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ARITMIE CO
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e sarà perseguito ogni altro uso
di questo materiale compresa la sua riproduzione,
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se sprovvista di autorizzazione scritta di Alpha Test.
Derivazioni
Le 12 derivazioni di un comune ECG possono essere immaginate come diverse angolazioni a partire dalle
quali è possibile osservare l’attività elettrica cardiaca. In linea di massima, ciascuna derivazione avrà onde
positive se gli impulsi elettrici depolarizzanti si avvicinano a essa, onde negative se gli stessi impulsi de-
polarizzanti si allontanano. Per gli impulsi elettrici ripolarizzanti vale il principio opposto: una corrente ri-
polarizzante in avvicinamento produce una deflessione negativa, mentre una corrente ripolarizzante in
allontanamento produce una deflessione positiva.
A seconda del piano lungo il quale viene visualizzata la propagazione dell’impulso, si distinguono le de-
rivazioni periferiche (6) da quelle precordiali (6).
Derivazioni precordiali
Le derivazioni precordiali si ottengono invece posizionando 6 elet-
trodi sulla parete toracica anteriore, in posizione corrispondente
esattamente alle 6 derivazioni.
Le derivazioni precordiali studiano l’attività elettrica cardia-
V ca sul piano trasversale, valutando la propagazione
dell’impulso in direzione antero-posteriore e latero-laterale.
Sono:
b V1, nel quarto spazio intercostale sulla linea parasternale
destra;
b V2, nel quarto spazio intercostale sulla linea parasternale sini-
stra;
b V3, tra V2 e V4;
b V4, nel quinto spazio intercostale sulla linea medio-claveare;
b V5, tra V4 e V6;
b V6, nel quinto spazio intercostale sulla linea ascellare media. cvphysiology.com
Derivazioni precordiali
Onda P e intervallo PR
Onda P
L’onda P riflette la depolarizzazione atriale, che origina dal nodo seno-atriale (localizzato nella parte al-
ta dell’atrio destro). Come conseguenza, il vettore di depolarizzazione atriale ha direzione da destra verso
sinistra e dall’alto verso il basso. L’onda P normale è detta sinusale, perché riflette l’origine dell’impulso
elettrico dal NSA. Per valutarne la morfologia, bisogna considerare due derivazioni in particolare:
b DII, in cui l’onda P ha ampiezza massima, perché tale derivazione è localizzata in posizione ideale per
ricevere l’impulso elettrico che viaggia dall’alto in basso e da destra a sinistra;
b V1, in cui l’onda P è isodifasica, ovvero con un picco positivo e un picco negativo. V1, infatti, è orien-
tata perpendicolarmente alla direzione del vettore di depolarizzazione atriale.
L’ampiezza massima dell’onda P (solitamente rilevata in DII) si mantiene inferiore a 0,25 mV in condizioni
normali.
Intervallo PR
L’intervallo PR corrisponde al ritardo di conduzione che si verifica in corrispondenza del NAV: rappre-
senta, dunque, l’intervallo di tempo che intercorre tra la fine della depolarizzazione atriale e l’inizio della
depolarizzazione ventricolare. La durata normale del PR oscilla tra 0,12 e 0,2 secondi (ovvero tra 3 e 5
quadrati piccoli sul tracciato).
La durata normale del QRS, invece, è compresa tra 0,04 e 0,12 secondi in tutte le derivazioni.
Intervallo ST e onda T
Intervallo ST
L’intervallo ST rappresenta il tempo che intercorre tra la fine della depolarizzazione e l’inizio della ripola-
rizzazione ventricolare. In condizioni normali, è orizzontale in tutte le derivazioni.
Onda T
L’onda T indica la ripolarizzazione ventricolare, che avviene secondo un vettore con direzione uguale
e opposta rispetto al vettore di depolarizzazione. Poiché un’onda di ripolarizzazione in allontanamento
si traduce in una deflessione positiva all’ECG e viceversa, l’onda T in condizioni normali ha la stessa po-
larità del QRS che la precede. L’ampiezza delle onde T è molto variabile e dipende da numerosi fattori
(ormonali, neurologici, elettrolitici); in linea di massima, è compresa tra un terzo e due terzi dell’ampiezza
dell’onda R precedente.
