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La Matematica in Dante

Il Pitagorismo della
Divina Commedia
Nicola Fusco
(L.S.S. «A. Scacchi», Bari)

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«La provocazione della scienza»
Bari, 16/01/2023
Introduzione - 1

• Dante era un pitagorico, quindi convinto che i numeri e la matematica


abbiano un ruolo fondamentale nella struttura del creato e nell’operato di Dio.
• Questa convinzione trova spazio in tutte le sue opere, in particolare nella
«Divina Commedia».
• Sono numerosi i passi in cui la matematica è fondamentale per l’espressione e
la comprensione dei concetti del testo, e questo dimostra come, all’epoca,
certe conoscenze fossero bagaglio comune nelle classi sociali colte.
Introduzione - 2

• Sono inoltre presenti altri passi intellegibili alla luce di concetti matematici
che sono stati sviluppati molto dopo.
• Analizzeremo diversi di questi passi, spiegando in dettaglio i concetti
matematici collegati.
• Infine parleremo delle peculiari proprietà geometriche dell’universo dantesco
che può essere proiettato in una struttura geometrica di dimensione superiore
allo spazio ordinario.
Il nero cherubino e la logica - 1
Francesco venne poi, com’io fu morto, ch’assolver non si può chi non si pente,
per me; ma un de’ neri cherubini né pentere e volere insieme puossi
li disse: «Non portar: non mi far torto. per la contraddizion che nol consente»
Venir se ne dee giù tra’ miei meschini Oh me dolente! Come mi riscossi
Perché diede il consiglio fraudolente, Quando mi prese dicendomi «Forse
dal quale in qua stato li sono a’ crini; tu non pensavi ch’io loico fossi!»
(Inferno XXVII, 112-123)

