milioni di dollari della CIA. Nello stesso tempo comunisti e
socialisti divennero il principale obiettivo di campagne
denigratorie. Tra gli “sporchi trucchi” usati dalla CIA vi fu la
diffusione di volantini anonimi che non solo diffamavano
candidati del PCI rivelandone vita privata e abitudini sessuali,
ma li accusavano anche di trascorsi fascisti e/o di atteggiamenti
ostili verso la Chiesa. Quella di porsi come obiettivo il singolo
seggio parlamentare, piuttosto che mirare a un risultato più in
generale, fu una tattica vincente per la DC in quasi tutte le oltre
duecento circoscrizioni elettorali selezionate. Al conteggio
finale la DC, con la percentuale del 48 per cento dei voti, ebbe
307 seggi, mentre il Fronte Popolare ebbe inaspettatamente
solamente il 31 per cento dei voti e 200 seggi256. Alle proteste
della popolazione e della sinistra il governo reagì con una
pesante repressione che portò a «un numero straordinariamente
alto di vittime durante le dimostrazioni o l’occupazione di
terre»257.
Il presidente Truman si compiacque dei risultati ottenuti e
sostenne con entusiasmo le operazioni segrete. Nella sua
discussa “Dottrina Truman”, nel marzo 1947, aveva insistito sul
fatto che si dovesse «rifiutare di riconoscere qualsiasi governo
imposto con la forza a una nazione da un paese straniero»,

145
dichiarando che la politica estera americana era basata sul
«diritto e la giustizia» senza «compromessi col male»258.
Tuttavia, se le elezioni italiane avessero avuto un risultato
diverso dalla vittoria della DC sostenuta dagli USA, l’Italia si
sarebbe potuta trovare di fronte a una guerra civile, come
d’altronde stava succedendo in quello stesso periodo in Grecia.
Sia durante sia dopo le elezioni, navi da guerra americane
stazionavano nell’area, mentre truppe USA erano ancora presenti
sul territorio. George Kennan, capo del Policy Planning Staff
del dipartimento di Stato, che aveva il compito di stendere
programmi a lungo termine per il raggiungimento degli obiettivi
americani in politica estera, raccomandava apertamente
l’intervento militare americano in caso di vittoria comunista259.
Francesco Cossiga confermò, dopo le rivelazioni su Gladio, che
durante le elezioni del 1948 una branca paramilitare della DC era
pronta a intervenire se avesse vinto la sinistra. Armato con una
mitraglietta Stern, caricatori e «varie bombe a mano», Cossiga
aveva fatto personalmente parte di un’unità paramilitare. «Ero
armato fino ai denti e non ero il solo». I paramilitari
democristiani avevano «armi comprate con i fondi messi a
disposizione dal partito»260.
Escluso con successo dal governo il Partito Comunista, fu a
quel punto consentito all’Italia, governata dalla filoamericana
DC, di aderire all’appena costituita NATO in qualità di membro
fondatore, il 4 aprile 1949. Solo alcuni giorni prima, il 30 marzo
1949, era stato istituito, in stretta collaborazione con la CIA, il
primo servizio segreto militare italiano del dopoguerra. Inserito
nel Ministero della Difesa, fu chiamato SIFAR (Servizio
Informazioni Forze Armate) e venne nominato suo primo
direttore il generale Giovanni Carlo Re. Durante la Prima
Repubblica il servizio segreto militare con i suoi tremila agenti
operò ripetutamente per condizionare la politica italiana e
milioni di italiani, e, attraverso il suo Ufficio R, diresse la rete

146
stay-behind Gladio261. «L’entrata nella NATO e il
contemporaneo ripristino dei servizi segreti era più che una
coincidenza», osservava correttamente l’esperto in servizi
segreti Philip Willan, «e chiarisce le reali intenzioni di coloro
che nel dopoguerra ne agevolarono la rinascita»262.
Il SIFAR fu fin dall’inizio «regolato da un protocollo segreto
imposto dagli Stati Uniti che comportava una reale e completa
rinuncia alla sovranità italiana». Secondo questo protocollo, che
fu coordinato con i piani NATO, gli obblighi del SIFAR nei
confronti del quartier generale della CIA negli USA
comprendevano presumibilmente la condivisione con l’Agenzia
statunitense di tutte le informazioni sensibili raccolte e il
riconoscimento di un diritto di supervisione da parte degli Stati
Uniti, soprattutto riguardo al personale del SIFAR che doveva
comunque ricevere l’approvazione da parte della CIA263. Il
SIFAR, in una parola, non era un servizio sotto sovranità italiana,
ma sotto influenza americana. O come disse poi, durante le
indagini su Gladio, Paolo Emilio Taviani, ex ministro della
Difesa dal 1955 al 1958: i servizi segreti italiani erano
comandati e diretti dai «ragazzi di Via Veneto», ossia dagli
agenti della CIA che risiedevano nell’ambasciata americana, nel
cuore di Roma264. Anche i parlamentari italiani non mancarono
di sottolineare il predominio della CIA e misero a verbale che
«Gladio nasce da un accordo tra due servizi segreti, uno
indubbiamente molto importante, il servizio segreto americano,
e l’altro, quello italiano, molto meno»265.
Nel 1951 il generale Umberto Broccoli fu nominato direttore
del SIFAR e, in quanto membro del comitato segreto, si
incontrava regolarmente con i rappresentanti della CIA, con
quelli dei comandi NATO per l’Europa meridionale e anche con
quelli dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione italiana266.
Il SIFAR doveva garantire la stabilità italiana, dato che la NATO

147
temeva il forte Partito Comunista Italiano. L’esercito segreto di
Gladio era lo strumento principale per raggiungere questo
obiettivo. E, come si è già detto, in vista di questo obiettivo
erano stati presi accordi sia con il SIS per istruire gladiatori
italiani sia con la CIA per l’acquisto di armi267.
In quanto membri della struttura anticomunista clandestina
della NATO, i rappresentanti del SIFAR partecipavano
regolarmente agli incontri segreti dei centri di comando NATO,
ACC e CPC. Poco prima delle sue dimissioni, il presidente
Cossiga in una lunga intervista televisiva disse che «tenendo
presente quel che poteva succedere all’Europa se fosse stata
invasa» l’esercito segreto di Gladio fu presumibilmente
costituito nel 1951. «Ci si accordò sul fatto che tre paesi, Stati
Uniti, Gran Bretagna e Francia, sarebbero stati membri
permanenti e gli altri ossia Danimarca, Norvegia, Olanda,
Belgio, Lussemburgo, Grecia e Turchia, membri associati»,
spiegava Cossiga riferendosi al CPC, il centro di comando NATO
collegato a Gladio. «L’Italia fu invitata come membro associato.
L’Italia respinse questa offerta e chiese di diventare membro
permanente, ma in quel momento non ottenne risposta. La
Germania aderì nel 1956». Il presidente insisteva sul fatto che
questi passi furono condotti con grande segretezza. «Era un
comportamento normale della NATO quello di smentire qualsiasi
cosa su cui si fosse stabilito di mantenere il segreto»268.
In un documento top secret del National Security Council, e
firmato da Truman il 21 aprile 1950, il presidente americano
insisteva sul fatto che «l’Italia è un paese chiave per la sicurezza
americana» e che quindi gli Stati Uniti «devono essere pronti a
usare tutta la loro forza politica, economica e, se necessario,
militare» per fermare il PCI. «Nel caso che i comunisti giungano
al potere con mezzi legali, ma anche nell’eventualità che il
governo [italiano] mostri di non sapersi opporre con forza alla
minaccia comunista, sia interna sia estera, gli Stati Uniti si

148
devono preparare a prendere contromisure», includendo
esplicitamente un’occupazione militare nel caso che «zone
d’Italia cadano sotto i comunisti dopo un’insurrezione armata».
I piani americani per le imminenti elezioni italiane
prevedevano, per la fase uno, di rafforzare «la presenza militare
statunitense nel Mediterraneo». Nella fase due, la «fase di
allarme», le truppe americane avrebbero occupato l’Italia su
«richiesta del governo italiano e dopo aver consultato la Gran
Bretagna e gli altri paesi NATO». Le truppe sarebbero state
dispiegate «come dimostrazione di forza, nelle zone della
penisola controllate dal governo». Da ultimo, nella «fase tre,
allarme rosso», le «truppe americane, in numero sufficiente»
sarebbero «sbarcate in Sicilia o in Sardegna o in entrambe le
regioni» allo scopo di «occupare il territorio contro la resistenza
comunista locale»269.
I timori di Washington montarono quando con le elezioni del
giugno 1953, nonostante le manovre clandestine della CIA, la DC,
sostenuta dagli USA, ottenne solo il 40 per cento dei voti e perse
43 seggi parlamentari, rispetto al risultato del 1948, arretrando a
261 deputati. La coalizione di sinistra di socialisti e comunisti
incrementò la sua forza e arrivò al 35 per cento dei voti e 218
seggi. La CIA intensificò la sua guerra segreta perché «vi erano
buoni motivi per temere che la tendenza elettorale manifestatasi
dal 1948 al 1953 si sarebbe confermata [...] e che il voto
combinato socialcomunista sarebbe cresciuto fino a costituire la
più grande forza politica italiana», osservava correttamente
William Colby, futuro direttore della CIA con Nixon270. Come
primo passo si doveva far nominare un capo del SIFAR più
aggressivo. Nel 1955 Carmel Offie, funzionario d’alto grado
della CIA e stretto collaboratore del suo direttore Allen Dulles,
arrivò in Italia e, insieme al capo della base locale dell’Agenzia
Gerry Miller, diede istruzioni a Clare Boothe Luce,
ambasciatrice americana a Roma, perché facesse pressione sul

149
ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani affinché per
quell’incarico fosse nominato il generale Giovanni De Lorenzo.
Nel gennaio del 1956, il generale De Lorenzo, una solida risorsa
anticomunista di Washington, fu messo a dirigere il SIFAR e
l’esercito segreto di Gladio271.
Con i suoi baffi, il monocolo e rigidi atteggiamenti militari
De Lorenzo rappresentava lo stereotipo del generale di vecchia
scuola. In un documento top secret, datato 26 novembre 1956 e
firmato a suo nome, egli confermava «accordi preesistenti» tra
la CIA e il SIFAR e asseriva che l’operazione Gladio stava
progredendo bene272. Il documento conteneva informazioni di
grande interesse, ma non fu consegnato alla commissione
parlamentare d’inchiesta. «L’accordo SIFAR-CIA del 1956 per
l’organizzazione stay-behind non può, allo stato, essere esibito
in quanto trattasi di accordo bilaterale classificato top secret»,
spiegò l’ammiraglio Fulvio Martini, capo del SIFAR, agli
allarmati parlamentari che avevano erroneamente lavorato
sull’ipotesi che il SIFAR dovesse rispondere al potere legislativo
italiano e non alla CIA. «La [sua] declassifica», continuava
Martini, «è necessariamente subordinata all’assenso della
controparte, da me richiesto in data 13 dicembre 1990»273.
Tra i maggiori progetti del SIFAR di De Lorenzo ci fu la
costruzione di un nuovo quartier generale per l’esercito segreto,
per il quale la CIA fornì trecento milioni di lire. SIFAR e CIA si
trovarono d’accordo sull’idea che, per motivi di segretezza e
funzionalità, il centro di Gladio non dovesse essere situato
nell’Italia continentale, ma in una delle isole al largo della costa
occidentale italiana. La scelta cadde sulla Sardegna e fu
acquistato il terreno. Al colonnello del SIFAR Renzo Rocca, capo
dell’Ufficio Relazioni Economiche e Industriali (REI), che
distribuiva agli industriali italiani finanziamenti americani a fini
anticomunisti, fu affidata la responsabilità di sovrintendere la
costruzione della nuova base stay-behind dove i soldati

150
anticomunisti sarebbero stati addestrati ed equipaggiati da
esperti delle Forze Speciali inglesi e americane274. Il quartier
generale di Gladio, denominato Centro Addestramento
Guastatori, era situato a Capo Marrargiu, vicino ad Alghero.
Dietro mura e barriere elettriche di sicurezza furono costruiti un
piccolo porto, bunker sotterranei, apparati di radiotrasmissione a
lunga distanza, attrezzature subacquee per l’addestramento di
uomini rana, due piccole piste d’atterraggio per aeroplani e una
per elicotteri. Diversi altri edifici furono aggiunti per i corsi
d’istruzione al tiro e agli esplosivi e anche per le lezioni di
carattere ideologico275.
«Sono stato a Capo Marrargiu la prima volta nel 1959»,
testimoniò il gladiatore Emilio Colle, dopo le rivelazioni
sull’esercito occulto. Il 27 novembre 1990 Colle aveva ricevuto
una lettera del direttore del servizio segreto militare ammiraglio
Fulvio Martini che lo informava che «le strutture militari stay-
behind erano state sciolte». Il gladiatore Colle disse, nella sua
testimonianza, che i membri delle unità segrete erano all’oscuro
della cornice internazionale nella quale erano inseriti e non
sapevano neppure dove venivano addestrati: «Non sapevo
dov’ero perché vi eravamo stati trasportati a bordo di aerei con i
finestrini oscurati». Decimo Garau, un istruttore di Gladio al
Centro Addestramento Guastatori che aveva fatto il suo training
in Inghilterra, confermò ai giornalisti che i gladiatori venivano
letteralmente tenuti all’oscuro: «Arrivavano con aeroplani
camuffati e venivano trasferiti su pullman camuffati. Venivano
scaricati davanti ai loro alloggi. Poi sarebbe iniziato
l’addestramento»276.
«Il mio lavoro, detto in poche parole, consisteva
nell’impedire che i comunisti vincessero le successive elezioni,
quelle del 1958», rivelava nelle sue memorie il funzionario della
CIA William Colby. Nell’autunno del 1953 era giunto a Roma
per mettersi a servizio del comandante della locale base CIA,

151
Gerry Miller. Servendosi delle formazioni segrete di Gladio, la
CIA «intendeva impedire che le difese militari della NATO
potessero essere aggirate politicamente da una quinta colonna
sovversiva, il Partito Comunista Italiano» con quello che,
secondo Colby, fu «di gran lunga il più ampio programma di
manovre politiche segrete intrapreso fino ad allora». Vale la
pena di notare che, oltre ai comunisti, anche i socialisti
venivano attaccati dalla CIA nelle campagne di diffamazione,
mentre Washington continuava a finanziare la DC. «Dovevo
convenire sul fatto che non era conveniente passare dall’uovo
democristiano oggi alla gallina socialista domani». Colby ebbe
successo e nelle elezioni del 1958 la DC crebbe arrivando in
percentuale al 42 per cento e a 273 seggi, mentre i comunisti
ebbero il 23 per cento e 140 seggi e i socialisti il 14 per cento e
84 seggi277.
Colby, come il presidente USA Dwight Eisenhower, era
sempre più affascinato dalle operazioni clandestine dopo che la
CIA, assieme all’MI-6, aveva rovesciato nel 1953 il governo
Mossadeq in Iran e fatto cadere il governo Arbenz in
Guatemala. In Italia le manovre elettorali e i finanziamenti
segreti alla DC «erano così ben impostati che spesso gli italiani
beneficiati dal nostro aiuto a stento capivano da dove arrivasse»,
sosteneva orgogliosamente Colby. «Le operazioni politiche
della CIA in Italia e diverse altre manovre portate a termine, sulla
falsariga di queste, negli anni successivi e in particolare in Cile,
sono state oggetto di critiche violentissime», osservava in
retrospettiva Colby. «Ora, non si può negare che “interferenze”
di questo tipo siano illegali. Per la legge della maggior parte
degli Stati, inclusa la legge americana, è severamente vietato a
un governo straniero interferire nel processo politico interno di
un paese». Il combattente della guerra fredda osservava,
tuttavia, che «il sostegno a gruppi democratici italiani, per
metterli nella condizione di tenere testa a una campagna

152
sovversiva sostenuta dai sovietici, può sicuramente essere
accettato come un atto morale»278.
Il Pentagono, che condivideva questa tesi, ordinò con una
direttiva segretissima l’operazione “Demagnetize” in cui la CIA,
insieme ai servizi segreti militari di Italia e Francia, dava
l’avvio a «operazioni politiche, paramilitari, ideologiche» che
avevano lo scopo di indebolire i comunisti dei due paesi. La
decisione del Comitato dei Capi di Stato Maggiore, in data 14
maggio 1952, insisteva con forza sul fatto che «la riduzione
della forza dei comunisti in Italia e in Francia è un obiettivo di
massima priorità. Questo fine deve essere raggiunto con
l’impiego di ogni mezzo», comprese una guerra segreta e azioni
terroristiche. «È possibile che i governi italiano e francese non
vengano messi al corrente del piano “Demagnetize”, in quanto è
chiaro che questo programma può interferire con le rispettive
sovranità nazionali»279.
Quando Colby lasciò l’Italia per la base CIA in Vietnam, il
direttore del SIFAR generale De Lorenzo continuò comunque la
sua battaglia contro PCI e PSI. Col titolo “Le forze speciali del
SIFAR e l’operazione Gladio” un documento segreto del
dipartimento italiano della Difesa datato 1° giugno 1959,
specificava come i piani militari NATO per la guerra non
convenzionale e le operazioni clandestine anticomuniste fossero
coordinati dal CPC direttamente collegato allo SHAPE della NATO.
Il documento evidenziava come, oltre a un’invasione sovietica,
l’organizzazione atlantica temesse soprattutto la «sovversione
interna» e, per quanto riguardava l’Italia in particolare, un
aumento del potere del PCI. «Sul piano nazionale, l’eventualità
dell’emergenza più sopra delineata è stata ed è oggetto di una
specifica attività da parte del SIFAR. A tale attività è preposta la
sezione SAD [Sezione Addestramento Guastatori] dell’Ufficio
R», spiegava il documento riferendosi in particolare all’esercito
segreto di Gladio. «Parallelamente a tale decisione presa

153
nell’ambito del Servizio, il capo del SIFAR decideva, con
l’approvazione del capo di Stato Maggiore della Difesa, di
confermare i precedenti accordi intercorsi tra il servizio italiano
e quello americano rivolti alla reciproca cooperazione nel
campo delle operazioni S/B (stay-behind), per la realizzazione di
una operazione comune». Il documento di De Lorenzo su
Gladio concludeva che l’accordo tra CIA e SIFAR siglato il 26
novembre 1956 «costituisce il documento base dell’operazione
Gladio (nome assegnato all’operazione sviluppata dai due
Servizi)»280.
Quando John F. Kennedy divenne presidente degli Stati
Uniti nel gennaio del 1961, la politica americana nei confronti
dell’Italia cambiò, perché Kennedy, diversamente dai suoi
predecessori Truman e Eisenhower, simpatizzava con i socialisti
italiani. Era infatti d’accordo con un’analisi della CIA secondo
cui in Italia la «forza dei socialisti, anche senza la necessità di
contributi esterni, poteva essere intesa come segnale che la
sinistra si fosse orientata verso una forma democratica di
socialismo»281. Il programma di Kennedy, tuttavia, dovette
affrontare un’ostinata resistenza sia da parte del dipartimento di
Stato sia della CIA. Il segretario di Stato, Dean Rusk, per
esempio, riferiva con raccapriccio a Kennedy che l’esponente
socialista Riccardo Lombardi sosteneva pubblicamente il
riconoscimento della Cina comunista, il ritiro delle basi militari
americane dall’Italia, compresa l’importante base navale NATO
di Napoli, e la lotta al capitalismo e all’imperialismo. «Sarebbe
questo il partito con cui il governo USA dovrebbe trattare?»282.
L’ambasciatore americano a Roma, Frederick Reinhardt,
discusse con il capo della locale base CIA, Thomas
Karamessines, su come bloccare le iniziative di Kennedy. Un
noto combattente della guerra fredda, Vernon Walters della CIA,
li informò «di essere stato coinvolto direttamente o
indirettamente nel rovesciamento di un certo numero di governi,

154
più di qualsiasi altro funzionario statunitense»283. Walters
dichiarò che se Kennedy avesse permesso ai socialisti italiani di
vincere le elezioni, gli americani avrebbero dovuto invadere il
paese. Karamessines più accortamente suggerì di sostenere
maggiormente quelle forze che in Italia si opponevano a
un’apertura a sinistra284. «Si venne a creare una situazione
assurda in cui il presidente Kennedy si trovò contro il segretario
di Stato e il direttore della CIA»285. Nel giorno delle elezioni,
nell’aprile 1963, l’incubo della CIA si materializzò: i comunisti
guadagnarono consensi, mentre tutti gli altri partiti perdevano
seggi. La DC scese al 38 per cento, il peggior risultato ottenuto
dalla sua creazione nel dopoguerra. Il PCI ebbe il 25 per cento
che, insieme al 14 per cento del trionfante partito socialista,
assicurava una vittoria significativa. Per la prima volta nella
storia della Repubblica, infatti, le sinistre unite dominavano il
Parlamento. I sostenitori dei partiti vincitori celebrarono la
vittoria nelle strade e per la prima volta i socialisti ottennero
ministeri nel governo presieduto da Aldo Moro, esponente della
sinistra democristiana. Kennedy si compiacque dei risultati
elettorali e decise di fare una visita a Roma per la gioia di
moltissimi italiani. Al suo arrivo l’aeroporto era pieno di gente e
una volta ancora gli americani venivano festeggiati con bandiere
e applausi. «È un uomo meraviglioso. Sembra molto più
giovane della sua età. Mi ha invitato a visitare gli Stati Uniti»,
dichiarò con entusiasmo Pietro Nenni, leader dei socialisti
italiani286.
Kennedy aveva permesso all’Italia di spostarsi a sinistra.
Dato che i socialisti avevano ottenuto incarichi ministeriali,
anche i comunisti chiedevano di essere ricompensati per il
successo avuto alle elezioni con posti di governo, e nel maggio
1963 il sindacato dei lavoratori edili tenne una grande
manifestazione a Roma. La CIA era in allarme e i membri
dell’esercito segreto di Gladio, camuffati da poliziotti e civili

155
attaccarono la dimostrazione facendo più di duecento feriti287.
Il peggio per l’Italia, tuttavia, doveva ancora arrivare. Nel
novembre 1963 il presidente Kennedy fu assassinato a Dallas,
nel Texas, in circostanze misteriose. Cinque mesi più tardi
l’arma dei carabinieri insieme al servizio segreto militare, il
SIFAR, con l’appoggio di settori della CIA, preparò un piano per
un colpo di Stato di destra che pose i socialisti di fronte
all’alternativa di lasciare il governo o di ridimensionare
fortemente il loro programma riformatore. Scelsero questa
seconda strada.
Il piano di colpo di Stato, chiamato in codice “Piano Solo”,
era stato predisposto dal generale Giovanni De Lorenzo in
stretto coordinamento con l’esperto della CIA per le guerre
clandestine, Vernon Walters, e il capo della stazione CIA a Roma
William H. Harvey288. Secondo il Piano Solo i carabinieri
avrebbero dovuto occupare «gli uffici governativi, i più
importanti centri di comunicazione, le sedi dei partiti di sinistra
e dei giornali ad essi più vicini, così come le sedi della radio e
della televisione. L’occupazione dei giornali doveva protrarsi
per il tempo strettamente necessario a rendere inefficienti tutte
le macchine tipografiche, onde rendere impossibile la stampa
dei giornali»289. Come scrive il presidente della Commissione
Stragi, Giovanni Pellegrino, nella sua relazione del dicembre
1995, De Lorenzo insisteva sul fatto che l’operazione dovesse
essere condotta con la «massima decisione ed energia, scevra da
qualsiasi dubbio o tentennamento» e ciò «caricando di
mordente»290 i suoi uomini.
I carabinieri, forniti di liste di proscrizione in cui erano
elencate svariate centinaia di persone, avevano ricevuto
l’esplicito ordine di individuare gli esponenti socialisti e
comunisti indicati negli elenchi, arrestarli e deportarli in
Sardegna dove il centro segreto di Gladio sarebbe servito
ottimamente da prigione. Il documento su “Le forze speciali del

156
SIFAR e l’operazione Gladio” aveva specificato che «in quanto
base operativa, il Centro Addestramento Guastatori viene
protetto da un sistema di sicurezza particolarmente vigile ed è
fornito di installazioni e attrezzature destinate ad intervenire in
caso di emergenza»291.
I socialisti italiani e il presidente del Consiglio Aldo Moro
erano in allarme. Moro e altri esponenti della DC s’incontrarono
in segreto con De Lorenzo a Roma. Fu naturalmente «un
colloquio piuttosto insolito tra un primo ministro in mezzo a una
crisi politica e un generale che stava pianificando la sua
sostituzione con un regime più duro»292. Dopo l’incontro i
socialisti accettarono di ridimensionare drasticamente il loro
programma di governo. «I partiti realizzarono immediatamente
che potevano essere sostituiti. Nel caso di un vuoto di potere
risultante dal fallimento delle trattative con la sinistra, l’unica
alternativa sarebbe stata quella di un governo di emergenza»,
ricordava, anni dopo, Pietro Nenni. E ciò, «nella realtà di questo
paese, avrebbe voluto dire un governo di destra»293. Diversi
anni più tardi, nel luglio 1968, alcuni investigatori volevano
interrogare il capo dell’Ufficio REI del SIFAR, Renzo Rocca. Il
colonnello si dimostrò disponibile a collaborare, ma il giorno
prima del suo interrogatorio fu trovato morto, ucciso con un
colpo di pistola alla testa nel suo appartamento privato di Roma.
Il giudice che aveva iniziato a indagare sull’assassinio fu
sollevato dal caso per ordine di autorità superiori294. «Né vi è
dubbio che ciò corrispondesse agli interessi perseguiti da settori
dell’amministrazione statunitense», dichiarò la commissione
parlamentare d’inchiesta sulle stragi, mentre lo storico Robin
Cook identificò il Piano Solo come «una copia carbone di
un’operazione Gladio»295. L’esperto italiano sul neofascismo,
Franco Ferraresi, dopo la scoperta dell’esercito segreto
concludeva che «soltanto oggi la natura veramente criminale del

157
piano è stata finalmente riconosciuta», e lamentava il fatto che il
Piano Solo aveva avuto un’enorme influenza «nell’ostacolare e
annullare il contenuto degli accordi di governo della prima
coalizione con la sinistra – forse il solo vero tentativo di un
governo riformista in tutto il periodo postbellico»296.
Accanto alla messa in scena del colpo di Stato del generale
De Lorenzo agli ordini della CIA, il capo della base di Roma,
Thomas Karamessines, mise sotto stretta osservazione l’intera
classe dirigente italiana. Raccolse soprattutto dati sui
«comportamenti devianti», come relazioni extraconiugali,
rapporti omosessuali e rapporti regolari con prostitute di
entrambi i sessi. Nel gergo di Langley, questo permetteva alla
CIA e al SIFAR di tenere la classe dirigente italiana «per le palle»
e la minaccia di denunciare quanto scoperto contribuì, negli
anni successivi, a influenzare politici, prelati, uomini d’affari,
sindacalisti, giornalisti e giudici. De Lorenzo arrivò al punto di
installare microfoni in Vaticano e nelle stanze del presidente del
Consiglio per permettere alla CIA di tenere sotto controllo le
conversazioni che avvenivano ai massimi livelli. La scoperta di
queste operazioni segrete ebbe un forte impatto sulla
popolazione italiana quando l’indagine parlamentare sul SIFAR
mise in luce che era stato allestito un archivio che conteneva
fascicoli con testi e immagini relativi alla vita pubblica e privata
di più di 157.000 persone. Alcuni dossier erano enormi. Quello
relativo ad Amintore Fanfani, il senatore democristiano che
aveva occupato importanti cariche come ministro e capo del
governo, consisteva di quattro volumi, ciascuno grosso quanto
un dizionario.
«Le persone venivano spiate mediante foto scattate con
teleobiettivi, sistemi per controllarne segretamente la
corrispondenza, registrazione delle loro conversazioni
telefoniche, documentazione fotografica delle loro relazioni
extraconiugali o abitudini sessuali». La commissione

158
parlamentare d’inchiesta diretta dal generale Aldo Beolchini
non tralasciava di osservare che «per quanto riguarda i dati»,
venivano documentati «soprattutto quelli suscettibili di
operazioni di ricatto»297. Di fronte alla commissione De
Lorenzo fu costretto ad ammettere che gli Stati Uniti e la NATO
gli avevano ordinato di raccogliere quei fascicoli298. Questa
confessione raccolse aspre critiche da parte dei parlamentari
della commissione. «L’aspetto più grave di tutto questo affare
consiste nel fatto che una parte significativa delle attività
segrete del SIFAR», osservavano i parlamentari, «consisteva nella
raccolta di informazioni a vantaggio di paesi della NATO e del
Vaticano». I parlamentari erano sconvolti. «Questa situazione è
incompatibile con la Costituzione. Rappresenta un’aperta
violazione della sovranità nazionale, una violazione del
principio di libertà ed eguaglianza dei cittadini e una minaccia
costante agli equilibri democratici del paese»299.
La guerra occulta della CIA era comunque fuori dal controllo
dei parlamentari italiani. Quando, dopo lo scoppio dello
scandalo, il nome dello screditato servizio segreto militare fu
cambiato da SIFAR a SID e il generale Giovanni Allavena gestì il
periodo della transizione e nel 1966 fu sostituito dal generale
Eugenio Henke che continuò la lotta segreta contro la sinistra
italiana ed era direttore del SID durante la strage di piazza
Fontana. Secondo alcune fonti, i fascicoli segreti furono
fotocopiati e consegnati al capo stazione CIA di Roma Thomas
Karamessines. Nel 1967 Allavena si iscrisse alla loggia
massonica anticomunista chiamata “Propaganda Due”, in breve
P2, e al suo capo Licio Gelli offrì come speciale regalo una
copia dei 157.000 fascicoli segreti.
Soltanto molto tempo dopo fu rivelato quanto Licio Gelli,
assieme alla CIA, avesse manipolato la politica italiana per
tenere i comunisti lontano dal potere. Nato nel 1919, dopo aver
seguito soltanto parzialmente un corso di studi regolare (era

159
stato espulso da scuola a tredici anni per aver picchiato il
preside), a diciassette anni si arruolò come volontario nelle
Camicie Nere e andò in Spagna a combattere nella guerra civile
a fianco delle forze di Franco. Durante la seconda guerra
mondiale fu sergente maggiore nella divisione Hermann Göring
delle SS naziste e soltanto a stento riuscì a sfuggire, alla fine del
conflitto, ai partigiani consegnandosi all’esercito americano.
Frank Gigliotti della loggia massonica americana reclutò
personalmente Gelli e lo incaricò di predisporre, in stretta
collaborazione con la base CIA di Roma, un governo parallelo
anticomunista in Italia. «Fu Ted Shackley, direttore di tutte le
manovre clandestine della CIA in Italia durante gli anni
Settanta», confermò un rapporto interno dell’unità italiana
antiterrorismo, «che presentò il capo della loggia massonica ad
Alexander Haig». Secondo il documento il consigliere di Nixon
per le questioni militari, generale Haig, che aveva comandato
truppe USA nel Vietnam e in seguito, dal 1974 al 1979, divenne
supremo comandante della NATO in Europa, assieme a Henry
Kissinger, consigliere per la Sicurezza Nazionale dello stesso
Nixon, «autorizzarono, nell’autunno del 1969, Gelli a reclutare
nella sua loggia massonica 400 alti ufficiali italiani e della
NATO»300. I contatti di Gelli con gli Stati Uniti rimasero
eccellenti durante tutto il corso della guerra fredda. In segno di
fiducia e rispetto Gelli fu invitato nel 1974 alle cerimonie di
insediamento presidenziale di Gerald Ford e, di nuovo nel 1977,
fu presente alle celebrazioni per la nomina del presidente Carter.
Quando Ronald Reagan divenne presidente nel 1981 Gelli era
orgogliosamente seduto in prima fila a Washington. Era l’uomo
degli USA in Italia e, a suo parere, aveva salvato il paese dalla
sinistra: «Merito una medaglia»301 diceva.
Nell’aprile 1981, durante un’indagine, i magistrati di Milano
ordinarono un’irruzione nella villa di Licio Gelli ad Arezzo e
scoprirono i dossier della P2, della cui esistenza nulla si sapeva.

160
Un’inchiesta parlamentare presieduta da Tina Anselmi, indetta a
seguito del grande scalpore suscitato da queste notizie nel paese,
rivelò che dalle liste confiscate risultavano membri dell’occulta
organizzazione anticomunista P2 almeno 962 persone, ma il
numero totale degli iscritti era stimato in circa 2.500 persone.
La lista dei membri sembrava l’elenco dei personaggi più
importanti in Italia e annoverava non solo i più conservatori, ma
anche i più potenti esponenti della società italiana: 52 alti
ufficiali dei Carabinieri, 50 dell’Esercito, 37 della Finanza, 29
della Marina, 11 questori, 70 ricchi e influenti industriali, 10
presidenti di banche, 3 ministri in carica, 2 ex ministri, un
segretario di un partito politico, 38 parlamentari e 14 alti
magistrati. Altri, di livello inferiore nella gerarchia sociale,
erano sindaci, direttori d’ospedale, avvocati, notai e giornalisti.
Uno dei membri più in vista era Silvio Berlusconi, che era stato
eletto – per la seconda volta – capo del governo italiano nel
giugno 2001, in coincidenza fortuita con il ventennale della
scoperta della loggia P2302.
«Siamo giunti alla chiara conclusione che l’Italia è un paese
a sovranità limitata a causa dell’interferenza del servizio segreto
americano e della massoneria», sottolineò in seguito Antonio
Bellocchio, membro comunista della commissione Anselmi, il
quale lamentava anche il fatto che, durante la presidenza
Reagan, i parlamentari italiani avevano evitato di investigare sui
rapporti tra USA e P2. «Se la maggioranza della commissione
fosse stata d’accordo con questa nostra analisi, i membri
avrebbero dovuto ammettere di essere burattini in mano agli
americani, e questo non accadrà mai»303. L’inchiesta osservò
che, nonostante logge massoniche esistano in Germania,
Spagna, Francia, Argentina, Australia, Uruguay, Irlanda,
Grecia, Indonesia e molti altri paesi, il quartier generale della
massoneria è negli Stati Uniti, dove conta circa 5 milioni di
iscritti304. «Se la democrazia è un sistema di regole e procedure

161
che definiscono i parametri all’interno dei quali può aver luogo
l’azione politica, cosa succede quando accanto a questo ve n’è
un altro le cui regole sono misteriose, le procedure ignote, il suo
potere immenso e in grado di difendersi contro le istituzioni
ufficiali della democrazia circondandosi di un muro di
segretezza?», si chiedevano retoricamente i parlamentari,
criticando decisamente il «lato pericoloso di quest’attività
extraparlamentare»305.
Il governo parallelo anticomunista della P2 e l’esercito
parallelo anticomunista di Gladio, istituiti entrambi dagli USA,
cooperarono strettamente durante la Prima Repubblica. Licio
Gelli, che dopo la scoperta della P2 era sfuggito all’arresto
volando in Sud America, dopo la fine della guerra fredda fu
felice di confermare che l’esercito segreto era formato da
anticomunisti fidati. «Molti provenivano dai ranghi dei
mercenari che avevano combattuto nella guerra civile spagnola,
altri dalla repubblica fascista di Salò. Vennero selezionate
persone di provata fede anticomunista. So che si trattava di
un’organizzazione ben costruita. Se la forza comunista si fosse
ulteriormente accresciuta in Italia, avremmo scatenato un’altra
guerra e l’America ci avrebbe generosamente riforniti d’armi
dal cielo»306. Gli USA avevano speso enormi somme di denaro
per l’allestimento della rete: «Gli americani pagavano molto
bene, l’equivalente di un eccellente stipendio. E garantivano un
sostegno finanziario alle famiglie nel caso il gladiatore
rimanesse ucciso»307. In realtà, secondo le testimonianze rese
dai gladiatori ai magistrati, essi ricevevano il solo rimborso
delle spese di viaggio.
«Lo scopo di Gladio e di altre organizzazioni simili che
esistevano in ogni paese dell’Europa occidentale era di
contrapporsi a un’invasione dell’Armata Rossa o all’ascesa al
potere, mediante colpi di Stato, dei partiti comunisti», così Gelli
spiegava la duplice funzione della rete segreta. «Il fatto che il

162
PCI, in tutti quegli anni, non sia mai arrivato al potere,
nonostante i suoi ripetuti tentativi, è merito dell’organizzazione
Gladio»308. Il ricercatore Francovich, riferendosi
implicitamente alle numerose stragi che avevano travagliato
l’Italia in quel periodo, chiese a Gelli: «Fino a che punto vi siete
spinti nella vostra campagna contro il comunismo?». Gelli
rispose, mantenendosi sul generale: «Ah, il nemico numero uno
era il comunismo [pausa] – Noi eravamo un’associazione di
credenti – Non ammettevamo i non credenti – Volevamo
fermare il comunismo, eliminare il comunismo, combattere il
comunismo»309.
Anche dopo la morte di Kennedy e la presidenza di Lyndon
Johnson, i comunisti e i socialisti italiani continuarono ad avere
un largo seguito popolare, mentre la destra italiana, insieme alla
CIA, continuava nella sua guerra segreta. Dopo il successo
ottenuto con il tentato colpo di mano del Piano Solo, il capo
dell’Ufficio REI, Renzo Rocca, su disposizioni del SIFAR e della
CIA, organizzò nel 1965 a Roma un congresso pubblico
dell’estrema destra sul tema “Guerra rivoluzionaria” e “Difesa
dell’Italia dal comunismo con tutti i mezzi”. L’Istituto Alberto
Pallio, cui aderivano intellettuali di destra, fece da copertura a
SIFAR e CIA e promosse la conferenza che si tenne nel lussuoso
hotel del Parco dei Principi a Roma dal 3 al 5 maggio 1965. Gli
estremisti di destra presenti al meeting approvavano l’idea che
«la terza guerra mondiale è in atto, anche se appare di bassa
intensità militare». Tra gli oratori, Edgardo Beltrametti affermò
che «è una lotta all’ultimo sangue e il nostro traguardo è quello
di eliminare il pericolo comunista, in qualsiasi forma. Quella
che esclude la violenza ci sarebbe più gradita, ma non bisogna
rifiutarsi di considerare anche l’altra forma di lotta»310. La
commissione d’indagine parlamentare su Gladio trovò che gli
esponenti di destra, durante l’allora poco nota conferenza del
Parco dei Principi, si erano ripetutamente riferiti a una

163
misteriosa struttura armata parallela che solo successivamente si
scoprì essere Gladio311.
Richard Nixon, che era diventato presidente degli Stati Uniti
nel gennaio 1969, e Richard Helms, dal giugno 1966 al febbraio
1973 alla direzione della CIA, tra l’altro coinvolta – come si è
detto – nel colpo di Stato che in Cile aveva installato al governo
il generale Pinochet, condividevano l’analisi degli estremisti
italiani di destra. Un altro incubo, tuttavia, si preparava per la
base CIA presso l’ambasciata romana: nelle elezioni del 1968 la
somma dei voti ottenuti da socialisti e comunisti superava quelli
della DC, mentre le manifestazioni contro la guerra del Vietnam
e per la pace dei “figli dei fiori” riempiva strade e piazze. La
reazione arrivò quando Junio Valerio Borghese, l’esponente
fascista salvato dall’agente della CIA James Angleton, in stretta
collaborazione con la base romana dell’Agenzia, la notte del 7
dicembre 1970 diede il via al secondo colpo di Stato in Italia.
L’iniziativa fu battezzata in codice operazione “Tora Tora”, dal
nome dell’attacco giapponese alle imbarcazioni USA nel porto di
Pearl Harbor che spinse gli Stati Uniti a entrare in guerra il 7
dicembre 1941, in quanto il piano del golpe prevedeva nella sua
fase finale il coinvolgimento delle navi USA e della NATO che
erano in stato d’allerta nel Mediterraneo.
Esattamente come nel Piano Solo del 1964, l’operazione
prevedeva l’arresto dei leader della sinistra e del sindacato,
come pure di importanti giornalisti ed esponenti politici che
sarebbero stati caricati su navi e spediti in Sardegna per essere
messi al sicuro nella prigione di Gladio. Alcune centinaia di
uomini armati al comando di Borghese furono disseminati nel
paese, mentre le unità scelte furono dislocate a Roma.
Nell’oscurità della notte, agli ordini del famoso estremista
internazionale di destra Stefano Delle Chiaie, un’unità
paramilitare, con la complicità di alcuni agenti della polizia, si
introdusse nel Ministero dell’Interno. I cospiratori

164
s’impadronirono di una partita di 180 mitragliatrici e le
portarono fuori dal ministero, con un camion, per i loro
compagni. Una seconda unità, comandata dall’estremista di
destra e paracadutista Sandro Saccucci, come accertò la
commissione d’indagine parlamentare sulle stragi, aveva il
compito di arrestare gli esponenti politici. Un terzo gruppo
armato aspettava in una palestra in via Eleniana, a Roma, pronti
per l’azione. Un’unità clandestina agli ordini del generale
Casera era pronta a occupare il Ministero della Difesa. Una
squadra di uomini armati agli ordini del generale Berti, muniti
di manette, era solo a poche centinaia di metri dagli edifici della
radiotelevisione. Un gruppo di cospiratori, comandati dal
colonnello Amos Spiazzi, doveva occupare quella notte Sesto
San Giovanni, un quartiere operaio nei dintorni di Milano, cuore
dell’elettorato comunista, dove la CIA si attendeva una forte
resistenza312.
In Italia stava per partire un colpo di Stato di destra. Ma non
si materializzò. Poco prima dell’una di quella notte buia dell’8
dicembre il capo del golpe, Borghese, ricevette una misteriosa
telefonata che arrestò il golpe. I cospiratori tornarono alle loro
caserme e le postazioni strategiche precedentemente occupate
furono abbandonate. In Cile e in Grecia si erano insediati
governi di destra grazie a golpe avvenuti dopo che la sinistra
politica aveva significativamente incrementato il suo potere.
Perché in Italia il golpe di destra fu fermato? Esponenti della
mafia italiana, che Borghese aveva reclutato perché offrissero
un sostegno ai cospiratori, testimoniarono in tribunale che
l’intelligence sovietica aveva saputo del progettato golpe: «Non
se ne fece più nulla, e il golpe sfumò anche perché nel
Mediterraneo incrociavano molte navi sovietiche», disse il
superpentito della mafia Tommaso Buscetta al giudice Giovanni
Falcone nel 1984313. Luciano Liggio, un altro alto esponente
della mafia, si lamentava: «Mi dissero che erano d’accordo

165
anche i servizi segreti e gli americani. Andate a quel paese, ho
risposto. E in cambio a Bari ho preso un ergastolo»314.
Secondo i piani della CIA e di Junio Valerio Borghese l’Italia
e il mondo si sarebbero svegliati la mattina dell’8 dicembre
1973 e avrebbero trovato che un governo conservatore di destra
si era insediato nella penisola. «La formula politica che per un
venticinquennio ci ha governato e ha portato l’Italia sull’orlo
dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere», questo
era quanto il principe Borghese aveva previsto di affermare quel
mattino alla televisione. «Le Forze Armate, le forze dell’ordine,
i più competenti e rappresentativi uomini della nazione sono
con noi, mentre, d’altro canto, possiamo assicurarvi che gli
avversari più pericolosi, quelli, per intenderci, che volevano
asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi». In
seguito Borghese e i cospiratori avrebbero messo in atto il loro
programma di governo che prevedeva: «Mantenimento
dell’attuale impegno militare e finanziario della NATO e messa a
punto di un piano per incrementare la partecipazione italiana
all’Alleanza Atlantica», come pure la nomina di un inviato
speciale negli Stati Uniti per organizzare la spedizione di un
corpo militare italiano nella guerra del Vietnam315.
Chi aveva fatto la misteriosa telefonata che fermò l’esercito
di Borghese? Il direttore della CIA William Colby suggerì in
modo implicito che fosse stato lo stesso Nixon. Colby, nelle sue
memorie, confermava che «per certo, nel 1970 [la CIA] tentò un
golpe militare, direttamente agli ordini del presidente
Nixon»316. Per Nixon il mondo era un campo di battaglia nel
quale i comunisti minacciavano di prendere il comando e, al
tempo dell’operazione “Tora Tora”, non dimostrò alcuno
scrupolo nel bombardare, oltre al Vietnam, la neutrale
Cambogia, causando migliaia di morti317. Il coinvolgimento di
Nixon fu confermato in Italia da Remo Orlandini, un ricco
uomo d’affari di destra strettamente implicato nel colpo di

166
Stato. Nel 1973 Orlandini conversava confidenzialmente del
golpe con il capitano Antonio Labruna in un bar di Roma.
Questi chiese a Orlandini notizie degli «appoggi esterni». La
risposta di Orlandini fu breve, ma significativa: «La NATO e la
Germania [dell’Ovest]. A livello militare, perché dei civili non
ci fidiamo». Labruna insisteva: «Lei mi deve dire i nomi, tutto,
perché io conosco molto dell’ambiente internazionale», al che
Orlandini replicò: «Guardi, per l’America c’è Nixon, oltre al
suo entourage». Il segnale che bloccò il golpe di Gladio era
presumibilmente arrivato da ufficiali di alto grado della NATO,
affermava Orlandini, e aggiungeva: «Ecco perché vi dico che
non avete la minima idea della grandezza e della serietà della
cosa»318.
Giovanni Tamburino, un magistrato inquirente di Padova,
promosse un’indagine sulla cosiddetta “Rosa dei Venti”,
organizzazione occulta formata da neofascisti, e con sua grande
sorpresa scoprì che vi era coinvolto un misterioso esercito
segreto. Fece pertanto arrestare il direttore del SID Vito Miceli,
che aveva in precedenza guidato l’Ufficio di Sicurezza del Patto
Atlantico al Ministero della Difesa a Roma, un ufficio che esiste
in tutti i paesi NATO. Tamburino accusò Miceli di aver
«promosso, allestito e organizzato, in concorso con altri,
un’associazione segreta di civili e militari volta a provocare
un’insurrezione armata per determinare un cambiamento
illegale della Costituzione dello Stato e della forma di
governo»319. Gli elementi che aveva raccolto suggerivano
l’esistenza di una misteriosa organizzazione armata interna al
servizio segreto militare, il SID, ma dato che il suo nome in
codice – Gladio – non era ancora stato scoperto, durante
l’indagine ci si riferiva a questa struttura col nome di “super-
SID”. Nel corso del dibattimento, il 17 novembre 1974, un irato
Miceli rivelò l’esistenza di un “super-SID” ai suoi ordini, ma»,
disse, «voluto dagli Stati Uniti e dalla NATO320. Man mano che

167
il processo si trascinava Miceli fu costretto ad ammettere, nel
1977: «C’è sempre stata una certa organizzazione segreta, nota
alle alte autorità dello Stato e operante nell’ambito dei servizi
segreti, coinvolta in attività che nulla avevano a che fare con la
raccolta di informazioni di intelligence [...]. Se volete dei
dettagli, non ve li posso dare»321. Dati i suoi eccellenti contatti
transatlantici, Miceli se la cavò con poco: fu rilasciato in libertà
provvisoria e passò sei mesi in un ospedale militare. Sedici anni
dopo, come si è già detto, Andreotti rivelò, di fronte al
Parlamento, il segreto di Gladio scatenando, tra le altre,
l’indignazione di Miceli322.
Accanto a Miceli, anche il colonnello Amos Spiazzi era stato
arrestato perché nella notte del golpe Borghese aveva raccolto i
suoi uomini a Milano per ridurre al silenzio i sindacati
comunisti. Spiazzi, in un documentario della BBC su Gladio, così
ricordava: «Il giorno del golpe Borghese, la sera del 7 dicembre
1970, ricevetti l’ordine di eseguire un’esercitazione per il
mantenimento dell’ordine pubblico, usando uomini fidati».
«Dovevamo presidiare certe posizioni che avrebbero potuto
risultare vulnerabili in una sommossa», dichiarava in casa
propria, seduto di fronte a una sua foto dove appariva in
uniforme e con il braccio teso nel saluto di Hitler. «A quel
tempo sapevo solo di una struttura costituita da persone che
erano certamente anticomuniste, ma che potevano essere
attivate solo nel caso di un’invasione», osservava Spiazzi circa
l’esercito segreto. «Fui arrestato nel 1974 e mi trovai in una
situazione imbarazzante. Il giudice mi interrogava con
ostinazione finché a un certo punto intuii che la sua indagine era
rivolta a qualcosa che egli riteneva in qualche modo
rivoluzionaria o incostituzionale. Per me, invece, si trattava
soltanto di un’organizzazione che difendeva la sicurezza
nazionale»323. Spiazzi, uomo di destra, era sconcertato. «I miei
superiori e il giudice facevano parte dello stesso sistema. Potevo