Frequenza e ritmo
La frequenza cardiaca media (compresa tra 60 e 100 bpm, in caso di ritmo sinusale) può essere
V calcolata approssimativamente secondo la formula:
FC = 300/numero di quadrati grandi tra due onde R consecutive
Emiblocchi
La branca sinistra del fascio di His è costituita da un fascicolo anteriore e uno posteriore: il blocco della
conduzione attraverso uno solo di questi due fascicoli definisce un emiblocco.
b L’emiblocco anteriore sinistro può essere osservato anche in cuori sani, e si manifesta con una
deviazione assiale sinistra;
b L’emiblocco posteriore sinistro si riscontra quasi esclusivamente in cuori malati, e si presenta con
una deviazione assiale destra.
Alterazioni elettrolitiche
Iperpotassiemia
L’iperpotassiemia provoca alterazioni elettrocardiografiche progressive, che sono, nell’ordine:
b onde T appuntite, con aspetto a tenda, perché l’incremento del potassio sierico determina un
aumento della velocità di ripolarizzazione;
b prolungamento dell’intervallo PR e appiattimento dell’onda P;
b slargamento del QRS (durata aumentata);
b fibrillazione ventricolare.
Ipopotassiemia
L’ipopotassiemia causa le seguenti alterazioni elettrocardiografiche, che insorgono senza un ordine tem-
porale specifico:
b sottoslivellamento del tratto ST;
b appiattimento dell’onda T;
b comparsa dell’onda U: l’onda U è un’onda che appare subito dopo l’onda T, con
la quale condivide la polarità, e dal significato fisiologico sconosciuto; non è
patognomonica di ipopotassiemia, perché si riscontra anche in altre condizioni
(patologia del sistema nervoso centrale, assunzione di antiaritmici);
b allungamento del QT, che espone a rischio di tachicardie ventricolari poli- Onda U
morfe (torsione di punta) potenzialmente letali. di ipopotassiemia
Ipotermia
In caso di ipotermia grave (temperatura < 30 °C) si possono osservare i seguenti
cambiamenti:
b bradicardia sinusale, con prolungamento potenziale di tutti gli intervalli (PR,
ST, QRS);
b onda J di Osborn, ossia sopraslivellamento del tratto ST con brusca risalita
nel punto J (punto di connessione tra QRS e ST) e successiva discesa;
b aritmie di vario tipo, tra cui la più comune è una FA a lenta risposta ventricolare;
b artefatti da tremore muscolare. Onda J di ipotermia
Intossicazione digitalica
In tutti i pazienti che assumono digitale, anche a livelli terapeutici e non tossici, si osservano alterazioni a
carico del tratto ST e dell’onda T:
b sottoslivellamento del tratto ST a concavità discendente;
b appiattimento o inversione dell’onda T.
Entrambe queste alterazioni, che definiscono il cosiddetto effetto digitalico, sono più pronunciate nelle
derivazioni con onda R più ampia.
L’intossicazione digitalica, invece, può causare le seguenti alterazioni:
b prolungamento dell’intervallo PR;
b BAV di I, II o III grado, dovuto all’effetto cronotropo negativo della digitale;
b tachiaritmie, le più comuni delle quali sono extrasistoli ventricolari, ritmo giunzionale e tachicardia
atriale parossistica;
b disturbi del ritmo combinati, come la tachicardia atriale parossistica associata a BAV di II grado,
in assoluto il disturbo del rimo più caratteristico dell’intossicazione digitalica.
b Asse elettrico cardiaco: polarità QRS in DI e aVF sono presenti deviazioni assiali?
b Depolarizzazione ventricolare
d durata QRS blocchi di branca?
d ampiezza QRS ipertrofia ventricolare?
d progressione onda R in precordiali blocchi di branca?
d onde Q patologiche pregressi infarti?
b Ripolarizzazione ventricolare
b Intervallo ST
d sopraslivellato STEMI? Pericardite? Brugada? Pattern ripolarizzazione precoce?
d sottoslivellato NSTEMI? Squilibri elettrolitici? Alterazioni aspecifiche ripolarizzazione?
b Onda T
d polarità invertita? alterazioni aspecifiche ripolarizzazione? Embolia polmonare? Altro?
d ampiezza (appuntita, appiattita) squilibri elettrolitici?
1 Un paziente di 55 anni si presenta in Pronto Soccorso per dolore toracico oppressivo, irra-
diato alla mandibola, insorto da 30 minuti circa. Viene eseguito l’elettrocardiogramma.
