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Foscolo e I Sepolcri

Nel 1806, in occasione


dell’estensione all’Italia
dell’editto di Saint-Cloud
(emanato nel 1804 a Parigi),
che perseguiva l’uguaglianza
sociale e la tutela della salute
dei cittadini tramite
l’imposizione di lapidi
tutte uguali e lo
spostamento delle
sepolture al di fuori dei
centri abitati, si generò un
ampio dibattito in tutta
Europa. Foscolo e altri
intellettuali (come Ippolito
Pindemonte, il dedicatario
dell’opera fosco liana, che
aveva progettato a sua volta
un poemetto dal titolo I
cimiteri, in perfetta linea con
la moda del tempo)
espressero pareri spesso
discordanti sull’opportunità
di tale legislazione. In qualche modo, I Sepolcri furono il punto di arrivo della
riflessione foscoliana, che prende le mosse da un fatto di cronaca per risalire a
tematiche di maggiore pregnanza, come il senso della vita e della morte, il ruolo
civile e sociale delle sepolture, la funzione della memoria e dell’arte come
unica àncora di salvezza in una visione laica e immanente. Scritti in pochi mesi, i
Sepolcri furono pubblicati nel 1807.
Il carme (così Foscolo stesso definisce il lungo componimento; già in questa scelta è
visibile un tributo alla poesia classica) è composto di 295 endecasillabi sciolti, divisibili
per i temi trattati. Foscolo ne suggerisce una “tessitura” quadripartita (vv. 1-90;
91150; 151-212; 213-295) in risposta alle critiche sulle “difficoltà” del testo mossegli
dall’Abate francese Guillon in un articolo del giugno 1807.

L’esergo
Deorum Manium iura santa sunto
Siano sacri i diritti degli dei Mani
La celebre espressione, presente già nelle XII tavole, sancisce secondo Cicerone che la
riporta nel De legibus, la sacralità dei diritti o dei giuramenti prestati in nome
dei Mani, gli dei dell’Oltretomba pagano.
La scelta dell’autore di premetterla al carme tende a sgombrare il campo da possibili
aspettative errate, nate a seguito della posizione, pubblicamente espressa, contraria
alle sepolture solenni.

Struttura e contenuti dell’opera


Sinteticamente, i temi affrontati nel carme sono i seguenti:
vv. 1-90: Riflessione sull’utilità delle tombe; dopo un dubbio iniziale, tra la
posizione critica che Foscolo difese appassionatamente nella discussione con
Pindemonte e quella più possibilista a cui addivenne dopo una più approfondita

1
riflessione, il poeta propende per considerare fondamentale il ruolo svolto dalle
tombe: non tanto per i morti (e ciò in linea con la sua visione materialistica e
immanentistica), quanto come tramite memoriale tra vivi e morti: per ricordare questi
e stimolare quelli alle azioni eroiche e degne.
vv. 91-150: Esaltazione delle sepolture classiche, ritenute nell’antichità veri e
propri luoghi di culto, e di quelle inglesi, una sorta di giardini vissuti come spazi di
incontro tra vivi e trapassati, in un’atmosfera di pace e di serenità. Al contrario, le
tombe medioevali, accompagnate dall’orrore che producono per il timore della
morte e della punizione di Dio, e quelle moderne, una sorta di fosse comuni lontane
dai centri cittadini, non svolgono in modo adeguato la loro funzione civile di
collegamento tra la memoria delle azioni dei morti e l’ispirazione che i vivi debbono
trarne. Cossimoro)
vv. 151-212: Il ruolo delle sepolture dei grandi uomini presenti in Santa Croce a
Firenze, come esempio di funzione civile delle tombe. Firenze è un luogo sacro, perché
contiene le sepolture degli uomini che, in ogni ambito, hanno fatto grande l’Italia. Le
tombe, riunite in un luogo di così grande importanza simbolica, testimoniano la
grandezza degli eroi del passato e stimolano chi le visiti, purché in grado di cogliere la
“corrispondenza di amorosi sensi”, ad azioni altrettanto eroiche.
vv. 213-295: Riflessione sul ruolo eternatore della poesia e dell’arte, che
svolgono la funzione di veicolo memoriale, una volta esaurita la testimonianza
concreta delle sepolture. Quando il tempo, che tutto consuma, avrà abbattuto le
testimonianze materiali, solo il ricordo generato dall’arte, dalla poesia in particolare,
potrà cancellare l’oblio cui tutto ciò che vive sulla terra è destinato.

