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Museum Learning Through a Foreign Language

The Impact of Internationalisation

Fabiana Fazzi
(Università Ca’ Foscari Venezia, Italia)

Nel contesto dell’internazionalizzazione, i cittadini dell’UE devono sviluppare una serie di


competenze non solo professionali, ma anche culturali e linguistiche. Di fatti, i cittadini
europei dovrebbero essere competenti in almeno altre due lingue al di fuori della loro lingua
madre. Sapere altre lingue può facilitare il lavoro, lo studio ed eventuali viaggi in Europa,
stabilendo, così, una comunicazione interculturale.
Per raggiungere tale scopo, è bene che gli individui mettano insieme conoscenze e
competenze appartenenti a varie fonti e contesti. Uno sviluppo in questo senso c’è stato
nel contesto del museo: in Italia c’è stata una crescita nei programmi di apprendimento dei
musei, i quali, a differenza delle comuni guide turistiche, hanno lo scopo di permettere ai
visitatori di usare e sviluppare abilità in lingua straniera. Tutto ciò avviene in un ambiente
molto più autentico e stimolante rispetto alla classe.
Molti musei sostengono che la cornice pedagogica adatta a questi progetti derivi dalla
metodologia del CLIL (Content and Language Integrated Learning), che nelle scuole ha
permesso l’insegnamento obbligatorio in lingua straniera di una determinata materia. Da
questo capiamo che il CLIL è già abbastanza integrato nel sistema scolastico italiano e per
questo anche i musei hanno la necessità di adattarsi ad esso, e quindi al programma
scolastico, per quanto riguarda i programmi educativi che ha intenzione di offrire.

Pedagogia museale (Museum-Based Pedagogy)


Diversamente dall’apprendimento in classe, che è lineare e segue delle unità in modo
ordinato, l’apprendimento museale è composto da piccole unità che non necessitano di una
continuità e si basano sulla curiosità, su una motivazione intrinseca, scelta e controllo degli
apprendenti. La visita al museo, di fatti, è particolare poiché prevede la presenza di oggetti,
che permettono al visitatore di imparare attivamente attraverso il coinvolgimento delle
intelligenze multiple e dei sensi. Tali oggetti attirano i visitatori poiché a volte sono strani e
creano interesse.
L’apprendimento museale dipende dalla costante interazione tra tre tipi di contesti (Falk e
Dierking, 2000), i quali influenzano l’apprendimento e sono fondamentali per l’esperienza di
apprendimento al museo. Tali contesti non sono né stabili né sconnessi tra di loro e sono:
⮚ il contesto personale (personal context) 🡪 motivazione, aspettative, conoscenza
pregressa, interessi, convinzioni, scelta e controllo;
⮚ il contesto socioculturale (sociocultural context) 🡪 mediazione all’interno di un
gruppo e mediazione facilitata da altri all’interno di un gruppo;
⮚ il contesto fisico (physical context) 🡪 organizzatori anticipati (strumento
organizzativo per la didattica che aiuta gli studenti ad orientarsi negli argomenti
trattati) e orientamento, design, eventi ed esperienze di potenziamento al di fuori
del museo.
Altri studiosi affermano che bisogna aggiungere anche un quarto contesto: il contesto
didattico (instructional context) 🡪 gli insegnanti devono essere coscienti del ruolo
fondamentale che hanno in questa esperienza, e cioè quello di mediatore, e dell’importanza
di pianificare, prima e dopo la visita, attività per accrescere l’apprendimento cognitivo e
affettivo degli studenti.
In relazione a questi contesti DeWitt e Osborne (2007) sviluppano il Framework for
Museum Practice, costituito da alcuni principi pratici da seguire:
- Principio 1: adottare la prospettiva dell’insegnante
- Principio 2: fornire una struttura
- Principio 2a: riduzione del “novelty effect”
- Principio 2b: rinforzamento dell’esperienza di apprendimento
- Principio 3: incoraggiare un’attività produttiva comune
- Principio 3a: discussione tra pari e con adulti
- Principio 3b: curiosità e interesse (degli apprendenti)
- Principio 3c: scelta e controllo (da parte degli apprendenti)
- Principio 3d: coinvolgimento cognitivo e questioni da affrontare
- Principio 3e: contributo personale
- Principio 4: dialogo di supporto, competenza e capacità di ricerca

