Sei sulla pagina 1di 211

Indice

Il libro
L’autore
Frontespizio
Fallo!
Come fare amicizia in poche mosse
Come affrontare un cambiamento
Come lasciare il segno
Come convincere un amico a uscire con te
Come sopravvivere in periferia
Come avere successo in quello che fai
Come trasformare una sconfitta in una vittoria
Come rompere gli schemi
Come essere un buon leader
Come rimorchiare una ragazza/1
Come rimorchiare una ragazza/2
Come uscire dalla friendzone
Come far funzionare un primo appuntamento
Come tirare fuori la creatività
Come sfruttare al meglio il proprio tempo
Come far cambiare l’immagine che gli altri hanno di te
Come evitare i problemi
Come non perdere un treno importante
Come prendere il meglio da ogni esperienza
Come richiamare l’attenzione tra tanti
Come riconoscere i limiti che non vanno superati
Ringraziamenti
Copyright
Il libro

Quanti limiti ti dai?


Come sono le tue giornate?
Ti senti libero?
Ma soprattutto, sei soddisfatto della tua vita?

Non abbiamo le tue risposte, ma conosciamo le nostre, che sono cambiate da quando
abbiamo iniziato con gli «esperimenti sociali», rivisitazione moderna della candid
camera. Il nostro intento era divertire, creando situazioni sempre più paradossali. Ci
siamo invece ritrovati a indagare inconsapevolmente i meccanismi che regolano i
rapporti umani; a scoprire se davvero esiste un limite oltre cui non si può andare. E
quello che abbiamo scoperto è che quei limiti, spesso, ce li poniamo da soli. E a volte
provocano paura. Altre volte immobilità. Ma il risultato è che, quando decidiamo di
oltrepassarli, non succede nulla, nulla di male, almeno.
Quanti di voi sanno cosa si prova a portare un water in un ascensore e usarlo per
espletare i propri bisogni in pubblico? Non che cagando in un ascensore si possa
davvero imparare qualcosa. Collateralmente, però, situazioni del genere ci hanno
insegnato tanto: ciò che conta è stato saperle decodificare.
L’autore

Alessio Stigliano e Alessandro Tenace, classe 1991, per


molti sono la coppia dei #Socialisti di «Pechino Express»
2016 (Rai2), ma per tutti sono i theShow: due ragazzi di
Milano, amici di infanzia, che hanno conquistato il web a
suon di «esperimenti sociali» e divertenti candid camera. Più
di 1 milione e mezzo di seguaci – o Discepoli, come amano
chiamarli loro – e oltre 300 milioni di visualizzazioni su
YouTube sono i numeri di un fenomeno mediatico
inarrestabile. Sono stati autori e attori delle candid camera di
«Quanto Manca?» (Rai2) e «Fattore Umano» (Italia 1).
Questo è il loro primo libro.
The Show
FALLO
Teorie inutili ed esercizi pratici per vincere le paranoie ed essere
vergognosamente felici
Fallo
FALLO!
A volte uscire dagli schemi ti fa rientrare nella vita

Quanti limiti ti dai?


Come sono le tue giornate?
Ti senti libero?
Ma soprattutto sei soddisfatto della tua vita?

Non abbiamo le tue risposte, ma conosciamo le nostre, che sono cambiate


da quando abbiamo iniziato a fare i nostri ESPERIMENTI SOCIALI .
Rivisitazione moderna di candid camera, azione e reazione, tutto a camera
nascosta. Il nostro intento era divertire, creando situazioni sempre più
paradossali. Ci siamo invece ritrovati a indagare inconsapevolmente i
meccanismi che regolano i rapporti umani; a scoprire se davvero esiste un
limite oltre cui non si può andare. E quello che abbiamo scoperto è che quei
limiti, spesso, ce li poniamo da soli. Costretti in un’immobilità figlia del
perpetuo giudizio nel quale siamo convinti, a torto, di essere immersi. E a
volte questi limiti provocano paura. Altre volte immobilità. Ma il risultato è
che, quando decidiamo di oltrepassarli non succede nulla, nulla di male,
almeno.

Non c’è niente di scientifico, il nostro è intrattenimento. Semplicemente,


realizzando centinaia di candid camera, in tre anni abbiamo creato, e di
conseguenza vissuto, situazioni che normalmente non basta una vita per
sperimentare. Quanti di voi sanno cosa si prova a portare un water in un
ascensore e usarlo per espletare i propri bisogni in pubblico? Non che
cagando in un ascensore si possa davvero imparare qualcosa.
Collateralmente, però, situazioni del genere ci hanno insegnato tanto: ciò
che conta è stato saperle decodificare.

Sii creativo, sii libero.


Osa.
Noi lo facciamo.
E oggi ti raccontiamo come.
Non limitarti a leggere.
Fallo.
E no, non intendiamo il cazzo.

Questo libro non ha nessuna pretesa scientifico-didattica, ma vuole


inculcare nelle vostre teste di discepoli credenti che quel che diciamo e
facciamo può avere senso, anche per stare meglio. E comunque nessuno vi
obbliga né a crederci né a provare. È il nostro racconto.
Sono solo esperimenti.

Tutti i riferimenti a fatti, persone o cose sono reali, ma portate pazienza, è


la nostra vita.

Attenzione: il titolo e la grafica in copertina sono palesemente un


riferimento fallico. Complottisti della Disney state sereni, qui è tutto
dichiarato.

Attenzione: all’interno del libro è presente un capitolo senza battute. Il


primo esercizio è trovarlo. FALLO!
COME FARE AMICIZIA IN POCHE MOSSE

Gli amici servono, gli amici supportano e spesso sopportano. È con loro che
accumuli ricordi, momenti, risate, emozioni. Ma, chiariamolo subito, fare
amicizia non è un obbligo: il modo più sicuro per non avere nessun amico è
pretendere di essere amico di tutti. La tua amicizia ha un valore
inestimabile, seleziona chi la merita. Trovare un amico non è immediato.
C’è chi può ispirarti simpatia al primo incontro, certo, ma chi ti assicura che
quell’interesse si trasformerà in reciproca fiducia, supporto incondizionato,
puro e idiota divertimento e tutte le altre caratteristiche di una vera
amicizia? Non è facile, insomma, trovare un amico. Ma è facilissimo
provarci. Non pretendere, ma provare a essere amico di tutti. Se è vero
che tutti meritano la tua amicizia, è altrettanto vero che l’unico modo per
capire chi la merita è attivarsi, cercarlo. Potrai ritrovarti a parlare con
persone scortesi, superficiali, vuote: sarebbe comunque una vittoria. Avresti
qualcuno da eliminare dalla lista di possibili amici. Una cosa è certa,
restando chiuso in casa le probabilità di dare vita a un vitale e soddisfacente
circolo di amici sono nulle. Allora tanto vale buttarsi. Non è poi così
complicato mettersi in gioco.
SII SEMPRE TE STESSO (MAGARI EVITA DI MORDERE)
Alessio: Non ha senso cambiare se stessi. Un amico ti sceglie per quello
che sei. Certo, a volte dovrai insistere un po’, come la tigre padre della
prima zanzara tigre: tanto amore e vaselina q.b., quanto basta.
Io e Alessandro siamo amici da sempre. Mia mamma mi ha raccontato
che eravamo al giardinetto di quartiere: terra, altalene, sabbia sotto allo
scivolo, un rifugio sicuro per i giocatori solitari. Io ero lì, a far volare sopra
la testa il mio Power Ranger rosso. Ed è arrivato lui. Me l’ha tolto di mano,
semplicemente, come fanno i bambini. Ancora più semplicemente io ho
aperto la bocca, gli ho morso la mano. Così forte da fargli uscire sangue.
LO SCONTRO PUÒ RIVELARSI UN BUON INIZIO: ANCHE
GOKU E VEGETA CI HANNO MESSO UN PO’
Alessandro: Io quel morso me lo ricordo. Ma avevamo tre anni (e
fortunatamente i denti da latte), cosa potevo fare se non buon viso a cattivo
gioco e scoppiare a piangere, con urla e lacrime degne della miglior prefica
siciliana? Non è stato di certo il miglior modo in cui due persone potessero
conoscersi, ma quante volte sono gli scontri a trasformarsi in amicizia? E in
fondo sono contento di avere tra i miei aneddoti un po’ di sangue da
raccontare. Fa molto rissa di quartiere, e a Rogoredo l’aria da duro di
periferia funziona sempre. Quella che non abbiamo mai avuto.
PREADOLESCENZA, MA SOPRATTUTTO PREFICHE
Alessio: L’essere umano è un animale sociale. Tende a fare gruppo, non
vuole stare da solo. Ecco perché conoscersi non è poi così difficile. Puoi
avere paura di rompere il ghiaccio, ma prova a metterti nei panni dell’altro.
Se qualcuno venisse da te, con l’intento di fare amicizia, senza sembrare
uno psicopatico o un eroinomane in cerca di soldi per la dose, lo manderesti
a cagare o staresti ad ascoltarlo? Ovviamente devi intavolare discorsi un po’
meno noiosi della tradizione secolare delle prefiche siciliane… meglio
togliere il prefisso. Tra uomini è un perfetto argomento rompighiaccio. La
vagina unisce.
Il primo approccio è facile, serve solo qualche trucco antitimidezza. La
difficoltà viene dopo: quando imparate a conoscervi davvero. Quando arriva
il momento di trovare argomenti di discussione diversi dal sequel delle
prefiche.
Rogoredo è un quartiere alla periferia di Milano, a ridosso della
Tangenziale Est, e si vive in stesse scuole e stesse vie. Alla materna io e Ale
eravamo in due classi diverse, ma una di fronte all’altra. È alle elementari
che ci hanno messo insieme, tra l’altro con lo scontento di entrambi. Io
volevo stare in classe con il mio migliore amico di allora, Orla, lui con il
suo, Baffo.
L’AMICIZIA È UN’EVOLUZIONE: SEMPRE INSIEME
(TRANNE CHE IN BAGNO)
Alessandro: La parte difficile è la condivisione di interessi, il sentirsi
simili, anche se diversi.
Alessio è stato il primo della scuola ad avere Pokémon Rosso nel Game
Boy, l’oggetto più desiderato dei primi anni Novanta, il centro del mondo
dei desideri. Abbiamo anticipato Favij e qualsiasi game player – sia messo
agli atti. Lui giocava, noialtri tutti attorno, a guardarlo e incitarlo come un
gruppo di pensionati di fronte a un cantiere, con la differenza che noi,
millennials, la pensione non la vedremo mai.
Oggi qualsiasi ragazzino conosce con precisione i meccanismi dei suoi
videogiochi preferiti e grazie a Internet ne conosce anche i segreti più
reconditi. Allora sapevamo che a un certo punto il Pokémon avrebbe
cambiato aspetto, si sarebbe evoluto, senza Internet non avevamo idea di
quando sarebbe successo. Purtroppo per noi lo ha fatto mentre Ale era in
bagno a casa sua. E mai cagata fu più urlata – sia messo agli atti anche
questo.
LA GAVETTA
Alessio: I theShow sono nati tra i banchi della scuola elementare «Pasquale
Sottocorno». All’intervallo mettevamo due sedie davanti al termosifone e
davamo vita ai nostri primi spettacoli. C’era il «Gina e Pina Show», cabaret
d’avanguardia in cui interpretavamo due anziane signore milanesi sedute su
una panchina e tutti ci guardavano e ridevano. Il successo era assicurato
(poi in realtà ricchi, con una panchina, sono diventati Ale e Franz). C’erano
le barzellette, i siparietti, le canzoni pornografiche rivisitate su grandi
successi del calibro della sigla di «Dragon Ball Z» («Chi sei, etero o gay?
Vedrai presto lo scoprirai.» Capolavoro, no?). E c’era CaccaMenta, il mitico
signor CaccaMenta. Ha lui il vero merito di averci unito. Io ero bravo a
disegnare, Alessandro aveva inventato questo eroe CaccaMenta, pronto per
essere messo su carta, ma il suo amico Paolo non sapeva disegnare, così lo
abbiamo fatto noi due. Dobbiamo tutto a CaccaMenta.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“L’amicizia non è un frutto
che compri al supermercato,
ma un seme da piantare e coltivare.
Giorno per giorno.
O anche di notte.
Ma non in bagno.”
Esperimento sull’amicizia: FALLO!
Questo esperimento prevede due possibilità, a seconda del contesto in cui vuoi
metterti alla prova per fare amicizia in poche mosse.

1 Attorno a te ci sono sconosciuti.


Puoi mettere in pratica LA TECNICA DEL VEGANO

Hai bisogno di:


23 uno sconosciuto
23 un contesto ricreativo (una festa, fuori da scuola, un locale)
23 voglia di socializzare

Testata in più situazioni, è scientificamente provato che questa tecnica funziona con
tutti perché sappiamo che l’umanità si divide in due categorie di persone: i vegani e i
non vegani.

ESPERIMENTO
Avvicinati allo sconosciuto e domanda: «Sei vegano?» (mi raccomando, con
estrema tranquillità, come fosse la cosa più normale del mondo da chiedere).
Di fronte a te si aprono due scenari.

Lui risponde SÌ
Perfetto, sai da dove partire, visto che qualsiasi vegano adora parlare del fatto che è
vegano. Ne va della sua scelta di vita, la condividerebbe anche con chi quella
domanda non gliela farebbe mai. Sta a te quindi dimostrarti interessato, chiedere
qualche dritta perché in fondo «anche tu stai pensando di rinunciare alla carne».
«La carne fa male» è una frase che funziona sempre. Dosa però con attenzione
«Vorrei diventarlo anche io» perché di colpo la situazione potrebbe ribaltarsi e
portare lo sconosciuto a voler essere subito il tuo migliore amico. Quindi ATTENTO,
qui è dove devi dimostrare la tua bravura e riuscire a cambiare argomento dopo
cinque minuti di puro ed estremo veganesimo.

Lui risponde NO
Se dice che non è vegano, sai ancora meglio da dove partire, visto che chi non è
vegano odia i vegani. Puoi tranquillamente sfogarti, inventando di come i tuoi amici,
tutti noiosamente vegani, proprio in quel momento stiano discutendo di quale sia la
ricetta migliore per il tofu. L’attacco è fatto, il ghiaccio rotto. A te ora reggere la
conversazione e scoprire se l’anti Marco Bianchi lì di fronte valga la tua voglia di fare
amicizia.

2 Attorno a te ci sono amici dei tuoi amici.


Puoi mettere in pratica LA TECNICA DEI PULCINI

Hai bisogno di:


23 una ragazza (se non è bellissima è meglio)
23 un amico di amici
23 altri amici
23 voglia di essere originale

ESPERIMENTO
Per prima cosa devi andare a presentarti a una ragazza che non conosci. Se sei
timido di certo una ragazza non troppo bella renderà il gioco più semplice, ma non
sceglierla orribile. Le dici come ti chiami, le chiedi come si chiama, lei ti chiederà:
«Cosa fai?», tu le racconterai che ALLEVI PULCINI. No, non per ucciderli, sarebbe
brutto. No, i tuoi pulcini sono famosi e vengono utilizzati in un sacco di spot: pulcini
da spettacolo. Lei probabilmente ci crederà, ancora più probabilmente no. Ma è qui
il momento in cui entra in gioco il «nuovo amico»: vai dallo sconosciuto che hai
voglia di conoscere, digli che hai detto a quella ragazza che fai l’allevatore di pulcini
da spettacolo. Chiedigli di reggerti il gioco: mandagli sul telefono alcune foto dei tuoi
animali (Google è pieno di pulcini) e fallo tornare dalla ragazza, a parlare di te e dei
tuoi animali. Non solo con questo pretesto avrai ottenuto il suo numero, ma lo avrai
anche aiutato a parlare con una ragazza, sfruttando un momento goliardico. Dimmi,
c’è qualcosa che può unire di più due nuovi amici?
COME AFFRONTARE UN CAMBIAMENTO

La trasformazione di ciò che ci circonda, di ciò che proviamo, di ciò che


sperimentiamo, fa parte del pacchetto chiamato «vita». Stare fermi non è
possibile.
Eppure, nonostante questo, il cambiamento è qualcosa che fa sempre un
po’ paura. C’è chi decide di cambiare (lavoro, fidanzata, casa, abitudini,
modi di pensare, toilette) di sua spontanea volontà, e chi si trova a vivere
mutamenti improvvisi del proprio stato senza averlo né chiesto né
desiderato (trasferimenti, morti, rotture improvvise, intasamenti del water).
Certo, c’è anche chi si esalta quando cambia qualcosa e sente un’adrenalina
positiva, quasi da supereroe. Ma, siamo sinceri, è più comune la paura.
Il desiderio di lasciare tutto com’è è fortissimo, anche se sappiamo bene
che spesso cambiare è positivo, necessario, quantomeno desiderabile.
Come affrontare il cambiamento nel modo migliore, quindi? La risposta
è solo nel nostro atteggiamento.
Se proviamo a metterci un po’ di positività, affrontare quel che c’è di
diverso potrebbe diventare meno difficile. Puoi essere passivo, aspettare di
abituarti al cambiamento, tanto prima o poi diventa quotidianità e alla lunga
abitudine, oppure puoi tuffarti nella novità, affrontandola di petto, con la
sicurezza che tutto quel che c’è di diverso possa essere uno stimolo per
iniziare qualcosa di bello, di grande. Di fronte alla fine di una relazione, per
esempio, o ti butti giù, chiudendoti in te stesso, o puoi approfittarne per
iniziare ad appassionarti a qualcosa di nuovo, approfondire qualcosa che
avevi iniziato prima, riallacciare rapporti che avevi trascurato (come sta la
tua ex?).
C’è sempre spazio per qualcosa in più. Facile, per noi, scrivere che
quando la donna della tua vita ti scarica, magari per un uomo con le
sopracciglia ad ali di gabbiano, bisogna concentrare le proprie energie su
altro, vero? Hai assolutamente ragione; per questo ti diciamo qualcosa in
più. Prima di capire come affrontare pragmaticamente un cambiamento, è
bene che tu prenda familiarità con questo concetto: un cambiamento, di per
sé, non è mai positivo o negativo; anzi, ha un’accezione assolutamente
neutra. Siamo noi ad attribuirgli di volta in volta un valore, e quindi con il
passare del tempo a convincerci che questo sia insito nel concetto stesso di
cambiamento. Immagina la vita come un’automobile. Il cambiamento è il
motore (o uno dei motori) che le permette di avanzare, puoi usarlo per
raggiungere un luogo che ti piace, oppure per schiantarti contro un muro: in
questa scelta il motore non ha nessun ruolo. E allora liberiamoci dalle
categorie mentali che ci fanno stare seduti a crogiolarci nelle nostre
abitudini, salde e sicure.
Buttiamoci. Se no sai che noia?
POSTINO, FRAZIONE DI DOVERA, DI FIANCO A PANDINO
Alessio: Il cambiamento improvviso è quello che spaventa di più, perché
non hai avuto neanche il tempo di preventivarlo. Non te lo aspetti, hai
l’ignoto davanti. Quando muore qualcuno soffri. Quando qualcuno si
allontana giorno dopo giorno, invece, neanche ti accorgi di non averlo più
nella tua vita. Ti abitui all’assenza piano piano. Diciamocelo, la velocità
non ci piace.
I miei si sono separati quando avevo sei anni. A dieci mi sono dovuto
trasferire. Di colpo.
Fino ad allora avevo sempre vissuto a Rogoredo. Non c’era nessun altro
luogo che per me significasse «casa». Avevo la mia stanza, avevo la mia
strada. Avevo i miei amici. A quell’età non lo sai che ovunque andrai ne
troverai altri. A quell’età pensi che i tuoi amici siano tutto (ok, lo pensi
anche da grande). Siamo andati a vivere a Postino, un paesino in provincia
di Cremona, frazione di Dovera, di fianco a Pandino. Ciao Rogoredo, ciao
Milano.
AGGRAPPATI ALLE TUE SICUREZZE, NON AI LAVANDINI
DEI RISTORANTI CINESI
Alessandro: Il cambiamento a volte lo subisci. Ma sei tu che puoi decidere
come affrontarlo. Fino ad allora il mio amico viveva dall’altro lato della
strada. Di colpo era finito a Postino, frazione di Dovera, di fianco a
Pandino. Non potevamo più vederci quotidianamente: i giorni in cui
facevamo scherzi con la cacca nei lavandini dei ristoranti cinesi erano ormai
lontani. Però avevamo il weekend! Ale tornava a casa tutti i fine settimana a
trovare suo papà e noi abbiamo continuato a vederci. Non posso dire che
fosse tutto come prima, ci mancavano i lavandini dei cinesi, crescevamo in
due modi diversi (Postino, frazione di Dovera, di fianco a Pandino, è più
zona di trattorie). Ma non c’era sabato o domenica che non ci vedessimo.
Noi due e, a completare il magico quartetto, Orla e Baffo, altri due
compagni di avventure della nostra infanzia. Ci incontravamo per realizzare
dei filmati comici. Il nostro era un collettivo artistico avanguardista, almeno
così lo chiamerei ora per darmi un tono. In realtà eravamo quattro
preadolescenti con una videocamera e tante idee che facevano ridere solo
noi.
CAMBIARE NON È IMPOSSIBILE: ANCHE HANNIBAL HA
PROVATO IL TOFU IN VIA CASSALA
Alessio: Il cambiamento viene assimilato quando diventa di nuovo
abitudine. È più che normale fare resistenza, chiedersi il perché, voler
tornare indietro. Spesso però la vita è come una statale con una corsia
inagibile. Piena di prostitute? No, a senso unico.
Questa cosa di trovarci e filmare con la nostra videocamera era una
figata. Era un modo bellissimo per stare insieme, fare qualcosa insieme,
anche se solo al weekend. Il passaggio a Postino, frazione di Dovera, di
fianco a Pandino, era stato traumatico. Lì si conoscevano tutti, io ero il
milanese che non conosceva nessuno. Il primo giorno di scuola media mi
sono messo in fila e ho chiesto a Paride, il ragazzino al mio fianco, di
entrare con me e sederci vicini, tanto per non sentirmi così escluso. Lui ha
accettato subito, salvo poi vedere un suo amico poco più avanti e scegliere
di stare vicino a lui. Ci sono rimasto malissimo. Un po’ come Hannibal
Lecter che, invitato a un pranzo di Pasquetta, scopre che quest’anno la
grigliata sarà vegana.
CHI FA DA SÉ FA PER TRE, O PIÙ SPESSO FA SFIGATO
Alessandro: Anche volendo, è impossibile non cambiare.
Dopo le medie ci siamo un po’ persi di vista, tutti e quattro. È stato in
quel periodo che ho scoperto YouTube e iniziato la mia carriera da
«solista», che per fortuna non è mai proseguita. Ho video in cui ballo, uno
scherzo telefonico di cui vado ancora fiero e tante altre «perle». Avevo
inventato Ludovico Sfigozzi AKA Sfigoz, un personaggio immaginario dagli
occhiali spessi come fondi di bottiglia e monociglio. C’è ancora in giro una
sua intervista. Iniziavo a capire che la gente guardava i video. E piacevano.
Iniziavo a capire che potevo fare qualcosa anche io. Stavo cambiando
appunto, come è normale che sia.
BUTTATI E, SE NON SEI CLARA, RIALZATI
Alessio: Quel che conta è rimanere positivi, anche quando tutto sembra
andare a rotoli. C’è sempre un lato positivo, e il profumo della vita di
Tonino Guerra non c’entra nulla. C’è sempre qualcosa da imparare,
qualcosa da scoprire. È così e basta. E se smetti di fare resistenza, il bello
arriva: liberati, permettiti di scoprire la sensazione di Heidi che arriva su
un’Audi e dice a Clara che finalmente può camminare, ma può tenere anche
la pensione di invalidità. Sii Clara!
A Postino, frazione di Dovera, di fianco a Pandino, ho trovato altri
amici. Ero andato in una realtà diversa, stavo crescendo in modo diverso,
mi era venuto un accento alla Balotelli e gli altri, di Milano, mi prendevano
in giro. Vivevo la realtà dell’oratorio e la cosa bella è che la adoravo. Ho
iniziato a filmare le puntate di «Dragon Ball» e montare le musiche che mi
piacevano sulle scene di combattimento. Ne facevo tantissimi, di quei
video, non li pubblicavo. Non avevo Internet.
SE ABBANDONI UN AMICO FAI PIANGERE GESÙ
Alessandro: I cambiamenti portano novità. E quando non sei tu a cambiare
è ancora peggio. Un amico che va a vivere a Postino, frazione di Dovera, di
fianco a Pandino, non potrà più essere quello di prima. Avrei potuto
abbandonarlo alla sua nuova e frugale vita di campagna oppure prendere il
don Mazzi che è in me e salvarlo da quell’orribile condizione: coltivando la
nostra amicizia, come laggiù in frazione coltivavano granoturco.
Ha scoperto Internet grazie a me. Tornava a Milano e gli craccavo la
password del vicino. Gli ho fatto scoprire Messenger, oltre ai siti porno:
grazie a un cambiamento all’apparenza negativo si è giunti a una scoperta
bellissima. Visto che avevamo ragione?
L’amicizia da quartiere è diversa. Puoi andare dove vuoi nel mondo, ma
gli amici con cui sei cresciuto non li perdi mai del tutto. Soprattutto se quel
«dove vuoi nel mondo» è Postino, frazione di Dovera, di fianco a Pandino,
e tu hai dodici anni. Con tutto il rispetto, eh.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Cambiare è come
percorrere in equilibrio
il sottile filo che congiunge
ciò che sei a ciò che potresti essere:
ti spaventa perché sei in bilico,
eppure spesso la soluzione
è proprio cadere.”
Esperimento sul cambiamento: FALLO!
LA TECNICA DI TARZAN SUL TRAM

