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IL DIAVOLO

Il diavolo nella cultura: come è


cambiato nei modi di
rappresentazione e perché
La parola diavolo deriva dal verbo greco διαβάλλω
(diabàllo) che significa scagliare, buttare in modo
aggressivo. L’atto dello scagliare, del lanciare, in realtà è
solo metaforico: piuttosto questo veniva usato per
indicare la calogna, una accusa falsa.

La figura del diavolo ha sempre destato grande interesse nel corso


delle varie epoche, e man mano che il contesto storico e sociale è
cambiato, anche la concezione dello stesso diavolo si è andata a
modificare, assumendo significati molto diversi a seconda delle
credenze sia ideologiche sia socio-economiche che si sono date nel
corso dei secoli. Anche nell’arte il diavolo non è stato sempre
raffigurato nella maniera in cui lo conosciamo oggi, ma piuttosto ha
assunto molte incarnazioni differenti.
Razionalmente e filosoficamente il diavolo, il demonio, il dèmone, satana, e lo spirito
immondo dovrebbero essere la rappresentazione simbolica del male, ma per i seguaci
di molte religioni e in particolare per quelli del cristianesimo essi sono degli esseri
reali che assumono ruoli diversi e variabili aspetti fisici. L’aspetto tipico del Diavolo
proviene dalla raffigurazioni di dei delle religioni passate trasformate in infernali dalla
religione che ha trionfato su di loro. Così ad esempio il dio Pan, dall’aspetto di satiro e
legato alla natura e ai boschi, presterà le sue sembianze per le più tipiche e famose
rappresentazioni di Satana.
Il termine diavolo ha senso nell’ambito di una civiltà e di una letteratura cristiana, non a caso il Cristianesimo si
fonda sull’idea di una colpa o di un male assoluto che incombe sulle anime degli uomini, cioè il peccato
originale. A questo riguardo facciamo riferimento a due grandi filoni di pensiero all’interno della cristianità
rappresentati da Pelagio e Agostino. Secondo Pelagio si negava la trasmissione del peccato originale,
sostenendo che un uomo non può essere responsabile per le azioni di un altro e che era impossibile che l’anima,
creata da dio, dovesse portare il peso di un peccato non commesso personalmente. E quindi l’uomo è
naturalmente capace di compiere il bene senza la necessità della grazia divina. Nel pensiero di Agostino, invece,
tutta l’umanità ha peccato e si è resa colpevole con Adamo. Ne consegue che l’intero genere umano è dannato e
non può sottrarsi ad una punizione, se non per mezzo della misericordia e della grazia di Dio.
Nella filosofia socratica, e successivamente anche
in quella platonica, si afferma il termine daimon,
demone per l’appunto. Ogni persona possiede un
daimon divino, che è la componente più nobile
della propria psiche. Questo demone si manifesta
sotto forma di voce nell’anima e mette in guardia da
determinate azioni che possono portare al male. Il
rapporto fra Socrate e Platone con il demone attinge
alla sfera religiosa, è un’esperienza sovrarazionale.
Per tutto il Medioevo, il diavolo e i suoi seguaci sono descritti
come mostri bestiali, con denti affilati, artigli e spesso con le ali, in
tal modo il diavolo ha assunto un aspetto sempre più demoniaco.
Durante il periodo medioevale, il maligno si manifesta attraverso
ciò che viene considerato come soprannaturale: si tratta di casi
straordinari, eccezioni alla regola, ma che non erano comunque
scontati e che contraddicevano l’ordine naturale delle cose
Questo tipo di soprannaturale si trova nella Divina Commedia. Basti pensare ai diavoli che Dante e Virgilio
incontrano nel XXI canto dell’Inferno, che sono entità puramente medioevali che hanno nomi parlanti e non
sono lontani da un trattamento comico e grottesco. Dante cerca di annotare il soprannaturale al terreno ed al
concreto facendo ricorso a metafore che appartengono all’esperienza umana del mondo: ad esempio le braccia
del diavolo sono paragonate a giganti e le sue ali a quelle di un pipistrello; oppure Lucifero che viene presentato
con tre bocche e come gigantesco, e come un essere disumano e ripugnante la cui bruttezza è la manifestazione
del male che alberga in lui.
Anche Michelangelo visse in Da un lato i salvati attoniti e
un’epoca oscura, confusa, in cui disorientati volano verso l’alto
l’inquisizione anche nello stato aggrappandosi ad angeli e nuvole
pontificio cominciava a mietere come se fossero solide rocce.
vittime e non era facile distinguere Dall’altro, invece, ci sono i dannati
ciò che era lecito dal male e il diavolo che a causa delle loro colpe vengono
era più che un’incisiva trascinati in basso da creature
rappresentazione pittorica, una diaboliche precipitando pesantemente
potenza malefica che condannava alla verso l’inferno rosseggiante di fuoco.
dannazione eterna. La grotta che rappresenta l’ingresso
all’inferno è posta esattamente dietro
l’altare, il che è simbolo della
manifestazione del demonio proprio
all’interno della Chiesa.