Secondo il principio 1 gli educatori del museo devono essere al corrente delle pratiche di
studio degli insegnanti durante le gite, sugli obiettivi che gli insegnanti sperano di raggiugere
con queste visite e i fattori contestuali che possono avere un impatto su come gli insegnanti
guidano queste escursioni e cosa fanno prima e dopo la visita nelle classi.
Il principio 2 riguarda il grado di organizzazione della gita. Secondo alcuni studiosi, dare dei
fogli di lavoro a studenti e insegnanti con dei compiti ben strutturati o indicazioni da
seguire, li fa sentire più coinvolti e permette di fare alcune scelte durante l’esplorazione.
Questi fogli di lavoro devono: incoraggiare l’osservazione; dare tempo per esplorare e
permettere agli studenti di approcciarsi con gli oggetti e non solo con le etichette relative
alle opere; essere chiari e senza ambiguità; specificare dove trovare informazioni e
incoraggiare un dialogo tra i membri di un gruppo.
Il principio 2a si incentra sul fenomeno della novità, legato al contesto fisico. Si riferisce al
fatto che mentre molti visitatori fanno più attenzione all’esibizione, altri, invece, si
concentrano di più sull’orientamento e sulla modellazione del comportamento da adottare
per far fronte alla novità che si trovano davanti. Questo avviene in relazione allo spazio in
cui si trovano: le persone sono influenzate da come uno spazio è organizzato; ciò permette
loro di ricordare determinate cose e l’assenza o presenza di certi elementi, come luci o
suoni, può avere un impatto sull’apprendimento dei visitatori.
Il principio 2b anche ha a che fare con il contesto fisico e con la necessità di integrare la
visita al museo nel programma scolastico. Dunque, questo punto consiglia di sviluppare
delle attività che si costruiscono sul contenuto trattato durante la visita al museo. Questo
non viene fatto quasi mai dagli insegnanti, il che dimostra l’incapacità degli stessi di cogliere
i metodi di apprendimento degli ambienti informali come il museo, che si basano su un
apprendimento che avviene, per esempio, attraverso il gioco. Quindi, gli insegnanti non
riescono a collegare l’apprendimento museale con il programma scolastico e di conseguenza
non riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati in relazione a quella gita. Per risolvere ciò,
gli studiosi consigliano agli insegnanti di visitare la struttura che dovranno visitare prima di
andarci con gli studenti e di farsi spiegare bene quali sono le linee che segue il programma di
apprendimento museale. Ugualmente deve fare lo staff del museo, recandosi nelle scuole e
offrendo materiale scritto agli insegnanti, come appunti, riguardo al programma di
apprendimento che offre il museo.
I principi 3 e 3a si legano al contesto socioculturale. Secondo questi principi, gli uomini sono
degli animali sociali che condividono una conoscenza e un’esperienza in una comunità.
L’atto di imparare è sia individuale che di gruppo , per questo la dimensione socioculturale è
fondamentale per sviluppare l’abilità di ricordare una determinata esperienza e dare forma
a successive esperienze con gli stessi oggetti, idee o eventi. Questi principi promuovono i
lavori di gruppo e discussioni tra studenti e tra studenti e insegnanti.
I principi dal 3b al 3e si relazionano con il contesto personale. I task da somministrare agli
alunni devono essere costruiti sulla base della loro curiosità e dei loro interessi. I task
devono avere un piccolo numero di stimoli per incentivare l’attenzione degli studenti,
devono coinvolgere i sensi e l’esperienza deve contenere degli obiettivi stabili e chiari che
devono essere raggiunti, per poi produrre un certo feedback. Inoltre, è importante per lo
studente avere il controllo e la libera scelta durante il processo di apprendimento, quindi su
ciò che sta imparando. Questo significa che l’apprendimento si basa su dati sensoriali che
appartengono sia all’individuo che alla società con la quale interagisce.

Pedagogia CLIL (CLIL-Based Pedagogy)


CLIL (Content Language and Integrated Learning):
⮚ è un termine generico sviluppato dall’European Network of Administrators,
Researchers and Practitioners (EUROCLIC) durante la metà degli anni ‘90
⮚ è definito come qualsiasi situazione educativa in cui una lingua aggiuntiva (quindi
non quella largamente usata di solito dai parlanti) viene usata per insegnare e
apprendere delle determinate materie oltre che la lingua stessa
⮚ ha come scopo quello di accrescere le competenze degli studenti in una determinata
lingua
⮚ nel contesto CLIL, la lingua straniera e il contenuto sono visti come un insieme e
quindi vengono imparati insieme
⮚ sebbene in un contesto CLIL la lingua straniera sia usata come mezzo per
l’apprendimento di determinati contenuti, a volte è necessario concentrarsi prima
sulle caratteristiche della lingua stessa per poter capire e facilitare l’apprendimento
di una materia.

