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ECG

e
ARITMIE CO
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RSO

Estratto dal Corso Alpha Test SSM


A cura dei docenti Alpha Test, testo redatto dal Dott. Mauro Gitto
ECG e aritmie sono argomenti ricorrenti nei test SSM
degli ultimi anni e sono ostici per molti studenti,
soprattutto per chi non ha avuto la possibilità di
frequentare a lungo i reparti di Cardiologia.
Questo estratto dalle lezioni del corso Alpha Test è un
super-concentrato di una parte del corso di Cardiologia
con informazioni sulla lettura dell’ECG e sulle aritmie più
importanti e più richieste al test.
Speriamo ti possa essere d’aiuto nello studio:
buon lavoro!

Mauro Gitto è specializzando in malattie


dell’apparato cardiovascolare presso
Humanitas University - Milano e docente
di cardiologia al corso Alpha Test per la
preparazione al test SSM.
Il presente materiale è di proprietà di Alpha Test S.r.l.
e può essere utilizzato solo da persone autorizzate
da Alpha Test per finalità didattiche
all'interno dei corsi Alpha Test.

È espressamente vietato
e sarà perseguito ogni altro uso
di questo materiale compresa la sua riproduzione,
con qualsiasi mezzo effettuata,
se sprovvista di autorizzazione scritta di Alpha Test.

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Elettrocardiogramma (ECG)

L’elettrocardiogramma (ECG) è il principale esame diagnostico in ambito cardiovascolare. Richiede il po-


sizionamento di 10 elettrodi (6 per le derivazioni precordiali e 4 per le derivazioni periferiche) e permette
di studiare eventuali anomalie nella conduzione dell’impulso elettrico a livello cardiaco.

Sistema di conduzione cardiaco


Il sistema di conduzione cardiaco è composto da diverse strutture che conducono l’impulso elettrico da-
gli atri ai ventricoli:
b il nodo seno-atriale (NSA), localizzato in atrio destro, deputato alla genesi dell’impulso elettrico,
costituisce il pacemaker fisiologico, e scarica a una frequenza compresa tra 60 e 100 bpm;
b le vie internodali conducono l’impulso del
NSA all’atrio sinistro e al NAV, e sono:
d la via anteriore di Bachman, che conduce
l’impulso all’atrio sinistro;
d la via media di Weckenbach;
d la via posteriore di Thorel;
b il nodo atrio-ventricolare (NAV), localizzato
anch’esso in atrio destro (triangolo di Koch), è
responsabile della conduzione dell’impulso
dagli atri ai ventricoli;
b il fascio di His è responsabile della condu-
zione dell’impulso ai ventricoli e composto
da due branche:
d la branca destra, nel ventricolo destro;
d la branca sinistra, a sua volta composta
da un fascicolo anteriore e uno posteriore,
nel ventricolo sinistro;
b le fibre di Purkinje, diramazioni finali delle semanticscholar.org

branche del fascio di His, sono responsabili Sistema di conduzione cardiaco


della depolarizzazione del miocardio ventri-
colare.

Derivazioni
Le 12 derivazioni di un comune ECG possono essere immaginate come diverse angolazioni a partire dalle
quali è possibile osservare l’attività elettrica cardiaca. In linea di massima, ciascuna derivazione avrà onde
positive se gli impulsi elettrici depolarizzanti si avvicinano a essa, onde negative se gli stessi impulsi de-
polarizzanti si allontanano. Per gli impulsi elettrici ripolarizzanti vale il principio opposto: una corrente ri-
polarizzante in avvicinamento produce una deflessione negativa, mentre una corrente ripolarizzante in
allontanamento produce una deflessione positiva.
A seconda del piano lungo il quale viene visualizzata la propagazione dell’impulso, si distinguono le de-
rivazioni periferiche (6) da quelle precordiali (6).

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Derivazioni periferiche
Le derivazioni periferiche si ottengono posizionando 4 elettrodi sugli arti; ricordiamo “rosso-nero,
giallo-verde” (rosso: braccio dx, nero: gamba dx, giallo: braccio sx, verde: gamba sx).
Le derivazioni periferiche analizzano l’attività elettrica cardiaca sul piano frontale, ossia valutano
V la propagazione dell’impulso elettrico in direzione cranio-caudale.
Tra le 6 derivazioni periferiche, distinguiamo 3 derivazioni standard e 3 aumentate.
Le derivazioni standard sono:
b DI, con angolo di orientamento pari a 0°;
b DII, con angolo di orientamento pari a +60°;
b DIII, con angolo di orientamento pari a +120°.
Le derivazioni aumentate sono:
b aVL, con angolo di orientamento pari a –30°;
b aVR, con angolo di orientamento pari a –150°;
b aVF, con angolo di orientamento pari a +90°.

Derivazioni periferiche standard (a sinistra) e aumentate (a destra)

Derivazioni precordiali
Le derivazioni precordiali si ottengono invece posizionando 6 elet-
trodi sulla parete toracica anteriore, in posizione corrispondente
esattamente alle 6 derivazioni.
Le derivazioni precordiali studiano l’attività elettrica cardia-
V ca sul piano trasversale, valutando la propagazione
dell’impulso in direzione antero-posteriore e latero-laterale.
Sono:
b V1, nel quarto spazio intercostale sulla linea parasternale
destra;
b V2, nel quarto spazio intercostale sulla linea parasternale sini-
stra;
b V3, tra V2 e V4;
b V4, nel quinto spazio intercostale sulla linea medio-claveare;
b V5, tra V4 e V6;
b V6, nel quinto spazio intercostale sulla linea ascellare media. cvphysiology.com
Derivazioni precordiali

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Durata e voltaggio
Ciascuna onda del tracciato ECG è caratterizzata:
b dalla durata, che si valuta contando il numero di quadrati piccoli
sull’asse orizzontale:
d un quadrato piccolo corrisponde a 0,04 secondi;
d un quadrato grande corrisponde a 5 piccoli, quindi a 0,2 secondi;
b dall’ampiezza, ovvero dal voltaggio, che si valuta contando il numero
di quadrati piccoli sull’asse verticale:
d un quadrato piccolo corrisponde a 0,1 mV;
d un quadrato grande corrisponde a 5 piccoli, quindi a 0,5 mV. Calcolo ampiezza e durata
in un tracciato ECG

Tracciato ECG fisiologico

Esempio di tracciato ECG nella norma

Onda P e intervallo PR
Onda P
L’onda P riflette la depolarizzazione atriale, che origina dal nodo seno-atriale (localizzato nella parte al-
ta dell’atrio destro). Come conseguenza, il vettore di depolarizzazione atriale ha direzione da destra verso
sinistra e dall’alto verso il basso. L’onda P normale è detta sinusale, perché riflette l’origine dell’impulso
elettrico dal NSA. Per valutarne la morfologia, bisogna considerare due derivazioni in particolare:
b DII, in cui l’onda P ha ampiezza massima, perché tale derivazione è localizzata in posizione ideale per
ricevere l’impulso elettrico che viaggia dall’alto in basso e da destra a sinistra;
b V1, in cui l’onda P è isodifasica, ovvero con un picco positivo e un picco negativo. V1, infatti, è orien-
tata perpendicolarmente alla direzione del vettore di depolarizzazione atriale.
L’ampiezza massima dell’onda P (solitamente rilevata in DII) si mantiene inferiore a 0,25 mV in condizioni
normali.
Intervallo PR
L’intervallo PR corrisponde al ritardo di conduzione che si verifica in corrispondenza del NAV: rappre-
senta, dunque, l’intervallo di tempo che intercorre tra la fine della depolarizzazione atriale e l’inizio della
depolarizzazione ventricolare. La durata normale del PR oscilla tra 0,12 e 0,2 secondi (ovvero tra 3 e 5
quadrati piccoli sul tracciato).

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Complesso QRS
Il complesso QRS riflette la depolarizzazione ventricolare a opera del fascio di His e delle fibre
V di Purkinje.
Onda Q
L’onda Q indica la depolarizzazione del setto interventricolare, prima porzione a essere depolarizzata, a
opera della branca sinistra del fascio di His, con vettore diretto da sinistra verso destra. L’onda Q non è
sempre visibile e, se presente, è una piccola deflessione negativa osservabile in V5 - V6, DI e aVL (deriva-
zioni laterali sinistre). L’onda Q fisiologica ha un’ampiezza limitata, < 0,1 mV.
Onda R e onda S
Queste due onde riflettono la depolarizzazione di tutto il resto del miocardio ventricolare, escluso il setto.
L’impulso che depolarizza i ventricoli raggiunge prima il ventricolo sinistro, dunque il vettore di depola-
rizzazione ventricolare ha direzione da destra a sinistra e dall’alto in basso.
La polarità del QRS varia nelle diverse derivazioni come segue:
b nelle derivazioni inferiori e laterali sinistre (per esempio DII) l’onda R positiva è più marcata
dell’onda S negativa: si parla di QRS positivo;
b nelle derivazioni superiori e laterali destre (per esempio aVR) l’onda S negativa è più marcata
dell’onda R positiva, perché tali derivazioni vedono il vettore di depolarizzazione allontanarsi. Il QRS,
in questo caso, si dice negativo;
b nelle derivazioni precordiali, la polarità del QRS cambia progressivamente da V1 a V6: in V1, l’onda R
è piccola e il QRS negativo, mentre in V5 - V6 l’onda R ha voltaggio massimo e il QRS è positivo;
l’inversione di polarità del QRS (da negativo a positivo) avviene di solito in V3-V4.

V Questo fenomeno è detto progressione dell’onda R nelle precordiali.

La durata normale del QRS, invece, è compresa tra 0,04 e 0,12 secondi in tutte le derivazioni.

Intervallo ST e onda T
Intervallo ST
L’intervallo ST rappresenta il tempo che intercorre tra la fine della depolarizzazione e l’inizio della ripola-
rizzazione ventricolare. In condizioni normali, è orizzontale in tutte le derivazioni.
Onda T
L’onda T indica la ripolarizzazione ventricolare, che avviene secondo un vettore con direzione uguale
e opposta rispetto al vettore di depolarizzazione. Poiché un’onda di ripolarizzazione in allontanamento
si traduce in una deflessione positiva all’ECG e viceversa, l’onda T in condizioni normali ha la stessa po-
larità del QRS che la precede. L’ampiezza delle onde T è molto variabile e dipende da numerosi fattori
(ormonali, neurologici, elettrolitici); in linea di massima, è compresa tra un terzo e due terzi dell’ampiezza
dell’onda R precedente.

Frequenza e ritmo
La frequenza cardiaca media (compresa tra 60 e 100 bpm, in caso di ritmo sinusale) può essere
V calcolata approssimativamente secondo la formula:
FC = 300/numero di quadrati grandi tra due onde R consecutive

Per quanto riguarda il ritmo, invece, occorre definire:


b se è regolare o irregolare, valutando se la durata dell’intervallo RR è costante o varia da un battito
all’altro;
b se è sinusale o non sinusale, valutando la presenza o l’assenza di onde P sinusali.

