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Esame svizzero di maturità ● Sessione invernale 2015


Esame scritto di italiano

Sussidio didattico ammesso: dizionario della lingua italiana.

1. Temi.

1. Emma Watson, Discorso all’ONU del 21


settembre 2014. 1

Ho iniziato a contestare i pregiudizi basati sul genere quando, a


otto anni, non capivo perché a me davano della “prepotente”
quando volevo dirigere le recite che organizzavamo per i nostri
genitori, mentre ai maschi non dicevano nulla. A 14 anni,
quando è iniziata la mia connotazione sessuale da parte di una
certa stampa. A 15, nel momento in cui le mie amiche lasciavano lo sport agonistico per
timore di diventare troppo “muscolose”. A 18, vedendo che i miei amici maschi non
riuscivano a esprimere le loro emozioni.
Decisi di essere femminista e mi sembrava molto semplice. Ma approfondendo
ultimamente la tematica ho capito che il termine femminismo è diventato impopolare. A
quanto pare appartengo ad un ordine di donne che sono giudicate troppo forti,
aggressive nel modo di esprimersi, che si autoemarginano, sono contro gli uomini e
poco attraenti. Sono britannica e reputo giusto ricevere, come donna, la stessa
retribuzione dei miei colleghi maschi. Reputo giusto di poter decidere del mio corpo.
Reputo giusto che le donne si impegnino in politica e decidano le sorti del mio paese.
Reputo giusto godere dello stesso rispetto sociale degli uomini. Purtroppo, però, posso
dire che non esiste paese al mondo in cui questi diritti sono garantiti a tutte le donne.
Per me questi diritti rientrano tra i diritti umani, ma io sono una delle fortunate. Sono
privilegiata perché i miei genitori non mi hanno amata meno perché sono nata femmina.

1 Questa parziale traduzione del discorso di Emma Watson è stata pubblicata su Repubblica.it il 24
settembre 2014. Emma Watson (1990) è la giovane attrice britannica diventata famosissima per aver
interpretato il personaggio di Hermione Granger nella saga cinematografica di Harry Potter.

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ESAME SVIZZERO DI MATURITÀ. SESSIONE INVERNALE 2015 ● ESAME SCRITTO DI ITALIANO

A scuola non ho avuto limitazioni perché ero femmina. I miei insegnanti non hanno
dato per scontato che non sarei andata lontano perché un giorno avrei potuto dare alla
luce un figlio. Con la loro influenza costoro hanno fatto di me ciò che sono ora: forse
non lo sanno ma sono femministi involontari. E ne servono altri come loro. E se ancora
odiate il termine, sappiate che non è la parola che importa, ma l’idea e l’ambizione che
porta con sé. Perché non tutte le donne hanno garantiti gli stessi diritti che ho io. A dire
il vero, statisticamente, sono pochissime.
Uomini – vorrei cogliere questa opportunità per estendervi un invito formale. La
parità di genere interessa anche voi. Perché oggi ad esempio ho visto che per la società
mio padre vale meno come genitore, anche se, da figlia, ho bisogno di lui quanto di mia
madre. Ho visto giovani affetti incapaci di chiedere aiuto per timore di sembrare meno
virili: in effetti nel Regno Unito il suicidio è la prima causa di morte per i maschi tra i 20
e i 49 anni, superando di gran lunga gli incidenti stradali, il cancro e le coronaropatie. Ho
visto uomini resi fragili e insicuri da un concetto distorto del successo maschile.
Neppure gli uomini godono della parità.
Non si parla spesso degli stereotipi di genere che imprigionano gli uomini ma so che
esistono e quando se ne libereranno, come naturale conseguenza cambieranno le cose
per le donne. Se gli uomini non dovranno essere aggressivi per essere accettati, le donne
non si sentiranno costrette ad essere remissive. Se gli uomini non dovranno esercitare il
controllo, le donne non dovranno essere controllate. Uomini e donne dovrebbero
entrambi sentirsi liberi di essere sensibili. Entrambi dovrebbero sentirsi liberi di essere
forti.
Forse penserete: ma chi è questa ragazzina di Harry Potter, cosa ci sta a fare all’Onu?
È una domanda lecita e, credetemi, me lo sono chiesta anch’io. Non so se ho le carte in
regola per stare qui. So solo che questo tema mi sta a cuore. E so che voglio migliorare
le cose. E sulla base di quello che ho visto – avendone l’occasione – sento il dovere di
prendere la parola. Lo statista inglese Edmund Burke disse: «Perché le forze del male
trionfino basta solo che i buoni, uomini e donne, non facciano nulla». Prima di salire sul
palco ero nervosa e insicura ma mi son detta: se non io, chi, se non ora, quando. Perché
la realtà è che se non facciamo nulla ci vorranno 75 anni, e io ne avrò quasi cento, prima
che le donne possano aspettarsi di ricevere la stessa retribuzione di un uomo svolgendo
lo stesso lavoro. Nei prossimi 16 anni saranno 15,5 milioni le spose bambine. E ai ritmi
attuali si dovrà arrivare al 2086 prima che tutte le ragazze dell’Africa rurale siano in
grado di accedere all’istruzione secondaria. Se credete nella parità, potreste essere tra i
femministi involontari di cui parlavo prima. E per questo avete il mio applauso.