168
rivelare al giudice certe cose? No, a causa del segreto militare».
Così Spiazzi chiese al giudice che gli fosse concesso di parlare
al capo del SID Vito Miceli, il quale maldestramente vietò a
Spiazzi di dire la verità su Gladio. «Mi fece segno di non dire
nulla [Spiazzi muove la mano imitando il segnale di silenzio che
Miceli gli aveva rivolto in tribunale]. Il giudice lo notò, perché
stava rispondendo “sì” mentre con la mano mi faceva segno di
“no”»324. Alla fine vennero incriminati 145 cospiratori
dell’operazione “Tora Tora”, ma solo 78 furono processati. Di
questi solo 46 furono condannati da un tribunale di Roma, ma,
nel successivo appello, furono assolti. Da quello che risultò un
imponente scandalo giudiziario, tutti i golpisti furono
scagionati.
Il fallito golpe di “Tora Tora” non fermò le sinistre italiane.
Alle elezioni politiche del 1972 la DC con il 39 per cento dei voti
ottenne solo un esiguo vantaggio su PCI e PSI che insieme
raggiungevano il 37 per cento325. E questo nonostante il fatto
che, per ordine di Nixon, l’ambasciatore americano a Roma,
Graham Martin, avesse investito dieci milioni di dollari in
operazioni segrete, corruzioni e sostegno alla DC, come rivelò
l’inchiesta del Parlamento americano sulla CIA presieduta da
Ottis Pike. Mentre Mosca sosteneva finanziariamente il PCI,
Washington sovvenzionava la DC. Non era un onere da poco.
«La CIA stima che il totale dei finanziamenti elettorali, per i
vent’anni precedenti, ammontasse a 65 milioni di dollari»326.
Dato che i comunisti e i socialisti rimanevano molto forti dal
punto di vista elettorale e controllavano larga parte del
Parlamento era ovvio che presto o tardi sarebbero stati chiamati
a partecipare al governo. Era tuttavia altrettanto chiaro che il
presidente Nixon si opponeva a una tale apertura a sinistra
perché temeva che i segreti della NATO sarebbero stati scoperti.
In seguito allo scandalo Watergate Nixon fu costretto a
dimettersi l’8 agosto 1974 e il vicepresidente Gerald Ford fece il

169
suo ingresso alla Casa Bianca il giorno successivo affermando:
«Il nostro lungo incubo nazionale è terminato»327. Le sue
parole furono udite anche in Italia, dove molti speravano in un
nuovo inizio. Il ministro degli Esteri Aldo Moro, insieme al
presidente della Repubblica Giovanni Leone, volarono pertanto
a Washington nel settembre 1974 per discutere l’entrata nel
governo della sinistra. Le loro speranze andarono tuttavia
deluse. Ford perdonò Nixon di tutti i crimini commessi durante
la sua permanenza alla Casa Bianca e mantenne in carica gli
esponenti chiave della sua amministrazione. In un duro
confronto con Kissinger, che era stato assistente del presidente
per la Sicurezza Nazionale sotto Nixon e ora con Ford era
ministro degli Esteri, ai rappresentanti italiani fu intimato di non
far entrare, in nessuna circostanza, le sinistre nel governo.
L’Italia doveva restare solidamente e senza tentennamenti
dentro la NATO. La visita ebbe un forte impatto su Aldo Moro
che ricordava il Piano Solo e l’operazione “Tora Tora”, e quindi
non si faceva illusioni sull’influenza che gli Stati Uniti
intendevano esercitare sull’Italia della Prima Repubblica.
Al suo ritorno in Italia Moro si ammalò per giorni e meditò
di ritirarsi completamente dalla politica. «È una delle poche
volte che mio marito mi ha riferito con precisione che cosa gli
avevano detto, senza dirmi il nome della persona», testimoniò in
seguito la moglie di Moro, Eleonora. «Adesso provo a ripeterla:
“Onorevole, lei deve smettere di perseguire il suo piano politico
di portare tutte le forze del suo paese a collaborare direttamente.
O lei smette di fare questa cosa o la pagherà cara”»328. Dopo le
elezioni politiche del giugno 1976 i comunisti italiani con il
34,4 per cento raggiunsero il loro miglior risultato elettorale e
sconfissero chiaramente Aldo Moro che, come presidente della
DC, fu sufficientemente coraggioso da non tener conto del veto
americano. La mattina del 16 marzo 1978 Moro, dopo essersi
messo nella borsa i documenti relativi al “compromesso

170
storico”, la storica apertura del governo al PCI, ordinò all’autista
e alle sue guardie del corpo di portarlo in Parlamento dove
avrebbe presentato il programma che prevedeva l’entrata dei
comunisti nell’esecutivo. L’automobile di Moro si stava
avvicinando all’incrocio tra via Fani, dove abitava il presidente
del Consiglio, e via Stresa, alla periferia residenziale di Roma,
quando una Fiat bianca fermatasi improvvisamente prima del
crocevia bloccò la carreggiata. L’autista di Moro dovette frenare
di colpo e l’auto di scorta, che la seguiva da vicino, la tamponò
posteriormente. I due uomini che erano sull’automobile bianca e
altri quattro che stavano aspettando sulla strada aprirono il
fuoco sulle cinque guardie del corpo di Moro. Moro, dal suo
ritorno da Washington, era diventato inquieto e aveva chiesto
un’auto blindata, ma la richiesta gli era stata rifiutata. Così i
colpi, sparati dall’esterno dell’auto, raggiunsero le guardie del
corpo che furono uccise. Una di loro riuscì a sparare due colpi,
ma fu subito colpita anch’essa assieme agli altri due agenti
ancora vivi. Moro fu catturato e tenuto ostaggio a Roma per 55
giorni. In seguito il corpo di Moro trapassato dai proiettili fu
trovato nel baule di un’auto abbandonata nel centro di Roma
simbolicamente parcheggiata a metà strada tra la sede della DC e
quella del PCI.
L’Italia era sotto shock. Furono disposti 72.000 posti di
blocco, furono perquisite 37.000 abitazioni. In meno di due
mesi furono fermati e identificati più di sei milioni di persone.
La moglie di Moro, Eleonora, aveva angosciosamente trascorso
i giorni della prigionia con la famiglia e gli amici ricorrendo
perfino a papa Paolo VI, un amico di lunga data di suo marito,
alla ricerca di aiuto. «Mi disse che avrebbe fatto l’impossibile, e
so che lo fece, ma trovò notevoli opposizioni»329. Moro stesso,
una volta catturato, comprese di essere vittima di un crimine
politico nel quale destra politica e Stati Uniti stavano
strumentalizzando le Brigate Rosse. Nella sua ultima lettera

171
chiese che nessuno della corrotta Democrazia Cristiana fosse
presente al suo funerale. «Bacia e carezza per me tutti», scrisse
a sua moglie e ai suoi figli, con l’assoluta consapevolezza che
stava per essere ucciso. «A ciascuno una mia immensa
tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in
questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore.
Ricordami a tutti i parenti e amici con immenso affetto e a te e
tutti un caldissimo abbraccio pegno di amore eterno. Vorrei
capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà
dopo»330.
La commissione parlamentare che indagava sulle stragi
sospettava un coinvolgimento della CIA e del servizio segreto
militare nell’organizzazione del delitto Moro. Riaprirono il
caso, ma i servizi segreti non fornirono documenti utili a
chiarire i molti lati oscuri della vicenda. La commissione criticò
vivamente «la scomparsa dei documenti relativi al comitato di
crisi del Ministero dell’Interno», sottolineando che «le
riflessioni sul caso Moro dovevano essere inserite in un contesto
più ampio» in quanto «l’evento va analizzato nella realtà storica
del periodo» e concluse che l’assassinio di Moro era stato «un
progetto criminoso nel quale le Brigate Rosse sono state uno
strumento di un più ampio disegno politico»331. Alberto
Franceschini, uno dei capi storici delle Brigate Rosse, confermò
questa probabilità nel 1993 durante un convegno dedicato ai
“misteri d’Italia”: «Oggi credo che si possa dire, senza andare a
cercare un improbabile “grande vecchio”, che in qualche caso le
Brigate Rosse furono indirizzate senza che i loro componenti ne
fossero consapevoli». Franceschini, arrestato già nel 1974 e in
prigione durante il sequestro Moro, ricordò bene un ufficiale dei
carabinieri il quale gli spiegò che era stato facile manipolarle:
«Voi brigatisti siete come un fiume che è straripato, noi ci
stiamo limitando a costruire dighe e argini per fare in modo che
il fiume vada dove vogliamo noi»332. L’ex senatore del PCI

172
Sergio Flamigni, massimo esperto italiano sul caso Moro,
ritiene che fu Mario Moretti ad aver manipolato le Brigate
Rosse dall’interno333. La commissione criticava il rifiuto
dell’amministrazione «statunitense a collaborare, in un primo
momento, alle indagini sul rapimento e il successivo invio di un
unico esperto in sequestri che lavorò presso il Ministero
dell’Interno»334.
La storia tragica dell’Italia raggiunse il culmine quando,
durante il periodo della presidenza Nixon, la destra seminò
terrorismo, sangue e panico e condusse il paese sull’orlo di una
guerra civile. I terroristi mettevano le bombe nei luoghi pubblici
e ne accusavano i comunisti e la sinistra per indebolirli
elettoralmente. Quando, nel 1991, la commissione parlamentare
che indagava sulle stragi e il terrorismo ricevette un
memorandum anonimo che suggeriva che la bomba fatta
esplodere alla stazione di Bologna provenisse da un arsenale di
Gladio, la stampa britannica titolò: “Il legame indicato per la
strage di Bologna è potenzialmente la più seria delle accuse a
Gladio”335. Il generale Gerardo Serravalle, che aveva
comandato, dal SID, le unità Gladio dal 1971 al 1974, confermò
successivamente con molto rincrescimento che in quel periodo
alcuni membri di Gladio «potrebbero essere passati da una
logica difensiva, postinvasione, a una logica di attacco, di
guerra civile»336. Quando in un’intervista della BBC gli fu
chiesto perché, data la sua manifesta pericolosità, non avesse
deciso di sciogliere la rete, Serravalle replicò: «Il suo
scioglimento è una decisione politica, non rientra nelle mie
competenze porre termine all’operazione Gladio»337.
Era la CIA che controllava l’esercito segreto italiano e le
preoccupazioni sollevate dal generale Serravalle circa le
manovre interne condotte dall’armata occulta incontrarono la
severa opposizione del capo della base CIA di Roma, Howard

173
Stone, che smise di inviare fondi. «Quando assunsi il comando
mi accorsi che i finanziamenti americani previsti negli accordi
bilaterali e in particolare l’arrivo di materiali e armi si era
fermato». Serravalle s’arrabbiò e invitò Stone a un incontro nel
quartier generale di Gladio in Sardegna. Il capo della base CIA
accolse l’invito e si presentò con Mike Sednaoui, funzionario
dell’Agenzia. Serravalle, secondo la sua testimonianza, gli
disse: «Questi sono i nostri corsi d’addestramento, ecc. [...] voi
potreste aiutarci a sviluppare al massimo il nostro potenziale.
Perché ci avete bloccato gli aiuti? Se questa è la posizione del
vostro governo, noi l’accettiamo. Ma ci dovete una
spiegazione». Allora comprese «che gli interessi della CIA, così
come ci venivano presentati da questi funzionari, non
riguardavano tanto il livello da noi raggiunto
nell’addestramento quanto la questione del controllo interno,
ossia il nostro grado di prontezza nel contrastare disordini di
piazza, scioperi di portata nazionale e soprattutto ogni eventuale
crescita del Partito Comunista. Stone affermò molto
chiaramente che il sostegno finanziario della CIA dipendeva
completamente dalla nostra capacità di mettere in atto, di
programmare e pianificare queste altre – potremmo chiamarle –
misure interne»338.
«Emerge, senz’ombra di dubbio, che nella seconda metà
degli anni Sessanta fu intrapresa, da parte di settori della CIA che
ne diedero il via, un’azione massiccia a vasto raggio tesa a
contrastare con ogni mezzo l’espandersi, a livello europeo, di
movimenti e gruppi di sinistra», concludeva, nel 1995, la dura e
poderosa relazione finale della Commissione Stragi. «Il quadro
d’insieme che emerge dall’analisi è quello di un paese che ha
per oltre un quarantennio vissuto una difficile situazione di
frontiera. Ovviamente le tensioni che caratterizzarono il
quindicennio oggetto di specifica analisi ebbero anche cause di
natura sociale e quindi interna. Tuttavia tali tensioni non

174
sarebbero durate così a lungo, non avrebbero avuto gli esiti
tragici che assai spesso hanno avuto e il cammino verso la verità
non sarebbe stato così irto di ostacoli, se la situazione politica
interna non fosse stata condizionata e sovrastata dal quadro
internazionale in cui l’Italia era inserita»339.
Se si teneva conto della violenza che aveva caratterizzato in
Italia la storia della Prima Repubblica – che secondo le cifre
ufficiali negli anni del terrore tra il 1969 e il 1987 aveva preteso
l’enorme tributo di 491 civili uccisi e altri 1.181 feriti o rimasti
invalidi – questa formulazione appariva troppo debole per i
parlamentari di sinistra presenti nella Commissione Stragi. Sotto
la presidenza di Giovanni Pellegrino, pertanto, continuarono a
investigare, ad ascoltare testimoni e analizzare documenti. Nel
giugno del 2000 presentarono la loro relazione finale di 326
pagine nella quale concludevano che «quelle stragi, quelle
bombe, quelle azioni militari erano state organizzate o promosse
o favorite da uomini interni alle istituzioni italiane e, come è
stato scoperto più recentemente, da uomini collegati alle
strutture di intelligence degli Stati Uniti»340. Allo scopo di
fornire un fondamento a questa conclusione, la relazione del
2000 sulle stragi includeva una scelta di testimonianze di
gladiatori. Il soldato segreto Giuseppe Tarullo, che era entrato
nel SIFAR nel 1961, aveva dichiarato ai parlamentari che, accanto
ai preparativi sulle misure da adottare in caso di invasione, il
loro compito consisteva nel controllare i comunisti italiani: «Fra
di noi si parlava anche di finalità interna della struttura Gladio.
Si diceva che la struttura e gli esterni sarebbero stati attivati
anche come antisovversione interna, a mo’ di supporto
operativo per le Forze Speciali. Per sovversione interna
intendevamo una mutazione di regime che esulava dalla volontà
dell’Autorità costituita»341. Il gladiatore Giuseppe Andreotti, di
fronte al giudice istruttore di Bologna, si espresse in questo
modo: «La struttura di Gladio rispondeva a una logica interna,

175
nel senso che ho già detto, che doveva reagire all’instaurarsi in
Italia di regimi invisi alla popolazione [...] cioè dittature di
destra o di sinistra»342.
Il generale Manlio Capriata che, nel SIFAR, aveva diretto
l’Ufficio R dal febbraio al giugno del 1962, testimoniò davanti
ai parlamentari: «Ribadisco che la V Sezione, quindi
l’organizzazione S/B cioè il CAG, aveva una funzione
antisovversiva anche in caso di presa del potere da parte delle
forze di sinistra»343. Erano emerse sufficienti prove e il
membro della commissione senatore Valter Bielli trasse le
conclusioni: «Sono convinto che l’intervento americano in Italia
sia ora un fatto storicamente provato». L’amministrazione
Clinton fu colta dall’imbarazzo e, nell’estate del 2000, rifiutò di
commentare, mentre a Roma all’ambasciata statunitense una
fonte che intendeva rimanere anonima dichiarò: «Queste sono
accuse che sono circolate in Italia negli ultimi vent’anni, ma
non c’è nulla di vero»344.
Il senatore Bielli mantenne ferma la sua posizione e chiarì:
«Hanno interferito per impedire che il Partito Comunista
potesse giungere al potere con mezzi democratici. La minaccia
comunista non esiste più e sarebbe appropriato se gli stessi
americani ci aiutassero a chiarire quel che è successo nel
passato». Mentre l’Unione Sovietica apriva i suoi archivi, quelli
americani restavano ben chiusi. «Durante la guerra fredda l’Est
era sotto dominio comunista, ma anche l’Ovest dovette
diventare, in qualche modo, una colonia americana», lamentava
Bielli. Aldo Giannuli, uno storico consulente della commissione
parlamentare sulle stragi e sul terrorismo, sottolineò
correttamente che sulla rete stay-behind si dovevano fare
ricerche in ambito internazionale basandosi sui documenti
NATO: «Il vero problema oggi è l’accesso agli archivi della

NATO»345. Dato che la NATO, controllata dal Pentagono,


rifiutava di collaborare, il giornalista americano Arthur Rowse

176
in un importante articolo su Gladio tentò di delineare “Le
lezioni di Gladio” e sottolineò come il ruolo della CIA nella
struttura della sicurezza statunitense avesse bisogno di
un’indagine critica. «Fintanto che l’opinione pubblica
americana rimane ignara di questo capitolo oscuro nelle
relazioni degli USA con l’estero, gli enti governativi che ne sono
responsabili subiranno pressioni troppo deboli per correggere i
loro comportamenti», osservava Rowse, lamentando come la
fine della guerra fredda abbia cambiato poco a Washington e
come gli Stati Uniti «siano tuttora in attesa di un vero dibattito
nazionale sui mezzi, i fini e i costi della nostra politica di
sicurezza nazionale»346.

242 Mentre è stato confermato che il PCI ebbe sostanziosi aiuti


finanziari da Mosca, il dibattito storico relativo alla precisazione
dei rapporti tra Partito Comunista Italiano e Partito Comunista
sovietico durante la guerra fredda è tuttora in corso. Sergio
Romano, ambasciatore italiano in Unione Sovietica dal 1985 al
1989, ha riferito che fino ai tardi anni Settanta gran parte delle
risorse finanziarie del Partito Comunista Italiano derivavano dal
Partito Comunista sovietico.
243 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit. p. 20. La relazione di Pellegrino si pone
certamente tra i più autorevoli documenti su Gladio e in genere
sulle operazioni clandestine statunitensi in Italia, sul terrorismo
e le stragi a lungo non chiarite.
244 «Panorama», 10 febbraio 1976. Citato in Giovanni
Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto storico-
politico”, cit., p. 13.
245 Roberto Faenza, Gli americani in Italia, Milano, Feltrinelli,
1976, pp. 10-13. I rapporti tra gli USA e la mafia erano già stati

177
rivelati nel 1952 dall’inchiesta del Senato americano diretta dal
senatore Kefauver. Vedi US Senale Special Committee,
Hearings on Organised Crime and Interstate Commerce, parte
7, p. 1181 (1951). Lo storico italiano Roberto Faenza è stato
uno dei primi analisti a comprendere l’enorme impatto che le
operazioni clandestine statunitensi hanno avuto in Italia. Il suo
primo libro su questo argomento, pubblicato con Marco Fini,
uscì nel 1976 e si concentrò sugli anni dell’immediato
dopoguerra. Il titolo era semplicemente: Gli Americani in Italia.
Nella prefazione al libro si legge: «Per tanta gente di tutto il
mondo, compreso il cittadino medio americano, è stato davvero
molto duro e doloroso prendere poco a poco coscienza del fatto
che gli Stati Uniti d’America rappresentano la forza più
conservatrice e controrivoluzionaria che ci sia sulla terra. Ma è
proprio così, come questo libro dimostra brillantemente a
proposito degli interventi segreti dei governi americani negli
affari interni del popolo italiano durante gli anni critici dal 1943
al 1949, e come è stato rivelato da altri studi per la Grecia,
l’Iran, il Guatemala, la Repubblica Dominicana e tanti altri
paesi, e di recente dai drammatici avvenimenti nel Sud-Est
asiatico e in Cile. È difficile convincersi di queste aspre verità».
246 «The Observer», 10 gennaio 1993. In riferimento al
documentario televisivo della BBC2, trasmesso nel gennaio
1993 col titolo: Allied to the Mafia.
247 William J.M. Mackenzie, op. cit., pp. 842 e 853. Nel
Pacifico e in particolare nelle Filippine fu impiegata dagli USA
durante la seconda guerra mondiale la stessa strategia, e cioè
quella di sostenere prima e indebolire poi la guerriglia di
sinistra. Il Giappone aveva invaso le Filippine nel gennaio del
1942. Gli USA sostennero e addestrarono i partigiani di vari
orientamenti politici contrari all’occupazione giapponese,
compreso il forte movimento di sinistra Huk che proponeva
incisivi cambiamenti sociali. Ma, come in Grecia e in Italia, i
fratelli in arme furono traditi. Sconfitti i giapponesi, gli USA

178
disarmarono la guerriglia e gli Huk furono massacrati alla
presenza di ufficiali americani almeno fino al 1945. Lo storico
americano Gabriel Kolko osserva: «La dirigenza degli Huk si
aspettava che gli americani li avrebbero accettati». Vedi Gabriel
Kolko, Century of War. Politics, Conflict and Society since
1914, New York, The New Press, 1994, p. 363.
248 Geoffrey Harris, The Dark Side of Europe. The Extreme
Right Today, Edimburgo, Edinburgh University Press, 1994, pp.
3 e 15.
249 Allan Francovich, Gladio: The Ringmasters, cit.
250 William Blum, op. cit., p. 28.
251 Martin Lee, The Beast Reawakens, Boston, Little Brown
and Company, 1997, p. 100.
252 Jonathan Dunnage, “Inhibiting Democracy in post-war
Italy: The police forces 1943-1948”, in «Italian Studies», 51,
1996, p. 180.
253 Stuart Christie, Stefano Delle Chiaie, Londra, Anarchy
Publications, 1984, p. 6.
254 Ivi, p. 4.
255 Tom Mangold, Cold Warrior. James Jesus Angleton: The
CIA’s Master Spy Hunter, Londra, Simon & Schuster, 1991, p.
20. È un peccato che il biografo di Angleton, Mangold, non dia
alcun dettaglio del lavoro svolto da Angleton con i fascisti negli
anni successivi al 1945 e non faccia cenno al salvataggio di
Borghese da parte di Angleton.
256 William Corson, The Armies of Ignorance. The Rise of
American Intelligence Empire, New York, The Dial Press,
1977, pp. 298-299. L’operazione era segreta e il denaro sporco,
per cui doveva prima essere “lavato”. Corson spiega che questo
si fece prelevando dieci milioni di dollari in contanti
dall’Economic Stabilization Fund, “lavandoli” tramite deposito
bancario in tanti conti individuali e da lì “donato” a una varietà
di organizzazioni di copertura della CIA.
257 Stuart Christie, op. cit., p. 175.

179
258 Denna Frank Fleming, The Cold War and Its Origins 1917-
1960, New York, Doubleday, 1961, p. 322.
259 Thomas Powers, The Man Who Kept the Secrets: Richard
Helms and the CIA, Londra, Weidenfeld and Nicolson, 1980, p.
30.
260 «The Guardian», 15 gennaio 1992.
261 In Italia, durante la Prima Repubblica, il servizio segreto
militare, a causa dei molti scandali, fu ripetutamente costretto a
cambiare la sua denominazione. Dalla sua creazione nel 1949
fino al primo grande scandalo nel 1965 era chiamato SIFAR
(Servizio di Informazione delle Forze Armate), mentre dal 1965
al 1977 operò con pressoché lo stesso personale con il nome di
SID (Servizio Informazioni Difesa). Dopo un nuovo scandalo,
nel 1978 il SID fu scisso in due nuove divisioni, forma in cui
opera tuttora. La sezione civile fu posta agli ordini del ministro
dell’Interno e denominato SISDE (Servizio per le Informazioni
e la Sicurezza Democratica), mentre la sezione militare
continuava a rimanere sottoposta al Ministero della Difesa ed
ebbe la denominazione di SISMI (Servizio per le Informazioni e
la Sicurezza Militare). I direttori del servizio segreto militare
durante la Prima Repubblica furono: generale Giovanni Carlo
Re (1949-1951, SIFAR), generale Umberto Broccoli (1951-
1953, SIFAR), generale Enrico Musco (1953-1955, SIFAR),
generale Giovanni De Lorenzo (1956-1962, SIFAR), generale
Egidio Viggiani (1962-1965, SIFAR), generale Giovanni
Allavena (1965-1966, SID), generale Eugenio Henke (1966-
1970, SID), generale Vito Miceli (1970-1974, SID), ammiraglio
Mario Casardi (1974-1978, SID), generale Giuseppe Santovito
(1978-1981, SISMI), generale Ninetto Lugaresi (1981-1984,
SISMI), ammiraglio Fulvio Martini (1984-1991, SISMI), Sergio
Luccarini (1991, SISMI), generale Luigi Ramponi (1991-1992,
SISMI), generale Cesare Pucci (1992-1993, SISMI).
262 Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit.,
p. 34.

180
263 Mario Coglitore (a cura di), op. cit., p. 34.
264 «The Observer», 18 novembre 1990.
265 Relazione del 1995 del Senato su Gladio e le stragi, p. 49.
266 Mario Coglitore (a cura di), op. cit., p. 133.
267 Pietro Cedomi, “Service secrets, guerre froide et ‘stay-
behind’. Part II”, cit., p. 80.
268 «The Observer», 7 giugno 1992.
269 Il documento è stato desecretato nel 1994 e ha suscitato
vasto scalpore in Italia. Cfr. «La Stampa», 27 novembre 1994.
270 William Colby, op. cit., p. 110.
271 Roberto Faenza, Il malaffare. Dall’America di Kennedy
all’Italia, a Cuba, al Vietnam, Milano, Arnoldo Mondadori,
1978, p. 132.
272 L’esistenza del documento emerse durante le rivelazioni su
Gladio nel 1990. Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi
ed il contesto storico-politico”, cit., p. 25.
273 «L’Europeo», 18 gennaio 1991. La commissione
parlamentare italiana venne a conoscenza dell’esistenza del
documento su Gladio del 1956 solo perché era entrata in
possesso di un documento su Gladio del 1° giugno 1959 che si
riferiva esplicitamente a un altro documento dicendo che era
datato 26 novembre 1956 e, nella sua versione italiana,
intitolato “Accordo fra il Servizio Informazioni Italiano e il
Servizio Informazioni USA relativo alla organizzazione ed
all’attività della rete clandestina post-occupazione (stay-behind)
italo-statunitense”. Il documento originale del 1959 è pubblicato
in Mario Coglitore (a cura di), op. cit., pp. 118-130.
274 «Fire!», gennaio 1992, p. 59.
275 Ivi, p. 62.
276 Allan Francovich, Gladio: The Puppeteers, cit.
277 William Colby, op. cit., p. 128.
278 Ivi, pp. 109-120.
279 Il documento è citato in Roberto Faenza, Il malaffare, cit.,
p. 313. Faenza compì, durante gli anni Settanta, alcune ricerche

181
negli archivi americani e, utilizzando il Freedom of Information
Act, riuscì a ottenere il documento sull’operazione
“Demagnetize”, che rivelò per primo «pesanti deviazioni del
servizio segreto italiano».
280 Stato Maggiore della Difesa. Servizio Informazioni delle
Forze Armate. Ufficio R – Sezione SAD: Le forze speciali del
SIFAR e l’operazione Gladio, Roma, 1° giugno 1959. Questo
documento fu trovato dal giudice Felice Casson negli archivi
del SIFAR a Roma nel 1990 e diede il via, in Italia e all’estero,
alle rivelazioni su Gladio. Il documento è riportato in Mario
Coglitore (a cura di), op. cit., pp. 118-130.
281 William Colby, op. cit., p. 136.
282 Telegramma inviato dal segretario di Stato all’ambasciata
USA a Roma il 18 ottobre 1961. Citato in Roberto Faenza, Il
malaffare, cit., p. 311. Faenza offre una pregevole analisi del
piano di Kennedy per aprire l’Italia alla sinistra. Cfr. ivi, pp.
307-73 («L’apertura a sinistra»).
283 Citato in Regine Igel, op. cit., p. 49.
284 Roberto Faenza, Il malaffare, cit., p. 310.
285 Regine Igel, op. cit., p. 50.
286 Roberto Faenza, Il malaffare, cit., p. 356.
287 Jens Mecklenburg (a cura di), op. cit., p. 30. e Mario
Coglitore (a cura di), op. cit., p. 185. Fu un ex generale del SID
che rivelò, negli anni Ottanta, in un interrogatorio relativo allo
scandalo della P2, che questi aggressori erano gladiatori.
288 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 77 e Roberto
Faenza, Il malaffare, cit., p. 315. Cfr. anche Philip Willan, I
burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit., pp. 45-46.
289 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit., p. 85.
290 Ibid.
291 Le forze speciali del SIFAR e l’operazione Gladio, cit., in
Mario Coglitore (a cura di), op. cit., pp. 118-130. Le indagini
sul Piano Solo indicarono che dovevano essere deportate 731

182
persone, mentre la commissione parlamentare d’inchiesta sugli
eventi del giugno-luglio 1964 determinò che verosimilmente un
numero tra 1.100 e 1.200 persone influenti sarebbero state
imprigionate nel quartier generale del CAG in Sardegna. Il
servizio segreto militare rifiutò, suscitando grande scalpore, di
consegnare le liste di proscrizione alla commissione
parlamentare. «Il che appare una circostanza di rilevante
gravità, poiché lascia supporre che la lista stessa contenesse
nomi di parlamentari e dirigenti politici, la cui pubblicazione
renderebbe impraticabile ogni ipotesi tendente a presentare gli
eventi del 1964 come atti cautelativi in previsione di possibili
disordini», concludevano i senatori. Cfr. Giovanni Pellegrino,
“Il terrorismo, le stragi ed il contesto storico-politico”, cit., p.
89.
292 Ivi, p. 60.
293 Ibid. La sua fonte è «Avanti!», 26 luglio 1964.
294 Mario Coglitore (a cura di), op. cit., p. 186. Vedi anche
Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit., p.
46.
295 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit., p. 87. Bernard Cook, “The mobilisation of
the Internal Cold War in Italy”, in «History of European Ideas»,
IX, 1994, p. 116.
296 Franco Ferraresi, op. cit., p. 41. Il silenzioso golpe di
Gladio non sarebbe mai venuto alla luce senza il lavoro
d’investigazione dei giornalisti. A partire dalla primavera del
1967 Raffaele Jannuzzi de «L’Espresso» informava
un’allarmata opinione pubblica italiana che, solo per poco, il
paese era sfuggito a un colpo di Stato (“Complotto al
Quirinale”, in «L’Espresso», 14 maggio 1967). Il tentativo di
De Lorenzo di far tacere il giornalista Jannuzzi con una
denuncia per diffamazione ebbe effetti controproducenti dato
che emerse una quantità tale di prove che il governo fu alla fine
costretto a concedere un’indagine parlamentare «sugli eventi del

183
1964». (Commissione parlamentare d’inchiesta sugli eventi del
giugno-luglio 1964. Relazioni finali pubblicate in due volumi.
Relazione di Maggioranza e di Minoranza, Roma, 1971).
297 Commissione parlamentare d’inchiesta sugli eventi del
giugno-luglio 1964. Relazioni finali, cit., p. 67. Citato in Regine
Igel, op. cit., p. 51 e Philip Willan, I burattinai. Stragi e
complotti in Italia, cit., p. 44.
298 Commissione parlamentare d’inchiesta sugli eventi del
giugno-luglio 1964. Relazioni finali, cit., p. 67. Citato in Regine
Igel, op. cit., p. 53.
299 Citato ivi, p. 53.
300 Ivi, p. 232.
301 «The Observer», 21 febbraio 1988.
302 Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta
sulla Loggia P2, Roma 1984.
303 In un’intervista con Willan. Citato in Philip Willan, I
burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit., p. 64.
304 Regine Igel, op. cit., p. 229.
305 Citato in «The New Statesman», 21 settembre 1984.
306 Hugh O’Shaughnessy, op. cit.
307 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 28.
308 Ibid.
309 BBC1, “Newsnight”, 4 aprile 1991.
310 Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit.,
pp. 48-49.
311 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit., p. 97.
312 Ivi, p. 164.
313 Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit.,
p. 110. Buscetta lo dichiarò sotto giuramento a Falcone nel
dicembre 1984. Successivamente il coraggioso Falcone fu
ucciso dalla mafia.
314 Liggio alla Corte d’Assise di Reggio Calabria nel 1986.
Citato in ibid.

184
315 Ivi, p. 106.
316 William Colby, op. cit., p. 395.
317 Cfr. per esempio Robert McNamara, In Retrospect. The
Tragedy and Lessons of Vietnam, New York, Random House,
1995.
318 Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit.,
p. 105-106.
319 «Statewatch», gennaio 1991.
320 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 105.
321 «Statewatch», gennaio 1991 e Jean-François Brozzu-
Gentile, op. cit., p. 19.
322 «L’Europeo», 16 novembre 1990.
323 Allan Francovich, Gladio: The Puppeteers, cit.
324 Ibid.
325 Risultati elettorali delle elezioni politiche per i tre maggiori
partiti italiani: Democrazia Cristiana, Partito Comunista
Italiano, Partito Socialista Italiano
DC PCI PSI PCI+PSI
1968 39,1% 26,9% 14,5% 41,4%
1972 38,7% 27,1% 9,6% 36,7%
1976 38,7% 34,4% 9,6% 44,0%
1979 38,3% 30,4% 9,8% 40,2%
1983 32,9% 29,9% 11,4% 41,3%
1987 34,3% 26,6% 14,3% 40,9%
1992 29,7% 23,6%* 13,6% 36,9%**
1994 sciolta 28,3%* 2,2% 30,5%**
* PDS
** PDS+PSI
Fonte: www.aitec.it/paradisi/costitutz/c_app3.htm
326 Pike Report: Report of the House Select Committee on
Intelligence [Pike Committee], Ninety-fourth Congress, New
York, Village Voice, 1976, pp. 193 e 195.
327 Joe Garner, We lnterrupt this Broadcast. The Events that
Stopped our Lives. From Hindeburg Explosion to the Death of

185
John F. Kennedy Jr., Naperville, Sourcebooks, 2000, p. 87.
328 Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in Italia, cit.,
p. 241.
329 Ivi, p. 351.
330 Ivi, p. 239.
331 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit., p. 294-295.
332 Franco Scottoni, “Franceschini sul ‘caso Moro’: ‘Forse le
BR furono usate’”, in «la Repubblica», 6 dicembre 1993.
333 Sergio Flamigni, La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti,
segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti, Milano, Kaos,
2004.
334 Ivi, p. 294.
335 «The Guardian», 16 gennaio 1991.
336 Associated Press, 20 novembre 1990.
337 Intervista al generale Serravalle da parte del reporter
britannico Peter Marshall trasmessa nel servizio speciale di
“Newsnight” il 4 aprile 1991.
338 Allan Francovich, Gladio: The Puppeteers, cit.
339 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit., pp. 242 e 364.
340 Relazione dei parlamentari DS, 2000. I suoi otto membri
erano: On. Valter Bielli, On. Antonio Achilli, On. Michele
Cappella, On. Piero Ruzzante, Sen. Alessandro Pardini, Sen.
Raffaele Bertoni, Sen. Graziano Scioni, Sen. Angelo Staniscia.
Citati in Philip Willan, “US ‘supported antileft terror in Italy.’
Report claims Washington used a strategy of tension in the cold
war to stabilise the centre right”, cit.
341 Relazione dei parlamentari DS, 2000, p. 41.
342 Ibid.
343 Ivi, p. 42.
344 Philip Willan, “US ‘supported antileft terror in Italy’.
Report claims Washington used a strategy of tension in the cold
war to stabilise the centre right”, cit.

186
345 Ivi.
346 Arthur Rowse, op. cit.

187
7. Francia

L’invasione e l’occupazione della Francia da parte


dell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale hanno
rappresentato la più traumatica esperienza francese dell’ultimo
secolo. Il 14 giugno 1940 Parigi cadde. Mentre parte dei militari
e dell’élite dirigente al seguito del generale Philippe Pétain
collaborò con gli occupanti nazisti e mise in piedi un governo
con sede a Vichy, il generale De Gaulle volò a Londra e, dalla
radio, dichiarò alla popolazione francese di essere il
rappresentante del legittimo governo del paese. De Gaulle
sosteneva che la guerra contro gli occupanti doveva continuare
e sarebbe continuata. Allo scopo di raccogliere informazioni di
intelligence in territorio francese, intessere rapporti con la
resistenza locale e portare a termine operazioni di sabotaggio
nelle zone occupate dal nemico, il generale De Gaulle istituì a
Londra il servizio segreto BCRA (Bureau Central de
Renseignements et d’Action, ‘Ufficio Centrale di Informazione
e Azione’). Gli agenti del BCRA, paracadutati in Francia,
eseguirono missioni segrete che costarono la vita a moltissimi di
loro. Per quanto riguarda operazioni, addestramento ed
equipaggiamento, il BCRA, che fu sciolto prima della fine della
guerra, fu il precursore dell’esercito segreto francese e molti dei
soldati clandestini della guerra fredda risulteranno aver già
combattuto come agenti del BCRA. Dopo l’invasione della
Normandia del 6 giugno 1944 e la liberazione della Francia da
parte degli americani, il generale De Gaulle rientrò

188
trionfalmente a Parigi e divenne primo ministro. Il generale
Pétain, che aveva collaborato con Hitler, fu condannato a morte,
ma poi fu graziato e imprigionato a vita.
Con la fine della seconda guerra mondiale, nacque la Quarta
Repubblica francese (1945-1958), caratterizzata da una grande
instabilità politica e militare nella quale i vari partiti si
contendevano il potere347. A sinistra, il Partito Comunista
Francese (PCF), che era diventato assai popolare soprattutto per
il suo ruolo guida nella resistenza al regime di Vichy, si
aspettava di entrare nel governo del dopoguerra. «Il PCF aveva
guadagnato un enorme prestigio e una sorta di primato morale
per aver guidato la Resistenza [...], le sue credenziali
patriottiche erano inattaccabili»348. A destra, i collaborazionisti
di Vichy che facevano parte dell’esercito o del potentato
economico rifiutavano con molta veemenza l’idea che la
Francia potesse progressivamente cadere sotto il controllo
comunista, indipendentemente dal fatto che ciò avvenisse con
un colpo di Stato da parte del PCF o con una vittoria elettorale
ottenuta democraticamente. Ancora più rilevante era il fatto che
Stati Uniti e Gran Bretagna fossero strenui oppositori del Partito
Comunista Francese, ritenuto pesantemente dipendente da
Mosca. Pertanto, come in Italia, anche in Francia una guerra
segreta continuò dopo il 1945, una guerra nella quale si
contrapponevano da un lato il PCF e i sindacati, e dall’altro la CIA
e parti dell’establishment politico, militare e di polizia che
patrocinarono e guidarono l’esercito occulto stay-behind.
«Per cominciare, la CIA voleva bloccare l’ascesa al potere
della sinistra e anche la partecipazione dei comunisti al governo.
Per la CIA questa era evidentemente la priorità delle priorità,
così come in tutti i paesi dell’Alleanza Atlantica», commentò in
seguito Philip Agee, ex agente della CIA, riguardo alla guerra
fredda in Francia349. In nessuna parte d’Europa, a eccezione
dell’Italia, i comunisti erano tanto forti quanto nella Francia del

189
dopoguerra. Washington temeva che Mosca potesse spingere il
PCF a prendere il potere con un colpo di Stato. Stalin, tuttavia,
non incoraggiava affatto tale strategia e per quanto i giovani ed
entusiasti comunisti francesi si aspettassero qualcosa di più
avventuroso, la vecchia e solida dirigenza del PCF non
prevedeva di prendere il potere con la forza. I vertici, infatti,
pensavano giustamente che un tentativo di questo tipo, se anche
non avesse portato a un loro annientamento da parte
dell’esercito americano che ancora stazionava in Francia, ma
fosse invece riuscito, li avrebbe comunque isolati e relegati in
un ghetto politico. Il PCF aveva molto più da guadagnare se
rispettava le procedure elettorali democratiche.
Il primo ministro De Gaulle accettò nel suo nuovo governo
due ministri comunisti e contemporaneamente, nel novembre
1944, riuscì a convincere la Resistenza a deporre le armi in
cambio della promessa di elezioni leali e democratiche. Le
elezioni municipali della primavera del 1945 segnarono una
schiacciante vittoria per il PCF che raccolse il 30 per cento dei
voti, mentre i partiti concorrenti, l’appena fondato MRP
(Mouvement Républicain Popoulaire) e i socialisti francesi,
risultarono secondo e terzo partito con, rispettivamente, il 15 e
l’11 per cento. Questo risultato fu confermato dalle elezioni
politiche nazionali del 21 ottobre 1945 nelle quali il PCF ottenne
il 26 per cento dei voti e 260 seggi all’Assemblea Costituente,
mentre i socialisti arrivarono secondi con il 24 per cento e 142
seggi e l’MRP terzo con il 23,6 per cento. Insieme i due partiti di
sinistra ottennero una netta maggioranza.
Nonostante l’evidente successo elettorale delle sinistre, il
primo ministro De Gaulle non tenne fede alle sue promesse e
rifiutò di assegnare ai comunisti posti chiave nel governo. Il PCF
protestò energicamente quando gli furono concessi quattro
ministeri di second’ordine, e cioè Economia, Armamenti,
Produzione Industriale e Lavoro, e al suo segretario generale,
Maurice Thorez, di diventare ministro. Durante un drammatico

190
confronto i comunisti, attraverso la loro forte rappresentanza
parlamentare, condannarono duramente la guerra che la Francia
stava combattendo per riguadagnare il controllo della colonia
del Vietnam. Jeannette Vermeersch, parlamentare comunista,
sottolineò che nei villaggi in fiamme del Vietnam i francesi
«stavano commettendo lo stesso tipo di atrocità» che le truppe
tedesche avevano perpetrato in Francia solo pochi anni prima.
L’osservazione provocò tumulto nel Parlamento francese e il
presidente insistette: «Signora, vi dico molto educatamente
che...voi insultate sia quest’Assemblea sia lo Stato!». Siccome
la Vermeersch continuava, il presidente con grande
costernazione disse: «Signora, non avrei mai creduto una donna
capace di tanto odio». Al che la Vermeersch rispose: «Sì, io
odio. Lo faccio quando penso ai milioni di lavoratori che voi
sfruttate. Sì, odio la maggioranza di quest’Assemblea!»350.
I conservatori francesi erano molto preoccupati del
radicalismo dei comunisti francesi e trasecolarono quando
questi ultimi, in segno di protesta per l’ingiusta rappresentanza
ottenuta nel governo, proposero due leggi di cui la prima
limitava i poteri dell’esecutivo, mentre la seconda tagliava del
20 per cento il bilancio militare. Quando i due progetti di legge
furono approvati da un Parlamento dominato dai comunisti, De
Gaulle rassegnò drammaticamente le dimissioni il 20 gennaio
1946. La lotta per il potere continuò, con il PCF che proponeva
di dividere le cariche governative tra comunisti e socialisti, dato
che nient’altro avrebbe riflettuto meglio la volontà del popolo
francese espressa nelle elezioni democratiche. I socialisti non
erano d’accordo, poiché si rendevano conto di quanto la
Francia, come l’Italia in quello stesso periodo, vivesse in
condizioni di «sovranità limitata»: gli Stati Uniti non avrebbero
mai concesso a un governo francese di sinistra i tanto attesi aiuti
economici previsti dal piano Marshall.
La posizione della Casa Bianca era sempre più in

191
contraddizione con la volontà democratica espressa dalle urne.
Nelle elezioni politiche nazionali del 10 novembre 1946 il PCF
emerse ancora una volta come il partito di maggioranza,
assicurandosi il 29 per cento dei voti, il loro miglior risultato,
mentre MRP e socialisti subivano leggere flessioni. Il fascino e la
forza del comunismo rimaneva intatto in Francia. Nell’Europa
occidentale i comunisti francesi, in termini di dimensione e
prestigio, erano eguagliati solo dal forte Partito Comunista
Italiano. Nella Svizzera il Partito Comunista era fuorilegge,
mentre quello britannico era molto piccolo e subordinato a un
imponente Partito Laburista e anche in Belgio i comunisti,
comparativamente più influenti, avevano però un minor peso
governativo. Il PCF poteva contare su circa un milione di iscritti.
Il suo quotidiano «l’Humanité», insieme al suo omologo serale,
il «Ce Soir», era il più letto in Francia. Il PCF controllava le più
importanti associazioni giovanili francesi (compresa l’Union de
la jeuness Républicaine de France) come pure le più grandi e
forti organizzazioni sindacali (tra cui la CGT, Confédération
Génerale du Travail).
L’ambasciatore americano in Francia, Jefferson Caffery, un
incrollabile anticomunista, settimana dopo settimana inviava
allarmanti rapporti al presidente Truman. Washington e i servizi
segreti americani erano persuasi che i comunisti andassero
attaccati e sconfitti con una guerra clandestina. Il generale Hoyt
Vandenberg, direttore del Central Intelligence Group, il 26
novembre 1946 con un memorandum avvertì Truman che i
comunisti erano in una tale posizione di forza che avrebbero
potuto prendere il potere quando avessero voluto: «Escludendo
che possa essere formato un governo francese senza i comunisti,
l’ambasciatore Caffery sostiene [...] che i comunisti abbiano ora
una forza sufficiente per prendere il potere quando ritengano
auspicabile farlo». Vandenberg sottolineava come l’intelligence
statunitense indicasse, comunque, che il PCF non intendeva
conquistare il potere con un colpo di Stato. Il fatto che i

192
comunisti non abbiano preso il potere in queste circostanze,
continuava Vandenberg, «è attribuibile 1) alla loro valutazione
che sia preferibile conseguirlo per vie legali e 2) alla
considerazione che farlo sarebbe stato contrario all’attuale
politica del Cremlino»351.
Per iniziativa delle Forze Speciali britanniche e del servizio
d’intelligence americano, fu allestito in Francia un esercito
segreto – il suo nome di copertura era Piano Blu – con il
compito di prevenire segretamente l’ascesa al potere del forte
Partito Comunista Francese. Il “Piano Blu”, in altre parole,
voleva impedire alla Francia di diventare rossa. Victor Vergnes,
uno dei soldati reclutati per l’operazione, ricorda come, negli
anni dell’immediato dopoguerra, l’impulso fosse giunto
soprattutto dagli inglesi. «In quel momento vivevo a Sète, in
casa del comandante Benet, un ufficiale della DGER già attivo in
missioni in India. Numerosi incontri ebbero luogo in
quell’abitazione». Le SAS britanniche, specialiste nella guerra
segreta, contattarono l’appena istituito servizio segreto francese,
la Direction Générale des Études et Recherches (DGER), con cui
si accordarono per allestire un esercito segreto nel nord della
Francia e in Bretagna. «Un giorno», ricorda Vergnes, «dopo una
visita del tenente Earl Jellicoe delle SAS britanniche, il
comandante mi disse: “Stiamo preparando un esercito segreto,
soprattutto nella zona bretone”»352.
Cellule dell’esercito clandestino, nelle quali erano coinvolti
numerosi agenti e ufficiali della DGER, furono costituite in ogni
parte della Francia. Vale la pena osservare che la DGER, sotto la
direzione di André Devawrin, comprendeva anche elementi
provenienti dalla resistenza comunista. Gli agenti più reazionari
e soprattutto gli americani consideravano queste presenze un
rischio, soprattutto per ciò che riguardava le operazioni ultra-
segrete contro i comunisti francesi, come il Piano Blu. Il DGER
fu sciolto nel 1946 e rimpiazzato da un nuovo servizio segreto

193
militare, rigorosamente anticomunista, lo SDECE agli ordini di
Henri Alexis Ribière. Con la sostituzione del DGER da parte
dello SDECE i comunisti persero un’importante battaglia nella
guerra segreta in Francia dal momento che lo SDECE divenne il
loro avversario più pericoloso. Anticomunisti addestrati dalla
guerra civile in Grecia furono reclutati mano a mano che il
servizio segreto militare si spostava su posizioni di destra. «Gli
angloamericani si mantenevano in stretto contatto con i
cospiratori, soprattutto tramite Earl Jellicoe, che era tornato da
poco dall’operazione anticomunista in Grecia»353.
Mentre la Francia era scossa da grandi scioperi che
paralizzavano l’intero paese, gli agenti del Piano Blu
avvicinavano segretamente i ricchi industriali per farsi
finanziare la loro guerra segreta. «Incontrai i fratelli Peugeot nei
loro uffici», ricorda l’agente Vergnes, ricordando i suoi contatti
con gli esponenti dell’industria dell’automobile. «Discutevamo
cosa si sarebbe dovuto fare in caso di occupazione o di grandi
scioperi in fabbrica. Ho lavorato per due mesi a stendere un
dettagliato piano d’azione. Eravamo divisi in sezioni. Io mi
occupavo delle automobili, dei garage e degli hotel»354.
Quando alla Renault scoppiò un imponente sciopero sostenuto
dal PCF e dalla CGT, la tensione aumentò in tutto il paese. Il
primo ministro, il socialista Paul Ramadier, ordinò il blocco dei
salari in risposta alle richieste d’aumento provenienti dagli
scioperanti. Era uno scontro duro. I comunisti votarono contro il
blocco dei salari, mentre i socialisti esortavano Ramadier a non
dimettersi, dopo di che con un’inaspettata manovra il primo
ministro, il 4 maggio 1947, espulse i ministri comunisti dal suo
governo. Questi ultimi, assai sorpresi, subirono senza replicare
sperando che si trattasse di un ostracismo temporaneo. Per oltre
trent’anni, tuttavia, il PCF non sarebbe tornato al governo. Solo
in seguito si scoprì che Washington era coinvolta segretamente
nel tacito colpo di mano. «Il generale Revers, capo di Stato