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Asse elettrico
L’asse elettrico rappresenta la direzione del vettore
medio di depolarizzazione ventricolare. Per definirlo
vi sono diversi metodi, il più noto dei quali si basa
sull’osservazione della polarità del QRS in DI e aVF:
b l’asse normale è orientato tra 0° e 90° (QRS posi-
tivo sia in DI che in aVF), riflettendo la direzione
del vettore medio di depolarizzazione che va
dall’alto in basso e da destra a sinistra;
b in caso di asse orientato tra 0 e –90° (DI positivo,
aVF negativa), si parla di deviazione assiale
sinistra;
b in caso di asse orientato tra 90° e 180°, (DI nega-
tiva, aVF positiva), si parla di deviazione assiale
destra; Grafico asse elettrico cardiaco
b in caso di asse orientato tra 180° e –90° (DI e aVF
negative) le opzioni sono due: derivazioni posi-
zionate al contrario o situs viscerum inversus.

Principali alterazioni osservabili in un tracciato ECG


Dilatazione atriale
Dilatazione atriale destra
L’onda P caratteristica della dilatazione atriale destra è
detta onda P polmonare, perché questa condizione si
associa molto spesso a ipertensione polmonare.
L’onda P polmonare ha le seguenti caratteristiche:
b durata invariata, perché l’aumento riguarda
solamente la durata della depolarizzazione
atriale destra, rappresentata dalla prima porzione
dell’onda P (depolarizzazione prolungata nasco-
sta dalla porzione atriale sinistra dell’onda P);
b ampiezza > 2,5 mV soprattutto nelle derivazioni
inferiori (DII, DIII e aVF); con un’incisura nella
prima porzione, rappresentante appunto il mag-
giore voltaggio, necessario per depolarizzare
l’atrio destro ingrandito.

Dilatazione atriale sinistra


L’onda P caratteristica della dilatazione atriale sinistra
è l’onda P mitrale, poiché tale condizione è spesso
associata a valvulopatia mitralica (stenosi o insuffi-
cienza). Morfologia dell’onda P nelle dilatazioni atriali
L’onda P mitralica ha le seguenti caratteristiche:
b durata aumentata, perché la depolarizzazione atriale sinistra è rappresentata dalla porzione termi-
nale dell’onda P;
b ampiezza aumentata nella porzione terminale dell’onda, che assume un aspetto a M in DII.

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Ipertrofia ventricolare destra
L’ipertrofia del ventricolo destro può essere causata da pneumopatie croniche (BPCO) o da cardiopatie
congenite con shunt sx  dx.
A livello elettrocardiografico la si riconosce per due aspetti:
b deviazione assiale destra;
b alterata progressione dell’onda R nelle precordiali. Conseguentemente alla deviazione dell’asse
elettrico, infatti, il QRS risulta positivo (R > S) nelle precordiali destre, con onda R di maggiore
ampiezza in V1 o V2, mentre risulta negativo (S > R) nelle precordiali sinistre.

Ipertrofia ventricolare sinistra


L’ipertrofia ventricolare sinistra può avere diverse cause, tra cui ricordiamo l’ipertensione, lo scompenso
prevalentemente diastolico e le valvulopatie aortiche e mitraliche.
La diagnosi elettrocardiografica è più complessa rispetto all’ipertrofia ventricolare destra, in quanto la
progressione dell’onda R nelle precordiali è inalterata. Si osserva, invece, un aumento di ampiezza
dell’onda R nelle precordiali sinistre e dell’onda S nelle precordiali destre. Sulla base di questo aspetto, esi-
stono diversi criteri per porre diagnosi di ipertrofia ventricolare sinistra, tra cui ricordiamo il criterio di
Sokolow-Lyon: ampiezza dell’onda R in V5 + ampiezza dell’onda S in V1 > 3,5 mV.

Blocco di branca destra (BBdx)


Il blocco della branca destra del fascio di His è una condizione dal significato non sempre patolo-
V gico, infatti è osservabile anche in cuori del tutto sani.
Le principali alterazioni elettrocardiografiche del BBdx sono:
b QRS di durata aumentata (> 0,12 secondi), criterio necessario per porre diagnosi di blocco di
branca completo; in caso di altri criteri soddisfatti, ma QRS di durata normale, si parla di BBdx
incompleto;
b RSR’ (onda M) in V1 e V2; il ventricolo destro, infatti, viene depolarizzato tardivamente da un fronte
d’onda proveniente dal ventricolo sinistro, e questo fenomeno genera l’onda R’ nelle precordiali
destre;
b onde S profonde in V5 e V6, corrispondenti sempre alla depolarizzazione ritardata del ventricolo
destro (con vettore diretto da sinistra a destra).

Blocco di branca sinistra (BBsx)


Il blocco della branca sinistra si verifica raramente in cuori normali e riflette quasi sempre una car-
V diopatia strutturale sottostante.
I criteri elettrocardiografici per porne diagnosi sono:
b durata del QRS > 0,12 secondi; in caso contrario si parla di BBsx incompleto;
b onde R slargate in V5 - V6, che riflettono la più lenta depolarizzazione del ventricolo sinistro. È possi-
bile anche una morfologia a M, seppur meno frequentemente che nel blocco di branca destra;
b onde S profonde (complessi QS) in V1 - V2.

Emiblocchi
La branca sinistra del fascio di His è costituita da un fascicolo anteriore e uno posteriore: il blocco della
conduzione attraverso uno solo di questi due fascicoli definisce un emiblocco.
b L’emiblocco anteriore sinistro può essere osservato anche in cuori sani, e si manifesta con una
deviazione assiale sinistra;
b L’emiblocco posteriore sinistro si riscontra quasi esclusivamente in cuori malati, e si presenta con
una deviazione assiale destra.

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In entrambi i casi, si sospetta un emiblocco dinnanzi a un tracciato ECG in cui la deviazione assiale è l’uni-
ca alterazione presente, con durata del QRS nella norma, in assenza di alterazioni del tratto ST e dell’onda
T e dopo aver escluso altre possibili cause di deviazione assiale.

Alterazioni elettrolitiche
Iperpotassiemia
L’iperpotassiemia provoca alterazioni elettrocardiografiche progressive, che sono, nell’ordine:
b onde T appuntite, con aspetto a tenda, perché l’incremento del potassio sierico determina un
aumento della velocità di ripolarizzazione;
b prolungamento dell’intervallo PR e appiattimento dell’onda P;
b slargamento del QRS (durata aumentata);
b fibrillazione ventricolare.
Ipopotassiemia
L’ipopotassiemia causa le seguenti alterazioni elettrocardiografiche, che insorgono senza un ordine tem-
porale specifico:
b sottoslivellamento del tratto ST;
b appiattimento dell’onda T;
b comparsa dell’onda U: l’onda U è un’onda che appare subito dopo l’onda T, con
la quale condivide la polarità, e dal significato fisiologico sconosciuto; non è
patognomonica di ipopotassiemia, perché si riscontra anche in altre condizioni
(patologia del sistema nervoso centrale, assunzione di antiaritmici);
b allungamento del QT, che espone a rischio di tachicardie ventricolari poli- Onda U
morfe (torsione di punta) potenzialmente letali. di ipopotassiemia

Ipotermia
In caso di ipotermia grave (temperatura < 30 °C) si possono osservare i seguenti
cambiamenti:
b bradicardia sinusale, con prolungamento potenziale di tutti gli intervalli (PR,
ST, QRS);
b onda J di Osborn, ossia sopraslivellamento del tratto ST con brusca risalita
nel punto J (punto di connessione tra QRS e ST) e successiva discesa;
b aritmie di vario tipo, tra cui la più comune è una FA a lenta risposta ventricolare;
b artefatti da tremore muscolare. Onda J di ipotermia

Intossicazione digitalica
In tutti i pazienti che assumono digitale, anche a livelli terapeutici e non tossici, si osservano alterazioni a
carico del tratto ST e dell’onda T:
b sottoslivellamento del tratto ST a concavità discendente;
b appiattimento o inversione dell’onda T.
Entrambe queste alterazioni, che definiscono il cosiddetto effetto digitalico, sono più pronunciate nelle
derivazioni con onda R più ampia.
L’intossicazione digitalica, invece, può causare le seguenti alterazioni:
b prolungamento dell’intervallo PR;
b BAV di I, II o III grado, dovuto all’effetto cronotropo negativo della digitale;
b tachiaritmie, le più comuni delle quali sono extrasistoli ventricolari, ritmo giunzionale e tachicardia
atriale parossistica;
b disturbi del ritmo combinati, come la tachicardia atriale parossistica associata a BAV di II grado,
in assoluto il disturbo del rimo più caratteristico dell’intossicazione digitalica.

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Embolia polmonare
Nella maggior parte dei casi, l’embolia polmonare si associa a un tracciato elettrocardiografico
M normale, se non per la presenza di una tachicardia sinusale da risposta al dolore; questo aspetto
è utile per la diagnosi differenziale tra embolia polmonare e sindrome coronarica acuta.
In caso di embolie polmonari massive, però, si possono osservare alcune alterazioni all’ECG:
b segni di sovraccarico del ventricolo destro, come ipertrofia ventricolare destra e blocco di branca
destra;
b pattern SI QIII TIII, che si compone di:
d onda S profonda in DI;
d onda Q profonda in DIII, solitamente limitata a questa derivazione (DD con infarto);
d onda T invertita (negativa) in DIII.

Step per la lettura di un ECG


b Valutazione del ritmo, per identificare eventuali aritmie:
d intervallo RR  regolare o irregolare;
d morfologia onde P  sinusale o non sinusale.

b Frequenza cardiaca  sono presenti bradicardia o tachicardia?

b Asse elettrico cardiaco: polarità QRS in DI e aVF  sono presenti deviazioni assiali?

b Conduzione AV: intervallo PR


d PR allungato  BAV? Disturbi elettrolitici?
d PR accorciato pre-eccitazione ventricolare (WPW)?

b Depolarizzazione ventricolare
d durata QRS  blocchi di branca?
d ampiezza QRS  ipertrofia ventricolare?
d progressione onda R in precordiali  blocchi di branca?
d onde Q patologiche  pregressi infarti?

b Ripolarizzazione ventricolare

b Intervallo ST
d sopraslivellato  STEMI? Pericardite? Brugada? Pattern ripolarizzazione precoce?
d sottoslivellato  NSTEMI? Squilibri elettrolitici? Alterazioni aspecifiche ripolarizzazione?

b Onda T
d polarità invertita?  alterazioni aspecifiche ripolarizzazione? Embolia polmonare? Altro?
d ampiezza (appuntita, appiattita)  squilibri elettrolitici?

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Quesiti

1 Un paziente di 55 anni si presenta in Pronto Soccorso per dolore toracico oppressivo, irra-
diato alla mandibola, insorto da 30 minuti circa. Viene eseguito l’elettrocardiogramma.
2014

Quale reperto NON è presente?

