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FONDATA DA
V. PISANI e G. SCARPAT
Estratto da
EDITRICE STILGRAF
CESENA
LA FORMAZIONE DI UN PLATONICO:
DALLA DIFESA DELLA COMEDIA DI DANTE
ALLA COMPARATIO FRA PLATONE E ARISTOTELE
Abstract
Iacopo Mazzoni’s (Cesena 1548 – 1595) most famous works, the Difesa della
Comedia di Dante and the Comparatio Platonis et Aristotelis, differ in their
topics and aims: the Difesa defends Dante’s poem from the critics it received
during Mazzoni’s times, while the Comparatio asserts that although Plato’s and
Aristotle’s doctrines aren’t in agreement, yet a concordia between them does
exist. This paper provides a reassessment of the philosophical issues at stance in
these works.
1 Così, dopo altri studiosi, ci informa DALMAS, s.v. Mazzoni Iacopo, DBI, 72, Roma 2009,
pp. 709-714. Per quello che riguarda l’edizione della seconda parte della Difesa, cfr. C. GIGANTE,
Esperienze di filologia cinquecentesca …, Roma 2003, pp. 26-45. Per questa pagina introduttiva
presentiamo quanto già da noi detto altrove (C. MORESCHINI, Un filosofo di Cesena, Iacopo
Mazzoni, «Studi Romagnoli» 62 [2011], 2012, pp. 523-539).
2 I primi tre libri costituiscono da soli un’opera assai voluminosa (738 pagine), della quale il
primo libro è stato edito ad opera di chi scrive e Luigia BUSINAROLO (Cesena 2017), di Sara
PETRI, il secondo (Cesena 2018), di Luigia BUSINAROLO e Sara PETRI il terzo (Cesena 2019).
3 Mazzoni, tuttavia, sperava di pubblicarli a distanza di non molto tempo, stando a quanto dice
alla fine della prefazione («(l’autore) vi promette l’altra metà fra poco, forse più dilettevole, più
fruttuosa e meno imperfetta di questa»). Ai libri che furono pubblicati un secolo più tardi Maz-
zoni fa riferimento già nei primi tre: cfr. I 18, p. 60 (al principio del quarto libro), p. II 7, p. 257
1388 Paideia LXXIII (2018)
e 262 (al quarto libro); II 10, p. 267 (al sesto e al terzo libro); II 12, p. 273 (al quinto libro); II
22, p. 306 (al settimo libro); II 27, p. 318 (al quarto libro); III 42, p. 588 (al quinto libro).
4 Ci riferiamo alla In universam Platonis et Aristotelis philosophiam Praeludia, sive de Compa-
ratione Platonis et Aristotelis, Venetiis 1597, ripubblicata a Napoli, a cura di Anna DE PACE e
Sara MATTEOLI, 2010.
5 Cfr. La vita di Iacopo Mazzoni patrizio cesenate scritta dall’Abate Pierantonio SERASSI e dal
medesimo umiliata alla Santità di nostro Signore Pio Sesto Pontefice Massimo, in Roma, nella
stamperia Pagliarini MDCCXC, pp. 43-44.
6 Cfr. DE PACE, In universam Platonis et Aristotelis, cit. n. 4, pp. XX-XXI.
C. MORESCHINI, La formazione di un platonico 1389
l’Ateniese che si trova in quell’opera fosse Platone stesso, per cui si giu-
stificava una storia dell’Accademia.
Testimonia l’interesse per la storia dell’Accademia platonica anche il
passo successivo (I 70, p. 202), pure nel quale si fa riferimento ai prole-
gomeni del commento a Platone. In essi, ricorda Mazzoni, «si è diffusa-
mente ragionato della Philosophia Sceptica, e dell’Academia dubbiosa,
e si è insieme dimostrata una grande probabilità, sopra la quale sono
quelle Philosophie fondate», cioè Mazzoni ha parlato sia della Accade-
mia che attualmente si suole ricondurre ad Arcesilao, sia di quella, pro-
babilistica, il cui fondatore sarebbe stato Carneade. E siccome il contesto
della discussione ne offre l’occasione, «non sarà fuori di proposito il tra-
sferire in questa difesa alcune cose pertenenti a quella Philosophia, che
sono nel sopradetto luogo distese in iscrittura assai più copiosamente».