• Qui Guido da Montefeltro racconta come è avvenuta la sua


dannazione.
• Papa Bonifacio VIII gli chiese consiglio su come espugnare
Palestrina, assicurandogli l’assoluzione in anticipo per
qualunque piano fraudolento avesse escogitato, e Guido lo aiutò.
Il nero cherubino e la logica - 2
• Alla morte San Francesco scende in Terra per accompagnarlo in Paradiso. Ma
sopraggiunge un diavolo che reclama l’anima del neo defunto per l’Inferno.
• Il diavolo non affronta la questione sul piano etico, ma su quello logico: Dio è
la somma razionalità, nulla di ciò che accade può essere contraddittorio.
• L’argomentazione è la seguente: non si può assolvere chi non si pente e
neanche si può peccare “programmando” il pentimento.
• Ricordiamo qualche elemento di logica.
𝑨 𝑩 𝑨∧𝑩 𝑨 𝑩 𝑨→𝑩 𝑨 ¬𝑨
V V V V V V V F
V F F F V
V F F
F V F F V V
F F F F F V
Il nero cherubino e la logica - 3
• 𝐴 ∧ ¬𝐴 è un esempio di contraddizione: una proposizione sempre falsa
(contrario della tautologia, proposizione sempre vera). Altre contraddizioni
sono 𝐴 → ¬𝐴 e ¬𝐴 → 𝐴.
• Evidentemente un Dio pitagorico non può far coesistere fatti che
corrispondono ad una contraddizione.
• «assolver non si può chi non si pente»: il peccato nella teologia cristiana è il
rifiuto dei comandamenti di Dio. Da questa definizione discende che
– esso è una “macchia” dell’anima che la sporca fino all’assoluzione,
– corrisponde al disconoscimento di Dio come autorità morale.
Il nero cherubino e la logica - 4
• La rimozione della “macchia” non può avvenire senza pentimento,
riconoscendo Dio come unica autorità morale: la permanenza della superbia
equivale alla replica del peccato, che quindi risulterebbe nuovamente
commesso nell’istante successivo alla rimozione della macchia.
• Il pentimento 𝑃 è una precondizione per l’assoluzione 𝐴: 𝐴 → 𝑃. Ma se
combiniamo con la coesistenza di assoluzione e mancato pentimento abbiamo
𝐴 → 𝑃 ∧ ¬𝑃 ∧ 𝐴
𝑨 𝑷 𝑨→𝑷 ¬𝑷 ∧ 𝑨 𝑨 → 𝑷 ∧ ¬𝑷 ∧ 𝑨
V V V F F
V F F V F
F V V F F
F F V F F
Il nero cherubino e la logica - 5
• Abbiamo una contraddizione che non può essere tollerata da Dio: l’unica
soluzione è che l’assoluzione sia nulla, infatti
𝑨 𝑷 𝑨 → 𝑷 ¬𝑷 ∧ ¬𝑨 𝑨 → 𝑷 ∧ ¬𝑷 ∧ ¬𝑨
V V V F F
V F F F F
F V V F F
F F V V V
• che è vera quando sono vere le proposizioni “l’assoluzione necessita il
pentimento” e “assoluzione è nulla in presenza di mancato pentimento”.
• «né pentere e volere insieme puossi»: qui la contraddizione è ancora più
evidente.
Il nero cherubino e la logica - 6
• Pentirsi di un’azione implica il riconoscerla sbagliata: il pentimento è
equivalente alla negazione logica dell’azione di cui ci si pente.
• Voler eseguire un’azione implica il considerarla desiderabile: il desiderio di
una certa azione è logicamente equivalente alla proposizione che descrive
l’azione desiderata.
• Quindi compiere un’azione che si sa essere contraria ai comandamenti divini
con il progetto di pentirsi successivamente in modo artificioso è la già
analizzata contraddizione 𝐴 ∧ ¬𝐴 .
Il nero cherubino e la logica - 7
• «per la contraddizion che nol consente»: entrambe le assunzioni che
giustificavano l’accesso di Guido al Paradiso sono delle contraddizioni
logiche e non possono essere ammesse da Dio.
• L’unica sentenza ultraterrena che salvaguarda la logica del creato è l’Inferno.
San Francesco non può far altro che lasciar andare l’anima di Guido, che non
pensava che la Logica potesse essere un’autorità superiore a quella della
Chiesa.
Perdendo tristemente s’impara? - 1
Quando si parte il gioco de la zara, repetendo le volte, e tristo impara;
colui che perde si riman dolente, (Purgatorio VI, 1-3)

• La Zara era un gioco d’azzardo diffuso all’epoca: il giocatore dichiara un


numero tra 3 e 18, lancia tre dadi e vince se indovina la somma.
• In questa terzina Dante descrive un giocatore che, perdendo, ritenta più volte,
cercando di apprendere dai lanci ripetuti il segreto per vincere.
• Per capire cosa Dante voglia dire con questa terzina,
analizziamo questo gioco dal punto di vista
probabilistico.
Perdendo tristemente s’impara? - 2
• Innanzitutto elenchiamo, per ogni punteggio da 3 a 18 il numero di terzine di
numeri da 1 a 6 che gli corrispondono per somma, riportando anche i dati in
un istogramma
Somma # Terzine Somma # Terzine 28

3 1 11 27 24

4 3 12 25 20

5 6 13 21 16

6 10 14 15 12

7 15 15 10 8

8 21 16 6
4
9 25 17 3
0
10 27 18 1 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