Ciascuna delle quattro parti si conclude con una sorta di exemplum, che
svolge una funzione didascalica.
1) Il primo è Parini, figura di poeta civile profondamente ammirato da Foscolo, che lo
aveva conosciuto a Milano, i cui resti mortali, in ottemperanza all’editto di Saint-
Cloud, rischiano di essere contaminati da quelli di qualunque malvivente.
I La conclusione della seconda parte presenta, in un parallelismo con la prima solo
implicitamente suggerito, il desiderio del poeta di poter godere, un giorno, della
tranquillità di una tomba in terra patria per le sue ossa, dal momento che sente la
morte incalzarlo e teme di non essere accolto in un sepolcro che, assieme alla sua
produzione poetica, ricordi il suo passaggio sulla terra.
I In conclusione della terza parte, dopo il rapido ricordo di Alfieri, al quale Foscolo si
sente affine per inquietudine dell’animo, campeggia l’immagine della simbolica
sepoltura eroica rappresentata dalla piana di Maratona, teatro di una delle imprese di
maggiore eroismo di tutta la storia antica; questo luogo ha ancora la capacità di
suggerire, a chi sappia coglierlo, il messaggio eroico degli antichi soldati greci. La
tomba, in questo caso, svolge egregiamente la sua funzione di tutela della memoria e
luogo di ispirazione per i vivi.
I La quarta parte si conclude con la figura di Omero, che ha salvato dall’oblio le
imprese degli antichi eroi greci, restituendole ai posteri e all’eternità attraverso la
forza immortale della poesia. Ciò che la poesia canta è destinato a non perire, dal
momento che la gloria delle gesta dei grandi, cantate dalla poesia dei grandi, non
conoscerà mai la fine.

2
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L'ispirazione politico-culturale
L'idea per la composizione del carme venne al Foscolo dall'estensione all'Italia, avvenuta il 5 settembre del
1806, dell'editto napoleonico di Saint-Cloud (1804), che aveva imposto di seppellire i morti al di fuori delle
mura cittadine e aveva inoltre regolamentato, per ragioni democratiche, che le lapidi dovessero essere tutte della
stessa grandezza e le iscrizioni controllate da una commissione apposita. L'editto offre al poeta l'occasione per
svolgere una densa meditazione filosofica sulla morte e sul significato dell'agire umano.

L'estensione del decreto all'Italia aveva acceso vivaci discussioni sulla legittimità di questa legislazione di
impronta illuministica che era contraria alle tradizioni radicate nel nostro paese. Foscolo si era trovato presente
ad una di queste discussioni nel maggio del 1806 nel salotto di Isabella Teotochi Albrizzi che risiedeva nella
stupenda Villa Franchetti e aveva affrontato il problema con Ippolito Pindemonte, che stava lavorando ad un
poemetto, I cimiteri, con il quale intendeva riaffermare i valori del culto cristiano. Proprio nel parco secolare di
Villa Franchetti, ancor oggi molto suggestivo, dove riposò persino Napoleone, Foscolo trovò l'ispirazione per
comporre questo poema, che chiamò "Dei Sepolcri". Fu così che con Ippolito Pindemonte era nata una disputa
perché il Foscolo, in quell'occasione, lo aveva contraddetto con considerazioni scettiche e materialistiche. Più
tardi, riesaminando la questione da un altro punto di vista, era nata in lui l'idea del carme che aveva voluto
indirizzare «per fare ammenda del mio sdegno un po' troppo politico» al suo interlocutore di una volta. Da ciò
nasce la forma esterna del carme che si presenta come un'epistola poetica a Pindemonte.