A Sopraslivellamento del tratto ST


B Sottoslivellamento del tratto ST
C Ritmo sinusale
D Blocco di branca
E Frequenza cardiaca di circa 75 - 100 bpm

2 Un ragazzo di 20 anni presenta il seguente ECG. Cosa si nota?


2015

A FA, diffuse alterazioni della ripolarizzazione ventricolare con onda T negativa da V1 a V5


B Ritmo sinusale, diffuse alterazioni della ripolarizzazione ventricolare con onda T negativa da
V1 a V5
C Ritmo sinusale, sottoslivellamento del tratto ST da V1 a V5
D Bradicardia sinusale, diffuse alterazioni della ripolarizzazione ventricolare
E Ritmo sinusale, blocco atrio-ventricolare di primo grado

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3 Un uomo di 70 anni, iperteso e fumatore, che ha subito recentemente un intervento di
prostatectomia, richiede assistenza per la comparsa di dispnea da circa 5 ore. Al monitor
2020
del personale dell’ambulanza, la pressione arteriosa è 100/50 mmHg e la saturazione di O2
risulta pari a 88%. Viene inoltre registrato l’elettrocardiogramma mostrato in figura.
Qual è la diagnosi più probabile?

A Embolia polmonare acuta


B Anemizzazione postoperatoria
C Scompenso cardiaco in cardiomiopatia ipertensiva
D Dissecazione aortica
E Sindrome di Brugada

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Tachiaritmie
Le tachiaritmie sono aritmie caratterizzate da una frequenza cardiaca accelerata: in generale, per
V definirle si utilizza il cut-off di 100 bpm.

Le tachiaritmie si classificano in sopraventricolari o ventricolari, a seconda della loro origine, con le secon-
de più gravi delle prime.
La presenza di tachiaritmia va sospettata a fronte di vari sintomi, il più comune dei quali è rappresentato
dalle palpitazioni, ossia dalla percezione soggettiva del battito cardiaco accelerato. Altri sintomi poten-
zialmente presenti sono la dispnea e la sincope, quest’ultima soprattutto nelle tachiaritmie ventricolari,
che si associano a rischio di morte cardiaca improvvisa. L’elevata frequenza cardiaca può comportare
inoltre una ridotta perfusione coronarica (tachiangina), a causa della riduzione della fase di diastole e, a
lungo andare, una disfunzione ventricolare (tachicardiomiopatia).
L’esame diagnostico di prima scelta a fronte di un sospetto aritmico è rappresentato dall’ECG
M Holter delle 24 ore.

Farmaci antiaritmici
Per capire il meccanismo d’azione delle varie classi di farmaci antiaritmici, riassumiamo in breve le fasi del
ciclo elettrico dei miocardiociti:
b fase 0 (depolarizzazione rapida):
apertura dei canali del Na+ vol-
taggio-dipendenti, che favori-
sce il superamento della soglia
per la generazione di un poten-
ziale d’azione;
b fase 1 (ripolarizzazione precoce):
apertura dei canali K+ voltaggio-
dipendenti, che determina l’ini-
zio della ripolarizzazione;
b fase 2 (plateau): la corrente del
K+ in uscita è bilanciata da una
corrente di Ca2+ (canali lenti di
tipo L) in entrata;
b fase 3 (ripolarizzazione rapida):
i canali del Ca 2+ si chiudono
mentre quelli del K + restano
aperti, così si completa la ripo-
Potenziale d’azione cardiaco
larizzazione;
b fase 4: solo nei cosiddetti miocardiociti specifici (presenti nelle strutture deputate alla genesi
dell’impulso elettrico), l’apertura di canali cationici (Na+, Ca2+) impedisce il mantenimento del
potenziale di membrana a – 90 mV e favorisce la genesi di nuovi potenziali d’azione in maniera
ciclica, sotto controllo del parasimpatico: questo meccanismo è alla base dell’automatismo cardiaco.

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Classe I
Gli antiaritmici di classe I agiscono bloccando la corrente in ingresso del Na+ in fase 0. Se ne distinguono
tre sottoclassi:
b classe IA
d procainamide
d indicazioni: FA pre-eccitata in pazienti con WPW;
d SE: allungamento QT, lupus da farmaci;
d chinidina
d poco impiegata per via dei numerosi effetti collaterali, in particolare neurologici (cinconi-
smo).
b classe IB
d lidocaina
d indicazioni: TV post-infarto (2a scelta dopo amiodarone) e aritmie in pazienti con intossica-
zione digitalica;
d effetti collaterali tipici degli anestetici locali, con rischio di tossicità cardiaca e neurologica.
b classe IC
d propafenone e flecainide
d indicazioni: controllo ritmo in FA;
d SE: peggioramento funzione ventricolare (controindicati se scompenso o cardiopatie strut-
turali).

Classe II
Alla classe II appartengono i beta-bloccanti, che hanno azione cronotropa negativa e sono spesso il pri-
mo farmaco utilizzato per il controllo dei sintomi e della frequenza cardiaca nei pazienti con aritmie so-
praventricolari.

Classe III
I farmaci di classe III bloccano la corrente ripolarizzante al K+, prolungando così la durata della fase di de-
polarizzazione in cui la cellula non è eccitabile.
b Amiodarone
d indicazioni: controllo ritmo in FA, aritmie postinfarto, TV/FV senza polso;
d effetti collaterali: tossicità tiroidea (sia iper- che ipotiroidismo), fibrosi polmonare, allungamento
QT, depositi corneali (cornea verticillata), epatotossicità.
b Sotalolo
d determina anch’esso allungamento del QT. A volte viene utilizzato nella FA perché permette un
controllo sia del ritmo sia della frequenza, essendo un particolare tipo di beta-bloccante; tutta-
via, alcuni studi hanno dimostrato che il suo utilizzo incrementa la mortalità;
b Dronedarone
d farmaco molto simile all’amiodarone, ma privo dei suoi effetti collaterali extracardiaci. È un far-
maco molto sicuro, ma non può essere utilizzato in caso di disfunzione ventricolare sistolica
(FE < 40%). Costituisce pertanto una valida opzione per il controllo del ritmo nei pazienti con FA
e normale funzione ventricolare o scompenso a FE conservata.

Classe IV
Alla classe IV appartengono i calcio-antagonisti non diidropiridinici, verapamil e diltiazem, utilizzati in
alternativa ai beta-bloccanti per il controllo della frequenza nelle aritmie sopraventricolari.

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Extrasistoli o complessi prematuri
L’extrasistole può essere considerata come il primo mattone alla base di qualsiasi aritmia. Si tratta di un
battito ectopico, originato da un punto degli atri o dei ventricoli diverso dal nodo seno-atriale. In un pa-
ziente con multiple extrasistoli, evidenziabili anch’esse con ECG Holter, possiamo avere:
b coppie o triplette, ossia successioni di due o tre extrasistoli rispettivamente;
b ritmo bigemino se a ogni battito sinusale corrisponde un’extrasistole, trigemino se a ogni due bat-
titi sinusali corrisponde un’extrasistole e cosi via.

L’aspetto più importante nella valutazione di un’extrasistole è capirne l’origine: questo permette infatti di
stabilirne la gravità e la successiva gestione del paziente. Si distinguono:
b extrasistoli atriali, riconoscibili all’ECG per la presenza di un QRS stretto (< 120 ms) preceduto da
un’onda P a morfologia non sinusale. Esse originano, infatti, da una porzione di atrio diversa dal
nodo seno-atriale. Le extrasistoli atriali sono seguite da una pausa non compensatoria, ossia l’inter-
vallo tra le due P sinusali che precedono e seguono l’extrasistole è inferiore al doppio dell’intervallo
PP dello stesso tracciato;
b extrasistoli giunzionali, che si distinguono per un QRS stretto solitamente non preceduto da onde
P. Originano dalla giunzione AV (nodo AV e fascio di His);
b extrasistoli ventricolari, che presentano un QRS slargato (> 120 ms). Esse originano dal miocardio
ventricolare e costituiscono la forma di aritmia più frequente in assoluto. Ciascuna extrasistole ven-
tricolare depolarizza e resetta del tutto il nodo seno-atriale, per cui è seguita da una pausa compen-
satoria (intervallo tra P precedente e seguente = doppio intervallo PP).

Le extrasistoli atriali e giunzionali sono fenomeni benigni e relativamente comuni; si trattano solo se for-
temente sintomatiche, solitamente con beta-bloccanti. In caso di extrasistoli ventricolari, invece, la tera-
pia beta-bloccante può essere indicata anche in assenza di sintomi in presenza di extrasistoli cosiddette
complesse (per esempio se sono così precoci da sovrapporsi al battito precedente, generando il fenome-
no della R su T alla base di aritmie ventricolari come la torsione di punta) e/o di pazienti con cardiopatia
strutturale. In ogni caso, dinnanzi a extrasistoli ventricolari frequenti è indicato uno studio diagnostico
accurato del paziente per identificarne la causa sottostante.

Tracciato ECG con extrasistole ventricolare

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Work-up diagnostico tachiaritmie
La figura illustra il ragionamento generale da seguire in un paziente con tachicardia.

Tachicardia sinusale

RR regolare TPSV
QRS stretto Flutter atriale
Aritmie
sopraventricolari
Tachicardia atriale multifocale
RR irregolare
FA

Aberranza
Aritmie
sopraventricolari
TPSV con rientro antidromico
QRS largo
Monomorfa RIVA
Tachicardia
ventricolare FV?
Polimorfa
Torsione di punta
Algoritmo diagnostico delle tachiaritmie

Le domande da porsi sono essenzialmente due:


b il QRS è normale o slargato?
b l’intervallo RR è regolare o irregolare?
La risposta a queste due domande permette di inquadrare correttamente un’aritmia ed è spesso suffi-
ciente per rispondere alle domande ministeriali. Vediamo di seguito le principali tachiaritmie.

Aritmie sopraventricolari
Le aritmie sopraventricolari si caratterizzano in generale per la presenza all’ECG di un QRS stretto,
M perché il focus dal quale origina il ritmo ectopico è atriale o giunzionale.

Poiché molto spesso a frequenze elevate può essere difficile riconoscere i pattern elettrocardiografici
specifici, uno strumento utile nella diagnosi differenziale tra le diverse aritmie è rappresentato dalle ma-
novre vagali. Le manovre vagali hanno l’obiettivo di rallentare la conduzione atrio-ventricolare, mediata
appunto dal parasimpatico; così facendo, hanno un ruolo diagnostico e a volte anche terapeutico. Le più
utilizzate sono:
b il massaggio del seno carotideo, effettuato esercitando una pressione continua in corrispondenza
di una delle due arterie carotidi per circa 10 secondi. Così facendo, vengono attivati i barocettori
carotidei, generando bradicardia e ipotensione riflessa. Il massaggio andrebbe evitato nei pazienti
con sospetta ateromasia carotidea;
b la manovra di Valsalva, consistente in un’espirazione forzata a glottide chiusa. Questa manovra
determina in una prima fase una riduzione del ritorno venoso al cuore destro (ridotto precarico), per
aumento della pressione intratoracica; nella successiva fase di rilascio, tuttavia, l’aumento della git-
tata cardiaca e il crollo delle resistenze periferiche favoriscono una bradicardia riflessa.