194
Maggiore francese, riferì successivamente che il governo
americano aveva sollecitato Ramadier a rimuovere i ministri del
PCF». In particolare, «i socialisti avevano anticipatamente
discusso del problema con l’ambasciatore Caffery», il quale
aveva detto loro chiaramente che gli aiuti economici americani
non sarebbero arrivati fintanto che gli esponenti comunisti
fossero rimasti al governo355.
Un mese dopo l’espulsione dei comunisti dal governo i
socialisti francesi attaccarono la destra militare e la CIA e
denunciarono l’esistenza dell’esercito clandestino del Piano
Blu. Il 30 giugno 1947 il ministro socialista dell’Interno
Édouard Depreux svelò il segreto e dichiarò a una sconcertata
opinione pubblica che un esercito occulto di destra era stato
istituito in Francia alle spalle dei politici per destabilizzare il
governo. «Verso la fine del 1946 siamo venuti a sapere
dell’esistenza di una rete di resistenti composta da estremisti di
destra, collaboratori di Vichy e monarchici», spiegava Depreux.
«Hanno un piano segreto di attacco chiamato “Piano Blu”, che
avrebbe dovuto essere messo in atto alla fine di luglio o il 6
agosto [1947]»356.
Secondo le gravi accuse del ministro dell’Interno, la CIA e
l’MI-6, insieme a forze paramilitari francesi di destra, avevano
pianificato un colpo di Stato in Francia per l’estate del 1947.
Sulla scia di queste rivelazioni si ebbero indagini e alcuni
arresti. Tra i cospiratori arrestati figurava il conte Edme de
Vulpian. Il suo castello vicino a Lamballe, nel nord della
Francia, servì presumibilmente da quartier generale per gli
ultimi preparativi del golpe. Dalle indagini svolte dal
commissario Ange Antonini emerse che nel castello erano
nascosti «armamenti pesanti, piani operativi e ordini di
battaglia». I piani rivelavano che, come componente essenziale
del programma di guerra occulta, i cospiratori del Piano Blu
intendevano far crescere la tensione politica francese eseguendo

195
atti terroristici e incolpandone la sinistra, creando così le
condizioni favorevoli per un colpo di Stato. Questi
comportamenti erano già stati adottati nelle operazioni segrete
condotte in Italia, Grecia e Turchia. «Si fece anche un piano per
assassinare De Gaulle e suscitare un moto di pubblica
indignazione», riferisce Faligot, un esperto di servizi segreti
francesi357.
Altre fonti tuttavia, pur ammettendo che in Francia si stesse
combattendo in quegli anni una guerra occulta, smentiscono
categoricamente che i cospiratori possano aver tentato nel 1947
un colpo di Stato di destra. «Quando il ministro dell’Interno
Depreux rivelò il contenuto del dossier sul Piano Blu, il suo
intento era di infliggere un colpo alla destra, dopo averne
appena assestato uno alla sinistra». Questo affermava Luc
Robert, direttamente implicato nel complotto, riferendosi
all’espulsione dei comunisti dal governo appena avvenuta. «Era
inoltre una mossa per indebolire l’esercito francese, che pensava
di poter far politica per conto proprio»358. Sorprendentemente
le indagini sul ruolo dello SDECE nella cospirazione furono
condotte dal suo stesso direttore Henri Ribière. Questi concluse
che CIA e MI-6 erano da biasimare per aver promosso il Piano
Blu, anche se presumibilmente non avevano mai pianificato un
colpo di Stato. «Le armi che erano state trovate un po’
dovunque nel paese erano state pagate in parte da Londra e da
Washington. Erano state fornite, comunque, per resistere ai
comunisti, non per inscenare un colpo di Stato», conclusero gli
inquirenti359.
Su suggerimento dell’ambasciatore americano Caffery, che
sovrintendeva da vicino alla guerra segreta contro i comunisti in
Francia, negli ultimi mesi del 1947 la CIA centrò il suo obiettivo
sulla CGT, la poderosa organizzazione sindacale, vera spina
dorsale della forza comunista in Francia. Il generale americano
Vandenberg, nel suo memorandum al presidente Truman, aveva

196
correttamente sottolineato che le «capacità dei comunisti di
esercitare pressioni economiche tramite la CGT o di ricorrere alla
forza hanno, secondo anche quanto suggerisce l’ambasciatore
Caffery, come significato principale quello di garantirli contro
una loro esclusione dal governo»360. La CIA riuscì a creare una
scissione nella CGT dominata dai comunisti, facendone uscire la
moderata Force Ouvrière, che a partire dagli anni Cinquanta
finanziò con più di un milione di dollari l’anno361.
L’operazione segreta ridimensionò notevolmente la forza dei
comunisti.
Un altro obiettivo della guerra segreta della CIA nella Quarta
Repubblica fu la polizia francese. Quando, nella primavera del
1947, i ministri comunisti furono espulsi dal governo anche
l’intera amministrazione governativa fu epurata dagli elementi
comunisti, mentre contemporaneamente, nei ranghi della
polizia, gli anticomunisti venivano promossi. Tra di loro emerse
rapidamente il commissario Jean Dides che durante la seconda
guerra mondiale aveva collaborato strettamente con il servizio
segreto americano OSS e ora era stato promosso comandante
delle unità di polizia paramilitare, clandestine e anticomuniste,
sotto il controllo del Ministero dell’Interno allora retto da Jules
Moch. L’ambasciata americana era compiaciuta di questi
sviluppi e all’inizio del 1949 inviò un cablogramma al
dipartimento di Stato a Washington comunicando che allo scopo
di «combattere il pericolo del comunismo, la Francia ha creato
delle cellule di poliziotti riservati ma efficienti [...]. Anche in
Italia si stanno allestendo queste unità di poliziotti anticomunisti
sotto il controllo del ministro dell’Interno Mario Scelba, usando
comandanti dell’ex polizia fascista»362.
Insieme ad altri comandanti delle forze di polizia
anticomunista, impegnate nella guerra segreta che percorreva
l’Europa occidentale, Dides prendeva regolarmente parte agli
incontri di Paix et Liberté, un’organizzazione di copertura della

197
CIA capeggiata dall’anticomunista francese Jean-Paul David363.
Lo storico americano Christopher Simpson stima che le unità
per operazioni clandestine come Paix et Liberté siano state
fondate dalla CIA nel corso della guerra segreta ai comunisti e
costassero «più di un miliardo di dollari l’anno»364. Con
sezioni presenti in diversi paesi europei Paix et Liberté
condusse, per conto della CIA, operazioni di guerra psicologica e
fece propaganda anticomunista stampando manifesti,
finanziando programmi radiofonici, pubblicando materiali vari e
organizzando occasionali dimostrazioni. La divisione italiana di
questa organizzazione era diretta da Edgardo Sogno, si
chiamava Pace e Libertà e aveva sede a Milano. Nel 1995, la
commissione d’indagine del Parlamento italiano su Gladio
accertò che Paix et Liberté era direttamente agli ordini della
NATO. Nel 1953 il ministro degli Affari Esteri francese Georges
Bidault suggerì durante il Consiglio Atlantico della NATO che
Paix et Liberté dovesse essere messa a capo della
riorganizzazione dei servizi di intelligence della NATO e servisse
da centro motore per il coordinamento delle operazioni
internazionali anti-Cominform365. Irwin Wall, nella sua storia
sull’influenza americana nella Francia del dopoguerra, scriveva
che, insieme a Force Ouvrière, Paix et Liberté costituiva il più
importante tentativo da parte della CIA per promuovere
organizzazioni di massa non comuniste in Francia durante gli
anni Cinquanta»366.
La guerra segreta contro i comunisti non terminò quando fu
scoperto e smobilitato il Piano Blu nel 1947. Avvenne piuttosto
il contrario. Il primo ministro francese Paul Ramadier si
assicurò che, nonostante lo scandalo, i fidati dirigenti di quel
piano non venissero rimossi dai servizi segreti. Passata la
tempesta, ordinò al capo dello SDECE Henri Ribière e a Pierre
Fourcaud, suo vice, di organizzare un nuovo esercito segreto
anticomunista che avrebbe avuto il nome in codice di “Rosa dei

198
Venti”, una figura a forma di stella che ricordava il simbolo del
Patto Atlantico. Il nome in codice era stato ben scelto perché
quando era stata creata la NATO, nel 1949, con quartier generale
a Parigi, lo SDECE coordinava la sua guerra segreta
anticomunista in stretta collaborazione con l’alleanza
militare367. I soldati clandestini sapevano bene che la rosa dei
venti è il disegno che si trova nella bussola, sotto l’ago, grazie al
quale viene ristabilita la rotta quando la barca rischia di andare
alla deriva.
Dato che la cooperazione segreta con gli Stati Uniti si
intensificava, lo SDECE nell’aprile del 1951 aprì una sede a
Washington368. Secondo i piani della CIA e della NATO per la
guerra segreta anticomunista in Europa occidentale, la Rosa dei
Venti aveva il compito di individuare e combattere gli elementi
sovversivi comunisti nella Quarta Repubblica francese. Non
solo, doveva inoltre predisporre misure per un’eventuale
evacuazione del governo e organizzare adeguate basi d’esilio
all’estero, ma soprattutto addestrare il proprio esercito segreto
ad azioni di sabotaggio, guerriglia e raccolta d’informazioni di
intelligence sotto occupazione nemica. La Francia fu suddivisa
in numerose zone geografiche stay-behind a ognuna delle quali
furono assegnati gruppi segreti coordinati da un ufficiale dello
SDECE. Una base in esilio per il governo francese fu predisposta
in Marocco e lo SDECE inviò parte dei suoi archivi in microfilm a
Dakar369.
Forse il membro più famoso dell’esercito segreto
anticomunista della Rosa dei Venti fu François Grossouvre che,
nel 1981, divenne consigliere per le operazioni segrete del
presidente socialista Mitterrand. Durante la seconda guerra
mondiale, Grossouvre era stato arruolato in una milizia fascista
che sosteneva Vichy, ma dichiarò in seguito di esservisi
infiltrato per conto della Resistenza. Nel dopoguerra il servizio
segreto militare l’aveva reclutato per l’esercito segreto della

199
Rosa dei Venti. L’agente dello SDECE Louis Mouchon, che
aveva reclutato molti soldati per la rete segreta, ricorda come
era stato contattato Grossouvre: «Il nostro responsabile a Lione,
Gilbert Union, che durante la guerra aveva condotto delle
missioni per conto del BCRA, era un appassionato pilota d’auto e
proprio allora aveva avuto un incidente mortale. Per sostituirlo,
nel 1950, lo SDECE arruolò François de Grossouvre». Mouchon
riteneva che Grossouvre non fosse stato scelto unicamente per
le sue esperienze durante la guerra, ma anche per i suoi contatti
d’affari: «La sua attività, la A. Berger & Co. Sugar Company,
offriva grandi opportunità di copertura. Aveva degli ottimi
contatti»370.
Come consigliere speciale del presidente Mitterrand
Grossouvre tornò a manovrare la guerra segreta all’inizio degli
anni Ottanta, ma fu sollevato dalle sue principali responsabilità
nel 1985. Il suo stile troppo spregiudicato era diventato
intollerabile per i più seri colleghi di Mitterrand. Le sue
relazioni personali con Mitterrand rimasero presumibilmente
buone e quando, alla fine del 1990, dopo le rivelazioni su
Gladio diffuse in tutta Europa, il presidente francese nel pieno
dello scandalo decise di sciogliere la rete di Gladio in Francia,
«si sarebbe prima consultato con sua “eminenza grigia”,
François Grossouvre»371. Quando Grossouvre morì, la sua
partecipazione alla guerra clandestina non era più un segreto.
«Era stato reclutato nello spionaggio francese e aveva
collaborato all’organizzazione di Gladio, un piano sostenuto
dagli americani per creare un movimento di resistenza armata in
Europa occidentale da contrapporre a un’invasione russa»,
osservava «The Economist» nel suo necrologio dopo che
Grossouvre, all’età di settantasei anni, si era drammaticamente
sparato un colpo all’interno dell’Eliseo il 7 aprile 1994372.
L’ufficiale in pensione della CIA Edward Barnes, durante la
Quarta Repubblica, aveva fatto da collegamento con la Gladio

200
francese e aveva lasciato il paese nel 1956. Dopo la scoperta
degli eserciti segreti nel 1990, ricordava come non solo
Washington ma anche molti francesi fossero assai preoccupati
del fatto che il forte Partito Comunista Francese potesse
dominare il paese. «C’era probabilmente un gran numero di
francesi che volevano essere pronti se fosse successo qualcosa».
Resistere a un’occupazione sovietica era, secondo Barnes, la
ragione principale della Gladio francese, mentre la promozione
di attività politiche anticomuniste «potrebbe essere stata un
fattore secondario»373. Per Barnes, l’organico della Gladio
francese consisteva di «alcune dozzine» di persone reclutate
individualmente dalla CIA, ciascuna delle quali doveva costruire
a sua volta una propria piccola rete reclutando in proprio. Se
vale l’analogia con le Gladio degli altri paesi dove ciascun
gladiatore arruolava dieci uomini, allora da quanto aveva detto
Barnes si sarebbe potuto dedurre che la Gladio francese contava
circa cinquecento soldati occulti.
L’esatto numero dei partecipanti alla guerra segreta contro i
comunisti è molto difficile da stabilire. L’«Intelligence
Newsletter», che aveva sede a Parigi, dopo la scoperta degli
eserciti segreti della CIA, riferiva che «un direttore dello
spionaggio francese del tempo si era offerto di mettere a
disposizione della CIA diecimila “patrioti” armati e addestrati, al
di fuori dei ranghi delle Forze Armate francesi» preparati a
intervenire in un conflitto clandestino «nel caso che un governo
comunista salisse al potere». Secondo Barnes la CIA «non aveva
documentazione su quante persone sarebbero state disponibili.
Non c’era modo di calcolarlo. Quelli che avevo incontrato erano
contadini, gente di città, commercianti». Molti non avevano
bisogno di grande addestramento perché erano veterani di
guerra e durante la seconda guerra mondiale avevano prestato
servizio in operazioni segrete del BCRA dietro le linee
nemiche374.

201
Per assicurare ai combattenti segreti l’accesso
all’equipaggiamento necessario per le loro attività, la CIA,
assieme allo SDECE, dispose nascondigli segreti sparsi per tutto il
paese. «Ogni tipo di materiale fu stivato in luoghi segreti»,
compresi esplosivi, armi, monete d’oro, biciclette, e soprattutto
apparecchi radio e cifrari. Per mantenere segreta la rete si
seguiva strettamente il principio di limitare le informazioni al
più piccolo numero possibile di persone. Barnes sottolineò che
avrebbe potuto incontrare al massimo dieci reclute della CIA
«per paura di mettermi o di metterle in pericolo. Non si poteva
andare e dire semplicemente “Scava questa roba, Joe”. Molte
cose probabilmente sarebbero andate storte. Alcuni di quei tipi
certamente non avevano nascosto il materiale dove era stato
detto loro»375.
Il ministro della Difesa italiano era al corrente del fatto che il
servizio segreto francese e la CIA stavano organizzando un
esercito segreto da poter opporre ai comunisti. Il generale
Umberto Broccoli, capo del SIFAR, scrisse nell’ottobre del 1951
al capo di Stato Maggiore della Difesa Marras che eserciti
clandestini esistevano in Olanda, Belgio, Norvegia, Danimarca
e che «anche la Francia ha organizzato questo genere di
operazioni sul suo territorio fino ai Pirenei»376. Quanto fosse
diffuso l’esercito clandestino francese nelle zone dell’Austria e
della Germania occupate dagli Alleati alla fine della seconda
guerra mondiale non è chiaro, ma si stima che le operazioni
segrete siano state limitate al settore controllato dalle forze
francesi fino a quando le truppe alleate si ritirarono dai due
paesi. Il primo ministro italiano Giulio Andreotti, nell’ottobre
1990, nel suo rapporto alla commissione parlamentare che
indagava sulle stragi e il terrorismo, confermò che gli eserciti
anticomunisti segreti avevano rapporti con la NATO,
aggiungendo che «reti di resistenza furono allestite dalla Gran
Bretagna in Francia, Olanda, Belgio e presumibilmente in

202
Danimarca e Norvegia. I francesi si occuparono dei territori
tedeschi e austriaci sotto il loro controllo, come pure del loro
paese fino ai Pirenei»377.
Un memorandum top-secret del Comitato dei Capi di Stato
Maggiore dell’esercito americano datato 14 maggio 1952 e
intitolato “Operation Demagnetize” indicava in dettaglio come
«le operazioni politiche, paramilitari e psicologiche» dovessero
essere utilizzate secondo quella direttiva per «ridurre la forza
del Partito Comunista in Italia» e anche «in Francia»378. «La
finalità ultima del piano è di ridurre la forza dei partiti
comunisti, le loro risorse materiali, la loro influenza sui governi
italiano e francese e in particolare nei sindacati», specificava il
documento segreto del Pentagono, «allo scopo di limitare,
quanto più possibile, il pericolo che il comunismo acquisisca
ulteriore forza in Italia e Francia e danneggi gli interessi degli
Stati Uniti nei due paesi». Gli eserciti clandestini della CIA
diretti dallo SDECE venivano istruiti e addestrati all’interno di
questo contesto strategico perché, come specificava il
documento, «limitare la forza dei comunisti in Italia e Francia è
l’obiettivo prioritario. Questo fine deve essere raggiunto con
l’impiego di ogni mezzo». La guerra doveva rimanere
strettamente segreta e «i governi italiano e francese non devono
essere a conoscenza del piano Demagnetize, in quanto è chiaro
che questo programma può interferire con le rispettive sovranità
nazionali»379.
L’addestramento dei soldati segreti della Rosa dei Venti ebbe
luogo in varie parti della Francia e all’estero in stretta
cooperazione con le Forze Speciali francesi. In particolare, il
più coinvolto era il reggimento di paracadutisti, altamente
specializzato, denominato 11ème Demi-brigade Parachutiste du
Choc o, in breve, Undicesimo d’Assalto. I collegamenti con
l’esercito clandestino erano stretti e, in molti casi, ufficiali
dell’Undicesimo d’Assalto erano anche membri dell’esercito

203
della Rosa dei Venti. Analogamente alle SAS britanniche che
eseguivano azioni segrete e operazioni sporche per conto del
servizio di controspionaggio MI-6, l’Undicesimo d’Assalto
servì, dopo la seconda guerra mondiale, come pugno di ferro
dello SDECE. Secondo Brozzu-Gentile, «gli istruttori della stay-
behind erano tutti membri dello SDECE o vicini al servizio»380.
Al tempo dello scandalo Gladio, nel 1990, la stampa francese
rivelò che i gladiatori francesi avevano ricevuto l’addestramento
nell’uso delle armi, nella manipolazione di esplosivi,
nell’osservazione e nell’uso di apparecchi di comunicazione al
Centre d’Entraînement des Réserves Parachutistes (CERP,
‘Centro Addestramento Riserve Paracadutisti’) dell’Undicesimo
d’Assalto a Cercottes, vicino a Orléans e nei centri
d’addestramento, sempre dell’Undicesimo d’Assalto, a Fort
Mont-Louis, sui Pirenei vicino al confine spagnolo, e a Calvi,
sulla costa settentrionale della Corsica, vicino al quartier
generale della Gladio italiana in Sardegna381.
Come unità militare di spicco in azioni di guerra segreta e
operazioni sporche, l’Undicesimo d’Assalto operava soprattutto
in Indocina e in Africa, dato che l’intervento militare ingaggiato
dalla Francia per conservare le colonie del Vietnam e
dell’Algeria era risultato infruttuoso. «L’unità per eseguire le
operazioni sporche, l’asso nella manica per la guerra segreta in
Algeria dal 1954 al 1962, era ovviamente l’Undicesimo
d’Assalto», osserva l’esperto del servizio segreto francese
Roger Faligot382. Nel 1954 trecento uomini di questo reparto
giunsero in Algeria. Gran parte di loro era molto esperta in
operazioni coperte e antiguerriglia: arrivava, infatti,
direttamente dal Vietnam dopo che la Francia, in quello stesso
anno, aveva perso l’Indocina. Uno dei più illustri membri
dell’Undicesimo d’Assalto era Yves Guérin-Sérac, che aveva
prestato servizio in Corea e Vietnam, e coinvolto personalmente
nell’allestimento dell’esercito segreto anticomunista portoghese.

204
Il gladiatore e terrorista italiano Vincenzo Vinciguerra, da dietro
le sbarre di una prigione, dimostrava molta ammirazione per
l’affascinante personalità di Guérin-Sérac, impareggiabile
stratega del terrore383. Mano a mano che si intensificavano i
combattimenti occulti contro i comunisti in Francia e contro il
Front de Libération National (FLN) algerino, il pericolo
rappresentato dalle operazioni clandestine divenne chiaro. I
politici di Parigi persero completamente il controllo dei loro
soldati segreti e l’intero paese fu trascinato in una grande crisi
che culminò nella fine della Quarta Repubblica.
Quando, nel maggio 1958, la lotta per l’indipendenza
dell’Algeria si fece seria, il debole governo della Quarta
Repubblica non si dimostrò in grado di adottare una linea
precisa, mentre esercito e servizio segreto erano ben decisi a far
restare l’Algeria una colonia francese. Molti dei personaggi
presenti nei ranghi militari e dello SDECE consideravano gli
uomini politici della Quarta Repubblica «deboli, potenzialmente
o attivamente corrotti, una categoria di pusillanimi la cui
tendenza era quella di scappare dall’Algeria»384. Quando in
Algeria i primi prigionieri francesi furono uccisi dall’FLN, gli
esperti di operazioni clandestine dei servizi segreti e
dell’esercito iniziarono a preparare un piano per un colpo di
Stato che doveva rovesciare il governo di Parigi e installare un
nuovo regime.
In questa fase l’Undicesimo d’Assalto ebbe un ruolo centrale
su entrambi i fronti. Il 24 maggio 1958, elementi di questa
formazione con base a Calvi, diedero il via al golpe
coordinando l’occupazione di tutta l’isola da parte di truppe
paramilitari. Si sparse immediatamente la notizia secondo cui i
soldati segreti intendevano rovesciare il governo eletto e
riportare al potere il generale De Gaulle, che si era ritirato dalla
vita politica. Altri membri dell’Undicesimo d’Assalto, tuttavia,
non erano d’accordo con questa insurrezione antidemocratica

205
contro Parigi e lasciarono lo stesso giorno la loro base
d’addestramento di Cercottes vicino a Orléans per proteggere
gli obiettivi identificati dai cospiratori gollisti e dalle unità
paramilitari che li sostenevano385. Uno dei bersagli dei
congiurati era lo stesso capo del servizio segreto francese,
generale Paul Grossing. Quando quest’ultimo ebbe sentore del
piano fece immediatamente circondare il quartier generale dello
SDECE a Parigi, in boulevard Mortier, da membri
dell’Undicesimo d’Assalto che gli erano fedeli.
Nel maggio del 1958 la Francia stava affondando nel caos. Il
capo del potente servizio segreto interno, DST (Direction de la
Surveillance du Territoire), Roger Wybot, stava per avviare un
piano segreto anticomunista chiamato operazione
“Resurrezione”. Il piano consisteva nel rapido lancio dal cielo di
gruppi di paracadutisti, compresi membri dell’Undicesimo
d’Assalto, che avrebbero preso il controllo dei centri vitali di
Parigi: Ministero dell’Interno, quartier generale della polizia, i
centri di comunicazione inclusa la televisione e le stazioni radio,
le centrali elettriche e altre aree della capitale strategicamente
vitali. «Il piano prevedeva anche l’arresto di un certo numero di
politici, tra cui François Mitterrand, Pierre Mendès France,
Edgar Faure, Jules Mach e tutta la direzione del PCF»386.
Il 27 maggio, tuttavia, «solo poche ore prima che
l’operazione Resurrezione si scatenasse nella capitale francese»,
De Gaulle annunciò di aver «dato avvio a regolare processo
necessario a ristabilire un governo repubblicano»387. In
seguito, una successione rapida di avvenimenti pose fine alla
Quarta Repubblica. Il 28 maggio il primo ministro Pierre
Pflimlin si dimise. La mattina del 29 maggio il presidente della
Repubblica René Coty rese pubblico il fatto d’aver invitato
Charles De Gaulle a formare un nuovo governo. Solo
ventiquattro ore dopo il generale si presentò di fronte
all’Assemblea Nazionale e chiese pieni poteri per sei mesi,

206
quattro mesi di «vacanze forzate» per i deputati e l’autorità per
proporre egli stesso una nuova Costituzione. Le richieste di De
Gaulle vennero approvate con 329 voti contro 224. «La Quarta
Repubblica aveva scelto di suicidarsi dopo essere stata
assassinata [...] dall’esercito e dai suoi servizi di sicurezza»388.
Molti tra i militari e i membri dei servizi segreti che avevano
sostenuto il colpo di mano di De Gaulle si aspettavano che il
generale sostenesse con forza la politica di un’”Algeria
francese”, ossia che avrebbe fatto qualsiasi cosa per mantenere
l’Algeria sotto il dominio coloniale. Con grande sorpresa da
parte loro, tuttavia, De Gaulle, con il sostegno di molti politici
della Quarta Repubblica, avviò il progetto di un’”Algeria agli
algerini”, che portò nel 1962 il paese all’indipendenza. I soldati
dell’esercito clandestino erano furiosi. «I presidenti della Quinta
Repubblica, De Gaulle per primo, arrivarono a diffidare dei loro
servizi segreti e li considerarono più un peso che una
risorsa»389. I soldati segreti erano divisi tra l’obbedire agli
ordini di De Gaulle e lasciare l’Algeria o invece opporsi alla
linea del governo di Parigi. La scissione finale dell’Undicesimo
d’Assalto arrivò nel 1961, quando la maggior parte dei suoi
membri scelse l’Algeria francese e per promuovere questa
politica fondò, assieme a ufficiali dell’esercito francese che
combattevano in Algeria, l’Organisation Armée Secrète (OAS)
illegale e clandestina. I due obiettivi dichiarati dell’OAS erano
mantenere il controllo della Francia sull’Algeria – e pertanto
continuare a combattere contro l’FLN con ogni mezzo,
indipendentemente dalle direttive provenienti da Parigi –, e
rovesciare la Quinta Repubblica del presidente De Gaulle per
sostituirla con un governo autoritario fortemente anticomunista.
Il golpe dell’OAS arrivò il 22 aprile 1961, quando quattro
generali francesi diretti dal generale Challe presero il potere in
Algeria nel tentativo di farla rimanere colonia della Francia. I
soldati clandestini della CIA sostennero l’esercito stay-behind

207
della NATO, che aveva aderito all’OAS, e furono coinvolti
direttamente. La Rosa dei Venti «appoggiò un gruppo di
generali che si opponevano, spesso con la violenza, ai tentativi
di De Gaulle di negoziare l’indipendenza algerina e la fine della
guerra», ha sottolineato Jonathan Kwitny, autore di un articolo
sugli eserciti occulti in Europa occidentale390. Il fatto che in
Francia la rete clandestina anticomunista di Gladio avesse
tentato, in totale assenza di un’invasione sovietica, un golpe in
Algeria contro il governo di Parigi, si colloca tra gli eventi più
significativi della storia della guerra segreta in Francia.
La CIA e il suo direttore Allen Dulles, assieme alle
formazioni segrete della NATO e al Pentagono, appoggiarono il
colpo di Stato contro De Gaulle. Immediatamente dopo il golpe,
riferiva il «Washington Star», «nello stesso Eliseo, ufficiali di
rango inferiore» dichiararono «di aver compreso che il
complotto dei generali era sostenuto da esponenti fortemente
anticomunisti del governo statunitense e dei suoi servizi
militari». «Attualmente sia a Parigi sia a Washington i fatti sono
noti, anche se non lo si ammetterà mai pubblicamente», rivelava
già nel maggio 1961 un eccellente articolo di Claude Krief
pubblicato nel settimanale francese «L’Express». «In privato, i
più alti esponenti francesi non facevano mistero. Quel che
dicevano era: “La CIA ha preso direttamente parte al golpe
d’Algeria e certamente ha pesato fortemente nella decisione
presa dall’ex generale Challe di dare il via al putsch”». Poco
prima del golpe il generale Challe era stato capo delle Forze
Alleate della NATO per l’Europa Centrale e aveva coltivato
stretti rapporti non solo con il Pentagono e alti ufficiali
americani, ma anche con gli eserciti segreti stay-behind della
NATO, ragione per cui aveva mantenuto contatti quotidiani con
ufficiali statunitensi. Il generale Challe, concludeva Krief, aveva
agito direttamente agli ordini della CIA: «Tutti quelli che l’hanno
conosciuto sono profondamente convinti che la CIA l’abbia

208
incoraggiato ad andare avanti»391.
Quando Krief scrisse il suo articolo sull’appoggio della CIA
al golpe contro De Gaulle, l’esistenza degli eserciti segreti stay-
behind della NATO in tutti i paesi dell’Europa occidentale non
era ancora nota. Krief, tuttavia, concentrando la sua attenzione
sulla guerra segreta a livello internazionale, riferiva che dieci
giorni prima del golpe, il 12 aprile 1961, una riunione
clandestina si era tenuta a Madrid con la presenza di «vari
agenti stranieri, tra cui membri della CIA e cospiratori di Algeri
che rivelarono i loro piani agli uomini del servizio segreto
americano». Nel corso dell’incontro gli americani
presumibilmente si lamentarono con veemenza per la politica
del generale De Gaulle che «stava paralizzando la NATO e
rendeva impossibile la difesa dell’Europa», assicurando che, se
il putsch dei generali capeggiati da Challe avesse avuto
successo, Washington avrebbe riconosciuto il nuovo governo
algerino entro quarantott’ore392. De Gaulle, che con la sua
force de frappe tentava di rendere Francia ed Europa meno
dipendenti dagli Stati Uniti e dalla NATO, era furioso per
l’arrogante comportamento della CIA. Tuttavia, poiché il
presidente Kennedy non era stato informato delle operazioni
segrete, il riconoscimento da parte di Washington ai generali
d’Algeria non arrivava. Il golpe messo in piedi dai soldati
segreti resistette per quattro giorni e poi crollò. L’autorevole
«Le Monde» riassunse criticamente la situazione scrivendo che
«il comportamento degli Stati Uniti durante la recente crisi non
è stato particolarmente abile. Sembra assodato che agenti
americani hanno più o meno incoraggiato Challe», mentre
«Kennedy, naturalmente, non era informato di nulla»393.
Dopo il fallito colpo di Stato, i soldati segreti sfuggirono a
ogni controllo. I misfatti dell’OAS aumentarono e portarono
all’assassinio di funzionari governativi ad Algeri, a omicidi a
casaccio di musulmani e a rapine in banca394. Nel novembre

209
1961 i soldati occulti dell’OAS agivano liberamente ad Algeri e
si resero responsabili di numerosi delitti per sabotare l’avvio del
processo di pace che avrebbe condotto all’indipendenza
algerina. La battaglia dei servizi di sicurezza francese e
dell’apparato militare contro l’OAS si dimostrò molto difficile
perché molti vi si impegnarono solo parzialmente, o addirittura
la sabotarono perché simpatizzavano per l’OAS e i suoi obiettivi
politici. Con un’escalation di violenza l’OAS portò la guerra
segreta nella Francia continentale e assassinò il sindaco di
Évian, a sud del lago di Ginevra, dove si tenevano le trattative
di pace tra il governo francese e i rappresentanti dell’FLN. I
soldati occulti alzarono il tiro sul governo di Parigi e anche De
Gaulle sfuggì per poco a un attentato presso Pont-sur-Seine.
Parigi rispose con la vendetta e nel novembre 1961 sei
importanti caffè d’Algeri frequentati da simpatizzanti dell’OAS
furono squarciati da esplosioni.
Oltre che in Francia, i soldati segreti dell’OAS portarono la
loro guerra dalle basi in Algeria anche in altri paesi europei, tra
cui Spagna, Svizzera e Germania, dove squadre speciali
dell’Undicesimo d’Assalto si dettero ad assassinare esponenti
dell’FLN, loro sostenitori finanziari e fornitori d’armi395. In
Germania trovarono collaborazione nei soldati clandestini delle
reti stay-behind e nel Bundesnachrichtendienst (BND, ‘Servizio
Segreto Federale’), il servizio segreto tedesco. La Germania
permise all’Undicesimo d’Assalto di condurre le sue operazioni
contro l’FLN utilizzando il centro d’addestramento paracadutisti
tedeschi ad Altenstadt in Baviera come base segreta di
appoggio. «Membri di Gladio e molti agenti del BND furono
reclutati per operazioni di intelligence», ha osservato Erich
Schmidt-Eenboom, studioso del servizio segreto tedesco. Gli
assassini francesi degli attivisti dell’FLN in Germania non furono
mai presi. «La polizia sembrava incapace di arrestare i membri
di questi gruppi che colpivano e fuggivano», riferisce Eenboom,

210
sottolineando che il «governo di Konrad Adenauer era disposto
a sabotare il normale corso della legge, pur di sostenere De
Gaulle in tempi difficili»396.
La guerra segreta trascinò la Francia in una spirale di
violenza, con brutalità crescenti da ambo le parti. Al culmine
della tensione, a Parigi il capo della polizia Maurice Papon,
dopo l’uccisione di undici agenti, impose il coprifuoco. L’FLN,
che aveva orchestrato gli attacchi, rispose organizzando una
marcia di protesta a cui risposero circa quarantamila algerini
che parteciparono alla dimostrazione di Parigi il 17 ottobre
1961. Papon, un noto razzista che durante la seconda guerra
mondiale era stato coinvolto nella deportazione di più di
millecinquecento ebrei nei campi di sterminio nazisti, ordinò ai
suoi ufficiali di disperdere brutalmente la dimostrazione che si
trasformò in un massacro397. Secondo la testimonianza resa nel
1988 da Costantin Melnik, almeno duecento – ma più
probabilmente un numero vicino alle trecento persone – furono
massacrate dai poliziotti impazienti di vendicare le uccisioni dei
loro colleghi398. Melnik era stato consigliere per la sicurezza
nel governo del generale De Gaulle e capo di tutti i servizi
segreti francesi dal 1959 al 1962. Parlando degli eserciti
clandestini, Melnik ne sottolineò l’intrinseco pericolo e dichiarò
che «ogni gruppo addestrato e dotato di radio sarebbe molto
pericoloso per la sicurezza della Francia»399. Melnik era anche
ben informato sul ruolo occulto della CIA in Francia poiché nei
sei anni precedenti la sua nomina a consigliere per la sicurezza
di De Gaulle aveva lavorato in Francia per la RAND Corporation,
una ditta con sede in California che vendeva servizi alla CIA e al
Pentagono.
«Ho visto gente cadere in pozze di sangue. Alcuni erano stati
picchiati a morte. I corpi venivano caricati su camion e gettati
nella Senna dal ponte della Concorde», ricordava in seguito
Saad Ouazene, un ventinovenne operaio di una fonderia

211
simpatizzante dell’FLN. «Se non fossi stato tanto robusto, non ne
sarei uscito vivo», aveva testimoniato Ouazene, sfuggito a
stento con un braccio fratturato. «Appena gli algerini
scendevano dagli autobus alla Porta di Versailles, venivano
bastonati in testa», ricordava il poliziotto Joseph
Grommenginger, di servizio quella notte. «Quelli che
conducevano le aggressioni minacciavano perfino me. Si erano
tolti il numero di matricola dalla divisa. Ero disgustato. Non
avevo mai pensato che la polizia potesse fare queste cose». Nei
giorni che seguirono il massacro, decine di corpi furono
restituiti dalla Senna lungo il suo corso, fino a Rouen400. In
assenza di indagini ufficiali, la rivista di Jean-Paul Sartre, «Les
Temps Modernes», definì l’episodio «un pogrom»401.
Alla fine, la guerra segreta dell’OAS, che aveva coinvolto i
soldati clandestini della rete stay-behind della NATO, non riuscì
né a rovesciare De Gaulle né a impedire all’Algeria di diventare
indipendente. Gli accordi per la pace in Algeria e
l’indipendenza del paese furono firmati tra l’FLN e il governo De
Gaulle a Évian, nel marzo 1962, mentre l’OAS crollò circa un
anno dopo la sua creazione dichiarando una tregua il 17 giugno
1962. Solo una frazione di irriducibili dell’OAS guidati dal
colonnello Jean-Marie Bastien-Thiry rifiutarono di darsi per
vinti e organizzarono un altro agguato a De Gaulle vicino a
Parigi il 22 agosto 1962. De Gaulle, che riuscì a sopravvivere,
dimostrando come sempre di preoccuparsi poco della sua
sicurezza personale, s’indignò perché gli attentatori dell’OAS
l’avevano attaccato mentre era in compagnia della moglie e fece
diventare l’operazione una questione personale. A settembre gli
uomini dell’OAS coinvolti nel tentato assassinio furono catturati
a Parigi e tutti condannati a morte, ma solo Bastien-Thiry fu
giustiziato402. Gran parte degli uomini dell’Undicesimo
d’Assalto, quelli che si erano aggregati all’OAS, chiusero così la
loro carriera. Le altre unità dell’Undicesimo d’Assalto furono

212
messe sotto stretto controllo dei gollisti.
L’esercito segreto della CIA, destinato dalla NATO a ricoprire
il ruolo di formazione anticomunista stay-behind, era stato
pesantemente coinvolto durante la crisi algerina in operazioni
interne che non avevano nulla a che fare con un’invasione
sovietica. Il pericolo della guerra occulta consisteva, allora
come oggi, nella mancanza di controlli da parte delle istituzioni
democratiche, del Parlamento e a volte dello stesso governo.
L’ammiraglio Pierre Lacoste, che diresse il servizio segreto
militare francese dal 1982 al 1985 sotto il presidente Mitterrand,
confermò, dopo la scoperta delle reti segrete Gladio nel 1990,
che alcune «azioni terroristiche» contro De Gaulle e il suo piano
per la pace in Algeria erano state condotte da gruppi in cui la
presenza di membri dell’esercito stay-behind francese era in
«numero limitato». Lacoste insisteva comunque sul fatto che le
operazioni algerine contro De Gaulle avevano rappresentato
l’unica occasione in cui la Gladio francese era stata operativa
all’interno dei confini nazionali e sottolineava di aver creduto
che i piani per un’eventuale invasione sovietica giustificassero
comunque il programma stay-behind anche durante il periodo in
cui era stato a capo del servizio segreto militare403.
Charles De Gaulle fu, come pochi altri, al centro della guerra
segreta in Francia finché non si dimise nell’aprile del 1969. In
quell’anno fu pacificamente sostituito da Georges Pompidou, e
l’anno successivo morì, a ottant’anni. De Gaulle aveva guidato
la resistenza della Francia contro Hitler, si era servito di azioni
clandestine sia per ottenere il potere al termine della Quarta
Repubblica sia quando, durante la Quinta, divenne obiettivo di
attentati e colpi di Stato. Pertanto, ben prima delle rivelazioni
sugli eserciti stay-behind della NATO, aveva accumulato
sufficiente esperienza per sapere che NATO, CIA e servizi segreti
militari europei erano impegnati in una guerra segreta
anticomunista in Europa occidentale. Non appena assunto il

213
potere, il presidente aveva dichiarato di voler condurre la
politica estera attraverso i suoi diplomatici e non con gli
«irresponsabili servizi segreti», cui fu ordinato di troncare ogni
rapporto con la CIA dalla quale dipendevano per gran parte della
loro attività di intelligence404. De Gaulle riteneva che «lo Stato
francese fosse sotto l’assalto di forze segrete. Chi si doveva
accusare? Certamente la CIA, secondo De Gaulle»405.
Quando, nel 1949, era stata fondata la NATO, si era deciso che
la sua sede, compreso lo SHAPE, fosse in territorio francese. La
Francia pertanto, come correttamente aveva capito De Gaulle,
era particolarmente vulnerabile alle operazioni di guerra
clandestina della NATO e della CIA. Insieme alla NATO anche il
centro del comando segreto di Gladio, il Clandestine Planning
Committee, aveva sede a Parigi, come rivelava il documento
italiano del giugno 1959 intitolato “Le forze speciali del SIFAR e
l’operazione Gladio”: «A livello NATO si possono elencare le
seguenti attività: 1) L’attività del CPC di Parigi, collegato allo
SHAPE»406. Inoltre anche il comitato segreto di comando di
Gladio, l’ACC, si era ripetutamente riunito a Parigi. Fu pertanto
con grande sorpresa che, nel febbraio 1966, la Casa Bianca
accolse la decisione di De Gaulle di sfidare la guerra segreta
americana in Europa in generale e in Francia in particolare e
ordinare alla NATO e agli USA o di mettere le loro basi in Francia
sotto controllo francese o di smantellarle. Stati Uniti e NATO non
reagirono a questo ultimatum fino a che, con una spettacolare
decisione, il 7 marzo 1966 De Gaulle non ritirò la Francia dal
comando militare della NATO ed espulse tutti gli organismi
NATO, insieme ai loro agenti segreti per le operazioni
clandestine, dal territorio francese. Con gran dispetto di
Washington e del Pentagono, i quartieri generali dell’Alleanza
Atlantica dovettero essere spostati in Belgio, a Bruxelles, Mons
e Casteau, dove si trovano tuttora. L’inchiesta su Gladio e la
guerra segreta del Parlamento belga confermò successivamente

214
che «nel 1968 la sede del CPC fu trasferita a Bruxelles»407.
Ulteriori ricerche condotte in Belgio rivelarono che il comitato
per la guerra segreta ACC tenne una riunione a Bruxelles il 23 e
24 ottobre 1990408.
Jan Willems, nel suo studio su Gladio, ha attirato
l’attenzione sul fatto che quando De Gaulle ritirò la Francia dal
comitato militare integrato della NATO gli accordi segreti tra
Francia e Stati Uniti furono revocati. «In quest’occasione fu
rivelata l’esistenza di protocolli segreti sulla lotta alla
sovversione comunista, firmati bilateralmente dagli Stati Uniti e
dai loro alleati nella NATO»409. De Gaulle denunciò i protocolli
in quanto violazioni della sovranità nazionale. Analoghe
clausole segrete sono state scoperte anche in altri paesi NATO.
Giuseppe De Lutiis riferisce di accordi simili a proposito
dell’Italia410. Anche il giornalista americano Arthur Rowse nel
suo articolo su Gladio sostiene che «una clausola segreta negli
iniziali accordi NATO del 1949 richiedeva che prima
dell’adesione ciascuno Stato dovesse avere già istituito
un’autorità per la sicurezza con il compito di combattere il
comunismo con funzionari clandestini»411.
Può sembrare una sorpresa che dopo le agitate esperienze
con l’OAS in Francia gli eserciti segreti stay-behind non siano
stati completamente sciolti, ma solamente riformati. Nel 1998
l’esperto in servizi segreti Jacques Baud osservò correttamente
che «per quanto ne mancassero le prove, alcuni esperti avevano
suggerito che le attività delle reti stay-behind francesi erano
state effettuate sotto la copertura del Service d’Action
Civique»412. Dopo il collasso dell’OAS, De Gaulle si assicurò di
indebolire la rete stay-behind della Rosa dei Venti e nel
contempo di rafforzare il Service d’Action Civique (SAC).
L’esercito clandestino della SAC divenne una specie di guardia
pretoriana gollista, un rifugio per la purezza gollista che

215
rifletteva la sfiducia del generale nei confronti di tutti i partiti
politici, compreso il proprio. L’autoproclamata missione della
SAC consisteva nel sostenere l’azione del generale De

Gaulle413. Costituita negli anni dell’immediato dopoguerra, la


SAC era il braccio armato del partito di De Gaulle, l’RPF
(Rassemblement du Peuple Français), che dopo il conflitto
mondiale era entrato invano in competizione con i forti partiti
comunista e socialista francesi. Ufficialmente «servizio
d’ordine», la SAC in realtà era la banda dei picchiatori
anticomunisti dell’RPF, quella che doveva svolgere i lavori
sporchi. Le bande di picchiatori della SAC venivano impiegate in
operazioni segrete anti-sciopero o dovevano affrontare i
militanti comunisti la cui specialità era zittire gli oratori gollisti
gettando sul palco gusci di noccioline. Le unità della SAC
garantivano anche la sicurezza dei politici gollisti o
proteggevano le squadre che attaccavano i manifesti
elettorali414.
Né il partito di De Gaulle, l’RPF, né il suo pugno di ferro, il
SAC, ebbero successo durante la Quarta Repubblica e l’RPF si
sciolse nel 1954. I fedeli della SAC, tuttavia, rimasero in contatto
ed erano pronti a sostenere il rivolgimento che nel 1958 mise
fine alla Quarta Repubblica e riportò De Gaulle al potere.
Jacques Foccart, direttore e padre spirituale della SAC, da
combattente occulto e partigiano di De Gaulle, nei primissimi
momenti del tentato golpe, quando cioè il 24 maggio 1958 i
soldati segreti dell’Undicesimo d’Assalto di base a Calvi
occuparono la Corsica, giocò un ruolo molto attivo nel
coordinamento tra esercito, servizio segreto e vecchi contatti
della Resistenza415. La SAC e Foccart, concludeva l’esperto di
servizi segreti Porch, contribuirono direttamente al «ritorno al
potere di De Gaulle nel 1958»416.
Foccart rimase a lungo in una posizione vaga e non ben
definita nella guerra segreta francese. «Il margine di potere di

216
Foccart è misterioso quasi quanto la questione di come sia
riuscito inizialmente a procurarselo»417. Nato in Guadalupa,
nelle Antille francesi, Foccart era stato chiamato alle armi nel
1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, ma era
riuscito a sfuggire alla cattura quando la Francia era caduta.
Divenne collaboratore dell’esercito tedesco ma, verso la fine
della guerra, cambiò di nuovo parte e si unì alla Resistenza
francese in Normandia e fu decorato dall’Esercito americano
con la Medal of Freedom418. Dopo la guerra Foccart entrò nel
circolo degli intimi di De Gaulle e allestì la SAC. La scuola di
guerra segreta che costituì a Cercottes, vicino a Orléans,
«divenne negli anni Cinquanta, per i membri della SAC, luogo di
pellegrinaggio ove i tizzoni dello “Spirito della Resistenza”
venivano ravvivati e diventavano fiamma tra i nerboruti gollisti
guidati da Foccart che con paracadute, esplosivo e colpi di
karatè li preparava al loro risveglio spirituale»419. La SAC negli
anni del dopoguerra aveva circa ottomila «riservisti», compresi i
membri in servizio nella sezione operazioni segrete dello SDECE,
e dell’unità di combattimento d’élite dello SDECE, l’Undicesimo
d’Assalto. Si addestravano tutti insieme a Cercottes, e dalle
rivelazioni del 1990 su Gladio emerse che quel centro era uno
dei luoghi d’addestramento dei gladiatori francesi420.
La rete stay-behind della SAC fu impegnata, anche in assenza
di invasione sovietica, in numerose operazioni clandestine
anticomuniste, ma soltanto con l’ascesa al potere dei socialisti,
nel 1981, con l’elezione del presidente Mitterrand, si produsse
quell’alterazione nell’equilibrio di poteri necessaria affinché
venisse avviata un’inchiesta parlamentare. Dopo che un ex capo
della SAC di Marsiglia, l’ispettore di polizia Jacques Massié, era
stato ucciso con tutta la famiglia nel luglio 1981, i deputati
comunisti dell’Assemblea Nazionale chiesero un’indagine sulla
SAC. Dopo un’indagine, con audizioni di testimoni, che durò
quasi sei mesi, la commissione parlamentare concluse in un

217
voluminoso rapporto che le operazioni del servizio segreto
militare, lo SDECE, la SAC e le reti OAS in Africa erano
«intimamente collegate». I parlamentari scoprirono che la SAC si
era finanziata in modi misteriosi, anche con i fondi dello SDECE
e traffici di droga421.
«Un caso tipico nel quale una rete “Gladio” dovrebbe essere
intervenuta fu durante le sommosse studentesche del 1968 in
Francia», riportò la rivista «Intelligence Newsletter», dopo la
scoperta degli eserciti segreti422. La commissione parlamentare
costituita per indagare sulla SAC scoprì che quest’ultima
raggiunse probabilmente il picco massimo di adesioni durante i
disordini del maggio 1968, con circa trentamila uomini al suo
servizio. Nel 1981, il presidente della SAC dichiarava diecimila
aderenti. «Dal 10 al 15 per cento erano della polizia.
Opportunisti, gangster ed estremisti di destra erano pure ben
rappresentati»423. La commissione denunciò la SAC come un
pericoloso esercito occulto, che si era comportato da polizia
parallela, si era infiltrato in organismi pubblici per influenzarne
le decisioni e aveva commesso azioni violente. In quella che
restò come una delle più approfondite inchieste parlamentari su
uno degli eserciti segreti di Francia, la commissione giudicò la
perdurante esistenza della SAC «incompatibile con le leggi della
Repubblica», ragion per cui il presidente Mitterrand ne ordinò
lo scioglimento nel luglio 1982424.
Dato che circolavano crescenti sospetti sul ruolo dei servizi
di intelligence nelle varie democrazie occidentali, il governo
Mitterrand decise di porre sotto esame il servizio segreto
militare, per tanti anni al centro delle guerre occulte che
avevano percorso il paese. Nel 1982 un’indagine parlamentare
sulle attività del servizio, coordinata dal deputato socialista
Jean-Michel Bellorgey, concluse che gli agenti dello spionaggio
guidati dalle fobie della guerra fredda e ossessionati dall’idea
del «nemico interno» avevano ripetutamente infranto la legge e

218
avevano accumulato un record in «disfatte, scandali e dubbie
operazioni»425. Dopo questa disastrosa conclusione Mitterrand
appoggiò la richiesta dei comunisti che da tempo, insieme a un
gruppo di socialisti, chiedevano il puro e semplice
smantellamento dello SDECE.
Alla fine questo passo cruciale non fu intrapreso e lo SDECE
non fu sciolto, ma solo riformato. Se ne cambiò il nome in DGSE
(Direction Générale de la Sécurité Extérieure) e l’ammiraglio
Pierre Lacoste divenne il suo nuovo direttore. Lacoste continuò
a dirigere l’esercito segreto di Gladio della DGSE in stretta
cooperazione con la NATO e, quando vi furono le rivelazioni
sulle reti segrete, continuò a insistere sul fatto che i piani relativi
a un’eventuale invasione sovietica avevano giustificato i
programmi stay-behind anche durante il suo incarico alla
direzione dell’intelligence. “Operation Satanique”, l’operazione
clandestina con cui il DGSE, il 10 luglio 1985, affondò con una
bomba l’imbarcazione di Greenpeace “Rainbow Warrior” che
protestava pacificamente contro i test atomici francesi nel
Pacifico, mise fine alla carriera dell’ammiraglio Lacoste. Fu
costretto alle dimissioni dopo che il crimine venne fatto risalire
al DGSE, al ministro della Difesa Charles Hernu e allo stesso
presidente Mitterrand.
Nel marzo 1986 la destra vinse le elezioni e come risultato il
presidente socialista Mitterrand dovette governare con un primo
ministro del partito gollista, Jacques Chirac. Quando nel 1990
venne rivelata l’esistenza, quasi dovunque in Europa, degli
eserciti segreti di Gladio, Chirac presumibilmente si preoccupò
che non venisse sottoposta a indagine la storia dell’esercito
clandestino in Francia. Una ricerca di questo genere avrebbe
potuto distruggere la carriera politica di un uomo di successo
che in seguito sarebbe diventato presidente della Repubblica.
Prima di diventare primo ministro, nel 1975 Chirac era stato
presidente della SAC426.