Durante la permanenza in Francia Foscolo aveva infatti avuto occasione di seguire tutto un filone di discussioni
che si erano sviluppate sull'argomento tra il 1795 e il 1804 e che tendevano alla rivalutazione dei riti e delle
tradizioni funerarie (da cui il "Deorum manium iura sancta sunto"[1] e cioè le leggi degli Dei Manii sono sacre e,
pertanto, devono essere rispettate), del culto dei morti e del ricordo perpetuo delle loro virtù. I Sepolcri si
richiamano alla contemporanea letteratura sepolcrale inglese, tra cui si ricordano le "Notti" di Edward Young, le
"Meditazioni sulle tombe" di James Hervey e la celebre "Elegia scritta sopra un cimitero di campagna" di
Thomas Gray.

L'ispirazione letteraria e le motivazioni interiori


Foscolo, nel riprendere il discorso interrotto con Pindemonte, si sofferma sul significato e la funzione che la
tomba viene ad assumere per i vivi impostando il carme come una celebrazione di quei valori e di quegli ideali
che possono dare un significato alla vita umana.

Questo non significa che il Foscolo abbia mutato le sue convinzioni materialistiche che sono sempre presenti,
perché la morte non è altro che il disfacimento totale. Ma se il Foscolo accetta con la ragione questa legge
ineluttabile egli la respinge con il sentimento e cerca di superarla stabilendo tra i vivi e i defunti una
corrispondenza d'amorosi sensi.

Dal concetto materialistico al concetto di "illusione"


Il carme si apre infatti con la negazione di ogni trascendenza riaffermando la validità del pensiero materialistico e,
se inizia con l'asserire l'inutilità delle tombe per i morti, ne afferma l'utilità per i vivi procedendo verso
affermazioni sempre più alte che vanno dal loro valore civile e patriottico fino ad esaltare le tombe come
ispiratrici della poesia che è, per il Foscolo, la scuola più alta dell'umanità. Il materialismo foscoliano si riallaccia
al sensismo settecentesco di matrice illuministica e alle dottrine materialistico-meccanicistiche del Condillac e del
d'Holbach.

Al centro di queste meditazioni vi è il concetto di "illusione" che riafferma sul piano del sentimento quanto viene
negato dall'intelletto che può negare l'immortalità dell'anima ma non quegli affetti ai quali tutti gli uomini, per

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vivere, devono credere. Così, anche se la vita dell'individuo ha fine nella materia, le illusioni, gli ideali, i valori e le
tradizioni dell'uomo vanno oltre la morte perché rimangono nella memoria dei vivi consentendo a chi ha lasciato
eredità d'affetti una sopravvivenza dopo la morte.

Il Foscolo svolge nel carme questo concetto seguendo una linea ascendente che va dalla tomba come centro sul
quale si uniscono la pietà e il culto degli amici e dei parenti, alla tomba come simbolo delle memorie di tutta una
famiglia attraverso i secoli realizzando una continuità di valori da padre in figlio, dalla tomba come segno di
civiltà dell'uomo stesso, alla tomba che porta in sé i valori ideali e civili di tutto un popolo e, infine, alla tomba i
cui valori sono resi eterni dal canto dei poeti; quando il tempo fa scomparire le tombe dei grandi, resta dunque a
preservarne la memoria la poesia "eternatrice".

La struttura del carme


Nell'estratto che accompagna la "Lettera a Monsieur Guillon sulla sua incompetenza a giudicare i poeti italiani",
scritta nel 1807, in risposta alla critica che l'abate francese Amato Guillon aveva pubblicato contro il carme nel
"Giornale Ufficiale di Milano" del 22 giugno del 1807, il Foscolo fornisce la struttura quadripartita del carme: I
(vv. I-90), II (91-150), III (151-212), IV (213-295).