2014
Le tachiaritmie si classificano in sopraventricolari o ventricolari, a seconda della loro origine, con le secon-
de più gravi delle prime.
La presenza di tachiaritmia va sospettata a fronte di vari sintomi, il più comune dei quali è rappresentato
dalle palpitazioni, ossia dalla percezione soggettiva del battito cardiaco accelerato. Altri sintomi poten-
zialmente presenti sono la dispnea e la sincope, quest’ultima soprattutto nelle tachiaritmie ventricolari,
che si associano a rischio di morte cardiaca improvvisa. L’elevata frequenza cardiaca può comportare
inoltre una ridotta perfusione coronarica (tachiangina), a causa della riduzione della fase di diastole e, a
lungo andare, una disfunzione ventricolare (tachicardiomiopatia).
L’esame diagnostico di prima scelta a fronte di un sospetto aritmico è rappresentato dall’ECG
M Holter delle 24 ore.
Farmaci antiaritmici
Per capire il meccanismo d’azione delle varie classi di farmaci antiaritmici, riassumiamo in breve le fasi del
ciclo elettrico dei miocardiociti:
b fase 0 (depolarizzazione rapida):
apertura dei canali del Na+ vol-
taggio-dipendenti, che favori-
sce il superamento della soglia
per la generazione di un poten-
ziale d’azione;
b fase 1 (ripolarizzazione precoce):
apertura dei canali K+ voltaggio-
dipendenti, che determina l’ini-
zio della ripolarizzazione;
b fase 2 (plateau): la corrente del
K+ in uscita è bilanciata da una
corrente di Ca2+ (canali lenti di
tipo L) in entrata;
b fase 3 (ripolarizzazione rapida):
i canali del Ca 2+ si chiudono
mentre quelli del K + restano
aperti, così si completa la ripo-
Potenziale d’azione cardiaco
larizzazione;
b fase 4: solo nei cosiddetti miocardiociti specifici (presenti nelle strutture deputate alla genesi
dell’impulso elettrico), l’apertura di canali cationici (Na+, Ca2+) impedisce il mantenimento del
potenziale di membrana a – 90 mV e favorisce la genesi di nuovi potenziali d’azione in maniera
ciclica, sotto controllo del parasimpatico: questo meccanismo è alla base dell’automatismo cardiaco.
Classe II
Alla classe II appartengono i beta-bloccanti, che hanno azione cronotropa negativa e sono spesso il pri-
mo farmaco utilizzato per il controllo dei sintomi e della frequenza cardiaca nei pazienti con aritmie so-
praventricolari.
Classe III
I farmaci di classe III bloccano la corrente ripolarizzante al K+, prolungando così la durata della fase di de-
polarizzazione in cui la cellula non è eccitabile.
b Amiodarone
d indicazioni: controllo ritmo in FA, aritmie postinfarto, TV/FV senza polso;
d effetti collaterali: tossicità tiroidea (sia iper- che ipotiroidismo), fibrosi polmonare, allungamento
QT, depositi corneali (cornea verticillata), epatotossicità.
b Sotalolo
d determina anch’esso allungamento del QT. A volte viene utilizzato nella FA perché permette un
controllo sia del ritmo sia della frequenza, essendo un particolare tipo di beta-bloccante; tutta-
via, alcuni studi hanno dimostrato che il suo utilizzo incrementa la mortalità;
b Dronedarone
d farmaco molto simile all’amiodarone, ma privo dei suoi effetti collaterali extracardiaci. È un far-
maco molto sicuro, ma non può essere utilizzato in caso di disfunzione ventricolare sistolica
(FE < 40%). Costituisce pertanto una valida opzione per il controllo del ritmo nei pazienti con FA
e normale funzione ventricolare o scompenso a FE conservata.
Classe IV
Alla classe IV appartengono i calcio-antagonisti non diidropiridinici, verapamil e diltiazem, utilizzati in
alternativa ai beta-bloccanti per il controllo della frequenza nelle aritmie sopraventricolari.