219
La Francia dimostrava grandi difficoltà nell’affrontare la
storia della sua guerra clandestina anticomunista. Non ci fu
inchiesta parlamentare. I membri del governo tentavano di
minimizzare il danno destreggiandosi tra bugie e mezze verità.
Il 12 novembre 1990 il ministro della Difesa Jean-Pierre
Chevènement confermò con riluttanza alla stampa che «è vero,
quella struttura è esistita, costituita agli inizi degli anni
Cinquanta per mantenere rapporti con un governo costretto a
ripiegare all’estero nell’ipotesi di un’occupazione», ragion per
cui il ministro della Difesa erroneamente sostenne che
«quest’organizzazione era stata sciolta per ordine del presidente
della Repubblica. Per quanto ne so, questa struttura era in stato
latente e non ha avuto altro ruolo che quello di
collegamento»427. Il giorno successivo il presidente Mitterrand
dovette affrontare a Parigi alcuni giornalisti molto curiosi.
«Quando sono arrivato», affermò in modo inesatto Mitterrand,
«non mi rimaneva molto da smantellare. Restavano solo alcuni
residui, della cui esistenza fui sorpreso perché tutti se ne erano
dimenticati»428. Il primo ministro Chirac non prese alcuna
posizione. Il primo ministro italiano, Giulio Andreotti, non
apprezzò affatto le smentite da parte dei francesi e i tentativi di
minimizzare il loro ruolo nell’affare Gladio, poiché ciò
contraddiceva le sue affermazioni relative all’esistenza di
Gladio in molti paesi dell’Europa occidentale. Per tale motivo
Andreotti fece sapere alla stampa che i rappresentanti
dell’esercito segreto francese, lungi dall’aver sciolto da molto
tempo quella struttura, avevano partecipato poco prima, e
precisamente il 24 ottobre 1990 a Bruxelles, a una riunione
dell’ACC. La cosa creò notevole imbarazzo in Francia.

347 La Prima Repubblica francese seguì la Rivoluzione

220
Francese del 1789 e durò dal 1792 al 1799. La Seconda
Repubblica coincise con il periodo delle rivoluzioni europee e si
protrasse dal 1848 al 1852. La Terza Repubblica iniziò nel 1886
e terminò, nel 1940, con l’occupazione della Francia durante la
seconda guerra mondiale.
348 Edward Rice-Maximin, Accomodation and Resistance. The
French Left, Indochina and the Cold War 1944-1954, New
York, Greenwood Press, 1986, p. 12.
349 Philip Agee - Louis Wolf Louis, Dirty Work. The CIA in
Western Europe, Secaucus, Lyle Stuart Inc., 1978, p. 182.
350 Citato in Edward Rice-Maximin, op. cit., p. 95. Il discorso
fu tenuto il 28 gennaio 1950.
351 Hoyt S. Vandenberg, Memorandum for the President Harry
S. Truman, Central Intelligence Group, Washington, 26
novembre 1946. Precedentemente classificato top secret, ora
nell’Harry Truman Library.
352 Roger Faligot - Pascal Krop, La Piscine. Les Services
Secrets Français 1944-1948, Parigi, Éditions du Seuil, 1985, p.
84.
353 Roger Faligot - Rémi Kaufer, Les Maîtres espions, cit., p.
56.
354 Roger Faligot - Pascal Krop, La Piscine, cit., p. 85.
355 Edward Rice-Maximin, op. cit., p. 53.
356 Roger Faligot - Pascal Krop, La Piscine, cit., p. 85.
357 Ivi, p. 86.
358 Roger Faligot - Rémi Kaufer, Les Maîtres espions, cit., p.
56.
359 Roger Faligot - Pascal Krop, La Piscine, cit., p. 86.
360 Hoyt S. Vandenberg, Memorandum for the President Harry
S. Truman, cit.
361 Trevor Barnes, “The Secret Cold War: the CIA and
American Foreign Policy in Europe 1946-1956”, in «The
Historical Journal», XXIV, n. 2, 1981, p. 413.
362 Citato in Jan de Willems (a cura di), op. cit., p. 35.

221
363 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 190.
364 Christopher Simpson, Blowback. America’s Recruitment of
Nazis and Its Effects on the Cold War, Londra, Weidenfeld and
Nicolson, 1988, p. 127.
365 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit., p. 36.
366 Irwin Wall, The United States and the Making of Postwar
France, 1945-1954, Cambridge, Cambridge University Press,
1991, p. 150.
367 Roger Faligot - Pascal Krop, La Piscine, cit., p. 88 e
Jacques Baud, Encyclopédie du renseignement et des services
secrets, Parigi, Lavauzelle, 1977, p. 546.
368 “Spotlight: Western Europe: Stay-Behind”, in «Intelligence
Newsletter. Le Monde du Renseignement», periodico francese,
5 dicembre 1990.
369 Roger Faligot - Pascal Krop, La Piscine, cit., p. 90.
370 Intervista con Louis Mouchon, in Roger Faligot - Pascal
Krop, La Piscine, cit., p. 89.
371 Roger Faligot - Rémi Kaufer, Les Maîtres espions, cit., p.
57.
372 «The Economist», 16 aprile 1994.
373 Jonathan Kwitny, “The CIA’s Secret Armies in Europe”,
cit.
374 Ibid.
375 Ibid.
376 «L’Europeo», 18 gennaio 1991.
377 Sull’edizione speciale del 14 novembre 1990 «l’Unità»
pubblicò il documento in italiano.
378 Il documento è citato in Roberto Faenza, Il malaffare, cit.,
p. 313.
379 Ibid.
380 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 144.
381 «Le Monde», 16 novembre 1990. Pietro Cedomi, “Service
secrets, guerre froide et ‘stay-behind’. Part II”, cit., pp. 74-80.

222
382 Roger Faligot - Pascal Krop, La Piscine, cit., p. 165.
383 «Le Monde», 12 gennaio 1998.
384 Douglas Porch, The French Secret Services. From the
Dreyfus Affair to the Gulf War, New York, Farrar, Stauss &
Giroux, 1995, p. 395.
385 Ibid.
386 Questa descrizione dell’operazione “Resurrezione” è tratta
da Ph. Bernert, Roger Wybot et la bataille pour la DST, citato in
Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 286.
387 Douglas Porch, op. cit., p. 396.
388 Ibid.
389 Ivi, p. 408.
390 Jonathan Kwitny, “The CIA’s Secret Armies in Europe”,
cit.
391 William Blum, op. cit., p. 149.
392 Ibid.
393 Ibid.
394 Douglas Porch, op. cit., p. 398.
395 Come rivelato, ad esempio, dall’ex comandante
dell’Undicesimo d’Assalto Erwan Bergot nelle sue memorie: Le
Dossier Rouge. Services Secrets Contre FLN, Parigi, Grasset,
1976.
396 Erich Schmidt-Eenboom scrisse negli anni Novanta un
saggio di nove pagine, non pubblicato, su Gladio e le operazioni
terroristiche segrete francesi: Die “Graue” und die “Rote”
Hand. Geheimdienste in Altenstadt. Entrambe le citazioni a pp.
3 e 7. Le operazioni terroristiche francesi contro l’FLN in
Germania furono: l’assassinio con una mitraglietta di Ait
Acéne, segretario generale dell’FLN, avvenuto a Bonn il 5
novembre 1958; l’uccisione con un colpo ravvicinato di Abd el
Solvalar, membro dell’FLN, nella stazione ferroviaria di
Saarbrücken il 19 gennaio 1959; l’assassinio di Lorenzen,
amico del produttore d’armi di Amburgo Otto Schlüters, con
una bomba posta nel laboratorio di Schlüters il 28 settembre

223
1956. Il 3 giugno 1957 lo stesso Schlüters sopravvisse a un
successivo attacco, ma in quell’occasione morì sua madre
(ibid.).
397 «The Sunday Times», 12 ottobre 1997; «Le Monde», 17
ottobre 1996.
398 Jean-Luc Einaudi, La Bataille de Paris, Parigi, Seuil, 1991.
399 Settimanale svizzero «Wochenzeitung», 14 dicembre 1990.
400 «The Sunday Times», 12 ottobre 1997; «Le Monde», 17
ottobre 1996.
401 Ibid.
402 Jeffrey M. Baie, “Right-wing Terrorists and the
Extraparliamentary Left in Post-World War 2 Europe: Collusion
or Manipulation?”, in «Lobster Magazine (UK)», n. 2, ottobre
1989, p. 6.
403 Jonathan Kwitny, “The CIA’s Secret Armies in Europe”,
cit.
404 Douglas Porch, op. cit., p. 409.
405 Douglas Porch, op. cit., p. 419.
406 Stato Maggiore della Difesa. Servizio Informazioni delle
Forze Armate. Ufficio R – Sezione SAD: Le forze speciali del
SIFAR e l’operazione Gladio. Roma, 1° giugno 1959. Il
documento è incluso in Mario Coglitore (a cura di), op. cit., pp.
118-130.
407 Commissione parlamentare d’inchiesta belga su Gladio, dal
sunto pubblicato su «Statewatch», gennaio-febbraio 1992.
408 Jan de Willems, op. cit., p. 24.
409 Jan de Willems, op. cit., p. 81.
410 Citato in Philip Willan, I burattinai. Stragi e complotti in
Italia, cit., p. 34.
411 Arthur Rowse, op. cit., p. 3.
412 Jacques Baud, op. cit., p. 456.
413 Douglas Porch, op. cit., p. 439.
414 Ivi, p. 438.
415 Ivi, p. 395.

224
416 Ivi, p. 439.
417 Ivi, p. 437.
418 Ivi, p. 438. Riferimento al biografo di Foccart, Pierre Pean.
419 Ivi, p. 439.
420 Jacques Baud, op. cit., p. 456 e «Le Monde», 16 novembre
1990.
421 Douglas Porch, op. cit., p. 446. Il rapporto della
commissione parlamentare francese sul SAC si intitola Rapport
de la commission d’enquête sur les activités du Service d’Action
Civique, Assemblée Nationale. Seconde session ordinaire de
1981-1982, n. 995, Parigi, Alain Moreau, 1982.
422 «Intelligence Newsletter», 21 novembre 1990.
423 Douglas Porch, op. cit., p. 590.
424 Ivi, p. 446.
425 Ivi, p. 404.
426 Jonathan Kwitny, “The CIA’s Secret Armies in Europe”,
cit.
427 «Le Monde», 14 novembre 1990; Reuters, 12 novembre
1990; «The Guardian», 14 novembre 1990.
428 Citato Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 141. Citato
anche da Associated Press, 13 novembre 1990.

225
8. Spagna

In Spagna la lotta dei miliziani di destra contro i comunisti e


la sinistra non fu condotta clandestinamente, ma come una
guerra aperta e brutale che durò tre anni e fece seicentomila
vittime eguagliando quelle della guerra civile americana. Lo
storico Victor Kiernan ha giustamente osservato che un
«esercito, che avrebbe il dovere di proteggere una nazione, può
in realtà essere un cane da guardia addestrato ad attaccare alcuni
di coloro che dovrebbe proteggere». Ovviamente, Kiernan
avrebbe potuto alludere agli eserciti segreti stay-behind. In
realtà, si riferiva all’inizio della guerra civile spagnola,
cominciata il 17 luglio 1936 quando un gruppo di cospiratori
dell’esercito tentò di prendere il potere, poiché «come i loro
cugini sudamericani, i generali spagnoli avevano l’ostinata
abitudine di intervenire in politica»429.
Il golpe militare di Franco e dei suoi alleati arrivò dopo che
un governo riformista di sinistra, con a capo Manuel Azaña,
aveva vinto le elezioni del 16 febbraio 1936 e aveva avviato
molti progetti di riforma dei quali avrebbero beneficiato gli
strati più deboli della società. Agli occhi del potente e poco
controllato esercito spagnolo, la Spagna del dopo elezioni stava
scivolando nelle braccia di socialisti, comunisti, anarchici e
anticlericali. Molti tra i militari erano convinti di dover salvare
il paese dalla minaccia del comunismo che in quegli stessi anni,
nell’Unione Sovietica di Stalin, aveva portato ai processi farsa e
agli eccidi di massa. Gli storici, Kiernan compreso, sono stati

226
meno generosi nel valutare le cause della guerra civile spagnola.
Per molti di loro, «le ragioni e i torti non avrebbero potuto
essere più chiari [...], la Spagna era un caso tipico. Un governo
democraticamente eletto era stato rovesciato dall’esercito. Le
linee del conflitto erano esplicite. Da una parte c’erano i poveri
e contro di loro erano schierati fascismo, grandi capitali,
proprietari terrieri e Chiesa»430.
Mentre in Grecia il colpo di Stato militare del 1967 portò al
potere le Forze Armate in meno di ventiquattro ore, in Spagna
nel luglio 1936 l’opposizione popolare fu così massiccia che la
Repubblica combatté per tre anni prima che la dittatura militare
di Franco prendesse il potere. La battaglia fu lunga e intensa
poiché non solo gran parte della popolazione spagnola prese le
armi contro i militari, ma si formarono spontaneamente anche
dodici cosiddette Brigate Internazionali per rafforzare la
resistenza repubblicana contro Franco. Giovani idealisti, uomini
e donne, giunti da più di cinquanta paesi d’ogni parte del
mondo, in un momento unico nella storia della guerra, si
offrirono volontari nelle Brigate Internazionali, che in seguito
raggiunsero circa trenta-quarantamila unità. Si trattava in gran
parte di operai, ma anche insegnanti, infermiere, studenti e poeti
presero il treno per la Spagna. «Esserci era la cosa più
importante», sosteneva sessant’anni dopo l’infermiera inglese
Thora Craig nata nel 1910, «un po’ per la storia e un po’ per
l’aiuto. È stato il momento più importante della mia vita». Lo
stuccatore Robert James Peters, nato nel 1914, dichiarò: «Se ho
fatto qualcosa di utile nella vita, è stata quella»431.
Alla fine i socialisti e i comunisti spagnoli insieme alle
Brigate Internazionali non riuscirono ad arrestare il colpo di
Stato di Franco perché Hitler e Mussolini avevano sostenuto il
generale fascista, mentre i governi di Gran Bretagna, Francia e
Stati Uniti avevano scelto il non-intervento. Questi ultimi,
infatti, temevano più il comunismo che il dittatore fascista, e per

227
questo approvarono silenziosamente la morte della Repubblica
spagnola. Mentre, per ciò che riguarda il periodo
immediatamente precedente alla guerra mondiale, molto si è
scritto sull’insuccesso del primo ministro inglese Chamberlain e
di quello francese Daladier nel tentativo di fermare Hitler e
Mussolini a Monaco nel settembre 1938, attenzione molto
minore è stata riservata al tacito sostegno di Londra e Parigi
all’anticomunismo italiano e tedesco in Spagna e altrove.
Mentre l’Unione Sovietica armava i repubblicani spagnoli,
Hitler e Mussolini inviarono in Spagna più di novantamila
soldati tedeschi e italiani, armati e addestrati. L’aviazione
tedesca seminò la morte sulla Spagna, come testimoniò Pablo
Picasso col suo dipinto di denuncia sul bombardamento della
città di Guernica. Poco tempo dopo, il 27 febbraio 1939 il
governo britannico pose fine alla lotta della Repubblica
spagnola riconoscendo Franco legittimo capo della Spagna.
Hitler e Mussolini avevano così rafforzato il loro fianco
occidentale e concordarono con Franco la neutralità della
Spagna durante la seconda guerra mondiale. Poiché la lotta al
comunismo continuava su vasta scala con le ripetute invasioni
dell’Unione Sovietica da parte di Hitler, le quali, pur essendo
tutte fallite, costarono enormi perdite di vite umane, il dittatore
Franco restituì il favore a Mussolini e Hitler inviando la sua
Divisione Azzurra a combattere con la Wehrmacht sul fronte
russo.
Dopo la seconda guerra mondiale, la lotta al comunismo in
Europa occidentale fu spesso definita lotta contro la “quinta
colonna”. Il termine, derivato dalla guerra civile spagnola, era
stato coniato dal generale franchista Emilio Mola, per indicare
un’armata fascista clandestina. Quando, nell’ottobre del 1936,
tre mesi dopo il colpo di Stato, Madrid era ancora in mano ai
repubblicani e alle Brigate Internazionali, Franco ordinò al
generale Mola di conquistare la capitale con forze soverchianti e
operazioni segrete. Solo poche ore prima dell’attacco, il

228
generale Mola, in una leggendaria operazione di guerra
psicologica, annunciò alla stampa di avere quattro colonne
dell’esercito in attesa fuori della città, e una “quinta colonna” di
franchisti all’interno di Madrid. Non indossando uniformi né
segni di riconoscimento, in mezzo ai nemici come pesci
nell’acqua, i membri segreti di questa “quinta colonna” erano
presumibilmente i più pericolosi, asseriva Mola. Tale strategia
ebbe successo poiché diffuse timore e confusione tra i comunisti
e i socialisti in città. «La polizia ieri sera ha dato inizio a una
caccia ai ribelli casa per casa a Madrid», riferiva il «New York
Times» descrivendo la ricerca della misteriosa “quinta
colonna”, il giorno dopo la conferenza stampa di Mola.
«Sembra che questi attacchi siano stati istigati dalla recente
trasmissione dall’emittente ribelle del generale Emilio Mola.
Egli ha affermato di contare su quattro colonne di truppe fuori
Madrid e su un’altra colonna di persone nascoste in città che si
unirebbero alle truppe non appena queste fossero entrate nella
capitale»432. Benché l’attacco di Mola fosse stato respinto, il
timore di una “quinta colonna” segreta della destra rimase per
tutta la guerra. Mike Econmides, cipriota, uno dei comandanti
delle Brigate Internazionali, era solito informare ogni nuovo
arrivato che la guerra in Spagna veniva combattuta in due
direzioni, «con il nemico di fronte e la “quinta colonna” alle
spalle»433.
L’espressione “quinta colonna” sopravvisse alla guerra di
Spagna e da allora fu usata per indicare eserciti segreti o gruppi
di sovversivi armati operanti clandestinamente in zone sotto il
controllo nemico. Durante la seconda guerra mondiale, Hitler
formò alcune “quinte colonne” naziste le quali, come eserciti
segreti, in Norvegia e altrove, prepararono e sostennero
l’invasione da parte dell’esercito regolare tedesco. Quando la
Germania venne sconfitta, l’Occidente e la NATO ne acquisirono
anche il linguaggio e, durante la guerra fredda, usarono

229
l’espressione “quinta colonna” per indicare gli eserciti
comunisti clandestini. Esperti di guerra segreta denunciarono
subito «la facilità con la quale il Mondo Libero permetteva che
le quinte colonne comuniste fiorissero al suo interno»434.
Soltanto quando è scoppiato lo scandalo Gladio del 1990 si è
saputo che finora la rete dei gruppi stay-behind della NATO ha
costituito forse la più grande rete di “quinte colonne” segrete.
Franco governò con il pugno di ferro e dal 1936 alla sua
morte nel 1975, non vi furono elezioni libere in Spagna. Tra
arresti arbitrari, processi farsa, torture e assassinii, il pericolo
che comunisti e socialisti potessero guadagnare posizioni di una
qualche influenza rimase minimo. Perciò, quando alla fine del
1990 fu chiesto a Calvo Sotelo, primo ministro spagnolo dal
febbraio 1981 al dicembre 1982, dell’esistenza di Gladio in
Spagna, egli osservò con amara ironia che durante la dittatura di
Franco «il governo vero e proprio era Gladio». Alberto Oliart,
ministro della Difesa nel governo Sotelo, sostenne la stessa tesi
dichiarando che sarebbe stato «puerile» sostenere che in
Spagna, negli anni Cinquanta era stato costituito un esercito
segreto anticomunista perché «qui, c’era Gladio al
governo»435.
Durante la guerra fredda Washington non si gettò sin
dall’inizio tra le braccia insanguinate di Franco. Al contrario,
dopo la morte di Mussolini e Hitler, sezioni del servizio segreto
americano dell’OSS ritenevano che, a conclusione della battaglia
antifascista, fosse necessaria la destituzione di Franco. Nel
1947, pertanto, mentre la CIA veniva istituita, l’OSS diede il via
all’operazione “Banana”. Con l’obiettivo di rovesciare Franco,
gli anarchici catalani furono armati e sbarcati sulle coste della
penisola. Nondimeno, non pareva esserci un forte consenso
anglosassone sull’opportunità politica di rimuovere Franco,
poiché sia a Washington sia a Londra vi erano settori che
consideravano il dittatore come una preziosa risorsa. Alla fine

230
l’MI-6 inglese tradì l’operazione “Banana” a vantaggio del
servizio segreto di Franco. I sovversivi furono arrestati e la
controrivoluzione fallì436.
Nel 1953, Franco rafforzò la propria posizione internazionale
siglando un patto con Washington che permetteva agli Stati
Uniti di collocare sul suolo spagnolo missili, truppe, aeroplani e
antenne per lo spionaggio (SIGINT). In cambio del favore gli Stati
Uniti fecero in modo, contro il parere di molti paesi e in
particolare dell’Unione Sovietica, che la Spagna fascista
superasse l’isolamento internazionale e diventasse nel 1955
membro dell’onu. Come segno di appoggio ufficiale al «baluardo
contro il comunismo» spagnolo, il ministro degli Affari Esteri
statunitense John Poster Dulles, fratello del direttore della CIA
Allen Dulles, si incontrò con Franco nel dicembre 1957, e da
allora il suo aiutante di fiducia, l’ufficiale di marina Carrero
Bianco, coltivò abilmente i contatti tra la dittatura e la CIA. Alla
fine degli anni Cinquanta, «i legami erano stati rafforzati
facendo dell’organizzazione dei servizi segreti di Franco uno
dei migliori alleati della CIA in Europa»437.
Franco, insieme a una serie di dittatori latino-americani, era
diventato la «rogna» di Washington. Dai piani alti
dell’ambasciata americana a Madrid, dietro le porte
rigorosamente chiuse del cosiddetto “Ufficio Rapporti Politici”,
il capo della base CIA e la sua squadra d’azione clandestina
sorvegliavano e influenzavano l’evoluzione della vita politica
spagnola. Franco, proprio come un oligarca classico, accresceva
le sue ricchezze e teneva il potere attraverso una piramide di
privilegi e corruzione. Ai generali più alti in grado era permesso
guadagnare milioni da affari disonesti; gli ufficiali, a loro volta,
ricevevano la loro parte e così giù fino ai livelli più bassi.
L’intera struttura del potere militare era stata cooptata dal
Caudillo e la sua sopravvivenza dipendeva da lui438.
All’interno di tale contesto, l’apparato militare e dei servizi

231
segreti prosperava oltre ogni controllo ed era impegnato nel
traffico di armi e di droga, nelle torture, nel terrorismo e nel
controterrorismo. Fatto vagamente curioso dal punto di vista
costituzionale, sotto la dittatura di Franco, la Spagna totalitaria
aveva non uno, ma tre ministri della Difesa, uno per ogni arma,
per l’Esercito, per l’Aviazione e per la Marina. Ciascuno di
questi tre ministri della Difesa dirigeva il proprio servizio
segreto militare: Segunda Sección Bis dell’Esercito, Segunda
Sección Bis della Forza Aerea e il Servicio Información Naval
(SEIN) per la Marina. Inoltre i capi di Stato Maggiore, posti
direttamente agli ordini di Franco, dirigevano un loro servizio
segreto, il Servicio de Información del Alto Estado Mayor
(SIAEM). Il ministro dell’Interno, da parte sua, era a capo di altri
due servizi segreti, la Dirección General de Seguridad (DGS) e la
Guardia Civil439.
Nel 1990 si seppe che settori dei servizi segreti spagnoli
insieme alla CIA gestivano una cellula spagnola di Gladio a Las
Palmas, nelle isole Canarie, nell’Atlantico. La base era stata
presumibilmente allestita nel 1948 ed era stata operativa durante
tutti gli anni Sessanta e Settanta. Più di tutti, furono i membri
del servizio segreto dell’Esercito, il Buro Segundo Bis, a essere
fortemente coinvolti nella rete segreta stay-behind. André
Moyen, agente in pensione di settantasei anni, membro dal 1938
al 1952 del servizio segreto militare belga SDRA, ha dichiarato
che il servizio segreto dell’Esercito era sempre stato «ben
aggiornato su Gladio»440. Il ricercatore francese Faligot ha
confermato quest’affermazione sottolineando che, negli anni
Cinquanta, l’esercito segreto spagnolo era diretto dal console
olandese Herman Laaysman, «strettamente legato, come pure
sua moglie, ad André Moyen»441. Ulteriore conferma giunse
dall’Italia dove il neofascista Alberto Volo testimoniò nel 1990
«che negli anni Sessanta e Settanta a Las Palmas, nelle isole
Canarie, esisteva una base di addestramento di Gladio

232
comandata da istruttori americani. In quello stesso luogo si
trovavano installazioni americane di tipo SIGINT»442.
In seguito André Moyen fu intervistato da giornalisti della
rivista comunista belga «Drapeau Rouge». Visto che la guerra
fredda era ormai conclusa, Moyen confermò ai suoi ex avversari
che durante i suoi anni di servizio attivo era stato strettamente
coinvolto nell’operazione Gladio e in azioni clandestine contro i
partiti comunisti in numerosi paesi. L’ex agente si meravigliò
del fatto che non si fosse indagato da vicino sulle attività dei
servizi segreti spagnoli, poiché egli sapeva, da informazioni di
prima mano, che essi avevano giocato «un ruolo chiave nel
reclutamento degli agenti Gladio»443. Secondo la
testimonianza di Moyen, nel settembre 1947 il ministro
dell’Interno belga Vleeschauwer l’aveva inviato dal suo
omologo italiano, il ministro dell’Interno Mario Scelba, allo
scopo di individuare una strategia per impedire ai comunisti di
tornare al potere. In seguito se ne interessò anche la Francia, e il
ministro dell’Interno francese Jules Moch indirizzò Moyen al
direttore dello SDECE, Henri Ribière. Moyen testimoniò di aver
incontrato negli anni Cinquanta, in quel medesimo contesto e
con la massima segretezza, ufficiali militari di rango elevato
nella neutrale Svizzera444.
Moyen testimoniò che i suoi primi contatti con la sezione
spagnola di Gladio avevano avuto luogo nell’ottobre del 1948
quando egli, «cellula della rete, operava a Las Palmas». In quel
momento l’agente dello SDRA Moyen era stato presumibilmente
inviato nelle Canarie allo scopo di indagare su una frode di
carburanti, inviati per nave dal Belgio al Congo con scalo alle
Isole Canarie. «La truffa», riferì Moyen, «aveva arricchito
autorità spagnole d’alto grado, scoprimmo inoltre un enorme
traffico di droga». Quando il Belgio denunciò il traffico segreto
di narcotici, il dittatore Franco inviò «due agenti del Buro
Segundo Bis» dello Stato Maggiore dell’esercito per collaborare

233
alle indagini. «Erano uomini ben informati e mi diedero un
grande aiuto», ricordava Moyen, «parlammo di molte cose e
poterono dimostrarmi di essere molto ben aggiornati su
Gladio»445.
Nel 1968, anche Franco dovette affrontare le proteste
studentesche internazionali. Temendo ampie contestazioni
pubbliche, il ministro spagnolo dell’Istruzione chiese al capo
del servizio segreto SIAEM, generale Martos, di effettuare azioni
contro le università. L’ammiraglio Carrero Blanco, in stretto
contatto con la CIA, nell’ottobre 1968 creò, nell’ambito del
SIAEM, una nuova unità speciale di guerra segreta chiamata OCN,
destinata a combattere contro studenti, professori e l’intero
movimento sociale rivoluzionario. Dopo un certo numero di
operazioni di successo, Carrero Blanco nel marzo 1972 decise
di trasformare l’OCN in un nuovo servizio segreto che denominò
SECED (Servicio Central de Documentación de la Presidencia del
Gobierno), posto agli ordini di José lgnacio San Martín López,
già direttore dell’OCN fin dal 1968446. Secondo Pietro Cedomi,
autore di una ricerca su Gladio, il SECED coltivò stretti rapporti
con l’esercito segreto spagnolo di Gladio, con molti agenti
membri di entrambi i gruppi clandestini, mentre la struttura
stay-behind in Spagna dava un brutale giro di vite contro le
proteste studentesche e gli insegnanti più aperti447.
Il fatto più importante fu che la dittatura di Franco servì da
rifugio sicuro a molti terroristi di destra che avevano partecipato
alla guerra anticomunista segreta in Europa occidentale. Pietro
Calogero, magistrato italiano esperto di terrorismo di destra, nel
gennaio 1984 rivelò al suo collega Felice Casson, il quale in
seguito scoprì l’esistenza dell’esercito segreto di Gladio, che
un’intera colonia di fascisti italiani si era insediata in Spagna
durante gli ultimi anni del regime di Franco. Più di un centinaio
di cospiratori fascisti erano fuggiti dall’Italia dopo che, il 7
dicembre 1970, il principe Junio Valerio Borghese aveva tentato

234
di rovesciare il governo italiano. Gli estremisti di destra, tra i
quali lo stesso Borghese, Carlo Cicuttini e Mario Ricci, si erano
riuniti in Spagna sotto la guida del noto terrorista internazionale
di destra Stefano Delle Chiaie, il quale durante il tentato colpo
di Stato aveva occupato con i suoi uomini il Ministero
dell’Interno. In Spagna Delle Chiaie aveva intessuto rapporti
con altri estremisti di destra provenienti da diversi paesi
europei, tra i quali Otto Skorzeny, ex nazista, e Yves Guérin-
Sérac, ex ufficiale francese dell’illegale OAS e capo dell’Aginter
Press, organizzazione di copertura della CIA in Portogallo
collegata a Gladio. I servizi segreti di Franco si erano valsi di
Skorzeny come «consulente per la sicurezza» e avevano
assoldato Delle Chiaie per colpire gli oppositori di Franco sia in
Spagna sia all’estero. Delle Chiaie portò a termine oltre un
centinaio di attacchi sanguinosi compresi una cinquantina di
omicidi. La guerra segreta in Spagna era caratterizzata da
omicidi e atti di terrorismo. Membri del gruppo clandestino di
Delle Chiaie, e tra questi l’estremista di destra Aldo Tisei,
confessarono in seguito ai magistrati italiani che, durante il loro
esilio spagnolo, avevano individuato e ucciso, in collaborazione
col servizio segreto spagnolo, vari esponenti antifascisti448.
Il giudice Calogero scoprì che “Caccola”, come veniva
soprannominato Delle Chiaie, era generosamente pagato per i
suoi servizi in Spagna. «Compiva viaggi molto costosi, sempre
in aereo, compresi voli transatlantici. Caccola riceveva denaro
soprattutto dai servizi segreti e dalla polizia spagnola». Tra gli
obiettivi del terrorista di destra vi erano anche i terroristi
dell’ETA. L’unità di agenti provocatori agli ordini di Caccola e i
suoi sostenitori si infiltrarono nell’ETA mentre quest’ultima
lottava per l’indipendenza basca. «Sappiamo che Caccola e il
suo gruppo avevano agito agli ordini della polizia spagnola
contro gli autonomisti baschi», riferì il giudice Calogero in base
alla deposizione di uno dei suoi testimoni. «Ricordo che durante

235
una manifestazione a Montejurra, Caccola e il suo gruppo
organizzarono uno scontro con gruppi politici avversari. Perché
la polizia non potesse essere accusata di interventi repressivi di
ingiustificata violenza, Caccola e il suo gruppo avevano il
compito di provocare e creare disordini. In quella particolare
circostanza ci furono perfino delle vittime. Eravamo nel
1976»449.
Dopo la morte di Franco, nel 1976 Delle Chiaie decise che la
Spagna non era più un posto sicuro e si trasferì in Cile. Qui il
dittatore di destra Pinochet insediato dalla CIA lo reclutò per
dare la caccia e assassinare gli oppositori cileni, nell’ambito
dell’operazione “Condor”, attraverso tutta l’America del Sud.
Caccola in seguito si trasferì in Bolivia, organizzò squadroni
della morte per proteggere il governo di destra. Stefano Delle
Chiaie, nato in Italia nel 1936, è forse l’esponente più violento
degli eserciti clandestini che combatterono il comunismo in
Europa e all’estero durante la guerra fredda. Il terrorista di
destra rimase un pericolo a livello mondiale per i movimenti di
sinistra, ma, dopo essere fuggito dalla Spagna, solo in rare
occasioni tornò nel vecchio continente, ad esempio nel 1980,
quando la polizia italiana ebbe il sospetto che fosse rientrato per
compiere la sanguinosa strage alla stazione di Bologna. All’età
di cinquantun anni l’intoccabile fu finalmente arrestato il 27
marzo 1987 a Caracas dal servizio segreto venezuelano.
Soltanto poche ore più tardi, alcuni agenti del servizio segreto
italiano e della CIA erano già presenti sulla scena. Caccola non
espresse rincrescimento per i suoi atti, ma con poche parole
spostò l’attenzione sul fatto che nella sua guerra segreta contro
la sinistra era stato protetto da vari governi che lo avevano
incaricato di compiere quanto aveva fatto: «Le stragi ci sono
state ed è un fatto. I Servizi hanno depistato ed è un fatto»450.
Poiché Franco cominciava a presentire la fine dei suoi giorni,
promosse Carrero Blanco, suo ufficiale di collegamento con la

236
CIA e principale artefice dei servizi segreti, alla carica di primo
ministro nel giugno del 1973. Carrero Blanco però, a causa della
sua brutalità, era odiato dalla maggior parte della popolazione, e
nel dicembre dello stesso anno la sua auto saltò su una mina
dell’ETA ed egli morì dilaniato. Precedentemente considerata
come fenomeno locale, con l’assassinio di Carrero Blanco
l’organizzazione terroristica ispano-francese ETA, che
combatteva per l’indipendenza basca, dimostrò di essere un
pericoloso nemico dello Stato. Il complesso dei servizi segreti,
colpito, reagì creando al suo interno un’altra unità di
combattimento avente come obiettivo l’ETA, l’unità
antiterrorismo OATE.
Dopo la morte di Franco, avvenuta il 20 novembre 1975, la
cosa più difficile da cambiare fu il temuto apparato di sicurezza
spagnolo. Il SECED, il più importante servizio segreto militare
spagnolo, cambiò la sua sigla in CESID (Centro Superior de
Información de la Defensa). Il suo primo direttore, il generale
José Maria Burgón López-Dóriga tuttavia, fece in modo che
fosse in gran parte costituito da ex appartenenti al SECED. Così la
guerra segreta in collaborazione con gli estremisti di destra
italiani avrebbe potuto continuare, come riferì la stampa quando
furono scoperti gli eserciti segreti di Gladio nel 1990: «Una
settimana fa il quotidiano spagnolo “El País” ha rivelato
l’ultimo legame conosciuto tra la Spagna e la rete segreta. Carlo
Cicuttini, legato a Gladio, prese parte attivamente alla strage di
Atocha, nel 1977. In quell’occasione, un gruppo di estremisti di
destra aveva attaccato uno studio legale strettamente legato al
Partito Comunista Spagnolo, uccidendo cinque persone.
L’attacco seminò il panico poiché avvenne nel cuore del
periodo di transizione spagnolo e si temette che fosse il primo di
una serie di ulteriori attacchi volti a bloccare il cammino della
Spagna verso la democrazia»451.
Nel 1972 Carlo Cicuttini, miliziano segreto e terrorista

237
neofascista, era fuggito in Spagna a bordo di un aereo militare
subito dopo la strage di Peteano, strage che alcuni anni dopo fu
attribuita dal giudice Felice Casson al terrorista neofascista
Vincenzo Vinciguerra e all’esercito segreto, dando inizio così
alla scoperta della rete Gladio in tutta Europa. In Spagna
Cicuttini fu impegnato in operazioni di guerra segreta per
Franco ed egli in cambio lo protesse dalla giustizia italiana. Nel
1987 l’Italia condannò Cicuttini all’ergastolo per il ruolo avuto
nella strage di Peteano. Ma la Spagna, che pure era divenuta una
democrazia, dimostrando la continua influenza occulta
dell’apparato militare, rifiutò di consegnare il terrorista agli
italiani poiché egli aveva sposato la figlia di un generale
spagnolo divenendo così cittadino di quel paese. Soltanto nel
1998, all’età di cinquant’anni, Cicuttini fu arrestato in Francia
ed estradato in Italia452.
Come tutti gli altri eserciti segreti in Europa occidentale,
anche la rete anticomunista spagnola teneva stretti contatti con
la NATO. Il generale italiano Gerardo Serravalle, che comandò la
Gladio italiana dal 1971 al 1974, dopo la scoperta della rete nel
1990, scrisse un libro sulla sezione italiana dell’esercito
clandestino della NATO453. Nel suo libro, il generale riferisce
che nel 1973 a Bruxelles ci fu una riunione straordinaria del
Clandestine Planning Committee della NATO per discutere
l’entrata della Spagna franchista nel comitato. Il servizio segreto
militare francese e la CIA, organizzazione di maggior peso,
avevano presumibilmente richiesto l’ingresso nel comitato della
rete spagnola, mentre l’Italia, rappresentata da Serravalle, si
opponeva dal momento che notoriamente i servizi spagnoli
proteggevano alcuni terroristi neofascisti italiani ricercati. «Le
nostre autorità politiche», argomentava il generale, «si
sarebbero trovate in una condizione estremamente imbarazzante
di fronte al Parlamento» se fosse stato rivelato che l’Italia non
solo aveva un esercito clandestino, ma anche che collaborava

238
strettamente con una rete segreta spagnola la quale dava asilo e
protezione ai terroristi italiani. Per questa ragione la Spagna non
fu ufficialmente ammessa nel CPC454.
In una seconda riunione del CPC, tenutasi questa volta a
Parigi, alcuni esponenti dei servizi segreti di Franco furono
nuovamente presenti. Essi sostennero che la Spagna doveva
entrare a far parte del comando Gladio dato che da tempo essa
concedeva agli Stati Uniti il diritto di collocare missili nucleari
sul suo territorio, imbarcazioni militari e sottomarini nei suoi
porti, senza averne nulla in cambio dalla NATO. Al riparo dei
Pirenei, e ben lontani dal confine sovietico, gli esponenti dei
servizi segreti spagnoli presenti all’incontro non sembravano
anelare al ruolo di rete stay-behind contro l’invasione
comunista, ma erano interessati piuttosto ad avere una rete
segreta locale per combattere i comunisti e i socialisti spagnoli.
«Durante tutte le riunioni c’è sempre la “hora de la verdad”:
basta saperla attendere», riferisce Serravalle nel suo libro. «È
l’ora in cui persino i delegati dei Servizi segreti, rilassati dalla
prospettiva dell’aperitivo o del caffè, sono più disposti a dire le
cose vere. A Parigi la “hora” giunse proprio nell’intervallo per il
caffè. Ne approfittai per avvicinare in disparte uno degli
spagnoli. Iniziai tentando di convincerlo che il suo governo
aveva forse sopravvalutato la reale portata della minaccia da
Est. Le mie modeste considerazioni strategiche erano un
pretesto per provocarlo. Questi, guardandomi meravigliato, mi
confidò che la Spagna aveva il problema dei comunisti (los
rojos). Ecco il punto»455.
La Spagna divenne ufficialmente membro della NATO nel
1982, ma Serravalle rivelò che colloqui ufficiosi avevano già
avuto luogo molto tempo prima. La Spagna, come disse il
generale, «uscita dalla porta ritornò, come si suol dire, dalla
finestra». L’esercito segreto spagnolo, per esempio, nel marzo
1973 aveva preso parte a un’esercitazione stay-behind svoltasi

239
in Baviera, diretta dalle forze americane in Europa, su invito
degli Stati Uniti456. Sembra inoltre che la rete clandestina
spagnola, con il nome in codice di “Red Quantum”, abbia fatto
parte del secondo centro di comando, l’Allied Clandestine
Committee, collegato alla NATO. Pietro Cedomi, esperto di
Gladio, ha riferito che «dopo l’ingresso della Spagna nella
NATO, la struttura stay-behind collegata al CESID succeduto al
SECED, entrò a far parte dell’ACC». «Ciò portò a delle
controversie nell’ambito dell’ACC, soprattutto a causa degli
italiani del SISMI i quali accusavano gli spagnoli di sostenere
indirettamente un gruppo di neofascisti italiani attraverso
l’organizzazione Red Quantum»457.
Rimane dubbio se i socialisti spagnoli, con a capo il primo
ministro Felipe González salito al potere nel 1982, fossero al
corrente di tale collaborazione segreta con la NATO, vista la
diffidenza e l’incapacità del nuovo governo democratico a
relazionarsi col CESID, diretto dal colonnello Emilio Alonso
Manglano. Nell’agosto 1983 fu rivelato che agenti del CESID
avevano ascoltato segretamente le conversazioni degli esponenti
socialisti operando dalle cantine del palazzo del governo.
Nonostante lo scandalo che ne scaturì, il direttore del CESID
Manglano non fu licenziato. Quando la Spagna, nel 1986, dopo
una straordinaria e pacifica transizione dalla dittatura alla
democrazia, fu accolta nella Comunità Europea, molti sperarono
che l’apparato dei servizi segreti fosse definitivamente sconfitto
e posto sotto un forte controllo democratico. Tali speranze
andarono tuttavia deluse, sia in Spagna sia in altri paesi
democratici dell’Europa occidentale, come mise in luce la
scoperta di armate clandestine praticamente ovunque nel
vecchio continente.
Mano a mano che la stampa cominciava a dare notizia degli
eserciti segreti, negli ultimi mesi del 1990 il parlamentare
comunista spagnolo Carlos Carnero sollevò il fondato sospetto

240
che la Spagna fosse servita da base Gladio di primaria
importanza accogliendo sotto la protezione del regime
franchista neofascisti provenienti da numerosi paesi. Le sue
argomentazioni furono confermate da Amedeo Martinez, ex
colonnello dell’esercito spagnolo, costretto a dimettersi
dall’esercito per avere dichiarato alla stampa nel 1990 che
certamente anche nella Spagna di Franco esisteva una struttura
collegata a Gladio, che tra le operazioni più importanti svolte,
aveva spiato i politici dell’opposizione458. Anche la televisione
pubblica spagnola in seguito trasmise un’inchiesta su Gladio
dove venne confermato che agenti stay-behind erano stati
addestrati in Spagna durante la dittatura di Franco. Un ufficiale
italiano coinvolto negli eserciti clandestini testimoniò che
soldati dell’armata segreta della NATO erano stati addestrati in
Spagna almeno dal 1966 alla metà degli anni Settanta. L’ex
agente raccontò che lui stesso, con altre cinquanta persone, era
stato addestrato in una base militare a Las Palmas. Secondo
questa fonte gli istruttori Gladio erano in gran parte
statunitensi459.
Altri erano meno informati. Javier Rupérez, primo
ambasciatore spagnolo presso la NATO dal giugno 1982 al
febbraio 1983, spiegò alla stampa di non aver avuto alcuna
conoscenza di Gladio. Rupérez, al tempo delle rivelazioni su
Gladio membro del conservatore Partido Popular (PP) e
presidente della Commissione Difesa, dichiarò: «Non ho mai
saputo nulla su quest’argomento. Non ho mai avuto la più
pallida idea di ciò che ora leggo nei documenti». Anche
Fernando Morán, primo ministro degli Affari Esteri socialista,
in carica fino al luglio 1985, testimoniò di non aver mai saputo
nulla di Gladio: «Né durante il mio incarico di ministro né in
ogni altro momento fui a conoscenza della minima
informazione, indicazione o voce relativa all’esistenza di Gladio
o di qualcosa di simile»460.