Hai bisogno di
23 un tram (va bene anche l’autobus o la strada)
23 un cambiamento

ESPERIMENTO
Sali sul mezzo di trasporto prescelto. Può essere il tram che prendi tutti i giorni o un
nuovo autobus che ti fa cambiare percorso. Può essere anche il marciapiede dove
cammini ogni mattina. Il cambiamento che stai affrontando può riguardare il lavoro,
la scuola, la vita. Di base ti mette ansia e non ti fa sentire a tuo agio. Ecco allora
quello che devi fare. Urla a ogni fermata (se sei a piedi urla a ogni semaforo). Può
essere una vocale, può essere l’urlo di Tarzan, può essere la strofa di una canzone.
Fai qualcosa durante il tragitto. Sì, si gireranno. Sì, si chiederanno che diamine tu
stia facendo. Ma di base, dopo l’urlo, nessuno ti dirà niente, non succederà niente. E
nello stesso tempo non ci sarà PIÙ NIENTE che ti sembrerà difficile. Neanche
rispondere al nuovo capo che ti chiama nel suo ufficio per farti il terzo grado.

LA VARIANTE: LA TECNICA DELLA MACCHIA


Non hai nessuna intenzione di urlare e metterti in ridicolo di fronte a tutti? (Mamma
mia come sei cagasotto.) Ecco quello che fa per te. Indossa una camicia
bianchissima. Prima di uscire di casa sporcala con una bella macchia di caffè. Sali di
nuovo su quell’autobus, tram o marciapiede. E cammina a testa alta.

In entrambi i casi il cambiamento non ti metterà più ansia. L’ansia l’avrai già usata
tutta nel viaggio.
COME LASCIARE IL SEGNO

Tutti, almeno una volta, avremmo voluto essere invisibili. Ci sono occasioni
in cui, ammettiamolo, è un vantaggio: metti che entra un parente in camera
tua mentre ti stai dilettando tra le foto di Mara Venier in costume. Che cosa
gli dici?!
Di solito, invece, si preferirebbe essere notati. O quantomeno visti. Tutti,
almeno una volta, abbiamo desiderato di fare di più, di essere apprezzati per
quello che siamo davvero, di non essere giudicati dall’apparenza, quando in
realtà è sempre la barriera dell’apparenza a vincere. Almeno finché non la si
abbatte.
Al lavoro, quando il capo non ti valorizza; a lezione, quando per il
professore sei solo un numero; a casa, quando tuo papà non fa che criticarti
per quello che non fai, senza vedere tutto il tuo impegno, o anche quando
tua moglie non ingoia. L’elenco può essere infinito. Vuoi lasciare il segno?
È ora di uscire dalle regole che ti sei autoimposto. Ma con consapevolezza!
Non vuol dire fare qualcosa di pericoloso, ma semplicemente di diverso.
Qualcosa che nessuno si aspetta da te. Stupiscili, sorprendili… Fermati a
pensare a che cosa avresti fatto fino a ieri in una determinata situazione e
fallo in modo differente. Ingoia!… la paura (cosa avevi capito?). Rispondi
in modo nuovo: prova a dire sì anche quando vorresti dire no. E viceversa.
Cambia le tue abitudini, esci dalle tue regole, dai il tuo meglio facendo
qualcosa che in realtà non hai voglia di fare.
MOSTRA LE TUE QUALITÀ: SBUCCIARE LE BANANE CON
I PIEDI NON CONTA
Alessio: A scuola, come sul lavoro o nella vita, è un attimo essere uno dei
tanti. Prendiamo come esempio il periodo della scuola, che tutti abbiamo,
bene o male, vissuto. C’è il figo della scuola, e raramente sei tu, ci sono i
grandi, gli sportivi, i leader, ci sono i cagacazzo. E poi ci sono tutti gli altri.
I professori fanno in fretta a categorizzarti. Quante volte chi inizia alla
grande le superiori rimarrà per cinque anni quello che studia (anche se
smette dopo sei mesi) e chi invece inizia con difficoltà verrà bollato per
sempre, magari solo perché, suvvia, i primi giorni di scuola ha dato fuoco al
cestino asserendo che in questo modo la professoressa si sarebbe sentita più
a suo agio, ricreando l’atmosfera di un focolare domestico? La voglia di
casa può essere considerata vandalismo? La risposta è assolutamente sì,
incendiare cestini è un atto vandalico… ma c’è una possibilità di recupero?
Diventa qualcuno agli occhi dei tuoi professori. Varrà anche per il tuo capo,
sul lavoro. Mostra i tuoi punti di forza. Anche se ti sembra che non sia
necessario.
Diciamo pure che studiare ovviamente aiuta. I professori però, per
fortuna o purtroppo, non guardano solo quanto ti applichi, ci sono anche
quelli che guardano chi sei. Chi ero io? Un buffone. C’erano i professori
che mi prendevano liberamente in giro e io un po’ ne approfittavo: ricordo
ancora quando, studiando gli spazi di una casa, ho chiesto se due vani
formavano un divano. L’avete capita? Sicuri?
Mi hanno sbattuto fuori dall’aula più volte. Mi perdevo sempre gli ultimi
cinque minuti di lezione. Non che mi dispiacesse, eh. Andavo bene a
scuola. Ma se una cosa faceva ridere io DOVEVO farla. Studiavo, ma i
professori si ricordavano di me per altro. E i miei compagni, ovviamente,
mi notavano.
FALCE E RIGHELLO: LA LOTTA DI «CLASSE» VAL BENE
UN OTTO IN CONDOTTA
Alessandro: C’è un ruolo in ufficio che non vuole nessuno? Prendilo. A
meno che non sia pulire il cestino nel bagno delle donne in quel periodo del
mese – e in un ufficio con più di una donna è praticamente sempre –, allora
lascia perdere e rimani invisibile. C’è qualcosa da fare che per tutti è una
noia e per te è facilissimo? Fallo. E se è stirare ti do il mio indirizzo così
vieni a farlo anche a casa mia. C’è qualcosa che esce dai tuoi schemi?
Buttati.
Alle superiori ero rappresentante di Istituto. Sicuramente una delle
esperienze più formative della mia vita. Singolare se ripenso a come è
successo. Due miei amici avevano deciso di candidarsi, ma gli mancava un
componente per presentare la lista, così hanno pensato a me. Io ho
accettato, ponendo la condizione che con me si candidasse un altro mio
compagno di classe. Risultato? Noi fummo eletti, loro no. Ho introdotto al
liceo scientifico Einstein di Milano il concetto di cogestione, ho riformato il
Regolamento d’Istituto (riuscendo laddove nessun premier italiano era mai
riuscito), rendendo illegittime le verifiche a sorpresa. Lo ammetto, avevo
una vena populista, ma ero mosso dal più puro furore politico. Contribuire
alla gestione dei fondi della scuola mi ha sicuramente responsabilizzato ma,
come si sa, facendo politica ci si fanno nemici potenti. In piena crisi, nel
2009 ho proposto e fatto approvare un provvedimento che poneva il tetto di
spesa massimo per le gite a quattrocento euro a studente. Volevo tutelare
coloro che non potevano permettersi di partire con i propri compagni, e a
causa mia è finita la tradizione millenaria delle gite a Marsa Alam.
Risultato: la prof. di inglese mi ha dato otto in condotta… evidentemente lei
voleva andarsi ad abbronzare le chiappe (cadenti). Ma in genere, agli occhi
dei professori (quelli che non volevano la tintarella invernale), ero uno in
gamba. Impegnato. Talmente impegnato che la scusa del «prof. devo uscire
un attimo dall’aula perché devo andare a fare una cosa importantissima» mi
ha salvato da un sacco di interrogazioni. Ho vissuto con estremo impegno e
serietà il mio ruolo, saltare qualche interrogazione era il minimo, non
avendo nessun megastipendio da parlamentare.
SATHYA SAI BABA: DON’T TRY THIS AT HOME
Alessio: Il buffone, dicevo. Tra l’altro c’era l’esilarante gag della
meditazione. O levitazione anche: sollevato da un paio di amici, passavo
come un santone indiano, fluttuando, sulla parte alta delle porte e delle
finestre delle classi, benedicendo la gente all’interno. Era una gag
divertente, sicuramente non per i professori, che non hanno mai creduto nei
grandi pilastri dell’induismo, purtroppo. Per tutti, però, ero quello che
faceva ridere. Oggi la penso esattamente come i professori: Stigliano, sei un
coglione!
CONCEDITI TUTTE LE POSSIBILITÀ: CONTROLLA SE HA
IL PISELLO
Alessandro: Non dirti no a prescindere. Pensaci davvero. A meno che tu,
eterosessuale, non abbia confuso una gnocca con un uomo coi capelli
lunghi. Tieni aperte le porte dell’imprevisto, perché è in quei piccoli spazi
che nascono le meraviglie. Oppure apri gli occhi. Un rappresentante di
Istituto deve trovare anche il tempo per «divertirsi», pare faccia parte del
ruolo. E aumentando le responsabilità aumentano i divertimenti: vedi
Marrazzo.
Quando in terza liceo sono diventato rappresentante di Istituto piacevo
abbastanza (molto), il fascino dell’uomo di potere evidentemente non ha
età. Avrei potuto scopare come un riccio canadese (e pure senza pagare), ma
ero innamorato e non ho mai rimpianto la scelta di non averlo fatto. Il mio
uscire dalle regole è stato seguirle fino in fondo.
SCOPRI IL CORRETTO UTILIZZO DI UNA PATATA
Alessio: Certo, a volte puoi impegnarti al massimo, ma poi rimanere
comunque nell’ombra. Gli amici servono anche a questo. In due è più facile
farsi notare, ci si appoggia a vicenda (e, se l’amicizia è forte, ce lo si
appoggia a vicenda, pare). Si tira fuori il meglio l’uno dell’altro (e, se
l’amicizia è forte, si TIRA FUORI il meglio l’uno dell’altro, ri-pare).
Alessandro era quasi diventato una persona seria. Lui e la sua attività
politica all’interno della scuola… Io però arrivavo al weekend a ricordargli
chi eravamo davvero. Memorabile il progetto dello spara-patate costruito
con tubi idraulici in PVC e caricato con deodorante maschile di terza
categoria, con cui insieme andavamo a sparare negli orti abbandonati. Il
rappresentante tornava a essere il mio amico che amava gli scherzi. Un po’
come Silvio Berlusconi torna a essere un cantante da crociera quando
incontra Mariano Apicella. Quel fucile lo avevamo chiamato BoomTube
serigrafando il logo di YouTube sulla canna. Che sia stata una
premonizione? Noi come Vanna Marchi. D’accordo?
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Casting couch =
letteralmente divano da casting.
In altre parole, la richiesta
di prestazioni sessuali
quando offrono un ruolo
a un aspirante
attore o attrice.”
Esperimento per lasciare il segno: FALLO!

LA TECNICA DEL MIGLIORE


Quest’esperimento prevede che tu faccia un po’ più di fatica del solito, ma
garantisce un risultato assicurato. Con gli altri. E dentro di te.

ESPERIMENTO
Diventa il migliore nell’ambiente in cui vuoi lasciare il segno per almeno due
settimane.
Seguono esempi pratici da cui puoi prendere ispirazione.

SUL LAVORO: offriti per fare qualcosa che nessuno vuole fare (la lunghissima
presentazione in PowerPoint, il fotoritocco, il report dell’ultimo meeting, il turno del
sabato sera ecc.).

A SCUOLA: studia il doppio del solito per due settimane e poi offriti volontario per
le interrogazioni in programma. Vedrai che otterrai risultati (se non li ottieni vai pure
a consegnare kebab).

ALL’UNIVERSITÀ: fai finalmente quello che ti proponi di fare all’inizio di ogni anno
accademico (tu sai di che cosa stiamo parlando!).

CON LA FIDANZATA: falla godere tipo Anastasia con Christian Grey.

A CASA: apparecchia e sparecchia tutti i giorni per due settimane (soprattutto se


vivi da solo).

CON GLI AMICI: vedi il capitolo sugli amici (perché sprecare energie per darti
esempi che abbiamo già pensato di là?).

CON TUA MAMMA: portala fuori a pranzo (e offri tu).

CON TUO PAPÀ: portalo a escort (e offri tu).

Riassunto: alcuni esempi sono ironici, a te lo sforzo di capire quali, siamo certi tu
possa farcela.

In poche parole però: sii il migliore, il più disponibile, solerte, altruista che puoi.
Sembra scontato, ma comportarsi bene è il metodo migliore per lasciare il segno.
Soprattutto se non lo hai mai fatto (stronzo!).
COME CONVINCERE UN AMICO A USCIRE CON TE

Che gli amici siano fondamentali lo abbiamo già chiarito. Averli è il primo
passo per sentirsi fortunati, ma questo non significa poter chiedere loro
qualsiasi cosa, sempre e comunque. Così come non significa averli a
disposizione sette giorni su sette. Sì, proprio così, gli amici sono anche
quelli che ti tirano un pacco, di quelli senza pietà, e che, anche quando li
inviti a uscire con sette modelle svedesi e il cloroformio lo offri tu, ti
rispondono che no, non ne hanno voglia. E tu ci rimani malissimo (con
quello che costa il cloroformio!).
Invece di arrabbiarti e offenderti prova a capire il motivo del no.
Il tuo amico è stanco?
Non gli piace la proposta che gli stai facendo?
Pensa di avere di meglio da fare a casa?
Preferisce le norvegesi?
Gli piace il cazzo?
Tutto può essere e non dovrebbe essere un problema. Eppure tu hai
proprio bisogno che esca con te. Proprio stasera!
Allora non resta che ingegnarsi. Un modo c’è. E parte dal presupposto
della reciprocità. L’amicizia è ricevere, ma soprattutto dare. E se pensi che
uscire sia la cosa giusta da fare, devi essere convinto che sia la cosa giusta
da fare PER LUI . Prima che per te. Se ne sei convinto, stanne certo, troverai
il modo per convincere anche lui.
LA RICETTA PER FAR USCIRE UN AMICO: PARMIGIANA
VEGANA ALLO ZENZERO
Alessio: Uscire è ovviamente ciò che desideri per te ma solo una volta
appurato che anche lui ne trarrà dei vantaggi (è così, vero?) è il momento di
capire perché non ne abbia voglia. E fanculo se non dorme da sei notti
perché ha scoperto i benefici afrodisiaci della parmigiana vegana allo
zenzero e se ne sta in camera a sfogare da solo il suo desiderio.
Prendi il nostro amico Orla, cultore della parmigiana. Capitava spesso
che lui, alla sera, non avesse voglia di uscire con noi. E non perché avesse
altro da fare. Non aveva voglia. Punto. E a noi, semplicemente, non andava
bene. E ce ne fregavamo del motivo.
SINFONIA DI PERSUASIONE IN DO(RLA) MINORE
SUONATA AL CITOFONO
Alessandro: Ci sono tecniche infallibili per convincere un amico a uscire (e
di solito fanno rima con «riga»).
E poi ci sono le nostre.
Quando Orla ci diceva che non voleva uscire noi non facevamo una
piega, come Salvini di fronte a una ruspa nuova. Ah no, esempio sbagliato,
lì lui esulta. Noi avevamo più la faccia da Ben Affleck in uno dei suoi
cinquecento film tutti uguali. Poi, alla sera, verso le nove, sotto le fioche
luci della via di casa sua, mezze fulminate, ci attaccavamo al citofono.
Eravamo capaci di trascorrere tutta la serata così: a citofonargli ogni cinque
minuti. E fa niente se sua mamma era in casa (scusaci tanto, Mariella). Noi
citofonavamo. Ci fosse stata l’accademia musicale dei citofoni saremmo
diventati Maestri.
No, lui non scendeva lo stesso.
GRAZIE DAWSON: ANAUANAUEI TURANAIS TU BIOLDER
Alessio: Quante volte senti puzza di scusa? Il bello dell’amicizia è che
permette di leggere tra le righe (o quel che ci fa rima).
Una sera abbiamo citofonato a Orla e sua mamma ci ha detto che era
andato da un suo amico. Ma quale amico di preciso? Ma chi? A Corvetto?
Non c’è nessun amico a Corvetto, sono stati tutti uccisi. Non eravamo
gelosi, semplicemente sapevamo che si trattava di una cazzata, come la
seconda laurea di Oscar Giannino (o la prima). Abbiamo aspettato tutta sera
che tornasse, fino a mezzanotte e mezzo quando chiude la metro. Il mattino
dopo, posto di fronte all’evidenza, Orla ha finto di essere rientrato in casa
dalla porta sul retro. Peccato abitasse, come noi, in un banalissimo
condominio di periferia. Non esiste nessun retro, forse aveva visto troppe
puntate di «Dawson’s Creek».
Non so bene perché non lo lasciassimo libero di non uscire. Forse
tormentarlo era più divertente che uscirci insieme.
IL TRONY DI SPADE: L’AMICIZIA È UN CORSO DI ZUMBA
IN OFFERTA
Alessio: E il segreto, in fondo, sta tutto qui. Dipende da cosa proponi. Se un
amico è già pigro è inutile invitarlo a una maratona di corsi di ballo tenuta
da Garrison di «Amici». Trova qualcosa che piaccia, davvero, anche a lui.
La zumba con Kledi non vale.
Noi insieme ci divertivamo così: una sera abbiamo ricoperto la macchina
della mamma di Orla con le pagine dei volantini di Trony – tutta tappezzata
di lavatrici in offerta, perché si sa, non ci sono paragoni.
Un’altra volta abbiamo lanciato gli avanzi di cibo di sua nonna, scaduti
da mesi, dalla finestra. A nostra discolpa, avevamo tredici anni. Se tu che
stai leggendo hai tredici anni: solo un imbecille fa una cosa del genere, non
sentirti legittimato.
A volte, più semplicemente, stavamo nel cortile di Mediaworld (anche se
i nostri volantini preferiti erano evidentemente altri) a raccontarcela. Il
giorno in cui è nato il nostro «collettivo artistico» e abbiamo iniziato a
filmare con la videocamera forse ci siamo salvati. E anche Orla ha iniziato a
divertirsi di più.
LA REGOLA DI NAPOLEONE: FAI SCEGLIERE ANCHE LUI
(A MENO CHE NON VOGLIA ANDARE A WATERLOO)
Alessandro: Amicizia, reciprocità, dicevamo. Ma anche compromesso.
Non puoi sempre cercare di convincerlo, quando sei solo tu a proporre.
Lascia che proponga lui. Una volta per uno non fa male a nessuno. A meno
che tu non sia un amante del sadomaso.
Orla era in classe con me alle medie, quindi sentivo pesare sulle mie
spalle la responsabilità di riuscire a farlo uscire con noi. Eravamo un gruppo
compatto, anche se ormai dislocato per l’hinterland milanese: io, Fabio e
Orla a Milano; Baffo ormai trasferitosi a Rozzano e Alessio a Postino,
provincia di Dovera, di fianco a Pandino.
Non ho mai amato particolarmente gli scherzi telefonici, ma a Orla
piacevano di brutto, Fabio aveva le chiamate gratis, Alessio una comoda
veranda sottocasa e io sapevo camuffare la voce. Era scritto nelle stelle,
finalmente una sera abbiamo fatto quello che Orla aveva proposto. In quel
caso è bastato citofonargli una volta, ci credete? Abbiamo chiamato una sua
amica un po’ stordita, mi sono spacciato per un operatore della Microsoft.
Non aveva alcun senso. Ha abboccato subito. E quella è stata la prima volta
in cui abbiamo caricato un video, in cui apparivamo tutti, online su quello
che ai tempi era il mio canale (se sei bravo puoi ancora trovarlo).
CONDIVIDI QUELLO CHE HAI: USCIRE HA SENSO SE C’È
DI MEGLIO
Alessio: Perché dovrebbe uscire? Devi essere bravo tu a spiegarglielo. Il
segreto è tutto lì.
Il Natale in cui mi hanno regalato la mia prima palmarina abbiamo fatto
una candid camera. Probabilmente il nostro esordio, in quel campo. La
classica: fai credere a una persona che la stai salutando quando in realtà stai
salutando il tuo amico dietro. Non è mai venuta. Come la mia ragazza di
allora.
Eppure tutti hanno voluto partecipare, io e Alessandro gliel’avevamo
venduta bene, oppure semplicemente sembrava una cosa entusiasmante.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“L’amicizia
non è convincere un amico
a uscire,
ma convincere una donna
a farlo entrare.”
Esperimento sulla persuasione: FALLO!