L’aspetto più importante nella valutazione di un’extrasistole è capirne l’origine: questo permette infatti di
stabilirne la gravità e la successiva gestione del paziente. Si distinguono:
b extrasistoli atriali, riconoscibili all’ECG per la presenza di un QRS stretto (< 120 ms) preceduto da
un’onda P a morfologia non sinusale. Esse originano, infatti, da una porzione di atrio diversa dal
nodo seno-atriale. Le extrasistoli atriali sono seguite da una pausa non compensatoria, ossia l’inter-
vallo tra le due P sinusali che precedono e seguono l’extrasistole è inferiore al doppio dell’intervallo
PP dello stesso tracciato;
b extrasistoli giunzionali, che si distinguono per un QRS stretto solitamente non preceduto da onde
P. Originano dalla giunzione AV (nodo AV e fascio di His);
b extrasistoli ventricolari, che presentano un QRS slargato (> 120 ms). Esse originano dal miocardio
ventricolare e costituiscono la forma di aritmia più frequente in assoluto. Ciascuna extrasistole ven-
tricolare depolarizza e resetta del tutto il nodo seno-atriale, per cui è seguita da una pausa compen-
satoria (intervallo tra P precedente e seguente = doppio intervallo PP).
Le extrasistoli atriali e giunzionali sono fenomeni benigni e relativamente comuni; si trattano solo se for-
temente sintomatiche, solitamente con beta-bloccanti. In caso di extrasistoli ventricolari, invece, la tera-
pia beta-bloccante può essere indicata anche in assenza di sintomi in presenza di extrasistoli cosiddette
complesse (per esempio se sono così precoci da sovrapporsi al battito precedente, generando il fenome-
no della R su T alla base di aritmie ventricolari come la torsione di punta) e/o di pazienti con cardiopatia
strutturale. In ogni caso, dinnanzi a extrasistoli ventricolari frequenti è indicato uno studio diagnostico
accurato del paziente per identificarne la causa sottostante.
Tachicardia sinusale
RR regolare TPSV
QRS stretto Flutter atriale
Aritmie
sopraventricolari
Tachicardia atriale multifocale
RR irregolare
FA
Aberranza
Aritmie
sopraventricolari
TPSV con rientro antidromico
QRS largo
Monomorfa RIVA
Tachicardia
ventricolare FV?
Polimorfa
Torsione di punta
Algoritmo diagnostico delle tachiaritmie
Aritmie sopraventricolari
Le aritmie sopraventricolari si caratterizzano in generale per la presenza all’ECG di un QRS stretto,
M perché il focus dal quale origina il ritmo ectopico è atriale o giunzionale.
Poiché molto spesso a frequenze elevate può essere difficile riconoscere i pattern elettrocardiografici
specifici, uno strumento utile nella diagnosi differenziale tra le diverse aritmie è rappresentato dalle ma-
novre vagali. Le manovre vagali hanno l’obiettivo di rallentare la conduzione atrio-ventricolare, mediata
appunto dal parasimpatico; così facendo, hanno un ruolo diagnostico e a volte anche terapeutico. Le più
utilizzate sono:
b il massaggio del seno carotideo, effettuato esercitando una pressione continua in corrispondenza
di una delle due arterie carotidi per circa 10 secondi. Così facendo, vengono attivati i barocettori
carotidei, generando bradicardia e ipotensione riflessa. Il massaggio andrebbe evitato nei pazienti
con sospetta ateromasia carotidea;
b la manovra di Valsalva, consistente in un’espirazione forzata a glottide chiusa. Questa manovra
determina in una prima fase una riduzione del ritorno venoso al cuore destro (ridotto precarico), per
aumento della pressione intratoracica; nella successiva fase di rilascio, tuttavia, l’aumento della git-
tata cardiaca e il crollo delle resistenze periferiche favoriscono una bradicardia riflessa.
La gestione terapeutica è simile per le diverse forme di aritmia sopraventricolare. In caso di instabilità
emodinamica è sempre indicata la cardioversione elettrica urgente. Con paziente stabile emodinami-
camente, se le manovre vagali non sono sufficienti, i farmaci indicati sono:
b adenosina ev, che rallenta la conduzione atrio-ventricolare, ma non His-ventricolo. Induce, dunque,
un blocco AV che ostacola la tachiaritmia. Rappresenta la prima scelta farmacologica dopo le mano-
vre vagali e, come queste, permette anche un migliore inquadramento diagnostico dell’aritmia;
b calcio-antagonisti (verapamil e diltiazem) e beta-bloccanti (esmololo e metoprololo) ev, sommini-
strati solitamente in caso di inefficacia sia delle manovre vagali sia dell’adenosina.
La cardioversione elettrica può essere effettuata anche nei pazienti emodinamicamente stabili, princi-
palmente in caso di refrattarietà ai farmaci, ma a volte anche come prima scelta.