241
Il parlamentare Antonio Romero, membro del partito
d’opposizione Izquierda Unida (IU), s’interessò a questi oscuri
avvenimenti e contattò ex agenti del servizio segreto essendosi
convinto che questa rete segreta aveva operato anche in Spagna
e «agito contro militanti comunisti e anarchici quali i minatori
delle Asturie e i nazionalisti baschi e catalani»461. Il 15
novembre 1990 Romero chiese al governo spagnolo, di cui
allora erano primo ministro e ministro della Difesa
rispettivamente i socialisti Felipe González e Narcís Serra, di
chiarire quale fosse stato il ruolo, se mai ne avesse avuto uno,
del paese nell’operazione Gladio e negli eserciti stay-behind
della NATO. Già il giorno dopo il primo ministro Felipe
González dichiarò alla stampa che la Spagna «non era neppure
stata presa in considerazione» per un ruolo nell’ambito di
Gladio462. Il parlamentare Romero, tuttavia, esigeva una
risposta più specifica e fece tre interrogazioni la prima delle
quali fu: «Il governo spagnolo intende chiedere alla NATO, in
quanto membro, spiegazioni sull’attività e l’esistenza della rete
Gladio?». In secondo luogo, sempre riferendosi all’alleanza
NATO, Romero chiese di sapere se l’esecutivo spagnolo «aprirà
un dibattito di chiarimento sulle attività di Gladio, a livello di
ministri della Difesa, ministri degli Affari Esteri e capi di
governo degli Stati membro della NATO?». Da ultimo il
parlamentare spagnolo volle sapere se il governo considerava la
possibilità di un comportamento sleale da parte della NATO «in
quanto alcuni paesi alleati avevano agito illegalmente per mezzo
delle strutture di Gladio, senza che la Spagna, al suo ingresso
nella NATO nel 1982, ne venisse informata»463.
Il giorno successivo i quotidiani spagnoli titolarono: “I
servizi segreti spagnoli hanno stretti legami con la NATO. [Il
ministro della Difesa] Serra dispone indagini sulla rete Gladio
in Spagna”. Nella fragile fase politica postfascista spagnola,
certamente il tema era altamente esplosivo, soprattutto perché la

242
stampa, basandosi su fonti anonime, rivelava che «i quadri [di
Gladio] erano stati reclutati tra i militari e i membri dell’estrema
destra». Il ministro della Difesa Serra apparve molto inquieto e,
in una prima replica ai giornalisti, si dimostrò impaziente di
sottolineare che «quando arrivammo al governo nel 1982, non
trovammo nulla del genere», aggiungendo che «probabilmente
perché siamo entrati nella NATO molto tardi, quando la guerra
fredda si stava acquietando». Serra, inoltre, assicurò la stampa
spagnola che, in risposta alle interrogazioni del parlamentare
Romero, aveva ordinato un’inchiesta, da svolgersi nell’ambito
del Ministero della Difesa, sui potenziali collegamenti tra
Spagna e Gladio. Fonti vicine al governo rivelarono tuttavia alla
stampa che l’inchiesta interna era concepita più per occultare
che per scoprire poiché «aveva lo scopo di confermare che
questa specifica organizzazione non aveva operato in
Spagna»464. Significativamente, il ministro Serra,
indubbiamente cercando di insabbiare, aveva affidato l’indagine
al CESID, il servizio segreto militare spagnolo: da un punto di
vista tecnico, il sospettato indagava sul crimine.
Pertanto, non fu una gran sorpresa quando venerdì 23
novembre 1990 il ministro della Difesa Narcís Serra, in risposta
alle interrogazioni di Romero, dichiarò in Parlamento che, sulla
base dell’indagine svolta dal CESID, la Spagna non aveva mai
fatto parte della rete segreta di Gladio, «né prima né dopo il
governo socialista». Quindi Serra prudentemente aggiunse che
«è stato ipotizzato qualche contatto negli anni Settanta, ma sarà
molto difficile per l’attuale servizio segreto verificare tale tipo
di contatti». Serra, sempre più vago nelle sue affermazioni, si
affidò al «buon senso», invece di utilizzare documenti,
testimonianze, fatti o numeri: «Dal momento che la Spagna non
era membro della NATO in quel periodo, il buon senso ci porta a
dire che questi legami non potevano essere molto stretti». La
stampa spagnola non gradì affatto e reagì osservando che o il

243
ministro stava facendo della propaganda oppure non aveva né
cognizione né controllo del Ministero che dirigeva465.
Il deputato Romero era il più insoddisfatto dalle risposte date
dal ministro della Difesa Serra e insisteva perché il generale
Alonso Manglano, facente funzione di capo del CESID, venisse
interrogato. «Se il CESID non sa nulla, allora il generale
Manglano va licenziato», concluse Romero di fronte alla
stampa. Il generale, in effetti, oltre che capo del CESID, era anche
delegato spagnolo presso la NATO per le questioni di sicurezza.
Lo scandalo toccò il culmine in Spagna quando, nonostante le
richieste del Parlamento, il generale Manglano rifiutò di
prendere posizione. Rabbiosamente Romero concluse che anche
in Spagna «le alte cariche dell’esercito erano coinvolte nello
scandalo Gladio»466.
Dopo l’insuccesso del governo in carica nel far luce sullo
scandalo segreto, la stampa spagnola interrogò il più importante
ex funzionario di governo della giovane democrazia
chiedendogli se ne sapesse di più di questa misteriosa questione.
Calvo Sotelo, primo ministro dal febbraio 1981 al dicembre
1982, il quale durante il suo incarico aveva nominato il generale
Manglano a capo del CESID, dichiarò che in Spagna Gladio non
esisteva: «Non ho avuto alcuna informazione che qualcosa di
simile sia mai esistito e, senza alcun dubbio, se fosse esistito
l’avrei saputo». Quando i giornalisti insistettero sul fatto che gli
eserciti Gladio erano esistiti segretamente in tutta l’Europa
occidentale, Sotelo rispose con ira che la rete Gladio era
«ridicola e criminale», aggiungendo che «se mi avessero
informato di una tale follia, avrei agito»467.
Sotelo confermò che quando la Spagna si era imbarcata nel
suo nuovo esperimento democratico dopo la morte di Franco, vi
erano stati timori su ciò che avrebbe potuto fare il Partito
Comunista Spagnolo (PCE). Nondimeno, «il modesto risultato
del PCE alle prime elezioni e quello ancora più scarso in quelle

244
successive, calmò le nostre paure». In quel periodo Sotelo era
stato un sostenitore di primo piano dell’adesione della Spagna
alla NATO. Tuttavia sottolineò alla stampa che al suo ingresso
nell’organizzazione, la Spagna non aveva ricevuto documenti
sull’esistenza della rete segreta Gladio: «Non vi è stata alcuna
corrispondenza scritta su questo argomento e», aggiunse
enigmaticamente, «di conseguenza non vi era alcuna necessità
di parlarne, se proprio fosse stato quello l’argomento di cui si
doveva parlare». Sotelo spiegò che c’erano stati solo pochi
incontri con personale NATO prima che la Spagna aderisse
all’Alleanza nel maggio 1982, sottolineando che, già alla fine di
quello stesso anno, il Partito Socialista era arrivato al governo
ed egli era stato sostituito nella carica di primo ministro da
Felipe González. In Spagna non vi fu alcuna inchiesta
parlamentare su Gladio e nessun resoconto pubblico dettagliato.

429 Nella sua introduzione a Ian Mac Dougall, Voices from the
Spanish Civil War. Personal Recollections of Scottish
Volunteers in Republican Spain, 1936-1939, Edimburgo,
Polygon, 1986.
430 Paul Valley, “Romancing the past: Sixty years ago,
thousands of men and women went to fight in the Spanish Civil
War. Are there any ideals for which we would take up arms
today?”, in «The Independent», 22 luglio 1996.
431 Brian Cathcart, “They kept the red flag flying: it is 60 years
since General Franco launched his assault on Spanish Republic
and thousands of young Britons joined the International
Brigades to defend it. What drove them to leave homes, jobs
and families, risking their lives? And what did they find when
they returned?”, nel settimanale britannico «The Indipendent on
Sunday», 21 luglio 1996.
432 «The New York Times», 16 ottobre 1936.

245
433 James Hopkins, Into the Heart of Fire. The British in the
Spanish Civil War, Stanford, Stanford University Press, 1998, p.
294.
434 Esempi tratti da «The New Statesman», 26 aprile 1958.
435 “Calvo Sotelo asegura que España no fue informada,
cuando entró en la OTAN, de la existencia de Gladio. Morán
sostiene que no oyó hablar de la red clandestina mientras fue
ministro de Exteriores”, in «El País», 21 novembre 1990.
436 Roger Faligot - Remi Kaufer, op. cit., p. 282.
437 Ivi, p. 284.
438 Per una buona biografia di Franco cfr. Paul Preston, The
Folly of Appeasement. Franco: A Biography, Londra, Harper
Collins, 1993.
439 Roger Faligot - Remi Kaufer, op. cit., pp. 281-285.
440 “Calvo Sotelo asegura que España no fue informada”, cit.
441 Roger Faligot - Remi Kaufer, op. cit., p. 55.
442 Angel Luís de la Calle, “Gladio: Ligacoes obscuras em
Espanha”, nel quotidiano portoghese «Expresso», 8 dicembre
1990.
443 Josef Manola, “Spaniens Geheimdienste vor der
Durchleuchtung. Naehe zu Rechsradikalen”, nel quotidiano
tedesco «Der Standard», 17 novembre 1990.
444 Il giudice svizzero Cornu, che condusse indagini su Gladio,
in seguito affermò semplicemente che Moyen non era una fonte
degna di fiducia.
445 “Calvo Sotelo asegura que España no fue informada”, cit.
446 Roger Faligot - Remi Kaufer, op. cit., p. 285.
447 Pietro Cedomi, “Service secrets, guerre froide et ‘stay-
behind’. Part III”, cit.
448 Stuart Christie - Martin Lee - Kevin Coogan, “Protected by
the West’s secret services, hired by South American’s drug
barons, the man they called ‘Shorty’ terrorised two continents”,
nel periodico britannico «News on Sunday Extra», 31 maggio
1987. Christie è il maggiore esperto su Delle Chiaie, cfr. il suo

246
Stefano Delle Chiaie, cit.
449 Miguel Gonzales, “Un informe oficial italiano implica en el
crimen de Atocha al ‘ultra’ Cicuttini, relacionado con Gladio. El
fascista fue condenado en el proceso que ha sacado a la luz la
estructura secreta de la OTAN”, in «El País», 2 dicembre 1990.
450 Giovanni Pellegrino, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, cit., p. 203.
451 Angel Luís de la Calle, op. cit. e Miguel Gonzales, op. cit.
452 France Press, 17 aprile 1998.
453 Gerardo Serravalle, Gladio, cit. Anche un altro generale
italiano, che fu a capo di Gladio dal 1974 al 1986, Paolo
Inzerilli, ha scritto un libro sull’esercito segreto: Paolo Inzerilli,
op. cit.
454 Gerardo Serravalle, Gladio, cit., p. 81.
455 Ivi, p. 82.
456 Ibid.
457 Pietro Cedomi, “Service secrets, guerre froide et ‘stay-
behind’. Part III”, cit., p. 83.
458 Josef Manola, op. cit.
459 “Spain says it never joined Gladio. TV says agents trained
there”, Reuters, 23 novembre 1990. Vedi anche Leo Müller, op.
cit., p. 53.
460 “Calvo Sotelo asegura que España no fue informada», cit.
461 Ivi.
462 “Germany to dissolve Gladio resistance network”, Reuters,
16 novembre 1990.
463 “IU recabará en Bruselas información sobre la red Gladio
en España”, in «El País», 20 novembre 1990.
464 “El servicio espanol de inteligencia mantiene estrechas
relaciones con la OTAN. Serra ordena indagar sobre la red
Gladio en España”, in «El País», 16 novembre 1990.
465 “Spain says it never joined Gladio. TV says agents trained
there”, Reuters, 23 novembre 1990.
466 “IU recabará en Bruselas información sobre la red Gladio

247
en España”, cit.
467 “Calvo Sotelo asegura que España no fue informada”, cit.

248
9. Germania

Verso le nove di sera del 27 febbraio 1933, il Reichstag, sede


del Parlamento tedesco a Berlino, prese fuoco. Anche se ampie
parti dell’edificio furono salvate dai pompieri, il Parlamento
come tale e la democrazia tedesca perirono in quel violento
attacco. Adolf Hitler, capo del Partito Nazionalsocialista
(Nationalsozialistische deutsche Arbeiterpartei, NSDAP), accusò
immediatamente del crimine il Partito Comunista
(Kommunistische Partei Deutschlands, KPD). Assieme al
ministro dell’Interno Wilhelm Frick e al ministro responsabile
delle forze di polizia Hermann Göring, entrambi membri del
NSDAP, Hitler non perse tempo e già alle prime luci dell’alba del
giorno seguente fece arrestare quattromila tra oppositori politici
e giornalisti, tra i quali molti membri del KPD e del Partito
Socialdemocratico (Sozialdemokratische Partei Deutschlands,
SPD).
Un mese dopo l’incendio, neutralizzati ormai i comunisti e
gran parte dei socialisti, il Parlamento tedesco approvò a
maggioranza una nuova legge (Gesetz zur Behebung der Not
von Volk und Reich) che aboliva di fatto il Parlamento e ne
trasferiva tutti i poteri all’esecutivo comandato da Hitler.
Contemporaneamente furono allestiti i primi campi di
concentramento e già nell’aprile 1933 vi erano detenuti più di
venticinquemila oppositori politici sequestrati dalle SS e dalla
polizia segreta tedesca, la GESTAPO. Dell’incendio del Reichstag
fu data la colpa a un comunista olandese, Marinus van der

249
Lubbe, che fu arrestato nell’edificio quella notte stessa,
processato, condannato e ucciso. Ancor prima che il processo
van der Lubbe iniziasse, un’indagine inglese era giunta alla
conclusione che era stato lo stesso Partito Nazista a orchestrare
l’incendio per conquistare il controllo totale dell’apparato
statale. All’inizio del 1933 Hitler, insieme ai suoi numerosi
sostenitori, aveva di fatto trasformato la Germania in una
dittatura agli ordini suoi e del Partito Nazista. Dodici anni dopo
l’Armata Rossa s’impadronì della capitale tedesca e issò sul
Reichstag la bandiera dell’Unione Sovietica, mentre Hitler,
deciso fino all’ultimo a non arrendersi, si suicidò il 30 aprile
1945468.
Nel 1990 un rapporto ufficiale del governo tedesco confermò
che «l’allestimento delle reti stay-behind nei paesi della NATO
ebbe inizio già poco dopo la fine della seconda guerra
mondiale»469. Dopo la sconfitta, le caotiche condizioni in cui si
trovava la Germania erano ideali per consentire agli Stati Uniti
di organizzare una rete clandestina. Come potenza occupante
l’esercito americano controllava il territorio insieme alle forze
francesi, britanniche e sovietiche. La disponibilità di uomini
fortemente anticomunisti, addestrati alla guerriglia ed esperti in
armi ed esplosivi era grandissima. Così gli Stati Uniti
reclutarono segretamente alcuni ex nazisti per allestire la stay-
behind tedesca. Nel 1990, in pieno scandalo Gladio, la
televisione privata RTL sconcertò l’opinione pubblica tedesca
quando, durante uno speciale, rivelò che alcuni ex membri delle
SS avevano fatto parte della rete stay-behind tedesca.
Nelle Valutazioni Strategiche Globali segrete dello Stato
Maggiore dell’Esercito americano, datate 28 marzo 1949, si
sottolineava che la Germania «ha un eccellente potenziale di
uomini addestrati sia per operazioni clandestine, sia per le
riserve di un esercito segreto [unità stay-behind]. Un’efficace
resistenza si può e si deve organizzare»470. L’appena istituito

250
Counter Intelligence Corps (CIC, ‘Unità di controspionaggio’),
agli ordini del Pentagono, mentre dava la caccia agli ex nazisti e
li consegnava al tribunale di Norimberga, reclutava
segretamente estremisti di destra scelti per costituire un esercito
anticomunista. Tutto ciò fu svelato solo nel 1986, quando il
dipartimento di Giustizia americano, durante una grande
conferenza stampa – che forse attirò a Washington la più
numerosa folla di giornalisti dai tempi del Watergate – ammise
che nel dopoguerra il CIC aveva arruolato ufficiali nazisti di alto
grado. In particolare, in un lungo studio di seicento pagine,
compilato da Allan Ryan per conto del dipartimento, si
confermava che Klaus Barbie, ufficiale delle SS e della GESTAPO,
era stato reclutato dal CIC nel 1947, sottratto alle indagini sui
crimini di guerra e quindi fatto sparire dall’Europa e, nel 1951,
inviato clandestinamente in Argentina.
Barbie era stato salvato non perché gli ufficiali dei servizi
segreti americani fossero stati impressionati dal suo edificante
passato, ma perché lo ritenevano utile per l’organizzazione della
rete tedesca di Gladio. «Tra coloro che furono arruolati e
arruolarono in questi primi anni», riportava la stampa britannica
durante lo scandalo Gladio, «vi erano Hans Otto, ex
Obersturmführer delle SS, e altre figure minori. Ma l’acquisto
maggiore fu Klaus Barbie, il quale servì da reclutatore di ex
nazisti e membri dell’organizzazione fascista della Federazione
della Gioventù tedesca (BDJ, Bund Deutscher Jugend)»471.
Barbie, noto durante la guerra con il soprannome di «macellaio
di Lione», durante la sua permanenza nella città francese, dal
1943 al 1944, era stato responsabile dell’assassinio di almeno
quattromila attivisti della Resistenza ed ebrei come pure della
deportazione nei campi di sterminio di oltre quindicimila
persone. Descritto dai testimoni come un sadico torturatore che
terrorizzava uomini, donne e bambini con la sua frusta e il suo
cane alsaziano, subito dopo la guerra fu condannato a morte in

251
contumacia da un tribunale francese per crimini contro
l’umanità.
Il dipartimento di Giustizia statunitense, durante la
conferenza stampa del 1986, non rivelò che Barbie era stato
impiegato nella rete stay-behind e sottolineò alterando la verità
che assieme a lui «non era stato rilevato nessun altro caso nel
quale un sospetto criminale nazista fosse stato indirizzato verso
una via di fuga o che tale via di fuga fosse stata utilizzata per far
fuggire una persona ricercata o dagli Stati Uniti o da qualcuno
dei suoi alleati»472. Questa dichiarazione era ovviamente falsa
dato che il più importante nazista reclutato dal CIC non era il
macellaio di Lione Klaus Barbie, ma il generale nazista
Reinhard Gehlen. Questi aveva iniziato la sua carriera nei
servizi segreti tedeschi sotto Hitler nell’aprile del 1942, quando
era stato messo a capo della Fremde Heere Ost (FHO, ‘Eserciti
Esteri d’Oriente’), con il compito di combattere l’Unione
Sovietica. «Gehlen aveva acquisito gran parte della sua
esperienza grazie al ruolo avuto in una delle più terribili atrocità
di guerra: torture, interrogatori e morte per fame di oltre quattro
milioni di prigionieri di guerra sovietici»473, ha scritto lo
storico americano Christopher Simpson nel suo accurato
resoconto sull’arruolamento di nazisti da parte degli Stati Uniti.
Gehlen era ben consapevole del fatto che i suoi crimini di
guerra gli avevano fatto guadagnare un posto nella lista nera del
servizio segreto sovietico, l’NKVD. Quando capì che la Germania
stava perdendo la guerra si assicurò di non cadere nelle mani dei
russi consegnandosi al CIC americano il 20 maggio 1945.
Gehlen aveva ragione nel ritenere che l’esperienza acquisita
in Russia sarebbe stata di grande interesse per gli Stati Uniti.
Verso la fine del conflitto, insieme a un piccolo gruppo di
ufficiali superiori nazisti, aveva microfilmato l’imponente
archivio dell’FHO sull’URSS e sigillato le pellicole in tubi
d’acciaio a tenuta stagna che aveva poi seppellito segretamente

252
tra le Alpi austriache. Dopo diverse settimane d’internamento
presso il CIC, Gehlen entrò in contatto con il generale americano
Edwin Luther Siber al quale rivelò il suo segreto. Il generale
americano ne risultò così impressionato che negli anni seguenti
sostenne la carriera di Gehlen. Presentò infatti il generale
tedesco agli alti ufficiali dei servizi segreti statunitensi,
compreso il generale Walter Bedell Smith, allora il più alto
funzionario dei servizi informativi dell’esercito americano in
Europa, in seguito direttore della CIA dal 1950 al 1953. Siber
presentò Gehlen anche al generale William Donovan, capo del
servizio segreto americano durante la guerra (OSS), ad Allen
Dulles, successivamente capo della CIA, e a Frank Wisner, che
fu nominato in seguito capo dell’ufficio OPC dell’Agenzia, e si
occupò dell’organizzazione delle reti stay-behind in Europa474.
Con l’aiuto di Gehlen gli americani recuperarono in Austria i
microfilm dell’FHO e nell’agosto 1945 Siber inviò Gehlen e i
suoi documenti negli Stati Uniti, perché fosse interrogato.
Truman apprezzò molto e nominò Gehlen, assieme alla vasta
rete di suoi collaboratori nazisti, capo del primo servizio segreto
tedesco del dopoguerra, significativamente chiamato
“Organizzazione Gehlen” (ORG). «Alla fine Gehlen», conclude
lo storico Simpson, «e diverse centinaia di ufficiali superiori
tedeschi riuscirono a stringere accordi con la Gran Bretagna e
gli Stati Uniti. Il generale Gehlen, nondimeno, si dimostrò il più
importante di tutti»475. Con l’aiuto logistico e finanziario degli
USA, la sede dell’ORG fu inizialmente insediata a Oberursel,
vicino Francoforte, e in seguito spostata nell’ex caserma
d’addestramento delle Waffen-SS a Pullach, nei pressi di
Monaco, ancora oggi sede del quartier generale del servizio
segreto tedesco BND. La CIA e l’ORG collaborarono segretamente
e l’ufficiale superiore della CIA James Critchfield fu assegnato
in Germania. Chiamato “Herr Marshall” dai tedeschi,
Critchfield supervisionò l’organizzazione di Gehlen e si

253
assicurò che ogni volta i nomi dei suoi centocinquanta ufficiali
superiori gli fossero comunicati. Per ognuno di loro la CIA aprì
un fascicolo. Il servizio segreto tedesco era saldamente in mani
americane.
Erhard Dabringhaus, che aveva lavorato con il CIC americano
in Germania dal 1948 al 1949, ormai in pensione, ricordava, in
un documentario sul caso Gladio, di aver egli stesso preso parte
al reclutamento di nazisti, attività di cui si doleva
profondamente, spiegando che «nel 1948 ero un agente speciale
del CIC, il nostro corpo di controspionaggio nella Germania
occupata. Ero stato assegnato ad Augsberg e dato che parlavo
correntemente il tedesco, mi fu affidata la gestione di una rete di
informatori tedeschi, tra questi Klaus Barbie, il quale, come in
seguito scoprii, era ricercato per omicidio dai francesi. Riferii
questo fatto ai miei superiori e loro mi dissero di stare buono e
zitto perché “è ancora prezioso. Quando non lo sarà più, lo
consegneremo ai francesi”. Pensavo che avrei avuto una
promozione quando dissi loro di Barbie, invece mi dissero di
star zitto!»476.
Dabringhaus, che attualmente vive in Florida, ricorda che
vari ex nazisti avevano allestito, su ordine americano, i
nascondigli di armi in Germania. «Il colonnello Günther Bernau
era un agente informatore che lavorava per i servizi
d’informazione dell’esercito a Stoccarda. Noi [del CIC] gli
avevamo fornito un’abitazione sicura a Ludwigsburg dove lo
incontravo tre volte alla settimana. Lui ci passava informazioni
sui comunisti e qualunque cosa volessimo sentire, lui ce la
diceva». L’obiettivo degli Stati Uniti era combattere il
comunismo, non importa con quali mezzi, ricorda Dabringhaus,
benché egli stesso fosse poco impressionato da Bernau: «Era
certamente un inflessibile nazista. Un giorno mi sedetti nel suo
ufficio e aprii un suo album di fotografie di guerra. In mezzo
alle pagine vi era una bella fotografia di Adolf Hitler. Diversi ex

254
alti ufficiali delle SS vennero a fargli visita nella casa che gli
avevamo fornito ed egli mi disse che, se per qualche ragione
avesse avuto bisogno di aiuto, con una telefonata avrebbe potuto
contattare duecento ex comandanti delle SS da Amburgo a
Monaco».
Secondo Dabringhaus, Bernau aveva avuto un ruolo centrale
nell’allestimento della rete stay-behind tedesca: «Ricordo che
una volta mi portò in un certo luogo dove dopo aver scavato
vennero fuori fucili, rivoltelle, granate, tutte accuratamente
sigillate, e mi disse: “Ne abbiamo centinaia in ogni parte del
paese.” Ciò mi sembrò vagamente sospetto e lo riferii [ai miei
superiori] che mi risposero: “Lo sappiamo. Lavorano tutti per
noi, nell’eventualità che i comunisti attraversino la cortina di
ferro”». Gli ufficiali superiori americani, in base alle procedure
di riservatezza, non spiegarono i dettagli dell’esercito segreto
stay-behind a Dabringhaus, ma quest’ultimo aveva saputo
abbastanza da capire che si trattava di un’operazione
segretissima comprendente un gran numero di nazisti: «Paul
Hauser, ex generale delle SS, visitava spesso la casa di Bernau.
Lavoravano a stretto contatto su certi piani di cui non sapevamo
nulla e sui quali non mi era stato neanche chiesto di cercare di
sapere qualcosa. Qualcuno sopra di me doveva già dirigere a
quel tempo questa rete»477.
Quando nel 1990 scoppiò lo scandalo Gladio, un anonimo ex
ufficiale dei servizi d’informazione della NATO spiegò che la
divisione operazioni segrete della CIA per formare la Gladio
tedesca aveva «arruolato, tutt’intera, l’organizzazione di
spionaggio diretta dal capo degli agenti segreti di Hitler,
Reinhard Gehlen. Questo è ben noto perché Gehlen fu il padre
spirituale della stay-behind in Germania e il suo ruolo fin
dall’inizio fu noto al leader della Germania dell’Ovest Konrad
Adenauer». Secondo questo anonimo ufficiale della NATO,
Truman e Adenauer avevano «firmato, nel maggio 1955, un

255
protocollo segreto per l’adesione della Germania dell’Ovest alla
NATO, con il quale si era stabilito che le autorità tedesco-
occidentali si sarebbero astenute da azioni legali nei confronti di
noti estremisti di destra. Ciò che invece è poco noto è che anche
altri importanti esponenti politici tedeschi erano al corrente
dell’esistenza dei piani segreti di resistenza. Uno di questi era
l’allora segretario di Stato tedesco Hans Globke, ex alto
ufficiale nazista»478.
In Germania una delle reti americane controllate dai nazisti,
la Federazione della Gioventù tedesca, e la sua sezione stay-
behind Technischer Dienst (TD, ‘Servizio Tecnico’), furono
scoperte nel 1952. Klaus Barbie aveva ricoperto un ruolo
primario nell’allestimento di tale organizzazione, ma il segreto
non fu mantenuto a lungo. Il 10 ottobre 1952 il «New York
Times» – con il titolo alquanto fuorviante “Sabotatori tedeschi
tradiscono la fiducia USA. Ampia indagine a seguito della
conferma di un finanziamento alla guerriglia” – riferiva che
«autorevoli funzionari hanno confermato confidenzialmente che
gli Stati Uniti sostennero e aiutarono finanziariamente
l’addestramento segreto di giovani tedeschi, compresi molti ex
soldati, alla guerriglia per un’eventuale guerra con l’Unione
Sovietica». Il quotidiano riferiva che le «rivelazioni di ieri al
Parlamento dell’Assia e i titoli sulla stampa tedesca di oggi
hanno causato al dipartimento di Stato e all’esercito americano
un considerevole imbarazzo», principalmente perché «è stato
scoperto che il progettato gruppo di guerriglia era stato
impegnato in attività politiche. I suoi leader [...] avevano
compilato liste nere di persone da “liquidare” se giudicate
inaffidabili in una guerra contro i russi». Per tale ragione, «vi
furono diversi incontri congiunti tra tedeschi e statunitensi»
poiché «oltre ai comunisti, molti esponenti socialisti, inclusi
funzionari del governo, erano nelle liste»479.
Questa prima scoperta di una parte della stay-behind tedesca

256
causò enorme scandalo su entrambe le sponde dell’Atlantico e
negli Stati Uniti anche il «Newsweek» riferì il 20 ottobre 1952
che la CIA aveva organizzato una rete stay-behind in Germania.
Stranamente, «Der Spiegel» già il 29 ottobre 1952 riferì
correttamente che le reti stay-behind, oltre che in Germania,
esistevano anche in numerosi paesi dell’Europa occidentale:
«Lo scandalo della BDJ ha causato notevoli preoccupazioni in
diverse centrali europee dei servizi segreti americani. Ciò per la
ragione che il Technischer Dienst in Germania non è altro che
un ramo delle reti partigiane sostenute dagli Stati Uniti e diffuse
in tutta Europa». In particolare «queste reti sono massimamente
sviluppate in Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia e
nella penisola iberica. In Francia, questa organizzazione era già
stata creata nel 1948, con il sostegno del capo dei socialisti, [il
ministro dell’Interno] Jules Moch».
Cosa era successo e chi aveva svelato il segreto? Il 9
settembre 1952 l’ex ufficiale delle SS Hans Otto si era recato di
sua spontanea volontà alla sede centrale della polizia criminale
di Francoforte nel Land dell’Assia e, secondo i documenti del
governo tedesco, «aveva dichiarato di appartenere a un gruppo
di resistenza il cui compito era condurre azioni di sabotaggio e
far saltare i ponti in caso di invasione sovietica». Secondo Otto,
che si sentiva estraneo all’addestramento terroristico, «circa
cento membri dell’organizzazione avevano ricevuto una
specifica preparazione politica, erano stati istruiti a usare armi
americane, russe e tedesche, e infine addestrati alle tattiche
militari. Essi erano per lo più ex ufficiali dell’Aviazione,
dell’Esercito o delle SS». La trascrizione ufficiale tedesca
registra che «per quanto non fosse apertamente richiesto un
orientamento neofascista, questo era prevalente tra i membri
dell’organizzazione. I fondi necessari al suo funzionamento
erano stati forniti da un cittadino americano di nome Sterling
Garwood». Oltre a tenersi pronta per un’eventuale invasione
sovietica, la Gladio tedesca aveva compiti di sovversione

257
interna: «Per quanto riguarda la politica interna, la tattica
dell’organizzazione aveva come obiettivi il KPD e l’SPD»480.
L’”organizzazione” di cui parlava Otto faceva parte della
rete stay-behind tedesca, ma con ogni probabilità, perfino a
quell’epoca, non rappresentava l’intera rete tedesca. La sezione
era stara erroneamente denominata “Federazione tedesca della
Gioventù”, benché l’età media dei suoi membri fosse di circa
quarantadue anni. Già prima della testimonianza di Otto, la BDJ
era conosciuta per il suo anticomunismo estremo. Tuttavia, ciò
che rimase ignoto era che la BDJ aveva fatto da copertura al
cosiddetto Technischer Dienst, il quale era di fatto una stay-
behind paramilitare tedesca, composta da ex nazisti pagati dagli
americani ed equipaggiati con armi ed esplosivi. Secondo dati
tedeschi il personale della BDJ, diffuso in tutta la Germania
dell’Ovest, ammontava a diciassettemila unità, mentre secondo
un’indagine governativa tedesca il TD contava solamente circa
duemila membri481.
La denuncia di Otto nel 1952 portò a una vasta indagine di
polizia. Nei pressi di Wald-Michelbach, piccolo e romantico
villaggio nella foresta di Odenwald nel Land dell’Assia, fu
scoperto il centro di addestramento della stay-behind. Il centro
di Wald-Michelbach era divenuto operativo solamente dal
giugno 1951 e prima di quella data i membri della stay-behind
tedesca erano stati addestrati direttamente nella base
dell’esercito americano di Grafenwöhr in Germania482. Il
centro d’addestramento Wamiba, chiamato così dai suoi
frequentatori per assonanza col nome del luogo, consisteva in
un edificio con un’area di tiro sotterranea e un bunker attiguo, il
tutto localizzato in una valle laterale poco visibile a mezzo
chilometro dalla strada di campagna. Gli abitanti del villaggio
ricordavano «che gli americani erano soliti esercitarsi al tiro o a
qualcosa del genere in quella zona»483.
Otto testimoniò di fronte alle autorità tedesche che i contatti

258
tra BDJ-TD e il servizio segreto statunitense erano in gran parte
tenuti da un misterioso americano che egli chiamava signor
Garwood. Questi, probabilmente agente della CIA, addestrava
regolarmente i membri del TD nel bosco di Odenwald e insisteva
ripetutamente sul fatto che la stay-behind fosse
un’organizzazione segretissima e che nessuno avrebbe mai
dovuto parlarne. Tale ordine sembra venisse preso molto
seriamente. Infatti, quando in una data occasione si sospettò che
un membro del TD di un altro Land tedesco, la Baviera, «avesse
compilato un questionario in un’altra organizzazione di
resistenza», all’interno del TD si prese seriamente in
considerazione l’ipotesi di assassinarlo, come sottolineò Otto
con un certo disgusto484. «Non ho la sensazione che Garwood
avesse qualcosa da obiettare a questi metodi», dichiarò Otto alle
autorità tedesche. «Ci insegnò, ad esempio, a uccidere una
persona senza lasciare tracce, semplicemente facendolo svenire
con il cloroformio, mettendolo nella sua auto e collegando il
tubo di scarico all’abitacolo. Ci insegnò inoltre come, con certe
tecniche di interrogatorio, si potesse usare violenza senza
lasciarne il segno». Otto, dunque, era stato addestrato alle
tecniche di tortura: «Per esempio, si devono bendare gli occhi
della persona da interrogare. Poi si deve abbrustolire un pezzo
di carne vicino all’interrogato, contemporaneamente si preme
un pezzo di ghiaccio su determinate parti del corpo del
prigioniero. Il freddo del ghiaccio, assieme all’odore di carne
bruciata, dà all’interrogato la sensazione di essere torturato con
un ferro infuocato»485.
Otto spiegò che Garwood forniva il denaro e gran parte
dell’equipaggiamento. Circa centotrenta uomini, quasi tutti ex
nazisti, furono addestrati nel centro di Wamiba alle tecniche
d’interrogatorio, all’uso delle armi da fuoco e degli esplosivi,
alla preparazione di trappole, alle comunicazioni radio e ai
metodi di assassinio. Otto approfondì anche una cruciale

259
questione sulla quale soltanto assai raramente si era discusso: la
volontà dei gladiatori di restare in territorio occupato, in caso di
invasione sovietica, era certa? Dal punto di vista della strategia
militare è chiaro che le possibilità di sopravvivenza a lungo
termine di una stay-behind nel contesto di un’occupazione, e in
particolare di un’occupazione sovietica, sono molto deboli. Gli
ex ufficiali nazisti membri del TD, avendo esperienza di guerra,
erano del tutto consapevoli di ciò e Otto nella sua testimonianza
sottolineò che la maggior parte dei membri del TD non era
ansiosa di rimanere imboscata per sopravvivere all’occupazione
sovietica: «L’idea degli americani era che, in caso d’invasione
sovietica, tutti i membri della stay-behind rimanessero nascosti
e fossero poi utilizzati come partigiani. Tuttavia, neppure Peters
[capo del TD], avrebbe potuto realizzare questo piano, poiché in
caso di occupazione sovietica, tutti gli uomini
dell’organizzazione sarebbero fuggiti in ogni modo verso
occidente»486.
Il 13 settembre 1952, due giorni dopo la deposizione di Otto,
la base stay-behind di Wamiba fu presa d’assalto dalla polizia
tedesca e chiusa. Anche gli uffici e le abitazioni private dei
membri del TD furono perquisiti e posti sotto sequestro per
ulteriori indagini. I membri della stay-behind furono arrestati.
Armi, esplosivi e munizioni furono confiscati assieme a una
gran quantità di documenti. Uno dei documenti requisiti era di
particolare interesse. Con massima sorpresa degli inquirenti,
esso conteneva una “lista di eliminazione”, un elenco di persone
da uccidere all’ora X. La polizia tedesca scoprì che «la lista di
proscrizione contiene i nomi delle persone che si dovevano
liquidare e poiché essa era ancora in corso di aggiornamento,
non è completa», indicando Hans Breitkopf, membro del TD,
come autore della lista per il Land dell’Assia487. Il membro del
TD Otto Rietdorf, che aveva suggerito il termine “lista di
proscrizione” spiegava: «Ho tratto questa espressione dalla

260
lettura di pubblicazioni russe, che la usano per descrivere certi
preparativi contro l’Occidente. Secondo l’usanza russa, le
persone in lista devono essere rinchiuse. E cosa ciò significhi in
Russia è chiaro». Rietdorf aggiunse che la CIA era informata di
tale procedura: «Il signor Garwood era perfettamente al corrente
di queste cose». Anche da Hans Otto venne la conferma che
queste «informazioni e liste di persone erano state date agli
americani dalla BDJ e dal TD». Gli americani che avevano
raccolto questi documenti erano presumibilmente il “dottor
Walter” e di nuovo Garwood. L’indagine tedesca su questa
prima Gladio concludeva solennemente e con precisione:
«Secondo questa testimonianza, l’uso della violenza contro
obiettivi interni era pianificata in caso di X»488. Se la variabile
X si riferisse al giorno dell’invasione o a qualche altra occasione
specifica come una protesta di massa o una vittoria elettorale di
grandi proporzioni della sinistra, non fu possibile stabilirlo.
Le liste di proscrizione di Gladio comprendevano parecchi
noti esponenti comunisti tedeschi e anche socialisti moderati,
molti dei quali erano importanti uomini di governo e giornalisti
dell’epoca, come il socialista Heinrich Zinnkann, ministro
dell’Interno dell’Assia, il socialista Hans Jahn, presidente del
sindacato dei ferrovieri tedeschi, Emil Carlebach, giornalista del
«Frankfurter Rundschau», e molti altri. Il giornalista tedesco
Leo Müller riferisce che dopo il ritrovamento delle liste di
proscrizione «la sorpresa fu così forte che spesso le prime
reazioni erano di incredulità»489. Lo storico americano
Christopher Simpson sostiene che «i capi del TD, all’interno
della BDJ, avevano capito che uno dei loro principali compiti, in
caso di un attacco sovietico, era quello di liquidare coloro che
essi consideravano politici “di sinistra”». «Naturalmente i
comunisti tedeschi erano i primi nelle liste di eliminazione del
TD, seguiti dai principali esponenti dell’SPD tedesco-occidentale.
Il TD aveva pianificato di assassinare più di quaranta alti

261
funzionari del Partito Socialdemocratico, tra i quali anche Erich
Ollenhauer, presidente dell’SPD dal 1952». Simpson rileva
inoltre che gli Stati Uniti durante la guerra fredda non si
fidavano della sinistra tedesco-occidentale e pertanto avevano
addestrato gli agenti segreti della BDJ i quali «si erano infiltrati
nella SPD e spiavano i leader del partito in modo da poterli
assassinare più rapidamente una volta arrivato il momento»490.
Non è sorprendente che il Land dell’Assia abbia giudicato
incredibile e del tutto inaccettabile che la Casa Bianca avesse
segretamente addestrato ed equipaggiato dei neonazisti in
Germania, i quali erano in possesso di liste di eliminazione
contenenti i nomi di alcuni tra i più rispettati cittadini del paese
e che a Francoforte, capitale dell’Assia, si svolgessero accesi
dibattiti. Le delicate relazioni postbelliche tra Germania e Stati
Uniti furono seriamente deteriorate, ne seguirono tesi incontri
tra funzionari americani e tedeschi. Il cancelliere tedesco
Konrad Adenauer dichiarò di essere stato all’oscuro dell’intera
questione, mentre gli americani tentarono di coprirla il più
possibile. L’ambasciatore americano in Germania, Donnelly,
spiegò che l’organizzazione era stata allestita nel contesto della
guerra di Corea, aggiungendo, senza tenere in alcun conto la
testimonianza di Otto, che la rete stava per essere smantellata
proprio in quei mesi e che i pagamenti erano stati interrotti già
dal mese di agosto 1952. Questa era naturalmente un’assoluta
assurdità e i membri del TD testimoniarono di aver ricevuto i
loro compensi anche in settembre.
Come rivelò la successiva indagine, era Paul Lüth,
comandante della BDJ-TD e uomo di contatto della CIA, che
controllava il flusso di denaro proveniente dagli Stati Uniti491.
Lüth si incontrava regolarmente con gli americani per fare
rapporto e stilava sempre quattro copie di tutte le relazioni
concernenti argomenti importanti che consegnava alla CIA492.
Quando la stay-behind tedesca fu scoperta, Lüth fu nascosto

262
dagli americani, non poté essere arrestato e sparì senza lasciar
traccia. Oltre a Lüth anche Erhard Peters ebbe un ruolo
preminente nella prima stay-behind tedesca. Intimo compagno
di scuola di Lüth, Peters divenne capo del TD per la sua grande
esperienza nel campo delle comunicazioni radio e delle
operazioni di guerriglia. Egli fu lusingato quando ci si riferì alla
rete chiamandola “Organizzazione Peters” e per sottolineare il
suo status si comprò una scintillante Mercedes 170 V e una BMW
cabriolet. Quando la copertura del suo esercito segreto venne
meno anche Peters, come Lüth, non poté essere arrestato perché
«si era messo sotto la protezione americana», come riferiva il
rapporto investigativo. In seguito Lüth si trovò di nuovo alle
prese con la polizia tedesca, dopo aver «dato agli americani la
sua parola d’onore che non avrebbe rivelato nulla». In base alla
sua stessa testimonianza, Washington aveva anche offerto a lui
e ad altri nazisti compromessi con il TD la possibilità di emigrare
negli Stati Uniti, cosa che egli aveva rifiutato493. Di fronte alla
polizia Peters ammise di aver bruciato molti documenti e
soprattutto i rapporti del TD agli americani.
Per la Germania la questione BDJ-TD non fu uno scandalo
locale, ma nazionale. Tuttavia, se a Francoforte ci si attendeva
un aiuto da Bonn, presto si capì che esso non sarebbe venuto.
Dopo lunghi colloqui con gli Stati Uniti, funzionari esponenti
della CDU e del governo conservatore di Adenauer insabbiarono
e ostacolarono le indagini e, il 30 settembre 1952, sollevando
grandi proteste, la Corte Federale (Bundesanwaltschaft) ordinò
la scarcerazione di tutti i membri della TD arrestati. La polizia di
Francoforte non venne né consultata né informata in anticipo.
Inoltre, mentre i due procuratori Schrübbers e Wagner, autori
della avversata ordinanza, ebbero un repentino avanzamento di
carriera, i gladiatori furono rimessi in libertà. Georg August
Zinn, primo ministro dell’Assia, commentò rabbiosamente:
«L’unica spiegazione legale di questi rilasci può essere che a

263
Karlsruhe [sede della Corte Federale] abbiano agito su diretti
ordini americani»494.
Zinn era talmente adirato che decise di portare la questione
davanti al Parlamento Federale, noncurante della pesante
pressione attuata dagli americani per impedirglielo. Così l’8
ottobre 1952, l’opinione pubblica e la stampa tedesca ed estera
furono informate per la prima volta dell’esistenza di una Gladio
tedesca nazista finanziata dagli americani. Quel giorno Zinn
rivolgendosi al Parlamento disse: «Signor presidente, onorevoli
colleghi e colleghe, dopo un incontro tenutosi a Francoforte il 3
ottobre con il cancelliere Adenauer e una discussione questa
mattina nel mio ufficio con Reeber, rappresentante dell’Alto
Commissario degli Stati Uniti, devo informare il Parlamento di
quanto segue: il 9 settembre 1952, la polizia criminale tedesca è
venuta a conoscenza di una struttura operativa segreta
organizzata dai capi della BDJ con la denominazione TD,
Technischer Dienst». Zinn, serio in volto, riferiva alla
sconcertata assemblea che «l’organizzazione era stata progettata
come movimento politico di resistenza armata e formata con le
conoscenze e la collaborazione del presidente della BDJ Paul
Lüth. Il capo dell’organizzazione era Erhard Peters». Era la
prima volta che politici apprendevano dell’esistenza di un
esercito segreto stay-behind, e Zinn spiegò che «il TD della BDJ
aveva il compito di creare un esercito partigiano il quale,
secondo i piani originari, sarebbe rimasto dietro le linee
nemiche in caso di invasione sovietica per condurre attività di
sabotaggio quali la distruzione di ponti o l’assalto di
accampamenti».
Dopo un’ampia esposizione del tipico schema di una stay-
behind, Zinn riferì del sostegno USA e del ruolo interno
dell’esercito clandestino dichiarando che «nell’ambito interno,
l’organizzazione secondo il principale testimone e il materiale
confiscato, aveva come obiettivi il KPD e soprattutto l’SPD. Alla

264
scoperta dell’organizzazione, il 18 settembre 1952 sono seguiti
immediati arresti e sequestro di materiali» e aggiunse: «Il primo
ottobre tuttavia l’alto magistrato federale [Oberbundesanwalt]
ha ordinato di rilasciare i sospetti poiché l’organizzazione era
stata creata su ordine delle agenzie statunitensi», al che un
clamore si alzò dal Parlamento e molti deputati, secondo le
trascrizioni dei verbali originali, gridarono «Inaudito!» o
«Incredibile!». Quando i membri del Parlamento si calmarono
Zinn continuò: «Secondo la testimonianza di un importante
membro del TD, furono programmate perfino delle uccisioni», a
queste parole si alzò un clamore ancora maggiore e alcuni dei
deputati urlarono: «Incredibile! Fino a questo punto siamo
giunti nuovamente!». Zinn continuò: «Un centro di
addestramento era stato allestito a Wald-Michelbach
nell’Odenwald» e «i membri dell’organizzazione erano in gran
parte ex ufficiali dell’Aviazione, dell’Esercito e delle SS». Di
nuovo il Parlamento era in tumulto poiché tutti i presenti erano
vissuti durante la seconda guerra mondiale e ora gridavano:
«Sentite questa! È incredibile!».
Zinn spiegò che il numero degli agenti si aggirava tra i
trentacinque e i cinquanta e che «secondo i documenti
sequestrati, l’organizzazione riceveva finanziamenti molto
generosi, circa cinquantamila marchi al mese». Al che un
parlamentare gridò: «Da dove arrivava tutto questo denaro?».
Zinn riferì che «il denaro arrivava al TD da un’agenzia
presumibilmente americana per mezzo di falsi ordini di
fornitura» e continuò spiegando che «la medesima
organizzazione aveva anche compiti interni. [...] Secondo la
testimonianza di un dirigente del TD, persone classificate come
“inaffidabili” avrebbero dovuto essere eliminate in caso di X».
Dall’assemblea si levarono nuovamente grida di riprovazione
«Uccise vorrà dire! Incredibile!», Zinn, ben consapevole della
tempesta che stava suscitando, continuò solennemente
dichiarando: «Degno di nota è il fatto che nella lista di

265
proscrizione vi fossero non solo quindici pagine di comunisti,
ma anche ottanta di socialdemocratici [...], il ministro
dell’Interno del Land dell’Assia, Heinrich Zinnkann,
socialdemocratico, sospettato di legami con i comunisti», cosa
che suscitò nel Parlamento, oltre alle critiche, grande ilarità.
«Secondo le testimonianze, gran parte del materiale segreto è
stato distrutto, una parte è stata raccolta da un funzionario USA e
pertanto è ora anch’esso inaccessibile. Denaro e armi sono stati
dati dagli americani che hanno diretto l’addestramento», i
parlamentari gridarono nuovamente.
Tuttavia Zinn non aveva ancora concluso: «Quel che è
veramente importante, è capire che tali organizzazioni segrete,
fuori da ogni controllo tedesco, sono la base di partenza di
attività illegali interne, una triste esperienza che il nostro popolo
ha già provato sulla propria pelle tre decenni fa e i cui caratteri
sono evidenti anche in questa organizzazione». A questa aspra
critica, dal Parlamento si levarono nuovamente applausi e grida
«Giusto! Vero!». «Questa mattina», continuò Zinn, «Reeber ha
convenuto con me che organizzazioni di questo tipo sono il
punto di partenza del terrorismo interno [...], mi ha espresso il
suo sincero rincrescimento e condannato duramente
l’organizzazione [...]. Ha promesso non solo il suo pieno
appoggio al totale chiarimento della questione e al completo
sradicamento di tutti i residui dell’organizzazione, ma anche di
prevenire il ripetersi di tali fenomeni»495.
Vi è solo da aggiungere che il funzionario americano
mentiva, poiché ovviamente, come dimostreranno le rivelazioni
del 1990, la Gladio tedesca non era stata sciolta. Ogni qualvolta
fu possibile, le prove della sua esistenza furono distrutte.
Nell’ottobre 1952, l’ex Alto Commissario USA McCloy sostenne
che gli Stati Uniti non stavano riarmando i nazisti e che
«durante tutti gli anni che ho passato in Germania, i nostri
obiettivi e i nostri sforzi sono sempre stati rivolti a rinvigorire le

266
forze democratiche tedesche e a combattere sia i comunisti, sia i
neonazisti e i loro simpatizzanti». Egli inoltre sottolineò che «è
pertanto impensabile che alcun rappresentante degli Stati Uniti
abbia dato supporto ad attività del tipo riferito dal primo
ministro Zinn. Questo va detto chiaramente, per amore della
verità e dell’amicizia»496.
Nonostante queste assicurazioni, il Parlamento dell’Assia
deliberò che il ministro dell’Interno indagasse a fondo su tali
fatti. Egli pertanto, adempiendo con fermezza ai suoi doveri
istituzionali, nel 1953 presentò un ponderoso rapporto in tre
volumi497. Ancora quarant’anni dopo, Thomas Polgar, ex
agente della CIA, ritiratosi nel 1981 dopo una trentennale
carriera nell’Agenzia, ricordava bene lo scandalo della Gladio
tedesca. Egli era stato dislocato in Germania all’inizio degli
anni Cinquanta e negli anni Settanta vi era tornato per sostituire
Ray Cline, capo della CIA in Germania. «La Bund Deutscher
Jugend era un’organizzazione politica di destra, vagamente
collegata a uno dei partiti politici presenti nel Land dell’Assia,
che si riteneva formata da persone motivate e volenterose di far
parte di un’organizzazione segreta se l’esercito sovietico avesse
occupato tutta o parte della Germania dell’Ovest», riferì Polgar
negli anni Novanta. «Quando scoppiò lo scandalo, ci fu una
considerevole agitazione e si ritenne opportuno che il generale
[USA] Truscott chiarisse personalmente alle persone coinvolte
cosa era successo, noi per prima cosa spiegammo la situazione
al presidente tedesco Konrad Adenauer». Ciò, come si è già
visto, non risolse il problema, a tal riguardo Polgar ricorda che
«la questione fu quindi spiegata al generale Matthew Ridgeway,
allora comandante in capo della NATO, e da ultimo, cosa più
importante, al primo ministro dell’Assia Georg August Zinn,
egli stesso presente nella lista. Truscott chiarì che si trattava di
un’attività non autorizzata, sicuramente soltanto teorica, della
quale però lui non era al corrente e che ciò sicuramente non