TECNICA DELL’ERASMUS
Quest’esperimento prevede che tu sia davvero convincente e pronto a recuperare in
credibilità, quando le cose non andranno come promesso.

Hai bisogno di:


23 un telefonino
23 un locale

ESERCIZIO
Scrivi al tuo amico che non ha voglia di uscire ed esordisci raccontando della tua
compagna di università che ti ha scritto dicendoti che, proprio questa sera in cui lui
non ha voglia di uscire, sarà in quel locale lì, con due amiche Erasmus. Non serve
che ti diciamo perché è fondamentale che tu dica «ragazze in Erasmus» (ok te lo
diciamo, magari sei stupido: le ragazze in Erasmus la danno via più facilmente, è
statistica).
Prosegui raccontando che ti ha chiesto se hai un amico per fare un aperitivo.
L’amico al 99,9 per cento a quel punto si sarà già messo la giacca per uscire.
La difficoltà parte ora. Quando arriverai al locale non ci sarà nessun’amica
dell’università e nessuna ragazza Erasmus.
Rimani sereno, sorridigli. «Non ci sono, ora. Ma ci saranno. Il locale è pieno di
ragazze, basta andare a conoscerle.» Intanto lui è uscito di casa. Ora sta a te. Fai
andare bene la serata (sfoglia fino al capitolo su come rimorchiare una ragazza, se
hai bisogno di qualche consiglio), fagli notare come uscire non fosse poi così difficile
e come sia stato meglio PER LUI farlo. Vi state divertendo?
Se la serata diventa un successo, stai certo che uscirà più volentieri la prossima
volta.

La variante: la tecnica dell’Erasmus vale su qualsiasi altra passione del tuo amico
(anche se le ragazze, di solito, funzionano). Se è appassionato di calcetto, invitalo al
campetto perché manca un uomo. Se adora i giri in moto, digli che c’è un terzo
amico che ha comprato la moto nuova. E via così. Tiralo fuori di casa. Il resto lo
inventerai tu. Fai in modo che sia divertente.
COME SOPRAVVIVERE IN PERIFERIA
(VALE ANCHE PER LA PROVINCIA, MA COME ROGOREDO
NESSUNO MAI)
C’è il mito della gente del centro. Se sei di Milano e vai in vacanza la prima
cosa che ti chiedono è «Ma sei di Milano-Milano?», come se ripeterlo ti
tenesse dentro la cerchia dei Bastioni. Noi siamo di Milano Rogoredo, che è
Milano, eppure non è Milano-Milano. È periferia. È una realtà a sé, la vita
di quartiere. Come nel paesello. E non c’è niente da invidiare a nessuno.
Suvvia, vivere in piazza Duomo è decisamente cheap.
E no, ragazzi, la nostra non è retorica «del blocco», non abbiamo
nessuna pretesa gangsta, le lasciamo tutte alla nuova generazione di rapper.
Anche perché l’ultima rissa a cui abbiamo partecipato era sì una rissa da
quartiere, ma riguardava la supremazia sullo scivolo del parchetto e
avevamo quattro anni.
NON CERCARE DI ESSERE QUELLO CHE NON SEI: LA
MERDA È MERDA ANCHE CON LA CRAVATTA DI GUCCI
Alessio: Il bisogno di omologazione. Il bisogno di sentirsi accettati. Ci
siamo passati tutti.
C’è un periodo della crescita che si colloca esattamente tra quando tua
mamma ti compra i vestiti e quando smette di comprarteli. Quello è il
momento in cui ti sembra necessario e assolutamente vitale dover arricchire
il tuo guardaroba con vestiti esclusivamente di marca. Mettevo via i soldi
per avere il grande marchio: Lacoste, Ralph Lauren. Ero capace di
comprare anche una taglia più grande se coi saldi trovavo solo quella, pur di
avere il capo che volevo. Sì, bisognava fare parte del gruppo e il gruppo
voleva così. Poi però abbiamo avuto il piacere di confrontarci con due tizi
della zona, due cugini dal soprannome un po’ poco gratificante (che quindi
non diciamo).
INFILARTI LE PIUME NEL CULO NON FA DI TE UNA
GALLINA (CIT.)
Alessandro: Quando il più piccolo dei cugini dal soprannome un po’ poco
gratificante ha scoperto le marche è stata la nostra salvezza. Lui non
comprava vestiti, li ostentava. Voleva le scarpe di Prada? «Cazzo Ale,
costavano trecento euro, ho fatto un leasing con mia madre.» Un leasing?
Ancora non sapevamo cosa fosse il fisting, perché avremmo dovuto avere
familiarità con il concetto di leasing? Il fastidio provocatoci dal suo
ostentare ci ha, indirettamente, insegnato quanto un comportamento del
genere fosse inutile oltre che dannoso. In quartiere non abbiamo mai
giudicato qualcuno per la marca delle scarpe che indossava, piuttosto per
l’odore che queste emanavano dopo una partita al campetto.
CELENTANO
Alessio: Ci sarà sempre quello più ricco, quello più simpatico, quello più
famoso. O ti sbatti per essere tu il numero uno, oppure inizi ad apprezzare
quello che hai, senza paragoni. Fare paragoni è puro masochismo.
A Rogoredo siamo come una famiglia. Sono cresciuto con i miei
migliori amici, ma anche con i loro genitori. La mamma di Orla io la
chiamo zia. Hanno il ferramenta di fronte a casa mia, ci passo quasi ogni
sera. Quando cresci in periferia ti senti fuori dal giro che conta, non sai
neanche bene se esiste davvero il giro che conta. In realtà nemmeno ti
interessa saperlo perché il tuo giro è qualcosa di prezioso e sai bene quali
sono i difetti di tutti i tuoi amici. Eppure se arrivasse uno del centro a farteli
notare, diventerebbero immediatamente pregi.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Nel cammino della vita
non conta il prezzo delle scarpe,
ma il percorso che hai deciso
di intraprendere.”
Esperimenti per sopravvivere in provincia (o periferia): FALLO!
Hai a disposizione due esercizi, a seconda della tua necessità. Vuoi sentirti unico e
diverso? L’esperimento che fa per te è ROSSO RELATIVO. Vuoi smettere di
sentirti un pesce fuor d’acqua? Allora prova LA DIFFERENZA TRA ME E TE. I
mai più senza di chi può immedesimarsi nel protagonista di Adesso tu o del
Ragazzo della via Gluck, ma tra Ramazzotti e Celentano preferiamo comunque
Tiziano Ferro.

LA DIFFERENZA TRA ME E TE
Copia nei gesti e nelle espressioni la persona che hai di fronte. Si tocca i capelli?
Toccati i capelli. Sorride? Sorridi. Cammina? Cammina. Parla al telefono? Parla
anche tu (senza sonoro).
Sii il suo specchio, sii UGUALE. Uguale è bello.

ROSSO RELATIVO
Esci di casa con un rossetto rosso in tasca. Entra in un locale e mettitelo. Sorridi a
tutti. Ti sentirai probabilmente osservato.
Sii DIVERSO. Diverso è bello.
COME AVERE SUCCESSO IN QUELLO CHE FAI

Il successo non ha una ricetta. Se ce l’avesse, questo sarebbe un libro di


Cracco (che ha fatto successo infatti).
Ciò che sappiamo è che è decisamente soggettivo (#teamBastianich).
C’è chi identifica il concetto di successo con i soldi, chi con la famiglia,
chi con la soddisfazione personale.
Non ha regole, insomma, se no qualcuno lo brevetterebbe. Il successo è
qualcosa di irraggiungibile, come la felicità. Ognuno di noi, all’infinito, può
tenderci, ma mai raggiungerlo propriamente, come a un asintoto. E se il
successo è un asintoto e toccarlo diventa impossibile, allora meglio porsi
piccoli obiettivi raggiungibili di volta in volta, cominciando a capire che
cosa vuoi ottenere, pensando soprattutto a come vuoi ottenerlo (lo so che
stai cercando «asintoto» su Google, capra. Ma è un buon inizio).
Fermati a pensarlo e comincia a farlo.
Sognare è bene, ma bisogna stare con i piedi per terra, puntare in alto,
ma ricordarsi che si potrebbe cadere: perché quando poi cadi davvero,
almeno non fa troppo male.
E non avere fretta, ogni cosa richiede tempo, qualsiasi cosa. Gradino
dopo gradino. Immagina che il successo coincida con un obiettivo che ti sei
posto, ti premerà raggiungerlo, ma è bene che tu presti la massima
attenzione a come raggiungerlo. Immagina il tuo percorso verso questo
macro-obiettivo come una scalinata. Poniti degli obiettivi intermedi, più
semplici, ma comunque fondamentali. Ogni obiettivo è uno scalino più alto,
un passo che ti avvicina al tuo obiettivo finale. Se fallisci, semplicemente
cadi al gradino precedente, conservando tutte le skill acquisite affrontando
tutti i gradini già superati. Certo, sarebbe più comodo avere tutto e subito,
raggiungere il successo con uno schiocco di dita. Ammesso e non concesso
che ciò sia possibile, immaginiamo che da un giorno all’altro tu raggiunga il
tuo obiettivo ultimo, cosa succederebbe in quel caso se qualcosa andasse
storto? Precipiteresti inesorabilmente verso il punto da cui eri partito. Con
un tonfo assordante.
FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE
Alessandro: Il successo a volte è fama, a volte è fame, come nel nostro
caso, altre è semplicemente sentire di avere raggiunto un obiettivo che ci si
era prefissati.
Ci dicono: «Che fortuna», anzi, ci dicono: «Che culo». In tanti pensano
che basti mettersi davanti a una videocamera a postare qualcosa per
diventare YouTuber, in tanti ci dicono: «Siete fortunati, questa è proprio
l’era del WEB ». Forse lo è, l’intrattenimento ultimamente è lì, i ragazzi
considerano la televisione un old media che propone cose da vecchi. E
trascorrono quindi il loro tempo scegliendo che cosa guardare, sui canali
YouTube. Noi siamo lì perché abbiamo semplicemente intravisto la
possibilità di far diventare una nostra passione un lavoro. Abbiamo fatto
impresa. Tra il dire e il fare ci sono di mezzo ore di lavoro, pazienza,
costanza. Abbiamo un calendario di produzione, lo rispettiamo. Anche a
fine 2013, con un canale neonato e gli iscritti che si contavano sulle dita di
una mano, postavamo comunque un video a settimana, a volte anche due.
Se avessimo saltato un appuntamento non se ne sarebbe accorto nessuno.
Eppure non lo saltavamo.
«SONO SOLO VIDEO»
Alessio: Avere sogni è importantissimo, è quel che dà la carica e spesso fa
emozionare. Ma sii realistico, individua i tuoi limiti, lavora su quelli.
YouTube è un mezzo molto potente che apre tante porte. E illude. Sono
tantissimi i ragazzi che oggi pensano di potercela fare, di poter guadagnare
un sacco grazie ai dati, falsi e inattendibili, che girano online e che ti dicono
quanti soldi potresti fare in base al numero di click. Non è vero niente. Non
ci sono tabelle fisse, le entrate di un mese con un certo numero di click
possono raddoppiare o dimezzarsi, a seconda del mercato di investimenti
pubblicitari di Google. E soprattutto non guadagni subito. Bisogna lavorare,
prefiggersi uno scopo. Ma soprattutto bisogna impegnarsi e non
accontentarsi mai. Perché sembra facile dire: «Sono solo video». Pensarli,
scriverli, idearli, sceneggiarli, progettarli, girarli, montarli e pubblicarli,
costantemente, si chiama «lavoro».
NON È PER TUTTI
Alessandro: Il traguardo deve essere raggiungibile, ma è il tuo impegno a
fare la differenza.
Spesso lavoriamo di notte. Di giorno siamo in strada, a girare le scene
che ci serviranno per costruire i nostri contenuti. Se non siamo in strada
siamo in ufficio, a scrivere, pensare, progettare. Fino a poco tempo fa le ore
di veglia comprendevano anche le lezioni in università. Dare esami
universitari gestendo un canale con un palinsesto serrato come il nostro
sembrava impossibile, eppure lo abbiamo fatto per tutto il 2014 e il 2015.
Ogni nostro video ha dietro tanto lavoro, nulla è lasciato al caso. Le uniche
incognite sono le reazioni delle persone, che comunque proviamo a
prevedere: sappiamo sempre qual è il percorso da seguire.
Quando ho proposto ad Ale di aprire un canale, si trattava di un’idea
embrionale. Sapevo che avremmo fatto scherzi sullo stile dei prank che
spopolavano in America, ma la struttura del canale non mi era ancora chiara
e l’avremmo poi decisa insieme. Quello che sapevo era il nome: theShow. Il
nostro amico Fabio, in una delle nostre serate da single, una volta mi aveva
detto: «Tu non parli con le ragazze, tu imbastisci uno show». E aveva
ragione, questo è quello che io e Alessio avevamo sempre fatto nella vita.
SII MEGLIO
Alessio: Fai in modo di essere il migliore in quello che fai. Non vuol dire
fama o soldi, vuol dire scegliere di dare il massimo. Al lavoro, negli studi,
nei rapporti.
Vale per YouTube, ma vale anche nella vita. Chi vuoi essere in ufficio?
Chi vuoi essere a lezione? Sii te stesso, ma il te stesso migliore. Trova
un’immagine che ti rispecchi. Riconosciti in una definizione. Abbiamo
deciso di chiamarci theShow nel modo più facile del mondo. Il nostro
amico Fabio, in vacanza a Malta, con noi due single che sì, facevamo un
po’ gli splendidi, continuava a dirci che si vergognava di noi, che stavamo
solo dando spettacolo, che facevamo «lo show».
Noi siamo i theShow, ma allo stesso tempo The Show is you: un modo
per dire che non lo facciamo da soli, ma c’è sempre la nostra vittima al
centro. Ci sei tu.
CHI DORME NON PIGLIA DISCEPOLI
Alessandro: Vuoi raggiungere i tuoi obiettivi? Comincia a pianificare.
Impegnati ogni giorno. A stare seduto a casa davanti al computer succede
esattamente quello che ti aspetti… nulla.
Abbiamo aperto il primo canale, abbiamo chiamato le nostre candid
«esperimenti sociali» perché volevamo che fossero identificabili subito,
come uniche. Una tag da inserire in ogni video, per sfruttare il sistema di
indicizzazione del motore di ricerca di YouTube. NON ABBIAMO INVENTATO
NIENTE, ABBIAMO INVENTATO TUTTO . Abbiamo ottenuto i primi grandi
risultati, 3500 iscritti per trovare un network a cui appoggiarci. In due anni
abbiamo raggiunto un milione di iscritti. A oggi abbiamo superato il
milione e mezzo, con più di trecento milioni di visualizzazioni uniche.
Abbiamo aperto un secondo canale per mostrare i backstage e raccontare le
nostre giornate di lavoro, ma soprattutto per parlare con le persone che ci
seguono, i nostri discepoli: la TV è monologo, YouTube è dialogo.
Ottimizziamo quello che abbiamo, certo. Ma lavoriamo anche molto di più.
COME PAMELA DI «NON È LA RAI». TI STAI CHIEDENDO
CHI È? APPUNTO
Alessio: Ed è davvero così, in generale nella vita funziona. Il «se vuoi ci
riesci» su YouTube però brucia un sacco di persone. La maggior parte della
nuova generazione di YouTuber si trova in mano un potere mediatico
incredibile, la promessa di seguire il sogno si trasforma in un incubo, si
illude di essere all’apice di una presunta carriera e l’errore non è illudersi di
essere arrivati, ma illudersi che esista un punto di arrivo.
Il successo può finire in un attimo.
NON PENSARE CHE AVERE SUCCESSO SIGNIFICHI
DIVENTARE RICCHI: SI PARLA DI TUTT’ALTRO
Alessandro: Il successo non è la ricchezza. Quando ti svegli hai voglia di
dare inizio alla tua giornata? Quello è farcela davvero, eppure a noi parlano
di soldi.
Oggi ci chiamano YouTuber di successo. Cosa davvero significhi non lo
abbiamo ancora capito, perché ci hanno sempre detto che il successo e la
fama portano ricchezza. Noi, per ora, non siamo ricchi per niente, o almeno
non abbastanza. Ma sentiamo comunque di avercela fatta. Cosa vuol dire
farcela? Trovare un lavoro che ti fa venire voglia di alzarti al mattino, e
guadagnarci quel tanto che basta per essere autosufficienti. Vivere di
passione. In fondo ha ragione chi ci accusa di non lavorare, perché chi fa un
lavoro che ama, in fondo, non lavora. Noi oggi stiamo facendo quel che ci
piace. E allora sì, non sappiamo se si chiama successo, ma pensiamo di
avercela fatta (aspettando di diventare ricchi, ovvio).
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Non inseguire il tuo sogno,
costruisci la tua realtà.”
Esercizio per avere successo: FALLO!
Attenzione: questo esercizio si sviluppa su un periodo da uno a tre mesi.

LA TABELLA DELLA SCALA


Gradino per gradino, segui l’esercizio proposto per capire se la tua scala è
progettata nel modo corretto.

Hai bisogno di:


23 un foglio
23 una matita o una penna

Disegna su un foglio una tabella in cui indichi i vari aspetti della tua vita. Qui te ne
diamo un esempio ma puoi aggiungerne quanti ne vuoi.

Amici – relazioni con l’altro sesso – lavoro – salute – denaro – tempo libero
– studio.