Michelangelo riversa nell’affresco del Tra le fonti usate da Michelangelo per


“Giudizio Universale” il riflesso della rappresentare demoni e dannati ci
sua anima tormentata che non ha la furono le stampe tedesche e
certezza di essere salvata fiamminghe, e sicuramente anche la
rappresentando gli eventi ultimi della Divina Commedia di Dante, da cui
storia dell’umanità con il tragico prese ispirazione per rappresentare la
destino dell’uomo. figura di Caronte e di Minosse.
Il movimento riformista di Martin Lutero diventa per la
chiesa di Roma la prova inconfutabile della presenza
del diavolo. Lutero e i riformisti vedono in Roma la
città infernale influenzata da Satana, proprio perché
cambia l’approccio verso il diavolo, spirito di
ribellione, individualismo esasperato e gusto della
profanazione.

Lutero vede diavoli dappertutto, perfino nelle opere buone,


nelle virtù medesime, nel cuore più segreto dell’anima, nella
coscienza: nulla sfugge alla loro azione infernale, nulla si
sottrae alla loro potenza; fino ad affermare che il mondo e il
diavolo sono una cosa sola.

Non a caso, il mondo protestante è un mondo oscuro in


cui l’uomo, essendo fatto di carne, è destinato al male,
alla perdizione eterna: per nostra natura, siamo dunque
destinati all’inferno.
Nel Rinascimento l’essere diabolico è colui che tenta in tutti i
modi l’uomo e lo distoglie dal seguire un cammino improntato
sul bene. Anche qui c’è la presenza del soprannaturale malefico,
ma questa volta calato nella realtà. Qui il diavolo è spesso stato
rappresentato in un modo piccolo o non facilmente visibile. I
grandi artisti del Rinascimento evitavano le intimidatorie
raffigurazioni del diavolo per il volgo, preferendo invece
inserire la sua presenza in modo più sottile.
Machiavelli scrive una favola intitolata
Belfagor arcidiavolo, in cui si narrano
le vicende di un diavolo mandato sulla
terra per prendere moglie. Qui il poeta
esprime il suo punto di vista sulla
figura del diavolo, il quale all’interno
della società serve in realtà a
smascherarne gli egoismi, le cattiverie,
gli inganni e a farne emergere delle
caratteristiche più infernali che umane.
Si tratta dunque di un Satana politico,
un vero e proprio leader del male,
sconfitto, ma che nella sconfitta
assume una sua eroica grandezza.
In Shakespeare c’è un’umanizzazione di Satana: l’uomo si
dimostra più diabolico del diavolo stesso e il male non è più una
potenza esterno come nel medioevo, ma diventa una potenza
interna, qualcosa che è già presente nell’essere umano.

Con Shakespeare inizia dunque una progressiva


internalizzazione di Satana e del male, mentre il bene continua
ad essere metafisico.
Tasso non poteva ignorare la potente iconografica dantesca di
Satana e del demoniaco quando introdusse nella Gerusalemme
liberata il concilio infernale. In questo modo il poeta eleva il
suo Satana, figurativamente e stilisticamente, a livello eroico.

Questo diavolo classicizzato, trasformato in un


Il diavolo di Tasso è una divinità tenebrosa,
cupo principe delle tenebre, perderà quel
terribile, che mantiene la dignità e la maestà dei
carattere che aveva avuto nel Medioevo per
grandi dei dell’Olimpo.
diventare un personaggio serissimo.