• Conviene puntare sul 10 o sull’11: sono i numeri a cui corrispondono le


probabilità più elevate (P(10)=P(11)=27/216=3/24=12.5%).
Perdendo tristemente s’impara? - 3
• Tuttavia queste probabilità sono di poco superiori al 10.0%, quindi il 10 o
l’11 usciranno, in media, circa una volta ogni dieci lanci.
• «colui che perde si riman dolente» perché la vittoria è difficile da agguantare.
• Si raggiunge una probabilità ragguardevole considerando i sei numeri
centrali: 𝑃(8 − 13) = 146/216 ≈ 67.6%.
• Questi numeri compariranno circa sette volte ogni dieci lanci, quindi
“repetendo le volte” il giocatore incallito riuscirà ad individuare questo
gruppo di numeri che gli permetteranno di avere un vantaggio sul giocatore
occasionale. Ma lo imparerà solo dopo aver perduto molte volte (“e tristo
impara”).
Perdendo tristemente s’impara? - 4
• Naturalmente Dante non ha il concetto di probabilità.
• Però l’immagine fornita, del giocatore che acquisisce informazioni mediante
l’osservazione ripetuta del suo svolgimento, è innegabile.
• Abbiamo un assaggio in nuce di una consapevolezza, vaga ma evidentemente
diffusa, che elaborata successivamente porterà, secoli dopo, Cardano e Galilei
a elaborare le prime analisi quantitative sui giochi con i dadi e poi Pascal e
Fermat a formulare la definizione frequentistica di probabilità.
Cacciaguida e l’induzione - 1
Tu credi che a me tuo pensier mei da l’un, se si conosce, il cinque e ‘l sei;
da quel ch’è primo, così come raia (Paradiso XV 55-57)

• È interessante la similitudine che Cacciaguida usa per indicare una


conoscenza istantanea e chiara: quella che si ha dei numeri naturali una volta
note le proprietà basilari dell’unità e delle operazioni.
• Il 5 e il 6 non sono numeri speciali, sono un esempio di coppia di consecutivi:
all’epoca non erano ancora state introdotte le lettere a rappresentare quantità
indeterminate.
• In linguaggio più moderno, Cacciaguida sta dicendo che, dato l’1 e la
funzione di successore, si ha la conoscenza di tutti i numeri naturali.
Cacciaguida e l’induzione - 2
• Queste parole evidenziano come, già allora, fosse chiaro che la conoscenza
delle proprietà fondamentali di un insieme racchiude l’intera conoscenza di
quell’insieme, anche se infinito.
• In altre parole, per seguire l’esempio di Cacciaguida, siamo in grado di
conoscere qualunque numero naturale anche se non lo abbiamo mai
incontrato prima.
• Questa proprietà dei naturali è nota come «induzione» ed è usata in
moltissime dimostrazioni: si dimostra che una certa proprietà vale per lo 0 o
l’1, poi si dimostra che se essa vale per 𝑛 allora vale per 𝑛 + 1, e l’immediata
conseguenza è la validità per ogni numero naturale.
Gli angeli e la crescita esponenziale - 1
...L’incendio suo seguiva ogni scintilla; più che ‘l doppiar delli scacchi s’immilla...
ed eran tante, che ‘l numero loro (Paradiso XXVIII, 91-93)