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ESAME SVIZZERO DI MATURITÀ. SESSIONE INVERNALE 2015 ● ESAME SCRITTO DI ITALIANO

2. Lorenzo Licalzi, «Che cosa ti aspetti da me». 1

A parlare è Tommaso, personaggio del romanzo di Licalzi.

L’altruismo non esiste, almeno come idea pura. L’altruismo è la maschera dorata
dell’egoismo, in qualche caso del narcisismo, nient’altro che una loro anomala
gratificazione. C’è qualcuno che crede davvero all’esistenza di un uomo sulla faccia della
terra che mette gli altri prima di se stesso? O che almeno non usa gli altri, magari in
buona fede e con intenti lodevolissimi, per carità, ma pur sempre in suo favore?
C’è chi gode a fare del male e chi gode a fare del bene, ma tutto alla fine serve
sempre e solo al proprio godimento. A far del bene ci si sente buoni e in pace con la
propria coscienza, si soddisfano esigenze personali, in fondo, che per alcuni addirittura
si esauriscono nell’ammirazione suscitata nella gente. Bisognerebbe che fosse il
contrario, allora sì che si capirebbe se l’altruismo esiste davvero. Bisognerebbe che a far
del bene si provassero disagio, sensi di colpa, rimorsi, proprio come ci si sente, talvolta,
dopo aver compiuto una cosiddetta “cattiva azione”. Quanti continuerebbero a far del
bene se le cose stessero così? Allora sì che ci crederei, io, all’altruismo, altrimenti è
troppo facile. E allora non ci credo.

1 LORENZO LICALZI (1956), Che cosa ti aspetti da me, Rizzoli, Milano 2005.

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ESAME SVIZZERO DI MATURITÀ. SESSIONE INVERNALE 2015 ● ESAME SCRITTO DI ITALIANO

3. Armando Massarenti, «Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia


minima». 1

Leggo su un quotidiano il seguente titolo: «Più si è ricchi, più si è infelici: il teorema


di Kahneman». Non esageriamo. Però un po’ è vero: sono sempre di più gli economisti
che mostrano, da vari punti di vista, che l’homo oeconomicus è un modello da rivedere, e
che le persone non agiscono solo per il desiderio di guadagnare. Le analisi mostrano che
la ricchezza è determinante per la felicità solo al di sotto di una soglia di reddito
piuttosto bassa, al di sopra della quale intervengono altri fattori. Ma se non è il denaro,
che cosa rende gli uomini davvero felici? Nel 2002 Bruno Frey e Alois Sturzer hanno
condotto un’indagine, dalla quale emerge che il Paese europeo dove la gente è più felice
è la Svizzera. Non per la ricchezza, né per la bellezza dei luoghi, ma per la tendenza a
prendere sul serio la democrazia.
Nei Cantoni svizzeri si vota molto spesso, anche su temi fondamentali e complessi.
La soddisfazione data dalla possibilità di poter decidere su molte questioni, piccole e
grandi, supera di gran lunga quella derivante da un sostanzioso aumento di stipendio.
Dove ci si avvicina a forme di democrazia diretta tutti i servizi sociali sembrano
funzionare meglio. Prova ne è che se uno straniero usufruisce degli stessi servizi non ne
trae lo stesso grado di soddisfazione di chi ha partecipato ai processi decisionali da cui
sono nati.
Insomma, la democrazia, il senso civico, l’armonia sociale, la fiducia reciproca, la
possibilità di avere un effettivo controllo sulla propria vita sono i veri fattori della felicità
umana. […]