Prima sezione (vv. 1 - 90)

Il sonno della morte, afferma l'autore, non è certamente meno duro nei sepolcri curati e confortati dall'amore dei
vivi e quando, per il poeta, le bellezze della vita saranno perdute, non sarà certo una tomba, che distingua le sue
ossa dalle numerose altre sparse in terra e in mare, a compensarne la perdita. Anche la speranza, che è l'ultima
dea, abbandona i sepolcri e l'oblio trascina con sé ogni cosa. Ma il poeta si chiede perché l'uomo debba
togliersi l'illusione di vivere, anche dopo la morte, nel pensiero dei suoi cari se il suo sepolcro sarà curato e
onorato nella sua terra natale da chi è rimasto in vita. Solamente coloro che morendo non lasciano affetti o
rimpianti possono trarre poca gioia dalla tomba. Una legge ostile toglie oggi i sepolcri agli sguardi dei pietosi e
tenta di strappare il nome ai morti e così il Parini, che in vita pur nella povertà coltivò gli allori della poesia ed
ispirato dalla musa Talia condannava la nobiltà di Milano, giace senza tomba. La Musa sta cercando la sua
salma nei cimiteri suburbani perché Milano non gli ha eretto un sepolcro tra le sue mura, ed ora, forse, le ossa
del grande poeta si trovano nella desolata campagna mescolate a quelle di un ladro che ha scontato i suoi crimini
sul patibolo.

La prima parte della sezione sembrerebbe negare la concezione di tipo materialistico di Foscolo: l'uomo è un
aggregato di atomi (come sostenuto da Epicuro e anche da un poeta ben conosciuto dall'autore, Lucrezio) e tale
rimane prima e dopo la morte. Le domande iniziali si riferiscono invece alla parte sensibile umana, che si
dispiace per la morte, introducendo il tema della prima parte: la tomba e l'eredità affettiva ad essa associata.
Procedendo nella lettura si comprende infatti che l'intento dell'autore non è rinnegare la sua concezione
materialistica e meccanicistica dell'uomo, bensì sottolineare come sia possibile per l'uomo,che è destinato a
perire, realizzare comunque una "corrispondenza di amorosi sensi": chi muore, perché potrà essere ricordato dai
vivi (proprio attraverso la sepoltura), chi rimane in vita perché potrà compiangere e ricordare i cari perduti
(ancora una volta attraverso la sepoltura). L'esistenza sulla Terra, dunque, non è del tutto vana. Di questa
consolazione non può godere il poeta Parini. A lui la città non diede una dignitosa sepoltura e le sue ossa
vennero gettate in una fossa comune. La presenza di Parini apre una serie di riferimenti ai grandi autori del
passato che si incontreranno nelle seguenti sezioni.

Seconda sezione (vv. 91 - 150)

Gli uomini, iniziando ad istituire forme legali come le nozze, le leggi e la religione, diventarono civili e
cominciarono a seppellire i morti e a considerare le tombe sacre (in questo Foscolo si richiama al pensiero
storicistico del filosofo Giambattista Vico). I morti non furono sempre seppelliti nelle chiese in "cimiteri-
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pavimento" nelle cripte in cui il lezzo dei cadaveri contaminava gli incensi dei fedeli in preghiera; il terrore delle
madri nel Medioevo (il tempo in cui le mura urbane erano cosparse d'effigiati scheletri) nasceva dal timore che
i congiunti defunti spaventassero nel sonno i loro figli, chiedendo la venal prece, la preghiera a pagamento che
avrebbe potuto alleviare le loro pene ultraterrene. Le tombe in un tempo più antico furono anche curate con
alberi, fiori e lampade e i vivi indugiavano spesso a parlare con i cari estinti nella pietosa illusione che ancor oggi
rende piacevoli alle giovani inglesi i confortevoli cimiteri suburbani dove esse pregano i numi perché facciano
ritornare in patria Nelson. Dove però non esiste più il desiderio di gesta eroiche e lo Stato è servo di chi
comanda, le tombe sono inutile pompa, come nel Regno d'Italia dove i dotti, i mercanti e i possidenti sono
sepolti, ancora vivi, nei lussuosi palazzi mentre il poeta desidera solamente una semplice tomba dove poter
riposare in pace dopo aver lasciato agli amici una poesia libera.