267
avrebbe dovuto essere interpretato in alcun modo come una
mancanza di fiducia nei confronti del primo ministro Zinn»498.
Come confermarono le rivelazioni di Dieter von Glahn nel
1990, le cellule clandestine della stay-behind tedesca non erano
presenti soltanto nel Land dell’Assia, ma anche in altre regioni
della Germania. Egli dichiarò che «la nostra missione e la nostra
organizzazione erano identiche a ciò che oggi è noto come
Gladio»499. Glahn era egli stesso un’ambigua figura nella
scena anticomunista tedesca. Fuggito da un campo di prigionia
sovietico durante la seconda guerra mondiale, dopo il conflitto
aveva aderito all’esercito clandestino come membro della BDJ-
TD nel Land settentrionale di Brema. «Nel periodo della guerra
di Corea», spiegava Glahn nella sua autobiografia nel 1994, «gli
americani erano veramente preoccupati che qualcosa di simile
potesse accadere anche in Germania». Così «decisero di
reclutare e formare un’unità tedesca affidabile per il giorno X,
l’invasione dell’Armata Rossa. Tali unità avrebbero dovuto
essere addestrate all’uso delle armi americane, equipaggiate con
armi provenienti da depositi nascosti, e concepite per entrare
immediatamente in clandestinità in caso di attacco». Glahn
riferiva che «la BDJ non era altro che una copertura, qualcosa di
simile alla struttura ufficiale di un’organizzazione
anticomunista. La struttura segreta Technischer Dienst o
Organizzazione Peters, dal nome del suo comandante, costituiva
il vero nucleo combattente» ed esisteva in diverse regioni
tedesche. «La TD divenne così una parte importante della difesa
antisovietica Germania-USA. Gli americani erano interessati
soprattutto agli ex membri dell’esercito tedesco», compreso
Glahn stesso. «Dato che il mio atteggiamento anticomunista era
ben noto, fui reclutato. Ufficialmente divenni capo della BDJ
nella città di Oldenburg, e ufficiosamente capo del Technischer
Dienst per tutta la regione della Bassa Sassonia e Brema»500.
Glahn riferisce orgogliosamente nelle sue memorie che il

268
Bundesamt für Verfassungsschutz (BFV), l’FBI tedesco, era al
corrente dell’esistenza degli eserciti segreti e li copriva. «Ho
lavorato fianco a fianco [...] con Neubert del BFV», disse Glahn
ricordando la battaglia anticomunista che li aveva uniti. «Di
notte attaccavamo regolarmente dei manifesti e coprivamo
quelli dei comunisti [...], denunciammo degli uomini d’affari
della Bassa Sassonia che collaboravano con i comunisti.
Durante queste azioni vi furono spesso violenti scontri». «Fu
allora che creai molte sottounità della BDJ nella mia zona» con
l’aiuto della CIA che le addestrava a Wald-Michelbach e nella
base USA di Grafenwöhr. «Io stesso presi parte diverse volte a
tali addestramenti. Agli aderenti, ai quali veniva fornita una tuta
mimetica americana marrone, era permesso di rivolgersi l’un
l’altro soltanto con il nome proprio. Essi provenivano da ogni
parte della Germania, ma a ciascuno era proibito rivelare agli
altri dove viveva. Rimanemmo praticamente isolati dal mondo
per quattro settimane». I gladiatori ricevevano «un
addestramento intensivo in vista del giorno X. In quel periodo in
ogni zona della Germania dell’Ovest furono allestiti depositi
segreti di armi americane. Nella mia area solo io e il mio vice
conoscevamo l’esatta dislocazione del deposito d’armi [...] era
ben nascosto in un piccolo bosco»501.
Oltre alla rete Gladio tedesca, anche il servizio segreto
tedesco ORG e il suo gruppo dirigente sopravvissero quasi senza
conseguenze alla scoperta di parti della prima, grazie alla
protezione della CIA. Il generale Reinhard Gehlen rimase in
carica e nel 1956 l’Organizzazione Gehlen cambiò la sua
denominazione in “Bundesnachrichtendienst”. Quando al
direttore della CIA Allen Dulles fu chiesto se non si vergognasse
di collaborare con il nazista Gehlen, replicò: «Non so se si tratti
di una canaglia, ci sono pochi arcivescovi nello spionaggio [...].
Oltretutto, uno non è obbligato a invitarlo nel suo club»502.
Quando perfino il governo tedesco, con a capo il cancelliere

269
conservatore Kurt Georg Kiesinger e il vicecancelliere e
ministro degli Esteri socialista Willy Brandt, cominciò a
diffidare dell’ormai compromesso BND, quest’ultimo venne
messo sotto scrupolosa inchiesta per la prima volta nella sua
storia.
Il Rapporto Mercker, «un documento sugli orrori della BND,
il quale fino a oggi è stato tenuto sotto chiave» riportava la
stampa tedesca ancora nel 1995. «Le conclusioni sul BND sono
devastanti: “Un’organizzazione immorale”»503. Reinhard
Gehlen, duramente messo sotto accusa dall’indagine
governativa, non ebbe il permesso di leggere il rapporto. I
socialisti tedeschi, i quali con Willy Brandt erano entrati per la
prima volta dal dopoguerra nel governo, erano talmente
imbarazzati dagli alti esponenti nazisti presenti nella dirigenza
dell’organizzazione che il primo maggio 1968, non appena
ricevettero il Rapporto Mercker, licenziarono Gehlen dopo una
carriera di oltre vent’anni a capo del servizio segreto. Per non
irritare troppo la Casa Bianca, Gehlen fu sostituito da Gerhard
Wessel il quale, dopo il 1945, aveva prestato servizio come
attaché militare della Germania dell’Ovest a Washington e da
allora aveva coltivato stretti rapporti con la CIA e l’apparato di
sicurezza nazionale USA.
Non è noto se il rapporto segreto Mercker contenesse anche
dati sulle attività stay-behind dell’ORG e della BND, ma le prove
emerse nelle indagini Gladio nel 1990 suggeriscono una risposta
affermativa. Il breve rapporto del governo tedesco sul BND e le
sue stay-behind del dicembre 1990 sostiene che la base legale
per la stay-behind tedesca fu creata nel dicembre 1968, quindi
soltanto alcuni mesi dopo la conclusione del Rapporto Mercker:
«Nel dicembre 1968, il capo della Cancelleria ha esplicitamente
dichiarato nell’articolo 16 delle “Direttive Generali per il
Servizio Segreto Federale” che sarebbero stati intrapresi
preparativi per una situazione di difesa». Presumibilmente a

270
quel tempo il governo aveva deciso di continuare a utilizzare le
stay-behind, intendendo però dotare le operazioni di un
fondamento legale. «La direttiva recita: “La BND effettua i
preparativi e le pianificazioni necessarie in caso di difesa in
accordo con il capo della Cancelleria”»504. Leo Müller si
chiedeva nel 1990: «Quanto delle organizzazioni segrete
antidemocratiche era rimasto nelle successive stay-behind del
servizio segreto tedesco scoperte nell’ottobre 1990?»505.
Non è certo se la rimozione di Gehlen e questa nuova legge
abbiano ridotto il ruolo della CIA nella Gladio tedesca. Glahn, ex
membro dell’organizzazione, sottolinea in un suo libro che in
definitiva era la CIA a comandare: «Scrivo intenzionalmente di
“servizi segreti” al plurale, in quanto alla fine fummo collegati
al servizio segreto Organizzazione Gehlen agli ordini degli
americani». Glahn riferisce che nonostante Gehlen fosse
l’elemento chiave nelle stay-behind tedesche, il comando
complessivo rimaneva in mano agli americani: «Questa
organizzazione prese il nome dal suo fondatore, generale
Gehlen [...]. Egli organizzò un eccellente centro di servizi
segreti a Pullach, vicino Monaco», riferì Glahn sottolineando
che «il TD era in costante contatto con gli agenti locali
dell’Organizzazione Gehlen. Le direttive militari per il giorno X,
rimanevano comunque saldamente in mani americane»506.
Quando nel 1952, la Gladio tedesca venne scoperta, a Glahn e
altri fu offerta la possibilità di espatriare negli Stati Uniti per
proteggerli da ulteriori indagini. «Mi fu offerto di fuggire negli
USA, assieme agli altri membri del TD coinvolti nei procedimenti
giudiziari. Ne discussi a lungo con mia moglie [...] ma decisi
che non sarei stato un “emigrante”. Il mio posto era qui in
Germania»507.
Nel maggio 1955 la Germania entrò a far parte della NATO.
Esattamente come gli altri eserciti clandestini stay-behind,
anche la rete tedesca fu integrata tramite il servizio segreto BND

271
nei piani di guerra non-convenzionale della NATO. Il rapporto
ufficiale del governo tedesco sulla stay-behind, redatto da Lutz
Stavenhagen nel 1990, confermò che allo scopo di «coordinare i
propri piani con il comando militare della NATO, il servizio
segreto tedesco fece parte dell’organo, istituito nel 1952,
chiamato Coordinating and Planning Committee. Nel 1954
inoltre, per coordinare la collaborazione tra i servizi segreti, fu
costituito il cosiddetto Allied Coordination Committee». Oltre a
ciò, il governo tedesco confermò che il «BND ha fatto
regolarmente parte sia del CPC sia dell’ACC fin dal 1959».
Tuttavia, in un maldestro tentativo di limitare i danni, il
rapporto governativo sosteneva erroneamente che entrambi «i
comitati di coordinamento non hanno mai fatto parte, né nel
passato né nel presente, delle strutture della NATO». L’inchiesta
parlamentare belga su Gladio, al contrario, aveva chiarito che
sia l’ACC sia il CPC erano stati istituiti dal Comando Supremo
delle Potenze Alleate in Europa, che era sempre stato un
generale americano, e che esse erano collegate direttamente al
Quartier Generale Supremo delle Potenze Alleate in Europa
della NATO. Il rapporto del governo tedesco nel frattempo
tentava di sottolineare la sovranità dell’esercito clandestino
tedesco e insisteva sul fatto che «pur avendo la BND fatto parte
di tali comitati, la stay-behind non ha mai fatto parte della NATO
rimanendo l’organizzazione propria della BND. Non vi è mai
stato e non vi è tuttora alcun rapporto di subordinazione dei
servizi segreti dei diversi paesi rispetto all’ACC e al CPC»508.
Riguardo alla dimensione internazionale dell’esercito stay-
behind, il rapporto governativo tedesco spiegava che «la
cooperazione tra i vari servizi segreti veniva realizzata mediante
rapporti bilaterali o multilaterali coordinati dall’ACC». «In
questa cooperazione erano associati, oltre alla Germania
dell’Ovest, il Belgio, la Danimarca, la Francia, la Gran
Bretagna, l’Italia, il Lussemburgo, la Norvegia e gli Stati Uniti

272
d’America». Questa collaborazione «comprendeva esercitazioni
congiunte, acquisizione di apparecchi radio standard
[trasmettitori Harpoon], scambio di esperienze di
addestramento, unificazione della terminologia dei servizi
informativi e altro»509. Anche a causa della presenza
predominante di estremisti di destra, il rappresentante del
governo tedesco Stavenhagen fu riluttante nel fornire dati
precisi sul numero di gladiatori che avevano operato in
Germania nel periodo della guerra fredda: «Alla fine degli anni
Cinquanta l’organizzazione era formata da circa settantacinque
membri impegnati a tempo pieno», affermò. «Il numero di
collegamenti informativi arrivò a volte a coinvolgere fino a
cinquecento persone», aggiungendo che «anche nel 1983 vi fu
l’addestramento di personale delle stay-behind per l’attuazione
di operazioni di sabotaggio in territorio occupato contro le
potenze di occupazione, e per organizzare e condurre unità di
resistenza»510.
Il governo tedesco, secondo la relazione, era stato informato
dell’esistenza dell’esercito segreto «negli anni successivi al
1974 (nel contesto della presentazione, da parte della BND, della
strategia complessiva di difesa). Si può comunque presumere
che informazioni verbali sulla stay-behind in generale fossero
state comunicate a livello direttivo già in precedenza». Per
quanto riguarda il potere politico, un ramo del Parlamento,
obbligato a mantenere il segreto, era stato informato
dell’esistenza della stay-behind negli anni Ottanta, quando
venne richiesto un finanziamento speciale per l’acquisto dei
nuovi apparati ricetrasmittenti Harpoon: «Nel contesto
dell’acquisto di nuovi apparecchi radio il comitato fondi speciali
(Vertrauensgremium) è stato informato del loro impiego nella
stay-behind»511. I trasmettitori Harpoon, come rivelarono le
successive inchieste, furono sviluppati e prodotti su ordine del
centro Gladio della NATO, l’ACC, dall’impresa tedesca AEG

273
Telefunken, controllata dalla Daimler. Il servizio segreto
tedesco BND fece da intermediario e acquistò i sistemi Harpoon
dalla AEG Telefunken dato che l’ACC non poteva figurare come
acquirente dovendo rimanere ignoto. La BND ordinò un totale di
854 trasmettitori Harpoon per i quali furono pagati centotrenta
milioni di marchi tedeschi. La BND tenne per sé apparecchi per
un valore di venti milioni di marchi e vendette i restanti alle
varie stay-behind in tutta l’Europa occidentale512.
Essendo la Germania divisa, il servizio segreto tedesco-
occidentale BND, fortemente dipendente dalla CIA americana, e
quello della Germania dell’Est, il Ministerium für
Staatssicherheit (STASI), legato al KGB sovietico, erano
costantemente impegnati in battaglie segrete, operazioni di
spionaggio e infiltrazioni di spie da una parte e dall’altra del
muro di Berlino. Le operazioni erano facilitate dal fatto che sia i
membri della BND sia quelli della STASI erano di regola tedeschi,
parlavano correntemente la stessa lingua e condividevano la
stessa cultura. Sulla base di una convinzione acquisita con
l’esperienza, sia la CIA sia l’MI-6 soprannominarono la BND «il
servizio informativo inaffidabile»513. «Der Spiegel», dopo la
fine della guerra fredda, affermò: «Il KGB e la STASI di Berlino
Est erano in grado di infiltrare talpe ai piani più alti di Pullach.
[...] La BND non era che uno scherzo per i concorrenti sul
campo»514.
Sorge pertanto spontanea la domanda di quanto fosse
informata la STASI, e quindi Mosca, delle stay-behind segrete. Le
prove disponibili dimostrano che, almeno a partire dalla fine
degli anni Settanta, erano bene informati. Una documentata fuga
di notizie sulla stay-behind verificatasi nella BND riguarda la
tragica biografia della segretaria Heidrun Hofer impiegata nel IV
dipartimento della BND a Monaco, al quale competeva la
direzione della stay-behind tedesca. La Hofer, che aveva
accesso a documenti strettamente riservati, venne a conoscenza

274
anche di quelli classificati «cosmic», massimo grado di
riservatezza della NATO. Tuttora non è del tutto chiaro cosa
abbia rivelato alla STASI e al KGB. È certo però che diede
informazioni relative a un segretissimo centro di comando della
stay-behind tedesca concepito come base del governo in esilio
fuori della Germania in Atlantico. Tale base, dopo essere stata
scoperta, dovette nuovamente essere ricostruita in altra sede con
un costo di cento milioni di marchi515.
La Hofer passò tutte le informazioni inconsapevolmente.
Figlia di un funzionario tedesco conservatore, fu presa di mira
dal KGB attraverso un suo agente. L’uomo, di ritorno
dall’Argentina dove era stato mandato per prendere contatti con
estremisti di destra tedeschi e farsi in questo modo una
reputazione, una volta in Germania dell’Ovest, chiese a Heidrun
di sposarlo. A suo padre, “Hans” piaceva per la sua provenienza
di destra e diede il suo consenso. Dopo il matrimonio, Hans
confessò a Heidrun di lavorare per un’organizzazione
conservatrice di destra e la sorprese con la sua conoscenza del
BND. Heidrun si sentì parte della cospirazione e passò a Hans
tutte le informazioni disponibili.
Solo lentamente il controspionaggio della BND si rese conto
dell’esistenza della talpa del KGB. Nel dicembre del 1976, dopo
che la Hofer aveva inconsapevolmente servito per sei anni il
KGB, l’unità di controspionaggio della BND le tese un agguato
nella sua abitazione. Hans riuscì fortunosamente a fuggire
attraverso una porta che dava sul retro, mentre Heidrun fu
arrestata, accusata di alto tradimento e informata che Hans era
una spia del KGB. Per la ragazza lo shock fu enorme. Durante
l’interrogatorio da parte della BND, al sesto piano di un edificio
di Monaco, si gettò da una finestra presumibilmente per
uccidersi. Riuscì a sopravvivere pur con una grave
menomazione e vive da allora con un sussidio dell’assistenza
sociale. Il processo contro di lei si chiuse nel 1987, per

275
decorrenza dei termini. Una seconda fuga di notizie, situata a
più alto livello, si ebbe con Joachim Krase, vicecapo della BND,
che morì nel 1988. Krase era al soldo della STASI e, come
sostenne la stampa inglese, aveva «riferito tutto su Gladio e
sulla stay-behind, delle quali il KGB così conosceva ogni
segreto»516.
Quando, dopo la caduta del muro di Berlino, la Germania fu
riunificata e la STASI sciolta, la BND estese le sue competenze.
Documenti originali desecretati provenienti dagli archivi della
STASI confermano oggi che il servizio segreto della Germania
dell’Est era ben informato sulla stay-behind. Nel 1979, durante
un’esercitazione NATO, la STASI individuò una rete parallela sulla
quale negli anni seguenti indagò a fondo decifrando il codice
usato dagli agenti stay-behind e identificando più di cinquanta
basi della rete, dislocate in tutta la Germania dell’Ovest,
concentrate maggiormente lungo il confine con la DDR e la
Cecoslovacchia.
Il generale maggiore Horst Männchen, direttore del III
dipartimento della STASI e responsabile delle comunicazioni, nel
1984 informò dettagliatamente il governo della Repubblica
Democratica Tedesca sulla rete stay-behind della BND. «Sulla
base delle analisi dei segnali radio segreti della BND, che siamo
riusciti a decifrare [...], abbiamo raccolto prove affidabili
sull’esistenza di una categoria speciale di agenti della BND». Il
rapporto di Männchen, datato 3 agosto 1984, continuava
spiegando che questa particolare categoria di personale, che la
STASI definiva Überrollagenten (alla lettera ‘agenti a testa
bassa’), si stava preparando all’eventualità di un’invasione
militare da parte delle forze del Patto di Varsavia addestrandosi
a condurre operazioni di sovversione dietro le linee nemiche.
Tali agenti segreti, sottolineava Männchen, «rappresentavano un
serio pericolo per il successo delle operazioni delle forze del
Patto di Varsavia» e pertanto dovevano essere identificati al più

276
presto per poter essere neutralizzati «in caso di conflitto
militare»517.
In un altro rapporto, datato 6 novembre 1984, Männchen
evidenziava giustamente che nell’ambito della BND «ci si
riferisce a questi agenti speciali con il termine “stay-behind”» e
che la loro creazione sembra derivare dai piani della NATO
contro un’eventuale improvvisa invasione da parte delle forze
del Patto di Varsavia. Männchen comunicò altresì che questa
rete stay-behind era formata anche da donne e che un’intera
serie di radiocomunicazioni segrete, inviate dal quartier
generale della BND agli agenti stay-behind, erano state decifrate
dalla STASI. «Questi agenti sono cittadini della Germania del-
l’Ovest, uomini e donne che vivono sul territorio tedesco-
occidentale, molti dei quali vicino ai confini con la Germania
Est e la Cecoslovacchia. Essi conoscono bene la loro zona di
attività, agiscono da soli o in gruppi di tre o quattro e svolgono
missioni fino a quaranta chilometri dalle loro abitazioni. Da
quello che fino a oggi sappiamo, risulta che da sedici a venti
unità comunicano regolarmente con la BND. Il numero totale di
questi agenti, secondo fonti interne al BND, è valutato in
ottanta». Männchen affermò che questi agenti erano
«pericolosi» e che la STASI avrebbe dovuto tentare di
identificarne il maggior numero possibile518.
In un successivo rapporto, la STASI concluse che i dati
raccolti «indicavano chiaramente che la BND attribuiva grande
importanza all’addestramento e alla rapida disponibilità di
questi agenti speciali». Le intercettazioni radio della STASI
rivelavano anche che le stay-behind tedesche avevano ottimi
collegamenti e che comunicavano con i «servizi segreti NATO»
in Sardegna, a Huy in Belgio e a Lille e Grenoble in Francia519.
Tenendo sotto stretto controllo i segnali radio della BND, la STASI
fu in grado di rilevare anche l’installazione dei nuovi sistemi di
comunicazione Harpoon in Germania dell’Ovest e il 22 maggio

277
1984 riferì che nuovi e più rapidi dispositivi di comunicazione
venivano usati dagli agenti speciali520. Nel 1985, un rapporto
molto dettagliato della STASI sulla stay-behind osservava con
disappunto che le nuove e più veloci ricetrasmittenti, in grado di
inoltrare le comunicazioni in meno di tre secondi, rendevano più
difficoltosa l’individuazione degli agenti stay-behind della
BND521.
Quando nel 1990 fu scoperta la rete segreta tedesca, i
documenti della STASI non erano ancora disponibili, perciò la
stampa si concentrò sulle tracce lasciate dall’esercito
clandestino e chiese al governo dell’esistenza in Germania di
depositi segreti di armi per la Gladio. «Per sostenere le unità di
resistenza in territorio occupato i servizi segreti alleati avevano
predisposto, fin dai primi tempi dell’organizzazione della stay-
behind, dei depositi occulti d’armi. Essi contenevano tra l’altro
parti di ricambio per gli apparecchi di radiocomunicazione,
medicinali, oro e pietre preziose per scambi al mercato nero, e
alcune pistole». Il governo tedesco confermò l’esistenza di una
simile struttura anche in Germania, ma, sorprendentemente, in
seguito continuò, mentendo, a dichiarare che «i depositi d’armi
sono stati smantellati e le pistole distrutte dalle unità stay-
behind della BND prima del 1972. Attualmente gli
equipaggiamenti e l’addestramento dei servizi segreti è
strettamente limitato a quanto attiene alla raccolta di
informazioni e di evacuazione di persone. La dotazione di
materiali comprende speciali apparecchi ricetrasmittenti, ma
non armi e neppure esplosivi»522.
I giornalisti tedeschi sospettarono che il portavoce del
governo Lutz Stavenhagen, affermando che tutti i depositi
segreti d’armi erano stati smantellati fin dal 1972, intendesse
sviare la stampa poiché era ben noto che all’inizio degli anni
Ottanta erano stati scoperti in Germania dei nascondigli d’armi.
Il più importante di questi ritrovamenti era avvenuto il 26

278
ottobre 1981 quando dei boscaioli si erano fortuitamente
imbattuti in un vasto deposito di armi e altri materiali da
combattimento, vicino al villaggio di Uelzen nella zona di
Lünenburger Heide. A seguito del sensazionale rinvenimento,
Heinz Lembke, guardia forestale ed estremista di destra, fu
arrestato. Più tardi Lembke guidò la polizia al ritrovamento di
un imponente arsenale costituito da trentatré nascondigli
sotterranei. «La scoperta di questi depositi d’armi fu
immediatamente attribuita all’estremista di destra Lembke»,
dichiarava nel 1991 un’anonima ma ben documentata nota, del
Ministero della Difesa austriaco. «Questa brillante soluzione
aveva, però, un difetto. I depositi, oltre alle armi automatiche,
contavano anche equipaggiamenti per la guerra chimica, 14.000
proiettili, 50 armi anticarro, 156 chili di esplosivo, 230 granate e
256 bombe a mano. È sorprendente che, in una nazione dotata
di estese misure di sicurezza contro il terrorismo, non fosse mai
stato denunciato il furto o la sottrazione di una quantità tanto
notevole di materiale da guerra»523.
Il giornalista americano Jonathan Kwitny nel suo articolo
sugli eserciti segreti della CIA in Europa, riflettendo su quanto si
era appreso da una recente pubblicazione sulla Gladio austriaca,
concludeva che «il programma stay-behind tedesco può aver
subito un secondo scandalo analogo a quello del 1952, esso però
non è mai stato reso pubblico», poiché i depositi d’armi scoperti
nel 1981 erano stati «attribuiti all’addestramento militare di un
gruppo di giovani diretti dal neonazista Heinz Lembke, che era
stato arrestato. In quel periodo Lembke era dipinto come un
estremista pazzo che addestrava segretamente truppe in un
bosco». Kwitny faceva notare di non essere l’unico a collegare
l’arsenale di Lembke con la stay-behind della BND, perché anche
la pubblicazione austriaca su Gladio aveva smentito
l’affermazione secondo la quale Lembke non era altro che un
estremista pazzo e isolato. «Il direttore della pubblicazione del

279
Ministero della Difesa austriaca, il generale in pensione Franz
Freistatter, diceva di aver personalmente supervisionato
l’articolo, nel quale si suggeriva che Lembke usasse i depositi
segreti della stay-behind per addestrare le sue truppe neonaziste,
e di essere d’accordo con questa tesi, pur insistendo
sull’anonimato dell’autore»524.
Sia l’articolo di Kwitny su Gladio sia quello austriaco
sembrano essere nel giusto quando ipotizzano che i nascondigli
d’armi di Lembke facessero parte della stay-behind tedesca. Tra
i documenti emersi nel 1952, quando era stata scoperta la rete
BDJ-TD, vi era una direttiva per il giorno X, il giorno
dell’invasione. In essa si specificava che Lünenburger Heide
sarebbe stato il punto di raccolta settentrionale della Gladio
tedesca se ci fosse stata l’invasione: «I capi hanno ricevuto
istruzioni affinché individuino dove siano stazionati, in gran
numero, dei camion di trasporto. Nel caso di X, questi mezzi di
trasporto devono essere immediatamente sequestrati, se
necessario con la forza, e condotti dai membri nelle città e nei
paesi indicati come punti d’incontro della BDJ. Da qui i camion
trasporteranno i membri nel centro di raccolta della Germania
del Nord a Lünenburger Heide»525.
La scoperta dei nascondigli d’armi di Lembke nell’ottobre
1981 fu percepita in Germania, e a ragione, come uno scandalo.
Il clamore divenne anche maggiore quando alcune fonti
suggerirono l’ipotesi che gli arsenali non fossero semplicemente
“in sonno” in attesa del giorno lontano dell’invasione sovietica,
ma che l’estremista di destra Heinz Lembke poteva avere usato
quei depositi per rifornire di armi i suoi camerati che, un anno
prima dei rinvenimenti, le avevano usate in un attacco
terroristico a Monaco. Questa voce fu sollevata dal giornalista
tedesco Harbart, il quale riteneva Gladio «una spada nelle mani
di esponenti della destra» e riferiva che «le tracce della strage di
Monaco portavano alla guardia forestale Lembke del

280
Niedersachsen». Harbart si convinse che le bombe e la strategia
della tensione non si limitavano all’Italia, ma avevano raggiunto
anche il cuore della Germania526.
La strage di Monaco è stato il maggiore evento terroristico
nella Germania del dopoguerra. La sera del 26 settembre 1980,
alle otto e dieci, una bomba era esplosa in mezzo alle
manifestazioni della popolarissima Oktober Fest, in occasione
della quale, come ogni anno, si erano radunate migliaia di
persone. La bomba aveva lasciato dietro di sé una scia
sanguinosa, con 13 morti e 213 feriti, alcuni gravi. La Germania
e la città di Monaco erano sotto shock. Le indagini della polizia
rivelarono che la strage era stata portata a termine da estremisti
di destra. La traccia della bomba portava a gruppi neonazisti, tra
cui il Wehrsportgruppe Hoffmann. Secondo la polizia la bomba
era stata collocata da Gundolf Köhler, un estremista di destra di
ventun anni, membro del Wehrsportgruppe Hoffmann. Gli
esperti spiegavano che la bomba, che consisteva in una granata
a mano inserita in un estintore, era stata costruita da una persona
di notevole esperienza e si sollevarono dubbi sul fatto che
Köhler potesse averla realizzata da solo. Lo stesso Köhler non
poteva essere interrogato, in quanto era stato dilaniato dallo
scoppio della bomba e figurava tra le vittime del massacro.
Ignaz Platzer, che quel giorno era alla festa e nella strage
aveva perso i suoi due bambini, in un’intervista rilasciata nel
1996 al quotidiano tedesco «Süddeutsche Zeitung» sostenne che
non erano state fatte indagini sul retroterra della rete di destra
responsabile della strage. «Lei ha chiesto per anni la riapertura
delle indagini. Non crede che sia stato Gundolf Köhler il
responsabile?», chiese il giornalista a Platzer. «No, troppi indizi
vanno nella direzione opposta. Perché uno che pianifica una tale
azione dovrebbe portarsi dietro un passaporto con cui può
essere immediatamente identificato? Come minimo, non era
solo», rispose il padre delle vittime. «Ho combattuto molto per

281
sapere chi fosse in realtà la gente che gli stava dietro e devo
tuttavia dire che non è stata mai data una risposta onesta a
questa domanda». Il giornalista allora gli chiese: «Ha smesso di
esigere chiarimenti?»; Platzer concluse dicendo: «Ho iniziato a
capire che l’insistenza può solo portare dei guai»527.
Alcuni di questi guai sarebbero potuti derivare dal fatto che
la strage di Monaco avrebbe condotto ai nascondigli d’armi di
Lembke e dunque alla stay-behind tedesca, la quale a sua volta
conduceva alla NATO, la più grande alleanza militare del mondo,
e alla superpotenza mondiale, gli Stati Uniti. Anche se gli USA,
la NATO e la BND non avessero avuto alcun rapporto con la strage
di Monaco, la scoperta di un esercito clandestino collegato a
estremisti di destra avrebbe sollevato una serie di gravi
domande, soprattutto su come i soldati segreti e i loro arsenali
d’armi potevano essere controllati dalle istituzioni di una
Germania democratica.
Già il giorno successivo alla strage, la polizia tedesca aveva
ricevuto informazioni secondo cui Lembke riforniva gli
estremisti tedeschi. «Lembke ci mostrò diversi tipi di esplosivi,
detonatori, micce lente, bombe al plastico e bombe
dell’esercito», rivelò, durante l’interrogatorio alla polizia,
Raymund Hörnle, l’estremista di destra che apparteneva al
Wehrsportgruppe Hoffmann. «Ci disse che aveva, sepolti nel
bosco, molti nascondigli pieni di materiale come questo e che
avrebbe potuto fornircene una gran quantità [...]. Lembke ci
disse che addestrava la gente all’uso di ordigni e sostanze
esplosive»528. Oltre all’addestramento dei gladiatori tedeschi,
Lembke, secondo i verbali della polizia, aiutava i terroristi
d’estrema destra. «Ho sentito da Helmuth Mayer che da
Lembke si potevano ottenere degli esplosivi», testimoniò, dopo
la strage, anche l’estremista di destra Sibylle Vorderbrügge.
«Lembke ci mostrò diversi esplosivi [...]. Ci disse di avere
diversi nascondigli di armi nel bosco»529.

282
Nonostante queste testimonianze la polizia non si preoccupò
di dissotterrare i depositi d’armi di Lembke e così passò un altro
anno prima che gli operai forestali s’imbattessero casualmente
in quei nascondigli e la loro esistenza non poté più essere
smentita. Anche dopo questa scoperta, il legame cruciale tra la
strage e i depositi segreti di Gladio non venne approfondito,
nonostante il fatto che il 25 novembre 1981 Däubler-Gmelin,
della SPD, avesse sollevato la questione in Parlamento chiedendo
al governo: «Potete confermarci se, dopo la scoperta dei
depositi segreti d’armi e l’arresto di Lembke, si sia giunti a una
maggiore comprensione della strage di Monaco?». La domanda
era sensata, la risposta non lo fu altrettanto. Il segretario di Stato
von Scholer rispose: «[Tra le due cose] non c’è alcun
rapporto»530.
Questa spiegazione da parte del governo copriva i legami
con Gladio, dato che l’esercito clandestino doveva rimanere
segreto, ed era in contraddizione con le testimonianze rilasciate
alla polizia dagli estremisti di destra. Immediatamente dopo la
scoperta dei nascondigli segreti, la polizia aveva fatto irruzione
nella casa di Lembke e aveva trovato una custodia vuota di una
pistola G3 e un rotolo di micce a combustione lenta per bombe.
Lembke, tuttavia, non fu arrestato: sembrava intoccabile. Nato
nel 1937 a Stralsund, nella Germania orientale, Lembke aveva
fatto esperienza di prima mano del cosiddetto socialismo della
DDR e, a ventidue anni, era fuggito in Germania dell’Ovest ove
si era inserito in circoli di destra, nei quali si era fatto un certo
nome. Era diventato un leader dell’organizzazione di destra
Bund Vaterländischer Jugend (BVJ, ‘Lega della Gioventù
Patriottica’) ove come capo ideologo aveva coniato slogan
fascisti come questo: «Un tedesco che pensa come un ebreo è
un compagno da impiccare»531. Come la BDJ, posta fuorilegge
nel 1952, la BVJ fu messa al bando nel 1962, ma Lembke non
abbandonò le sue frequentazioni di destra. Nel 1968 tentò di

283
entrare nel Parlamento Federale tedesco, come candidato del
partito di destra NPD per la regione del Niedersachsen. Fallita
questa avventura politica, si impegnò in violente battaglie
contro gli attivisti antifascisti tedeschi. Per azioni di questo tipo
fu accusato e portato in tribunale, ma misteriosamente
dichiarato «non colpevole».
Fu solo diverse settimane dopo la scoperta dei depositi
d’armi che Lembke fu arrestato e messo in prigione, ma per un
diverso motivo. Era accusato di aver rifiutato di testimoniare
contro il suo amico e camerata di destra Manfred Roeder, capo
del gruppo terroristico Deutsche Aktionsgruppen. In prigione
Lembke cambiò improvvisamente idea e dichiarò di essere
pronto a testimoniare sia sul caso Roeder sia sui nascondigli
d’armi e su molte altre cose di cui era al corrente. Lembke
insisteva a volerne parlare con il pubblico ministero che l’aveva
interrogato invano sul caso Roeder. La richiesta fu accolta e il
pubblico ministero si recò immediatamente nella cella di
Lembke. Allora Lembke parlò e rivelò nei dettagli la
dislocazione di trentatré nascondigli d’armi, dei quali fino ad
allora solo alcuni erano stati individuati. Quella sera Lembke
disse a chi l’interrogava che il giorno dopo avrebbe rivelato chi
riteneva avesse usato quelle armi e quegli esplosivi. Il giorno
seguente, 1° novembre 1981, Lembke fu trovato impiccato a
una corda appesa al soffitto della sua cella532.
Il caso Lembke fu allora tolto agli investigatori della polizia
locale del Niedersachsen e affidato alla polizia federale di Bonn.
Questa sorprendente e improvvisa manovra legale fece
dichiarare al ministro dell’Interno del Niedersachsen
Möcklinghoff che si trattava di un «trucco criminale»533. Un
anno dopo, il 3 dicembre 1982, Bonn archiviò il caso Lembke
senza rilevare alcun chiaro legame tra Gladio e la strage di
Monaco e decidendo che Lembke costituiva un «caso
individuale». Nel loro rapporto conclusivo, gli investigatori

284
riferivano «che non vi erano indizi sufficienti a provare che
Lembke volesse rovesciare l’ordine costituzionale della
Repubblica tedesca con attacchi terroristici e omicidi». La
relazione finale si spingeva solo fino ad ammettere che molto
probabilmente Lembke aveva temuto un’invasione dall’Est,
contro la quale egli intendeva condurre «una guerra partigiana»,
e concludeva «che quegli equipaggiamenti da combattimento
ritrovati erano stati raccolti e sepolti, nel corso degli anni, dallo
stesso Lembke per poter eseguire operazioni di resistenza,
nell’eventualità dell’invasione che temeva»534.
In quella che fu considerata da molti come una conclusione
sorprendente, il tribunale trovò «che le attività di Lembke non
avevano causato quel grande pericolo temuto in un primo
tempo. I suoi sforzi non erano infatti rivolti contro l’attuale
situazione politica del paese». Allo stesso tempo il tribunale
sembrava al corrente dell’esistenza di Gladio, quando
dichiarava che Lembke aveva condotto un’operazione
“Werwolf”. Si trattava, infatti, di un riferimento alle reti stay-
behind dei nazisti chiamate “Werwolf”, reti che questi ultimi si
erano lasciati dietro in numerosi paesi, assieme a depositi
segreti d’armi, ritirandosi alla fine della seconda guerra
mondiale. Il “Werwolf” era un antico personaggio letterario
tedesco e indicava un essere umano che di notte si tramutava
misteriosamente in un lupo feroce che attaccava e uccideva la
gente sul fare dell’alba. Il tribunale rilevò che «più in
particolare, la guardia forestale aveva intrapreso attività
preparatorie da attivare in caso di presa del potere da parte dei
comunisti, in modo tale da risvegliare un “Werwolf”»535.
Lembke era morto e pertanto non poteva commentare questa
sentenza. Un certo numero di suoi camerati ebbe modeste
sanzioni e, dell’imponente deposito d’armi trovato, solo di tre
rivoltelle si riuscì a risalire all’origine: gli erano state fornite da
una ditta privata che le produceva per l’esercito tedesco e la

285
NATO.
I comprovati legami tra stay-behind ed estremisti di destra e
quelli, presunti, tra la rete clandestina e la strage di Monaco,
rendevano difficile, in Germania, arrivare a un chiarimento a
livello politico e giudiziario della questione. In seguito a quanto
era emerso riguardo agli eserciti clandestini negli altri paesi
europei, il 15 novembre 1990 il parlamentare verde Manfred
Such presentò al governo di Helmut Kohl un’interrogazione
relativa alla sospetta esistenza di strutture Gladio in Germania.
Il portavoce del governo, Hans Klein, con gran divertimento e
sconcerto dei parlamentari e dei giornalisti, spiegò che «la
Gladio tedesca non era, come viene preteso, un commando
segreto né un’unità di guerriglia» e che, comunque, egli non
avrebbe potuto discuterne per motivi di sicurezza536. Le
affermazioni di Klein causarono proteste dell’opposizione verde
e socialdemocratica. Il deputato Hermann Scheer, esperto
dell’SPD in materia di difesa, sollevò critiche sostenendo che
questa misteriosa organizzazione di destra avrebbe potuto essere
anche una sorta di Ku Klux Klan destinata più a operazioni
contro la democrazia in tempo di pace che a un’inverosimile
invasione sovietica. Allo scopo di accertare i fatti, Scheer chiese
un’inchiesta immediata e completa condotta dalla più alta
istanza giudiziaria del paese sui livelli più alti dell’esercito
ombra della NATO «perché l’esistenza di un’organizzazione
militare segreta al di fuori di ogni controllo governativo e
parlamentare è incompatibile con la legalità costituzionale e
deve pertanto essere perseguita secondo la legge penale»537.
Scheer sottolineò che l’indagine doveva partire immediatamente
«per impedire che ne fossero coperte o distrutte le tracce»538.
La richiesta di un’inchiesta a tutto campo su Gladio evaporò
quasi subito tra i socialisti non appena si venne a sapere che
anche esponenti del loro partito, una volta al governo, erano
stati partecipi della cospirazione. I socialisti, per ragioni tattiche

286
in vista delle imminenti elezioni, lasciarono cadere ogni
ulteriore richiesta di indagini su Gladio e così rimase solo il
Partito dei Verdi, che era stato fondato nel 1980 e non era
certamente compromesso nella questione non avendo mai avuto
responsabilità di governo, a chiedere un’inchiesta e un
chiarimento. La richiesta da parte dei deputati verdi di un
dibattito parlamentare aperto sulla stay-behind e i suoi sospetti
legami col terrorismo e gli estremisti di destra trovò
l’opposizione dell’alleanza tra i conservatori della CDU/CSU, FDP
e i socialisti della SPD che temevano uno scandalo e il 22
novembre 1990 dirottarono la discussione in una sessione a
porte chiuse della Commissione Parlamentare di Controllo
(PKK), che era tenuta a obblighi di segretezza. In questa sede,
Volker Foertsch, ultimo direttore della stay-behind della BND,
informò i parlamentari che l’unità segreta sarebbe stata sciolta.
In questa commissione non erano presenti rappresentanti dei
Verdi, i quali protestarono sostenendo che la PKK, che
sovrintende il servizio segreto tedesco BND, era ben nota «più
per coprire che per chiarire»539. Quando i giornalisti tentarono
di ottenere maggiori informazioni da Eberhard Blum,
collaboratore personale di Gehlen e direttore della BND dal 1983
al 1985, quest’ultimo fu sufficientemente sfrontato da
rispondere: «Gladio? Non c’è mai stato in Germania niente di
simile»540.
Riluttanti a dichiararsi sconfitti, il 29 novembre 1990 i Verdi
presentarono al governo una formale interrogazione. «Alla fine
di ottobre del 1990 l’attuale primo ministro italiano Giulio
Andreotti ha confermato in un discorso davanti al Parlamento
l’esistenza di un servizio segreto della NATO denominato
“Gladio”», così iniziava l’interrogazione, che chiedeva in
particolare: «Questo servizio segreto sovrannazionale collegato
alla NATO è stato attivo anche in Germania?». Lutz Stavenhagen,
ministro del governo Kohl con responsabilità sul servizio

287
segreto BND, rispose alla domanda con una menzogna chiara e
concisa: «No». I parlamentari verdi chiesero poi: «Qual è il
contenuto preciso degli specifici accordi firmati dal governo
tedesco, nel momento in cui aveva aderito alla NATO o
successivamente, che avrebbero permesso le attività di una tale
organizzazione?». Stavenhagen si attenne alla sua linea e
dichiarò: «Il governo tedesco non ha mai fatto accordi di questo
tipo». I parlamentari incalzavano: «Qual è l’esatto rapporto che
intercorre o è intercorso tra la NATO e questo servizio segreto
attivo in Germania e/o altri paesi NATO?»; e Stavenhagen: «Data
la risposta alla precedente domanda, ritengo questa superflua».
Alla fine il Partito dei Verdi chiese: «Il governo è disponibile a
informare i richiedenti, di propria iniziativa e in dettaglio, non
appena queste notizie importanti per la Germania saranno
disponibili? Nel caso il governo non intenda farlo, perché?».
Stavenhagen replicò: «A questa domanda si potrà rispondere
solo quando questi documenti saranno disponibili. La risposta
dipende inoltre dalle condizioni alle quali si potrà accedere a tali
documenti»541.
I parlamentari verdi erano furiosi, ma non potevano fare
nulla. Il governo del cancelliere Helmut Kohl, in carica fin dal
1982, aveva deciso di rispondere con una serie di bugie e ciò
per non mettere in pericolo la sua posizione nelle prime elezioni
della Germania unita, che si svolsero il 2 dicembre 1990 e si
conclusero con la vittoria del partito di Kohl, il CDU. Il giorno
successivo, 3 dicembre 1990, Stavenhagen si affrettò a inviare
ai media un fax di quattro pagine sulla stay-behind tedesca
intitolato: «Rapporto del governo sull’organizzazione stay-
behind della BND» in cui, contrariamente a quanto affermato in
precedenza, confermava l’esistenza anche in Germania della
rete segreta collegata alla NATO: «Le unità allestite dai servizi
segreti alleati sul territorio tedesco, per raccogliere informazioni
e predisporre vie di fuga, fino al 1955, a partire dall’anno

288
successivo furono prese in carico dal BND». Il governo informò
inoltre che l’esercito clandestino era ancora attivo: «Al
momento centoquattro persone lavorano in collaborazione col
BND nell’ambito della stay-behind», sottolineando che il 22
novembre la speciale Commissione Parlamentare di Controllo
incaricata di sovrintendere la BND aveva ricevuto importanti
comunicazioni. Il rapporto concludeva: «A seguito dei
cambiamenti globali intervenuti, la BND ha preso in
considerazione lo scioglimento della stay-behind fin dall’estate
1990. Dopo accordi con gli alleati, questa rete sarà smantellata
nell’aprile 1991»542.
Mentre la BND assicurava l’opinione pubblica che l’esercito
clandestino era stato sciolto e che non esistevano più depositi
segreti di armi, il 17 agosto 1995 il problema riemerse. Quel
giorno Peter Naumann, un neonazista di quarantatré anni,
chimico esperto, abile nel confezionamento di bombe, guidò
una polizia sorpresa ma dotata di telecamera verso tredici
depositi segreti d’armi che, secondo la sua testimonianza, aveva
predisposto nei länder del Niedersachsen e dell’Assia nei
diciassette anni precedenti. È interessante notare che Naumann
era amico di Lembke e che confermò alla polizia che gran parte
di quelle armi ed esplosivi provenivano dai nascondigli di
Lembke543.
Nonostante la confermata presenza di estremisti di destra tra
i suoi ranghi e i sospetti legami con atti di terrorismo, sorprende
che non ci sia stata in Germania alcuna inchiesta parlamentare
sull’esercito clandestino, né tanto meno un dettagliato rapporto
all’opinione pubblica. Il giornalista Leo Müller concludeva in
uno dei primi libri su Gladio: «Per quanto riguarda la
trasparenza democratica, al momento la Germania si classifica
ultima»544. Ulrich Stoll, della rete televisiva ZDF di Berlino,
ritiene che l’affare sia lungi dall’essere concluso. Dopo aver
ricevuto, alla fine del 2002, documenti desecretati della STASI

289
sulla stay-behind, ha così osservato: «Le inchieste su Gladio
possono continuare»545.

468 Per il dibattito relativo all’incendio del Reichstag del 1933


vedi Alexander Bahar - Wilfried Kugel, Der Reichstagsbrand.
Wie Geschichtegemacht wird, Berlino, Quintessenz, 2000.
469 Bericht der Bundesregierung über die Stay-behind
Organisation des Bundesnachrichtendienstes, quattro pagine
scritte da Lutz Stavenhagen, Bonn, 3 dicembre 1990. Di seguito
citato come Rapporto tedesco del 1990 sulle stay-behind.
470 «Intelligence Newsletter», 19 dicembre 1990.
471 «Searchlight», gennaio 1991.
472 Christopher Simpson, op. cit., prologo. Vale la pena di
notare che la stampa USA seguì la strategia di insabbiamento
del dipartimento di Giustizia e riportò il fenomeno come
un’eccezione. Per esempio, la «United Press International»
titolò il giorno seguente: “Barbie, l’eccezione non la regola”. Il
programma «Nightline», del canale televisivo ABC, condotto da
Ryan quella sera spiegò che gli Stati Uniti avevano
«innocentemente reclutato Barbie, inconsapevoli del suo ruolo
in Francia [], il caso Barbie non era tipico». Ryan, rispondendo
ad alcune domande, precisò che «era molto probabile che non si
fosse fatto affidamento su nessun altro ufficiale nazista come
era avvenuto per Barbie [] e quindi il caso è chiuso».
473 Christopher Simpson, op. cit., p. 44.
474 Ivi, p. 42.
475 Ivi, p. 40.
476 Allan Francovich, Gladio: The Ringmasters, cit.
477 Ibid.
478 «Searchlight», gennaio 1991.
479 Ibid.