Tachicardia sinusale
V La tachicardia sinusale è caratterizzata dalla presenza di un ritmo sinusale a frequenza > 100 bpm.
È un fenomeno parafisiologico più che patologico, secondario a svariate cause, tra cui febbre, stress, eser-
cizio fisico, gravidanza, ansia ecc. Il primo step nella gestione terapeutica è dunque rappresentato dalla
correzione delle cause scatenanti. Raramente la tachicardia sinusale porta a instabilità emodinamica.
Tachicardia atriale
Nella tachicardia atriale focale è presente un focus ectopico localizzato in atrio in una posizione diversa
rispetto al nodo seno-atriale. All’ECG si osserverà un QRS stretto e un intervallo RR regolare; non saranno
tuttavia presenti delle onde P sinusali, ma delle onde P’ di morfologia diversa. Le manovre di stimolazione
vagale, rallentando la frequenza cardiaca ventricolare ma non quella atriale, permettono di distinguere
la morfologia delle P’ e di confermare la diagnosi. La gestione terapeutica in acuto è la stessa vista in ge-
nerale per le aritmie sopraventricolari. In caso di episodi ricorrenti, si può valutare insieme al paziente se
impostare una terapia cronica con BB o CCB o eseguire un’ablazione tramite catetere del focus ectopico,
previa identificazione tramite studio elettrofisiologico.
Nella tachicardia atriale multifocale i foci ectopici sono almeno 3. All’ECG, dunque, avremo QRS stretti
ma intervallo RR irregolare, e almeno tre morfologie diverse di onda P’. La diagnosi differenziale con la FA,
molto specialistica, si basa sulla presenza di un intervallo isoelettrico tra le onde P’, assente invece tra le
onde f di FA. La tachicardia atriale multifocale è quasi sempre associata a cardiopatie strutturali di varia
natura, dunque il trattamento prioritario è quello eziologico; il trattamento antiaritmico, invece, ha utilità
minore che nelle altre aritmie sopraventricolari.
La tachicardia parossistica AV da rientro nodale (AVNRT) si presenta tipicamente in soggetti di età giova-
ne/adulta, senza cardiopatie strutturali. Il rientro è dovuto alla presenza di due vie di conduzione nel nodo AV:
b una via rapida, che conduce l’impulso più rapidamente ma ha un periodo refrattario più lungo;
b una via lenta, ma con periodo refrattario più breve.
Con il termine sindrome di Wolff-Parkinson-White si intende l’associazione tra un quadro basale di pre-
eccitazione ventricolare ed episodi ripetuti di tachiaritmia, in pazienti con una via accessoria. È una causa
di tachicardia parossistica sopraventricolare che va sospettata soprattutto in pazienti in età adolescen-
ziale o preadolescenziale.
Le tachiaritmie associate alla sindrome di Wolff-Parkinson-White sono tre:
b AVRT ortodromica, se l’impulso viene condotto dagli atri ai ventricoli tramite la via classica (nodo
AV) per poi rientrare dai ventricoli agli atri tramite la via accessoria. All’ECG avremo un QRS stretto,
dato che la depolarizzazione ventricolare è gestita dalla via classica. La gestione terapeutica in acuto
è la stessa vista per la AVNRT e per le aritmie sopraventricolari in generale;
b AVRT antidromica, se l’impulso viene condotto dagli atri ai ventricoli tramite la via accessoria, per
poi rientrare tramite il nodo AV. In questo caso si osserverà un QRS slargato, perché il ventricolo è
interamente depolarizzato tramite pre-eccitazione. Se tale aritmia determina instabilità emodina-
mica, è indicata la cardioversione elettrica. In pazienti emodinamicamente stabili e che non rispon-
dono alle manovre vagali, invece, non sono indicati beta-bloccanti e calcio-antagonisti, ma altri
antiaritmici quali: ibutilide, procainamide, propafenone o flecainide;
b fibrillazione atriale pre-eccitata, che insorge almeno una volta in quasi il 50% dei pazienti con
WPW. Il circuito di rientro, infatti, può fungere da trigger per la FA; la FA pre-eccitata è potenzial-
mente più pericolosa rispetto a una FA classica. Infatti, se il circuito di rientro è condotto in direzione
antidromica e la conduzione atrio-ventricolare avviene attraverso la via accessoria, che ha un
Il trattamento definitivo della sindrome di WPW è l’ablazione tramite catetere della via accessoria. Va
adottato nei pazienti con episodi di aritmia sintomatici, e in quelli asintomatici ma ritenuti ad alto rischio
(valutato sulla base di dati clinico-anamnestici ed elettrofisiologici).