Il CLIL, dunque, prevede un apprendimento integrato (lingua + contenuti), che si è esteso


molto in Europa durante questi anni e che ha prodotto molti benefici. L’introduzione del
CLIL ha affermato la necessità di avere un uso più autentico della lingua straniera, che ci
permetta di parlare, leggere e scrivere riguardo al mondo.
Nonostante tutto, però, il CLIL non porta automaticamente ad un livello di insegnamento e
apprendimento perfetto e spesso il livello della lingua non sempre coincide con il livello
cognitivo dell’apprendente. Per questo l’insegnante dovrebbe sviluppare un metodo di
insegnamento che permetta agli studenti di capire i contenuti.
Sono stati sviluppati diversi framework per supportare la pianificazione dei programmi degli
insegnanti in base alle linee definite dal CLIL. Uno di questi è 4Cs framework (Coyle, 2006)
che integra quattro dimensioni: cultura, comunicazione, contenuto e cognizione. Secondo
questo modello, Coyle afferma che il coinvolgimento attivo delle abilità cognitive degli
studenti, la loro interazione con la situazione comunicativa e lo sviluppo di una coscienza
interculturale permettono loro di sviluppare conoscenza e competenze in relazione al
contenuto che devono assimilare. In questo modo gli studenti sono poi capaci di apprendere
in un contesto CLIL.
Per permettere l’apprendimento in un contesto CLIL, inoltre, è importante che gli studenti
abbiano una sorta di “impalcatura” (scaffolding) che li aiuti a far fronte a qualsiasi tipo di
contenuto/input. Questo tipo di supporto può aiutare gli studenti in vari modi: attraverso la
riduzione del carico linguistico e cognitivo relazionato al contenuto da imparare; attraverso
lo svolgimento di task che avviene grazie all’uso di elementi appropriati che supportano la
produzione scritta e orale degli studenti (es. frasi, vocaboli specifici, collocazioni), in modo
tale da incrementare la loro competenza nel linguaggio accademico.
Altro elemento importante è un approccio di apprendimento cooperativo, ossia la
creazione di piccoli gruppi di lavoro che permettano agli studenti di gestirsi e completare il
task assegnato, senza la supervisione dell'insegnante. Questo approccio ha dei risultati sia
quantitativi che qualitativi: nel primo caso, il fatto di essere in coppie o in gruppi rende gli
studenti attivi e con il fine di completare il task; nel secondo caso, l’apprendimento
cooperativo porta gli studenti a negoziare il significato del messaggio e così pianificare un
output, sviluppando competenza nella lingua straniera. Il successo o meno dell’approccio di
apprendimento cooperativo è dato da come i task vengono pianificati e implementati nel
contesto CLIL.
Sebbene il CLIL non abbia un sillabo basato sui task, essi occupano una posizione
fondamentale nel programma CLIL. Di fatti, è solo attraverso i task che un apprendente può
raggiungere gli obiettivi relazionati con il contenuto che deve assimilare. Secondo Ellis, un
task è un piano di lavoro che prevede che gli studenti processino la lingua pragmaticamente
per raggiungere un risultato, che può essere valutato in relazione alla correttezza o meno
del contenuto prodotto.
Per produrre un contenuto corretto è necessario fare attenzione al significato e all'uso delle
risorse linguistiche. Un task può combinare abilità produttive o ricettive, orali o scritte e
anche vari processi cognitivi.
Secondo il modello di Willis, ogni task è composto da tre step:
1. Pre-task: in questa fase l'insegnante Esplora l'argomento con la classe, aiuta gli studenti a
capire le istruzioni e preparare e attivare le parole relazionate all'argomento e le frasi.
2. Task-cycle: gli studenti svolgono il task in coppie o in piccoli gruppi mentre gli insegnanti li
controllano; planning - gli studenti si preparano per esporre all'intera classe oralmente o per
iscritto come hanno svolto il task, e cosa hanno scoperto o deciso; report - alcuni gruppi
presentano il loro lavoro alla classe o scambiano il loro lavoro scritto e comparano i risultati.
3. Post-task: in questa fase L'insegnante si focalizza sul linguaggio che gli studenti hanno
usato nei due step precedenti.
Questo modello dei task è molto flessibile poiché permette di adattare le varie componenti
ai bisogni degli apprendenti in relazione alla complessità e alla durata del task e alla
familiarità con l'argomento. In questo modo il task può essere anche diviso in più cicli e
quindi in più lezioni.

