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Iavolenus Prscus (aderat enim ut Paulo amicssmus): 'ego vero non iubeo.' cogta, qui risus hominum, qui ioci! est omnino Prscus dubiae sanitatis, interest tamen officiis, adhibetur consiliia atque etiam ius civile publice respondet: quo magia, quod tunc fecit, et ridiculum et notabile fuit. Interim Paulo aliena deliratio aliquantum frigoris attulit, tam sollicite recitaturis provdendum est, non solum 11tsint ipsi sani, verum etiarn ut sanos adhibeant. vale.

16. C. PLINIVS
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Prisco (era infatti presente quale grande amico di Paolo): Ma io non comando nulla. Immagina'le risate del pubblico, gli scherzi! Vero che Prisco non del tutto normale, prende per parte ai doveri della vita pubblica, invitato ai Consigli, e d pareri ufficiali in materia di diritto civile: tanto pi ridicolo e quindi degno di nota ci che egli fece. Paolo, frattanto, s'era un poco smontato per la stoltezza di quell'altro. Bisogna proprio che coloro i quali danno pubbliche letture provvedano con cura, non solo a esser sani loro stessi, ma anche a invitar gente sana. Addio,

TACITO SVO S. 16

Petis, ut tibi avunculi mei exitum scribam, quo verius tradere posteris possis. gratias ago; nam video morti eius, si celebretur a te, immortalem gloram esse pro-

Iavolenus Priscus: il personaggio che Plinio giudica non del tutto normale fu uno dei maggiori giuristi dell'et tra i Flavi e Traiano. Fu console suffectus nell'86 e legato in Britannia, in r:'Iumidia, in Ge~~ania Superiore e in Siria (verso il 100 d.C.) e fece pOIpart.e ?el consilium di Traiano. Come giurista fu a capo della scuola sabmlana> succedendo a Celio Sabino (sulle due scuole v. nota a VI 5, 4); scnsse commenti ai cosiddetti Posteriores di Labeone e allo scritto sullo ius civile di Cassio Longino. I frammenti degli scritti sono raccolti da O. Lenel, Palingenesia iuris civilis, Lipsiae 1889 = Graz 1960: . . . Cogita qui risus: in fatto di piacevolezze e spmtoslt. pare che gli antichi fossero di assai facile contentatura, osserva giustamente C. Marchesi (nel suo commento a Ora.zio, Satire, V?7). ,. . 3. Ius civile publice respondet: In et repubblicana I nterpretazione della legge civile era affidata a esperti non ufficiali, i cui responso ave: vano valore a seconda della loro reputazione. Con Augusto mvece I giuristi pi eminenti furono autorizzati a emettere pareri ex auctoritate principis. . . VI 16 Su richiesta di Tacito Plinio gli invia una relazione sulla fine di suo zio, Plinio il Vecchio, durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C:, relazione che continua nella lettera VI 20. La lettera va collocata alla fine del 106 o all'inizio del 107 ed importante per la cronologia delle Historiae (sul problema v. l'Introduzione all'opera nell'edizione BUR, 466

Caro Tacito, mi chiedi di narrarti la fine di mio zio, per poterla tramandare ai posteri con maggior esattezza. E te ne sono grato: giacch prevedo che la sua fine, se narrata da te,

Milano 1992). L'eruzione del Vesuvio ricordata da Marziale (IV 44), da Stazio (Silvae, II 6,61 sgg., III 5, 72-74 e 104, IV 4, 78-85, IV 8,5 e V 3, 104-106), da Silio Italico (XVII 594) e da Valerio Fiacco (III 208), ma non da fonti storiche coeve che siano giunte fino a noi (solo due accenni in Tacito, Historiae 12 e Annales IV 67; Dione Cassio scrive all'inizio del III secolo). Le due lettere sono commentate da LehmannHartleben nella sua antologia dell'epistolario, cit., e da M. Gigante, Il fungo sul Vesuvio secondo Plinio il Giovane, Roma 1989. l. Avunculi mei exitum: sul rapporto tra le due lettere di Plinio e la letteratura sugli exitus inlustrium virorum v. Gigante, op. cit., pagg. 20-28. Plinio ha gi dedicato allo zio e padre adottivo la lettera 11I 5, con l'elenco delle opere del naturalista e la descrizione di una sua giornata di lavoro. Tradere posteris: le Historiae avevano per argomento le vicende dell'impero dal gennaio del 69 (rivolta delle legioni germaniche e uccisione di Gaiba) al settembre del 96 (assassinio di Domiziano). La parte giunta fino a noi comprende gli avvenimenti dell'anno 69 e di parte del 70 (libri I-IV e parte del V). La richiesta di Tacito a Plinio rivela lo scrupolo con cui il grande storico si documentava. 467