Questa sezione, quindi, sembra essere stata tratta dal commento e inse-
rita nella Difesa della Comedia di Dante. Anche questo passo conferma,
quindi, che i prolegomeni al commento vero e proprio contenevano una
storia della Accademia platonica.
Non possiamo, naturalmente, ripercorrere per intero il ragionamento
che Mazzoni svolge in questo passo a proposito dell’Accademia. Egli ri-
tiene che la filosofia scettica sia uno sviluppo della filosofia di Eraclito,
di cui accentua in senso negativo la convinzione che tutte le cose siano
nascoste nell’oscurità. Infatti, come testimonia Aristotele nel quarto
libro della Metafisica (Aristot., met. 1005b23-25),
pensò Heraclito, che le cose contrarie fossero di modo insieme compli-
cate, ch’elle si trovasseno in ciascun soggetto, e però che non si potesse
dire, che alcuno fosse più vivo, che morto, o più sano, che infermo, e
così de gli altri simili. Ma la Philosophia Sceptica negava tutto quello,
ch’era posto da Heraclito, di maniera che, dove diceva Heraclito: è que-
sto, e quello, overo: non è più questo di quello, diceva Pirrhone: non è
questo, né quello, overo: non è più questo, che quello. La qual proposi-
tione si deve però intendere in senso negativo, come l’ultima d’Heraclito
in senso positivo.
Mazzoni, per mancanza di fonti più attendibili, si basa (e non solo in
questo passo) soprattutto sulle informazioni che poteva ricavare dalla
Suda, un’opera da lui abbondantemente adoperata, a mo’ di enciclopedia,
nella Difesa.
Un approfondimento sul tema della impossibilità della conoscenza
(e quindi in attinenza con la storia dell’Accademia scettica) Mazzoni ri-
cava da un passo di Plutarco (adv. Colot. 1108B), che così traduce e com-
menta:
1392 Paideia LXXIII (2018)
Essendo che uno gonfio per una cotal sua ruvidezza, e buffoneria, et in-
solenza, porse il fieno a Socrate in luogo di pane, e dicendo egli di non
sapere alcuna cosa di certo, lo dimandò perché non si ponesse il cibo
nell’orecchia, ma più tosto nella bocca, volendo perciò farlo confessare
ch’egli sapea per che via si tranguggiasse il cibo.
Ma l’esempio citato non serve a confondere gli scettici, perché è de-
bole ed è stato spiegato dal medesimo Plutarco (adv. Colot. 1122BC):
A quelli, ch’intendono, et ascoltano si dicano queste cose. Essendo tre
specie de’ movimenti dell’anima, l’imaginante, l’appetente, e ‘l consen-
tiente, non si può, con ogni nostro sforzo, in modo alcuno estinguere il
primo. Percioché egli è necessario, che quando l’oggetto s’appresenta,
nasca il concetto nella imaginatione. L’appetente eccitato dalla specie im-
pressa, efficacemente move l’huomo, spinto quasi dal peso, e dal piega-
mento fatto nella parte principale a quelle cose, che gli sono per natura
convenienti. Hora né questo movimento anchora togliono quelli, che
suspendono l’assenso d’ogni cosa, ma usano l’appetito verso di quello
che naturalmente gli conviene. Che cosa fuggono dunque? Quello, a cui
stassi congiunto l’errore, e il falso, cioè l’opinione, che è quando per de-
bolezza si condiscende a quello, ch’appare, e se gli s’accosta, non ne ha-
vendo utilitade alcuna.
Plutarco, quindi, fa capire che gli Scettici non erano «così irresoluti,
e così dubbiosi d’ogni cosa, come communemente vien creduto, ma che
solamente sospendevano l’assenso della opinione, come di cosa, che è
capacissima d’errore» – cioè asserivano che non era possibile enunciare
un giudizio che avesse la pretesa di essere vero, ma solamente un giudizio
probabile, come manifesta la filosofia della “Academia dubbiosa”, nella
13 È,questa, la formula del giudizio, secondo gli Stoici: cfr. ad esempio SVF II 110-117 Von
Arnim.