Dai un voto da 1 a 10 alle categorie che hai scelto e cerca di farlo ogni mese,
cercando di migliorare le tue prestazioni. Ricordati che probabilmente non potrai mai
raggiungere il massimo voto in tutte le categorie perché impegnarsi di più in una, per
forza di cose, prevede il trascurarne un’altra (se vuoi avere successo nell’amicizia
ma sei fidanzatissimo, non potrai impegnarti al cento per cento nel rapporto con gli
amici. E viceversa. Se vuoi andare all’università difficilmente metterai via i soldi
come se lavorassi a tempo pieno. E così via).
Valuta i tuoi risultati, tendi al miglioramento.
Per avere successo bisogna solo ricordarsi che dipende tanto da noi. Fare un
punto con noi stessi, senza che la vita ci scorra addosso, è il primo passo verso la
felicità.
COME TRASFORMARE UNA SCONFITTA IN UNA
VITTORIA

Le sconfitte non esistono. Sono solo un altro modo per indicare il


cambiamento (quindi torna pure al capitolo dedicato, se non ti ricordi più
quel che abbiamo detto).
NON TI STO DICENDO DI LASCIARE LA TUA RAGAZZA
(SE CE L’HAI BACIATI I GOMITI)
Alessandro: La sconfitta è percepita come tale solo se decidi di viverla
così. Perché non provi a interpretarla come qualcosa di inaspettato, per
ricominciare?
Mi sono lasciato con Eleonora, la mia ragazza del liceo, dopo cinque
anni. Cinque anni sono un tempo enorme, ti abitui a fare le cose insieme, si
diventa come Qui e Quo dopo il funerale di Qua, il tempo libero diventa
tempo condiviso, se non stavo in università, stavo con lei. Veder finire una
storia è l’evento triste per eccellenza, ci accomuna tutti in un modo o
nell’altro, al pari di un pesce rosso che muore a pancia all’aria dopo due
giorni dalla gita al luna park perché gli abbiamo dato troppo mangime (è
successo anche a voi, vero?). O forse perché lo abbiamo separato dalla sua
«pescia» rossa. In quel momento era una sconfitta. La svolta è stata capire
che le ore libere che avevo non erano solitudine ma tempo ritrovato.
IL DESTINO È NELLE TUE MANI (PIÙ CHE ALTRO QUELLA
DESTRA)
Alessio: Senza il sentimento che genera una sconfitta, non potresti
assaporare neanche lo stato d’animo associato alle vittorie. Fa parte del
pacchetto. E si ricomincia da lì.
Alessandro ha vissuto una fase introspettiva, di chiusura (al PC ). Ed è
stata la cosa migliore che ci potesse capitare, perché in realtà è partito tutto
da lì (dal PC . Certo, prima l’ho dovuto staccare da YouPorn, che lo stava
inghiottendo, come una delle sue attrici – di YouPorn, intendo).
CERCA QUELLO CHE TI FA STARE BENE: NON SOLO SU
YOUPORN
Alessandro: Dipende tutto da te. Potresti crogiolarti nel dispiacere ma, a
parte un momento mistico di riflessione e grande tristezza (che in fondo
ogni tanto non fa neanche così male), che senso avrebbe non ricominciare?
Tutto quel tempo libero forse avrei potuto sfruttarlo in qualche altro
modo, in realtà mi sono ritrovato a chiudermi in casa e stare su Internet. Ho
iniziato a passare un sacco di tempo su YouPorn, ma dopo cinque minuti,
forse tre, passavo a YouTube, recuperando tutto quel che mi ero perso. È
stato allora che ho scoperto cosa significasse essere uno YouTuber e
soprattutto ho scoperto che si trattava, specialmente negli USA , di una vera e
propria figura professionale. Avevo già il mio canale personale, ma non lo
avevo più usato. Navigavo e basta. Poi sono finito per caso sul video di uno
scherzo realizzato da un ragazzo americano. Sono entrato nel tunnel dei
prank made in USA e in pochi giorni mi sono sparato tutto quello che
esisteva. Una volta terminata l’incredibile raccolta di scherzi anglofoni ero
pronto a gustarmi quelli in italiano. Fu con massimo stupore che scoprii
un’amara (ma con il senno di poi dolce) verità: non esistevano. Avevo
appena trovato un incredibile buco nel mercato italiano dell’intrattenimento
online. E noi, da sempre fan di Rocco, in quel buco eravamo prontissimi a
entrarci.
COME DICE STAKANOV: «RINASCI, CON UN’IDEA: LA
COSTANZA RIPAGA» (SÌ, MA QUANDO?)
Alessio: Quando pensi di aver perso, quando tutto ti sembra finito, puoi
solo ripartire con più energia.
Alessandro mi ha chiamato, mi ha detto: «Guarda ’sta roba, possiamo
farla anche noi». Non ci credevo molto all’inizio. Poi però abbiamo
cominciato a farlo, a girare i primi video. E ho avuto la certezza che tutto
quel lavoro ci avrebbe ripagato in qualche modo (quando arrivano i soldi
veri?). Non avevamo più talento di altri. Ci abbiamo messo più costanza,
più metodo. E siamo stati premiati (e ripeto, quando arrivano quindi i soldi
veri?).
BUTTA TUTTE LE TUE ENERGIE NEL NUOVO, ANZI, SOLO
METÀ
Alessandro: Potrai ripensare a quanto successo e sorriderne. E quello che
in quel momento ti sembrava insuperabile, sarà all’improvviso diventato
quello che ti ha permesso di essere dove sei ora. Mi sono buttato a capofitto
nel «nuovo progetto». Essere iscritto a Ingegneria non è esattamente una
passeggiata, è una facoltà che ti svuota. Eppure credevo davvero che
YouTube potesse essere una nuova strada, volevo che diventassimo quelli
che fanno prank in Italia, anche se gran parte del mio tempo era dedicato
allo studio. Il mio tempo, quindi, doveva raddoppiare. Tutte le mie energie
dovevano andare lì, e per creare un canale da un milione di iscritti ne sono
bastate la metà di quelle che usavo su YouPorn.
COMPRANDO QUESTO LIBRO STAI AIUTANDO DUE
GIOVANI RAGAZZI IN GAMBA
Alessio: Quel che arriverà dopo, probabilmente sarà la tua vittoria. Pensarla
così non ti fa già sentire meglio?
Abbiamo visto nei video una possibilità, una professione. Non abbiamo
però iniziato per soldi (certo, ora non ci farebbero schifo, abbiamo anche
dovuto scrivere un libro per sperare di racimolare qualche euro in più). Era
la nostra valvola di sfogo. Anche Architettura è pesante. Era la mia
passione, mi stavano insegnando a progettare, potevo creare qualcosa dal
nulla, esattamente come Dio o come Giovanni Muciaccia, scusate la
ripetizione. Così era anche con i video, li vivevo come un nuovo progetto.
Con la differenza che potevo ottenere subito dei risultati. Con la differenza
che, per ora, li ho ottenuti (ma i soldi?).
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Le energie impiegate
in quello che vuoi ottenere
non sono energie buttate,
ma investite.”
Esercizio per sopravvivere a una sconfitta: FALLO!
IL METODO GUARDAMI

Hai bisogno di:


23 un paio di pantaloni
23 una tazza di tè al limone
23 una commessa carina

Quest’esercizio prevede una buona dose di coraggio. Ma una volta affrontato, niente
ti sembrerà più difficile.
Indossa un paio di pantaloni e versati addosso una tazza di tè (dopo averlo fatto
raffreddare!).
Entra in un negozio e avvicinati a una commessa (o commesso, se sei donna o
gay) e indica la grande macchia che hai sui pantaloni proprio lì, come se ti fossi fatto
la pipì addosso.
La sconfitta sarà lo sguardo della commessa.
La vittoria scoppiare a ridere e dirle che hai dovuto fare penitenza con gli amici,
prima di poterle chiedere il suo numero.
COME ROMPERE GLI SCHEMI

Fai qualcosa che nessuno si aspetta da te. Fai qualcosa che per primo
stupisca te stesso. Rompere gli schemi significa modificare la reazione che
normalmente un evento suscita: fare un’azione diversa da quella che il
pensiero ti suggerisce in prima battuta.
Facciamo un esempio: ti scappa la cacca, ovviamente pensi di andare in
bagno. E invece no! Fatti un frullato di prugne.
Otterrai un risultato diverso, che nel breve termine può far ridere o
semplicemente farti sentire diverso. Di sicuro più leggero. Quasi svuotato.
Il risultato sarà certamente migliore. O maggiore anche. Sul lungo periodo
migliora il tuo modo di vivere (e probabilmente anche il tuo traffico
intestinale).
Ogni nostro pensiero corrisponde a un’azione «comoda». Vai in gelateria
e chiedi un gelato, che altro puoi fare? Ti sbagli: le possibilità sono infinite.
E non dico di prendere il gelato e spalmartelo sulla fronte per fare
l’unicorno, come abbiamo fatto noi in una delle nostre candid camera. Ma
già ordinare gusti diversi, che non hai mai provato, può essere un primo
passo.
È un percorso graduale: se per esempio soffri di claustrofobia di certo
non puoi prendere un ascensore e andare all’ottavo piano di colpo, ma puoi
iniziare a entrarci, schiacciare «piano terra» e uscire subito. O berci dentro
un aperitivo, a porte aperte. Così ti dovrai concentrare molto di più sulle
reazioni dei condomini che sulle tue paure.
Stupisciti con piccole azioni quotidiane, rompi i tuoi schemi, rompi
quelli degli altri. Rompi anche le porte dell’ascensore, se rimani chiuso
dentro. Evita però di rompere il water, che è una gran seccatura, occhio
quindi a non esagerare coi frullati.
LA VERTIGINE NON È PAURA DI CADERE MA VOGLIA DI
SCOPPIARE PETARDI
Alessio: Sono un ansioso. Ho paura di morire. Sono diventato
superprudente in tutto. Quando siamo andati in vacanza a Praga c’erano
anche ragazze nel gruppo e Alessandro se n’è uscito con lo scherzo del
secolo. «Dài, scoppiamo i petardi nella pentola e spaventiamo quelle che
stanno dormendo in camera.» Non volevo, io odio i petardi. Lo abbiamo
fatto, portando la pentola vicino ai loro letti. Il primo ha fatto il botto, ma
OVVIAMENTE ha fatto saltare il coperchio. I petardi sono usciti e scoppiati
nella valigia di una delle ragazze, bucando la sua maglietta preferita, un
ricordo di un Hard Rock Cafe di un viaggio precedente. Abbiamo deciso di
farle una sorpresa, dopo tutte le sue lacrime e tutti i nostri sensi di colpa,
ricomprandogliela a Praga. Io ho ancora paura di morire, ma non di fare
scherzi che d’istinto penso di non voler fare.
TU VALI, A PRESCINDERE DALLO SHAMPOO CHE USI
Alessandro: Non è detto che quello che credi sia giusto sia anche la
soluzione migliore per te. Non è detto che l’opinione che hai di te sia anche
quella che hanno gli altri. Non è detto che se pensi di valere cento tu non
valga mille.
Quando abbiamo iniziato a girare video seriamente, metodicamente,
senza ancora molti follower, avevamo già le idee chiare su dove volevamo
arrivare. Quando hanno iniziato a contattarci le prime agenzie, le prime
persone che millantavano di poterci far arrivare al successo, avremmo
potuto dire subito sì. Abbiamo deciso di alzare la posta. Non volevamo
accontentarci, non potevamo dire sì solo perché qualcuno si stava
interessando a noi. Ci credevamo tanto e ci crediamo ancora. La posta
doveva essere più alta.
SEGUI IL TUO ISTINTO, MA IN COMODE RATE
Alessio: L’istinto non è l’abitudine. Agire d’istinto è diverso da fare
qualcosa che sei abituato a fare, solo perché ti sembra giusto così. Il giorno
in cui siamo entrati nell’agenzia che oggi si occupa del nostro management
io e Alessandro avevamo fatto un patto, fuori dalla porta. Non avremmo
firmato nessun contratto, e ci saremmo presi qualche giorno per pensare. È
come quando porti a cena una ragazza e spendi trecento euro, sai bene che
l’istinto lancia un unico messaggio. Ma poi non vuoi fare il tipo che l’ha
portata a casa solo per quello, e ti piglia la nostalgia anni Novanta e finisce
che vi guardate tutta la seconda stagione di «Casa Vianello». Che cazzo ti
riguardi Sandra Mondaini e Raimondo nel letto a muover lenzuola, quando
le lenzuola potresti usarle tu? In certi casi, diciamocelo, è il caso di far
prevalere l’istinto. Usciti dagli uffici eravamo felici di aver rispettato il
piano. In realtà avremmo firmato entrambi subito, anche con il sangue, ma
abbiamo aspettato qualche giorno, per fare i fighi, e quindi abbiamo apposto
l’agognata firma. Oggi possiamo dire che se avessimo seguito il nostro
istinto firmando fin da subito, non avremmo sbagliato. Quel giorno
ShowReel era una promettente agenzia, otto persone con un obiettivo
comune. Oggi ha più di trenta dipendenti ed è il punto di riferimento per
chiunque voglia lavorare con il web in Italia. Siamo cresciuti con loro e loro
con noi.
L’OCCASIONE FA L’UOMO LADRO. O IMPRENDITORE
Alessandro: Fai azioni fuori dall’ordinario. Più che puoi. Quanti ricordi
vuoi accumulare? La tua comfort zone ti porta a vivere giornate sempre
simili, perché sicure. Se le cose vanno bene, perché mai cambiarle? Invece
è solo cambiando strada che puoi imboccare quella della felicità.
Avevo appena compiuto diciotto anni e con un po’ di amici ci siamo
trovati in Porta Romana con la macchina di mio padre. Perché vivere una
serata normale, con cena da McDonald’s? Abbiamo ordinato cento
hamburger. Dieci a testa, sfidandoci a mangiarne il più possibile. Era il
periodo in cui gli hamburger costavano cinquanta cent. Ovviamente non li
abbiamo mangiati tutti. Sì a uscire dall’ordinario, ma no allo squaraus!
Siamo tornati a Rogoredo con la borsa termica piena e li abbiamo rivenduti
per strada a due euro. E i ragazzini erano pure contenti di avere panini a
domicilio. La prova dell’hamburger non l’abbiamo di certo superata, ma la
serata si è rivelata un grande successo (quantomeno imprenditoriale).
ESCI DALLA TUA COMFORT ZONE (SENZA ANDARE IN
GALERA)
Alessio: Non ti piace prendere i mezzi? Fai un giro in tram. Nell’ora di
punta. Annusa le ascelle di più pendolari che puoi. Non ti piace il tuo
corpo? Cammina nudo per casa. Ti alzi tutti i giorni alla stessa ora? Alzati
cinque minuti prima.
Rompi il tuo schema, insomma. Anche solo per scoprire che avevi
ragione e avevi tutti i motivi per non fare una determinata cosa.
Ho sempre odiato le discoteche. Non vuol dire che non sia mai andato in
discoteca, anzi. Ma il giorno in cui l’amico dell’amico di un nostro amico
che aveva un amico che ci aveva portato in una nuova compagnia,
abbandonata seduta stante, ha bucato con un coltello la gomma di una
macchina parcheggiata, tanto per mettersi in mostra, sono stato ben felice di
pensare che ero cresciuto a Postino, frazione di Dovera, di fianco a Pandino,
dove l’ordinario poteva diventare straordinario, senza pneumatici squarciati
e coltelli.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“A volte uscire dagli schemi
ti fa rientrare nella vita.
Bere frullati invece
ti fa rientrare la vita.”
Esperimento per rompere gli schemi: FALLO!
Quella che segue è una serie di esercizi, a livelli di difficoltà differenti, volti a liberare
l’animale in gabbia che è dentro di te. Apri la porta e lascialo correre. Oppure
bendalo.

Livello 1
HO LE EMORROIDI
Ogni giorno qualcuno ti chiede: «Come stai?». Evita di rispondere: «Bene, grazie»,
o l’ancor più noioso «Abbastanza», ma cerca invece di dare una risposta che ti
riguarda, un dettaglio di te, se possibile qualcosa di intimo. La prima volta dovrai
seguire l’esempio proposto in questa pagina.
Esempio:
«Come stai?»
«Ho le emorroidi ma mi stanno guarendo, quindi meglio. Ce n’è solo una un po’
fuori, ma sta rientrando.»

Livello 2
NTR N N BR
Entra in un bar, possibilmente dove non ti conoscono, e ordina quello che vuoi
senza utilizzare le vocali. Non vale dire una sola parola. La prima volta dovrai
seguire l’esempio proposto in questa pagina.
Esempio:
«Buongiorno, posso ordinare un cappuccino senza cannella ma con un po’ di
cacao?»

Livello 3
TI AMO
Dire «ti amo» è la cosa più difficile di tutte. L’obiettivo è dire «ti amo» a chi ami
davvero. La prima volta dovrai seguire l’esempio proposto in questa pagina.
Esempio:
Di’ «ti amo» a tutti i passanti che incontri nel tragitto che ti riporta a casa.
COME ESSERE UN BUON LEADER

Devi diventare un leader di te stesso. Prima di poterlo essere agli occhi


degli altri.
Arrivato a metà di questa prima riga potresti subito pensare che a te, di
diventare leader, non frega proprio nulla: tu che tra Robin e Batman hai
sempre preferito Robin – a cui, come tutti sanno, interessava ben altro che
essere leader (leggi il «pipistrello» di Batman). Bene, questo capitolo fa
proprio per te, perché non è scritto per chi desidera visceralmente la
leadership. Perché in realtà puoi iniziare a essere un leader solo nel
momento in cui decidi di non esserlo. Chiaro, no? Spieghiamo meglio.
Spesso essere leader (di un progetto, di un gruppo, anche solo di una serata)
fa sì che tu semplicemente dia il via all’azione, a quello che va fatto, nel
modo in cui va fatto. Non significa che tu debba decidere tutto, ma solo che
devi ascoltare gli altri, capire cosa vogliono fare, e farlo.
Ci sono persone che sono abituate a seguire gli altri, spesso per pigrizia,
per comodità, o come pecore nel gregge. A volte anche per amore, come
Robin. Seguono il flusso, basta che sia avviato. Ecco, allora, almeno una
volta nella vita non sarebbe bellissimo diventare padrone di quel flusso,
decidendo che cosa è giusto fare e muovendosi perché è giusto farlo?
Leader non è colui che comanda. Puoi seguire quel flusso, ma essere
comunque tu il leader.
Perché lo diventi nel momento in cui hai un progetto. Un obiettivo.
E un progetto funziona quando è valido. Se è un’idea stupida, non starà
in piedi: non puoi per esempio provare a convincere don Matteo a usare
altri mezzi di locomozione oltre la bici. #Mission(evangelica)Impossible
È come quando si costruisce una casa. Se il progetto non è pensato e le
fondamenta non sono solide, stai certo che crollerà tutto.
Ecco perché ti circondi di progettisti, tecnici, architetti, geologi,
muratori… Fare un progetto vuol dire anche confrontarsi con gli altri.
Analizza il piano, capisci se è fattibile, domandati se ne sei convinto.
Chiedi consiglio a chi ne sa di più: circondati di persone e lavora insieme a
loro, stando pronto a sconvolgere il tuo progetto iniziale, perché quel che
conta è raggiungere l’obiettivo. E se avevi voglia di pizza, ma finite al
cinese, a cena insieme ci sarete andati lo stesso (scopo raggiunto). Pensa di
che cosa aveva voglia Robin. È finita meglio di come poteva andare.
A-TEAM
Alessandro: Essere leader significa ascoltare gli altri, essere pronto a
trovare un compromesso che accontenti tutti ma, nello stesso tempo,
quando credi davvero che sia la strada giusta da seguire indirizzarli piano
piano al tuo obiettivo.
Io, a un certo punto, ho avuto voglia di viaggiare.
All’università abbiamo allargato la nostra compagnia. Le sorelle dei
nostri amici iniziavano a uscire con noi, eravamo un bel gruppo. Come l’A-
Team: avevamo anche il negro (ciao Leo). Era ora di fare i primi viaggi
insieme. Come ai tempi del liceo, mi piaceva avere in mano
l’organizzazione delle cose, ma la voglia di viaggiare era mia: ho usato
qualsiasi tecnica per trasmetterla agli altri. O imporgliela, come Giucas
Casella ai tempi d’oro. Avevo la mappa del mondo immaginaria nella testa,
volevo esplorarla tutta, organizzando le giornate nei minimi dettagli. Sì,
anche le pause bagno. E, a quel punto, volevo andare a Praga a Capodanno.
NON È CANE, NON È LUPO, È ELEFANTINO
Alessio: La condivisione è essenziale nei progetti: nei post di Facebook con
gattini glitterati con su scritto «buone feste» invece è da ricovero. Ognuno
con le sue competenze, ognuno con un pezzetto in più, a migliorarli,
perfezionarli, renderli possibili. Non è detto che «la squadra di lavoro» sia
sempre sulla stessa lunghezza d’onda. In ogni gruppo, statisticamente, c’è
sempre qualcuno a cui piacciono i gattini glitterati. #miao
Eravamo in nove. Ci riunivamo per decidere come partire, dove andare,
con che mezzi. Alessandro raccoglieva i soldi, ci elencava tutto quello che
avremmo visto e fatto. Era facile, eravamo tutti d’accordo. O quasi. Fabio,
da sempre il nostro amico più incline a seguire i consigli di sua madre,
timoroso riguardo i tanti pericoli del mondo esterno, non se la sentiva di
affrontare un viaggio in macchina in inverno. D’altronde è risaputo che
quando fa freddo le strade ghiacciano e l’intera popolazione umana si
blocca e le provviste, le medicine, i beni di sopravvivenza, vengono
consegnati a casa solo da cani Alaskan Malamute capitanati da Balto. Non
c’era verso di farlo ragionare, insisteva per andare in pullman. D’altronde è
risaputo che i pullman sono come la Kostner. Hanno il fidanzato dopato?
No, sul ghiaccio danno il meglio. Non che fossimo stupiti, era così da
sempre: se uscivamo in bici, lui metteva un maschio e graziosissimo
caschetto azzurro cobalto costellato da elefantini indiani per proteggere il
suo prezioso cranio. In realtà proteggeva solo la sua verginità. Raggiunta
infatti l’età del discernimento ricoprì gli elefantini di scotch colorato:
#jesuisDumbo. Un viaggio in macchina a Praga, in inverno, era troppo per
lui. Alla fine è rimasto a casa, augurandoci CHE TUTTO ANDASSE PER IL
MEGLIO .
DA UN’IDEA DI STEFANO ACCORSI: 1993
Alessandro: Ogni progetto necessita di strumenti adatti alla realizzazione
dello scopo. Nel nostro caso serviva un mezzo di trasporto che ci portasse
da Rogoredo a Praga.
Avevamo due macchine. La macchina di Simone, una bella macchina,
nuova di pacca, con ancora i coprisedili vergini. E la mia, anzi quella di mio
padre, una Volvo station wagon, blu metallizzato, con sigla della provincia,
nella targa datata 1993. Bei tempi: Berlusconi, per esempio, era solo il
presidente del Milan.
Il Capodanno era quello del 2011. Andavamo a festeggiare il
diciottesimo della mia macchina più che la fine dell’anno. Revisione, pronti
via, partiamo e facciamo tutta la Svizzera, fino al passo del San Bernardino.
Quasi fosse uno scherzo, quasi non sembrasse vero, QUASI FABIO CE
L’AVESSE TIRATA COME IL PEGGIORE DEI GUFI , all’improvviso, dal cofano,
un’enorme fumata bianca. Habemus papam, ma di quel che usciva dalle
nostre bocche, il papa non sarebbe stato contento.
Ci siamo fermati. Non andava più il motore.
QUANDO TUTTO SEMBRA PERDUTO, SPESSO LO È
Alessio: Come quando progetti una casa e pensi alla soluzione estetica
migliore, poi arriva il carpentiere e ti dice che quella cosa bellissima a cui
hai pensato purtroppo non si può proprio fare. La statua di marmo
raffigurante Giampiero Galeazzi che regge un TV 45” nel bagno non ci sta.
Devi cambiare strada, rimanendo saldo sulla ricerca di nuove soluzioni
(22”?), certo che arriveranno. E saranno altrettanto belle.
Fermi alla stazione di servizio, chiamiamo l’assicurazione. Alessandro
chiama suo padre. Tutti insieme chiamiamo le madonne contro Fabio,
ovvio. Arriva il carroattrezzi dall’Italia, che proprio economico non è, e
andiamo a mangiare con la consapevolezza che la macchina di Ale, a Praga,
non ci sarebbe arrivata mai. Fine del viaggio?
SE NON LO FOTOGRAFI NON ESISTE: E NEANCHE
AVEVAMO INSTAGRAM
Alessandro: Usciti dalla pizzeria, ormai convinti che a Praga non saremmo
mai arrivati, abbiamo scattato, per Fabio, un sacco di foto in luoghi
anonimi. Obiettivo: illuderlo che fossimo nella poetica capitale della
Repubblica Ceca. Non gli avremmo mai dato la soddisfazione del viaggio
rovinato. È quando tutto sembra perduto che devi ricordarti il tuo scopo.
Non importa se le condizioni sono cambiate, se ti sembra più difficile da
raggiungere. Se tu sai cosa vuoi, se ne sei convinto, un modo per realizzarlo
si trova. Oppure metti il filtro X-Pro II.
Il padre della mia ragazza dell’epoca è partito da Milano per
raggiungerci. Ci ha portato a Monaco per dormire e ripartire verso casa il
mattino seguente. Alessio e gli altri hanno proseguito il viaggio, a bordo
della loro macchina funzionante. Strade divise. Eppure io a Praga ci volevo
davvero andare, nonostante un pezzo del mio cuore fosse rimasto in
Svizzera. Insieme a tutti i pezzi della mia macchina.
A.C.A.B.: ALL COPS ARE BIRICHINI
Alessio: Se stiamo parlando di una gita domenicale col treno, dove tu vuoi
andare in montagna e i tuoi amici al mare, ti prego rinuncia e arriva al
binario in costume. Ma se invece si parla di progetti più grandi, come
ultimare la Salerno-Reggio Calabria, non mollare alla prima difficoltà. Ok,
forse ho sbagliato esempio, ma ci siamo capiti. Se pensi di poterlo fare,
fallo.
Il nostro è stato un viaggio della speranza, un po’ come quello a
Medjugorje per Paolo Brosio o il «cammino della sobrietà» per Salvatore
Bagni («tocca di sinistro, inconclude di destro»).
In cinque, in una macchina, al freddo delle sei del mattino, fermi al
confine tra Germania e Repubblica Ceca (o tra sopravvivenza e ipotermia)
per riposare un po’ e non arrivare troppo presto all’appartamento. Non ci
avrebbero dato le chiavi prima delle dieci. A un certo punto, fari puntati sul
vetro appannato, mi sveglio. Credo di aver provato quello che ha provato
Calisto Tanzi quando alla domanda: «Chi è?» si è sentito rispondere:
«Guardia di finanza». In quel momento nella mia testa scandagliavo tutte le
possibilità: sicari inviati dalla signora del terzo piano che mi accusa sempre
di rientrare facendo troppo rumore? Ku Klux Klan a conoscenza del nostro
negro (ciao Leo)? Banda di sudamericani in cerca di organi rivendibili in
Repubblica Ceca? Probabilmente bulbi oculari (l’hai capita? Se non l’hai
capita provaci ancora perché è davvero bella!). La realtà è sempre peggio
della fantasia: era la polizia tedesca, sei poliziotti della divisione antidroga,
con due simpatici cani pastori loro compaesani. Achtung! Non si può
parcheggiare in un parcheggio dei camion se non sei un camion (non fa una
piega), e se lo fai, per la legge tedesca, sei uno spacciatore.
Ci fanno scendere dalla macchina, a meno undici gradi. Io non ero
psicologicamente pronto per nessuna ispezione, tantomeno anale. Dopo
mezz’ora di perquisa sufficiente per stabilire che non siamo spacciatori, ci
salutano e se ne vanno. Poveri stolti! Ora possiamo dirlo, il Leo aveva la
valigia piena di crema aromatizzata al pino silvestre per massaggi ai piedi
callosi. Notoriamente illegale in Germania.
FATTI MANDARE DALLA MAMMA? NO, FATTI PORTARE
DAL PAPÀ
Alessandro: Aver convinto i tuoi amici ad andare in pizzeria quando tutti
volevano andare al cinese può essere già un successo. Convincere il padre
della tua ragazza a farsi Milano-Svizzera e Svizzera-Monaco, per farti
prendere un treno e proseguire verso Praga, è un risultato da veri pro. O
anche la conseguenza di sapersi scegliere una ragazza con un padre strafigo.
Abbiamo preso il treno dal capoluogo della Baviera e lasciato che il papà
tornasse indietro, verso casa, da solo: stavamo finalmente per raggiungere
la meta. È stata una delle vacanze più belle della nostra vita.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Leader non è
chi dice agli altri cosa fare,
ma chi non fa altro
rispetto a ciò che dice a se stesso
(cerca di dirti
cose intelligenti).”
Esperimento per essere un buon leader (almeno ogni tanto): FALLO!
IL METODO UOZZAPPALO