Questo nuovo Satana è dotato anche di una sua retorica e di una


sua ideologia, e si qualifica come il vero antagonista della
crociata cristiana, la quale si definisce come una guerra non
tanto fra cristiani e pagani, ma, direttamente, tra Cielo e
Inferno.
Durante il periodo barocco, il diavolo assunse un’immagine
molto più umana e anche sensuale. Spesso venne descritto come
Lucifero: l’angelo caduto. Il suo volto era bellissimo, con
caratteristiche effeminate, e il suo corpo aveva tutte le stesse
caratteristiche degli angeli del cielo, tra cui le ali piumate.
Tuttavia, aveva denti sporgenti e demoniaci o grossi artigli.
Il Paradiso Perduto di Milton ha influenzato molto
l’immaginario romantico del diavolo, con una rappresentazione
quasi comprensiva di Satana stesso. Con Milton Satana assume
definitivamente un aspetto di bellezza offuscata e maledetta e i
segni del suo passato splendore si fanno più riconoscibile; si
tratta dunque di un personaggio affascinante e non più una
figura repellente che era il Satana medievale. Quest’opera di
Milton ha influenzato l’immaginario del Diavolo, portando a
una rappresentazione comprensiva della sua figura e più vicina
all’uomo con significato etico.
Dopo la Rivoluzione Francese, il demonio entra nella sfera
umana e viene spesso raffigurato come un essere umano.
Inoltre, il diavolo è raffigurato come una figura eroica di
ribellione contro l’autorità patriarcale.
Sotto l’influenza di Goethe e del Faust, il diavolo invece di essere
rappresentato come una raccapricciante intimidazione, inizia un
viaggio alla scoperta dei piaceri del mondo e utilizza l’astuzia e
l’inganno per convincere le sue vittime a vendergli la loro anima.
Qui evince il rapporto tra diavolo e uomo, in virtù della necessità di
quest’ultimo di indagare l’ineffabile e arrivare al termine ultimo
della conoscenza anteponendo filosofia e magia alla ricerca
teologica.
Nell’Ottocento il diavolo viene spesso rappresentato come un
mezzo di contrasto con la società in una chiave di modernità,
uno stravolgimento dei vecchi valori, persino morali. Il
demoniaco non è più soprannaturale, ma è un aspetto della vita
personale e interpersonale, una manifestazione di desiderio
inconscio.
Attingendo alla tradizione letteraria tedesca, in
particolare al Faust di Goethe, Mann narra di come il
musicista Adrian Leverkühn accetti la dannazione, il
patto con il diavolo, in cambio di una felice, piena,
fluente creatività, che non è altro che un’estrema
metafora della perdizione tedesca. Oltre alla
tradizione letteraria tedesca, compare nel romanzo
anche un aggancio forte alla storia contemporanea: il
demoniaco viene a rappresentare il nazismo. Lo
sfondo è dunque rappresento dalla Seconda guerra
mondiale e cioè dalla distruzione della Germania.
Mann propone così un parallelo tra il patto con il
diavolo fatto dal protagonista, Adrian per l’appunto, e
quello della Germania con Hitler e il
Nazionalsocialismo. L’accordo compromette la
possibilità di salvezza della sua anima, e la salvezza
di Adrian rappresenta poi la salvezza dell’intera
civiltà europea.
Carducci e Baudelaire, con i loro inni al diavolo, ci offrono due
volti dell’Ottocento: il progresso tecnologico e la perdita del
ruolo dell’artista all’interno della società.
Baudelaire si rivolge a Satana come al più
bello e al più grande degli angeli, caduto
vittima della gelosia divina, perché abbia
pietà della grande infelicità del poeta stesso,
perché solo Satana, il vinto, può avere pietà
di quell’altro vinto che è l’uomo, e non Dio
chiuso nella sua inaccessibile vittoria.
Baudelaire insiste sull’ingiustizia della sua
condizione: il diavolo, ingiustamente punito,
diviene protettore di coloro che subiscono
ingiustizie a loro volta. L’essere umano è così
un burattino nelle mani del diavolo, in quanto entrambi hanno
subito l’allontanamento da ciò che amavano proprio da parte di
Dio: è stato lui ad aver cacciato Satana negli abissi dell’Inferno
ed è sempre lui che ha allontanato l’uomo dal paradiso terrestre.
Nell’Inno a Satana di Carducci si avverte una
connotazione filosofica e spirituale del maligno.

Il poeta celebra la figura di Satana in tutte le sue forme,


diventando così simbolo degli aspetti positivi della vita. Satana
rappresenta la materialità, il piacere concreto e terreno,
l’ebbrezza vitale, lo spirito della modernità, il libero arbitrio,
l’intelligenza umana, la potenza creatrice della ragione.

Satana viene identificato con la macchina a vapore, la


locomotiva, come a simboleggiare la vittoria del progresso
contro ogni forma di oscurantismo e di dogmatismo del
Cristianesimo.
Nel Novecento Satana è un elemento dissonante che si
contrappone alle convenzioni materialistico-burocratiche
imposte dall’Unione Sovietica.
Pasolini sostiene che il diavolo sia storico. Prima della civiltà
dei consumi, della televisione, il diavolo era la Chiesa, il
Papato, il Vaticano.

Il male si identifica con il potere e la sua ideologia. E il diavolo


è la nuova ideologia del potere, che non sa cosa farsene della
religione e dei suoi sacrifici economici.

Così l’agire del diavolo consiste nel divulgare l’ideale del


benessere in tutti gli strati della popolazione, nel creare sia nei
piccoli borghesi che nei proletari sogni puramente materialistici
e edonistici di vita, nel trasformare l’uomo in consumatore.
Oggi il diavolo diventa quasi una figura del ridicolo, che adorna le divise delle squadre di calcio o che
si presenta nelle pubblicità con rimedi per il bruciore di stomaco. Ciò riflette il terrore della società
moderna per il diavolo e per i mali in generale. Se oggi il diavolo è arrivato fino a noi è sicuramente
per mezzo di ideologie, stili di vita, pensieri individualisti, ma soprattutto tramite la tecnologia, la tv,
internet nonchè mezzo più potente.
Bassi Samuel
Cimmino Annita
Ciricillo Sara
Luongo Lorenzo
Ricchi Flavia
Scognamiglio Ilaria
Verde Matteo

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