1 ARMANDO MASSARENTI, Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima, Parma, Guanda, 2006, pp.
127-128. Armando Massarenti (1961) è responsabile del supplemento culturale «Il Sole 24 Ore
Domenica». È direttore per Mondadori Università della collana Scienza e filosofia. È autore del manuale
per le scuole Filosofia. Sapere di non sapere (con Emiliano Di Marco, D’Anna, 2011-2012). Con Il lancio del
Nano ha vinto il Premio Filosofico Castiglioncello (2007) e il Premio di saggistica Città delle rose
(2007). Il suo Dizionario delle idee non comuni ha ottenuto il Premio Capalbio 2011.

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ESAME SVIZZERO DI MATURITÀ. SESSIONE INVERNALE 2015 ● ESAME SCRITTO DI ITALIANO

2. Analisi del testo letterario.

Sandro Veronesi, «Elemosina per me stesso». 1

L’autore.

Sandro Veronesi, scrittore e giornalista italiano, è nato a Firenze nel 1959. Laureatosi
in architettura nel corso degli anni Ottanta, si è trasferito a Roma dove ha esordito sulla
scena letteraria con il libro Per dove parte questo treno allegro (1988) ottenendo vasti consensi
di critica e pubblico. Collaboratore di importanti testate quali il manifesto, Epoca, l’Unità,
Corriere della Sera, la definitiva consacrazione a voce nuova della letteratura italiana
contemporanea è arrivata con La forza del passato (2000, premio Viareggio e Campiello).
Autore del libro inchiesta sulla pena di morte Occhio per occhio (1992), tra le sue altre
opere si ricordano: Gli sfiorati (1990); Venite, venite B52 (1995); Caos calmo (2005, premio
Strega); Brucia Troia (2007); XY (2010); la raccolta di racconti dal titolo Baci scagliati altrove
(2011). Veronesi ha da poco pubblicato Terre rare (2014), che ha definito «l’altra metà» di
Caos calmo.

1 SANDRO VERONESI, Baci scagliati altrove, Fandango Libri, Roma 2011, pp. 119-125.

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ESAME SVIZZERO DI MATURITÀ. SESSIONE INVERNALE 2015 ● ESAME SCRITTO DI ITALIANO

La consegna.

Analizza e commenta il racconto sulla scorta della traccia qui proposta, elaborando
le tue considerazioni in un discorso continuato e organico.
Ricordati di sostenere le tue affermazioni con costanti e puntuali riferimenti al testo
(citazioni e/o indicazioni delle righe).

• Ricostruisci in modo sintetico ma con precisione l’intreccio del racconto e


commentalo. L’intreccio si presta a interessanti riflessioni in particolare sull’ordine
degli avvenimenti; ti aiuterà nella risposta anche un’attenta raccolta degli elementi
di tempo cronologico.
• La disavventura del protagonista si configura come un viaggio: presenta gli
elementi di spazio e gli ambienti in cui la vicenda si svolge e mettili in relazione tra
loro, con il protagonista e con gli eventi.

• Individua gli elementi descrittivi che caratterizzano l’io narrante e discutili con
cura. Cerca, soprattutto, di mostrare come il protagonista veda e giudichi sé
stesso, riflettendo sul rapporto che instaura con gli altri personaggi del racconto
(Tyson, Susanna, le indossatrici che lo aiutano, i mendicanti, i due ragazzi di
colore).

• Spiega il titolo del racconto, Elemosina per me stesso.

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ESAME SVIZZERO DI MATURITÀ. SESSIONE INVERNALE 2015 ● ESAME SCRITTO DI ITALIANO

Il testo: «Elemosina per me stesso».