Il ragionamento nella seconda sezione, che introduce il valore civile del sepolcro, avviene attraverso immagini:
due negative all'inizio e alla fine, due positive centrali. Inizialmente viene presentato il periodo classico come
esempio di civiltà che si occupò di trasmettere il valore del culto dei morti, ma quest'immagine verrà ripresa
meglio nella parte centrale poiché positiva. La prima epoca analizzata è, in realtà, il Medioevo, un'epoca in cui
superstizione, cattive condizioni igieniche e nullo valore della tomba avevano la meglio. Il secondo esempio
positivo della storia, accanto alla ripresa della civiltà classica, è quello dei cimiteri inglesi[2]. All'interno di questa
penultima evocazione si inserisce l'episodio di Orazio Nelson, l'ammiraglio britannico che avrebbe dato ordine di
costruire la sua bara con il legno dell'albero maestro della nave ammiraglia napoleonica Orient, da lui catturata
durante la battaglia navale di Abukir. Le tombe e il culto dei morti sono alla base della civiltà umana: l'ultima
immagine è proprio riferita al contemporaneo provvedimento napoleonico, che mostra di essere totalmente
insensibile a quest'idea, con la creazione dell'editto di Saint Cloud (come chiarito nella prima parte) che colloca i
cimiteri all'esterno delle città e impone che tutte le tombe siano prive di un'iscrizione funeraria personale.

Terza sezione (vv. 151 - 212)

Le tombe dei forti rendono bella la terra che li ospita e spingono a grandi opere (egregie cose). Quando il
Foscolo vide in Santa Croce le tombe di Machiavelli, di Michelangelo, di Galilei inneggiò a Firenze
considerandola beata per la bellezza della sua terra e per aver dato i genitori e la lingua a Dante e al Petrarca
(sepolti, rispettivamente, a Ravenna e Arquà), ma ancora più beata perché ha conservato in un tempio le glorie
d'Italia che sono le uniche rimasteci dopo che gli stranieri ci hanno rapito tutto, tranne la memoria. In Santa
Croce, dove ora riposa, veniva l'Alfieri per cercare di dar pace alla sua anima tormentata. La pace che ispira le
tombe ha alimentato il valore dei greci contro i persiani a Maratona dove gli ateniesi caduti in quella battaglia
furono seppelliti.

All'ultimo verso della seconda sezione si ricollega la terza:

« ... sensi e di liberal carme l'esempio

Nella terza parte Foscolo si sofferma sul valore politico della tomba. Come è importante per i cari ricordare i
propri defunti (parte 1), così per una civiltà è importante possedere un buon culto dei morti (parte 2), così dal
ricordo dei morti si ricordano gli uomini di grande valore (e tanti ne vengono presentati in questa parte). Questi
"grandi" uomini possono, attraverso il loro ricordo, suscitare nelle generazioni future la memoria dei grandi valori
morali. Verso emblematico al riguardo è il 188 "quindi trarrem gli auspici", cioè dal ricordo di gesta valorose
ecco che può scaturire l'azione politica futura, nel nome dei grandi valori. I personaggi presentati sono:

Machiavelli: chiaro riferimento al Principe ("quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori / gli allòr
ne sfronda"), dando però un'interpretazione particolare del suo messaggio, visto come un disvelamento
delle miserie della tirannide;
Michelangelo: "colui che novo Olimpo / alzò in Roma a' Celesti";
Galilei: colui che tra i primi convalidò la concezione copernicana, e con le sue ricerche aprì la strada agli
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studi sulla gravitazione universale di Newton (l'Anglo)


Dante: definito il "ghibellin fuggiasco", mentre recita la Commedia che gli avrebbe consolato l'esilio.
Diverse interpretazioni si scatenarono sull'epiteto: per alcuni sarebbe stato causato dall'abbandono da
parte di Dante del gruppo dei ghibellini a cavallo della battaglia di Lastra (cui Dante non prese parte) con
i quali cercava di rientrare nella sua amata Firenze, per altri il suo pensiero si sarebbe avvicinato
moltissimo a quello dei ghibellini come si può notare nel XV canto dell'inferno nella Divina Commedia nel
discorso con Farinata Degli Uberti, per altri ancora si tratterebbe semplicemente di un mero errore dello
stesso Foscolo;
Petrarca: poeta dell'amore (coperto di un velo candidissimo, quello dei sentimenti, rispetto all'amore
nudo dei classici)
Alfieri: ultimo personaggio della sezione, che racchiude in sé il valore politico della poesia, appunto tema
centrale.