Flutter atriale
Il flutter atriale è una tachiaritmia che origina dall’atrio destro, in particolare da un circuito di rientro lo-
calizzato solitamente nell’istmo cavo-tricuspidalico, ossia tra lo sbocco delle vene cave e la valvola tri-
cuspide. Il flutter è un’aritmia che si verifica in genere in presenza di alterazioni strutturali della parete
atriale, per lo più associate a dilatazione degli atri; in particolare, una causa comune di dilatazione atriale
destra, e quindi di flutter, è la BPCO.
Nella maggior parte dei casi l’origine del circuito di rientro è nell’istmo cavo-tricuspidalico e si par-
V la di flutter tipico; in caso di altra localizzazione, si parla invece di flutter atipico.
La gestione del flutter atriale nel setting acuto può avvalersi sia di una strategia di controllo della frequen-
za sia di una strategia di controllo del ritmo, come vedremo per la FA. La strategia di controllo del ritmo
include la cardioversione elettrica (di prima scelta e da fare in urgenza in caso di instabilità emodinamica)
e quella farmacologica, tramite ibutilide (prima scelta) o amiodarone. Per il controllo della frequenza,
invece, si utilizzano beta-bloccanti e calcio-antagonisti non diidropiridinici.
Per il trattamento definitivo dell’aritmia, è prevista l’ablazione tramite catetere del circuito di rientro,
da valutare a seconda della frequenza degli episodi e delle preferenze del paziente.
Manifestazioni cliniche
Oltre ai possibili sintomi aritmici, trattati nella sezione iniziale, la FA si associa a un aumentato rischio di
sviluppare svariate complicanze, non solo a livello cardiaco. In particolare:
b aumentato rischio di mortalità per cause cardiovascolari e non;
b stroke: la FA è responsabile del 30% di tutti gli stroke ischemici e del 10% circa degli stroke criptoge-
nici. L’attivazione caotica degli atri, in particolare il sinistro, causa infatti un flusso turbolento che
favorisce l’embolizzazione in direzione di flusso verso le arterie carotidi;
b disfunzione ventricolare sinistra, dovuta sia alla tachicardiomiopatia sia alla contrazione ventrico-
lare irregolare. Il nesso che lega FA e scompenso è duplice: da una parte, lo scompenso è una delle
principali cause predisponenti all’insorgenza di FA; dall’altra, una FA cronica determina scompenso;
b demenza vascolare, dovuta a microembolismi a livello della sostanza bianca;
b depressione, dovuta sia ai sintomi di FA sia agli effetti collaterali dei farmaci;
b riduzione generica della qualità della vita;
b aumentato rischio di ospedalizzazioni per cause cardiovascolari o per complicanze legate al tratta-
mento.
Classificazione
La più recente classificazione delle linee guida ESC 2020 include cinque tipi di FA:
b prima diagnosi di FA, indipendentemente dalla durata e dalla presenza/gravità dei sintomi;
b FA parossistica, che termina entro 7 giorni, spontaneamente o a seguito di intervento di cardiover-
sione;
b FA persistente, che si mantiene sostenuta per più di 7 giorni. In questa categoria rientrano quindi
anche gli episodi di FA cardiovertiti dopo più di 7 giorni dall’esordio;
Tracciato ECG di FA
L’esame diagnostico fondamentale per porre diagnosi di FA è in ogni caso l’ECG a 12 derivazioni. La FA
appare come una tachiaritmia a QRS stretto e ritmo irregolare, dovuto alla compresenza di multipli foco-
lai di attivazione atriale disorganizzati. Non si osservano onde P ma solo deflessioni della linea isoelettrica
tra i vari complessi QRS, che prendono il nome di onde f e viaggiano a una frequenza altissima, fino a 600
bpm. La frequenza ventricolare è variabile a seconda del rapporto di conduzione atrio-ventricolare.