14 Sud. s.v. Εὔλογον ἀξίωμα ε 3569.
C. MORESCHINI, La formazione di un platonico 1393
15 In Lucullo, annota Mazzoni in margine. Come osserva Luigia Businarolo ad locum, in realtà
la citazione di Cicerone proviene da leg. 1,38: quam quidem placare cupio, submovere non
audeo. Probabilmente Mazzoni citava a memoria o da una fonte che non riportava il testo in
forma corretta.
16 Cfr. Lucr. 4,469-470.
17 Cfr. Clem. Alex. Strom. 8, 5,15,2 – 16,1.
1394 Paideia LXXIII (2018)
gia, esistente e operante ab aeterno: tale concezione non era aliena al pen-
siero platonico (ed infatti Mazzoni dichiara che sarà oggetto di una trat-
tazione nei suoi commentari al filosofo), ma ripugnava al Mazzoni tardo,
interessato alla materia da un punto di vista scientifico e non metafisico,
in conformità con gli interessi della filosofia italiana del tardo Cinquecento
e a lui contemporanea. Come abbiamo osservato altrove21, è assai interes-
sante il fatto che Mazzoni abbia un atteggiamento sostanzialmente posi-
tivo verso la materia, che contrasta con quello tradizionale del platonismo,
che pure Mazzoni segue nella Comparatio. Mazzoni intende liberare la
materia dall’accusa, corrente fin dal platonismo tardoantico, che essa fosse
l’origine del male nel mondo. Una tale accusa implica, secondo lui, quello
che alcuni sostengono, cioè che a causa dell’esistenza del male nel mondo,
il demiurgo è malvagio o, almeno, non del tutto separato dalla malvagità.
Ma questo è assurdo. Qual è, dunque, l’origine del male? Egli osserva
(Comparatio, pp. 28-30) che il dubbio su questo problema gli era stato
suscitato dalle affermazioni di Platone e di Senofonte, che l’universo sa-
rebbe stato mosso da due anime contrastanti, una buona e una malvagia:
sono i due stessi autori che Mazzoni cita nella Difesa. Questa duplicità fu
contestata dall’alessandrino Ammonio, che sostenne che non si deve pen-
sare a una duplicità dell’anima, ma a una duplice facoltà dell’anima stessa
(una dottrina che Mazzoni ricavò da uno dei platonici per lui più autore-
voli, cioè Plutarco nel de animae procreatione in Timaeo22).
In conclusione, risulta da alcuni casi di un certo spessore filosofico che
Mazzoni si riserbava, nel suo commento ai Dialoghi di Platone, di pole-
mizzare con il filosofo ateniese e di correggere alcune sue dottrine secondo
la religione cristiana: anche nella Difesa Mazzoni aderiva al criterio del
‘de Platone caute legendo’, non diversamente che nella Comparatio23.
da lui ben conosciuto. Mazzoni nel contesto di III 21, il cui titolo ha at-
tinenza puramente con la retorica («Che li Poeti hanno seguite alcune
opinioni de’ scrittori nel Predicamento dell’Attione riputate impossibili
dagli altri scrittori, che sono stati di setta differente») inserisce una breve
divagazione24, suggeritagli dal fatto che Omero, in un passo dell’Iliade
(16,843-854), introduce Patroclo che, in procinto di essere ucciso da Et-
tore, prevede quello che sarebbe successo non molto tempo dopo a Et-
tore stesso, vale a dire di subire la stessa sorte per mano di Achille.
Secondo Mazzoni, Omero, così dicendo, segue l’opinione di Zoroastro
(interessante il fatto che, secondo Mazzoni, non solo i filosofi, come i
pitagorici e i platonici, ma anche un poeta, come Omero, abbia ripreso
le idee di Zoroastro): costui, infatti, credette che l’anima vicino a morte
«fosse capace della scienza del futuro, cominciando già a liberarsi da’ le-
gami del vehicolo ch’i Platonici nomano ostreaceo, et a ritirarsi nel ve-
hicolo ethereo, e celeste». Queste parole riprendono le dottrine di Fici-
no25, secondo il quale due sono i veicoli dell’anima, uno “ostreaceo”,
quello di cui parla il Fedro (ove Socrate dice che l’anima è legata al corpo
alla maniera di un mollusco alla sua conchiglia, ostrakon) (250c: questo
veicolo è da identificarsi con lo spirito, che è di natura corporea), mentre
l’altro è “etereo”, di natura celeste, ed è quello di cui parla Zoroastro.