Hai bisogno di:


23 un telefonino
23 un gruppo di amici che hai già
23 un paio di amici fidati

L’esercizio si svolge su WhatsApp o qualsiasi altra chat che ti permette di scrivere a


un gruppo.

1) Datti un compito: convincere gli amici a venire a cena con te, dove vuoi tu (non
vale la pizzeria, troppo facile). Meglio l’indiano. O a casa della tua zia novantenne
che mangia solo pastina in brodo alle verze.
Sapendo che un buon leader è chi è in grado di accontentare più persone
possibili, non deve mai sembrare che tu stia imponendo il tuo volere, anzi. Devi
insinuare il tuo stesso desiderio negli altri. Se quindi devi prendere una decisione,
fallo in modo che possa riscontrare successo.

2) Valuta da solo tutti i pro e i contro in modo da rispondere prontamente alla prima
critica che qualcuno alzerà (perché ci sarà sempre qualcuno che lo farà). Il
ristorante è troppo lontano? C’è proprio un autobus che ti ci porta in un quarto d’ora.
La zia è troppo vecchia? Stronzo.

3) Contatta prima i componenti del tuo gruppo che sai potrebbero appoggiarti nella
scelta, singolarmente. Così, quando farai la proposta nel gruppo, risponderanno
subito ok, influenzando positivamente l’umore degli altri. È più difficile infatti che gli
altri dicano di no, vedendo per quanti sia già la scelta giusta. È una guerra
psicologica contro chi si oppone, PREPARATI A LOTTARE. (Ai primi
probabilmente dovrai promettere un souvenir da casa della zia. Convinci prima
anche la zia. Vedi come si alza il livello di difficoltà?)

4) Arriveranno controproposte da qualcuno. La tua bravura starà nel dimostrare che


la sua è un’idea di merda, senza dirglielo. «Il cinese è buonissimo, ma.» «La pastina
senza verze è buona, ma.» Qui devi distruggerlo, senza andare contro ma
vantandoti di quello che hai proposto prima tu. E poi al cinese c’è l’offerta al giovedì,
oggi è sabato. E andare a trovare la zia anziana rimane comunque una buona idea
ogni tanto, nipote senza cuore!
COME RIMORCHIARE UNA RAGAZZA/1

Lo puoi fare su Facebook, come fanno tutti. Oppure lo puoi fare nella vita
vera. «Vestiti comodo», «risulta innocuo», «sii misterioso», «stupiscila»,
«ignorala», «sii uomo» sono tra i consigli che potremmo darti. Oppure
semplicemente buttati. Il due di picche è solo un numero travestito da carta
in un mazzo.
I PALI NON FANNO POI COSÌ MALE, A MENO CHE NON
ARRIVINO DA DIETRO
Alessio: Come quando per terra è sporco tu scopi, così se incontri una
ragazza che ti piace ci… parli. È logica, questa.
Se trovi interessante una ragazza e non vai a parlarle le stai togliendo la
possibilità di rifiutarti. Ma se non volesse farlo? Secondo l’ultima ricerca di
Doxa AdnKronos statisticamente un uomo nell’arco della giornata trova
attraenti settantacinque donne. Tu sei un uomo. Il nostro consiglio è
semplice. Provaci con tutte e settantacinque. Vuoi che almeno una non ci
stia?
Ciò che impedisce agli uomini di relazionarsi serenamente con una
donna che non conoscono è la paura del rifiuto: la più illogica e infondata
paura dell’umanità. Al massimo rischi un no da una persona che neanche
conosci, ma che ti frega? Ne hai altre settantaquattro da provare.
CON IL BASTONE E LA CAROTA NON SBAGLI MAI, COL
CLOROFORMIO VAI SUL SICURO
Alessandro: Metti che incontri una ragazza carina ma non sai come
rompere il ghiaccio. Dille che la gonna che indossa fa davvero schifo, ma
fallo sorridendo, perché l’obiettivo non è sembrare stronzi ma concludere
qualcosa. Di sicuro la sorprenderai. Se riesci a non farti dare uno schiaffo in
faccia devi recuperare subito con un complimento. «Però su di te ha un suo
perché, sarà che hai un tuo stile personale.» Non puoi esordire con un «Sei
bellissima», non ci crede nessuno. Se parti dal bastone, lei penserà che sei
uno che pretende, e tu devi essere uno che pretende, non tutte ti meritano. E
comunque no, non serve che sappia che la gonna è la prima cosa che le
toglieresti.
DIVIDE ET IMPERA, CHE SE NON SAI IL LATINO VUOL
DIRE SILURA LE AMICHE
Alessio: Se sei alle prime armi assicurati che non ci sia con lei più di
un’amica: più ragazze affiancano la tua interessata, più il compito si rivelerà
difficile. Sei lì per conoscerne una, non per intrattenerne quattro.
Acquisendo esperienza potrai essere affiancato da una spalla che, attirando
l’attenzione delle altre tre, ti aiuterà a isolare la tua «vittima».
METTERLA SUL PIEDISTALLO SERVE SOLO A
GUARDARLE SOTTO LA GONNA
Alessandro: Negli anni ho brevettato questa tecnica psicologica infallibile.
Quando approccio una ragazza parto dal presupposto che lei non mi
conosca. Non è un esame, non devo passarlo. L’uomo vive con ansia
l’approccio al sesso opposto perché si sente sempre valutato dalla ragazza
che ha di fronte. Se invece ribalti la situazione, se sei tu a domandarti se lei
sia alla tua altezza, allora tutto diventa più facile. Sei tu che le stai offrendo
la possibilità di conoscerti. Sei tu che hai qualcosa da offrirle. Senza essere
borioso, si intende, non c’è bisogno che tu ti senta il più figo del mondo, ma
abbi ben chiari i tuoi pregi. Ne avrai pur qualcuno, no? È lei quella che ci
può guadagnare. Se la idealizzi, invece, hai già perso.
BRINDOLA LA SUPERCAZZOLA CON LO
SCAPPELLAMENTO A DESTRA
Alessio: Buttala sui tatuaggi, lascia a intendere che ne hai uno misterioso,
con una storia possibilmente triste e toccante. Io di solito parlo del punto di
domanda che ho tatuato sulla schiena. Una volta è la domanda del perché
mio nonno è scomparso nel mare d’India quando mia mamma era solo
un’infante. Un’altra è la rappresentazione grafica della domanda che tutti
noi ci poniamo almeno una volta nella vita: che cosa c’è dopo la morte? O
anche, quello che dice Paolo Fox è vero? La supercazzola insomma. In
realtà quattro anni fa avevo cinquanta euro che mi avanzavano e voglia di
tatuarmi: un errore di gioventù è diventato un ottimo modo per
supercazzolare.
Alessandro: Se sei tremendamente timido, esiste una soluzione estrema,
ma efficace: inventa un personaggio. Ti fa sentire più tranquillo (perché se
ti rifiuta non sta dicendo no a te, ma al tuo alter ego). A me è capitato di
farlo, per passare una serata diversa: di solito sono uno studente di Filosofia
orientale, ho anche una camicia di seta col colletto coreano, che ho
comprato apposta. Tanto in camera da letto la camicia si toglie e il
personaggio cambia (lì il mio alter ego è Rocco Siffredi, ah ah).
LA PSICOLOGIA INVERSA È INVERSAMENTE
PROPORZIONALE
Alessio: Non farti lasciare il suo numero. No, non è pazzia. È solo meglio
che sia tu a lasciare il tuo. Se una ragazza ti scrive, sai già che sta pensando
che tu sia interessante. Che tu ne valga la pena. Poi rispondi però.
DA UN’IDEA DI STEFANO ACCORSI: DU IS MEJ CHE UAN
Alessandro: Ti consideri un caso disperato? Allenati: se lasci il tuo numero
a dieci persone, per la legge delle possibilità qualcuno ti richiamerà. Se sei
un caso disperatissimo moltiplica per cento. L’obiettivo non è dare vita alle
nuove «Pagine bianche», questo tipo di approccio al sesso opposto è anzi
piuttosto triste, ma ti servirà per guadagnare un po’ di fiducia in te stesso.
Una volta rispolverata la tua autostima, arriverà il momento di abbandonare
questo approccio quantitativo, per cercare una persona interessante e magari
innamorarti (sì, può succedere anche ai migliori). Nel frattempo ti sarai
fatto un sacco di amiche.
HARRY POTTER CIULAVA UN CASINO
Alessandro: Serve un trucco di magia. Io ne ho imparato uno, non serve
nessuna abilità. Le ragazze credono, vogliono credere alla magia. Fai
qualcosa che la sorprenda. E se a lei piace, e vuole un altro trucco…
chiedile il numero, o chiedile un bacio. Ogni tanto si può anche osare un
po’ di più.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“La vita
è come una partita
di Texas Hold’Em:
per fare poker di due,
serve anche
il due di picche.”
Esperimento per rimorchiare una ragazza: FALLO!
Quest’esperimento è composto da tre livelli di difficoltà, perché rimorchiare una
ragazza è questione di esercizio ed è l’unica cosa che valga davvero la pena
imparare. L’unica che ti servirà davvero nella vita (a meno che tu non sia gay, ovvio.
In quel caso fai un trova-e-sostituisci «ragazza» con «ragazzo». Sottolinea tutto,
invia).

Livello 1
MI SONO PERSO
Aggirati spaesato per la via (la spiaggia, l’atrio, la piazza, la festa) e avvicinati alla
ragazza che vuoi rimorchiare. Saluta, scusati, raccontale cosa stavi per fare e con
chi. Di’ che non trovi più il chi della situazione e che ti si è scaricato il telefono (o non
ce l’hai con te. Ma chi non ha il telefono con sé ultimamente? Forse meglio di no:
sembreresti strano).
Chiedile se puoi usare il suo o lascia che te lo offra. DALLE IL TUO NUMERO.
Lei chiamerà. Il tuo telefono squillerà. Oh guarda, non era scarico, volevo solo
sapere dove chiamarti. Chiedile anche il nome, per registrarla. Ed è fatta. Lei ha il
tuo numero, tu hai il suo. Ora non ti resta che chiamarla poco dopo.

Livello 2
FRATELLINO MIO

Hai bisogno di:


23 un bambino (meglio se tenerino)

Il livello di difficoltà si alza perché hai bisogno che un bambino finga di essersi perso
e vada dalla ragazza che vuoi rimorchiare con aria spaesata e sperduta, senza mai
scoppiare a ridere, per chiederle di poter telefonare al suo fratellone che non vede
più in giro. Tu sei il fratellone. Il bambino deve ricordarsi il tuo numero a memoria. La
ragazza non deve arrabbiarsi troppo quando sente squillare il cellulare lì vicino,
proprio dove sei tu, che con aria sorridente le spiegherai che ti sembrava l’unico
modo possibile per ottenere il numero di telefono da una ragazza così stupenda e
inavvicinabile come lei.

Livello 3
MA TU CHI SEI?
L’esercizio più difficile prevede che tu sia simpatico e abbia una buona parlantina. Ti
proponiamo la versione light e quella hard, a seconda di come sai cavartela. Perché
serve a rompere il ghiaccio, ma la parte di rimorchio avviene subito dopo. Quando
dovrai spiegarle, per esempio, che non volevi darle davvero della porca.

Hai bisogno di:


23 tanta faccia tosta
Avvicinati a una ragazza e metti in scena simpatici e originalissimi siparietti di
brillantezza.
Puoi impersonare:
1. L’afono. Avvicinati alla ragazza e fingi di non avere voce. Lascia che sia Siri a
dire quello che non riesci a dire tu. Dal banale «Sei bellissima» all’incisivo
«Trombiamo».
2. Il romantico. Avvicinati alla ragazza che vuoi rimorchiare e dille: «Trombiamo»
(la tua voce è di sicuro più convincente di quella di Siri).
3. Lo sperduto. Vai a sbattere contro la ragazza che vuoi rimorchiare e dille che
hai scritto «bellissima» sul gps e ti ha portato da lei. Oppure «porca», se vuoi
rendere il tutto più emozionante (sai schivare uno schiaffo mentre guardi il
cellulare?).
COME RIMORCHIARE UNA RAGAZZA/2

Lo puoi fare su Facebook, come fanno tutti. Oppure lo puoi fare sul tram.
D’ALESSIO
Alessandro: Le ragazze si trovano su Tinder ultimamente. E può essere
molto comodo e utile, nessuno dice di no, ma io preferisco da sempre e per
sempre il rimorchio dal vivo. D’altronde tutto è meglio live, tranne un
concerto di Gigi D’Alessio. Vale sia se la ragazza da conoscere piace a me,
sia se la devo rimorchiare per gli altri. Vuoi mettere vedere una ragazza
carina salire sul tram e andare a parlarle, senza il filtro di uno schermo? È
come paragonare YouPorn alla vita vera. Ah no, ho sbagliato esempio, nulla
batte YouPorn.
MY NAME IS NEVE. BIANCANEVE
Alessio: Attaccare bottone con una sconosciuta è divertente, non tanto
quanto giocare a freccette usando i nani alla The Wolf of Wall Street, ma
sicuramente più fattibile. I nani sono più permalosi delle donne.
Il gusto della scoperta, il poter essere chi vuoi essere in quel momento,
perché tanto lei non ti conosce. Glielo puoi dire domani che in realtà sei
solo uno studente di Architettura. Oggi sei un famoso campione di freccette
alla Borsa di New York.
AGGIUNGIMI: PORTA IL PROCTOLYN
Alessandro: I social network servono eccome, ma nella fase due.
È la mia tecnica. Quando sono single mi siedo sul tram accanto a una
ragazza che mi piace e le chiedo di aggiungermi su Facebook. Col tempo ho
perfezionato il modo in cui pongo la domanda, con sorriso e tono
scherzoso. Mi viene benissimo. Di solito mi aggiungono. La fidanzata di
Alessio l’abbiamo trovata così. Erano in due, ho rotto io il ghiaccio.
Praticamente deve a me l’amore della sua vita. Una storia bellissima, come
quella tra Carmen Russo ed Enzo Paolo Turchi (senza emorroidi).
IL TRONO DI PIEDI
Alessio: Abbordare una ragazza sul tram diventa un ricordo, come l’odore
dei piedi di Lele per Costantino: «Nessuno mai mi aveva conquistato sul
tram», «Nessuno mai me li aveva annusati così». Scegli il tuo luogo o una
frase a effetto o qualcosa che sai la colpirà: annusare i piedi non funziona, a
meno che tu non sia un tronista. È molto probabile che, se non è l’amicizia
su Facebook, un numero di telefono lo porti a casa.
COME MATT DAMON E TOM HANKS
Alessandro: Su quel tram, quindi, le due ragazze ci hanno aggiunto su
Facebook e il magico gioco della chat è cominciato. Abbiamo organizzato
un aperitivo a casa loro, solo che quando siamo arrivati Alessio e l’amore
della sua vita erano già usciti da soli una volta. Si erano già baciati. Erano
già alla fase due del rimorchio. Ero rimasto in fase uno da solo, ero il
soldato Ryan, e il pene di Alessio aveva già fatto lo sbarco in Normandia.
Ritirata tattica: mi ero sacrificato per un bene superiore. Per il mio D-day
son dovuto tornare sul tram. Una settimana dopo ero di nuovo fidanzato:
prigioniero di guerra.
LASCIA A LEI IL POTERE. SII TU AL COMANDO
Alessio: La tecnica di Facebook funziona perché lascia alla ragazza il
potere di aggiungerti o no, di contattarti o no. Se ti aggiunge tu puoi
accettare l’amicizia. Alessandro è risalito su quel tram una settimana dopo e
ha trovato la ragazza con cui poi è stato per due anni. «Mi aggiungi su
Facebook?» Lei non lo ha fatto subito, non aveva Internet. Poteva sembrare
la scusa più vecchia del mondo. Invece, tornata a casa, lo ha aggiunto. Lui
ha aspettato un po’ per ricambiare l’amicizia: come aveva aspettato lui
poteva aspettare anche lei (che tecniche raffinate eh?). E così entrambi
eravamo, finalmente, sbarcati in Normandia. In guerra e in amore, lavoro di
squadra, senza mai incrociare le spade.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“L’amore non lo cerchi.
Se lo trovi.”
Esperimento per rimorchiare una ragazza (sul tram o dove vuoi tu): FALLO!
Basta che sia di persona.
Hai bisogno di:
23 un telefonino
23 una connessione

Livello 1
IL METODO DELL’ADD
Trova una ragazza carina da sola, in un contesto tranquillo, e avvicinati. Dille
semplicemente una frase: «Aggiungimi su Facebook», possibilmente senza
sembrare un pervertito. Lei probabilmente ti risponderà «Perché?», o comunque ti
farà una domanda.
«Questa è una bella domanda» risponderai tu e continuerai con: «Ci penso e te lo
scrivo su Facebook quando mi aggiungi», andandotene.
Rispondi così qualsiasi sia la sua domanda.
Se la conversazione invece continuerà, l’obiettivo è farle capire che Facebook
non è poi così privato, non stai invadendo la sua privacy, non le hai mica chiesto il
numero di telefono! (Per ottenere quello, d’altronde, sai già bene come si fa!)
Ottenuto l’add, devi scriverle in chat. Lì sta a te, mica possiamo imboccarti tutte le
parole.