Nei pazienti con FA valvolare (protesi valvolari meccaniche o stenosi mitralica moderato-severa), la tera-
pia anticoagulante è indicata indipendentemente dal CHA2DS2VASc e con gli antagonisti della vitamina
K (warfarin). In tutti gli altri, occorre calcolare il CHA2DS2VASc:
CHA2DS2VASc
Age 65 - 74 years 1
Max 9/10
b Nei pazienti a rischio embolico basso (punteggio 1 nelle donne e punteggio 0 negli uomini), non è
indicata alcuna terapia anticoagulante;
b nei pazienti con punteggio 2 (se donne) e punteggio 1 (se uomini) la terapia anticoagulante è consi-
gliata;
b nei pazienti con punteggio 3 se donne e 2 se uomini, la terapia è raccomandata.
I farmaci anticoagulanti di prima scelta nei pazienti con FA non valvolare, in assenza di controindicazioni
specifiche (per esempio insufficienza renale) sono i NAO.
Esistono poi una serie di score di rischio emorragico, il più importante dei quali nella FA è l’HAS-BLED
(uncontrolled Hypertension, Abnormal renal and/or hepatic function, Stroke, Bleeding history, Labile
INR, Elderly, Drugs or excessive alcohol drinking). In presenza di un HAS-BLED 3 occorre seguire il pa-
ziente con follow-up regolari e cercare di eliminare il più possibile i fattori di rischio emorragici; gli score
emorragici alti, tuttavia, non rappresentano un’indicazione per interrompere la terapia anticoagulante.
Le strategie di controllo del ritmo hanno come obiettivi da una parte il ripristino di un ritmo sinusale nei
pazienti con FA, tramite cardioversione elettrica o farmacologica, dall’altra la prevenzione di nuovi episo-
di, tramite terapia antiaritmica cronica o ablazione delle vene polmonari.
Cardioversione
La cardioversione elettrica utilizzata nella FA è sincrona, cioè con scariche sincronizzate con il QRS del
paziente, e viene eseguita con defibrillatori bifasici che emettono un’energia di 100 J. La cardioversione
elettrica è sempre indicata in urgenza nei pazienti con FA e instabilità emodinamica. Nei pazienti stabili,
invece, si può valutare se fare una cardioversione elettrica o farmacologica, e se eseguirla in regime di ur-
genza o di elezione.
La cardioversione farmacologica prevede la somministrazione endovenosa di vernakalant, propafeno-
ne o flecainide, come farmaci di prima scelta, e di amiodarone nei pazienti con scompenso cardiaco e car-
diopatie strutturali. Il vernakalant è un farmaco antiaritmico recente, che agisce bloccando sia i canali del
Na+ sia quelli del K+. Tra tutti quelli disponibili, è il farmaco che permette di ottenere la cardioversione
più rapida. Il suo uso è però attualmente controindicato in pazienti con scompenso (NYHA III o IV), stenosi
aortica severa, allungamento del QT, SCA nel mese precedente e ipotensione arteriosa.
Il ripristino del ritmo sinusale, sia tramite cardioversione elettrica sia tramite quella farmacologica, po-
trebbe esporre il paziente a un rischio di embolia sistemica, in caso di FA di lunga durata e qualora fosse
presente un trombo in atrio sinistro. Per tale motivo, nei pazienti emodinamicamente stabili, è fonda-
mentale avviare una terapia anticoagulante e valutare quando è insorta la FA prima di procedere a car-
dioversione:
b se il paziente era già in terapia anticoagulante cronica (OAC), allora si può procedere a cardiover-
sione immediata;
b se il paziente non era in OAC ma l’inizio della FA è riferito nelle 48 ore precedenti, si può procedere
anche in questo caso a cardioversione immediata;
b se il paziente non era in OAC e l’episodio di FA è iniziato da più di 48 ore, o non è possibile datarne
l’inizio con certezza, allora vi sono due possibilità:
d se l’esame è disponibile in tempi brevi, si esegue un ecocardiogramma transesofageo. Se que-
sto esclude trombi in atrio sinistro, si può eseguire una cardioversione immediata. In caso con-
trario, bisogna aspettare almeno 3 settimane dall’inizio della terapia anticoagulante;
d se l’ecocardiogramma transesofageo non è disponibile, bisogna avviare la terapia anticoagu-
lante e attendere almeno 3 settimane prima di cardiovertire.
I farmaci anticoagulanti di prima scelta sono, anche in questo contesto, i NAO. Subito dopo la cardiover-
sione occorre calcolare il CHA2DS2VASc per definire la durata della terapia anticoagulante:
b se il punteggio è 1 negli uomini e 2 nelle donne, l’OAC va proseguita a vita;
b se il punteggio è 0 negli uomini e 1 nelle donne, l’indicazione generale è quella di proseguire l’OAC
per 4 settimane dalla cardioversione. In caso di cardioversione immediata dopo FA insorta da meno
di 24 ore, però, è possibile addirittura non avviare la terapia anticoagulante.