• Dante descrive la grandezza di Dio come un incendio che sovrasta la


moltitudine delle sue scintille (gli angeli che loadorano), nonostante il numero
degli angeli sia enorme.
• In che modo si deduce questa enormità? E cosa c’entrano gli scacchi?
• Dante fa riferimento alla leggenda indiana sull’origine degli scacchi. Il Re
Iadava vinse un’importante battaglia in cui però perse suo figlio. Iadava
viveva quindi senza pace, rimuginando per capire se la morte del figlio fosse
stata inevitabile o se fosse una sua colpa.
Gli angeli e la crescita esponenziale - 2
• Si presentò a corte un brahmano e tirò fuori da una scatola una tavoletta con
64 caselle chiare e scure e 32 statuette bianche e nere. Man mano che il gioco
procedeva, Iadava capì che era una riproduzione della famosa battaglia e,
dopo numerose partite, capì che non avrebbe mai potuto vincere senza il
sacrificio di un certo pezzo (suo figlio).
• Iadava chiese al brahmano cosa volesse per ricompensa. 1 2 4 8 ...
• La ricompensa andava calcolata mediante gli scacchi: 1
chicco di riso per la prima casella, 2 chicchi di riso per la
seconda, 4 chicchi di riso per la terza e così via
raddoppiando i chicchi di riso per ogni casella.
Gli angeli e la crescita esponenziale - 3
• Iadava acconsentì ad una richiesta che gli appariva tanto modesta, ma quando
i suoi contabili calcolarono l’ammontare del riso il Re impallidì: non solo
quella quantità superava di gran lunga il contenuto di tutti i magazzini del
regno, ma neanche accumulando il raccolto di secoli consecutivi si sarebbe
raggiunta una tale quantità di riso.
• La quantità di riso 𝑅 richiesta dal brahmano è espressa dalla somma
𝑅 = 1 + 2 + 4 + ⋯ + 263
• È una crescita esponenziale, funzione alla base di molti fenomeni, e che ha
degli aspetti «illusori»: le funzioni esponenziali sembrano crescere
pochissimo all’inizio, ma in brevissimo tempo raggiungono valori enormi.
Gli angeli e la crescita esponenziale - 4
• Per riconoscere una crescita esponenziale non ci si può affidare ad una
valutazione dei suoi valori singoli, ma studiare il rapporto tra valori
consecutivi (che risulta costante).
• La quantità 𝑅 richiesta è un caso particolare di somma geometrica
𝑆 𝑎, 𝑛 = 1 + 𝑎 + 𝑎2 + ⋯ + 𝑎𝑛
• Per calcolare una formula semplice per 𝑆 𝑎, 𝑛 moltiplichiamo l’uguaglianza
che la definisce per 𝑎 − 1
𝑎 − 1 𝑆 𝑎, 𝑛 = 𝑎 − 1 1 + 𝑎 + 𝑎2 + ⋯ + 𝑎𝑛 =
= 𝑎 + 𝑎2 + 𝑎3 + ⋯ + 𝑎𝑛+1 − 1 − 𝑎 − 𝑎2 − ⋯ − 𝑎𝑛
• quasi tutti i monomi si elidono tra loro, quindi
Gli angeli e la crescita esponenziale - 5
𝑛+1
𝑛+1
𝑎 −1
𝑎 − 1 𝑆 𝑎, 𝑛 = 𝑎 − 1 ⇒ 𝑆 𝑎, 𝑛 =
𝑎−1
• Pertanto la quantità di riso che Iadava avrebbe dovuto versare sarebbe pari a
𝑅 = 𝑆 2,63 = 264 − 1 = 18′446′744′073′709′551′615
• chicchi di riso che, al peso di 0.02𝑔 a chicco, sono 369 miliardi di tonnellate
di riso (la produzione mondiale di riso non supera gli 800 milioni di tonnellate
all’anno, quella di cereali non supera i 3 miliardi di tonnellate all’anno).
• «più che ‘l doppiar delli scacchi s’immilla»: Dante afferma che il numero
degli angeli è dato con un calcolo simile a quello visto per il riso, ma
moltiplicando per 1000 anziché per 2.
Gli angeli e la crescita esponenziale - 6
• La quantità 𝐴 di angeli che circonda Dio è quindi 𝑆 1000,63
100064 − 1
𝐴 = 𝑆 1000,63 = = 1′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ …
1000 − 1
… 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ …
… 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ …
… 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ 001′ …
… 001′ 001′ 001′ 001′ 001′001′001′001′001′001
• Circa 10191 angeli. Il numero di protoni nell’ universo è circa 1078 .
• Dante vuole suggerire un numero spropositato (e neanche scrivibile con le
notazioni dell’epoca) ma finito, perché l’infinito è un attributo solo di Dio.
Il mistero della Trinita’ - 1
Qual è ’l geomètra che tutto s’affige tal era io a quella vista nova:
per misurar lo cerchio, e non ritrova, veder voleva come si convenne
pensando, quel principio ond’ elli indige, l’imago al cerchio e come vi s’indova;
(Paradiso XXXIII, 133-138)