Problemi di pianificazione e di offerta del CLIL nel museo + progetto


Analizzando il programma CLIL di un museo in Nord Italia, Fazzi ha notato che ci sono vari
fattori che devono essere presi in considerazione quando si ha intenzione di costruire un
programma museale in un contesto CLIL.
Molte volte gli insegnanti e gli educatori dei musei non hanno gli stessi obiettivi, non
trattano gli stessi contenuti e non prendono in considerazione le competenze linguistiche
degli studenti. La mancanza di comunicazione tra questi due enti è provata dalla mancanza
di coinvolgimento degli studenti durante la visita al museo. Da ciò emerge che deve esserci
una più strutturata collaborazione tra scuola e museo e la creazione di un programma
museale incentrato su una metodologia basata sui task. Inoltre, si è notato che c'era la
mancanza di task che unissero la lingua e le abilità cognitive degli studenti.
In più, Fazzi ha notato che gli studenti non hanno uno scaffolding, che gli permetterebbe di
riconoscere e interagire con i contenuti artistici del museo.

Considerando il contesto appena descritto, dunque, è stato creato un progetto in


collaborazione con i Musei Civici di Venezia.
Lo scopo di questo progetto è la costruzione di uno scaffolding e di incoraggiare gli studenti
all'interazione con i contenuti del museo attraverso l'uso di una lingua straniera e
promuovere l'integrazione del CLIL in un contesto museale che si relazioni con il programma
scolastico.
Grazie a questo progetto sono stati sviluppati tre programmi di apprendimento museali CLIL
in lingua inglese. Ciò ha portato alla creazione di materiali destinati alla scuola secondaria e
di documenti con contenuti e metodologie che aiutano gli insegnanti a preparare gli
studenti per la visita al museo.
All'inizio il museo aveva un programma poco efficace poiché si incentrava solamente
sull'apprendimento di termini scientifici attraverso il gioco.
Con questo progetto hanno creato un programma che integra la scienza e l'apprendimento
della lingua straniera in modo che possa rispondere alle necessità e alle aspettative sia degli
insegnanti che del museo.
Gli educatori del Museo della Scienza hanno fatto un corso per approcciarsi al CLIL con lo
scopo di familiarizzare con i principi della metodologia CLIL e con i requisiti definiti dal
Ministero dell'Educazione in relazione alle scuole secondarie.
Per presentare i contenuti alle classi è stato scelto un educatore che non ha una
competenza scientifica, ma che è al corrente dei requisiti richiesti dalla metodologia CLIL e
che ha competenze in lingua inglese. L'educatrice scelta è Fazzi, che in cambio di queste sue
competenze è stata istruita dal museo riguardo ai contenuti scientifici che doveva trattare
con gli studenti nel momento della visita.
Per essere in linea con l'educazione di una scuola secondaria è stato consultato un
insegnante di biologia che conosceva la metodologia CLIL. Insieme hanno definito i
contenuti e la lingua, sono stati formati materiali (es. glossari con parole e immagini per
facilitare la memorizzazione agli studenti) e sono stati definiti gli obiettivi linguistici e
contenutistici.
In questo progetto la coordinazione tra pedagogia museale e pedagogia scolastica è stata
difficoltosa su certi punti. Prima di tutto c'è da dire che il programma CLIL scolastico si
incentra su delle competenze specifiche che studenti hanno e di cui l'insegnante è al
corrente. Nel caso dello sviluppo di un programma museale, l'audience di riferimento è più
ampia e quindi sta al museo adattarsi al livello dello specifico gruppo di studenti. È proprio
per questo che sono stati forniti dei supporti, come ad esempio un glossario, utile per
facilitare l'apprendimento di un linguaggio scientifico agli studenti. Inoltre durante questo
progetto si è notato che alcuni gruppi di studenti hanno avuto delle difficoltà riguardo a
certe parti del task proposto e all'uso di certi materiali come la mappa del museo, ed è per
questo che sono stati aiutati dall’educatore museale in modo da completarlo. Durante lo
svolgimento del task, è stato notato che lo step 3, ossia quello del post-task che si focalizza
sulla correttezza della forma del discorso prodotto in lingua straniera, può essere anche
affrontato a scuola, per fare in modo che durante la visita ci si concentri di più sulla
comunicazione e comprensione di significati prodotti, sviluppando curiosità e motivazione.
Infine, prima e dopo l’esperienza al museo, gli insegnanti devono fare delle attività utili per
consolidare il contenuto offerto dalla visita al museo.

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