positam. quamvis enim puicherrimarum clade terrarum, ut populi, ut urbes, memorabili casu quasi semper vieturus occiderit, quamvis ipse plurima opera et mansura condiderit, multum tamen perpetuitati eus scriptorum 3 tuorum aeternitas addet. equidem beatos puto, quibus deorum munere datum est aut fa cere acrbenda aut seribere Iegenda, beatisaimos vero, qubus utrumque. horum in numero avunculus meus et sus libris et tuis erit. quo libentius susclplo, deposco etam, quod nungis. " Erat Miseni classemque imperio praesens regebat. nonum Kal. Septembres hora fere septma mater mea indicat ei apparere nubem inusitata et magnitudine et 5 specie. usus me sole, mox frigida, gustaverat iacens studebatque: poscteoleas, ascendit locum, exquo maxime miraculum illud conspici poterat. nubes, incertum procul intuentibus, ex quo monte (Vesuvium fuisse postea cognitum est), oriebatur, cuius similitudinem et formam 6 non alia magis arbor quam pinus expresserit. nam longissimo velut trunco elata in altum qulbusdam ramis diffundebatur, credo, qua recenti spritu evecta, dein senescente eo destituta aut etiam pondere suo vieta in latitudinem vanesoebat, candida nterdum, interdum sordida et maculosa, prout terram cineremve sustulerat.
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4. Eral Miseni: Miseno era la base della flotta del Tirreno, cos come Ravenna era la base militare sull' Adriatico. Praesens: il termine sembra implicare che normalmente Plinio prestava servizio al quartier generale della flotta a Roma, cfr. la lettera III 5, 9 (<<Primadell'alba si recava dall'imperatore Vespasiano, poi all'ufficio che gli era stato affidato). I compiti del prefetto erano per lo pi di natura amministrativa, dato che la flotta veniva impiegata prevalentemente come servizio imperiale di trasporti. Nonum Ka/. Septembres hora fere septima: il 24 agosto. L'anno si ricava da Dione Cassio (o meglio dal suo epitomatore Xifilino), LXVI 21 (che colloca l'eruzione nel primo anno del regno di Tito, salito al trono

destinata a gloria non peritura. Bench infatti egli sia perito in mezzo alla devastazione di bellissime contrade, assieme a intere popolazioni e citt, in una memorabile circostanza, quasi per sopravvivere sempre nella memoria, e bench egli stesso abbia composto molte e durevoli opere, tuttavia alla durata della sua fama molto aggiunger l'immortalit dei tuoi scritti. Ben io stimo fortunati coloro ai quali per dono divino dato o di fare cose degne di essere narrate o di scriverne degne di essere lette; fortunatissimi poi coloro ai quali concesso l'uno e l'altro. Fra costoro sar mio zio in grazia delle sue opere e delle tue. Perci tanto pi volentieri imprendo a compiere ci che desideri, anzi lo chiedo come un favore. Egli era a Miseno e comandava la flotta in persona. Il nono giorno prima delle calende di settembre, verso l'ora settima, mia madre lo avverte che si scorge una nube insolita per vastit e per aspetto. Egli, dopo aver preso un bagno di sole. e poi d'acqua fredda, aveva fatto uno spuntino giacendo e stava studiando; chiese le calzature, sal a un luogo dal quale si poteva veder bene quel fenomeno. Una nube si formava (a coloro che la guardavano cos da lontano non appariva bene da quale monte avesse origine, si seppe poi dal Vesuvio), il cui aspetto e la cui forma nessun albero avrebbe meglio espressi di un pino. Giacch, protesasi verso l'alto come un altissimo tronco, si allargava poi a guisa di rami; perch, ritengo, sollevata dapprima sul nascere da una corrente d'aria e poi abbandonata a se stessa per il cessare di quella o cedendo al proprio peso, si allargava pigramente. A tratti bianca, a tratti sporca e chiazzata, a cagione del terriccio o della cenere che trasportava.
nel 79 alla morte del padre Vespasiano), da Eusebio e da altri cronografio L'ora settima, a partire dall'alba, corrispondeva alla fine di agosto alle 14/15 pomeridiane. 5. Procu/: in linea d'aria il Vesuvio distava dalla base di Miseno 30 km.