Livello 2
IL METODO «EVENTO ESCLUSIVO»
Devi fare qualcosa per cui rimanere impresso, per qualcosa di preciso. Quindi,
siccome nostro compito è darti idee geniali, ecco cosa puoi fare: con una scusa la
fai andare su Facebook. «Ho il cellulare scarico, devo partecipare a un evento che
non mi ricordo dov’è.» Lei quindi accede all’evento, probabilmente lasciandoti il
telefono. Che è pubblico. L’evento si chiama «Aggiungi Alessio Stigliano su
Facebook» e ha inizio tra cinque minuti (ATTENZIONE: sostituisci il nome e
cognome indicato con il TUO). Qui è dove tu clicchi «partecipa all’evento» che ora,
con lei, ha due partecipanti. Quindi dici: «E niente, adesso hai cinque minuti per
aggiungermi su Facebook». E te ne vai.

Nota bene: quest’esercizio va ripetuto con ragazze diverse, finché qualcuna non ti
aggiunge.

Livello 3
LA TECNICA DEL PARADOSSO
Confondere. Per conquistare.
Tu: «Ma se ti chiedessi di aggiungermi su Facebook tu risponderesti allo stesso
modo in cui risponderesti a questa domanda?».
Fine.

Postilla per il lettore:


Quello che conta è risultare semplici e simpatici. Gioca con Facebook e add solo se
sono ragazze sconosciute. Perché deve essere chiaro da subito che la richiesta di
«amicizia» vale per provarci.
COME USCIRE DALLA FRIENDZONE

Non lo sappiamo. Se lo avessimo saputo avremmo scritto un libro intero


solo su questo argomento e saremmo diventati milionari in una settimana.
L’unica soluzione possibile per uscire dalla friendzone, a oggi, è quindi:
NON ENTRARCI MAI!
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“L’uomo e la donna
sono come la terra e la luna.
Quando si spezza l’equilibrio
gravitazionale,
è una catastrofe.”
Esercizio per uscire dalla friendzone…
Non pervenuto.
Esercizio per non entrare nella friendzone: FALLO!
Per almeno un anno cerca di non innamorarti di una tua amica.
COME FAR FUNZIONARE UN PRIMO APPUNTAMENTO
(SÌ, IN QUEL SENSO LÌ)

Abbiamo fatto i seri, i galanti, abbiamo mostrato qualità invidiabili in


materia di flirtaggio. Abbiamo parlato di tutto quello che è giusto fare per
approcciare una ragazza senza paura, abbiamo rivelato tecniche di alta
qualità per arrivare a fare colpo su quella che ti piace.
Non ci sono quindi più scuse: ora è chiaro quel che deve essere fatto per
conoscere una tipa. Per ottenere il suo numero, per sembrare quello che lei
ha sempre cercato (o anche meno, semplicemente quello con cui vorrebbe
prendere l’aperitivo, va bene lo stesso). Abbiamo capito come portarla
fuori.
Siamo sinceri però, quel che vogliamo è ben altro. Da sempre e per
sempre.
E, basta crederci, non è così impossibile. Poi ci ringrazierete.
ΓΑΜΟΣ
Alessio: Se deve funzionare, non sarà il tuo essere gentiluomo o meno a
influenzare la sua scelta. Quando le piaci, le piaci. O se non le piaci,
Piacenza (cit.). Dopo aver conosciuto Sara sul tram, ci siamo rivisti in zona
Parco Sempione pochi giorni dopo. Abbiamo camminato attorno all’isolato
per un bel po’. Puntavo ovviamente a farla stancare, in modo che perdesse i
sensi… Non le ho offerto niente da bere, per me era normale camminare,
conoscerci. Ci siamo baciati. Dopo due anni mi ha fatto notare che magari
avrei anche potuto portarla in un bar, sederci a bere qualcosa. Ma spendere
quei soldi sarebbe stato un investimento sensato, come comprare titoli di
stato greci nel 2011. γάμος
MAMMA LI TURCHI
Alessandro: Ora, dipende da cosa stai cercando, da cosa vuoi. Anche
quando sono fidanzato, mi piace abbordare le ragazze, per aiutare gli amici.
Sono un ottimo Cupido. Come quella volta in cui, con due ragazze turche,
ho sfoderato il mio inglese: «Che bella la Turchia!» dico io. «Ci sei stato?»
dice lei. «Assolutamente no», ridico io, e aggiungo: «Come si dice “bella
ragazza” in turco?» (questa è una conversazione basica che puoi sentirti
libero di copiare. Ho un vero talento, no?). Le dico che è la sua serata
fortunata e le sto per fare un gran favore: «Stai per conoscere un mio amico,
ambitissimo dalle donne italiane». Quindi mi dileguo. L’amico arriva, dice
«güzel kız». Prende il numero. Il ghiaccio è rotto. La porta aperta (e non
solo la porta).
SENTI COME VIENE (GIÙ)
Alessio: Quando conosci una ragazza non è carino né elegante dirle subito
che hai casa libera. Ma è sicuramente un’informazione importante, che è
giusto condividere. Io parlavo, lanciavo frecciatine, facevo capire quanto mi
annoiasse cucinare ogni sera, togliere le cose dalla lavastoviglie, stendere,
dar da mangiare alla capra nana domestica.
Lascia che sia lei a chiederti se vivi da solo. Tu rispondi sì, ma
lamentandoti dello sbattimento di dover gestire la casa e trovare l’erba nana
per la capra. Quel che conta è che a lei arrivi l’informazione che tu A) hai
una casa e che B) è sempre libera. Dopodiché il trucco è semplice. Devi
invitarla a uscire in un tristissimo giorno di pioggia. Dove mai vorrai andare
quando diluvia? Con il rischio di bagnarsi… «Mah, se vuoi puoi venire
qui!» Con la certezza di bagnarsi.
Il fine è palese. Non serve ostentarlo.
ANCHE IL DIVINO JOHNNY PUÒ SEGNARE
Alessandro: Quando conosci una ragazza italiana con due amiche spagnole
qui in Erasmus sei di fronte a un bivio, l’antico dilemma della gallina oggi o
l’uovo domani. Devi solo sapere cosa vuoi. Puoi decidere di puntare
l’italiana (e ti farebbe onore), ma è fondamentale avere consapevolezza che
la strada più semplice per andare a segno è con le Erasmus. Su, lo sappiamo
tutti che la libertà sessuale di una ragazza è direttamente proporzionale alla
distanza che la separa dal suo Paese d’origine. Fabio non era convinto:
«Non lo so, non sono sicuro mi piaccia…». Non devi mica sposarla. Ha
chiesto il numero alla spagnola. Qualche giorno dopo è tornato con la faccia
del divino Jonathan dopo che ha fatto gol. Mi sono sentito Mourinho.
CHI HA AVUTO, HA AVUTO, E CHI HA RAT, HA RAT
Alessandro: La ragazza straniera, inoltre, ti permette di usare anche un po’
di fantasia: quel pizzico di ignoranza che caratterizza gli approcci di noi
italiani. In questo caso il nostro amico non era Fabio, ma un noto YouTuber.
Eravamo a Napoli per lavoro. Un gruppetto di olandesi ci ferma, per sapere
dove andare a ballare. Io attacco bottone e spiego la tipica tradizione
napoletana, nota ai più: «Avrai fortuna se accetti questo mio braccialetto in
regalo e… ti limoni il mio amico». Ha limonato. Duro. Un bacio
all’olandese… nei Paesi Bassi.
HAPPY ENDINGS
Alessio: In quel pomeriggio di pioggia, in cui l’hai portata a casa tua senza
far sembrare che ci fossero secondi fini, puoi continuare ad approfittare
delle condizioni meteorologiche, con la gentile collaborazione del
colonnello Giuliacci. Fuori piove, la senti anche tu tutta questa umidità? Ah
no, sei tu.
Un dolorino di stagione, avresti proprio tanto bisogno di un massaggio.
Il mal di schiena (o collo o dove vuoi) ce l’hai davvero. Lasciati
massaggiare. E, se non succede nulla, ricambia. Un piccolo massaggio
anche per lei. Da qui in poi dovrebbe finire in un unico modo.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Il primo appuntamento
potrebbe essere
anche l’ultimo.
Vivilo senza rimpianti.
(Scopa.)”
Esercizio per far funzionare il primo appuntamento: FALLO!
Se sei arrivato qui, complimenti. Vuol dire che tutte le tecniche imparate fino ad ora
hanno funzionato. Da adesso inizia la parte per professionisti. Devi invitarla a uscire.
Devi riuscire a… entrare.

Livello base
PORTARLA FUORI
Durante il primo appuntamento una delle cose più difficili è trovare argomenti di
conversazione. L’esercizio è quindi molto semplice.
Prima di incontrarla, quando sei ancora a casa, apri il dizionario per cinque volte.
Sii onesto e segna su un foglietto le prime cinque parole che leggi.
Usale nel discorso.
Hai già trovato cinque argomenti di conversazione.
Se riesci a usare tutte le parole, spiega quest’esercizio.
Hai così trovato anche il sesto argomento!

Livello pro

PORTARLO DENTRO
Si presuppone siate in una situazione intima. Siete voi due, a casa tua, sua o di
amici. O chissà dove.
Vale la regola del massaggio già esposta precedentemente. In più, però, devi
aggiungere qualche elemento di fantasia sul perché hai così tanto mal di schiena,
mal di collo o mal di che: «Ho dovuto aiutare la mia vicina anziana a spostare mobili
molto pesanti». Ai suoi occhi sarai subito generoso e altruista, il che non guasta. E:
«Ho anche rifiutato la mancia che voleva darmi». Subito onesto e senza secondi fini.
Già… SENZA SECONDI FINI. È fatta.
Lei ti tocca (la schiena, il collo o che). Il resto non può che essere in discesa.
COME TIRARE FUORI LA CREATIVITÀ
(NON SOLO QUELLA)

A chi non capitano periodi di noia, alla ricerca di nuove idee che diano
entusiasmo alle tue giornate, e il massimo a cui riesci a pensare è quanto sia
morbido il tuo piumone e quanto il tuo unico compagno di vita vorresti
fosse il divano, con il telecomando in mano a guardare l’ultima serie
caricata online, possibilmente composta da almeno sette stagioni?
Dicono che nelle crisi creative, o personali, l’importante sia uscire,
frequentare altre persone, fare qualcosa di diverso, oppure dedicarsi ad
attività piacevoli. Chi ha detto che divano e TV non lo siano? Non vuol dire
stare in pigiama tutto il giorno (potremmo invece parlare di quanto la tuta
sia decisamente un capo sottovalutato).
Si chiamano periodi di stallo. Arrivano. E poi passano. La creatività non
si comanda a tavolino, ma di certo qualche aiutino male non fa.
La vita è una grande metafora, ricordatevelo sempre (soprattutto tra
qualche riga).
LA RICERCA DELLO STIMOLO PER LA…
Alessio: È come la sindrome della pagina bianca. Stai fermo davanti al
computer e non ti viene in mente niente… anche se a noi maschi, di fronte
al computer, qualcosa invece di solito viene.
In quei casi basta cambiare ambiente ed ecco che ripartono «gli stimoli».
La seconda vacanza che io e Alessandro (che dovrebbe fare il tour
operator a ’sto punto) abbiamo fatto insieme è stata a Valencia, in Spagna.
Abbiamo affittato una bellissima villa a tre piani con piscina. Eravamo in
tredici, ragazzi e ragazze, in un posto meraviglioso. Così meraviglioso che
non ci veniva neanche voglia di andare in spiaggia. Le idee erano tutte
dentro casa.
UN CARICO DI…
Alessandro: Era sera, era tardi. Non facevamo nulla tutto il giorno. Le
ragazze erano già andate a dormire e noi ragazzi stavamo giocando a
Briscola Chiamata, occupazione tipica di un gruppo di ventenni in viaggio a
Valencia. Paolo, uno dei nostri amici, a un certo punto se ne esce con «Dài,
facciamo uno scherzo alle ragazze». E all’improvviso stavamo mettendo in
scena il nostro primo vero scherzo organizzato, con telecamere pronte in
mano (a Praga in fondo era stata pura improvvisazione, senza regia).
DAI DIAMANTI NON NASCE IL LETAME
Alessio: Un po’ non ci potevo credere, un po’ mi sembrava l’idea più
divertente e geniale di sempre, la trovata più vincente dai tempi di Dumbo
l’elefantino volante.
Defecare su un piatto.
Metterlo in camera delle ragazze e osservarle compiaciuti mentre magari
ci vanno sopra coi piedi, percepire il poetico affondare delle nude dita dei
piedi nella calda e odorosa sostanza da cui nascono i fiori: la merda.
Abbiamo iniziato a ridere a crepapelle, quelle risate che, collettive e
incontrollabili, sgorgano dalle bocche di chi si trova improvvisamente di
fronte alla cosa giusta da fare; giusta come telefonare alla tua ex da ubriaco.
In lacrime. Nudo.
SII UN BUON NONNO JOYCIANO
Alessandro: Mi sono visto nonno, a parlare con mio nipote. Potevo forse
deludere un bambino di cinque anni in cerca di una storia interessante?
Quanti nonni possono vantare sul loro curriculum di aver cagato in un
piatto? Potevo forse ritrovarmi a raccontargli che alla fine, no, non lo avevo
fatto perché mi sembrava esagerato? È stato come un flusso di coscienza.
Ho dato un bacio a mio nipote, ho riaperto gli occhi e la decisione è arrivata
da sola. Fumante. E servita su un piatto d’argento. Che in realtà era di
plastica.
COTTO E MANGIATO: CAMBIA RICETTA PER SERVIRE AL
MEGLIO
Alessio: La prima idea non è obbligatoriamente quella giusta. Puoi
accorgerti di poterla migliorare in corso d’opera.
Per motivi tattico-logistici abbiamo cambiato piano e deciso di mettere il
piatto sotto ai loro letti, per lasciarle rosolare nel tanfo più totale,
lentamente, come un sellino d’asino sfumato al mirto della Parodi. Al solo
immaginarlo soffocavamo dalle risate, loro sarebbero soffocate per altro.
LA BELLA ADDORMENTATA
Alessandro: Prendo i due piatti di cacca, preparati in precedenza, e li porto
al primo piano, dove stanno le camere. Uno lo appoggio momentaneamente
fuori dalla stanza e metto l’altro sotto il letto della nostra amica Valeria,
all’altezza della sua faccia. In quel momento ninja-style, Valeria si sveglia e
la prima cosa che vede è il mio faccione mentre il mio braccio è ancora
sotto il suo letto (e non è solo). Come nulla fosse, con aria dolce le dico che
avevo voglia di vederla dormire.
Contro qualsiasi logica, mi crede.
Si rigira. Non si riaddormenta.
Dopo almeno mezz’ora si alza.
Ed è sicura che le abbiamo fatto uno scherzo: «Tanto lo so che mi avete
scoreggiato in camera».
Certo, Valeria, certo.
MEGLIO UN RIMORSO CHE UN RIMPIANTO
Alessio: Valeria si arrabbia (non ci aveva scoperto ma «annusava» il
pericolo) e lancia il materasso di Fabio in piscina. Inutile dire che il buon
Fabio non aveva partecipato in nessun modo allo scherzo. Noialtri nel
frattempo iniziamo a pensare che lasciare due cacche sotto ai letti per tutta
la notte sia davvero troppo e Alessandro e Leo, quello abbronzato (ciao
Leo), vanno a spostarle, colti da un leggero rimorso. Ma mai pentiti. Siamo
uomini d’onore.
UN PICCOLO PETO PER L’UOMO, UN GRANDE PETO PER
LA SCIENZA
Alessandro: Tutto questo lo abbiamo filmato. Dall’inizio alla fine, con le
reazioni delle ragazze. E oggi possiamo dire con certezza che quel primo
video-scherzo era già uno dei nostri esperimenti sociali e, soprattutto, era
già carico della profonda caratura culturale che ci contraddistingue. Le altre
due ragazze che occupavano la stanza, e che si sono svegliate solo il
mattino dopo, hanno poi confessato di aver pensato che la Vale avesse avuto
problemi di intestino per tutta la notte, senza avere il coraggio di tacciarla di
aerofagia. Possiamo quindi affermare che in caso di puzza mortale, nessuno
accuserebbe mai la propria amica.
Un risultato sperimentale per cui la comunità scientifica ancora ci
ringrazia.
QUINDI…
Alessio: La creatività è semplicemente l’espressione in libertà delle tue
idee. Per essere liberi bisogna sperimentare, fallire, ricominciare. La vita è
tutta un esperimento. Mai nulla andrà come ti aspetti. Sta a te trovare la
soluzione per uscirne vincente. Spingi fuori… le idee.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Le idee sono solo farfalle
che fluttuano nell’aria.
Puoi catturarle.
O lasciarle libere di volare.”
Esperimento per tirare fuori la creatività: FALLO!
La creatività quindi, in fondo, è un continuo esercizio. Anche di vocabolario. E di
coraggio.
L’ESERCIZIO DELL’INSULTO

Hai bisogno di:


23 un telefono

Ti abbiamo dimostrato, in uno dei nostri video più visualizzati, che insultare la gente
mentre parli al telefono non causa reazioni pericolose. Sapendo questo, sicuro che
nessuno ti prenderà a sberle, posa il telefonino accanto al tuo orecchio e fingi di star
parlando con qualcuno. Per rendere l’esercizio più facile puoi davvero parlare con
qualcuno ma, attento, avere un complice dall’altro lato della cornetta potrebbe farti
scoppiare a ridere. È invece fondamentale rimanere SERISSIMI.

Dai indicazioni al tuo interlocutore (finto o non) al telefono, prendendo a riferimento


una caratteristica del passante vicino a te. Trova il modo di dire cose cattive e
dispregiative nei suoi confronti. Assicurati che stia sentendo.
Le prime volte potresti non sapere cosa dire ma vedrai che di telefonata in
telefonata ti sentirai più creativo.

La creatività è anche avere la risposta pronta, se il passante dovesse avere


qualcosa da ridire!
COME SFRUTTARE AL MEGLIO IL PROPRIO TEMPO

Saremo brevi, non perdiamo tempo.


Smetti di pensare di non averne. Probabilmente non ne hai davvero. Ma
affannarsi e continuare a rincorrere il minuto che ti manca te ne farà solo
perdere ancora di più. Non guardare l’orologio. Fai. E se hai troppo da fare,
concediti la possibilità di rimandare.
Quando sarai tranquillo avrai già recuperato un sacco di tempo. Parti da
lì.
FARE: NON FARSI
Alessio: Scrivere la sera prima le cose da fare il giorno dopo è solo ansia.
Sai bene quali sono i tuoi impegni, arrivare alla sera successiva e vedere
che hai spuntato neanche metà della lista alla lunga crea frustrazione al pari
di DiCaprio quando finisce il metaqualone in The Wolf of Wall Street (sì, per
noi quel film meritava l’Oscar, ok? E potremmo citarlo anche altre dieci
volte, ok?).
Quindi, semplicemente fai. (Non farti.) Tanto gli imprevisti sono sempre
dietro l’angolo. Però organizzati al meglio, per non buttare via tempo.
All’inizio montavamo solo con il mio computer, lo stesso che usavo per
l’università, quindi lentissimo perché pieno di programmi di architettura.
Montavamo in due, scegliendo le scene. Ci siamo organizzati, abbiamo
iniziato a dividerci i compiti, come Fabio e Mingo prima di essere banditi
da «Striscia». Abbiamo iniziato a ottimizzare il tempo.
NON È LA TESTIMONIANZA DI UN PRODOTTO DI
ERBORISTERIA
Alessandro: Abbiamo tutti bisogno di dormire. Ho sempre pensato che se
non avessi dormito almeno sette ore a notte non sarei sopravvissuto per più
di un mese. Ho vissuto quasi per un anno dormendone solo quattro. E sono
ancora qui (sì, ho sonno).
LET IT BE O YELLOW SUBMARINE
Alessio: Essere disponibili ripaga, guarda Ruby Rubacuori. Essere quello
da chiamare per un consiglio ti fa sentire importante, guarda Genny
Savastano. Detto questo, evita i vampiri energetici, quelli che ci sono solo
loro, hanno problemi solo loro, va tutto male perché sono sfortunati. La
sfortuna non esiste (la sfiga sì).
Fabio (we love you) non rientra in questa categoria, ma: le prime tre
giornate di riprese è venuto con noi. La prima volta aveva paura di essere
beccato: «Mia mamma dice che è procurato allarme far finta di essere morti
tra la gente». La seconda volta aveva paura ci succedesse qualcosa: «Mia
mamma dice che possono denunciarci». La terza volta metteva in dubbio le
nostre idee geniali come regalare falli di gomma a delle suore: «Mia
mamma dice che non si fa». La quarta volta non è mai esistita. Fabio è il
quinto Beatle dei theShow.
GUARDA I RISULTATI E MIGLIORA SEMPRE DI PIÙ
Alessandro: Tipo quella cosa chiamata corteggiamento, che devi essere
carino, brillante, gentile tutta sera, come Dawson per sei stagioni, per
ottenere il numero di telefono della tipa che hai di fronte. Bellissimo, eh.
Ma quante ore stai sprecando? Se la fa Pacey.
Ti abbiamo raccontato metodi infallibili per farti dare in due secondi il
numero di una ragazza (vedi i capitoli «Come rimorchiare una ragazza» 1 e
2). Ti abbiamo mostrato invece nei nostri video anche i metodi che non
funzionano (tipo rimorchiare una ragazza con il suo ragazzo muscoloso
presente). Continua dove funziona, migliora dove funziona. Funziona dove
funziona. E smetti di perdere tempo: per prendere il suo numero sono inutili
ore e ore di chiacchiere e soldi spesi, non hai ancora imparato niente? Capra
(nana).
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Il tempo
è un nemico invincibile
perché trova in se stesso
un formidabile alleato.
A volte l’unico modo
di sconfiggerlo
è lasciarlo vincere.”
Esperimento per sfruttare al meglio il tuo tempo: FALLO!
A volte possiamo essere seri. A volte. Questo esercizio è DAVVERO utile. Ti fidi di
noi? (Questo è più DiCaprio in Titanic, in effetti.)