290
480 Leo Müller, op. cit., p. 72. Müller, nel suo primo libro sulla
rete Gladio della NATO, ha presentato la migliore descrizione
degli eventi del 1952 in Germania. La citazione della
testimonianza di Hans Otto è contenuta nel cosiddetto “BDJ-TD
Report” messo a disposizione del pubblico dal governo
regionale dell’Assia nel periodo successivo allo scandalo.
481 Dieter von Glahn, Patriot und Partisan für Freiheit und
Einheit, Tubinga, Grabert, 1994, p. 58.
482 Altri campi d’addestramento dell’esercito, come il centro
delle unità dei paracadutisti vicino ad Altenstadt in Baviera,
cooperarono strettamente con le unità stay-behind. Vedi Erich
Schmidt-Eenboom, Die Graue und die Rote Hand.
Geheimdienste in Altenstadt, anni Novanta, inedito.
483 Leo Müller, op. cit., p. 123.
484 Ivi, p. 124, citazione del “BDJ-TD Report”.
485 Ibid.
486 Ivi, p. 130, citazione del “BDJ-TD Report”.
487 Ivi, p. 128, citazione del “BDJ-TD Report”.
488 Ivi, p. 129 e 130, citazione del “BDJ-TD Report”.
489 Ivi, p. 133.
490 Christopher Simpson, op. cit., p. 181. Jens Mecklenburg (a
cura di), op. cit. Mecklenburg si situa tra i pochi che nella
seconda metà degli anni Novanta compresero le profonde
implicazioni del fenomeno Gladio. Ha pubblicato un insieme di
saggi sugli eserciti stay-behind in diversi paesi dell’Europa
occidentale.
491 Leo Müller, op. cit., p. 94, citazione del “BDJ-ID Report”.
492 Ivi, p. 107, citazione del “BDJ-TD Report”.
493 Ivi, p. 136 e 143.
494 William Blum, op. cit., p. 64. Nella sua dettagliata ricerca
sulla CIA Blum ha correttamente osservato che «questa
operazione in Germania [] faceva parte di una rete molto più
ampia chiamata “operazione Gladio”, creata dalla CIA e da altri
servizi segreti europei, con analoghi eserciti clandestini in tutta

291
l’Europa Occidentale».
495 Discorso di Zinn di fronte al Parlamento Regionale
dell’Hessen, 8 ottobre 1952. Riportato da Leo Müller, op. cit.,
pp. 146-152.
496 Citato in Dieter von Glahn, op. cit., p. 67. Glahn, membro
del TD, osserva che questa dichiarazione USA era «molto
insoddisfacente per il TD».
497 Intitolata Der Technische Dienst des Bundes Deutscher
Jugend (il TD della BDJ), la relazione investigativa presentata
nel 1953 dal ministro dell’Interno dell’Assia era in tre volumi.
Constava di un rapporto esteso di 121 pagine (primo volume)
con due appendici, una di documenti lunga 200 pagine e la
seconda, 300 pagine, di copie di lettere, elenchi, rapporti e
decisioni (volume due e tre). Senza voler sminuire i rapporti
investigativi del Belgio, della Svizzera e dell’Italia degli anni
Novanta, si può affermare che la relazione BDJ-TD è stato forse
il miglior rapporto investigativo prodotto a seguito della
scoperta della rete stay-behind Gladio.
498 Allan Francovich, Gladio: The Ringmasters, cit.
499 «Zoom», n. 4/5, 1996, “Es muss nicht immer Gladio sein.
Attentate, Waffenlager, Erinnerungslücken”, p. 97. Vedi anche
Klaus Harbart, “Gladio – ein Schwert in rechter Hand”, in «Der
Rechte Rand», n. 10, gennaio 1991, p. 4.
500 Dieter von Glahn, op. cit., pp. 41-42.
501 Ivi, pp. 43-47.
502 Christopher Simpson, op. cit., p. 260.
503 “Schnüffler ohne Nase. Die Pannen und Pleiten des
Bundesnachrichtendienstes in Pullach”, su «Der Spiegel», n. 17,
1995.
504 Rapporto tedesco del 1990 sulle stay-behind, cit.
505 Leo Müller, op. cit., p. 109.
506 Dieter von Glahn, op. cit., p. 48.
507 Ivi, p. 74.
508 Rapporto tedesco del 1990 sulle stay-behind, cit.

292
509 Ibid.
510 Ibid.
511 Ibid.
512 Jens Mecklenburg (a cura di), op. cit., p. 64.
513 «The Economist», 27 ottobre 1990.
514 “Schnüffler ohne Nase”, cit.
515 Leo Müller, op. cit., p. 20 ed Erich Schmidt-Eenboom,
Schnüffler ohne Nase. Der BND. Die unheimliche Macht im
Staate, Düsseldorf, Econ Verlag, 1993, p. 376.
516 «The Observer», 16 dicembre 1990.
517 MFS Hauptabteilung III. Rapporto del Generalmajor
Männchen al Genosse Generalleutnant Neiber, Berlino, 3
agosto, declassificato.
518 MFS Hauptabteilung III, cit.
519 MFS Streng Vertraulich. Information G/02069/13/02/84.
Relevante Funkverbindungen von Sonderagenten und der
Partnerdienste des BND sowie der NATO Geheimdienste,
declassificato.
520 MFS Hauptabteilung III. Schnellautomatische
Funksendungen im Funknetz der Überrollagenten des BND mit
einer neuen Übertragungsapparatur, Berlino, 22 maggio 1984.
Declassificato.
521 MFS Hauptabteilung III. Gegenwärtiger Stand bei der
Bearbeitung des Funkverbindungssystems des BND zu
Überrollagenten, Berlino, 5 luglio 1985. Declassificato.
522 Rapporto tedesco del 1990 sulle stay-behind, cit.
523 «Oesterreichische Militärische Zeitschrift», II, 1991, p. 123.
524 Jonathan Kwitny, op. cit., p. 446.
525 Jens Mecklenburg (a cura di), Gladio, p. 78.
526 Klaus Harbart, “Gladio – ein Schwert in rechter Hand”, in
«Der Rechte Rand», n. 10, gennaio 1991, p. 5.
527 «Sueddeutsche Zeitung», 27 settembre 1996.
528 Jens Mecklenburg (a cura di), op. cit., p. 82.
529 Ibid.

293
530 Trascrizioni dal Parlamento tedesco. Seduta 66, Bonn 25
novembre 1981.
531 Jens Mecklenburg (a cura di), op. cit., p. 79.
532 Klaus Harbart, op. cit., p. 5.
533 Ibid.
534 Ivi, p. 6.
535 Jens Mecklenburg (a cura di), op. cit., p. 83.
536 Ufficio Stampa del Governo Federale, Comunicato stampa,
a cura di Hans Klein, 14 novembre 1990. Vedi anche Leo
Müller, op. cit., p. 30.
537 Ivi, p. 14.
538 “Das blutige Schwert der CIA. Nachrichten aus dem Kalten
Krieg: In ganz Europa gibt es geheime NATO Kommandos, die
dem Fried aus dem Osten widerstehen sollen. Kanzler,
Verteidigungsminister und Bundeswehrgenerale wussten
angeblich von nichts. Die Spuren führen nach Pullach, zur
‘stay-behind organisation’ des Bundesnachrichtendienstes”, in
«Der Spiegel», 19 novembre 1990.
539 Ibid.
540 Jens Mecklenburg (a cura di), op. cit., p. 83.
541 Kleine Anfrage der Abgeordneten Such, Frau Birthler,
Hoss, Frau Dr. Vollmer und der Fraktion Die Grünen.
“Tätigkeit eines NATO-Geheimedienstes auch in der
Bundesrepublik Deutschland?” Drucksache 11/8452. Inklusive
Antworten Dr. Lutz Stavenhagen, MdB, Staatminister beim
Bundeskanzler, Beauftrager für die Nachrichtendienste, Bonn,
30 novembre 1990.
542 Rapporto tedesco del 1990 sulle stay-behind, cit.
543 «Zoom», n. 4/5, 1996, “Es muss nicht immer Gladio sein.
Attentate, Waffenlager, Erinnerungslücken”, p. 110 e Reuters,
17 agosto 1995.
544 Leo Müller, op. cit., p. 19.
545 Ulrich Stoll, “Gladio: Späte Spuren einer NATO-
Geheimarmee”, in Thomas Leif (a cura di), Mehr Leidenschaft

294
Recherche. Skandal-geschicthen und Enthüllungsberichte. Ein
Handbuch zur Recherche und Informationsbeschaffung,
Wiesbaden, Westdeutscher Verlag, 2003, p. 184.

295
10. Grecia

Nel 1940, per ordine di Mussolini, l’esercito italiano attaccò


la Grecia, ma fu battuto dalla strenua resistenza del suo popolo.
Hitler, che aveva assistito con disappunto all’insuccesso di
Mussolini, nel 1941 inviò truppe tedesche che conquistarono il
paese e lo sottomisero al dominio delle potenze dell’Asse. I
greci organizzarono di nuovo una massiccia forma di lotta
clandestina e l’esercito tedesco dovette faticare molto, lungo
tutto il corso della guerra, per tenere il paese sotto controllo.
Come in Italia e in Francia, la più importante organizzazione di
resistenza all’occupazione fascista era dominata dai comunisti.
L’Esercito di Liberazione Popolare (ELAS), era stato fondato per
iniziativa del Partito Comunista Greco (KKE) alcuni mesi prima
dell’invasione tedesca. I partigiani provenivano dall’intero
spettro politico della sinistra e molte donne, sacerdoti e perfino
alcuni arcivescovi combatterono tra le sue fila. Anche l’EAM,
l’ala politica dell’Esercito di Liberazione Popolare, era
dominato dai comunisti greci. Su una popolazione complessiva
di sette milioni di abitanti, due milioni erano membri dell’EAM e
cinquantamila combattevano attivamente nei ranghi
dell’esercito dell’ELAS.
L’ELAS fu la spina nel fianco dei nazisti e lottò duramente per
sottrarre ai tedeschi il controllo del paese. Nelle sue operazioni
l’ELAS era sostenuto dal SOE, i cui ufficiali fecero da consiglieri
all’ELAS e rifornirono i partigiani di armi e munizioni. Molte
amicizie si strinsero tra combattenti della resistenza greca e

296
ufficiali di collegamento del SOE. Questi compagni d’armi
furono, tuttavia, improvvisamente separati dal primo ministro
Winston Churchill che, nel marzo 1943, decise di bloccare ogni
aiuto all’ELAS per timore che, dopo la sconfitta delle potenze
dell’Asse, la Grecia potesse finire sotto controllo comunista.
Churchill inviò segretamente il suo ministro degli Affari Esteri
Anthony Eden da Stalin per concordare una divisione dei
Balcani. L’accordo, cementato a Jalta, concedeva a Gran
Bretagna e Stati Uniti mano libera in Grecia, mentre Bulgaria e
Romania sarebbero entrate nell’area di influenza dell’Unione
Sovietica.
Allo scopo di ridurre drasticamente poteri e influenza dei
comunisti e socialisti greci, Londra pianificò per il dopoguerra
di rimettere al potere il re conservatore insieme a un governo di
destra. La direttiva del Foreign Office britannico datata 20
marzo 1943, che segnava la svolta, sottolineava che «il SOE
dovrebbe sempre volgersi in direzione di quei gruppi che
intendono appoggiare il re e il governo e inoltre far capire loro
che potrebbe essere antimonarchico il fatto che re e governo
godano del massimo appoggio da parte del Gabinetto di Sua
Maestà [britannica]»546. Il re era assai poco popolare tra la
popolazione greca a causa della sua collaborazione con il
dittatore fascista Metaxas. Ispirandosi a Mussolini e Hitler,
questi, durante la sua permanenza al potere nei tardi anni
Trenta, aveva introdotto il saluto fascista e una brutale polizia
segreta. Londra, tuttavia, perseguiva una politica conservatrice e
nell’ottobre 1943 il Foreign Office arrivò perfino a prendere in
considerazione «una politica di deciso attacco per indebolire
l’EAM con ogni mezzo in nostro potere». Tale linea di condotta
venne comunque rimandata poiché avrebbe potuto
«compromettere ogni possibilità di vantaggio militare e
annullare i nostri piani con un rafforzamento politico
dell’EAM»547.

297
La svolta inglese fu un colpo per l’ELAS e le sue difficoltà
aumentarono quando ex collaborazionisti dei nazisti e unità
speciali di destra, come le Bande X del militare cipriota
Georgios Grivas, iniziarono a dare la caccia e uccidere i
combattenti della resistenza. Churchill, che osservava questa
battaglia da lontano, rilevava tuttavia che le Bande X, prive di
qualsiasi sostegno popolare, non contavano più di seicento
uomini e che pertanto l’ELAS restava il più forte gruppo di
guerriglia sul territorio. Fu allora che Churchill decise che si
doveva fare qualcos’altro per impedire ai comunisti greci di
raggiungere posizioni di potere e diede così ordine di allestire
un nuovo esercito clandestino di destra. Come riferisce Peter
Murtagh, «fu apprestata una nuova unità militare greca che
divenne nota con varie denominazioni come Brigata d’Assalto
di Montagna, Forza d’Incursione Ellenica o LOK, il suo
acronimo greco (Lochos Oreinon Katadromon)». Da questa
formazione fu escluso ovviamente «quasi ogni militante che
aderisse a una visione politica di sinistra o anche
moderatamente conservatrice. Sotto la supervisione militare
britannica e per espresso ordine di Churchill, l’unità fu formata
da monarchici e oppositori della Repubblica»548.
Il feldmaresciallo Alexandros Papagos fu nominato primo
comandante della Forza d’Incursione Ellenica e, con l’aiuto
inglese, iniziò a reclutare elementi di destra per contrastare
l’ELAS, che si trovò così a combattere sia contro gli occupanti
tedeschi sia contro la Forza d’Incursione Ellenica sponsorizzata
dai britannici549. Churchill, a questo punto, temeva che sarebbe
stato un disastro per le pubbliche relazioni inglesi se si fosse
saputo che Londra stava segretamente aiutando i fascisti greci
contro i comunisti. Pertanto, nell’agosto del 1944, diede
istruzioni alla BBC affinché in tutti i servizi sulla Grecia fosse
eliminato «ogni riferimento a meriti di qualsiasi tipo
dell’ELAS»550. Solo alcune settimane più tardi, tuttavia, l’ELAS

298
si assicurò la vittoria sugli occupanti tedeschi e Hitler fu
costretto a ritirare le sue truppe. Churchill chiese
immediatamente il disarmo della Resistenza, ordine cui l’ELAS si
sarebbe adeguata di buon grado se fosse stato applicato anche
all’unico altro nemico che le era rimasto sul campo, ossia la
Forza d’Incursione Ellenica sostenuta dagli inglesi.
Di fronte al rifiuto da parte della Gran Bretagna di
smantellare l’esercito clandestino di destra e contro le
interferenze inglesi nella politica interna, l’EAM organizzò una
grande manifestazione democratica prevista per il 3 dicembre
1944 ad Atene, sei settimane dopo la cacciata delle truppe di
occupazione nazista. I promotori della manifestazione avevano
sottolineato il suo carattere pacifico e annunciato che sarebbe
stata il preludio di un successivo sciopero generale. Poco dopo
le 11 del mattino di quel giorno, un gruppo di dimostranti, tra i
duecento e i seicento, entrarono in piazza Syntagma, la piazza
più importante della città, di fronte al Parlamento. Questo
piccolo gruppo, formato tra l’altro da donne e bambini in abito
da festa, faceva parte dell’ampio corteo della manifestazione,
che contava fino a sessantamila persone e che, in quel momento,
veniva ritardata e bloccata dalla polizia. Appena il piccolo
gruppo fece il suo ingresso nella piazza si trovò di fronte una
linea di uomini armati, un insieme eterogeneo di poliziotti e altri
militari privi di segni di riconoscimento, probabilmente membri
della Forza d’Incursione Ellenica. Truppe britanniche e
poliziotti con mitragliatrici si erano posizionati sui tetti.
L’atmosfera era tesa.
Improvvisamente, senza alcun preavviso, al comando
«Sparate ai bastardi», la dimostrazione pacifica si trasformò in
un massacro. Una grandine di proiettili si rovesciò sui
manifestanti disarmati che scappavano in ogni direzione. La
sparatoria continuò presumibilmente per quasi un’ora e lasciò a
terra venticinque morti, tra cui un bambino di sei anni, e
centoquarantotto feriti. Poco dopo l’eccidio, giunse nella piazza

299
il corpo principale della manifestazione. Dando prova di grande
autocontrollo, i sessantamila tennero la loro pacifica
manifestazione con solennità e commozione tra i corpi dei loro
compagni trucidati. Con le bandiere sporche di sangue chiesero
che le truppe britanniche si mantenessero fuori dagli affari
greci. Molti portavano vessilli greci e americani, alcuni bandiere
rosse, pochissimi erano quelli che sventolavano l’Union Jack, la
bandiera inglese. A Londra Churchill dovette affrontare una
furibonda Camera dei Comuni che gli chiedeva spiegazioni di
quella barbarie. Ammettendo che «la cosa era stata scioccante»,
Churchill sottolineò come fosse stato egualmente imprudente
portare un gran numero di bambini inermi a una dimostrazione
in una città piena di uomini armati. Non si fecero però indagini
sul ruolo giocato dall’esercito clandestino di destra nel massacro
di piazza Syntagma551.
Dopo questa dimostrazione di forza, gli inglesi rimisero sul
trono il re e l’ELAS consegnò le armi in cambio della promessa
di elezioni democratiche, che si tennero nel marzo del 1946. A
seguito dell’improvvida decisione del Partito Comunista Greco
e del centrosinistra di boicottare le elezioni come forma di
protesta contro l’occupazione britannica del paese, la destra uscì
rafforzata dalla consultazione popolare. Seguirono una serie di
deboli governi conservatori e di destra, fantocci degli inglesi,
convinti che, se la sinistra greca fosse giunta al potere, la Grecia
sarebbe caduta sotto il brutale controllo del dittatore sovietico
Stalin. Continuarono gli arresti di membri dell’EAM, molti dei
quali venivano torturati in campi di concentramento dislocati in
note isole-prigioni. Mentre molti paesi del mondo festeggiavano
la fine della seconda guerra mondiale e, nel 1945, veniva
istituita l’Organizzazione delle Nazioni Unite per prevenire
nuove tragedie, la Grecia restava un campo di battaglia. La
frustrazione della sinistra greca aumentava e una sua frazione
decise di riarmarsi, prendendo la strada della montagna e dando

300
inizio, nell’autunno del 1946, a una guerra civile contro gli
inglesi e la destra locale.
La Gran Bretagna, uscita esausta dalla seconda guerra
mondiale, non era più in grado di mantenere il controllo del
paese e, all’inizio del 1947, chiese aiuto agli Stati Uniti.
L’esperto della CIA, William Blum riferisce che «i funzionari di
Washington impararono presto quanto il governo [ellenico],
loro nuovo cliente, fosse corrotto e incurante dei diritti umani, a
un punto tale che anche americani di provata fede anticomunista
si dissero inorriditi»552. Ma poiché la sinistra greca veniva
sostenuta anche con armi che provenivano dalla Jugoslavia
comunista e il paese sembrava ormai sul punto di diventare
rosso, il presidente Truman, nel marzo del 1947 riuscì a
convincere il Congresso a intervenire apertamente in Grecia.
All’esordio della guerra fredda, la Grecia fu il primo paese a
essere invaso dagli Stati Uniti. Nei decenni seguenti
Washington avanzò lo stesso argomento utilizzato per
l’intervento in Grecia – e cioè la lotta al comunismo su scala
mondiale – per giustificare le sue invasioni, aperte o coperte, di
Corea, Guatemala, Iran, Cuba, Vietnam, Cambogia, Nicaragua,
Panama e diversi altri paesi.
Con qualche trucco di magia ideologica, non appena le forze
USA con il loro equipaggiamento militare sbarcarono in Grecia,
Truman identificò come «democratico» il corrotto regime di
destra di Atene e bandì i suoi oppositori di sinistra come
«terroristi». Le forze partigiane di sinistra, che ammontavano a
circa ventimila persone tra uomini e donne sparse sui monti
della Grecia, furono superate in rapporto di uno a sei dalle unità
speciali USA collegate con la Forza d’Incursione Ellenica e altri
gruppi della destra greca. Nel 1948, quando Stalin realizzò che
la guerra civile greca avrebbe potuto condurre a uno scontro tra
superpotenze, escluse la Jugoslavia dal blocco sovietico e i
rifornimenti d’armi ai partigiani greci vennero improvvisamente

301
meno. La loro situazione divenne disperata mano a mano che la
Forza d’Incursione Ellenica, che operava sotto comando USA,
guadagnava forza. Gli Stati Uniti, in aggiunta, diedero
segretamente il via all’operazione “Fiaccola” e ricorsero alla
guerra chimica per sconfiggere i partigiani, sganciando sulla
Grecia migliaia di litri di napalm. Alla fine del 1948 la
resistenza greca, che sul suo territorio aveva sconfitto sia i
nazisti tedeschi sia le truppe inglesi, collassò. «La fine della
guerra civile significò la vittoria totale della destra greca e del
suo padrone, gli Stati Uniti»553.
L’esercito segreto anticomunista Forza d’Incursione Ellenica
non fu sciolto, ma rimase operativo per controllare
l’opposizione greca. La Grecia aderì alla NATO nel 1952 e per
quella data «era stata trasformata in cliente-alleato degli Stati
Uniti assolutamente affidabile. Era vigorosamente
anticomunista e ben integrata nel sistema NATO»554. La CIA e
l’esercito greco collaboravano segretamente per dirigere,
addestrare ed equipaggiare in modo congiunto la Forza
d’Incursione Ellenica agli ordini del feldmaresciallo Alexandros
Papagos. L’esercito segreto anticomunista della CIA si rivelò una
grande risorsa per influire sulla situazione politica del paese. La
collaborazione clandestina tra il servizio segreto USA, i militari e
il governo greco venne ripetutamente confermata da documenti
segreti, della cui esistenza l’opinione pubblica venne a
conoscenza, con grande sorpresa, durante le rivelazioni su
Gladio nel 1990. Questi documenti comprendevano un accordo
sull’esercito clandestino greco datato 25 marzo 1955, firmato
dal generale americano Truscott per la CIA, da Konstantin
Dovas, capo di Stato Maggiore dell’esercito greco, e dal primo
ministro Alexandros Papagos555. Le parti interessate
riconfermarono l’intesa sull’esercito segreto il 3 maggio
1960556.
Secondo Murtagh, la direzione della Forza d’Incursione

302
Ellenica costituiva il maggior progetto della CIA in Grecia. «Alla
metà degli anni Cinquanta la CIA collaborò nel rifornire ed
equipaggiare la Forza e la rimodellò intenzionalmente sulla base
delle unità scelte dell’esercito inglese e americano – le SAS
britanniche e le Delta Force statunitensi. Sotto la direzione della
CIA, i membri della Forza d’Incursione erano dotati di berretti
verdi, molto prima che simili unità fossero presenti nell’esercito
americano». Come in tutti gli altri paesi dell’Europa
occidentale, i legami con le Forze Speciali britanniche e USA
furono molto stretti, e gli ufficiali si mostravano molto
orgogliosi di essere stati selezionati per queste unità e di seguire
speciali corsi d’addestramento all’estero. Murtagh riferisce
anche come, attraverso la CIA, l’esercito segreto greco fosse
collegato alla NATO e al centro di comando alleato delle stay-
behind, l’ACC di Bruxelles. «Oltre ai compiti di controllo interno
la Forza d’Incursione Ellenica era addestrata per le classiche
operazioni stay-behind». «L’idea che stava dietro la rete era
quella di operare come una forza situata oltre le linee nemiche
dopo un’invasione sovietica dell’Europa. Avrebbe coordinato le
operazioni di guerriglia nei territori occupati dai russi e avrebbe
tenuto il collegamento con il governo in esilio. I membri di
questa rete sarebbero stati elementi della polizia segreta e dei
servizi di intelligence dei paesi occupati oltre a volontari civili.
La divisione greca della rete era nota anche con il nome di
operazione Pelle di Montone Rosso»557.
L’esistenza di questo esercito clandestino fu rivelata dall’ex
agente della CIA Philip Agee, nel suo libro del 1987 intitolato
Dirty Work: the cia in Western Europe, a causa del quale
dovette affrontare critiche infuocate e minacce di morte
provenienti dalla CIA e dal Pentagono. Agee, membro della CIA
operativo in America Latina negli anni Cinquanta, aveva
lasciato l’Agenzia nel 1969 per motivi etici e in seguito aveva
pubblicamente criticato le operazioni terroristiche e la

303
violazione dei diritti umani che il servizio segreto USA metteva
in atto in molti paesi, rivelando attività e nomi di agenti CIA.
Parecchi anni prima che gli eserciti Gladio venissero alla luce in
Italia, Agee parlò di «gruppi paramilitari, diretti da ufficiali
dell’Agenzia, che operavano negli anni Sessanta dovunque in
Europa». Sottolineava inoltre che «forse nessun’altra attività
della CIA era tanto strettamente collegata a operazioni di
sovversione interna»558.
In Grecia, secondo quanto riferì Agee, la CIA giocò un ruolo
decisivo. «Ufficiali americani di origine greca della CIA
reclutarono diversi gruppi di cittadini ellenici per quello che
l’Agenzia chiamava “un nucleo di raccolta per un esercito
clandestino che si opponesse alle minacce di colpi di Stato di
sinistra”. Ciascuno di questi diversi gruppi veniva addestrato ed
equipaggiato per agire da unità autonoma di guerriglia, in grado
di mobilitarsi e condurre operazioni senza alcun ordine o con un
minimo di comandi provenienti dall’esterno». Il controllo degli
eserciti clandestini rimaneva alla CIA e agli ufficiali greci che il
servizio segreto americano aveva selezionato. «I membri di tali
gruppi venivano addestrati alle attività militari dall’Agenzia. Per
quanto si è potuto sapere la maggior parte dei gruppi
paramilitari venivano istruiti in due campi: uno vicino a Volos e
uno sul monte Olimpo. Dopo i corsi iniziali, queste formazioni
venivano inviate in località isolate nella zona di Pindos e sui
monti vicino a Florina». Come tutti gli eserciti clandestini diretti
dalla CIA in Europa occidentale, le unità erano equipaggiate con
armi leggere nascoste in depositi segreti. «I gruppi di guerriglia
venivano dotati di armi automatiche e piccoli mortai da
montagna. Le armi erano occultate in diversi posti, per lo più
buche nel terreno e cave. Ciascun membro di questi gruppi
sapeva dove era nascosto il proprio arsenale in modo da potersi
mobilitare recandosi in un determinato luogo senza necessità di
ordini»559.

304
Numerose persone e diversi gruppi furono coinvolti nel
progetto, cosa che rese estremamente difficile mantenere segreta
l’esistenza dell’esercito clandestino e i suoi legami con la CIA.
«Grossi problemi sorgevano nel mantenere segreto il progetto.
Un ufficiale della CIA li descriveva come “un incubo”», riferiva
Agee e sottolineava: «Per quanto si può sapere, il gruppo
paramilitare non fu mai sciolto. Agli occhi dei funzionari
superiori della CIA, i gruppi sotto la direzione della sezione
paramilitare costituivano una “assicurazione” a lungo termine
per gli interessi degli Stati Uniti in Grecia in quanto potevano
sempre essere usati per assistere o dirigere il possibile
rovesciamento di un governo greco “poco comprensivo”,
naturalmente nei confronti delle esigenze americane»560. La
CIA investì milioni di dollari nell’esercito clandestino greco e
costruì un intero complesso di baracche militari e centri di
addestramento vicino al monte Olimpo nella Grecia centro-
orientale dove i membri della Forza d’Incursione Ellenica, sotto
il controllo degli istruttori della CIA, venivano addestrati in
diverse discipline tra cui lo sci, i lanci col paracadute e le
operazioni sottomarine561. Circa ottocento nascondigli segreti
d’armi furono predisposti in tutto il paese, mentre l’esercito
clandestino poteva presumibilmente contare su 1.500 ufficiali
che, in caso di necessità, sarebbero stati in grado di disporre
immediatamente di altri 2.000 uomini, fornendo in questo modo
alla Forza d’Incursione Ellenica un nucleo forte di 3.500 soldati
scelti562.
L’ufficiale della CIA che aveva svolto un ruolo centrale
nell’allestimento e nella direzione dell’esercito clandestino
ellenico era, secondo Agee, Thomas Karamessines, di origini
greche. Come altri suoi colleghi dell’Agenzia, Karamessines
durante la seconda guerra mondiale aveva prestato servizio
nell’OSS americano. Per il suo forte anticomunismo e le sue
origini greche era stato trasferito all’ambasciata americana in

305
Grecia, nel gennaio 1946, con l’incarico di copertura di attaché
militare. Durante la guerra civile aveva stabilito contatti con
ufficiali dei servizi greci e britannici e membri della Forza
d’Incursione Ellenica. Dopo la creazione della CIA, che nel 1947
rimpiazzò l’OSS, Karamessines allestì la sua sede ad Atene al
quinto piano del grande Tamion Building, appena fuori piazza
Syntagma. In pochi anni la base CIA poté contare su oltre cento
agenti a tempo pieno, molti dei quali greco-americani come il
loro principale, e Atene divenne lo snodo di tutte le attività
dell’Agenzia nei Balcani e nel Medio Oriente, incluso l’Iran.
Direttamente coinvolto nella guerra clandestina e negli
eserciti anticomunisti di Gladio, Karamessines fu trasferito a
Roma nel 1958 dove fu messo a capo della base della CIA che
controllava la Gladio italiana. Nel 1962 fu tuttavia costretto a
lasciare Roma per alcune voci che girarono su una sua presunta
implicazione nella morte del presidente dell’ENI Enrico Mattei
avvenuta in circostanze non del tutto chiarite. Tornato negli
Stati Uniti, Karamessines divenne capo della divisione
operazioni segrete della CIA e fu promosso vicedirettore del
dipartimento Pianificazione dell’Agenzia. È probabile che abbia
continuato la sua battaglia anche negli Stati Uniti, poiché, dopo
l’assassinio del presidente Kennedy nel 1963, fu accusato di
aver coperto tracce e distrutto documenti significativi.
Karamessines si era assicurato che la CIA non solo
finanziasse, ma anche controllasse il servizio segreto militare
greco, il KYP (Kentriki Yperesia Pliroforion), ripetutamente
coinvolto in pratiche di tortura. «Con programmi e obiettivi che
coincidevano con i nostri e, naturalmente, con il nostro denaro,
era facile lavorare con loro», ricordò in seguito un ex agente
della CIA dislocato in Grecia. «Il KYP andava bene nel far fuori i
comunisti greci e quelli che simpatizzavano con i sovietici»563.
Il KYP ospitava sul territorio greco postazioni d’ascolto del
traffico radio bulgaro e russo e provvedeva a inviare i nastri

306
registrati negli Stati Uniti perché fossero decodificati dalla NSA
(National Security Agency). Per tenere sotto controllo
l’opposizione greca, il KYP, insieme alla CIA, accumulò
informazioni che vennero raccolte in sedici milioni e mezzo di
fascicoli individuali, che ammontavano a quindici tonnellate di
peso, riguardanti cittadini considerati una minaccia per lo Stato.
Quando la raccolta e classificazione di tali documenti su carta
divenne problematica, la CIA fornì il KYP di un sistema
computerizzato. Visto retrospettivamente, sembra quasi
un’ironia della storia che la prima democrazia dell’età moderna,
vale a dire gli Stati Uniti, abbia fornito alla Grecia, prima
democrazia dell’antichità, i computer usati per tenere sotto
controllo la popolazione. Il capo del KYP manifestò una grande
soddisfazione per le nuove macchine e invitò la stampa a
visionarle. Vicino all’armadio grande e pesante che conteneva
l’elaboratore, il comandante si vantava: «In Grecia potete
dormire tranquilli perché questa meravigliosa realizzazione
della scienza americana non dorme mai», quindi per dimostrare
le qualità del sistema digitò su di un terminale l’espressione
«nemico della Grecia» e, con qualche imbarazzo del KYP, venne
prodotto il fascicolo personale di uno dei giornalisti che
partecipava alla presentazione564.
Dato che la CIA assieme all’oligarchia locale, attraverso la
Forza d’Incursione Ellenica e il KYP, teneva sotto controllo i
comunisti e la sinistra greca, l’unico pericolo che, a quel punto,
avrebbe potuto minacciare gli equilibri di potere era costituito
dalle elezioni democratiche. Laughlin Campbell, capo della
base CIA dal 1959 al 1962, temeva che nelle elezioni dell’ottobre
1961 la sinistra potesse assicurarsi la vittoria e pertanto un gran
numero di persone furono minacciate o pagate per votare
secondo le indicazioni del KYP. In molti villaggi i candidati della
CIA e dell’esercito raccolsero un numero di voti superiore a
quello dei votanti. La CIA ebbe successo e alla fine l’Unione di

307
Centro, che aveva tendenze di sinistra, raccolse poco più di un
terzo dei voti e cento seggi in Parlamento. Il suo leader,
Georgios Papandreou, protestò per i brogli elettorali e in seguito
ottenne un’inchiesta da parte di una commissione indipendente,
che confermò le sue accuse. Diede allora l’avvio a una
durissima lotta contro il governo.
Godendo di largo sostegno popolare, Papandreou ebbe il
coraggio di mettersi apertamente contro la CIA e il KYP e nel
1963 costrinse il primo ministro Konstantinos Karamanlis,
sostenuto dagli USA, a dare le dimissioni. La tensione si alzò
perché nelle successive elezioni del novembre 1963, l’Unione di
Centro si assicurò il 42 per cento dei voti popolari e 138 seggi
parlamentari su un totale di 300. Papandreou, che era alla testa
del partito più forte, fu eletto primo ministro nel febbraio del
1964. Per la prima volta dall’epoca dell’occupazione nazista la
destra greca doveva affrontare la prospettiva di una seria perdita
di potere politico. Dato che a Papandreou erano garantiti quattro
anni di governo, l’evento «provocò ondate di shock
nell’establishment di destra. Molti, tra i quali diversi consiglieri
chiave, ritennero che ciò fosse il segno che il paese si stava
avviando verso una presa del potere da parte dei comunisti, cosa
che erano determinati a impedire»565. Il primo ministro
Papandreou doveva essere rimosso.
Fu ordinato a Jack Maury, nuovo capo della base CIA ad
Atene, di deporre Papandreou. Per esibire pubblicamente il suo
potere, Maury assunse un atteggiamento vistosamente
arrogante, con vestiti sgargianti, grandi anelli alle mani e
un’auto imponente – «più grande di quella dell’ambasciatore»,
come si divertiva a sottolineare. Intanto cospirava segretamente
con il re Costantino, con monarchici e ufficiali di destra
dell’esercito, con il servizio segreto e nel luglio 1965 manovrò
per far dimettere Papandreou dalla sua carica in base a una
prerogativa reale566. Dopo questo tacito golpe, diversi governi

308
dalla vita breve si susseguirono l’un l’altro mentre l’esercito
clandestino, consigliato dall’ufficiale del KYP Kostas Plevris, si
impegnava in operazioni coperte per manipolare il clima
politico. Nel paese scoppiarono diverse bombe. Nel 1965 fu
fatto saltare in aria il ponte Gorgopotamos nel corso di una
celebrazione in cui la sinistra e la destra ricordavano insieme la
distruzione tedesca del ponte durante l’occupazione. La strage
fece cinque morti e quasi cento feriti, di cui molti gravi. «È
vero, abbiamo addestrato ufficialmente i terroristi», dichiarò in
seguito un ufficiale coinvolto nelle operazioni segrete,
sottolineando il pieno sostegno che era stato loro accordato567.
Il sostegno veniva da Washington, dall’amministrazione di
Lyndon Johnson che, riguardo alla questione di Cipro, chiarì al
governo greco chi è che decideva. Nell’estate del 1964 Johnson
convocò alla Casa Bianca Alexandros Matsas, ambasciatore
greco negli Stati Uniti, e gli disse che per risolvere i problemi di
Cipro si doveva dividere l’isola in due parti, una greca e l’altra
turca. Quando Matsas rifiutò di approvare questo piano,
Johnson inveì: «Mi ascolti, signor ambasciatore, il vostro
Parlamento e la vostra Costituzione possono andare a farsi
fottere. L’America è un elefante e Cipro una mosca. Anche la
Grecia è una mosca. Se le due mosche continuano a pizzicare
l’elefante, corrono il rischio di essere spiaccicate dalla sua
proboscide, spiaccicate per bene». Il governo greco, insisteva
Johnson, doveva eseguire gli ordini della Casa Bianca.
«Paghiamo un mucchio di bei bigliettoni verdi ai greci, signor
ambasciatore. Se il suo primo ministro si azzarda a venire a
parlare a me di democrazia, Parlamento, Costituzione, lui, il suo
Parlamento e la sua Costituzione non dureranno a lungo»568.
Quando Matsas costernato farfugliò: «Devo protestare per i
suoi modi», Johnson continuò urlando: «Non dimentichi di dire
al vecchio Papa – come si chiama – quello che le ho detto. Badi
di dirglielo, capito?». Dopo di che Matsas inviò un

309
cablogramma a Papandreou per riferirgli la conversazione. Il
servizio segreto americano NSA intercettò questa comunicazione
e dopo un po’ il telefono di Matsas squillò. Era il presidente:
«Vuole proprio finire sul mio libro nero, signor ambasciatore?
Vuole che mi arrabbi veramente con lei? Quella era una
conversazione privata tra noi due. Non c’era ragione di riferire
tutte le parole che ho usato con lei. Badi a ciò che fa»569. Click.
La linea s’interruppe.
Andreas, il figlio di Georgios Papandreou, aveva assistito
con disgusto alle manipolazioni e alla guerra occulta che si
conducevano nel suo paese. Dopo aver simpatizzato da studente
con un gruppo trotskista, Andreas aveva lasciato la Grecia per
l’America, negli anni Trenta, per sfuggire alla repressione della
dittatura di Metaxas. Diventato cittadino americano, intraprese
la brillante carriera di economista e fu nominato direttore del
dipartimento di Economia dell’Università di California a
Berkeley. Durante la seconda guerra mondiale prestò servizio
nella Marina americana e nel dopoguerra fu contattato dalla CIA
per lavorare nel gruppo che si occupava di politica
mediterranea. Dopo aver visto come gli Stati Uniti si erano
comportati con la Grecia, ruppe i rapporti con la CIA e alla fine
degli anni Cinquanta tornò in Grecia e divenne uno dei più
aspri, sarcastici e demagogici critici degli Stati Uniti. In uno
stile che ricordava Castro, il giovane Papandreou attaccava con
infiammati discorsi le intromissioni USA negli affari greci, la
NATO, il re corrotto, i partiti conservatori e l’establishment greco
in genere.
Il Pentagono e la CIA si sorpresero molto nel vedere che un
altro Papandreou sfidava il loro potere e Murtagh riferisce che
«era difficile sottovalutare il punto cui giungeva l’avversione
nei confronti della destra e della CIA del figlio dell’ex primo
ministro»570. Nel 1964 Andreas Papandreou assunse incarichi
ministeriali e scoprì che il KYP, di norma, spiava le

310
conversazioni tra i ministri e le passava alla CIA. Furibondo,
licenziò due alti ufficiali del KYP e tentò di sostituirli con
funzionari più affidabili cui ordinò di interrompere ogni
collaborazione con la CIA. Come Papandreou racconta, tuttavia,
il nuovo direttore del KYP «tornò indietro e scusandosi disse che
non lo poteva fare. Tutte le apparecchiature erano americane,
controllate dalla CIA o da greci sotto la supervisione della CIA.
Non c’era alcuna possibilità di tenere distinti i due servizi
segreti. Tutte le funzioni erano state duplicate, in effetti si
trattava di un’unica agenzia»571.
Dato che Papandreou stava sfidando il KYP, Norbert
Anschutz, vicecapo di missione nell’ambasciata USA, andò da
lui e lo consigliò di annullare gli ordini che aveva dato al KYP.
Andreas Papandreou rifiutò e ordinò al funzionario americano
di lasciare immediatamente il suo ufficio, alla qual cosa
Anschutz rabbiosamente rispose che «ci sarebbero state
conseguenze»572. Il colpo di Stato militare arrivò nella notte tra
il 20 e il 21 aprile 1967, un mese prima delle elezioni sulle quali
i sondaggi, e la stessa CIA, davano per certa una travolgente
vittoria dell’Unione di Centro di Georgios e Andreas
Papandreou. La Forza d’Incursione Ellenica diede il via al golpe
che era basato sul Piano Prometeo, un piano predisposto dalla
NATO per essere attivato in caso di rivolta comunista. In caso di
opposizione, il Piano Prometeo era inequivocabile:
«Schiacciare, senza esitazione, ogni eventuale resistenza
nemica»573. Attorno a mezzanotte gli uomini della Forza
d’Incursione avevano preso il controllo del Ministero della
Difesa, che in omaggio agli americani era stato ribattezzato
“Pentagono”. Incontrarono una resistenza trascurabile o nulla e
l’edificio in breve passò agli ordini del tenente colonnello
Kostas Aslanides, un ufficiale dei corpi paramilitari. Dopo
questo colpo, si passò alla seconda fase del piano e,
nell’oscurità della notte, mezzi corazzati alla luce delle

311
fotoelettriche si riversarono nella capitale e, agli ordini del
comandante di brigata Stylianos Pattakos, circondarono
Parlamento, Palazzo Reale, gli edifici della radio e i centri di
comunicazione. Pattakos condusse la sua colonna lungo la
stessa strada percorsa dai tedeschi quando, nell’aprile 1941,
avevano occupato Atene. In qualche occasione i tank si
fermarono, gli ufficiali si guardavano attorno alla ricerca di
segnali di opposizione, ma non ce ne furono. Atene dormiva.
Anche l’anziano Georgios Papandreou, che aveva raggiunto i
settantotto anni, dormiva quella notte nella sua modesta villa a
Kastri, poco fuori della capitale. La tecnica, come in ogni altro
colpo di Stato, era terribilmente semplice. Alcuni uomini armati
bussarono alla porta e Papandreou fu arrestato e condotto via su
uno dei due veicoli militari che avevano circondato la casa.
Contemporaneamente otto uomini fecero irruzione nella casa di
Andreas Papandreou, sette con baionetta innestata e uno con
una mitraglietta. Ne seguì un trambusto e Andreas Papandreou
scappò sul tetto, ma un soldato trovò suo figlio quattordicenne
e, tenendo una pistola puntata alla testa del ragazzo, costrinse
anche il giovane Papandreou ad arrendersi. Nello spazio di circa
cinque ore, più di diecimila persone, che comparivano in
dettagliati elenchi, furono arrestate dalle squadre militari e
condotti in «centri di raccolta».
Il colonnello Yannis Ladas, di quarantasette anni, direttore
della polizia militare greca, in un’intervista rilasciata un anno
dopo si dimostrò orgoglioso della precisione e della rapidità con
cui era stato attuato il piano NATO. «Nel giro di venti minuti,
ogni politico, ogni persona, ogni anarchico presente nell’elenco
era stato preso [...] era un piano molto semplice, diabolico»574.
La popolazione greca svegliandosi quel mattino si accorse
prima che i telefoni non funzionavano e poi che i militari
avevano preso il controllo del paese. Alle sei del mattino il
colonnello Geo¯rgios Papadopoulos dichiarò ai mezzi

312
d’informazione di aver preso il potere per difendere la
democrazia, la libertà e la tranquillità del paese. Furono sospesi
undici articoli della Costituzione. Chiunque, ora, avrebbe potuto
essere immediatamente arrestato e condotto, senza alcuna
garanzia, di fronte a tribunali militari. Dimostrazioni e scioperi
erano vietati e i depositi bancari congelati. Geo¯rgios
Papadopoulos era stato l’ufficiale di collegamento tra il KYP e la
CIA fin dal 1952 e, all’interno del KYP, era noto come l’uomo di
fiducia del capo della stazione CIA, Maury. Non tutti, negli Stati
Uniti, approvarono questo brutale intervento della CIA. Il
senatore americano Lee Metcalf, alcuni giorni dopo il golpe,
criticò duramente l’amministrazione del presidente Johnson e
denunciò in Campidoglio la giunta greca come «un regime di
collaborazionisti e simpatizzanti nazisti [] [che stanno]
ricevendo l’aiuto americano»575. L’ambasciatore USA ad Atene,
Phillips Talbot, una settimana dopo il brutale rovescio, rinfacciò
a Maury che il golpe americano rappresentava «una violenza
alla democrazia». Maury rispose: «Come si può violentare una
puttana?»576.
Per il coinvolgimento diretto della Forza d’Incursione
Ellenica il colpo di Stato militare greco è stato correttamente
etichettato come un “golpe Gladio”. Soltanto in un altro paese, e
precisamente in Turchia, gli eserciti clandestini anticomunisti
furono direttamente coinvolti in un colpo di Stato. In Italia c’era
stato un “golpe silenzioso” nel 1964, quando il generale De
Lorenzo, uomo di fiducia della CIA, mettendo in atto il Piano
Solo era entrato a Roma con blindati, jeep e lanciagranate,
mentre le forze NATO erano impegnate in grandi manovre al
largo delle coste italiane. Il risultato era stato che i socialisti
avevano tacitamente abbandonato posizioni e posti di governo.
Lo storico americano Bernard Cook ha correttamente
sottolineato come «il Piano Solo assomigli al successivo Piano
Prometeo, utilizzato dal colonnello Geo¯rgios Papadopoulos per

313
imporre nel 1967 un regime militare in Grecia. Con il suo
programma di destabilizzare l’Italia per prevenire un’avanzata
della sinistra, il piano non era che una “copia-carbone di
Gladio”»577. L’esperto militare Collin è d’accordo sul fatto che
«De Lorenzo aveva in mente un piano che nei suoi aspetti
tecnici era simile a quello messo in atto con successo alcuni
anni dopo dal colonnello Geo¯rgios Papadopoulos in
Grecia»578.
La giunta greca consolidò il suo potere con un regime di
arresti e torture mai visto in Europa dalla fine della seconda
guerra mondiale. Molti di quelli che furono arrestati nelle prime
ore del golpe furono in seguito spostati in prigioni della polizia
e dell’esercito. Comunisti, socialisti, professori universitari,
giornalisti, studenti, donne impegnate in politica, sacerdoti, con
i loro amici e le loro famiglie, furono torturati. Furono loro
strappate le unghie dei piedi e delle mani. Furono bastonati sui
piedi fino a staccare loro la pelle e a rompere le ossa. Oggetti
taglienti vennero inseriti nelle vagine. Luridi stracci spesso
imbevuti di urina e avvolti di escrementi furono ficcati in gola
alle vittime. Molti furono torturati con l’elettrochock579.
L’ispettore Basil Lambro, capo della polizia segreta ad Atene,
era fiero di sottolineare: «Siamo tutti democratici qui. Chiunque
venga qui parla e voi non rovinerete il nostro primato». Il sadico
torturatore mise in chiaro alle sue vittime: «Noi siamo il
governo, voi siete niente. Il governo non è da solo. Dietro al
governo ci sono gli americani». Quando era in vena, dissertava
anche sulla politica mondiale: «L’intero mondo è diviso in due
parti, i russi e gli americani. Noi siamo gli americani, siate grati
che vi abbiamo solo torturato un po’. In Russia vi avrebbero
ucciso»580.
La destra italiana e i suoi soldati segreti rimasero colpiti
dall’efficienza con la quale i greci assieme alla CIA avevano
sconfitto la sinistra. Nell’aprile del 1968 i colonnelli greci

314
invitarono cinquanta estremisti di destra italiani, tra i quali
Stefano Delle Chiaie, ad andare in Grecia e vedere di persona.
Al loro ritorno in Italia la violenza aumentò: bombe in luoghi
pubblici fecero vittime, centinaia di persone furono ferite e di
questo si diede la colpa ai comunisti. La giunta dei colonnelli fu
impressionata di come gli amici italiani stessero con tanta
efficienza spingendo il paese verso un colpo di Stato e il 15
maggio 1969 Papadopoulos inviò un telegramma di
congratulazioni: «Sua Eccellenza il primo ministro rileva che gli
sforzi compiuti per un certo periodo in Italia dal governo greco
cominciano a dare i risultati»581.
Alla fine la dittatura militare implose per una mancanza
quasi assoluta di sostegno interno, dopo che i Colonnelli si
erano lanciati in un’avventura imperialistica e avevano
appoggiato a Cipro, nel 1974, un golpe che tentava di sostituire
con un regime fantoccio il legittimo governo di sinistra
dell’arcivescovo Makarios, e di annettere Cipro alla Grecia. In
risposta al golpe, truppe turche invasero l’isola. Ne seguirono
ondate di violenza che causarono la morte di migliaia di persone
e lasciarono l’isola divisa in due parti, un nord turco e una zona
greca a sud. I Colonnelli furono arrestati e portati in tribunale:
Papadopoulos fu condannato a morte per alto tradimento nel
1975; la condanna fu in seguito commutata in ergastolo. La
monarchia fu abolita con voto popolare e fu approvata una
nuova Costituzione.
Andreas Papandreou, dopo il suo rilascio dalle prigioni della
giunta e anni d’esilio trascorsi in Canada e Svezia, ritornò in
Grecia e rientrò in politica dopo la caduta della dittatura. Fondò
il Movimento Socialista Panellenico (PASOK), vinse le elezioni
del 1981 e formò il primo governo socialista greco del
dopoguerra. Dato che nello stesso anno la Grecia divenne
membro a pieno diritto della Comunità Europea, Papandreou
radicalizzò la sua linea politica e minacciò ripetutamente di far

315
uscire la Grecia dalla NATO. Ciò non avvenne mai, ma sei anni
prima di morire Andreas Papandreou testimoniò riguardo
all’affare Gladio in Italia e fu il primo uomo di governo
straniero a confermare che tale rete esisteva anche in Grecia. Lo
scandalo oltrepassò i confini dell’Italia e notevole fu
l’imbarazzo tra i governi del continente. Il 30 ottobre 1990
Andreas Papandreou dichiarò al quotidiano greco «Ta Nea» che
già nel 1984, da primo ministro, aveva scoperto l’esistenza in
Grecia di un esercito segreto della NATO molto simile alla
Gladio italiana e aveva dato ordine di scioglierlo. L’ex ministro
della Difesa Nikos Kouris confermò che l’esercito clandestino
era stato operativo per tutto il periodo della guerra fredda. «La
nostra struttura clandestina prese il via nel 1955», dichiarò
Kouris, «con un accordo tra il capo dei servizi speciali greci e la
CIA. Quando appresi dell’esistenza di questo patto inaccettabile
[...] ne informai Andreas Papandreou [...] e fu dato ordine di
smantellare Pelle di Montone Rosso»582.
Seguirono, verso la fine del 1990, veementi richieste di
un’inchiesta parlamentare sull’esercito segreto da parte
dell’opposizione socialista, ma furono respinte dal governo
conservatore in carica e dal partito maggioritario di Nuova
Democrazia. Il ministro della Difesa Ioannis Varvitsiotis fu
costretto ad ammettere davanti al Parlamento che le
informazioni fornite da Andreas Papandreou erano corrette e
che la CIA e i comandi locali avevano allestito una rete segreta,
un’operazione denominata “Pelle di Montone Rosso”, che era
stata presumibilmente «smantellata nel 1988»583. Il ministro
per l’Ordine Pubblico Ioannis Vassliadis sottolineò comunque
che la polizia non avrebbe fatto accertamenti sulle «fantasie»
che mettevano in relazione l’operazione “Pelle di Montone
Rosso” con il terrorismo interno. Come molti altri suoi colleghi
europei, il ministro, rispondendo ai giornalisti, enfatizzò la
funzione stay-behind della Gladio greca, mentre smentiva

316
categoricamente le sue finalità di controllo interno: «Pelle di
Montone Rosso era il nome di una delle cinquanta operazioni
NATO che prevedevano una resistenza organizzata se il paese
fosse stato occupato dal nemico. Erano stati predisposti
nascondigli di armi e ufficiali che avrebbero formato il nucleo
di una guerriglia. In altri termini era un atto giustificato
dall’interesse nazionale»584. Dato che comunque le richieste di
un’indagine parlamentare si intensificavano, il ministro della
Difesa Varvitsiotis sostenne che non vi era alcuna necessità di
un’inchiesta di tal genere in quanto egli stesso, con il suo
dipartimento della Difesa, si stava prendendo cura di tutto il
caso. Varvitsiotis affidò le indagini potenzialmente esplosive a
un generale che aveva prestato servizio presso la NATO ed era
stato attaché militare greco a Washington. Già prima della
conclusione della relazione sulla Gladio greca, Varvitsiotis fu in
grado di assicurare i suoi colleghi ministri che «il governo non
deve temere alcunché»585.