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Magnum propiusque noscendum, ut eruditissimo viro, visum. iubet liburnicam aptari: mihi, si venire una velIem, facit copiam; respondi studere me malle, et forte ipse, quod scriberem, dederat. egrediebatur domo: accpit codicillos Rectinae Casc imminenti periculo exterritae (nam villa eus subiacebat, nec ulla nisi navbus fuga); ut se tanto discrimini eriperet, orabat. vertit ille conalum et, quod studioso animo incohaverat, obit maximo. deducit quadriremes, ascendt ipse non Rectinae modo, sed multis (erat enim frequens amoentas orae) laturus auxilium. properat illuc, unde alii fugiunt, rectumque cursum, recta gubernacula in periculum tenet adeo solutus metu, ut omnis illus mali motus, omnis figuras, ut deprenderat oculis, dictaret enotaretque. Iam navibus cinis incidebat, quo propius accederent, calidior et densior, iam pumices etiam nigrique et ambusti et fracti gne lapides, arn vadum subitum runaque rnontis litora obstantia, cunctatus paulum, an retro

Da persona erudita qual era, gli parve che quel fenomeno dovesse essere osservato meglio e pi da vicino. Ordina che si prepari un battello liburnico: mi permette, se lo voglio, di andar con lui; gli rispondo che preferisco rimanere a studiare, anzi per avventura lui stesso mi aveva assegnato un compito. Stava uscendo di casa quando riceve un biglietto di Rettina, moglie di Casco, spaventata dal pericolo che la minacciava (giacch la sua villa era ai piedi del monte e non vi era altro scampo che per nave): supplicava di essere strappata da una cos terribile situazione. Lo zio cambi i propri piani e ci che aveva intrapreso per amar di scienza, condusse a termine per spirito di dovere. Mette in mare le quadriremi e si imbarca lui stesso per recar aiuto non solo a Rettina, ma a molti altri, giacch per l'amenit del lido la zonaera molto abitata. Si affretta l donde gli altri fuggono, va diritto, rivolto il timone verso il luogo del pericolo, cos privo di paura, da dettare e descrivere ogni fenomeno di quel terribile flagello, ogni aspetto, come si presenta ai suoi occhi. Gi la cenere cadeva sulle navi, tanto pi calda e densa quanto pi si approssimava; gi della pomice e anche dei ciotoli anneriti, cotti e frantumati dal fuoco; poi ecco un inatteso bassofondo e la spiaggia ostruita da massi proiettati dal monte. Esita un momento, se doveva rien-

7. Liburnicam: le liburne o liburniche erano delle biremi molto veloci, usate dai pirati della Dalmazia. I Romani le usarono a partire dal I secolo a.C.: si ricorda il loro ruolo decisivo nella battaglia di Azio (31 a.C.). . 8. Rectinae Casei: un gruppo di codici legge Casei, che si voluto emendare in Caesi, pensando a Cesio Basso, il poeta ed editore di Persio (e probabile autore del trattato De metris), che sappiamo essere perito nel disastro, ma Sherwin-White e Mynors leggono Tasei. Quanto a Rectina, in passato si discusso a lungo, specie a livello di erudizione locale, se si tratti del nome di una persona, come sembra evidente, o di untoponimo. 470