Platone avrebbe parlato della preveggenza dell’anima vicina a morire
nell’Apologia, là dove Socrate vaticina che, dopo la morte, sarà in com-
pagnia degli illustri Greci del passato. L’opinione di Platone è seguita da
Cicerone (divin. 1,30,64), il quale, basandosi su di un evento riferito da
Posidonio, afferma che coloro che sono vicini a morte sono presaghi del
futuro (divinare morientes). Zoroastro concorda con Platone e Cicerone,
ma sbaglia, perché «l’anima nostra riceve perfettione da questo corpo,
come ha determinato Santa Chiesa nel quinto Concilio Constantinopo-
litano, et è stato detto da Aristotele, e da’ Peripatatetici in infiniti luoghi»
(p. 497) (è tramontata la fama di Zoroastro, che era fiorente ai tempi di
Ficino e di Steuco: ora siamo nel clima della Controriforma): di conse-
guenza, lo stato dell’anima vicino a morte, quando essa si spoglia del
corpo, non è uno stato perfetto: Mazzoni ripete qui quanto aveva già af-
fermato in I 68, p. 200. Comunque fu assai utile per stabilire ‘il credibile
24 È,questo, il suo metodo di indagine, come abbiamo osservato anche altre volte per le sue
opere.
25 Cfr. Theol. Plat. XIII, 4. Sull’argomento cfr. S. FELLINA, Il pensiero filosofico di Francesco
Cattani da Diacceto, Pisa 2017, p. 289.
C. MORESCHINI, La formazione di un platonico 1397
poetico’ – cosa che interessa a Mazzoni – che tale convinzione fosse stata
sostenuta anche da Zoroastro e dagli altri Magi della Persia. Mazzoni
cita quindi i versi di Zoroastro, nei quali il veicolo etereo è chiamato
«fuoco splendido», mentre il veicolo ostraceo è chiamato «corpo mate-
riale». La citazione è costituita da un conglomerato di tre versi degli Ora-
cula Chaldaica, che qui citiamo debitamente corretti (scorrettissimi,
come in generale il greco, e ametrici nell’edizione di Mazzoni26): fr. 96
des Places (ψυχῇ πῦρ δυνάμει πατρὸς οὖσα φαεινόν), fr. 112 (ἡγείσθω ψυχῆς
βάθος ἄμβροτον, ὄμματα δʼἄρδην / πάντʼἐκπέτασον ἄνω) e framm. 158
(μηδὲ τὸ τῆς ὕλης σκύβαλον κρημνῷ καταλήψῃς), e che Mazzoni imme-
diatamente dopo dà in traduzione italiana in versi. Prosegue poi, secondo
il suo solito, aggiungendo altre citazioni antiche del medesimo feno-
meno, che l’anima possiede la capacità di prevedere il futuro nell’immi-
nenza della morte (Virgilio, Ovidio).
A proposito del vehiculum celeste, che si è detto essere una dottrina
ficiniana, Mazzoni fa riferimento anche ad un celebre discepolo di Fi-
cino, Francesco Cattani da Diacceto. Dopo essersi soffermato nel cap.
28 (pp. 534-536) sulla collocazione geografica delle anime dopo la morte
e delle Isole dei beati, Mazzoni cita un passo di una lettera inviata da
Francesco Cattani da Diacceto a Cristoforo Marcello27. Il problema è,
appunto, quello di precisare la sorte delle anime: Lucano, ad esempio,
aveva affermato che l’anima di Pompeo dopo la morte era ascesa vicino
al circolo della luna (vicino, perché le anime risiedono nell’etere): semidei
manes habitant, quos ignea virtus / innocuos vitae patientes aetheris imi /
facit (9,7-9: fecit le edizioni moderne). Mazzoni si pone, quindi, la se-
guente domanda: se l’anima possiede il vehiculum scendendo dal cielo,
dove lo depone durante la sua risalita dopo la morte del corpo? Il pro-
blema era costituito dal fatto che il vehiculum era formato di pneuma, e
quindi era pur sempre materiale. Su questo problema si era espresso
Francesco Cattani da Diacceto, «ottimo filosofo nella via di Platone», il
quale, avendo esaminato in un primo momento i motivi per cui si po-
trebbe credere che, secondo Platone, le anime buone, uscite dai corpi,
26 In ogni caso, citiamo il testo greco così come lo leggeva Mazzoni, non come si legge nelle
edizioni moderne.