• Dante vuole spiegare l’impossibilità di cogliere il mistero della Trinità, e a


questo fine fa riferimento al problema della quadratura del cerchio.
• Per capire il senso di ciò bisogna tornare alla geometria
della Grecia classica nella quale la determinazione
dell’area di una figura doveva passare per la costruzione
di una figura poligonale, di area già nota, equivalente o
in rapporto razionale con l’area da calcolare.
Il mistero della Trinità - 2
• Tutte le formule delle aree dei poligoni notevoli si ottengono riconducendosi
ad un quadrato mediante l’uso di sola riga e compasso.
• L’unica figura che sfugge è il cerchio: π, rapporto tra l’area di un cerchio e
quella del quadrato di lato pari al raggio, è trascendente. Cioè π non è
soluzione di nessuna equazione polinomiale intera, come invece sono tutte le
lunghezze costruibili con riga e compasso.
• Quindi non esiste una costruzione che porti da un
cerchio ad un quadrato equivalente: sebbene l’area del
cerchio esista, essa non è razionalizzabile, cioè è
rappresentabile esattamente mediante soli numeri interi.
Il mistero della Trinità - 3
• Tuttavia che π abbia queste proprietà è una scoperta recente, per Dante il
problema della quadratura del cerchio si presenta come un problema
complicatissimo, insoluto da tempo e su cui tanti matematici si stanno
arrovellando, ma non impossibile.
• Questo problema è quindi un esempio perfetto per il
mistero della Trinità: non è privo di soluzione, perché
l’area del cerchio esiste, ma per quanto la mente possa
sforzarsi, e avere l’impressione di esservi vicina, essa è
al limite delle capacità della mente umana.
L’Universo di Dante - 1
• L’universo descritto da Dante, in particolare il
Paradiso, possiede delle caratteristiche
apparentemente paradossali.
• L’Empireo contiene i beati, ma essi appaiono,
come se vi fossero “fisicamente” presenti, anche
nei cieli inferiori, eppure i diversi cieli non hanno
apparentemente alcun punto in comune.
• La Terra è al centro dei cieli che corrispondono ai
pianeti del sistema tolemaico, all’esterno dei quali
vi è il primum mobile, la sfera celeste che
impartisce il moto a tutti gli altri.
L’Universo di Dante - 2
• Anche qui abbiamo il paradosso di un’interazione
con gli altri cieli pur non avendo punti in comune
(il primum mobile è concentrico a tutte le altre sfere
e pertanto non ha punti in comune con esse).
• Inoltre c’è un paradosso nella posizione di Dio:
oltre il primum mobile ci sono le schiere angeliche
che circondando Dio, a distanze sempre minori,
benché questa seconda parte del creato sia
all’esterno e intorno al primum mobile e quindi
della parte del creato normalmente visibile
all’uomo.
L’Universo di Dante - 3
• Quindi Dio contemporaneamente circonda ed è
circondato da tutte le sfere celesti e corti angeliche:
è al contempo centro e confine di tutto il creato.
• L’Empireo appare come un “contro-universo”
rispetto a quello inferiore al primum mobile:
nell’Empireo le sfere appaiono restringersi
all’avvicinarsi a Dio, mentre le prime nove
appaiono più ampie man mano che si ascende.
• Queste caratteristiche nella geometria 3-D sono
impossibili. Ma possono essere razionalizzate con
un linguaggio matematico in dimensioni superiori.
L’Universo di Dante - 4
• 𝑛-bolla di raggio 𝑅: porzione di uno spazio a n dimensioni dei punti la cui
distanza da un centro è minore o uguale a 𝑅. La zona racchiusa da una
circonferenza è una 2-bolla, la zona racchiusa da una sfera è una 3-bolla.
• 𝑛 − 1 -sfera di raggio 𝑅: bordo di una 𝑛-bolla e quindi porzione di uno
spazio a 𝑛 dimensioni dei punti la cui distanza da un centro è uguale a 𝑅.
Ogni 𝑛 − 1 -sfera è il bordo di una 𝑛-bolla. Una circonferenza è una 1-sfera,
una sfera usuale è una 2-sfera.
• I numeri anteposti al termine bolla o sfera indicano le dimensioni spaziali
lungo cui ci si può muovere senza uscire dall’oggetto geometrico in
questione: una 𝑛-bolla ha le stesse dimensioni dello spazio in cui è
“immersa”, una 𝑛 − 1 -sfera invece ne ha una in meno.
L’Universo di Dante - 5
Espansione: da una 𝒏-bolla a una 𝒏-sfera - 1
• Ogni 𝑛-sfera (e la 𝑛 + 1 -bolla contenuta) può essere costruita da una 𝑛-
bolla in un 𝑛 + 1 -spazio con un procedimento chiamato espansione.
• Consideriamo due copie di una 𝑛-bolla sovrapposte nella loro estensione.
• Spostiamo i punti di ciascuna 𝑛-bolla perpendicolarmente ad essa (da
ciascuna 𝑛-bolla ci si sposta in un verso opposto all’altra) di una lunghezza
pari a 𝑙 = 𝑅2 − 𝑟 2 dove 𝑟 è la distanza dal centro.

