Sei sulla pagina 1di 3

“Zitti e buoni!

”: dietro al
fenomeno Måneskin
2 ore ago2.183 views3 min read

Non si vince Sanremo, l’Eurofestival per caso. Soprattutto quando si


è una band, italiana, e per giunta “rock”.

Non si entra di prepotenza nelle classifiche statunitensi per caso.

Non si desta l’interesse di personaggi come Iggy Pop per caso.

E, no, mi spiace, tutto ciò non avviene perché si è in possesso di un


tale talento in grado di smuovere le montagne.

Se i Måneskin sono stati capaci di raggiungere in poche


settimane tutti i successi appena descritti, soprattutto da
una posizione “periferica” come quella italiana, significa che
l’intera industria discografica li ha scelti come assoluta
priorità per veicolare i disvalori a cui è interessata.

L’armamentario ideologico a cui questi quattro ragazzotti si


inchineranno è sostanzialmente sempre il solito e, da qui a breve, li
vedremo in prima fila a fungere da testimonial nei confronti di
qualsiasi messaggio di ordine: già adesso li abbiamo visti rilasciare
:
dichiarazioni sulla necessità di una sessualità “fluida”, li abbiamo
visti definire come “terrapiattisti” tutti coloro che non desiderassero
sottoporsi al vaccino sperimentale, abbiamo ammirato la loro effige
in migliaia di manifesti che significativamente recavano la scritta
“Zitti e Buoni!”.

Usurato è anche il cortocircuito secondo cui il conformismo debba


essere veicolato attraverso ciò che viene venduto come “ribelle” e
“trasgressivo”, e i Måneskin, con le loro tutine attillate e con le loro
linguacce non fanno eccezione. Comportamenti che andrebbero
forse bene per una festa alle elementari, ma tant’è…

Vi è però un aspetto interessante del fenomeno e, per ora, unico nel


suo genere: genericamente la religione del Capitale Assoluto
promulga una obsolescenza brevissima delle sue merci e mode, in
modo da garantirsi una falsa contrapposizione generazionale e, in
generale, un rifiuto del passato in favore del “nuovo”.

Ovviamente il “nuovo” autodichiarato tale altro non è che che una


squallida riproposizione del già visto indirizzata a plebi senza
memoria e dunque non in grado di afferrare questa falsificazione. Si
pensi ad Achille Lauro che scimmiotta malamente David Bowie
nell’estasi dei giornalisti.

Però si parla di nuovo.

Coi Måneskin, invece, si gioca esplicitamente a far tornare in auge il


passato. E questi quattro ragazzotti, in effetti, appaiono come una
band di dilettanti che tentano di imitare le band glam rock degli anni
settanta. Stessa estetica, stesse soluzioni stilistiche. Il video della
loro “I wanna be your slave” sembra provenire dal 1973. Non è però
inoffensivo revival… Un mondo che, in quanto “vecchio”, verrebbe
rifiutato aprioristicamente dai teenagers, che viene accettato proprio
in virtù del depotenziamento portato avanti dalla band romana.
:
Il loro dilettantismo, la loro pochezza, è funzionale a svuotare
di ogni significato il passato. L’estetica del glam rock, che
possedeva un senso e una poetica, diventa una sorta di
Carnevale da adolescenti, ed è dunque un mero meccanismo
di superficie, pronto ad aderire alla propaganda di questi
giorni.

Coi Måneskin, il rock, già dichiarato morto più volte, viene ucciso una
seconda volta.

ANTONELLO CRESTI

Saggista, conferenziere ed agitatore culturale.


Si è laureato con lode in Scienze dello Spettacolo presso l’Università
di Firenze.
Ha iniziato la sua attività artistica come musicista, animando vari
progetti e producendo numerosi album.

Ha già pubblicato undici libri, usciti con varie case editrici, dedicati a
musica underground, cultura britannica, esoterismo, controcultura.

E’ ideatore di un film e di un documentario, entrambi a tematica


musicale.

Collabora con numerose testate giornalistiche nazionali tra cui


CulturaIdentità e Optimagazine.

E’ fondatore della Convenzione degli Indocili, una rete trasversale di


intellettuali e creativi che operino in opposizione al Pensiero Unico.

E' Vicepresidente Nazionale di Ancora Italia

View all posts


:

Potrebbero piacerti anche