27 Cfr. Opera omnia, FRANCISCI CATANEI DIACETII patricii Florentini, philosophi summi, nunc
primum in lucem edita, Basileae, MDLXIII (= Fac-similé de l’édition Basileae, per Henricum
Petri et Petrum Pernam, 1563. Introduction de St. Toussaint … Les Editions du Miraval 2009),
p. 358; più recentemente: FRANCISCI CATANEI DIACETII De Pulchro libri III. Accedunt opuscula
inedita et dispersa necnon testimonia … edidit S. MATTON, Pisa 1986.
1398 Paideia LXXIII (2018)
28 Cfr. Opera Omnia cit. n. 27, pp. 349-355, p. 351. Il passo citato Da Mazzoni si trova a
pp. 304-305 dell’edizione di Matton; lo scambio epistolare tra il Diacceto e Cristoforo Marcello
comprende due lettere dell’uno e dell’altro corrispondente. Matton pubblica anche (pp. 389-390)
una citazione di Francesco Cattani ad opera di Mazzoni nel De triplici hominum vita, Cesena
1576, ff. 268v – 269r, ove Mazzoni fa un breve riferimento alla Enarratio in Symposium Platonis
di Cattani (pp. 174-175).
C. MORESCHINI, La formazione di un platonico 1399
la trasmigratione dell’anime nostre alla natura bestiale si può intendere
in due modi, cioè interiore, et esteriore. L’esteriore sarebbe quando ve-
ramente l’anima umana si trasferisse nel corpo d’un altro animale, e que-
sta è falsa, favolosa, et impossibile, come appieno ha dichiarato S. Ago-
stino nel decimo libro della città di Dio. E credo che in questo senti-
mento forse non fosse presa da Pithagora istesso, che quanto a Platone
ho ardimento di affirmare per cosa certa, ch’egli non l’intese in questo
senso. L’interiore è quando l’anima nostra soprapresa da vitij, perde l’uso
della ragione, e diventa simile alle fiere, et a’ Demoni, e questa è la tra-
parole: σὺν γὰρ ἀγγεῖον θῆρες χθονὸς οἰχήσουσι (framm. 157 Des Places).
sformatione vera, della quale parlando Zoroastro anchora ha detto queste
29 Est autem μετενσωμάτωσις, secundum quam credebant isti, animam de corpore humano ad
corpus ferinum migrare, quam παλιγγενεσία, id est regenerationem, Zoroaster appellavit, ita
quod metensomatosis sit commune decretum harum duarum Academiarum.
1400 Paideia LXXIII (2018)
nell’ambito della γένεσις, cioè della realtà destinata alla nascita. Proclo,
Kroll), e Mazzoni con lui, significa la lotta intorno al bello che ha luogo
nella traduzione di Mazzoni, spiega che «la favola d’Helena significa in-
torno a che sia sempre la guerra dell’anime, fin che le più intellettuali ha-
vendo vinta la vita delle più sensuali, trapassano quinci a quel luogo,
onde esse a principio si partiro» – cioè indica il ritorno delle anime al
mondo iperuranio dal quale caddero (Plat., Phaedr. 247a ss.): «questo
periodo dunque si disse che fu di diec’anni (scil., il periodo della guerra
di Troia), cioè di diece mill’anni», come dice Platone (Phaedr. 248e). Per-
tanto Proclo dette tanta importanza all’allegoria nei poemi che considerò
ciechi (come Stesicoro) quelli che non la intendevano, «quasi volesse dire
che questo è l’oggetto, e lo scopo, ove rimira ogni buon Poeta et ove
deve rimirare ciascuno che legge li poemi».
Il ricorso a Proclo continua anche nelle pagine successive (pp. 566-568).
Platone, come è noto, nella Repubblica aveva biasimato Omero perché
aveva rappresentato gli dèi in modo sconveniente, cioè soggetti alle pas-
sioni umane: in particolare, gli dèi erano stati presi dal riso allorquando
avevano visto Vulcano mescere e zoppicare andando dall’uno all’altro
dio (Il. 1,599 ss.). Il filosofo neoplatonico risponde servendosi dell’alle-
goria, ed interpreta il passo di Omero nel senso che gli dèi governano il
mondo con il riso, cioè con diletto (comm. Resp. 1,127,4-11 Kroll).