546 William J. M. Mackenzie, op. cit., p. 703.


547 Ivi, pp. 722-723.
548 Peter Murtagh, giornalista del «Guardian», ha scritto un
appassionato resoconto del tradimento della Resistenza greca da
parte degli anglosassoni e del danno da loro inferto alla
democrazia greca durante la guerra fredda. Basato su documenti
nuovi e interviste con diversi diplomatici britannici e americani
e funzionari CIA, il suo libro è intitolato The Rape of Greece.
The King, the Colonels and the Resistance, Londra, Simon &
Schuster, 1994, p. 29.
549 “Spinne unterm Schafsfell. In Südeuropa war die Guerilla
truppe besonders aktiv – auch bei den Militärputschen
Griechenland und der Türkei?”, in «Der Spiegel», n. 48, 26

317
novembre 1990 e Leo Müller, op. cit., p. 55.
550 Peter Murtagh, op. cit., p. 30.
551 Ivi, p. 24. Vedi anche Richard Clogg, Concise History of
Greece (Cambridge, Cambridge University Press, 1992), nella
quale si afferma che «una maldisciplinata polizia fece fuoco
sulla dimostrazione in piazza Syntagma nel centro della città,
facendo quindici morti», p. 137.
552 William Blum, op. cit., p. 36.
553 Peter Murtagh, op. cit., p. 39.
554 William Blum, op. cit., p. 38.
555 Leo Müller, op. cit., p. 55 e Jens Mecklenburg (a cura di),
op. cit., p. 19.
556 Jacques Baud, op. cit., p. 546.
557 Peter Murtagh, op. cit., p. 30.
558 Philip Agee - Louis Wolf, op. cit., p. 154.
559 Ivi, pp. 155-156.
560 Ibid.
561 Peter Murtagh, op. cit., p. 42.
562 “Es muss nicht immer Gladio sein. Attentate, Waffenlager,
Erinnerungslücken”, in «Zoom», n. 4/5, 1996, p. 73.
563 Peter Murtagh, op. cit., p. 43.
564 Ivi, p. 44.
565 Ivi, p. 71.
566 William Blum, op. cit., p. 216.
567 “Spinne unterm Schafsfell”, cit.
568 Peter Murtagh, op. cit., p. 90.
569 Ivi, p. 90.
570 Ivi, p. 102.
571 Citato in William Blum, op. cit., p. 217.
572 Ivi, p. 218.
573 Peter Murtagh, op. cit., p. 114.
574 Ivi, p. 118.
575 Christopher Simpson, op. cit., p. 81.
576 Philip Agee - Louis Wolf, op. cit., p. 154.

318
577 Bernard Cook, op. cit., p. 116. Cook mette l’espressione
una «copia-carbone di Gladio» tra virgolette in quanto cita Paul
Ginsborg, A History of Contemporary Italy: Society and
Politics, 1943-1988, New York, Penguin, 1990, p. 227 [trad. it.
Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi: società e politica, 1943-
1988, Torino, Einaudi, 1991).
578 Richard Collin, The De Lorenzo Gambit: The Italian Coup
Manqué of 1964, Beverly Hills, 1976, p. 40.
579 Vedi Amnesty International, Torture in Greece, The First
Torturer’s Trial in 1975, Londra, 1977, passim. Vedi anche
William Blum, op. cit., pp. 218-220 e Peter Murtagh, op. cit.,
pp. 1-9.
580 Ivi, p. 6.
581 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., pp. 41-42 e 90.
Presumibilmente fu «The Observer» a pubblicare, in una delle
sue edizioni dell’epoca, il cablogramma del 15 maggio 1969 dei
Colonnelli greci ai loro amici italiani. Brozzu-Gentile, tuttavia,
non specifica in quale. Il viaggio dei fascisti italiani nella Grecia
dei Colonnelli è inoltre riportato in Giovanni Pellegrino, “Il
terrorismo, le stragi ed il contesto storico-politico”, cit.
582 Jean-François Brozzu-Gentile, op. cit., p. 137.
583 John Palmer, “Undercover NATO group ‘may have had
terror links’”, cit.
584 Associated Press, 14 novembre 1990.
585 “Spinne unterm Schafsfell”, cit.

319
Conclusione

«Oculata precauzione o fonte di terrorismo?», si chiese


causticamente la stampa internazionale quando, sulla scia delle
rivelazioni italiane su Gladio alla fine del 1990, emersero in
tutta Europa gli eserciti segreti stay-behind della NATO586.
Dopo più di dieci anni di indagini e ricerche la risposta è ormai
chiara: entrambe le cose.
Le formazioni clandestine stay-behind della NATO furono
infatti allestite per oculata precauzione, come dimostrano
ampiamente i documenti disponibili e le testimonianze.
Basandosi sulle esperienze della seconda guerra mondiale e la
rapida e impressionante occupazione di molti paesi europei da
parte degli eserciti tedesco e italiano, gli esperti militari
temevano l’Unione Sovietica e si convinsero, una volta giunti
alla liberazione dei paesi occupati, che formazioni stay-behind
avrebbero assunto un valore strategico. Dietro le linee nemiche
le unità clandestine avrebbero rafforzato il sentimento di
resistenza della popolazione, avrebbero contribuito a
organizzare e dirigere una struttura nazionale di resistenza
armata, a sabotare e sottoporre ad attacchi continui le forze
occupanti, a nascondere i piloti degli aerei abbattuti e
raccogliere informazioni per il governo in esilio.
Dopo la seconda guerra mondiale, per timore di una possibile
invasione, ufficiali militari di grado elevato nei governi
nazionali europei, nei servizi segreti militari, nella NATO come
pure alla CIA e nell’MI-6, decisero che si doveva allestire una

320
rete segreta di resistenza già in tempo di pace. A un livello
inferiore della gerarchia cittadini e ufficiali militari in numerosi
paesi dell’Europa occidentale condivisero questa valutazione,
aderirono a un accordo segreto e illegale addestrandosi
clandestinamente in vista dell’emergenza. Questi preparativi
non furono limitati ai sedici paesi membri della NATO, ma
furono estesi anche ai quattro paesi neutrali dell’Europa
occidentale, precisamente Austria, Finlandia, Svezia e Svizzera.
A uno sguardo retrospettivo è diventato evidente che quel
timore non aveva fondamento e che l’addestramento era stato
inutile dal momento che l’invasione da parte dell’Armata Rossa
non è mai avvenuta. All’epoca, tuttavia, non vi era questa
certezza e ciò spiega in parte come la copertura della rete,
nonostante ripetute denunce in diversi paesi lungo tutto il corso
della guerra fredda, tenne e andò poi completamente in pezzi
esattamente nello stesso momento in cui l’Unione Sovietica
crollò e la guerra fredda finì.
Le formazioni clandestine stay-behind della NATO furono,
comunque, anche fonte di terrorismo, come suggeriscono le
prove disponibili. È questa seconda valenza della guerra segreta
che ha attirato attenzione e critiche nell’ultimo decennio e che,
per quanto riguarda il futuro, merita altre indagini e ricerche. Le
attuali prove indicano che i governi degli Stati Uniti e della
Gran Bretagna dopo la fine del secondo conflitto mondiale
temevano non solo un’invasione sovietica, ma anche i partiti
comunisti e, in grado minore, i partiti socialisti. La Casa Bianca
e Downing Street temevano che in diversi paesi dell’Europa
occidentale, e soprattutto in Italia, Francia, Belgio, Finlandia e
Grecia, i comunisti potessero raggiungere nei governi posizioni
di potere e scardinare dall’interno l’alleanza militare della NATO
facendo giungere a Mosca i segreti militari dell’Alleanza. Fu
per questo motivo che il Pentagono, assieme alla CIA, all’MI-6 e
alla NATO, allestirono e utilizzarono gli eserciti stay-behind
come uno strumento per manipolare e controllare dall’interno le

321
democrazie dell’Europa occidentale, senza che popolazioni e
Parlamenti ne fossero al corrente. Questa strategia produsse
terrorismo e panico, ma portò anche «all’umiliazione e al
maltrattamento delle istituzioni democratiche», come
correttamente mise in luce la stampa europea587.
Gli esperti della guerra fredda potranno constatare come una
conoscenza più approfondita dell’operazione Gladio e degli
eserciti stay-behind della NATO getti una nuova luce sulla
questione della sovranità e dell’autonomia dell’Europa
occidentale. È ora chiaro che con la divisione dell’Europa
introdotta con la guerra fredda, brutalità e terrorismo furono
impiegati per controllare le popolazioni da entrambi i lati della
cortina di ferro: fatto, questo, da tempo ampiamente
riconosciuto anche in relazione all’Europa orientale e
ultimamente apertamente ammesso. Dopo che nel 1968
l’Armata Rossa aveva spietatamente schiacciato i tentativi di
riforme sociali di Praga, il leader sovietico Leonid Brežnev
aveva proclamato apertamente, nella sua ignobile “dottrina
Brežnev”, che ai paesi dell’Europa orientale era concessa solo
una “sovranità limitata”. Per ciò che riguarda invece i paesi
dell’Europa occidentale, la convinzione di essere nazioni
indipendenti e sovrane è andata in frantumi molto più
recentemente. Gli elementi che si ricavano dalla storia
dell’operazione Gladio e degli eserciti clandestini della NATO
indicano una strategia molto più complessa e dissimulata per
manipolare e occultare la sovranità, con grandi differenze da
paese a paese. Tuttavia di questo si trattò e tutte le volte in cui,
in assenza di invasione sovietica, la rete stay-behind fu
operativa svolse il ruolo di “camicia di forza” per le democrazie
dell’Europa occidentale. L’operazione Gladio fu la dottrina
Brežnev di Washington.
La volontà strategica di proteggere la NATO dall’interno non
può essere accantonata con leggerezza. La manipolazione delle

322
democrazie dell’Europa occidentale da parte di Washington e
Londra, tuttavia, a un livello tale che ancora oggi nell’Unione
Europea riesce difficile credere, viola chiaramente il principio
di legalità e richiede ulteriore dibattito e ricerche. In diverse
operazioni i soldati delle stay-behind clandestine insieme ai
servizi segreti militari monitorarono e schedarono i politici di
sinistra e diffusero propaganda anticomunista. Nelle operazioni
più violente la guerra segreta sfociò in spargimenti di sangue. I
soldati segreti furono collegati a terroristi di destra, una
combinazione che condusse in alcuni paesi – segnatamente
Belgio, Italia, Francia, Portogallo, Grecia e Turchia – a stragi,
torture, colpi di Stato e altre manifestazioni di violenza. Molti di
questi Stati sostennero operazioni terroristiche, come
suggeriscono le azioni di copertura e i processi truccati che ne
seguirono, che godettero dell’incoraggiamento e della
protezione di selezionati altissimi funzionari governativi e
ufficiali in Europa e negli Stati Uniti. Membri degli apparati di
sicurezza e degli esecutivi su entrambe le sponde dell’Atlantico,
che rifiutavano di essere collegati con il terrorismo di destra,
potrebbero in futuro portare chiarezza e comprensione in questa
tragica dimensione della guerra fredda segreta in Europa.
Se gli esperti della guerra fredda potranno trarre
dall’operazione Gladio nuovi elementi circa le limitazioni della
sovranità in quel periodo, gli specialisti di diritto e gli analisti
delle disfunzioni delle democrazie troveranno dati relativi al
dissesto dei pesi e contrappesi dei sistemi politici di ciascun
paese. La storia di Gladio indica che il potere legislativo non fu
in grado di controllare le sezioni più occulte del potere
esecutivo e che il controllo dei servizi segreti da parte del
Parlamento spesso non esiste o non funziona nelle democrazie
sulle sponde opposte dell’Atlantico. Gli Stati totalitari sono noti
per l’uso di una grande varietà di servizi segreti ed eserciti
clandestini, largamente incontrollati e irresponsabili quanto al
loro operato, tuttavia la scoperta di entrambe queste strutture

323
anche in numerose democrazie costituisce, come minimo, una
sorpresa.
All’interno del dibattito sui pesi e contrappesi di una
democrazia i militari hanno correttamente fatto rilevare, dopo la
scoperta di Gladio e della rete stay-behind della NATO, che non
può esistere «un esercito stay-behind trasparente», dato che
questo lo esporrebbe immediatamente, in caso di invasione, a
una visibilità che porterebbe alla liquidazione dei suoi membri
da parte della potenza occupante. Membri dei Parlamenti ed
esperti di diritto costituzionale nel frattempo hanno pure
correttamente sottolineato come sia le Forze Armate sia i servizi
segreti di uno Stato democratico debbano essere costantemente
trasparenti, responsabili, controllati e strettamente sorvegliati da
rappresentanti civili dato che costituiscono un formidabile
potere dello Stato.
Questo scontro tra segreto necessario e imprescindibile
trasparenza, che giace al cuore del fenomeno Gladio, punta
direttamente al tema più generale di quanta segretezza si debba
consentire al ramo esecutivo di una democrazia. Giudicata dal
punto di vista della storia di Gladio, ove mancanza di
trasparenza e responsabilità hanno portato a corruzione, abusi e
terrorismo, la risposta è chiara: all’esecutivo non deve essere
concessa alcuna discrezionalità per quanto riguarda la
segretezza e deve essere costantemente controllato dal potere
legislativo. Governare in segreto, come si è visto negli Stati
Uniti e in parte in Europa occidentale, può condurre a illegalità
e perfino a terrorismo di Stato. «La crescita degli abusi da parte
dell’intelligence riflette un fallimento più generale delle nostre
istituzioni fondamentali», ha saggiamente osservato il senatore
americano Frank Church, dopo un’approfondita inchiesta sulle
operazioni segrete della CIA condotta negli anni Settanta. Gladio
non può che confermare questo avvertimento: l’oculata
precauzione aveva il suo valore, ma il terrorismo è un prezzo
troppo alto da pagare.

324
Non si sottolineerà mai abbastanza quanto dirigere un
esercito clandestino e finanziare un servizio segreto che non
deve dare conto di sé costituisca un rischio talmente rilevante da
non poter essere corso da una democrazia. I rischi non sono
costituiti soltanto dalla violenza incontrollata su gruppi di
cittadini, ma dalle manipolazioni di massa in interi paesi e
continenti. Tra le acquisizioni più profonde di questa ricerca
sulla guerra segreta si può ascrivere il fatto che le reti stay-
behind furono usate per diffondere paura tra le popolazioni,
anche in assenza di un’invasione. Gli eserciti clandestini in
alcune occasioni furono usati come un sistema di manipolazione
quasi perfetto, nel senso che trasferiva i timori degli alti ranghi
militari del Pentagono e della NATO tra le persone dei paesi
dell’Europa occidentale. I cittadini europei, secondo gli
strateghi del Pentagono, a causa della loro limitatezza di vedute,
erano incapaci di percepire il pericolo vero e presente del
comunismo e pertanto dovevano essere manipolati. Con
l’uccisione di cittadini innocenti nelle piazze o nei supermercati
per riversarne la colpa sui comunisti, gli eserciti occulti,
raccordati a terroristi di destra, trasformavano di fatto i timori
degli strateghi del Pentagono nelle genuine paure dei cittadini
europei.
La spirale distruttiva di manipolazione, terrore e violenza
non si è conclusa con la caduta dell’Unione Sovietica e la
scoperta degli eserciti clandestini nel 1990, al contrario ha
acquisito una maggiore importanza.
Da quando si sono verificati, l’11 settembre 2001, gli
ignobili attacchi terroristici alla popolazione degli Stati Uniti ed
è iniziata la «guerra al terrorismo», paura e violenza dominano
non solo i mezzi d’informazione, ma milioni di persone.
Nell’Occidente il «male comunista» è stato rapidamente
sostituito dal «male islamico». Con quasi tremila civili uccisi
l’11 settembre 2001 e svariate altre migliaia di morti nella
guerra che gli USA conducono contro il terrorismo, senza che se

325
ne intraveda una fine, un nuovo livello di brutalità è stato
raggiunto.
Un contesto carico di paure, come le prove di Gladio
dimostrano, è adatto, in modo quasi ideale, alla manipolazione
delle popolazioni di entrambi gli schieramenti per portarle su
posizioni più radicali. Osama bin Laden e la rete terroristica di
Al Qaeda hanno manipolato milioni di musulmani, soprattutto
giovani maschi adulti, per portarli a credere nell’estremismo e
nella violenza. Dall’altra parte la Casa Bianca e
l’amministrazione di George Bush junior hanno alimentato la
spirale di violenza e di paura e condotto milioni di cristiani e
laici negli Stati Uniti e in Europa a credere nella necessità e
nella giustizia dell’assassinio di altri esseri umani per garantire
la propria sicurezza. Non è una sorpresa che ancora oggi la
sicurezza non sia affatto aumentata ma semmai diminuita mano
a mano che l’atmosfera si satura di mistificazioni, violenza e
paura. Hitler e i nazisti hanno tratto grande vantaggio dalla
manipolazione e dalle paure sorte sulla scia del misterioso
incendio del Reichstag del 1933 a Berlino. Alcuni osservatori
vanno oltre e sostengono che la Casa Bianca abbia manovrato
gli eventi dell’11 settembre, il maggiore attacco terroristico
della storia, per i propri scopi strategici588.
Molti nel mondo condividono la sensazione che «non può
continuare così» e cercano di individuare una strategia di uscita
dallo status quo. Non solo in Europa si sta affermando la
convinzione che il terrorismo non possa essere sconfitto dalla
guerra e che ottiene soltanto di alimentare la spirale di violenza.
La guerra al terrorismo non costituisce la soluzione del
problema, ma un suo elemento. Occorrono nuove strategie visto
che un maggiore impiego di alta tecnologia sembra insufficiente
a proteggere potenziali obiettivi da attacchi terroristici. Di fatto
la tecnologia può essere usata anche per scopi di terrorismo,
fatto noto fin dall’invenzione della dinamite, nell’Ottocento. Ci

326
sembra si possa dire pertanto che né la tecnologia né la violenza
risolveranno le sfide che abbiamo di fronte.
Una possibile strategia di uscita dalla spirale di paura,
manipolazione e violenza dovrebbe concentrarsi sulla persona
umana e su un cambiamento nella sfera della consapevolezza. In
piena libertà l’individuo dovrebbe decidere di puntare alla
soluzione non-violenta dei problemi che si presentano e
promuovere un dialogo comprensibile e indulgente allo scopo di
ridurre le posizioni estremistiche. Con la libertà di pensiero e la
molteplicità delle fonti d’informazione l’individuo può liberarsi
dalla paura e dalla manipolazione. È improbabile che la
segretezza e gli spargimenti di sangue risolvano i problemi che
abbiamo davanti: l’avvento del nuovo millennio sembra dunque
il momento giusto per decidere di abbandonare posizioni
estremistiche e contribuire, ciascuno a modo suo, a una
convivenza più pacifica.

586 Reuters Western Europe, 15 novembre 1990.


587 Juán Arias, “El laberinto Italiano. Commocion por el
descubrimiento de un ‘ejercito paralelo’ de anticomunistas
pagado por la CIA”, in «El País», 11 novembre 1990.
588 Dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, l’avvocato
americano Stanley Hilton ha sollevato nei confronti
dell’amministrazione del presidente George Bush l’accusa di
aver deliberatamente permesso ai terroristi di Al Qaeda di
attaccare gli Stati Uniti per diffondere panico nell’intera
popolazione degli Stati Uniti, limitare le libertà civili e
convincere il paese del pericolo reale del terrorismo islamico e
la comunità internazionale della necessità delle “guerre
preventive” per il controllo del petrolio. Nel giugno del 2002
Hilton, in nome dei familiari delle vittime dell’11 settembre, ha
intentato un’azione giudiziaria per sette miliardi di dollari e ha

327
dichiarato che i soli strumenti legali e il principio di legalità
saranno in grado di scoprire le operazioni segrete di guerra dello
Stato. Anche Ahmed nella sua dettagliata ricerca avanza la tesi
che l’amministrazione Bush abbia deliberatamente permesso gli
attacchi dell’11 settembre allo scopo di unire il paese in vista di
guerre preventive da condursi all’estero. Vedi Nafeez M.
Ahmed, The War on Freedom, Joshua Tree, Tree of Life
Publications, 2002 [trad. it. Guerra alla libertà. Il ruolo
dell’amministrazione Bush nell’attacco dell’11 settembre,
Roma, Fazi Editore, 2004). Al momento le investigazioni
internazionali di giornalisti e accademici sull’11 settembre
cercano di capire i cosiddetti war games Northern Vigilance,
Vigilant Warriors e Vigilant Guardian, scoperti nel 2004, che
proprio quel giorno hanno simulato un attacco di terroristi con
aerei, operazione che sembra aver confuso la reazione del North
American Defence Command (NORAD), responsabile della
difesa del cielo americano.

328
Ringraziamenti

All’inizio del 1998, mentre cercavo un argomento di ricerca


per il mio PhD in Storia moderna all’Università di Basilea in
Svizzera, cominciai a interessarmi del fenomeno stay-behind del
quale in precedenza avevo solo sentito parlare. Abbastanza
presto compresi che, nonostante il grande rilievo che questo
tema aveva avuto nella recente storia politica, sociale e militare
dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, esistevano, al di
fuori dell’Italia, solo poche ricerche sugli eserciti segreti della
NATO, e nessuno studio disponibile in lingua inglese. Essendo
nato a Lugano, nella Svizzera italiana, la complessa struttura
della rete di eserciti e i misteri che le gravitavano attorno
catturavano sempre più il mio interesse, ma molti amici mi
scoraggiavano dallo scegliere questo argomento per la mia tesi
di dottorato. Molto sensatamente mi avvertivano che non sarei
riuscito ad accedere agli archivi dei servizi segreti e neppure ai
documenti fondamentali della NATO e del suo Ufficio di
Sicurezza. Inoltre prevedevano che il numero di paesi – tutti
quelli dell’Europa occidentale, come alla fine risultò dalla mia
ricerca – e l’ambito temporale che intendevo abbracciare per
ciascuno di essi, e cioè cinque decenni, avrebbero costituito un
compito immane, e avrebbero necessariamente prodotto un
risultato frammentario e incompleto. Oltre a ciò, il problema di
avere a che fare con testi scritti in più di dieci lingue diverse,
mentre riuscivo a leggerne solo cinque, portava a una evidente
conclusione: il tema Gladio e le forze segrete della NATO non era

329
adatto a una tesi di dottorato.
Il grande fascino che il fenomeno esercitava su di me, un
certo grado di ostinazione giovanile, ma soprattutto un ambiente
collaborativo che dimostrava di volermi sostenere, mi
convinsero comunque a imbarcarmi in questo progetto di ricerca
e a dedicare quattro anni di vita a questa indagine. A
quell’epoca la mia determinazione ad andare avanti, la mia
abilità nel convincere i miei relatori di tesi, si basava su un
singolo documento originale del SIFAR, il servizio segreto
militare italiano, datato 1° giugno 1959 e intitolato “Le forze
speciali del SIFAR e l’operazione Gladio”. Questo documento era
la prova che un esercito segreto, con il nome in codice di
“Gladio”, collegato alla CIA e alla NATO, era esistito in Italia
durante la guerra fredda. Ottenere altri documenti, tuttavia,
sarebbe stato veramente arduo. Vedendo la cosa
retrospettivamente devo ammettere che le obiezioni dei miei
amici erano fondate, perché tra i numerosi ostacoli che sorsero
durante la mia ricerca, molti mi erano stati predetti fin
dall’inizio.
Innanzitutto, l’ambito della ricerca era veramente vasto, sia
per il numero di paesi che vi erano coinvolti sia per la sua
estensione temporale. Iniziai concentrandomi sull’Italia, dove
nel 1990 era stata denunciata pubblicamente l’operazione
Gladio e dove la comunità di ricercatori, più che in ogni altro
paese al mondo, aveva fatto notevoli passi avanti sul tema dei
cosiddetti “eserciti stay-behind”. Quando Gladio fu scoperta,
molti osservatori stranieri avevano espresso, con un certo senso
di superiorità, la convinzione che tutta l’operazione non fosse
altro che un ulteriore anello da aggiungere alla lunga catena di
scandali italiani – intendendo dire con ciò che eserciti
clandestini di questo tipo ovviamente non avrebbero mai trovato
posto nelle loro democrazie nelle quali il popolo, attraverso il
Parlamento, controllava bene il governo.
Contrariamente a queste affermazioni, tuttavia, ho potuto

330
accertare che gli eserciti stay-behind non erano un fenomeno
limitato all’Italia, ma diffuso, nel periodo della guerra fredda, a
tutti i paesi NATO. Ulteriori ricerche mi fecero concludere che
dei sedici paesi che avevano aderito all’Alleanza Atlantica
potevo trascurare solo l’Islanda, che non aveva forze armate, e il
Canada, troppo lontano dalla frontiera sovietica. Mentre mi
sentivo in qualche modo sollevato da questa constatazione,
anche se mi sarebbero comunque rimasti da prendere in esame
gli eserciti clandestini di quattordici Stati, mi accorsi con una
certa sorpresa che, durante la guerra fredda, armate segrete
indirettamente collegate alla NATO esistevano anche nei quattro
Stati che si dichiaravano neutrali, e cioè la Svezia, la Finlandia,
l’Austria e il mio stesso paese, la Svizzera.
Oltre alla sfida costituita dal numero di paesi interessati dalla
ricerca, anche la raccolta dei dati relativi a ciascun paese si è
dimostrata difficile. La cosa più incresciosa è stata senza dubbio
il rifiuto che i governi, la NATO e i servizi segreti opposero alle
mie richieste di documenti, nonostante le sollecitazioni, basate
sul Freedom of Information Act, indirizzate alla CIA, le
numerose lettere inviate alla NATO e le domande ufficiali a vari
paesi europei. Data la limitatezza del numero di documenti
originali di cui potevo disporre, l’analisi ha dovuto pertanto
appoggiarsi su numerose fonti secondarie, comprese relazioni
parlamentari, testimonianze di persone coinvolte secondo
quanto riferito dalla stampa internazionale, articoli, libri e
documentari. Inutile aggiungere che queste fonti secondarie non
potranno mai sostituire i documenti originali e che ogni ricerca
futura dovrà evidentemente puntare ad accedere alle fonti
primarie. In ogni caso, se gli elementi presentati qui di seguito
permetteranno ai ricercatori di acquisire sul tema una
prospettiva di respiro internazionale, che diversamente avrebbe
potuto rimanere preclusa, e riusciranno a mettere in moto un
processo che in futuro consentirà l’accesso alle fonti primarie,
gli obiettivi di questo libro possono considerarsi raggiunti.

331
Il fatto che, nonostante i numerosi ostacoli menzionati, gli
anni di intensa ricerca abbiano comunque avuto come frutto – si
spera – una valida analisi internazionale sul tema degli eserciti
stay-behind e della guerra segreta in Europa occidentale, è in
larga parte attribuibile al sostegno e alla collaborazione
professionale internazionale di cui ho potuto godere.
Innanzitutto intendo ringraziare i miei due relatori di tesi per il
loro pregevole aiuto: il professor Georg Kreis dell’Università di
Basilea e il professor Jussi Hanhimäki del Graduate Institute of
International Studies di Ginevra, già alla London School of
Economics and Political Science, dove ci siamo incontrati in un
ambiente estremamente stimolante. Le osservazioni con cui
rispondevano alle numerose bozze che sottoponevo loro mi
hanno aiutato a mettere a fuoco gli argomenti che esprimevo in
modo troppo generico. Le loro franche critiche hanno
contribuito a farmi concentrare sugli eserciti segreti quando
rischiavo di disperdermi altrove. La loro esperienza nel campo
delle ricerche internazionali ha moderato i miei giudizi e mi ha
aperto la strada a una comprensione più equilibrata.
Quando, nel settembre 2001, presentai la mia ricerca sulle
stay-behind della NATO e superai gli esami finali di dottorato,
comprendemmo tutti che si trattava di una ricerca che arrivava
al momento giusto, perché proprio in quel mese, dopo i
sanguinosi attacchi dell’11 settembre agli Stati Uniti, le indagini
sul terrorismo internazionale avevano assunto un posto
importante tra i temi d’attualità. Negli anni seguenti avremmo
dovuto stranamente abituarci a convivere sia con le guerre sia
con il terrorismo e il mio caldo ringraziamento va pertanto al
professor Andreas Wenger, direttore del Centro degli Studi sulla
Sicurezza a Zurigo, presso il quale oggi lavoro, per il sostegno
che mi ha fornito nel corso delle successive ricerche sugli
eserciti segreti della NATO.
Senza l’aiuto del professor Giuseppe De Lutiis di Roma non
avrei mai potuto comprendere in dettaglio i tragici eventi che

332
hanno caratterizzato la storia politica italiana; gli sono molto
grato per il lavoro che abbiamo svolto insieme a Roma.
La mia gratitudine va inoltre a William Blum di Washington,
studioso della CIA, che per primo ha attirato la mia attenzione
sulle reti stay-behind e mi ha insegnato molto sulle azioni
clandestine e la guerra segreta. Ringrazio inoltre il professor
Noam Chomsky che non solo ha incoraggiato la mia ricerca, ma
nel corso dei nostri incontri negli Stati Uniti e in Svizzera mi ha
messo in contatto con eccellenti studiosi. A Cambridge il
professor Christopher Andrew è stato d’aiuto al mio lavoro,
mentre a Washington il professor Christopher Simpson mi ha
indirizzato verso contatti molto interessanti. In Austria la mia
ricerca è stata caldamente incoraggiata dal professor Siegfried
Beer che mi ha anche fornito informazioni preziose. A Londra,
per finire, ho consultato numerosi importanti documenti allo
Statewatch Institute, dove Trevor Hemmings mi ha dimostrato
come si può realizzare un buon lavoro anche con fondi ridotti.
Devo dichiarare fin d’ora che tutte le citazioni non in italiano
riportate nel libro sono traduzioni dell’autore, che si assume per
intero la responsabilità della loro correttezza. Allo stesso tempo
non posso tacere il fatto che non sarei riuscito a condurre
ricerche in un numero tanto grande di paesi senza l’aiuto della
mia rete internazionale, che mi è stata d’aiuto sia nella fase
iniziale di individuazione e acquisizione di documenti, sia
durante le successive lunghe ore di traduzioni. In Germania
desidero ringraziare il giornalista e autore di molti studi sul
tema stay-behind Leo Müller, come pure Erich Schmidt-
Eenboom dell’Istituto di Ricerca su Pace e Politica. In Olanda
Paul Koedijk e Cees Wiebes, come pure Frans Kluiters, tutti
membri della Netherlands Intelligence Studies Association,
hanno gentilmente condiviso con me importanti documenti su
stay-behind e interessanti giorni ad Amsterdam, mentre Micha
de Roo mi ha offerto la sua collaborazione nelle traduzioni
dall’olandese. Per la Danimarca desidero ringraziare il professor

333
Paul Villaume dell’Università di Copenaghen che mi ha messo
a disposizione preziosi documenti, ringrazio anche Eva
Ellenberger dell’Università di Basilea che mi è stata di grande
aiuto nella comprensione dei testi in danese. Per quanto riguarda
la Norvegia devo essere grato a Pal Johansen per il bel periodo
passato assieme alla London School of Economics and Political
Science e per il suo aiuto professionale, quando giunse il
momento cruciale della traduzione dal norvegese. In Austria il
giornalista Markus Kemmerling e la rivista politica «Zoom»
sono stati di grande aiuto alla mia ricerca. A Basilea Ali Burhan
Kirmizitas mi ha fornito assistenza nelle traduzioni dal turco e
mi ha messo a disposizione importanti documenti
sull’operazione stay-behind in quel paese. Ivo Cunha ha
gentilmente condiviso con me i dati su stay-behind in Spagna e
Portogallo, mentre i miei amici Baptiste Blanch e Francisco
Bouzas mi hanno aiutato nelle traduzioni dallo spagnolo e dal
portoghese. Grazie infine al mio amico e collega universitario
Martin Kamber che ha avuto la forza di districarsi tra le pagine
del mio primo manoscritto per il PhD, di oltre mille pagine,
motivo per cui mi ha saggiamente consigliato di accorciare il
testo.
Grazie a Ruth Eymann ho potuto ritirarmi in uno chalet bello
e silenzioso, in una remota vallata tra le Alpi svizzere, per
rivedere il mio manoscritto nella pace della natura. La totale
indipendenza della mia ricerca è stata garantita dal generoso
sostegno finanziario della Fondazione Svizzera per la Scienza,
da Janggen-Pöhn-Stiftung di San Gallo, Svizzera, da Max
Geldner-Stiftung e da Frewillige Akademische Gesellschaft di
Basilea. È grazie all’interessamento professionale di Vincenzo
Ostuni di Fazi Editore di Roma e alla traduzione di Silvio
Calzavarini che questo libro sarà reso disponibile al pubblico
italiano, sperando che possa contribuire a chiarire la dimensione
veramente internazionale della stay-behind e della strategia
della tensione.

334
DANIELE GANSER

335
Cronologia

1940 In Gran Bretagna il primo ministro Winston Churchill


istituisce la formazione segreta stay-behind Special Operations
Executive (SOE) per assistere i movimenti di resistenza europei e
condurre operazioni di sovversione nei territori occupati dal
nemico. Dopo la fine della seconda guerra mondiale le unità
stay-behind che erano state create si avvalsero dell’esperienza e
delle strategie del SOE e dei suoi ufficiali.

1944 Londra e Washington si trovano d’accordo


sull’importanza di tenere il comunismo fuori dall’Europa
occidentale. In Grecia un’affollata dimostrazione di comunisti e
militanti di sinistra, che ha luogo ad Atene, contro le
interferenze britanniche nel nuovo governo del paese, viene
dispersa dalla sparatoria di soldati segreti che lascia sul terreno
25 morti e 148 feriti.

1947 Negli Stati Uniti il presidente Harry Truman istituisce


il National Security Council (NSC) e la Central Intelligence
Agency (CIA). L’Office of Policy Coordination (OPC, la
divisione operazioni segrete) della CIA, diretto da Frank Wisner,
si occupa dell’allestimento in Europa occidentale delle
formazioni clandestine.
In Francia il ministro dell’Interno Édouard Depreux rivela
l’esistenza nel paese di un esercito segreto stay-behind il cui
nome in codice è “Plan Bleu” (Piano Blu).

336
1948 In Francia viene costituito il WUCC (Western Union
Clandestine Committee) per il coordinamento delle guerre
segrete non-ortodosse. Dopo la creazione della NATO, un anno
più tardi, il WUCC viene integrato nell’alleanza militare con la
denominazione di Clandestine Planning Committee (CPC).

1949 Viene fondata la North Atlantic Treaty Organisation


(NATO) e il suo quartier generale in Europa viene stabilito in
Francia.

1951 In Svezia l’agente della CIA William Colby, dislocato


nella sede di Stoccolma, cura l’allestimento e l’addestramento
degli eserciti clandestini stay-behind nelle neutrali Svezia e
Finlandia e in Norvegia e Danimarca, paesi aderenti alla NATO.

1952 In Germania l’ex ufficiale delle SS Hans Otto rivela alla


polizia della città di Francoforte l’esistenza della formazione
stay-behind fascista BDJ-TD. I suoi comandanti, estremisti di
destra, sono arrestati e condannati, ma misteriosamente
dichiarati non colpevoli dal tribunale.

1958 In Francia la NATO costituisce l’Allied Clandestine


Committee (ACC) per coordinare la guerra segreta e gli eserciti
stay-behind. Quando la NATO si trasferisce nella sua nuova sede
di Bruxelles l’ACC, con la denominazione in codice di “SDRA11”,
viene occultato all’interno del servizio segreto belga SGR che ha
la propria sede accanto a quella della NATO.

1961 In Algeria membri della stay-behind francese e ufficiali


ivi giunti dopo la guerra in Indocina costituiscono illegalmente
l’Organisation Armée Secrète (OAS) e, con il sostegno della CIA,
organizzano ad Algeri un colpo di Stato contro il governo De
Gaulle. Il colpo di Stato fallisce.

337
1964 In Italia strutture occulte sono coinvolte in un piano di
colpo di Stato che costringe i socialisti al governo a
ridimensionare fortemente il loro programma riformatore.

1966 In Francia il presidente Charles De Gaulle denuncia la


guerra segreta del Pentagono ed espelle dal paese le sedi
europee della NATO. Nel momento in cui l’alleanza militare si
trasferisce a Bruxelles vengono scoperti protocolli segreti della
NATO che riguardano presumibilmente la protezione degli
elementi di destra inseriti nelle formazioni clandestine
anticomuniste.

1967 In Grecia l’esercito clandestino Forza d’Incursione


Ellenica prende il controllo del Ministero della Difesa e dà il via
a un colpo di Stato militare che installa al potere una dittatura di
destra.

1969 In Italia la strage di piazza Fontana provoca sedici


morti e ottanta feriti. Dell’evento viene incolpata la sinistra.
Trent’anni dopo il generale Gianadelio Maletti, ex capo del
controspionaggio italiano, dichiara che sono stati terroristi
italiani di estrema destra a compiere gli attacchi per ordine della
CIA, allo scopo di screditare i comunisti italiani.

1970 In Spagna terroristi di destra, fra i quali Stefano Delle


Chiaie della formazione stay-behind italiana Gladio, vengono
assunti dalla polizia segreta di Franco. Hanno lasciato l’Italia a
seguito di un fallito colpo di Stato nel corso del quale
l’estremista di destra Junio Valerio Borghese aveva ordinato
all’esercito clandestino di occupare il Ministero dell’Interno a
Roma.

1972 In Italia, a Peteano, esplode una bomba in un’auto

338
uccidendo tre carabinieri. L’atto di terrorismo, di cui viene
inizialmente incolpata la sinistra, viene successivamente fatto
risalire a Vincenzo Vinciguerra, neofascista di Ordine Nuovo.

1974 In Italia una strage durante una dimostrazione


antifascista causa 8 morti e 102 feriti, mentre una bomba
collocata sul treno Italicus, che da Roma porta a Monaco,
provoca 12 morti e 48 feriti. Il generale Vito Miceli, capo del
servizio segreto militare, viene arrestato con l’accusa di
cospirazione sovversiva contro lo Stato e rivela, nel corso del
processo, l’esistenza dell’esercito segreto della NATO.

1976 In Germania Heidrun Hofer, una segretaria impiegata


del servizio segreto BND, viene arrestata per aver svelato i
segreti dell’esercito stay-behind tedesco a suo marito rivelatosi
una spia del servizio segreto sovietico KGB.

1977 In Spagna l’esercito stay-behind con l’aiuto di terroristi


di destra italiani porta a termine una strage ad Atocha, quartiere
di Madrid, e nell’attacco all’ufficio di un avvocato strettamente
collegato al Partito Comunista Spagnolo provoca la morte di 5
persone.

1978 In Italia l’ex primo ministro e leader della Democrazia


Cristiana, Aldo Moro, viene preso in ostaggio a Roma e ucciso
cinquantacinque giorni dopo dalle Brigate Rosse, che sembrano
essere state infiltrate e manipolate da persone legate ai servizi
segreti.

1980 In Italia scoppia una bomba in una sala d’attesa di


seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna uccidendo
85 persone e ferendone 200. Le indagini fanno risalire il crimine
a terroristi dì destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR).

339
1981 In Germania un vasto deposito d’armi viene scoperto
vicino al villaggio tedesco di Uelzen, nella zona di Lüneburger
Heide. Si ritiene che l’anno prima estremisti di destra si siano
serviti dell’arsenale per portare a termine una strage durante
l’Ocktober Fest di Monaco che ha causato la morte di 13
persone e il ferimento di 213.

1984 In Italia il terrorista di destra Vincenzo Vinciguerra


rivela al processo l’esistenza di una struttura occulta dello Stato
legata alla NATO e il coinvolgimento di questo esercito segreto
negli atti di terrorismo avvenuti in Italia e volti a screditare i
comunisti. Viene condannato all’ergastolo.

1990 In Italia il giudice Felice Casson scopre alcuni


documenti sull’operazione Gladio negli archivi del servizio
segreto militare (SISMI) a Roma e il primo ministro italiano
Giulio Andreotti conferma davanti al Parlamento l’esistenza di
un esercito segreto. L’affermazione di Andreotti secondo cui
l’Italia non è l’unico paese coinvolto nella cospirazione porta
alla scoperta delle reti segrete anticomuniste in tutta Europa.
In Belgio il quartier generale delle stay-behind collegate alla
NATO, l’Allied Clandestine Committee (ACC), si riunisce il 23 e
24 ottobre sotto la presidenza del generale belga Van Calster,
direttore del servizio segreto militare belga SGR.
A Bruxelles, il 5 novembre la NATO smentisce
categoricamente le dichiarazioni del primo ministro Andreotti
relative al coinvolgimento della NATO nell’operazione Gladio e
nella guerra non-ortodossa nell’Europa occidentale. Il giorno
successivo la NATO spiega che la smentita del giorno precedente
non era vera, rifiutandosi però di rispondere a ulteriori
domande.
Ancora in Belgio, il Parlamento della Comunità Europea in
una risoluzione condanna seccamente la NATO e gli Stati Uniti
per le manipolazioni introdotte nella politica europea con gli

340
eserciti stay-behind. Il presidente George Bush e la Casa Bianca
rifiutano di commentare.

1991 Negli Stati Uniti i National Security Archives, presso la


George Washington University di Washington, presentano alla
CIA una richiesta d’informazioni, basata sul Freedom of
Information Act, riguardante le stay-behind segrete
nell’interesse dell’informazione pubblica e della ricerca
scientifica. La CIA respinge la richiesta con il classico
comunicato: «La CIA non può né confermare né smentire
l’esistenza o la non esistenza di documenti che rispondano alla
vostra richiesta».

1995 In Inghilterra l’Imperial War Museum di Londra


allestisce una mostra permanente denominata Secret Wars che
rivela come l’MI-6 e le SAS avessero contribuito ad allestire
eserciti stay-behind dovunque in Europa occidentale.
In Italia la commissione parlamentare presieduta dal senatore
Giovanni Pellegrino nelle sue indagini sulle stragi e l’assassinio
di Aldo Moro presenta alla CIA una richiesta d’informazioni
sulla base del Freedom of Information Act. La CIA respinge la
richiesta e replica: «La CIA non può né confermare né smentire
l’esistenza o la non esistenza di documenti che rispondano alla
vostra richiesta».

1996 In Austria vengono scoperti dei depositi d’armi allestiti


dalla CIA. Per conto del governo austriaco il professor Oliver
Rathkolb dell’Università di Vienna, in base al Freedom of
Information Act, presenta una richiesta d’informazioni relative
al rapporto tra CIA ed eserciti segreti stay-behind. La CIA
respinge la richiesta e replica: «La CIA non può né confermare
né smentire l’esistenza o la non esistenza di documenti che
rispondano alla vostra richiesta».

341
2001 L’autore chiede alla NATO documenti sugli eserciti
clandestini stay-behind e in particolare le trascrizioni delle
riunioni dell’ACC e del CPC. Lee McClenny, responsabile dei
rapporti della NATO con la stampa e i mezzi d’informazione,
nega che la NATO sia stata coinvolta nell’operazione Gladio e
dichiara che non esistono trascrizioni relative né all’ACC né al
CPC.
Durante le sue ricerche sugli eserciti stay-behind l’autore
presenta una richiesta d’informazioni alla CIA in base al
Freedom of Information Act. La CIA respinge la richiesta
comunicando che «la CIA non può né confermare né smentire
l’esistenza o la non esistenza di documenti che rispondano alla
vostra richiesta». L’autore presenta ricorso e argomenta che non
sarebbe saggio «privare la CIA della possibilità di parlare e di
assumere una sua posizione in un dibattito sulle rivelazioni
Gladio che avrà luogo comunque, indipendentemente dalla
decisione della CIA di parteciparvi o meno». La CIA dà ricevuta
del ricorso e informa l’autore che l’Ufficio Rilascio
Documentazione, che esamina i ricorsi in base all’ordine di
ricevimento, ha attualmente un carico di lavoro corrispondente a
circa 315 ricorsi e risponderà a tempo debito.

342
Bibliografia

I. Inchieste parlamentari e documenti governativi

Austria

Bericht betreff US Waffenlager, Oesterreichisches Bundes-


ministerium für Inneres, Generaldirektor für die öffentliche
Sicherheit Mag. Michael Sika, Vienna, 28 novembre 1997.

Belgio

Enquête parlementaire sur l’existence en Belgique d’un


reseau de renseignements clandestin international, rapport fait
au nom de la commission d’enquête par mm. Erdman et
Hasquin. Documento del Senato, sessione 1990-1991, Bruxelles
(Relazione parlamentare sulla rete stay-behind in Belgio e sulle
sue connessioni con la NATO).

Italia

Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in


Italia e sulle cause della mancata individuazione dei
responsabili delle stragi, “Il terrorismo, le stragi ed il contesto
storico-politico”, Proposta di relazione redatta dal Presidente
della commissione, senatore Giovanni Pellegrino, Roma, 1995.
Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in

343
Italia e sulle cause della mancata individuazione dei
responsabili delle stragi: Stragi e terrorismo in Italia dal
dopoguerra al 1974. Relazione del Gruppo Democratici di
Sinistra-L’Ulivo, Roma, giugno 2000.
Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla
Loggia p2, Roma 1984.
Commissione parlamentare d’inchiesta sugli eventi del
giugno-luglio 1964. Relazioni finali pubblicate in due volumi.
Relazione di Maggioranza e di Minoranza, Roma, 1971.

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Stratégie de la tension, documentario d’inchiesta sulla strage di
piazza Fontana del 1969. Trasmesso in due puntate il 13 e il 14
gennaio 1998 alle 8:45 sul canale televisivo francese Arté.
Calvi, Fabrizio - Laurent, Frédéric, Piazza Fontana. Storia di
un complotto. Documentario d’inchiesta sulla strage di piazza
Fontana del 1969. Trasmesso l’11 dicembre 1997 dal canale
televisivo italiano Rai Due.
Francovich, Allan, Gladio i: The Ringmasters, Observer
Film Company, 45 minuti. Trasmesso dal canale televisivo BBC2
il 10 giugno 1992.
Francovich, Allan, Gladio ii: The Puppeteers, Observer Film
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Francovich, Allan, Gladio iii: The Foot Soldiers, Observer
Film Company, 50 minuti. Trasmesso dal canale televisivo BBC2
il 24 giugno 1992.

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