Hai bisogno di:


23 una vita stressante (se non ce l’hai salta l’esercizio e prenditi due minuti per
raccontarci come vivi così ti copiamo)

Organizza una settimana in modo da riuscire a fare tutte le cose che devi fare.
Riassumi i tuoi impegni dei prossimi quindici giorni in sette.

Esempio di impegni:

scadenze lavorative
incontri
riunioni
pagamento bollette
interrogazioni
esami
acquisti rimandati da tempo
telefonate importanti
tutto ciò che solitamente rimanderesti

Fai tutto nel minore tempo possibile e segna quanto tempo ci hai messo.
Nel tempo restante GODITELA . È tempo LIBERO .

Ripeti questo esercizio anche il mese successivo e controlla se ci hai messo


meno tempo.
Fai subito quello che potresti rimandare. Guadagnerai tempo,
risparmierai ansia.
COME FAR CAMBIARE L’IMMAGINE CHE GLI ALTRI
HANNO DI TE

Quante volte conta la prima impressione? Quante volte si viene giudicati


per come si è vestiti, per come si parla, per come si muovono le mani, per
come si sorride o no? Tutti pronti a vedere subito il più minimo difetto. O
esagerazione. Se sei vestito in maniera improponibile nessuno noterà la tua
intelligenza, neanche se ti chiami Einstein. Se dici la frase più brillante
della serata, ma hai l’insalata tra i denti, tutti fisseranno la tua bocca. E non
per volerti baciare.
L’abito non fa il monaco, dicono. Ma se ti vesti da monaco, tutti
penseranno che tu lo sia davvero. Converrà iniziare a ripassare quelle due o
tre preghiere. Dentro la metafora puoi essere chi vuoi, anche se da fuori
sembri un altro. Fuori dalla metafora, vestiti pure da prete, ma quel che è
certo è che non rimorchierai nessuno. A meno che tu sia noi.
NEL NOME DEL PADRE E DEI THESHOW
Alessandro: È ovvio che se rappresenti un certo tipo di persona ci si aspetta
da te un certo tipo di comportamento. In un video, per esempio, ci siamo
vestiti da preti e abbiamo fatto tutto quel che un prete non farebbe mai. Tra
cui andare a chiedere i numeri di telefono alle ragazze. Loro si aspettavano
la benedizione e invece rischiavano… la nostra Acqua Santa!
MEGLIO SENZA TETTE CHE SENZATETTO
Alessio: La nostra società è basata su stereotipi legati all’apparenza. Lo
abbiamo sempre saputo ma c’è un momento in cui lo abbiamo capito ancora
di più: il giorno in cui abbiamo sperimentato che cosa vuol dire vivere per
strada.
Spesso si pensa che un senzatetto sia nella situazione in cui è perché, in
qualche modo, «se l’è cercata». Abbiamo conosciuto un ragazzo che ci ha
fatto cambiare completamente idea. Lo abbiamo ascoltato, ci abbiamo
parlato a lungo. Da quella chiacchierata è nato l’esperimento in cui abbiamo
provato a trascorrere ventiquattr’ore da senzatetto.
A volte basta dedicare tempo a chi hai di fronte, per scoprire che
l’immagine che ti eri fatto è completamente sbagliata, tranne nel caso di
Formigoni: la sua immagine è esattamente quella che traspare dalle sue
camicie.
GESÙ NE AVEVA SOLO DODICI. PRINCIPIANTE
Alessandro: Alla fine è tutta questione di attitude, come la chiama la Ely.
Non è apparenza, ma atteggiamento. Quel che fai diventa ciò che sei,
dicono, anche se la mia frase su Instagram recita: «Ciò che sei non coincide
con ciò che fai. Anche perché, altrimenti, nessuno farebbe più la cacca». E
ovviamente è giusta questa. Più che quello che fai, quindi, conta come ti
poni. Se ti comporti da migliore amico, sarai sempre il migliore amico e la
friendzone rimarrà il tuo territorio incontrastato. Se fai lo stronzo, non vuol
dire tu lo sia veramente, ma è molto probabile che gli altri ti vedranno come
tale (quindi evita di farlo, stronzo!). Con le persone che ci seguono, che noi
non chiamiamo «fan», abbiamo adottato una strategia ben precisa: la parola
«fan» non ci piaceva perché esprime una netta distanza tra noi e loro.
Quindi abbiamo iniziato a chiamarli «discepoli», come fossimo il messia. E
con questa scelta stilistico-etimologica abbiamo aumentato ancora di più la
distanza, rendendola così assurda da annullarla.
NON SIAMO COME NELLE CANDID. SIAMO PEGGIO
Alessio: Se vuoi andare oltre all’abito, devi farti conoscere (o spogliarti).
Il nostro format non fa affezionare le persone: durante le candid camera
non siamo mai noi, siamo sempre dei personaggi. Anche perché se nella
vita fossimo come ci vedete, saremmo a Rebibbia. E abitiamo a Milano:
qualcosa non torna.
Abbiamo aperto un secondo canale per poter parlare con i nostri iscritti,
per farci conoscere meglio, per aprire un dialogo con loro (che poi parlare
con voi sia utile tanto quanto parlare con Sgarbi quando è in quei giorni del
mese, ecco, non potevamo prevederlo). La gente inizia a volerti bene
quando impara a conoscerti. Se in quel momento non ti fai vedere per quel
che sei, ti potresti far vedere per quello che sette. Ok, ora hai il permesso di
prendere il libro e bruciarlo. O pulirtici il culo. In fondo gli activity book
sono la moda del momento.
FUORI DAL WEB (CIT.)
Alessandro: A tredici anni c’è chi si veste solo con le marche per distrarre
dai brufoli, a trentuno chi ha bisogno del macchinone per distrarre dal
pistoncino. Come chi si convince che quel che ha è ciò che è. VOI NON
SIETE CIÒ CHE AVETE, RIPETIAMOLO TUTTI INSIEME, CAZZO: NOI NON SIAMO
CIÒ CHE ABBIAMO .
Abbiamo iniziato a mostrare i backstage, a far vedere che cosa succede
dietro a un video. Abbiamo incontrato il nostro pubblico dal vivo con
COTR – Creators On The Road, il primo spettacolo live portato in tour da
un gruppo di YouTuber. Abbiamo incontrato. Abbiamo condiviso. Abbiamo
pianto e abbiamo riso. Abbiamo comprato Gratta e Vinci. E abbiamo perso.
Abbiamo defecato in bagni non nostri. E non abbiamo trovato bidè.
Abbiamo capito cosa significa vivere in tour, non abbiamo capito perché
anche questa volta non abbiamo guadagnato una lira. Però, lo rifaremmo
subito (pagati, a ’sto giro, grazie).
SE DEVI CONDURRE, COMPRA UN BUON ANTIFORFORA
Alessio: Se stai sul piedistallo, non ottieni niente.
Creators On The Road è stata la nostra prima volta su un palco dal vivo
(il «Gina e Pina Show» non lo considererei). Abbiamo presentato l’evento,
abbiamo ideato uno spettacolo fruibile per il pubblico che avevamo di
fronte. Ci sentivamo come il presentatore alla sagra dei tortelli di Tortona
che si svolgeva a Postino, frazione di Dovera, di fianco a Pandino (dove
purtroppo i tortelli erano importati). Non so se hai presente: obeso, capelli
unti, con quel tanto di forfora che non guasta quando ci sono inverni poco
nevosi a Cortina. La differenza è che noi eravamo dei fighi pazzeschi. O
almeno questo è quello che urlavano. E noi ci fidiamo delle tredicenni.
Abbiamo messo in scena uno spettacolo vero per persone che non sono
abituate a venire ad ascoltare, a vederti fare qualcosa. Spesso, per loro, quel
che conta è la foto, l’autografo. Abbiamo invece provato a insegnare che se
una foto è un ricordo che puoi tenere dentro a uno schermo, uno spettacolo
è un’esperienza che ti rimane nel cuore (sì, l’ho scritto davvero). Si sono
divertiti tantissimo, almeno a giudicare dai capelli sul pavimento a fine
serate.
ERA UN SABATO DI VENERDÌ NOTTE
Alessandro: Mettiti alla prova, sempre qui si torna, fai anche quello che
non pensi di poter fare. Almeno una volta.
Ci arrivano di continuo proposte per andare a fare serate in discoteca. I
locali cercano YouTuber perché averli come ospiti fa arrivare un sacco di
gente. A noi la discoteca non è mai piaciuta, abbiamo sempre rifiutato.
Finché quest’estate, in una piovosa mattina di sole invernale,
l’illuminazione: in vino veritas. Abbiamo trovato il modo di unire l’utile al
dilettevole: serate in discoteca e produzione video. In questo modo il tempo
passato nel locale non è più perso, non andiamo per urlare: «Su le mani!»,
ma per portare a casa materiale per il canale. In fondo fare interviste a
ragazzi con un tasso alcolico simile a quello di Roberto Baffo da Crema
durante una qualsiasi delle sue televendite può essere molto diverso (e
divertente) rispetto a farle a studenti di fronte all’università. Abbiamo così
trovato il modo per lavorare anche in discoteca. Minchia, non sappiamo
davvero divertirci mai.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Se passi la vita
a immaginare come gli altri
ti immaginano
sarai sempre e solo
l’immagine di te stesso.”
Esperimento sull’immagine: FALLO!
Quest’esercizio esiste per dimostrare che ciò che ti aspetti dalle persone di fronte a
te è frutto dell’immagine che ti trasmettono. E noi, che siamo molto generosi,
vogliamo condividere con te una grande emozione: divertiti a farti salutare da
vecchiette sorridenti, lascia che la gentilezza continua e perpetua entri nella tua
giornata, accetta gli sguardi delle ragazze giovani che ti guardano, chiedendosi: “Ma
com’è possibile?”. Vestiti da prete.

Hai bisogno di:


23 una camicia da prete (le trovi online)
ESERCIZIO DIN «DON» DAN
Compi le azioni proposte prima vestito normalmente come ogni giorno, poi da prete.
Nota come cambiano le risposte, gli atteggiamenti, la fiducia, i sorrisi, gli insulti.

Din: Saluta tutti con un: «Buongiorno signora, buongiorno signore».

Don: Chiedi a uno sconosciuto di poter fare una chiamata con il suo cellulare.

Dan: Salta la fila.

Din Don Dan: Approccia una ragazza (con l’ausilio dei consigli precedentemente
forniti).

Attenzione: finito l’esercizio ricordati che diventare prete non è e non sarà mai la
soluzione ai tuoi problemi relazionali.
COME EVITARE I PROBLEMI

Che figata uscire dagli schemi e lasciare il segno, vero? Ne stiamo parlando
da centosettantasette pagine, tanto male non dev’essere... Libero,
coraggioso, indipendente, su, dài, anche affascinante (a meno che tu non sia
davvero un cesso). Be’, quando ci si mette di mezzo la dea sbendata, quella
che ci vede benissimo, potrebbero arrivare i problemi. E non è detto che i
problemi si risolvano subito. E potrebbero essere anche belli grossi.
Superare i propri limiti è sempre consigliato, ma se senti puzza di bruciato,
fidati del tuo olfatto. Quindi, quando è possibile, evita le situazioni
problematiche in partenza. E non dire che non te l’avevamo detto.
IL SOGNO AMERICANO. O L’INCUBO
Alessio: Valuta quello che stai per fare, anche quando non ti sembra
pericoloso. A volte non è proprio un problema, sembra più un’opportunità.
A un certo punto, con un buon numero di follower sul canale e voglia di
fare sempre qualcosa di più, decidiamo di replicare la formula dei prank
horror tanto in voga in America. La valutazione è semplice: fanno un sacco
di click, facciamoli anche noi.
LOW BUDGET, HIGH RISK
Alessandro: L’idea iniziale era girare un video vestiti da frati con poteri
telecinetici: volevamo far volare dei manichini. Ci siamo resi conto che non
ci saremmo mai riusciti, servivano troppi effetti speciali e noi eravamo
squattrinati (non che ora siamo ricchi, se vi fossero sfuggiti i rari richiami
alla nostra situazione economica all’interno del volume).
Eravamo comunque esaltatissimi e così abbiamo semplificato lo scherzo.
Abbiamo radunato un po’ di amici: avremmo indossato felpe nere e coperto
i nostri volti con semplici maschere bianche, appostandoci alle fermate
della metropolitana di zone periferiche. Cinque incappucciati, tre a far le
riprese. Un prank SEMPLICISSIMO . Dannazione.
PROVA A GUARDARE UN FILM HORROR SENZA
COLONNA SONORA
Alessio: Ridevano tutti, è stato difficile far spaventare davvero qualcuno.
Le persone non si stupivano, non si spaventavano. Ci facevano «BUH » a due
centimetri dalla faccia. Loro a noi. Ci abbiamo messo cinque giorni a
ottenere riprese decenti e il grande lavoro è stato quello di postproduzione.
Abbiamo aggiunto musiche paurose, abbiamo montato al meglio: il risultato
ci ha dato grande soddisfazione. Faceva paura.
INFORMATI SUI SITI VEGANI
Alessandro: Il video ha funzionato molto bene, tanto da attirare
l’attenzione di un giornalista che ci ha telefonato per farci qualche domanda
sulla sua realizzazione. Ho risposto io alle sue domande «innocenti», ho
spiegato come l’avessimo girato, come le persone non si fossero spaventate,
come ci avessero anche deriso, quanto ci fosse voluto a montarlo. Il
risultato è stato un articolo sulla temibile «Gang della Maschera Bianca»
che andava in giro a terrorizzare i passanti di notte, filmando le proprie
scorribande per «lauti compensi» (159 dollari in due, da tassare, per quel
video, for your info). Non eravamo più autori di candid camera ma una
gang di periferia. Un giornalista serio avrebbe scritto nell’articolo che si
trattava di uno scherzo, seppur di cattivo gusto. Evidentemente a lui bastava
il titolo sensazionalistico per far fare click sul suo articolo. E oggi pare vada
così, molto spesso. La frase «la vera informazione la trovi sul WEB » non è
un dogma. Abbiamo provato sulla nostra pelle che la mala informazione è
ovunque.
MA IL TESSERINO LO HAI COMPRATO?
Alessio: Da lì è stato il delirio. Dall’articolo di Milano siamo passati alla
stampa nazionale, il nostro video ha iniziato a diventare virale sui maggiori
mezzi di comunicazione, il sogno di ogni YouTuber, certo. Peccato che il
nostro, oltre a esserlo diventato per i motivi sbagliati, era ricaricato sulle
piattaforme dei giornali e quindi i soldi li guadagnavano loro. Con il nostro
lavoro. Mai una gioia.
Abbiamo richiamato il giornalista, che si è giustificato sotto la grande
scusa dello scrivente moderno: «I titoli non li faccio io». Siamo finiti, con le
nostre facce e i nostri nomi e cognomi, sullo schermo del salotto di Barbara
d’Urso. Ai TG , con l’approfondimento degli avvocati. Nessuno ha verificato
nulla. Nessun giornalista ci ha mai richiamato. A tutti è bastato il primo
delirante articolo. E i suoi click. Sarebbe stato sufficiente controllare che
noi non avevamo nessuna denuncia a nostro carico.
NONNA, SONO UN BRAVO RAGAZZO
Alessandro: Una mia amica di infanzia mi telefona: una sua amica doveva
venire a trovarla da Pisa ma la madre era preoccupata per le aggressioni
della «Gang della Maschera Bianca» nella nostra zona. La nonna di Alessio
non capiva, in TV dicevano cose brutte su suo nipote. Abbiamo dovuto
spiegare tutto.
HO UN CODICE FISCALE E NON HO PAURA DI USARLO
Alessio: Non cercare mai lo scontro diretto, a maggior ragione se gli altri
sono più grossi di te. Mi scrive un ragazzo di San Giuliano, mi dice di
chiudermi in casa: «Ci sono dieci macchine che vi stanno cercando, perché
hanno rapinato un ragazzo e una ragazza, hanno fatto un gruppo su
Facebook con le vostre foto. Se vi prendono vi menano». A quanto pare
avevano associato una rapina di gente a volto coperto a «quelli della Gang
della Maschera Bianca». Come se prima del nostro video le rapine
venissero fatte con la carta di identità in mano.
WE BELIEVE IN KARMA
Alessandro: A volte non c’è nessun’altra soluzione se non sparire, non
commentare, non rispondere.
Siamo rimasti nell’ombra per un po’. Non c’entravamo nulla. Ai ragazzi
di San Giuliano abbiamo spiegato che non eravamo colpevoli di niente,
abbiamo aspettato che passasse la notizia. Avremmo potuto prendercela con
quel giornalista, in fondo È STATA TUTTA COLPA SUA . Il video però lo
avevamo girato noi. E, pur non essendo criminali, eravamo consapevoli che
fosse facilmente mal interpretabile. È troppo facile prendersela con
qualcuno, senza mettersi in discussione. È stata anche colpa nostra.
Giornalista, se leggi, non ce l’abbiamo con te. Ma una domanda vorremmo
fartela: tu credi nel karma?
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Sii problema.
Sii soluzione. Sii.”
Esperimento per evitare i problemi: FALLO!
NON FARE CAZZATE PER 24 ORE
Nota degli autori: ci scusiamo per l’elevato grado di difficoltà di alcuni esercizi.
COME NON PERDERE UN TRENO IMPORTANTE (E
RIPARTIRE)