11. Li/ora obstantia: Plinio si trovava nelle acque di Pompei o, secondo altri, vicino al promontorio di Torre Annunziata. Un'attenta lettura dei dati topografici che si ricavano dalla lettera in L. Bessone, Sulla morte di Plinio il Vecchio, Rivista di studi classici, 17 (1969), pagg.166-179. 471

flecteret, mox gubernatori, ut Ha Iaceret, monenti 'fortes', inquit, 'fortuna iuvat, Pomponianum pete!' Stabiis era t, diremptus sinu medio (nam sensim circurnactis curvatisque litoribus mare infunditur): ibi, quamquam nondum peri culo appropinquante, conspicuo tamen et, cum cresceret, proximo, aarcnas contulerat in naves certue fugae, si contrarius ventus resedisset. quo tunc avunculus meus secundssmo invectus complectitur trepdantem, consolatur, hortatur, utque timorem eus sua securitate leniret, deferri in balineum iubet: lotus accubat, cenat aut hilaris aut, quod aeque magnum, similis hlari. 13 Interim e Vesuvio monte pluribus locis Iatiasimae flammae altaquo incendia relucebant, quorum fulgor et claritas tenebris noctis exctabatur, ille agrestium trepidatione gnes relictos desertasque villas per solitudine m ardere in remedium formidinis dlctitabat, tum se quieti dedit et quievit verissimo quidem sornno. nam meatus anirnae, qui illi propter amplitudinem corporisgravior et sonantior erat, ab iis, qui limini obversabantur, 14 audibatur, sed area, ex qua diaeta adibatur, ta iam cinere mixtisque pumicibus oppleta surrexerat, ut, si longior in cubiculo mora, exitus negaretur. excitatus procedit seque Pomponano ceterisque, qui pervgila15 verant, reddito in commune consultant, intra tecta subsistant an in aperto vagentur. nam crebris vastisque
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Fortes ... fortuna iuvat: il motto ritorna, con molte varianti, da Terenzio, Phormio, 203, a Cicerone, Virgilio, ecc., fino a Claudiano, cfr. Otto, Die Sprichworter ... der Romer, cit., pago 144. 12. Pomponianum: potrebbe essere la stessa persona prima indicata come Cascius o Tascius (non lo crede l'autorevole J. H. D'Arrns, Romans on the Bay of Naples. A Social and Cultural Study of the Villas and their Ownersfrom 150 B.C. toA.D. 400, Cambridge Mass., 1970,
pago 22). La villa doveva essere sulla collina di Varano. . . . In balineum ... cenat ... similis hilari: che questi siano stati l gesti del naturalista lecito dubitare. Che si tratti di un topos mi pare sicuro (Gigante, op. cit., pago 33). Lo studioso, che inquadra la lettera di Plinio nel genere letterario degli exitus inlustrium virorum, ricorda exitus simili in Tacito: Valerio Asiatico, Seneca, Trasea Peto. il

trare, ma poi al pilota che lo esorta a far ci, esclama: La fortuna aiuta gli audaci, punta verso Pomponiano!. Questi era a Stabia, dall'altra parte del golfo (giacch ivi il mare si addentra seguendo la riva che va via via disegnando una curva). Quivi Pomponiano, bench il pericolo non fosse prossimo, ma alle viste per e col crescere potendo farsi imminente, aveva trasportato le sue cose su alcune navi, deciso a fuggire, se il vento contrario si fosse quietato. Ma questo era allora del tutto favorevole a mio zio, che arriva, abbraccia l'amico trepidante, lo rincuora, lo conforta, e per calmare la paura di lui con la propria sicurezza, vuole essere portato al bagno: lavatosi, cena tutto allegro o, ci che ancor pi, fingendo allegria. Frattanto dal monte Vesuvio in parecchi punti risplendevano larghissime fiamme e vasti incendi, il cui chiarore e la cui luce erano resi pi vivi dalle tenebre notturne. Lo zio andava dicendo, per calmare le paure, esser case che bruciavano abbandonate e lasciate deserte dalla fuga dei contadini. Poi si rec a riposare e dorm di un autentico sonno. Giacch la sua respirazione, resa pi pesante e rumorosa dalla vasta corporatura, fu udita da coloro che passavano accanto alla soglia. Ma il livello del cortile, attraverso il quale si accedeva a quell'appartamento, s'era gi talmente alzato perch ricoperto dalla cenere mista a lapilli che, se egli si fosse pi a lungo indugiato nella camera, non avrebbe potuto pi uscirne. Svegliato, ne esce e raggiunge Pomponiano e gli altri che non avevano chiuso occhio. Si consultano fra loro, se debbano rimanere in luogo coperto o uscire all'aperto. Continue e pro-

topos bagno e cena prima di morire, ne Uticense, che la sera precedente al con gli amici (Plutarco, Cato Minor, sonno, profondo e non agitato ( 13), gilia della morte o il sonno dell'Uticense

che ha il suo archetipo in Catosuicidio prende un bagno e cena 66). Nello stesso topos rientra il come il sonno di Socrate alla vidopo la lettura del Fedone.