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Algoritmo per la gestione terapeutica
delle tachiaritmie sopraventricolari (a QRS stretto)

La risposta a queste manovre è variabile a seconda delle diverse forme di aritmia:


b nelle tachicardie parossistiche sopraventricolari (AVRNT e AVRT), si ha una rapida e improvvisa
cessazione della tachicardia;
b nella tachicardia sinusale, si ha una lenta riduzione della FC, che torna ad aumentare alla cessa-
zione dello stimolo;
b nella FA e nel flutter atriale, si riduce la FC ventricolare, mentre la FC atriale rimane inalterata; ciò
permette di osservare meglio le onde F di flutter o f di FA e di confermare la diagnosi;
b nelle tachicardie ventricolari le manovre vagali non hanno alcun effetto.

La gestione terapeutica è simile per le diverse forme di aritmia sopraventricolare. In caso di instabilità
emodinamica è sempre indicata la cardioversione elettrica urgente. Con paziente stabile emodinami-
camente, se le manovre vagali non sono sufficienti, i farmaci indicati sono:
b adenosina ev, che rallenta la conduzione atrio-ventricolare, ma non His-ventricolo. Induce, dunque,
un blocco AV che ostacola la tachiaritmia. Rappresenta la prima scelta farmacologica dopo le mano-
vre vagali e, come queste, permette anche un migliore inquadramento diagnostico dell’aritmia;
b calcio-antagonisti (verapamil e diltiazem) e beta-bloccanti (esmololo e metoprololo) ev, sommini-
strati solitamente in caso di inefficacia sia delle manovre vagali sia dell’adenosina.
La cardioversione elettrica può essere effettuata anche nei pazienti emodinamicamente stabili, princi-
palmente in caso di refrattarietà ai farmaci, ma a volte anche come prima scelta.

Tachicardia sinusale
V La tachicardia sinusale è caratterizzata dalla presenza di un ritmo sinusale a frequenza > 100 bpm.

È un fenomeno parafisiologico più che patologico, secondario a svariate cause, tra cui febbre, stress, eser-
cizio fisico, gravidanza, ansia ecc. Il primo step nella gestione terapeutica è dunque rappresentato dalla
correzione delle cause scatenanti. Raramente la tachicardia sinusale porta a instabilità emodinamica.

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In caso di sintomi persistenti, sono indicati i farmaci ad azione cronotropa negativa, come beta-bloccanti
e/o ivabradina.

Tracciato ECG di tachicardia sinusale

Tachicardia atriale
Nella tachicardia atriale focale è presente un focus ectopico localizzato in atrio in una posizione diversa
rispetto al nodo seno-atriale. All’ECG si osserverà un QRS stretto e un intervallo RR regolare; non saranno
tuttavia presenti delle onde P sinusali, ma delle onde P’ di morfologia diversa. Le manovre di stimolazione
vagale, rallentando la frequenza cardiaca ventricolare ma non quella atriale, permettono di distinguere
la morfologia delle P’ e di confermare la diagnosi. La gestione terapeutica in acuto è la stessa vista in ge-
nerale per le aritmie sopraventricolari. In caso di episodi ricorrenti, si può valutare insieme al paziente se
impostare una terapia cronica con BB o CCB o eseguire un’ablazione tramite catetere del focus ectopico,
previa identificazione tramite studio elettrofisiologico.
Nella tachicardia atriale multifocale i foci ectopici sono almeno 3. All’ECG, dunque, avremo QRS stretti
ma intervallo RR irregolare, e almeno tre morfologie diverse di onda P’. La diagnosi differenziale con la FA,
molto specialistica, si basa sulla presenza di un intervallo isoelettrico tra le onde P’, assente invece tra le
onde f di FA. La tachicardia atriale multifocale è quasi sempre associata a cardiopatie strutturali di varia
natura, dunque il trattamento prioritario è quello eziologico; il trattamento antiaritmico, invece, ha utilità
minore che nelle altre aritmie sopraventricolari.

Tachicardia parossistica atrio-ventricolare da rientro nodale (AVNRT)


Le tachicardie parossistiche sono tachicardie giunzionali (con origine dalla giunzione AV) a QRS stretto,
intervallo RR regolare, frequenza ventricolare di circa 150 - 200 bpm, che iniziano e terminano brusca-
mente, e vengono arrestate in tempi rapidi con le manovre di stimolazione vagale. La forma più frequen-
te di tachicardia parossistica sopraventricolare è quella da rientro nodale, seguita dalla tachicardia da ri-
entro atrio-ventricolare.

Tracciato ECG di AVNRT

La tachicardia parossistica AV da rientro nodale (AVNRT) si presenta tipicamente in soggetti di età giova-
ne/adulta, senza cardiopatie strutturali. Il rientro è dovuto alla presenza di due vie di conduzione nel nodo AV:
b una via rapida, che conduce l’impulso più rapidamente ma ha un periodo refrattario più lungo;
b una via lenta, ma con periodo refrattario più breve.

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Nella maggior parte dei casi, il rientro è di tipo slow-fast: l’impulso elettrico scende ai ventricoli lungo la
via lenta e risale agli atri lungo la via rapida, determinando un’attivazione di atri e ventricoli praticamente
contemporanea. All’ECG, dunque, le onde P sono solitamente non visibili, perché mascherate dal con-
temporaneo complesso QRS. In casi rari, il circuito può essere percorso in direzione inversa (fast-slow).
La gestione terapeutica in acuto è la stessa vista per le aritmie sopraventricolari in generale, con la dif-
ferenza che per interrompere una tachicardia parossistica sono quasi sempre sufficienti le manovre va-
gali. In caso di episodi recidivanti, è indicata una terapia cronica con beta-bloccanti o calcio-antagonisti
non diidropiridinici, oppure l’ablazione tramite catetere, solitamente della via lenta.

Tachicardia parossistica sopraventricolare da rientro atrio-ventricolare (AVRT)


e sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW)

Tracciati ECG normale (a sinistra) e di sindrome WPW (a destra)


Nelle tachicardie da rientro atrio-ventricolare il circuito di rientro si serve di una via accessoria (fascio di
Kent) che bypassa il nodo AV. La presenza di questa via è solitamente il risultato di un’anomalia embrio-
nale. La via accessoria fa sì che una porzione del miocardio ventricolare venga depolarizzata in anticipo
rispetto a quanto previsto dalla conduzione nodale: questo fenomeno è noto come pre-eccitazione
ventricolare. La diagnosi di pre-eccitazione ventricolare si pone sulla base di un ECG basale che mostra
la cosiddetta onda delta, un’incisura ascendente all’inizio del QRS, che rappresenta la porzione di mio-
cardio ventricolare depolarizzata in anticipo dalla via accessoria. L’onda delta determina due importanti
modifiche sui normali intervalli elettrocardiografici:
b lo slargamento del QRS;
b l’accorciamento del PR, molto caratteristico.

Con il termine sindrome di Wolff-Parkinson-White si intende l’associazione tra un quadro basale di pre-
eccitazione ventricolare ed episodi ripetuti di tachiaritmia, in pazienti con una via accessoria. È una causa
di tachicardia parossistica sopraventricolare che va sospettata soprattutto in pazienti in età adolescen-
ziale o preadolescenziale.
Le tachiaritmie associate alla sindrome di Wolff-Parkinson-White sono tre:
b AVRT ortodromica, se l’impulso viene condotto dagli atri ai ventricoli tramite la via classica (nodo
AV) per poi rientrare dai ventricoli agli atri tramite la via accessoria. All’ECG avremo un QRS stretto,
dato che la depolarizzazione ventricolare è gestita dalla via classica. La gestione terapeutica in acuto
è la stessa vista per la AVNRT e per le aritmie sopraventricolari in generale;
b AVRT antidromica, se l’impulso viene condotto dagli atri ai ventricoli tramite la via accessoria, per
poi rientrare tramite il nodo AV. In questo caso si osserverà un QRS slargato, perché il ventricolo è
interamente depolarizzato tramite pre-eccitazione. Se tale aritmia determina instabilità emodina-
mica, è indicata la cardioversione elettrica. In pazienti emodinamicamente stabili e che non rispon-
dono alle manovre vagali, invece, non sono indicati beta-bloccanti e calcio-antagonisti, ma altri
antiaritmici quali: ibutilide, procainamide, propafenone o flecainide;
b fibrillazione atriale pre-eccitata, che insorge almeno una volta in quasi il 50% dei pazienti con
WPW. Il circuito di rientro, infatti, può fungere da trigger per la FA; la FA pre-eccitata è potenzial-
mente più pericolosa rispetto a una FA classica. Infatti, se il circuito di rientro è condotto in direzione
antidromica e la conduzione atrio-ventricolare avviene attraverso la via accessoria, che ha un

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periodo refrattario molto più breve della via classica, vi è il concreto rischio che la FA si converta in
fibrillazione ventricolare. Per la cardioversione farmacologica della FA pre-eccitata, in pazienti stabili
emodinamicamente e in cui non si opta per la cardioversione elettrica, le opzioni sono ibutilide o
procainamide (prima scelta) oppure propafenone/flecainide. I farmaci che rallentano la conduzione
AV, come i BB e i CCB, sono controindicati perché accentuano la trasmissione tramite la via accesso-
ria; anche l’amiodarone è controindicato perché si associa a un aumentato rischio di FV.

Il trattamento definitivo della sindrome di WPW è l’ablazione tramite catetere della via accessoria. Va
adottato nei pazienti con episodi di aritmia sintomatici, e in quelli asintomatici ma ritenuti ad alto rischio
(valutato sulla base di dati clinico-anamnestici ed elettrofisiologici).

Flutter atriale
Il flutter atriale è una tachiaritmia che origina dall’atrio destro, in particolare da un circuito di rientro lo-
calizzato solitamente nell’istmo cavo-tricuspidalico, ossia tra lo sbocco delle vene cave e la valvola tri-
cuspide. Il flutter è un’aritmia che si verifica in genere in presenza di alterazioni strutturali della parete
atriale, per lo più associate a dilatazione degli atri; in particolare, una causa comune di dilatazione atriale
destra, e quindi di flutter, è la BPCO.
Nella maggior parte dei casi l’origine del circuito di rientro è nell’istmo cavo-tricuspidalico e si par-
V la di flutter tipico; in caso di altra localizzazione, si parla invece di flutter atipico.

Il flutter tipico, a sua volta, può essere:


b comune, se la direzione di percorrenza è antioraria. All’ECG avremo un QRS positivo in V1 e negativo
nelle derivazioni inferiori DII-DIII;
b non comune, se la direzione di percorrenza è oraria. All’ECG si osserverà un QRS negativo in V1 e
positivo in DII e DIII.
In entrambi i casi, si tratta di una tachiaritmia a QRS stretto e RR regolare. Le onde P non sono visibili, men-
tre si osservano onde F di attivazione atriale a una frequenza di circa 250 - 300 bpm, che conferiscono un
aspetto “a dente di sega” al tracciato. Gli impulsi atriali vengono condotti ai ventricoli con un rapporto di
conduzione fisso, pari solitamente a 2:1, quindi la frequenza ventricolare oscilla intorno ai 150 bpm.