Un’altra critica (molto più famosa) rivolta a Omero, e non solamente da
Platone, ma anche dagli Stoici, era la descrizione dell’amplesso di Zeus
e di Hera, nel quattordicesimo libro dell’Iliade (315 ss.). Proclo risponde
che il significato di quel passo è allegorico: «che tutte le cagioni feconde,
che sono dopo la prima, chiamata da Platone Uno, e Bene, hanno qual-
che sorte di composizione, nomata da Platone nel Philebo Fine, et Infi-
C. MORESCHINI, La formazione di un platonico 1401
tre gli antichi aggiunsero anche alcune favole per dimostrare l’esistenza
delle pene infernali, come quella del supplizio di Tantalo. Si tratta di fa-
vole, come dimostra anche l’epicureo Lucrezio, il quale sostiene che
quelle pene infernali sono una allegoria delle pene che soffriamo entro
di noi quando siamo tormentati dai vizi35.
Cosa sia, infine, la “allegoria negociosa” è spiegata all’inizio del cap.
41: essa è «quella che non contiene altra verità, se non quella del fatto e
del negocio istesso, nel modo ch’egli successe, benché ella sia di maniera
ascosa sotto il velame della favola, che non possa in modo alcuno appa-
rere, se non solo a quello che ben fisamente vi guarda». Appartengono
a questo tipo di allegorie gran parte delle interpretazioni dei miti antichi,
composte da Palefato nel libro Delle cose impossibili, nel quale l’autore
mostra che esistono molte favole che, prese alla lettera, sono impossibili,
ma contengono una storia vera se sono lette allegoricamente (p. 580): que-
ste favole sono esposte da Mazzoni nelle pagine successive (pp. 581-584).
A dire la verità, non si capisce quale sia il motivo per un raggruppamento
di questo genere sotto il titolo generale della allegoria: forse esso serve a
preparare un argomento che a Mazzoni interessa di più, vale a dire tro-
vare che anche Aristotele sostenne che esistesse l’allegoria. Questo è af-
fermato nel successivo capitolo 42: dopo aver contestato l’opinione di
Aristarco, che escluse l’esistenza dell’allegoria nei poemi omerici (p. 585),
Mazzoni tira dalla sua parte Aristotele interpretando a suo modo («ha
conceduta l’allegoria nascosa sotto il senso letterale incredibile») il passo
ἀποδέχεσθαι καὶ ἄτοπον, ἐπεὶ καὶ τὰ ἐν Ὀδυσσείᾳ ἄλογα, τὰ περὶ τὴν ἔκθε-
σιν, ὡς οὐκ ἂν ἦν ἀνεκτά, δῆλον ἂν γένοιτο, εἰ αὐτὰ φαῦλος ποιητὴς ποιήσῃ.
Νῦν δὲ τοῖς ἄλλοις ἀγαθοῖς ὁ ποιητὴς ἀφανίζει ἡδεύων τὸ ἄτοπον. Questa
la traduzione: «E se parrà che sia più ragionevole ricevere anchora lo
sconvenevole, poiché sono anchora sconvenevoli le cose dette nell’Odis-
sea intorno allo sporre di nave, et è manifesto, che non sariano tolerabili,
se un reo Poeta le facesse. Ma hora con altri beni rendendo il Poeta di-
lettevole la sconvenevolezza la fa sparire» (p. 586).
Con queste parole Mazzoni vuole seguire, stando alle sue parole di
elogio (p. 586), l’interpretazione che di questo passo della Poetica aveva
proposto il Cavallier Leonardo Salviati: il commento di Salviati risale al
35 Perbrevità non indichiamo le citazioni dei poeti latini qui nominati, riserbando l’individua-
zione di esse alla edizione del terzo libro, attualmente in fase di elaborazione.
1404 Paideia LXXIII (2018)
36 Mazzoni probabilmente la lesse personalmente, e poté ottenerne una copia data la sua amicizia
con l’ambiente fiorentino. Si sa, del resto, che Mazzoni fece vedere la sua Difesa a vari amici,
prima che essa fosse pubblicata. Nominare con ossequio il Salviati, fondatore dell’Accademia
della Crusca, era quasi un obbligo per chi, come Mazzoni, fu nominato ‘cruscante’ con il titolo
di ‘stagionato’.