1 CARO MIKE TYSON 1, tu certo non te lo ricordi ma io una notte, nella calca di un
2 locale di New York, ti sono venuto a sbattere contro. Fu durante il tuo periodo d’oro,
3 pochi giorni dopo che avevi demolito Tyrell Biggs 2; portavi un basco nero, e all’impatto
4 risultasti duro come la faccia di un diamante. Fu colpa mia, non ci sono dubbi, da dodici
5 giorni non badavo a dove mettevo i piedi e non era la prima volta che andavo a sbattere
6 contro qualcuno. Devo anche averti fatto male, perché ricordo che ti portasti le mani al
7 naso, dove il mio mento aguzzo ti aveva colpito, essendo la statura l’unica voce alla
8 quale il mio corpo supera il tuo. In realtà era successa una cosa importante proprio in
9 quel momento, e ora vorrei spiegarti tutto, e mostrarti quanto, in fondo, io sia stato
10 debitamente punito per il piccolo dolore che quella botta ti ha procurato. Ci tengo a dirti
11 che non scappai, quella volta, ma semplicemente avevo trovato Susanna.
12 Devi sapere che Susanna era una ragazza speciale, di quelle che non toccano mai alla
13 gente come me, ma piuttosto a gente come eri tu, caro Tyson, a quell’epoca – ricca e
14 famosa; per una volta nella vita anch’io avevo avuto tra le braccia una ragazza così, ma
15 non avevo saputo comportarmi, e l’avevo perduta. Peggio ancora, l’avevo ferita. Nei
16 convulsi giorni di fine luglio passati insieme a lei non ero mai riuscito a manifestare la
17 mia felicità, m’ero semplicemente sentito piccolo e insignificante, incapace di spiccicare
18 parola, e mi ero finto l’opposto di quello che sono. Non so se a te è mai capitata una
19 cosa del genere, se puoi capirmi. Quando Susanna mi disse che partiva per New York,
20 per una vacanza già stabilita da prima che ci incontrassimo, io le risposi semplicemente
21 “È una buona idea”. Mi propose di raggiungerla là, e io dissi che non potevo. Cercò di
22 lasciarmi l’indirizzo, il numero di telefono dell’appartamento, ma io dissi ancora di no,
23 che non c’era motivo. Mi chiese di accompagnarla almeno all’aeroporto, ma io dissi di

1 Mike Tyson (1966), atleta di grande potenza fisica, diventa pugile professionista nel 1985; nel 1986, a
soli 20 anni, conquista il titolo di campione mondiale nella categoria dei pesi massimi. Per alcuni anni
inanella una serie impressionante di vittorie, prima di perdere il titolo nel 1990. Nel 1991 viene
accusato di stupro; ritenuto colpevole, passa in carcere tre anni, dal 1992 al 1995, anno in cui riprende
l’attività agonistica e riconquista il titolo mondiale, per poi perderlo nel 1996 a opera di Evander
Holyfield. Appende definitivamente i guantoni al chiodo nel 2005. Intanto, nel 2003 dichiara
bancarotta, dopo aver dissipato – in una vita assai sregolata – i circa 300 milioni di dollari guadagnati
in carriera.
2 L’incontro fra Tyson e Biggs si tiene il 16 ottobre 1987 ad Atlantic City e si chiude con la vittoria di

Tyson per KO alla settima ripresa.

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24 avere da fare, e lei pianse. Forse non mi amava, e forse nemmeno io l’amavo, ma la
25 realtà era che desideravo tutto ciò che avevo rifiutato, e non avevo da fare proprio
26 niente quella mattina. Infatti la passai tutta intera alla rete di ferro che delimita
27 l’aeroporto di Fiumicino, a guardar decollare gli aerei vicino a un gruppo di giovanotti
28 che si strizzavano i genitali a vicenda, e dentro di me ruggiva un vulcano.
29 Ora è strano, ma io non so dirti, esattamente, perché mi comportai così. Ricordo solo
30 che per qualche momento, quella mattina, mentre saliva il mio magone, mi sentii
31 orgoglioso del dolore che avrei dovuto sopportare, come se l’avessi già sopportato. Per
32 qualche momento, sì, credo di essermi sentito un duro, un duro come te, e come certo
33 io non ero mai stato, né sarò mai.
34 Il giorno dopo, infatti, ero già a sbraitare dentro un’agenzia di viaggi, pretendendo
35 che mi trovassero un posto su quegli aerei stracolmi che vanno in America d’agosto. Ma
36 non c’era un solo posto libero nemmeno in prima classe.
37 Quattro giorni di “standby”, caro Tyson, sbattuto sulle seggioline di un aeroporto, tu
38 non saprai mai cosa sono. E nemmeno l’assurda rotta della Jat 1, che da Roma, per
39 andare a New York, faceva scalo a Dubrovnik, Zagabria e Belgrado, nemmeno quella
40 credo che conoscerai mai. E dubito che tu abbia mai percorso in lungo e in largo una
41 città così disperatamente, alla ricerca di una persona che potrebbe essere dovunque: una
42 città, oltretutto, che per anni avevo sognato di visitare, un giorno, non sospettando in
43 che modo mi sarebbe accaduto di farlo.
44 Però non ero solo. Un mio amico aveva una fidanzata indossatrice a New York, alla
45 quale mi aveva affidato: unica condizione, che non dormissi a casa sua, perché era
46 geloso – era più forte di lui e a ripensarci era un bell’imbecille, quell’amico, perché
47 sapeva bene che non avevo soldi e la sua fidanzata mi avrebbe ospitato volentieri. Così
48 presi una camera al Chelsea Hotel, quello maledetto, dove Sid Vicious ha fatto fuori
49 Nancy 2, che è lurido e puzza di cane fradicio ed è pieno di vecchi che vomitano per
50 terra, ma costa quanto un albergo a quattro stelle. La ragazza del mio amico fu
51 comunque molto gentile con me, questo devo dirlo: lei in quei giorni non usciva di casa