Tracciato ECG di flutter atriale

La gestione del flutter atriale nel setting acuto può avvalersi sia di una strategia di controllo della frequen-
za sia di una strategia di controllo del ritmo, come vedremo per la FA. La strategia di controllo del ritmo
include la cardioversione elettrica (di prima scelta e da fare in urgenza in caso di instabilità emodinamica)
e quella farmacologica, tramite ibutilide (prima scelta) o amiodarone. Per il controllo della frequenza,
invece, si utilizzano beta-bloccanti e calcio-antagonisti non diidropiridinici.
Per il trattamento definitivo dell’aritmia, è prevista l’ablazione tramite catetere del circuito di rientro,
da valutare a seconda della frequenza degli episodi e delle preferenze del paziente.

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Fibrillazione atriale
Eziopatogenesi
La fibrillazione atriale è una tachiarit-
mia a origine dall’atrio sinistro e rap-
presenta l’aritmia sostenuta più fre-
quente al mondo. Gli atri vengono
eccitati in maniera caotica, disorga-
nizzata, per la presenza di multipli
circuiti di rientro che collidono, si
estinguono e si riformano.
La FA è più frequente nei pazienti
con cardiopatie strutturali del cuore
sinistro e negli anziani; tuttavia, è os-
servabile anche in pazienti giovani e
senza comorbidità.

I fattori di rischio che contribuisco-


no all’insorgenza della FA sono varie-
gati, e includono: Patogenesi FA
b età avanzata;
b fattori di rischio cardiovascolare;
b cardiopatie strutturali come scompenso, coronaropatia, aterosclerosi subclinica e valvulopatia;
b altre patologie d’organo come BPCO, malattia renale cronica, OSAS e condizioni di infiammazione
sistemica;
b razza caucasica;
b sesso maschile.

Manifestazioni cliniche
Oltre ai possibili sintomi aritmici, trattati nella sezione iniziale, la FA si associa a un aumentato rischio di
sviluppare svariate complicanze, non solo a livello cardiaco. In particolare:
b aumentato rischio di mortalità per cause cardiovascolari e non;
b stroke: la FA è responsabile del 30% di tutti gli stroke ischemici e del 10% circa degli stroke criptoge-
nici. L’attivazione caotica degli atri, in particolare il sinistro, causa infatti un flusso turbolento che
favorisce l’embolizzazione in direzione di flusso verso le arterie carotidi;
b disfunzione ventricolare sinistra, dovuta sia alla tachicardiomiopatia sia alla contrazione ventrico-
lare irregolare. Il nesso che lega FA e scompenso è duplice: da una parte, lo scompenso è una delle
principali cause predisponenti all’insorgenza di FA; dall’altra, una FA cronica determina scompenso;
b demenza vascolare, dovuta a microembolismi a livello della sostanza bianca;
b depressione, dovuta sia ai sintomi di FA sia agli effetti collaterali dei farmaci;
b riduzione generica della qualità della vita;
b aumentato rischio di ospedalizzazioni per cause cardiovascolari o per complicanze legate al tratta-
mento.

Classificazione
La più recente classificazione delle linee guida ESC 2020 include cinque tipi di FA:
b prima diagnosi di FA, indipendentemente dalla durata e dalla presenza/gravità dei sintomi;
b FA parossistica, che termina entro 7 giorni, spontaneamente o a seguito di intervento di cardiover-
sione;
b FA persistente, che si mantiene sostenuta per più di 7 giorni. In questa categoria rientrano quindi
anche gli episodi di FA cardiovertiti dopo più di 7 giorni dall’esordio;

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b FA persistente di lunga durata (long-standing persistant), che si mantiene sostenuta per più di 12
mesi, a condizione che si adotti una strategia di controllo del ritmo per la sua gestione;
b FA permanente, ossia una FA cronica in cui si rinuncia a utilizzare strategie di controllo del ritmo.
Viene definita come una FA “accettata sia dal medico sia dal paziente”; qualora in una FA perma-
nente si dovesse decidere di ritentare una strategia di controllo del ritmo, la FA verrebbe rinominata
long-standing persistant.
Screening e diagnosi
Lo screening per FA è raccomandato in tutti i pazienti di età > 65 anni o con altri fattori di rischio. Le tec-
niche più classiche per lo screening sono la palpazione del polso arterioso o l’auscultazione cardiaca, che
rilevano entrambe un ritmo irregolare. Tecniche più moderne includono invece il loop recorder e gli
smartwatch con fotopletismografo che, a contatto con la cute, registrano un tracciato ECG continuo e
inviano notifiche in presenza di alterazioni sospette del ritmo. Il tracciato della PVC, se registrato, mo-
strerà un’onda A assente, perché nella FA si perde del tutto il contributo della sistole atriale alla contrat-
tilità cardiaca.

Tracciato ECG di FA

L’esame diagnostico fondamentale per porre diagnosi di FA è in ogni caso l’ECG a 12 derivazioni. La FA
appare come una tachiaritmia a QRS stretto e ritmo irregolare, dovuto alla compresenza di multipli foco-
lai di attivazione atriale disorganizzati. Non si osservano onde P ma solo deflessioni della linea isoelettrica
tra i vari complessi QRS, che prendono il nome di onde f e viaggiano a una frequenza altissima, fino a 600
bpm. La frequenza ventricolare è variabile a seconda del rapporto di conduzione atrio-ventricolare.

Altri esami indicati in tutti i pazienti con diagnosi di FA sono:


b esami di funzionalità tiroidea, renale, elettroliti ed emocromo con formula;
b ecocardiogramma transtoracico, per valutare eventuali cardiopatie strutturali.

Esami di secondo livello, da considerare in pazienti selezionati, includono:


b il monitoraggio ambulatoriale della frequenza degli episodi e la risposta alla terapia tramite ECG
Holter;
b l’ecocardiogramma transesofageo, in caso di sospetto di trombo in atrio sinistro;
b troponine, BNP/NT-proBNP e valutazione delle funzioni cognitive;
b TC coronarica o coronarografia, in caso di sospetta cardiopatia ischemica;
b TC o RM encefalo, in caso di sospetti di stroke/TIA.
Gestione terapeutica
Le ultime linee guida ESC riassumono le priorità del trattamento dei pazienti con FA nell’acronimo ABC:
b Anticoagulazione/prevenzione stroke, tramite la terapia anticoagulante orale o, in casi selezio-
nati, la chiusura dell’auricola dell’atrio sinistro;
b Better symptom control, che include sia le strategie di controllo del ritmo sia le strategie di con-
trollo della frequenza;
b Comorbidità e fattori di rischio cardiovascolare, il cui trattamento è imprescindibile per una
gestione ottimale della FA.

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Anticoagulazione
I pazienti con FA hanno un aumentato rischio di stroke e altre complicanze emboliche, ma non in tutti è
indicata la terapia anticoagulante per prevenirle. Cosa molto importante, la scelta se avviare o meno la
terapia non si basa tanto sulle caratteristiche della FA (parossistica, persistente o permanente), quanto su
fattori di rischio del paziente e comorbidità. Esistono una serie di score di rischio embolico, di cui il più
importante da calcolare ai fini della scelta terapeutica è il CHA2DS2VASc.

Nei pazienti con FA valvolare (protesi valvolari meccaniche o stenosi mitralica moderato-severa), la tera-
pia anticoagulante è indicata indipendentemente dal CHA2DS2VASc e con gli antagonisti della vitamina
K (warfarin). In tutti gli altri, occorre calcolare il CHA2DS2VASc:

CHA2DS2VASc

Acronimo Definizione Punteggio

Congestive heart failure Segni/sintomi di scompenso o cardiopatia ipertrofica 1

Hypertension PA 140/90 o terapia antipertensiva 1

Age 75 years 2

Glicemia a digiuno >125 mg/dL (> 7 mmol/L)


Diabetes mellitus 1
o terapia antidiabetica

Stroke/Tia Pregresso stroke o TIA 2

Coronaropatia, pregresso infarto,


Vascular disease 1
vasculopatia periferica, aterosclerosi aortica

Age 65 - 74 years 1

Sex category (female) 1

Max 9/10

b Nei pazienti a rischio embolico basso (punteggio 1 nelle donne e punteggio 0 negli uomini), non è
indicata alcuna terapia anticoagulante;
b nei pazienti con punteggio 2 (se donne) e punteggio 1 (se uomini) la terapia anticoagulante è consi-
gliata;
b nei pazienti con punteggio  3 se donne e  2 se uomini, la terapia è raccomandata.
I farmaci anticoagulanti di prima scelta nei pazienti con FA non valvolare, in assenza di controindicazioni
specifiche (per esempio insufficienza renale) sono i NAO.
Esistono poi una serie di score di rischio emorragico, il più importante dei quali nella FA è l’HAS-BLED
(uncontrolled Hypertension, Abnormal renal and/or hepatic function, Stroke, Bleeding history, Labile
INR, Elderly, Drugs or excessive alcohol drinking). In presenza di un HAS-BLED 3 occorre seguire il pa-
ziente con follow-up regolari e cercare di eliminare il più possibile i fattori di rischio emorragici; gli score
emorragici alti, tuttavia, non rappresentano un’indicazione per interrompere la terapia anticoagulante.

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Chiusura auricola sinistra
La chiusura dell’auricola sinistra è una procedura di cardiologia interven-
tistica, indicata in quei pazienti che avrebbero indicazione all’anticoagu-
lazione a vita, ma al tempo stesso presentano controindicazioni alla tera-
pia farmacologica, o in quelli in cui la terapia farmacologica è inefficace.
Si esegue tramite accesso venoso femorale, puntura trans-settale e suc-
cessivo posizionamento di un dispositivo che occlude questa regione
dell’atrio sinistro a elevato rischio trombogenico. La sospensione della
terapia anticoagulante avviene con tempistiche diverse a seconda del ti-
po di dispositivo e del successo tecnico della procedura: in alcuni casi la
si sospende nell’immediato postoperatorio, passando a una terapia an-
tiaggregante duplice; in altri, si rende necessario proseguire i farmaci an-
ticoagulanti per alcune settimane dopo l’intervento.
Rappresentazione schematica
Strategie di controllo del ritmo intervento di chiusura auricola