Quarta sezione (vv. 213 - 295)

Probabilmente durante i suoi lunghi viaggi il giovane Pindemonte varcò l'Egeo e sentì dire che la marea aveva
trasportato le armi gloriose di Achille, che erano state assegnate ingiustamente ad Ulisse, sopra la tomba di
Aiace dal momento che solo la morte è dispensatrice della gloria. Il Foscolo, che è costretto a fuggire di gente
in gente (In morte del fratello Giovanni, vv.1-2), spera che un giorno le Muse, che conservano la memoria dei
defunti anche quando il tempo ne abbia distrutto le tombe, lo chiamino ad evocare gli eroi. Dove un giorno sorse
Troia si trova un luogo che Elettra ha reso eterno, quando supplicò, morendo, l'antico amante Giove, di farla
vivere nel ricordo dei posteri, e il dio rese sacra la sua tomba. In quel luogo furono sepolti Erittonio ed Ilio, e
Cassandra che predisse la distruzione della città e insegnò ai nipoti un canto d'amore e di pietà nel quale li
assicurava che, nelle rovine del centro, sarebbero rimaste in eterno le ombre degli eroi troiani nelle loro tombe
circondate e protette dagli alberi coltivati con lacrime e devozione. E Cassandra evoca Omero stesso, che si
sarebbe ispirato ad esse per rendere eterni in tutto il mondo i prìncipi di Argo ed Ettore, l'eroe troiano dell'amor
di patria tra i più valorosi e infelici; i versi di Omero su Ettore saranno ricordati, finché il sole illuminerà le
sciagure umane.

La poetica e l'arte
Attraverso il susseguirsi di determinati esempi, le idee del Foscolo si chiariscono in varie fasi. Se «Sol chi non
lascia eredità d'affetti / poca gioia ha dell'urna» e la tomba del Parini confonde forse le sue ossa con quelle di un
ladro, con il nascere degli affetti (della comunione di religiosi sensi) è nata dunque la santità delle tombe, del
cimitero-giardino testimoniato ancora nel presente dai cimiteri inglesi; se «A egregie cose il forte animo
accendono / l'urne de' forti», le tombe di Santa Croce rappresentano appunto questo exemplum che è
d'insegnamento per i viventi; da queste immagini nasce l' excursus classico che parte dalla descrizione del
campo di Maratona e che consacra la poesia come ultimo tramite storico di questa "religione del ricordo". E
ancora, se la morte è «giusta di glorie dispensiera» per le anime nobili, si ritrova il mito di Aiace che, pur
essendo stato privato delle armi di Achille da Ulisse le riceve, portate dal mare, sulla sua tomba. E infine le
immagini conclusive, che vengono dalla predizione di Cassandra (dopo aver evocato la fine simbolica di Elettra)
della distruzione di Troia e di Omero, si chiudono nel ricordo di Ettore, l'eroe che resterà nel tempo umano in
virtù del suo sacrificio patriottico.

Il Foscolo riprende tutti questi simboli dagli scrittori o dalla mitologia classica o li inventa traendo lo spunto da
materiale classico o moderno, e li presenta al lettore in modo che essi possano toccare le sue corde intime
seguendo anche una logica emotiva. Scrisse infatti, nelle note che accompagnano il Carme: "Ho desunto questo
modo di poesia da' Greci, i quali dalle antiche tradizioni traevano sentenze morali e politiche, presentandole non
al sillogismo de' lettori, ma alla fantasia ed al cuore".

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