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tremorbus tecta nutabant et quasi emota sedibus suis nune hue, nunc illue abire aut referri videbantur. sub dio rursus quarnquarn levium exesorumque pumieum casus rnetuebatur: quod tamen perieulorum collatio elegit. et apud illum quidem ratio rationem, apud alios timorem timor vieit. cervicalia captibus 'impoaita linteis constringunt; id munimentum adversus incidenti a fuit. 17 Iam dies alibi, illic nox omnibus noetibus nigrior densiorque, quam tamen Iaces multae variaque lumina solabantur. placuit egredi in litus et ex proximo adspicere, ecqud iam mare admtteret, quod adhuc vastum 18 et adversum permanebat. ibi super abiectum linteum recubans semel atque iterum frigidam poposcit hausitque, deinde flammae flammarumque praenuntiue odor 19 sulpuris alios in fugam vertunt, excitant illum. innitene servolis duobus adsurrexit et statim concidit, ut ego colIigo, crassiore caligine spiritu obstructo clausoque stomacho, qui illi natura nvalidus et angustus et fre20 quenter interaestuana erat. ubi dies redditus (is ab eo, quem novissime viderat, tertius), corpus inventum ntegrum, inlaesum opertumque, ut fuerat indutus: habtus corporis quiescenti quam defuncto simili or. 21 Interim Miseni ego et mater - sed nihil ad historiam, nec tu alud quam de exitu eius scire voluist. finem 22 ergo faciam. unum adiciam: omnia me, quibus interfueram, quaeque statm, cum maxme vera memorantur, auderam, perseeutum. tu potssima excerpes: aliud est enim epistulam, aliud hiatoriam, aliud amico, aliud omnibus seri bere. vale.
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lungate scosse telluriche scuotevano l'abitazione e quasi l'avessero strappata dalle fondamenta sembrava che ora sbandasse da una parte ora dall'altra, per poi riassestarsi. D'altra parte all'aperto si temeva la pioggia dei lapilli per quanto leggeri e porosi; tuttavia, confrontati i pericoli, egli scelse di uscire all'aperto. Ma se in lui prevalse ragione a ragione, negli altri timore a timore. Messi dei guanciali sulla testa li assicurano con lenzuoli; fu questo il loro riparo contro quella pioggia. Gi faceva giorno ovunque, ma col regnava una notte pi scura e fonda di ogni altra, ancor che mitigata da molti fuochi e varie luci. Egli volle uscire sulla spiaggia e veder da vicino se fosse possibile mettersi in mare; ma questo era ancora agitato e impraticabile. Quivi, riposando sopra un lenzuolo disteso, chiese e richiese dell'acqua fresca e la bevve avidamente. Ma poi le fiamme e il puzzo di zolfo che le annunciava mettono in fuga tal uni e riscuotono lo zio. Sostenuto da due schiavi si alz in piedi, ma subito ricadde, perch, io suppongo, l'aria ispessita dalla cenere aveva ostruita la respirazione e bloccata la trachea che egli aveva per natura delicata e stretta e frequentemente infiammata. Quando ritorn il giorno (il terzo dopo quello che aveva visto per ultimo) il suo corpo fu trovato intatto e illeso, coperto dei panni che aveva indosso: l'aspetto pi simile a un uomo che dorme, che a un morto. Frattanto a Miseno io e la mamma ... ma ci non importa alla storia, e tu non volevi conoscere altro che il racconto della sua morte. Faccio dunque punto. Una cosa sola voglio aggiungere: ti ho esposto tutto ci cui assistetti o che seppi subito, quando i ricordi sono pi veritieri. Tu cavane ci che pi importa: altra cosa infatti una lettera, altra una storia; altra cosa scrivere per un amico, altra per il pubblico. Addio.
ferisce che secondo taluni Plinio, sentendosi mancare, uno schiavo di accelerargli la fine uccidendolo. avrebbe chiesto a

17. lam dies alibi: il 25 agosto. 20. Ubi dies redditus: la mattina del 26 agosto. Corpus inventum integrum, inlaesum: Svetonio, De historicis, VI, ri474

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