Le strategie di controllo del ritmo hanno come obiettivi da una parte il ripristino di un ritmo sinusale nei
pazienti con FA, tramite cardioversione elettrica o farmacologica, dall’altra la prevenzione di nuovi episo-
di, tramite terapia antiaritmica cronica o ablazione delle vene polmonari.
Cardioversione
La cardioversione elettrica utilizzata nella FA è sincrona, cioè con scariche sincronizzate con il QRS del
paziente, e viene eseguita con defibrillatori bifasici che emettono un’energia di 100 J. La cardioversione
elettrica è sempre indicata in urgenza nei pazienti con FA e instabilità emodinamica. Nei pazienti stabili,
invece, si può valutare se fare una cardioversione elettrica o farmacologica, e se eseguirla in regime di ur-
genza o di elezione.
La cardioversione farmacologica prevede la somministrazione endovenosa di vernakalant, propafeno-
ne o flecainide, come farmaci di prima scelta, e di amiodarone nei pazienti con scompenso cardiaco e car-
diopatie strutturali. Il vernakalant è un farmaco antiaritmico recente, che agisce bloccando sia i canali del
Na+ sia quelli del K+. Tra tutti quelli disponibili, è il farmaco che permette di ottenere la cardioversione
più rapida. Il suo uso è però attualmente controindicato in pazienti con scompenso (NYHA III o IV), stenosi
aortica severa, allungamento del QT, SCA nel mese precedente e ipotensione arteriosa.
Il ripristino del ritmo sinusale, sia tramite cardioversione elettrica sia tramite quella farmacologica, po-
trebbe esporre il paziente a un rischio di embolia sistemica, in caso di FA di lunga durata e qualora fosse
presente un trombo in atrio sinistro. Per tale motivo, nei pazienti emodinamicamente stabili, è fonda-
mentale avviare una terapia anticoagulante e valutare quando è insorta la FA prima di procedere a car-
dioversione:
b se il paziente era già in terapia anticoagulante cronica (OAC), allora si può procedere a cardiover-
sione immediata;
b se il paziente non era in OAC ma l’inizio della FA è riferito nelle 48 ore precedenti, si può procedere
anche in questo caso a cardioversione immediata;
b se il paziente non era in OAC e l’episodio di FA è iniziato da più di 48 ore, o non è possibile datarne
l’inizio con certezza, allora vi sono due possibilità:
d se l’esame è disponibile in tempi brevi, si esegue un ecocardiogramma transesofageo. Se que-
sto esclude trombi in atrio sinistro, si può eseguire una cardioversione immediata. In caso con-
trario, bisogna aspettare almeno 3 settimane dall’inizio della terapia anticoagulante;
d se l’ecocardiogramma transesofageo non è disponibile, bisogna avviare la terapia anticoagu-
lante e attendere almeno 3 settimane prima di cardiovertire.
I farmaci anticoagulanti di prima scelta sono, anche in questo contesto, i NAO. Subito dopo la cardiover-
sione occorre calcolare il CHA2DS2VASc per definire la durata della terapia anticoagulante:
b se il punteggio è  1 negli uomini e  2 nelle donne, l’OAC va proseguita a vita;
b se il punteggio è 0 negli uomini e 1 nelle donne, l’indicazione generale è quella di proseguire l’OAC
per 4 settimane dalla cardioversione. In caso di cardioversione immediata dopo FA insorta da meno
di 24 ore, però, è possibile addirittura non avviare la terapia anticoagulante.

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Terapia antiaritmica cronica
L’impostazione di una terapia antiaritmica cronica è da valutare caso per caso, e in generale può essere
indicata in presenza di plurimi episodi di FA sintomatici. Gli antiaritmici utilizzati sono quelli di classe IC e
di classe III, in particolare:
b propafenone e flecainide, che rappresentano i farmaci di prima scelta in cronico, sempre in
assenza di scompenso e cardiopatie strutturali;
b amiodarone, farmaco più efficace, ma da evitare quando possibile in cronico per via della sua tossicità;
b dronedarone, utilizzabile in pazienti con FE normale o solo lievemente ridotta. Può rappresentare il
farmaco di prima scelta in pazienti con HFpEF e valvulopatie;
b sotalolo, meno utilizzato, richiede un monitoraggio periodico di ECG (intervallo QT), potassio sie-
rico, CrCl e altri fattori di rischio proaritmici.
Una particolare strategia è quella del “pill in the pocket”, ossia una cardioversione farmacologica al biso-
gno. Questa opzione può essere considerata in pazienti relativamente giovani, senza fattori di rischio e
cardiopatie strutturali, e con episodi relativamente poco frequenti di FA parossistica; il vantaggio è che
permette di evitare gli effetti collaterali legati alla terapia antiaritmica cronica. I farmaci utilizzabili per
questo regime sono gli stessi visti per la cardioversione farmacologica classica, in particolare propafeno-
ne e flecainide.
Ablazione delle vene polmonari (PVI)
L’ablazione e l’isolamento tramite catetere del circuito di rientro alla base della FA, localizzato allo sbocco
delle vene polmonari in atrio sinistro, è un’alternativa alla terapia antiaritmica cronica. È una procedura di
cardiologia interventistica, eseguita con accesso simile a quello visto per la chiusura dell’auricola; si va poi
a “bruciare” tramite catetere un’area circonferenziale attorno alle vene polmonari, isolando così i circuiti di
rientro ivi presenti e impedendo che l’impulso da essi generato si propaghi al resto della parete atriale.
La PVI è generalmente raccomandata in caso di fallimento della terapia antiaritmica cronica. Per il resto,
non vi sono indicazioni chiare per preferire la PVI o la terapia farmacologica come prima scelta in un pa-
ziente candidato a una strategia di controllo del ritmo; la scelta è dunque lasciata alle preferenze del pa-
ziente.

Strategie di controllo della frequenza


Le strategie di controllo della frequenza hanno come obiettivo quello di raggiungere una frequenza ot-
timale < 80 bpm a riposo e < 110 bpm sotto sforzo. I contesti in cui tali strategie vanno adottate sono
quattro:
b in aggiunta alle strategie di controllo del ritmo in pazienti con FA a frequenza elevata;
b da sole in pazienti con FA asintomatica o con sintomi lievi, in cui non si reputa opportuno avviare
una terapia di controllo del ritmo;
b dopo il fallimento di una strategia di controllo del ritmo;
b da sole in alternativa alle strategie di controllo del ritmo, quando i rischi legati al ripristino di un
ritmo sinusale ne superano i benefici. In presenza di FA di lunga durata in un paziente con atrio
sinistro dilatato all’eco, infatti, il ripristino del ritmo sinusale è difficile da ottenere, mentre sono alti
i rischi embolici legati alle procedure di cardioversione.
I farmaci ad azione cronotropa negativa utilizzabili sono diversi. Solitamente, la scelta terapeutica è in-
fluenzata dalla funzionalità contrattile ventricolare:
b in caso di FE normale o lievemente ridotta (> 40%), i farmaci di prima scelta sono beta-bloccanti e
calcio-antagonisti non diidropiridinici;
b In caso di disfunzione ventricolare, verapamil e diltiazem sono controindicati, mentre un’alternativa
ai beta-bloccanti è rappresentata dalla digossina (per la sua azione inotropa positiva oltre che cro-
notropa negativa).

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Anche l’amiodarone ha un’azione cronotropa negativa, sfruttabile in pazienti con instabilità emodina-
mica o FE severamente depressa, non candidabili né ai beta-bloccanti né ai calcio-antagonisti.

L’opzione di ultima scelta per il controllo della frequenza è l’ablazione del nodo atrio-ventricolare, in
modo da isolare gli atri dai ventricoli; si rende ovviamente necessario anche l’impianto di un pacemaker
ventricolare a vita. Questo intervento è indicato in pazienti non responsivi a nessun’altra terapia di con-
trollo della frequenza e del ritmo, e che acconsentano a portare un pacemaker a vita.

Flow-chart riassuntive

Accesso in PS di paziente con FA

Sì No
Stabilità emodinamica?

Sì No
Insorgenza da > 48h o non databile?

Normale
Eco TEE CV elettrica o farmacologica CV elettrica

Trombi ASx
= 0/1 ≥ 1/2
OAC per almeno 3 settimane CHA2DS2VASc

Sì No
FA < 24? OAC a vita

Controindicazioni?

No OAC OAC per 4 settimane Chiusura auricola

FA cronica

Sì No
Paziente candidabile a rythm control?

Sì No
Primo episodio? Rate control

Sì Sì No
Pill in the pocket Sintomi lievi? HFrEF?

No
BB o digitale o amiodarone BB o CCB

PVI Tp antiaritmica cronica Fc alta persistente

Ablazione NAV + PM

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Aritmie ventricolari
Tachicardia ventricolare (TV)
La tachicardia ventricolare è una tachicardia a QRS largo, in cui il battito ectopico ha origine sot-
V tohissiana.
I pacemaker ventricolari hanno una frequenza di attivazione intrinseca intorno ai 30 - 40 bpm, quindi in
condizioni normali il ritmo ventricolare è mascherato dal ritmo sinusale e subentra solo in caso di gravi
blocchi del nodo SA o del nodo AV. Se, però, la frequenza di scarica dei pacemaker ventricolari aumenta,
come si verifica in caso di cardiopatie strutturali, il ritmo ventricolare può sostituirsi a quello sinusale. La
TV, infatti, insorge raramente in cuori sani, e molto più di frequente in pazienti con cardiopatie struttur-
ali o come complicanza aritmica di un infarto miocardico acuto.
In generale, per definire una TV è necessaria la presenza di almeno 3 extrasistoli ventricolari in succes-
sione. La frequenza di una TV è variabile, di solito oscilla tra i 100 e i 250 bpm. A seconda della durata e
della morfologia dei QRS, distinguiamo:
b TV sostenuta, se dura almeno 30 secondi e/o si associa a instabilità emodinamica;
b TV non sostenuta, se dura meno di 30 secondi in un paziente emodinamicamente stabile;
b TV monomorfa, se tutti i complessi QRS hanno stessa morfologia;
b TV polimorfa, se la morfologia del QRS varia da un battito all’altro. In generale, le TV polimorfe sono
più complesse (origine da diversi foci ectopici ventricolari) e hanno prognosi peggiore.

Tracciato ECG di TV monomorfa


Dinnanzi a un reperto elettrocardiografico di tachicardia a QRS largo, prima di porre diagnosi di tachicar-
dia ventricolare, occorre escludere le aritmie sopraventricolari con conduzione aberrante, cioè in cui
il QRS è slargato per la presenza di un blocco di branca. Gli elementi che aiutano nella diagnosi differen-
ziale, in assenza di tracciati elettrocardiografici precedenti l’episodio aritmico, sono:
b la presenza di una dissociazione atrio-ventricolare, ossia di una frequenza atriale indipendente dalla
frequenza ventricolare, indica una TV;
b la morfologia a blocco di branca del QRS (per esempio complesso RSR’ visibile in V1 in caso di blocco
di branca destro);
b la risposta alle manovre vagali che, se presente, permette di porre diagnosi di aritmia sopraventricolare.
b in caso di diagnosi differenziale dubbia, l’aritmia va considerata come una TV fino a prova contraria; la
TV, infatti, rappresenta un’urgenza terapeutica per il rischio di evoluzione in FV potenzialmente mortale.
L’algoritmo terapeutico di tutte le varie forme di TV prevede:
b in caso di instabilità emodinamica, cardioversione elettrica sincronizzata urgente;
b in pazienti emodinamicamente stabili:
d manovre vagali, per definizione inefficaci nella TV ma utili per la diagnosi differenziale;
d adenosina, da evitare se si sospetta una pre-eccitazione ventricolare;
d cardioversione farmacologica, con amiodarone, procainamide o lidocaina (indicata selettiva-
mente nelle TV postIMA);
d cardioversione elettrica, attuabile come prima scelta o come seconda scelta in caso di ineffica-
cia della terapia farmacologica.