INDICE DEL VOLUME
(PARS PRIMA – Paideia 73 [I/III])
CATULLIANA
Catullo: modelli, tradizione manoscritta, Fortleben
TAMÁS ADAMIK
The Structure and the Function
of Similes in Catullus’ Poetry 9
ANTONELLA BORGO
Villette, ipoteche e debiti:
a proposito di un tema poetico
(Furio Bibaculo frr. 2 e 3 Tr.; Catullo 26) 31
ALBERTO CANOBBIO
Rileggendo il carme 10 di Catullo:
una proposta esegetico-testuale per i versi 9-13 43
GREGSON DAVIS
The text of Catullus Carm. 4,19:
the case for conjectural emendation 57
SIMONE GIBERTINI
Integrazioni alla bibliografia critica
del Codex Traguriensis
(Paris, B. N. F., Latin 7989): 1961-1999 81
BORIS HOGENMÜLLER
Bemerkungen zur Intra- und Intertextualität
von Cat. c. 68,1-10 103
WOLFGANG HÜBNER
„Katulla“ – Geschlechtsumwandlung bei Catull 117
KONRAD KOKOSZKIEWICZ
A Note on Catullus 68b,157-158 139
DAVID KONSTAN
Two Trips to Bithynia? A Note on Catullus’ Phaselus 147
LEAH KRONENBERG
Catullus 34 and Valerius Cato’s Diana 157
CAMILLO NERI
“Fiamme gemelle”.
Storia di un (possibile) rapporto intertestuale 203
MARIANTONIETTA PALADINI
Ancora sul carme 17 di Catullo:
dai fescennini a Claudiano 245
Indice del volume I/III (Pars prima) 1469
PAOLA PAOLUCCI
L’imbarcazione, il mulattiere ed il fungo 269
ÉTIENNE WOLFF
Catulle (ou son absence) dans la poésie
de Janus Pannonius (1434-1472) 325
ARTICOLI E NOTE
LUIGI BELLONI
La parola ‘eschilea’ di Ildebrando Pizzetti
in Assassinio nella Cattedrale 335
PAOLO CUGUSI
Osservazioni testuali su carmi epigrafici latini 361
PIERRE-JACQUES DEHON
Priape et les quatre saisons:
un élément pour la chronologie des Priapea? 391
ROBERTA FRANCHI
In bonam et in malam partem:
la simbologia del corvo dalla Bibbia a Boccaccio 407
FABIO GASTI
Aspetti della presenza di Ovidio in Ennodio 431
1470 Paideia LXXIII (2018)
SIMONE GIBERTINI
Properzio 1,1,1 nel ms. Paris, B. N. F., Latin 7989 451
VINCENZO LOMIENTO
Il discorso di Anchise (Aen. 6,724-751):
l’intreccio e le maglie del testo 489
MASSIMO MAGNANI
L’Eolo di Euripide e le genealogie degli Eoli 511
CLAUDIO MICAELLI
Osservazioni sull’Inno VIII
del Cathemerinon di Prudenzio 547
ALESSIA MORIGI
Fuori porta.
Dati inediti sulle ville extraurbane di Parma dagli scavi
e dalle prospezioni in via Forlanini e in via De Chirico 567
RENATO ONIGA
Il latino nella formazione intellettuale europea
in età moderna e contemporanea 593
TIBERIU POPA
Virgil’s Eclogues and the Aesthetics of Symmetry 613
GUALTIERO ROTA
L’Irrisio Gentilium Philosophorum:
“neurospaston” da Clemente al... Pinoculus di Maffacini
(Herm. Irris. 12,4) 631
GUALTIERO ROTA
Michele Psello e un esempio di “risemantizzazione cristiana”:
De omnifaria doctrina 164 651
Indice del volume I/III (Pars prima) 1471
ARIANNA SACERDOTI
A proposito di Antigone
e di “disambientazioni” del personaggio 665
RICCARDO VILLICICH
Teatri di età ellenistica nell’Epiro e nell’Illiria meridionale:
alcune riflessioni 681
LORIANO ZURLI
Alcestis Barcinonensis ed Aegritudo Perdicae.