Espansione di due 1-bolle (azzurro) in una 1-sfera (magenta). Espansione di due 2-bolle (azzurro) in una 2-sfera (magenta).
L’Universo di Dante - 6
Espansione: da una 𝒏-bolla a una 𝒏-sfera - 2
• Il centro di ogni 𝑛-bolla diventa il centro della semi-𝑛-sfera, pur trovandosi
sul bordo della 𝑛 + 1 -bolla racchiusa dalla 𝑛-sfera. Essa, come oggetto 𝑛
dimensionale, non ha bordo o confine, come accade ai poli della Terra.
• Il bordo di ciascuna 𝑛-bolla (che è una 𝑛 − 1 -sfera) resta sovrapposto a
quello dell’altra, costituendo la separazione tra le due semi-𝑛-sfere, giocando
un ruolo simile a quello della linea dell’Equatore per il pianeta Terra.

Espansione di due 1-bolle (azzurro) in una 1-sfera (magenta). Espansione di due 2-bolle (azzurro) in una 2-sfera (magenta).
L’Universo di Dante - 7
Espansione: da una 𝒏-bolla a una 𝒏-sfera - 3
• Eseguiamo l’espansione su due 3-bolle che sovrapposte per tutto il loro
volume, all’interno di un 4-spazio.
• Tutti i punti delle 3-bolle sono sovrapposti come in un 3-spazio, ma nel 4-
spazio esiste una direzione e un verso lungo cui ogni punto di ciascuna 3-
bolla può allontanarsi dall’altra 3-bolla senza attraversarla.
• Eseguendo l’espansione, otteniamo una 3-sfera.

Espansione di due 1-bolle (azzurro) in una 1-sfera (magenta). Espansione di due 2-bolle (azzurro) in una 2-sfera (magenta).
L’Universo di Dante - 8
Espansione: da una 𝒏-bolla a una 𝒏-sfera - 4
• Un essere 3-D non nota differenza tra il vivere nel volume 3-D di una 3-bolla
in un 3-spazio e il vivere nel volume 3-D di una 3-sfera in un 4-spazio, finché
le sue esperienze sono limitate a distanze piccole rispetto all’intera struttura.
• Si possono distinguere le due condizioni solo guardando su distanze molto
grandi nel proprio universo. Ma questo è ciò che fa il personaggio Dante
descrivendo il Paradiso.

Espansione di due 1-bolle (azzurro) in una 1-sfera (magenta). Espansione di due 2-bolle (azzurro) in una 2-sfera (magenta).
L’Universo di Dante - 9
L’universo dantesco come 𝟑-sfera - 1
• Anziché partire da due 3-bolle semplici partiamo da due 3-
bolle che siano suddivise in nove gusci 3-bollici e una 3-
bolla più piccola, tutti concentrici tra loro.
• Procediamo ora all’espansione come si farebbe per due
normali 3-bolle in una 3-sfera. Le due superfici 2-sferiche una 𝟑-bolla suddivisa in
che circondano le due 3-bolle iniziali restano porzioni concentriche.

completamente sovrapposte e formano la zona di


separazione tra le due semi-3-sfere che si sono create.
L’Universo di Dante - 10
L’universo dantesco come 𝟑-sfera - 2
• Se la costruzione fosse stata fatta con una dimensione in
meno, otterremmo la struttura nella seconda figura, dove la
linea verde corrisponderebbe alla separazione tra cieli
inferiori ed Empireo e le linee bianche alle separazioni tra i
diversi cieli inferiori (al di sotto della linea verde) e tra le
una 𝟑-bolla suddivisa in
corti angeliche (al di sopra della linea verde). porzioni concentriche.