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Torsione di punta (Torsade de pointes)
La torsione di punta è una tachicardia ventricolare polimorfa, caratterizzata da una continua variazione
della morfologia del QRS, che passa più o meno gradatamente dall’essere positivo all’essere negativo nel-
la stessa derivazione. Insorge tipicamente in pazienti con condizioni predisponenti, quali bradicardia
marcata e soprattutto allungamento del QT. Il trigger per tale aritmia è rappresentato da un’extrasistole
ventricolare precoce, che dà il fenomeno della R su T. Ha una frequenza ventricolare solitamente > 200
bpm; per questo, se non trattata, evolve rapidamente in fibrillazione ventricolare.

Tracciato ECG di torsione di punta

Ritmo idioventricolare accelerato (RIVA)


Il ritmo idioventricolare accelerato è una tachicardia ventricolare monomorfa, con frequenza ventricolare
media relativamente bassa, intorno ai 90 bpm. A tale frequenza, sono spesso visibili le onde P sinusali dis-
sociate dai QRS slargati. Il RIVA è la più classica aritmia da riperfusione, che insorge a seguito della riva-
scolarizzazione in pazienti con pregresso infarto. Altre cause scatenanti possono essere l’ipopotassiemia
e l’intossicazione digitalica. In ogni caso, la prognosi è benigna e autolimitante, quindi non è indicata al-
cuna terapia.

Tracciato ECG di ritmo idioventricolare accelerato

Fibrillazione ventricolare (FV)


La fibrillazione ventricolare è un’aritmia ventricolare caratterizzata da attività elettrica caotica e disorga-
nizzata dei ventricoli, con multipli foci ectopici che si attivano e scaricano contemporaneamente. Ne con-
segue una dissociazione elettromeccanica, con assenza di attività contrattile e di gittata sistolica; il pa-
ziente, dunque, è in arresto cardiaco. Il tracciato ECG è del tutto disorganizzato, e non è riconoscibile
alcuna onda P, complesso QRS o onda P. Un paziente con FV è un paziente in arresto cardiaco da ritmo
defibrillabile. Occorre dunque iniziare le procedure previste dal BLS e, non appena possibile, procedere
con una defibrillazione. La defibrillazione, o cardioversione elettrica non sincronizzata, si differenzia da
quella sincronizzata per le più elevate energie di scarica, tra i 200 e i 360 J.

Defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD)


Nei pazienti sopravvissuti ad aritmie ventricolari gravi determinanti instabilità emodinamica, come TV
senza polso e FV, e con sopravvivenza attesa > 1 anno, è indicato l’impianto di un ICD come strategia di
prevenzione secondaria. Questi pazienti, infatti, sono a rischio di recidiva di episodi aritmici gravi, e l’im-
pianto dell’ICD è necessario per limitare il rischio di morte cardiaca improvvisa su base aritmica.

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Sindromi associate a morte cardiaca improvvisa
su base aritmica
Sindrome di Brugada
La sindrome di Brugada è una malattia dei canali del Na+ voltaggio-dipendenti di membrana; sono coin-
volte molteplici mutazioni, la maggior parte delle quali coinvolge il gene SCN5A. Colpisce prevalente-
mente soggetti maschi e con cuore strutturalmente sano, con esordio intorno ai 40 anni. Una familiarità
per sincope o morte cardiaca improvvisa è presente solo in un quarto dei pazienti.
La presentazione clinica è in genere la sincope o l’arresto cardiaco in condizioni di aumentato drive va-
gale, tipicamente nel sonno; non si associa, invece, a manifestazioni aritmiche in seguito a sforzo fisico.
Altri fattori precipitanti possono essere la febbre e il consumo di dosi eccessive di alcol.
La diagnosi della sindrome
di Brugada si basa su un
pattern caratteristico (pat-
tern di Brugada di tipo I)
all’ECG basale, caratterizza-
to da:
b sopraslivellamento
del tratto ST a conca-
vità discendente nelle
precordiali destre
(V1 - V2);
Tracciato ECG di pattern di Brugada tipo I
b elevazione del punto J,
ossia del punto di raccordo tra QRS e segmento ST;
b morfologia del QRS a blocco di branca destro, completo o incompleto, in V1 e V2;
b onde T negative in V1 e V2.
L’unica strategia terapeutica attualmente disponibile, sia per la prevenzione primaria nei pazienti con
pattern di Brugada, sia per la prevenzione secondaria in pazienti sopravvissuti ad aritmie gravi, è rappre-
sentata dall’impianto di ICD a vita.

Sindrome del QT lungo


La sindrome del QT lungo si caratterizza per un allungamento dell’intervallo QT all’ECG, con QT corretto
(durata del QT rapportata a durata intervallo RR) 480 ms. La sindrome del QT lungo esiste in forma con-
genita o acquisita.
La forma congenita si trasmette in modo autosomico dominante, ma a penetranza variabile, e predispo-
ne a morte cardiaca improvvisa su base aritmica in pazienti giovani.
La sindrome del QT lungo acquisita è secondaria a:
b disturbi elettrolitici
d ipokaliemia;
d ipomagnesemia;
d ipocalcemia;
b farmaci anti-aritmici di classe I (chinidina, disopiramide) e di classe III (amiodarone, sotalolo);
b altri farmaci, come antibiotici (macrolidi e fluorochinoloni soprattutto) e antidepressivi triciclici.

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Quesiti

4 Quali alterazioni elettrolitiche possono innescare una riduzione dell’intervallo QT?


A Iperfosforemia, ipomagnesemia
2019

B Ipernatriemia, ipercloremia
C Ipercalcemia, iperkaliemia
D Ipocalcemia, ipokaliemia
E L’intervallo QT non è influenzato dalle concentrazioni elettrolitiche

5 La sindrome di Wolff-Parkinson-White è caratterizzata da:


A pre-eccitazione ventricolare
2019

B aumento reversibile delle resistenze espiratorie al flusso


C irsutismo, tremori non intenzionali, albinismo
D alterazione dell’ossificazione
E collagenosi associata ad alterazioni vascolari arteriose (soprattutto aortiche)

6 Un paziente di 75 anni iperteso, in trattamento farmacologico, riferisce episodi di palpita-


zioni. Quale tra i seguenti è il primo esame strumentale da richiedere?
2019

A TC coronarica
B ECG dinamico secondo Holter
C PET cardiaca
D Monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa per 24 ore
E Ecocardiogramma da sforzo

7 All’ECG viene misurato un QRS di durata > 120 ms. In normofrequenza (60 - 90 bpm), qual
è una possibile causa di QRS largo?
2018

A Blocco AV di II grado Mobitz 1


B Ipokaliemia
C Terapia con beta-bloccanti in corso
D Fibrillazione atriale
E Pre-eccitazione ventricolare (WPW e correlati)

8 All’ECG una paziente in terapia farmacologica mostra l’intervallo QT corretto per la fre-
quenza cardiaca di 0,5 secondi.
2018

Quale tra i seguenti farmaci può provocare la sindrome del QT lungo acquisita?
A Amiodarone
B Bisoprololo
C Verapamil
D Captopril
E Ivabradina

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Scenario 1
Un medico di Pronto Soccorso sta valutando un uomo di 54 anni che lamenta dolore retroster-
nale. Il dolore non migliora e improvvisamente il paziente perde coscienza.

9 Nella figura il ritmo presente a monitor è [riferita allo scenario 1]:


2018

A tachicardia ventricolare monomorfa


B tachicardia sopraventricolare
C fibrillazione atriale
D tachicardia ventricolare polimorfa
E fibrillazione ventricolare

10 Il trattamento di prima scelta è [riferita allo scenario 1]:


A lidocaina ev
2018

B espansione volemica
C defibrillazione
D manovre vagali
E adrenalina

11 Qual è la causa più comune di tachicardia parossistica sopraventricolare (TPSV)?


A Tachicardia da rientro nodale
2017

B Tachicardia da rientro atrio-ventricolare


C Sindrome di Wolff-Parkinson-White
D Flutter atriale tipico
E Flutter atriale atipico

12 Un uomo di 70 anni, iperteso e fumatore, che ha subito recentemente un intervento di


prostatectomia, richiede assistenza per la comparsa di dispnea da circa 5 ore. Al monitor
2020

del personale dell’ambulanza, la pressione arteriosa è 100/50 mmHg e la saturazione di O2


risulta pari a 88%. Viene inoltre registrato l’elettrocardiogramma mostrato in figura.

Quale è la diagnosi più probabile?


A Embolia polmonare acuta
B Anemizzazione postoperatorial
C Scompenso cardiaco in cardiomiopatia ipertensiva
D Dissecazione aortica
E Sindrome di Brugada

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Scenario 2
All'auscultazione cardiaca, una paziente di 37 anni presenta un soffio meso-telesistolico 3/6
meglio udibile in mesocardio e in corrispondenza dell'apice cardiaco. Il resto dell'esame obiet-
tivo, i parametri vitali e gli esami ematochimici sono nei limiti.

13 Quale condizione è più probabilmente responsabile del quadro della paziente? [Riferita
allo scenario 2]
2017

A Stenosi mitralica
B Dotto di Botallo pervio
C Difetto interventricolare
D Insufficienza aortica
E Insufficienza mitralica

14 La paziente riferisce anche palpitazioni aritmiche. Qual è, con maggiore probabilità, la


patologia aritmica responsabile di tali palpitazioni? [Riferita allo scenario 2]
A Tachicardia da rientro atrio-ventricolare
B Fibrillazione atriale
C Tachicardia da rientro nodale
D Extrasistolia ventricolare complessa
E Fibrillazione ventricolare

15 Una paziente di 80 anni giunge in osservazione per cardiopalmo aritmico e dispnea da


sforzo, in peggioramento da qualche giorno.
2015

Quale è la diagnosi all’ECG?