Considerazioni stravaganti 699
INDICE DEL VOLUME
(PARS SECUNDA – Paideia 73 [II/III])
CATULLIANA
Catullo: modelli, tradizione manoscritta, Fortleben
NEIL ADKIN
Cunni(ng) cacemphaton in Catullus 725
KRYSTYNA BARTOL
Catullo, 64,19-21: una reminiscenza alcaica? 739
ALESSIA BONADEO
Pranzo al sacco o tenzone poetica?
Una rilettura di Catull. 13 749
GABRIELE BURZACCHINI
Memoria saffica in Catullo: un nuovo caso? 775
MALCOLM DAVIES
Catullus 61: cletic and encomiastic conventions 795
ROSALBA DIMUNDO
Il motivo del verberare puellam negli elegiaci latini 811
1474 Paideia LXXIII (2018)
PAOLO GATTI
Nonio Marcello e Catullo 829
JOHN GODWIN
The Ironic Epicurean in Poems 23, 114, 115 837
STEPHEN HARRISON
Further notes on the text and interpretation of Catullus 853
FREDERICK JONES
Catullus’ libellus and Catullan aesthetics 867
BORIS KAYACHEV
Catullus 64,71: a textual note 891
SEVERIN KOSTER
22: Ein anderer Catull? 895
DAVID KUTZKO
Isolation and Venustas
in Catullus 13 and the Catullan Corpus 903
GIANCARLO MAZZOLI
Iam: una particella molto catulliana 937
LUIGI PIACENTE
Catullo a casa Guarini 955
BRUNA PIERI
Nimio Veneris odio: Catullo ‘tragico’ in Seneca ‘lirico’ 967
RÉMY POIGNAULT
Catulle chez Marguerite Yourcenar 989
GIOVANNI POLARA
Il Catullo di Francesco Arnaldi 1003
Indice del volume II/III (Pars secunda) 1475
CHIARA RENDA
Riflessi catulliani nella poetica di Fedro 1025
STEFANIA SANTELIA
‘Riusi’ di Orienzio:
saggio di commento a Comm. 1,1-42; 2,1-12 e 407-418 1063
ALDO SETAIOLI
La dedica di Catullo a Cornelio Nepote 1091
GIUSEPPE SOLARO
Cesare, Clodia e quell'eterno tormento 1107
RENZO TOSI
Osservazioni in margine al carme 86 di Catullo 1115
ARTICOLI E NOTE
RENATO BADALÌ
Medici poeti 1169
FRANCIS CAIRNS
Epilegomena to Horace Odes 1,38 1201
1476 Paideia LXXIII (2018)
PAUL CLAES
Allegory in Horace’s Soracte ode 1261
EDOARDO D’ANGELO
Il motivo della ‘fanciulla perseguitata’
nell’agiografia latina 1269
FRANCESCO DE MARTINO
Filologia e Folklore:
Giorgio Pasquali e le vestigia della “covata” 1285
PAOLO FEDELI
‘Si licet exemplis in parvo grandibus uti’.
Ovidio, all’ombra dei mitici esempi 1307
CRESCENZO FORMICOLA
Vergilium vidi tantum:
intertestualità virgiliana nella poesia ovidiana dell’esilio 1321
ALFREDO GHISELLI
Inno a Roma 1343
GIANNI GUASTELLA
L’Agamennone di Evangelista Fossa
e i primi volgarizzamenti delle tragedie senecane 1353
CLAUDIO MORESCHINI
La formazione di un platonico:
dalla Difesa della Comedia di Dante
alla Comparatio fra Platone e Aristotele 1387
Indice del volume II/III (Pars secunda) 1477
GIANNA PETRONE
Il volto della maschera.
Su alcuni effetti drammaturgici del teatro senecano 1429
ANTONIO STRAMAGLIA
Si può mentire sotto tortura? Nota a Ps. Quint. decl. 7,6 1455
ANDREA TESSIER
La prefazione di Adrien Tournebus al suo Sofocle (1553) 1459
Finito di stampare nella Stilgraf di Cesena
nel mese di luglio 2018
PAIDEIA QUADERNI DI «PAIDEIA»
rivista di filologia, ermeneutica e critica letteraria collana di studi di antichistica e filologia
PERIODICO ANNUALE
ISSN: 0030-9435
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