1La JAT era la compagnia di bandiera della Jugoslavia.


2 Sid Vicious (1957 – 1979) è stato per circa due anni il bassista dei Sex Pistols, uno dei più influenti
gruppi punk inglesi. Il 12 ottobre 1978 trova Nancy Spungen, la sua ragazza, morta accoltellata nella loro
camera al Chelsea Hotel di New York; pur trovandosi in stato confusionale a causa dell’abuso di eroina
e pur non ricordando nulla, Sid non ammette di aver commesso il reato, ma viene arrestato poiché
unico sospettato. Muore di overdose di eroina il 2 febbraio 1979, poco dopo il suo rilascio su
cauzione.

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52 per via di certi ritocchi che si era fatta fare da un chirurgo plastico, ma mi presentò alle
53 sue amiche perché mi portassero in giro. Tutte indossatrici come lei, hawaiane,
54 brasiliane, dai nomi esotici come Sheeba o Dalma: ragazze spettacolose, certo, che io
55 non avevo mai visto prima in carne e ossa ma soltanto sfogliato con una punta di dolore
56 nelle pubblicità delle riviste. Eppure non le guardavo nemmeno. A loro chiedevo
57 semplicemente di portarmi dappertutto e loro, momentaneamente senza lavoro e
58 sempre un po’ fatte, mi ci portavano.
59 Quello dove ci siamo scontrati era solo l’ultimo dei locali in cui avevo speso le mie
60 notti, dopo giornate di galoppo nei musei, di corse in cima ai grattacieli, di ispezioni
61 dentro ai grandi magazzini, attento a non farmi sfuggire nemmeno un volto, nemmeno
62 uno, dei milioni che mi sfrecciavano accanto. Attorno a me sfavillavano le luci, il denaro
63 si spargeva, bruciavano le droghe e risuonavano musiche ipnotiche: di certo non mi
64 succederà più di fare una vacanza del genere, ed è triste pensare che in fondo non mi è
65 successo nemmeno quella volta. Ma la necessità di rimediare, se ero ancora in tempo, e
66 cancellare l’idea di me che Susanna s’era fatta, era un’angoscia che ricopriva tutto: era il
67 bisogno assoluto di rivederla e abbracciarla e dirle “Forse non ti amo ma sono un
68 debole, un perdente, e sei tu che devi ferire me”. Questo lo capisci anche tu, ne sono
69 certo, perché ognuno di noi può sopportare solo il dolore che gli è proprio, e solo alle
70 vergogne che gli appartengono può trovare consolazione.
71 Ecco com’ero capitato nel locale in cui ti sono venuto a sbattere contro, caro Tyson:
72 le mie indossatrici erano amiche della ragazza vestita da poliziotto, fuori dalla porta, che
73 manovrava la corda rossa per ammettere solo quelli che le andavano a genio. Era
74 l’ultima notte che passavo a New York, il mio biglietto jugoslavo imponeva il ritorno per
75 l’indomani. E io mi ero detto che per disperarmi avevo tutto il tempo una volta
76 ritornato a casa, e per quell’ultima notte bisognava insistere, senza scoraggiarsi, senza
77 farsi sfuggire nemmeno un volto. Sono certo che questo lo capisci, caro Tyson: si
78 chiama tenacia. Ed è stato proprio perché la mia tenacia è stata premiata che ti sono
79 venuto addosso. Finalmente avevo trovato Susanna.
80 Solo per quello sono scappato via, dopo l’urto: per non perderla di nuovo. Era
81 Susanna, era lì, e ballava nei lampi d’argento.
82 Voglio raccontarti anche com’è andata a finire, a questo punto. Susanna era
83 accompagnata da certi bei ragazzi e sembrava serena, intenta solo a divertirsi. Puoi
84 immaginare quanto fu stupefatta, quando le comparvi davanti. Parlammo un poco, in