• Per un essere bidimensionale che si muovesse su questa 2-


sfera, ciascuno dei due poli apparirebbe come il centro di
una serie di 1-sfere racchiuse da una singola 1-sfera (quella
in verde).
L’Universo di Dante - 11
L’universo dantesco come 𝟑-sfera - 3
• Tale 1-sfera risulterebbe suddividere la 2-sfera in due parti
separate, ciascuna con un proprio centro, ognuno dei quali
risulta essere centro della 1-sfera di separazione in base
all’emisfero in cui ci si trova.
• L’espansione produce sia la parte concentrica alla Terra, una 𝟑-bolla suddivisa in
suddivisa nella 3-bolla terrestre e in nove gusci/cieli porzioni concentriche.

inferiori, sia la parte concentrica a Dio, suddivisa nella 3-


bolla di Dio e in nove gusci/corti angeliche.
• La separazione tra primum mobile e Empireo risulta, agli
occhi 3-D, sia contenere la Terra e i cieli inferiori da un
lato, sia l’Empireo e le corti angeliche dall’altro.
L’Universo di Dante - 12
L’universo dantesco come 𝟑-sfera - 4
• Ciò non sarebbe possibile se l’universo dantesco fosse una
normale 3-bolla, perché una 2-sfera non può, nello stesso
tempo, separare la 3-bolla in due e apparire anche come il
contenitore di entrambe le parti. Invece per una 3-sfera le
due 2-sfere che racchiudono le due 3-bolle iniziali,
una 𝟑-bolla suddivisa in
➢ continuano entrambe a fare da bordo alla propria semi-3- porzioni concentriche.

sfera (per chi ha occhi tridimensionali),


➢ restano sovrapposte,
➢ quindi costituiscono un’unica superficie che separa in due
parti la 3-sfera che si ottiene dall’espansione.
L’Universo di Dante - 13
L’universo dantesco come 𝟑-sfera - 5
• L’universo dantesco è una 3-sfera che circonda una 4-bolla.
• Questo spiega la possibilità dei beati di apparire nei cieli
inferiori partendo dall’Empireo e senza attraversarne altri.
• I beati, essendo enti che hanno superato i limiti 3-D umani,
possono attraversare l’interno della 4-bolla esattamente una 𝟑-bolla suddivisa in
porzioni concentriche.
come un essere 3-D, nell’universo della seconda figura,
potrebbe attraversare l’interno della 3-bolla e spostarsi da
un emisfero all’altro senza necessariamente attraversare
nessuna delle curve bianche o verdi presenti sul bordo.
L’Universo di Dante - 14
L’universo dantesco come 𝟑-sfera - 6
• Dante non aveva certamente idea di questi concetti
matematici, ma intuisce che questa struttura è non
contraddittoria, benché impossibile nell’ambito della
Geometria Euclidea del piano e dello spazio.
• Deve avere questa intuizione data la sua adesione al una 𝟑-bolla suddivisa in
porzioni concentriche.
pitagorismo già manifestata in altri passi: la coerenza logica
e matematica del mondo è una caratteristica imprescindibile
anche per il Dio cristiano considerato onnipotente.
• Questa razionalizzazione, nell’ambito di geometrie euclidee
di dimensione superiore, dimostra che non si sbagliava.
Bibliografia
• FUSCO N., Il Pitagorismo nella Divina Commedia di
Dante Alighieri, pubblicato sia su MatMedia.it sia su
MathesisNazionale.it, https://tiny.one/FuscoDante.
• TROMBETTI G., Dante e la Matematica, seminario
nell’ambito del ciclo «Come alla Corte di Federico II».
• PETERSON M., Dante and the 3-Sphere, American Journal
of Physics v. 47 n. 12.

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