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Ciro di Pers: d

Era l’unico figlio dei nobili “Giulio Antonio e Ginevra


Colloredo”.
Nacque nell’avito castello di Pers nell’area friulana di
Udine.
Lui ricevette i primi rudimenti letterari a Gemona,
stuciando in particolare Virgilio, Orazio e Tasso.
Era ritornato a Pers dopo la morte di suo padre, si
innamoro’ di una giovane parente, Teddea di Colloredo,
ma lei respengì la proposta di matrimonio.
Questo si aiuto’ a chiedere di entrare nell’Ordine
gerosolimitano dei Cavalieri di Malta.
Tra il 1655 e il 1657 a Roma e Bologna, comincio’ ad accusare seri problemi
di salute e la morte lo colse, nel castello natio nel 1663.
Tutti gli scritti di Pers erano pubblicati dopo la morte del poeta.
Le prime due edizione delle poesie di Ciro erano pubblicate infatti nel 1666
a Firenze, a cura di un cugino del poeta “Carlo di Pers”.
La poesia Marinista

Generalmente. Il corpo della poesia di Ciro contiene piu’ di 350 a


componimenti, in gran parte sonetti, che toccano lo spettro
tematico della lirica barocca.

Una parte non marginale della sua produzione poetica è pervasa


da un acuto sentimento della fugacità del tempo e della
precarietà della condizione umana.

Il poeta declina questi sentimenti secondo i modi caratteristiche


del linguaggio barocco, con una tensione etica.

Anche per questo la poesia del Pers è indicata come una delle
manifestazioni più mature e significative del secentismo lirico
italiano.
Mobile ordigno di dentate rote
lacera il giorno e lo divide in ore,
ed ha scritto di fuor con fosche note
a chi legger le sa: sempre si more.
Mentre il metallo concavo percuote,
voce funesta mi risuona al core;
né del fato spiegar meglio si puote
che con voce di bronzo il rio tenore.
Perch’io non speri mai riposo o pace,
questo, che sembra in un timpano e tromba,
mi sfida ognor contro all’etá vorace.
E con que’ colpi onde ‘l metal rimbomba,
affretta il corso al secolo fugace,
e perché s’apra, ognor picchia alla tomba.

Congegno mobile composto da ruote dentate spcandisce il


giorno e lo divide in ore e porta scritto sul quadrante in caratteri
tristi per chi li sa interpretare: si muore ogni momento. Mentre
batte la campana con il suo martello, una voce triste mi
riecheggia nel cuore, e non si può spiegare meglio la natura
malvagia del destino che con questa voce cupa del bronzo.
Affinché io non possa aspirare mai ad un vero riposo o a una vera
pace, questo oggetto, che assomiglia a un timpano e a una
tromba, mi costringe sempre a battermi contro il tempo che
divora ogni cosa. E con quei colpi che fanno risuonare il metallo,
accelera la corsa del tempo già di per sé veloce e picchia sempre
sulla pietra tombale affinché si apra.
1-Le parole:

ordigno: congegno/ rote: route/ fosche: cupe/ il metallo concavo:


la campania su cui batte il martelletto dell’orologio.
Funesta: triste/ puote: puo’/ ognor: sempre/ riposo: stacco,pausa/
affretta: fretta velocita’/ pecchia: batte, percuote/perche’:
affinche’.
2-Analisi del testo:
1)Il linguaggio elaborato:
Mobile-lacera-di fuor-fosche- a chi legger le sa- funesta-risuona-
fato-tenore.
2)Belle immagine:
-di dentate rote.
-lacera...lo divido.
-a chi legger le sa.
-ne’ del fato spiegar meglio si puote.
3)Figure retoriche:
-Mobile...rote: Metafora.

-Lacera..ore: Metafora.

-dentate rote/ lacera: Enjambement.

-Mentre..core: Metafora.

-perch’io...tromba: Similitudine.

-eta’ vorace: sinestesia, indicando il tempo.


-{rote..note..percuote..puote}, {ore..more..core..tenore},
{pace..vorace..fugace}, {tromba..rimbomba..tomba}: Paronomasia.

4)Analisi metrica: un sonetto, 2 quartine, 2 terzine. ABAB CBCB DED EDE.

ANALISI

Tutto il componimento prende avvio dall'immagine iniziale


dell'orologio e delle sue ruote dentellate che stracciano il giorno,
scandendo il tempo dell'uomo, frammentandolo in piccoli
brandelli.
L'orologio è qui visto non come una meraviglia della tecnica e
nemmeno come oggetto di uso quotidiano, bensì come un
congegno malvagio, che misura il (poco) tempo che all'uomo è
concesso di vivere.
E' uno strumento che, già solo per come è fatto, con le sue ruote e
i suoi numeri scritti sul quadrante(le "fosche note" del v. 3) e il
suono cupo e grave, ricorda SEMPRE all'uomo la fugacità della
sua vita e lo accompagna, inesorabilmente, verso la tomba che da
sempre lo aspetta.
Tutta la lirica è costruita fonicamente in analogia con suono
ritmico e cadenzato dell'orologio volendo sottolinea il procedere
dell'uomo verso il suo ultimo destino, la morte.
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Commento
Lk

In questo, come in altri sonetti delle Poesie (Orologio da


sole, Orologio da polvere), un oggetto inanimato, e
tecnologicamente avanzato, diviene un simbolo
incessante della Morte inevitabile, la cui costante
presenza è cupamente scandita dal suo moto cadenzato
e oscuramente minaccioso. La fusione barocca tra la
tensione del pensiero e del linguaggio e il tema
controriformistico del Memento mori e della condizione
umana, sempre in balia del destino, trova nella cupa
sonorità dei versi martellanti e „fatali‟ di questa
meditazione metafisica la sospensione drammatica della
“meraviglia” che anima gli oggetti e ne fa quasi delle armi
di distruzione di massa, raggiungendo una sorta di
totalità paradossalmente in temporale.
#L’idea morale/ IL contenuto:

LA FUGACITÀ DEL TEMPO: Lo scorrere inarrestabile del


tempo è un tema indagato da molti poeti barocchi. Per
esempio, l‟immagine del tempo che “divora” le cose al
suo passaggio (l‟età vorace, v. 11) ricorda un celebre
sonetto di William Shakespeare nel quale il poeta si
rivolge al devouring Time. Nel sonetto di Ciro la tragicità
di questo argomento è resa con uno stile severo e
solenne. Le rime, per esempio, sono quasi tutte in -o e
danno quindi un suono cupo (in particolare la terna
tromba/rimbomba/tomba). Inoltre, la figura retorica dell
‟allitterazione, cioè la ripetizione ravvicinata di alcuni
suoni (che in questo caso sono duri e aspri: per esempio
-d e -t al v. 1, or Digno Di DenTaTe roTe), trasmette l‟
impressione di un ticchettio, come se nei versi di Ciro si
potessero sentire i minuti che passano. Così la voce di
bronzo (v. 8) dell‟orologio, che illustra meglio di ogni
altra cosa il crudele destino dell‟uomo (fato, v. 7), è
concretamente evocata sulla pagina.

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