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85 quel frastuono, le bocche incollate agli orecchi e il suo profumo che tornava a
86 intontirmi, ma non ricordo con esattezza cosa ci dicemmo. So solo che cinque minuti
87 dopo ero fuori, nell’aria stagna dell’agosto newyorchese, con il suo indirizzo scritto su
88 un sottobicchiere e un appuntamento per le tre di notte a casa sua. Non avevo
89 nemmeno salutato le mie indossatrici; mentre Susanna, questo lo ricordo, mi aveva
90 chiesto il tempo di liberarsi dei suoi amici con un po’ di educazione.
91 Erano le due e un quarto e mi misi a passeggiare, euforico, da SoHo verso il
92 Greenwich Village. A ogni mendicante che incontravo davo un dollaro, ma arrivato a
93 Washington Square i mendicanti aumentarono, e i miei dollari diminuirono in fretta.
94 Finì che me ne rimase uno solo, oltre a una banconota da cinquanta, e decisi di darlo a
95 un cieco fermo sotto un lampione, che mi ringraziò e mi disse “Dio ti benedica,
96 fratello”. Subito dopo m’imbattei in due ragazzini di colore, esili, per cui tu dovevi
97 essere un autentico idolo, con due bastoni da kendo 1 tra le mani: anche loro mi chiesero
98 soldi, ma questa volta alzai le spalle e passai oltre. Fatti due passi sentii una frustata sulle
99 cosce e caddi in ginocchio. Alzai le braccia per coprirmi il viso, e una bastonata in pieno
100 petto mi mozzò il respiro. Una terza bastonata mi colpì alle spalle. Pensai: “Mi
101 uccidono”. I ragazzini sbraitavano, inferociti, ma smisero di bastonarmi e cominciarono
102 a frugarmi addosso. Presero i cinquanta dollari, mi vuotarono le tasche e se ne andarono
103 saltellando all’indietro, insultandomi e facendo roteare le mazze.
104 Io ero intontito, incredulo. Un dolore fortissimo al costato mi impediva quasi di
105 respirare. Il mondo s’era fatto pesante, sul mio corpo.
106 – Fratello – udii – Fratello, tutto bene?
107 Vidi il cieco, che si era bloccato a pochi metri di distanza, brancolarmi incontro. Mi
108 alzai, piegato in due dal dolore, e il cieco mi venne davanti.
109 – Ti hanno picchiato, fratello? Ti hanno derubato?
110 – Sì – sussurrai.
111 – Sei in piedi? Ce la fai a camminare?
112 – Sì…
113 Lo guardai meglio. Era giovane, muscoloso, eppure disfatto. Non portava occhiali, e
114 due occhi rossi gli galleggiavano nelle orbite come bussole smagnetizzate. Lo vidi
115 mettersi una mano in tasca, e cavarne un mucchio di banconote da un dollaro tutte
116 accartocciate.

1 kendo: scherma giapponese che si pratica con una lunga lancia senza punta.

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117 – Tieni, fratello – mi disse – riprenditi il tuo dollaro. Per la metropolitana.


118 Tese la mano che stringeva le sue elemosine e dinanzi a quella mano, rantolando,
119 bastonato sotto gli occhi di un cieco, sentii d’esser tornato definitivamente me stesso.
120 Un perdente, caro Tyson, un debole. Non avrei più incontrato Susanna: i due
121 ragazzini si erano presi anche il sottobicchiere con il suo indirizzo. Sfilai un dollaro da
122 quella mano santa e ruzzolai fino alla metropolitana, la famosa metropolitana di New
123 York, dove solo due tipi di individui possono sopravvivere dopo l’una di notte: quelli
124 che sanno difendersi, e quelli che da difendere non hanno più nulla. Quelli come eri tu, a
125 quel tempo, e quelli come me. Poi tu hai fatto la fine che hai fatto, e anche a me non è
126 che abbia detto un gran bene. Che Dio ci benedica, fratello, tutti e due.

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