A Blocco atrioventricolare (AV) di I grado


B Fibrillazione atriale
C Flutter atriale
D Extrasistolia ventricolare
E Nessuna delle altre risposte è corretta

16 Un uomo di 70 anni, in terapia anticoagulante orale con warfarin, giunge all’attenzione


medica chiedendo un’alternativa terapeutica che non richieda un controllo periodico
2020

dell’INR. Ha sentito parlare di nuovi farmaci anticoagulanti orali e vorrebbe sapere se pos-
sono essere utilizzati nel suo caso. Se il paziente presentasse una delle seguenti situazioni
cliniche NON vi sarebbe indicazione al passaggio ai nuovi farmaci: quale?
A Portatore di valvola cardiaca meccanica
B Terapia della tromboembolia polmonare
C Terapia della trombosi venosa profonda
D Fibrillazione atriale cronica
E Prevenzione di una recidiva di trombosi venosa profonda

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17 Una paziente di 76 anni, affetta da ipertensione arteriosa e fibrillazione atriale cronica, in
terapia con amlodipina e warfarin, si presenta in Pronto Soccorso per astenia ingrave-
2014
scente da circa un mese e mezzo.
All’ingresso la paziente presenta pressione arteriosa 135/80 mmHg, frequenza cardiaca
90 bpm (aritmica), frequenza respiratoria 12 atti per minuto, SpO2 95%. L’esame emocro-
mocitometrico mostra: globuli bianchi 7100/mm 3 , globuli rossi 2.810.000/mm 3 , Hb
6,5 g/dL, MCV 68 fL, MCH 19 pg, piastrine 200.000/mm3. Valore di INR 2,4.
Mentre si trova in Pronto Soccorso, la paziente inizia a lamentare cardiopalmo e senso di
nodo alla gola. I parametri vitali si modificano nel seguente modo: pressione arteriosa
118/65 mmHg, frequenza cardiaca (misurata centralmente) 160 bpm, frequenza respirato-
ria 16 atti per minuto, SpO2 94%. L’elettrocardiogramma mostra fibrillazione atriale con
frequenza ventricolare di circa 160 bpm.
Quale dei seguenti provvedimenti può essere opportuno in questa situazione?
A Aumentare la dose di warfarin o somministrare eparina
B Defibrillare
C Somministrare amiodarone endovena
D Mettere la paziente in posizione di Trendelenburg
E Nessuna delle altre risposte è corretta

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Bradiaritmie
Bradicardia sinusale
La bradicardia sinusale è una condizione in cui l’impulso elettrico che depolarizza atri e ventricoli
V nasce dal nodo del seno e segue le normali strutture di conduzione, ma con una frequenza infe-
riore a 60 bpm.

Cause di bradicardia sinusale:


b terapia cronotropa negativa;
b ipotiroidismo;
b ipertensione endocranica (triade di Cushing);
b malattia del nodo del seno;
b malattia di Lyme, brucellosi, tifo, sifilide;
b IMA postero-inferiore (coronaria dx);
b giovani atleti.
Le cause sottostanti non sono sempre patologiche, perché può verificarsi anche a seguito dell’assunzio-
ne di farmaci cronotropi negativi, o essere presente di base in soggetti giovani e sportivi.

Tracciato ECG di bradicardia sinusale

La bradicardia sinusale, infatti, è uno degli elementi caratterizzanti del cosiddetto “cuore d’atleta”, nel
quale è possibile osservare anche altre alterazioni prive di significato patologico, tra cui:
b alterazioni del tratto ST e dell’onda T;
b ipertrofia ventricolare sinistra;
b blocco di branca destra incompleto;
b blocco atrio-ventricolare (BAV) di primo grado.
L’ECG di un paziente con bradicardia sinusale mostra un ritmo sinusale (onde P sinusali) con FC < 60 bpm.

Malattia del nodo del seno (sindrome bradi-tachi)


La malattia del nodo del seno è una condizione di alterata genesi e trasmissione dell’impulso elettrico
dalle strutture sinusali. È dovuta ad alterazioni patologiche del nodo seno-atriale, su base ischemica o de-
generativa (pazienti anziani).
Da un punto di vista clinico si parla di sindrome bradi-tachi, perché i pazienti presentano delle bradiarit-
mie associate a tachicardie sopraventricolari (tachicardia atriale, flutter e FA).
I principali tipi di bradiaritmie che possono essere presenti nella malattia del nodo del seno sono:
b bradicardia sinusale;
b aritmie sinusali non respiratorie: l’aritmia sinusale è caratterizzata da una variabilità dell’intervallo
PP, normalmente in relazione al ciclo respiratorio; fisiologicamente, infatti, si ha un’accelerazione
della frequenza durante l’inspirazione e una decelerazione durante l’espirazione;

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b blocchi seno-atriali, ossia alterazioni nella conduzione dell’impulso elettrico dal NSA agli atri. Se ne
conoscono tre tipi, come per i blocchi atrio-ventricolari, e il blocco seno-atriale di tipo III si manifesta
con una pausa sinusale all’ECG;
b pause o arresti sinusali, con assenza di onde P e del relativo QRS all’ECG.
La malattia del nodo seno-atriale può manifestarsi con episodi di lipotimia o sincope, a causa dell’ipoper-
fusione cerebrale. Una conseguenza estrema dell’ipoperfusione cerebrale protratta è la cosiddetta sin-
drome di Morgagni-Adam-Stokes (MAS), in cui all’aritmia cardiaca (può essere causata da qualsiasi for-
ma di aritmia) si associano crisi epilettiche tonico-cloniche generalizzate e incontinenza sfinterica.

Blocchi atrio-ventricolari (BAV)


I blocchi atrio-ventricolari sono una condizione caratterizzata da un’anomala propagazione dell’impulso
dagli atri ai ventricoli. Possono essere:
b congeniti, in particolare in caso di lupus eritematoso sistemico materno;
b acquisiti, le cui cause principali sono:
d cardiopatia ischemica o cardiomiopatie primitive;
d farmaci antiaritmici o inotropi negativi;
d malattie infettive: malattia di Lyme, sifilide, difterite.
Il BAV si classifica in tre gradi, di progressiva gravità, la cui distinzione è elettrocardiografica:
b il BAV di I grado si caratterizza per un prolungamento costante dell’intervallo PR, che risulta > 200
ms in tutti i battiti. È una condizione benigna e asintomatica, che non richiede terapia.

Tracciato ECG di BAV di I grado


b il BAV di II grado è a sua volta classificabile in due tipi, il Mobitz I e il Mobitz II:
d il Mobitz I si caratterizza per un allungamento progressivo del PR, la cui durata aumenta da un
battito al successivo, fino ad arrivare a un’onda P non condotta. Questo fenomeno è definito
periodismo di Luciani-Wenckebach;

Tracciato ECG di BAV di II grado Mobitz I

d nel Mobitz II si osservano invece delle onde P normalmente condotte alternate a onde P non
condotte, con un rapporto di conduzione AV costante. Nella maggior parte dei casi, il rapporto
di conduzione è 2:1, cioè ogni onda P condotta è seguita da un’onda P non condotta;

Tracciato ECG di BAV di II grado Mobitz II (rapporto AV 3:1)

I BAV di II grado Mobitz I sono meno gravi, e possono non essere trattati se asintomatici (vedi para-
grafo successivo). I Mobitz II, invece, richiedono sempre l’impianto di un PM definitivo;

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b il BAV di III grado o completo si caratterizza per una dissociazione AV completa, ossia nessuno degli
impulsi originati dagli atri è condotto ai ventricoli. All’ECG si osservano onde P non condotte e un
ritmo di scappamento ventricolare, ossia dei complessi QRS slargati che viaggiano a una frequenza
inferiore e indipendente da quella sinusale. Il BAV di terzo grado richiede sempre un trattamento in
acuto (atropina o pacemaker temporaneo) e il successivo impianto di un PM definitivo.

Tracciato ECG di BAV di terzo grado

Distinzione tra blocchi atrio-ventricolari soprahissiani e infrahissiani


Da un punto di vista prognostico, è importante differenziare la sede di origine dei blocchi AV.
La causa ischemica più frequente dei blocchi soprahissiani è l’IMA infero-posteriore, con occlusione
della coronaria destra. Se il blocco è localizzato al di sopra del fascio di His, l’automatismo ventricolare
sarà sostenuto da strutture del nodo AV o del fascio di His stesso. Dunque, all’ECG avremo una frequenza
ventricolare sovrapponibile a quella sinusale (40 - 60 bpm) e QRS stretti.
I blocchi infrahissiani, invece, sono più frequentemente associati a infarti anteriori, perché l’irrorazione
di tale territorio è di pertinenza della discendente anteriore. Il ritmo sostitutivo in questo caso origina dai
ventricoli, dunque all’ECG si osserverà una frequenza ventricolare di circa 30 bpm con QRS slargati.
La distinzione esatta tra blocchi AV sopra e infrahissiani richiede lo studio elettrofisiologico endocavi-
tario. In generale, però, si può dire che i Mobitz I sono quasi sempre soprahissiani, mentre i Mobitz II sono
quasi sempre infrahissiani.

Terapia delle bradiaritmie


Il trattamento delle bradiaritmie è essenzialmente indicato in
due casi: quando l’aritmia è sintomatica e quando, pur essendo
asintomatica, si teme che possa evolvere verso forme più gravi.
La terapia farmacologica per le bradiaritmie ha finalità esclu-
sivamente sintomatica, ed è impiegata solo in contesti di emer-
genza, spesso nell’attesa di impiantare un pacemaker. I farmaci
più utilizzati sono:
b l’atropina, che è un vagolitico e rappresenta il farmaco di
prima scelta. Tuttavia, non ha effetto sui ritmi di scappa-
mento ventricolare e, di conseguenza, nemmeno sui bloc-
chi AV infrahissiani;
b l’isoproterenolo, un beta-stimolante, di seconda scelta.
Un’altra opzione per il trattamento sintomatico acuto è l’im-
pianto di un pacemaker (PM) temporaneo, indicato sia come
terapia ponte nell’attesa del PM definitivo, sia in presenza di Rappresentazione schematica PM
cause ritenute reversibili.
Il PM definitivo, posizionato in sede sottocutanea, permette attraverso dei cateteri la stimolazione di
una o più camere cardiache. I PM, infatti, si distinguono in monocamerali, se stimolano solo i ventricoli, o
bicamerali, se stimolano ventricoli e atri.
Le indicazioni per il posizionamento di un pacemaker definitivo sono:
b bradicardie sintomatiche o con pause sinusali diurne di almeno 3 secondi;
b BAV di II grado Mobitz I, solo se sintomatici o se infrahissiani (raro);
b BAV di II grado Mobitz II e BAV di III grado, anche se asintomatici.

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Quesiti
18 Un paziente paucisintomatico di 78 anni, in corso di autovalutazione della pressione arte-
riosa riscontra una certa irregolarità del battito.
2020

L’ECG mostrato in figura evidenzia:


A ritmo sinusale con blocco atrio-ventricolare di II grado tipo Mobitz I
B ritmo sinusale con blocco atrio-ventricolare di II grado tipo Mobitz II
C ritmo sinusale con extrasistolia atriale bloccata
D ritmo sinusale con blocco atrio-ventricolare avanzato
E ritmo sinusale con emiblocco fascicolare

19 Un paziente di 78 anni viene valutato per possibile impianto di pacemaker.


Quale tra le seguenti costituisce un’indicazione certa all’impianto di pacemaker in caso di
2019

blocco atrio-ventricolare (AV)?


A Malattie neuromuscolari con blocco AV di I grado
B Blocco AV di I grado
C Blocco AV da malattia di Lyme
D Blocco AV di II grado tipo 1 asintomatico
E Blocco AV di III grado o di II grado avanzato associato a una pausa sistolica di almeno 5
secondi

20 Un paziente di 49 anni in corso di induzione di anestesia generale per colecistectomia pre-


senta bradicardia grave.
2019

Che cosa è indicato somministrare?


A Betametasone
B Fentanil
C Atropina
D Propofol
E Atenololo

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Risposte esatte dei quesiti
Nº quesito Risposta esatta

1 D

2 B

3 A

4 C

5 A

6 B

7 E

8 A

9 D

10 C

11 A

12 A

13 E

14 B

15 B

16 A

17 C

18 A

19 E

20 C

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