L’opzione di ultima scelta per il controllo della frequenza è l’ablazione del nodo atrio-ventricolare, in
modo da isolare gli atri dai ventricoli; si rende ovviamente necessario anche l’impianto di un pacemaker
ventricolare a vita. Questo intervento è indicato in pazienti non responsivi a nessun’altra terapia di con-
trollo della frequenza e del ritmo, e che acconsentano a portare un pacemaker a vita.
Flow-chart riassuntive
Sì No
Stabilità emodinamica?
Sì No
Insorgenza da > 48h o non databile?
Normale
Eco TEE CV elettrica o farmacologica CV elettrica
Trombi ASx
= 0/1 ≥ 1/2
OAC per almeno 3 settimane CHA2DS2VASc
Sì No
FA < 24? OAC a vita
Controindicazioni?
FA cronica
Sì No
Paziente candidabile a rythm control?
Sì No
Primo episodio? Rate control
Sì Sì No
Pill in the pocket Sintomi lievi? HFrEF?
No
BB o digitale o amiodarone BB o CCB
Ablazione NAV + PM
B Ipernatriemia, ipercloremia
C Ipercalcemia, iperkaliemia
D Ipocalcemia, ipokaliemia
E L’intervallo QT non è influenzato dalle concentrazioni elettrolitiche
A TC coronarica
B ECG dinamico secondo Holter
C PET cardiaca
D Monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa per 24 ore
E Ecocardiogramma da sforzo
7 All’ECG viene misurato un QRS di durata > 120 ms. In normofrequenza (60 - 90 bpm), qual
è una possibile causa di QRS largo?
2018
8 All’ECG una paziente in terapia farmacologica mostra l’intervallo QT corretto per la fre-
quenza cardiaca di 0,5 secondi.
2018
Quale tra i seguenti farmaci può provocare la sindrome del QT lungo acquisita?
A Amiodarone
B Bisoprololo
C Verapamil
D Captopril
E Ivabradina
B espansione volemica
C defibrillazione
D manovre vagali
E adrenalina
13 Quale condizione è più probabilmente responsabile del quadro della paziente? [Riferita
allo scenario 2]
2017
A Stenosi mitralica
B Dotto di Botallo pervio
C Difetto interventricolare
D Insufficienza aortica
E Insufficienza mitralica
dell’INR. Ha sentito parlare di nuovi farmaci anticoagulanti orali e vorrebbe sapere se pos-
sono essere utilizzati nel suo caso. Se il paziente presentasse una delle seguenti situazioni
cliniche NON vi sarebbe indicazione al passaggio ai nuovi farmaci: quale?
A Portatore di valvola cardiaca meccanica
B Terapia della tromboembolia polmonare
C Terapia della trombosi venosa profonda
D Fibrillazione atriale cronica
E Prevenzione di una recidiva di trombosi venosa profonda
La bradicardia sinusale, infatti, è uno degli elementi caratterizzanti del cosiddetto “cuore d’atleta”, nel
quale è possibile osservare anche altre alterazioni prive di significato patologico, tra cui:
b alterazioni del tratto ST e dell’onda T;
b ipertrofia ventricolare sinistra;
b blocco di branca destra incompleto;
b blocco atrio-ventricolare (BAV) di primo grado.
L’ECG di un paziente con bradicardia sinusale mostra un ritmo sinusale (onde P sinusali) con FC < 60 bpm.
d nel Mobitz II si osservano invece delle onde P normalmente condotte alternate a onde P non
condotte, con un rapporto di conduzione AV costante. Nella maggior parte dei casi, il rapporto
di conduzione è 2:1, cioè ogni onda P condotta è seguita da un’onda P non condotta;
I BAV di II grado Mobitz I sono meno gravi, e possono non essere trattati se asintomatici (vedi para-
grafo successivo). I Mobitz II, invece, richiedono sempre l’impianto di un PM definitivo;
1 D
2 B
3 A
4 C
5 A
6 B
7 E
8 A
9 D
10 C
11 A
12 A
13 E
14 B
15 B
16 A
17 C
18 A
19 E
20 C