Carpe diem. Cogli le occasioni, non farti mai trovare impreparato perché
ogni giorno potrebbe essere quello della svolta e ogni situazione in cui ti
trovi potrebbe diventare un’occasione per migliorare. Eppure, anche
impegnandoti al massimo, le occasioni poi scappano, come la Gioconda di
fronte a Wladimiro (sì, quello delle suonerie). E allora che si fa? A parte
tirare capocciate contro il muro mangiando cioccolata da mattina a sera
come una ventenne quando scopre l’amore della sua vita a masturbarsi sulle
foto di sua nonna da giovane e ora l’album di famiglia non si apre più.
Si riparte. Con più entusiasmo e voglia di riuscire di prima.
MAMMIFERI DELL’ORDINE DEI CARNIVORI DI MEDIA
GRANDEZZA DELLA FAMIGLIA HYAENIDAE
Alessandro: Fa bene pensare di avercela fatta, fa ancora meglio non
illudersi fino in fondo finché quel che volevi non succede davvero.
Un giorno ci chiama la redazione delle «Iene», ci chiede di fare un
servizio di prova. Praticamente un sogno a occhi aperti, come il vitalizio per
Razzi. Io e Ale, in giacca e cravatta, a fare scherzi per uno dei nostri
programmi di riferimento? Camminavamo a tre metri sopra il cielo e no,
Step non c’entrava.
MUSICA STRAPPALACRIME, CANI ABBANDONATI (E
CULO DELLA CANALIS)
Alessio: Non sederti mai. Impegnati finché non ci sei.
Siamo andati a Rimini in giugno, un giugno caldo e afoso, il più caldo
degli ultimi vent’anni, secondo «Studio Aperto», come i precedenti
diciannove. Armati di frutta, bottiglietta d’acqua e la consapevolezza di non
dover uscire nelle ore più calde del giorno, abbiamo girato una candid con
le ragazze in spiaggia e siamo tornati a Milano. Gli autori guardano il girato
e ci chiedono: «Ma chi vi ha detto di girare ’sta roba?». Dire che erano stati
loro ci sembrava scortese. Così l’abbiamo rifatta (l’avremmo rifatta altre
cento volte). Al secondo tentativo abbiamo avuto l’ok. Eravamo iene.
«LE IENE» PORTANO BENE
Alessandro: Più in alto vai, più fa male quando cadi.
Non è che ci fossimo illusi, ma sembrava davvero tutto vero, tutto
pronto. Ci richiamano dalla redazione un sabato mattina, per girare le parti
in studio. Siamo corsi a Cologno Monzese, per la prova degli abiti. «O
venite subito, o la sartoria chiude»: eravamo già lì. Anni di ragazze che si
trovano casa libera per poche ore in pomeriggi altrimenti dedicati
all’onanismo più sfrenato aiutano.
La notizia della gang malavitosa è uscita quattro giorni dopo questa
chiamata. «Le Iene» ci hanno lasciato a casa (come avrebbero potuto
prenderci, nel momento in cui eravamo sulla bocca di tutti come la temibile
«Gang della Maschera Bianca»? Mandiamo nuovamente un pensiero
gentile al giornalista verso cui non portiamo alcun rancore).
IL POPOLO TI VUOLE BENE
Alessio: Avevamo la chat di Facebook intasata di insulti, gente che non ci
conosceva e ci aveva etichettato come delinquenti e quindi «giustamente»
esprimeva il suo parere con estremo tatto e intelligenza e argomentando
come solo il popolo del social network di Mark Zuckerberg sa fare, uno su
tutti: «Figli di puttana, dovete morire male».
Di tutta quest’esperienza, quanto meno, portiamo a casa che abbiamo
capito che non ha senso per noi fare video horror: non ne vale la pena per la
nostra immagine, non ne vale la pena per i tempi di produzione e perché
sono di cattivo gusto, ci sono molti altri video più divertenti che si possono
fare. Ma, soprattutto, non ne vale la pena per quel che è successo poi. Ci
siamo rimessi al lavoro, senza giacca e cravatta, e abbiamo continuato con i
nostri video sul canale. Come prima.
QUANTO MANCA? QUATTRO ORE
Alessandro: Quando qualcosa va male il momento di down ci sta. Ma poi è
obbligatorio ripartire e via. Davvero.
Ci chiama la Rai per il programma «Quanto manca». È stata un’ottima
palestra, ci dicevano: «Fate le candid che volete». Gli spettatori non
sapevano chi fossimo, avevamo le risate finte in sottofondo, siamo andati
per la prima volta in diretta. Abbiamo imparato a conoscere il mondo della
TV , con ritmi di vita per noi sempre più insostenibili. Di giorno andavamo
all’università, preparavamo gli esami, montavamo i video per il nostro
canale, preparavamo i video per la TV . Essendo in diretta, ci presentavamo
negli studi del programma alle 23.30 di ogni lunedì per andare in onda
verso mezzanotte. Altro che rimanere in studio a far pubbliche relazioni.
Appena finito il nostro intervento correvamo a casa a dormire le nostre
quattro ore.
MENSA STATALE: IL SOGNO DI TUTTI
Alessio: Il bello è nei dettagli, anche Cassano da lontano potrebbe sembrare
bello, ma se ci avviciniamo ci rendiamo conto che è stato usato come set
per il finto allunaggio del 1969.
Veniva fuori il nostro DNA di Rogoredo. Andavamo prima per poter
mangiare alla mensa della Rai. Con tre euro prendi tutto quello che vuoi.
Tre polpette diventavano otto polpette, quando al banco c’era la signora che
si era affezionata a noi. Abbiamo avuto il nostro primo camerino. Ah, la
bellezza del pubblico impiego. Se fossimo nati a Isola di Capo Rizzuto (KR )
saremmo stati ottimi impiegati alle Poste della piazza centrale.
UN KNOW HOW ALLA «LINEA VERDE»
Alessandro: È ovvio che le delusioni si fanno sentire, anche quando riparti.
Come quando Luca Sardella è costretto a comprare un nuovo cappello. Non
ha senso però continuare a pensarci (in fondo ce ne fosse uno che gli sta
bene). Meglio gustarsi le novità.
Ci richiama anche Mediaset. Questa volta per il programma «Fattore
Umano». Ci dicono che vorrebbero portare in TV gli esperimenti sociali, per
il pubblico generalista delle 19, per le casalinghe. Dicono che funzionano.
Be’, grazie tante, era più di un anno che noi li avevamo portati in Italia,
fenomeno di Internet del 2014. La TV arriva sempre dopo.
Non interessava il numero dei nostri seguaci, ma volevano il nostro
know how in fatto di produzione di candid camera. Ci dicono che hanno già
a disposizione venti troupe pronte a girare. Se non vogliamo essere in
squadra, le fanno lo stesso. O con voi o senza di voi. In fondo era solo il
nostro format… Allora con noi.
IMPARA TUTTO CIÒ CHE PUOI: TUTTO DIVENTA
POSSIBILITÀ
Alessio: Novità è possibilità.
Ogni puntata prevedeva quattro esperimenti sociali. Siamo diventati
quelli di «Fattore Umano». Abbiamo incontrato persone che ci hanno fatto
il regalo di farci sentire importanti, che ci hanno fatto pensare che il nostro
lavoro valesse davvero qualcosa. «Il vostro programma è una finestra sulla
realtà. Guardo solo voi»: parole che, dette da un carcerato in libera uscita
come volontario a Expo, hanno tutto un altro peso.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Nella vita,
come in stazione,
per non perdere un treno importante
vale la stessa regola: arriva sempre
cinque minuti prima
degli altri..”
Esperimento per non perdere un treno importante: FALLO!
Occasioni che arrivano puntuali quando meno te lo aspetti, ritardi imprevisti che
lasciano intravedere bivi su scelte mai fatte, sentieri da percorrere armati di uno
zaino in spalla pieno di possibilità, gambe allenate a inseguire i sogni che la vita ti
offre. Ci sono tantissimi treni che non si possono perdere. E, a volte, è solo
questione di saperli pigliare. O anche di non dover sempre cercare di capire le
metafore.
Esercizio di Milano Centrale

Hai bisogno di:


23 una stazione dei treni qualsiasi, non per forza a Milano
23 una biglietteria
23 un po’ di soldi nel portafoglio
23 uno zaino pieno del necessario per una gita in giornata

Vai in stazione con il tuo zaino pieno del necessario per una gita in giornata e paga
in biglietteria il prezzo di un biglietto andata e ritorno (sì, anche il ritorno), a
destinazione casuale. L’unico criterio di scelta può essere la tua disponibilità
economica.

Sali sul treno e parti. Trascorri una giornata nella città prescelta cercando di farti
dare almeno tre numeri di telefono da tre ragazze diverse del luogo.
Si sa, il fascino dello straniero funziona sempre, se sei di Milano e vai a
Casalpusterlengo hai già la rubrica pronta ad accogliere nuovi nomi e numeri – non
dovrebbe essere troppo difficile.

Torna a Milano, prosegui nella tua conquista di una delle tre ragazze (o tutte e tre,
che professionista!) con tutti gli esercizi imparati fino ad ora.

L’esercizio serve appunto a non perdere treni: la possibilità di frequentare una


ragazza della città prescelta ti abituerà a utilizzare la stazione sempre più spesso.
COME PRENDERE IL MEGLIO DA OGNI ESPERIENZA

Di base ogni esperienza ha il suo valore. Non c’è nulla di quel che facciamo
in un giorno che non porti qualcosa in più nella nostra esistenza. Non vuol
dire che si debba ricorrere a fantastici esperimenti come nel nostro caso,
non chiediamo tanto. Ma anche la cosa più noiosa che ti viene in mente non
è completamente inutile. Ci sono anche fior fiori di studiosi che riempiono
manuali sull’utilità della noia, figurati quindi cosa puoi trarre quando invece
fai davvero qualcosa. Figurati quando superi te stesso o un tuo limite.
I nostri esperimenti sociali sono esperienze. E se ci pagassero davvero
per ogni esperimento fatto saremmo ricchissimi. Ma vuoi mettere quanto ci
sentiamo RICCHI DENTRO? (Ma vaff...)
LA CHIAVE UNIVERSALE DEL CENTRO COMMERCIALE
Alessio: In tutte le situazioni, soprattutto nelle peggiori, meglio non essere
soli, come… Dài, a questo punto del libro dovresti essere in grado tu di fare
una battuta da solo.
A «Fattore Umano» ha iniziato a lavorare con noi tale Valerio. Ci aiutava
nel passaggio dei file. Da poco ex studente fuori sede, abbiamo iniziato a
legare. Siamo diventati amici. Abbiamo colto il meglio dall’esperienza,
appunto. Ovvero abbiamo scoperto che la TV apre un sacco di porte: se
chiami un centro commerciale e dici che sei uno YouTuber che deve fare
alcune riprese ridono; se sei la TV quando arrivi ti stendono il tappeto rosso
e ti accolgono con una banda di archi, ottoni e majorette di almeno quattro
nazionalità diverse.
PAOLA: MANIPOLATRICE LIBERATORIA
Alessandro: Il giorno in cui ti senti arrivato, saluta tutti perché stai
scomparendo.
Quando facciamo le riprese, abbiamo bisogno che le persone firmino una
liberatoria per avere il loro consenso a essere trasmessi. TV o WEB non fa
differenza. È divertente vedere come i giovanissimi temano la brutta figura
su YouTube, quando invece della TV importa poco («tanto in TV non ci vede
nessuno»): esattamente il contrario rispetto alle vecchie generazioni
(YouTube che?). Va detto: non è immediato ottenere una firma su un foglio.
Abbiamo imparato tantissimo da Paola (Paola, sei nei nostri cuori), la
ragazza affiancata a noi dalla produzione Rai. È sempre riuscita a prendere
tutte le liberatorie utilizzando tecniche psicologiche avanzate – e
sicuramente illegali nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Frasi degne di
Sigmund Freud nel suo periodo fallico, volte a adulare le vittime della
candid: «Mamma mia, è proprio la reazione che cercavamo!», «No, non
può dirmi di no perché lei è stato IL PIÙ simpatico», «Il piacere di vedere un
bel viso COME IL SUO non può restare privilegio di pochi». Ovvio che se lo
abbiamo detto anche a te che stai leggendo in quel caso era verissimo.
L’OTTIMISMO È IL PROFUMO DEL CLOROFORMIO
Alessio: La mia più grande paura è impiegare la mia vita in qualcosa in cui
credo così tanto e non avere risultati economici adeguati per quello che sto
facendo. Le persone che ci seguono ci fermano per strada, a volte non
riusciamo a camminare. Perché non siamo ricchi? Forse dovrei finire
l’università? Vado avanti e continuo a crederci. Spero di non sbagliare.
Chissà se Carlo Conti quando va a fare la lampada a bassa invece che alta
pressione sente questo tipo di paura?
IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE
Alessandro: Io sono sereno, sono ottimista. Anche se tutto questo dovesse
finire domani abbiamo imparato tanto, abbiamo un know how sulle candid
camera che nessun altro ha in Italia. Ci è capitato di essere coinvolti in
progetti in cui eravamo solo «attori», mentre di solito siamo anche autori e
produttori. E una volta, sul campo, abbiamo riscritto gran parte delle scene
perché volevamo ottenere il meglio. Non per arroganza, anche perché non
eravamo pagati per farlo.
APPLAUSI PER
Alessio: Vale da quando sei piccolo fino a che invecchi. Il giudizio esterno
deve scivolarti addosso (ma se ti dicono che puzzi, lavati).
Ci dicono che siamo fortunati, che non dobbiamo lamentarci. A volte ci
chiedono che lavoro facciamo, senza immaginare quanto tempo
impieghiamo in tutto questo. O quanto tempo impieghiamo a spiegare
quanto lavoro facciamo. Tanto che il nostro lavoro è quasi diventato
spiegare quello che facciamo. Pazienza. Abbiamo iniziato a raccontarlo un
po’ di più sui nostri social, ma non importa se il percepito rimane questo.
Conta il risultato.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Non esistono esperienze
positive o negative.
Esistono esperienze, Vivile.”
Esperimento per prendere il meglio da ogni esperienza: FALLO!
Questo esercizio vogliamo che tu NON lo faccia. Per farti capire che ogni
esperienza può portare al meglio e che gestire la negatività sia solo questione di
pratica, dovremmo infatti farti vivere situazioni che prevedono un rischio di mortalità
troppo elevato. Quindi, in questo caso, sei esonerato.
Livello di mortalità 25%
Accetta l’invito di tua nonna al torneo di burraco, impara tutte le regole, gioca.
Livello di mortalità 65%
Vai a letto con una tipa bruttissima e dura più che puoi.
Livello di mortalità 100%
Vai da uno strozzino e fatti prestare diecimila euro in contanti e vedi quanti giorni
sopravvivi.
COME RICHIAMARE L’ATTENZIONE TRA TANTI

Ah, quel bisogno di essere unici (essere un personaggio noto sui social
network e scrivere un libro non ti rende unico)… Quel bisogno di
differenziarsi dal gruppo (se sei un rapper e ti fai un tatuaggio sul collo ti
stai solo omologando).
Quante volte, soprattutto in adolescenza, capita di cercare il modo di
essere notato: da una ragazza, un amico, un gruppo, una macchina in curva?
E non riuscirci. La frustrazione è altissima. E anche le contusioni.
Eppure, non bisogna abbattersi, ma continuare ad avere fiducia in noi
stessi. O in un buon ortopedico. Perché, quando credi di poter essere notato,
se invece di aspettare agisci, qualcosa prima o poi succederà. A non far
niente, invece, non succede niente. Se lo fai, magari non succede niente lo
stesso, ma almeno ci hai provato. Pensa se Amedeo Umberto Sebastiani si
fosse arreso al fatto di avere un nome poco televisivo e non avesse fatto
alcun provino. Ora non avremmo Amadeus. Eh.
Comunque anche per noi era la cipolla.
GARA DI BECCHI
Alessio: A volte non ti notano solo perché non ti fai avanti. Oppure ti hanno
già notato, ma tu non credi abbastanza in te per capirlo, come il vincitore
della mostra regionale della capra orobica, meglio conosciuta come becco,
della comunità montana di Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera,
ignaro del valore del suo premio.
Un giorno apro Facebook e trovo il messaggio di Gianluca, un bambino
di nove anni con il suo canale YouTube.
DAI APPUNTAMENTO A UN BAMBINO DI NOVE ANNI
CONOSCIUTO ONLINE SOLO SE HAI UN BUON MOTIVO
Alessandro: Che sia fisico o virtuale, non importa. Hai bisogno di un punto
di contatto, dove farti conoscere.
Per festeggiare i centomila iscritti al canale abbiamo organizzato un
raduno in piazza Duomo.
Gianluca ci aveva chiesto di girare un video insieme a lui. Gli abbiamo
dato appuntamento lì.
DAI APPUNTAMENTO A UN BAMBINO DI NOVE ANNI
CONOSCIUTO ONLINE SOLO SE HAI TESTIMONI
Alessio: Non serve mettersi in mostra. Gianluca che postava un video solo
per dire che gli avevamo risposto mi aveva intenerito. Gli abbiamo dato
appuntamento in piazza Duomo, è venuto con suo papà. Insieme ad altre
quattrocento persone.
DAI APPUNTAMENTO A UN BAMBINO DI NOVE ANNI
CONOSCIUTO ONLINE SOLO SE È GIANLUCA
Alessandro: Hai chiaro qual è il tuo obiettivo e sai dove vuoi andare. Non
conosci però tutto quello che può succedere. Ed è proprio questo il bello: la
vita non va per forza come dici tu, ma può darti decisamente anche molto di
più.
Il raduno è stata per noi la prima occasione in cui abbiamo capito che i
numeri di Internet corrispondono a persone vere, facce, emozioni. Abbiamo
conosciuto Gianluca, con il suo papà. Oggi il suo papà è il nostro
commercialista. Alessio gli ha fatto da padrino alla Cresima. Io ho scopato
la sua insegnante di religione (scherzo, ma volevo fare qualcosa anche io in
questo paragrafo) e il ruolo del padrino non mi si addice, amo le teste di
cavallo, ma non sono battezzato.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“A cosa serve
avere l’attenzione di tanti
quando non hai quella dei pochi
che ti interessano davvero?”
Esperimento per richiamare l’attenzione: FALLO!
Abituarsi a essere notato è il primo passo per essere notato davvero.
Quest’esercizio prevede che tu attiri l’attenzione di una persona, per tre giorni di fila,
in tre modi differenti.

Hai bisogno di:


23 due scarpe diverse
23 un cappotto
23 un ortaggio e un paio di guanti da cucina
Primo giorno
Indossa una scarpa diversa dall’altra e cammina in modo da farlo notare.
Secondo giorno
Compra un cappotto e sali sull’autobus. Aprilo di fronte a una ragazza dicendo
«ÙAH», con l’accento sulla U e la A aspirata. Ricordati di indossare tutti i vestiti
sotto al cappotto e una maglietta bianca con la scritta SEI BELLISSIMA.
Terzo giorno
Mettiti un ortaggio in bocca, un paio di guanti da cucina alle mani e inizia a muoverti
come un pupazzo gonfiabile che saluta come uno scemo (cfr. «I Griffin», se non hai
capito da solo. Ma se non hai capito da solo preoccupatene).
COME RICONOSCERE I LIMITI CHE NON VANNO
SUPERATI

In conclusione. Non ci sono limiti che non puoi superare.


Alcuni però, non superarli mai, promettilo.
DILDI E POLIZIA: COMBINAZIONE VINCENTE?
Alessio: Mettersi alla prova e riuscire a fare qualcosa fuori dall’ordinario è
uno stimolo per continuare a voler fare sempre di più. È come una botta di
adrenalina: una volta che hai provato un’emozione forte vuoi continuare a
provarla. Come la cocaina, con la differenza che la droga ti ammazza. Non
sognare la droga. Drogati di sogni.
Perché quindi non pensare di regalare per Natale falli di gomma a dei
militari davanti al Duomo? Ovviamente travestito da Babbo Natale. Non si
era vista un’idea così geniale dal primo film dei fratelli Vanzina.
Il sovrintendente ha chiamato la polizia, è arrivato il commissario,
incazzato nero, mi hanno portato ai lati del Duomo. Ale era più lontano e
continuava a registrare. Sono arrivate due volanti, sei poliziotti belli tesi, di
fronte a un Babbo Natale con un cazzo di gomma in mano. Che ero io.
Si sa, le priorità della giustizia italiana: droga, corruzione, sicurezza,
antiterrorismo. E Babbi Natali in vena di scherzi.
IL DILDO DEL PADRE DEL PADRE DI MIO PADRE
Alessandro: Ci hanno tenuto lì fermi, due ore. Ci hanno chiesto i
documenti, ci avrebbero denunciato per chissà quale reato. Mio papà
lavorava lì vicino e per puro caso è passato lì davanti in quel momento.
Hanno chiesto i documenti anche a lui. È d’altronde risaputo che la
tradizione malavitosa del clan dei Babbi Natali coi cazzi di gomma viene
tramandata di generazione in generazione, di padre in figlio, di figlio in
nipote.
OPTIMUS PRIME
Alessio: Il senso di sfida, il poter fare qualcosa che non ha mai fatto
nessuno… Quel giorno i poliziotti ci hanno fatto un bel terrorismo
psicologico. Abbiamo imparato a porci un limite anche se i limiti li
vogliamo solo superare. Quindi, qualche ora dopo, sempre io, vado da una
ragazza di spalle e le picchietto sulla spalla destra con il cazzo di gomma
(nonostante due ore fermi con la polizia, dovevamo comunque portare a
casa la giornata di riprese).
Non era una ragazza, scopriamo, era una trans. E no, non l’ha presa
bene. Ha iniziato a dirci che ci avrebbe denunciato. Ecco, non volevamo
che chiamasse la polizia.
VACANZE DI NATALE 2013
Alessandro: Dopo averla tranquillizzata sul non utilizzo delle immagini
senza il suo consenso, ci siamo diretti verso la metropolitana. Lei ci ha
inseguiti, correndo. Non aveva il biglietto ma è riuscita comunque a
raggiungerci. Noi due, vestiti da Babbo Natale, inseguiti da una trans.
Classica scena di un film dei Vanzina.
Ha chiamato la polizia: «Sono stata aggredita in stazione, venite qui!».
Ci ha passato il telefono, i poliziotti ci hanno detto di aspettare per poter
dare la nostra versione. Lei, a quel punto, ha chiarito: «È così che si fanno i
soldi. Io vi querelo, voi mi date i soldi». Non aveva capito niente. Non
avevamo soldi.
CHE FINE FAREMO
Alessio: I poliziotti ci hanno raggiunto. Abbiamo trovato un agente vittima
di uno scherzo di Frank Matano, quindi già nella dinamica della
meravigliosa genialità di noi brillanti YouTuber. Hanno capito che la tipa
era su di giri. Noi eravamo calmi, lei impazzita. E comunque non avevamo
fatto nulla di male, no? Alla fine ci hanno dato ragione, lei si è calmata e se
ne è andata. In sole ventiquattro ore avevamo assistito alla rappresentazione
della doppia faccia della polizia italiana. I buoni e i cattivissimi.
E quindi, la lezione da imparare è, in generale: non superare i limiti,
quando rischi di avere a che fare con gente che potrebbe reagire in malo
modo.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Un limite
è solo un apostrofo rosso
tra le parole ‘ce la posso fare’.
Un limite è una parentesi chiusa
nel periodo ipotetico
della libertà.”
Esperimento per darsi un limite: FALLO!
Quando senti puzza di pericolo vero, evita di fare quello che stai pensando di fare.
Ci sono limiti che possono essere superati, e ne abbiamo parlato in tutto questo
utilissimo volume; e poi ci sono quelli che sai benissimo non esser neanche da
prendere in considerazione, come i reati, per esempio. Quindi ecco che l’esercizio
utilissimo, con cui possiamo concludere questo bel training, è sapere cosa fare
quando la voglia di superare un limite che non va assolutamente superato bussa
alla tua porta. Distraiti. E… inventa un aforisma.
Proprio così, basta pensare ad altro per fermare le idee.
E cosa c’è di meglio di pensare a parole una dietro l’altra che ti insegnano a
prendere il meglio delle tue giornate, a renderle anche un po’ più poetiche, petalose,
perché no? (Sì, scopare sarebbe una buona idea, ma.)
Grazie agli aforismi c’è chi ha costruito soleggiate carriere, chi ha venduto a gran
voce migliaia di copie, chi viene considerato saggio e profeta. Non vuoi forse
provarci anche tu? Meglio poeta che carcerato is the new mantra.
Quindi.
Esercizio della frase breve che condensa un principio filosofico:

Pensa a una frase. Bastano un soggetto, un verbo, un complemento oggetto.


Aggiungi quindi una seconda frase, invertendo l’ordine degli elementi utilizzati,
inserendo un verbo che ti sembra stia bene e dia il senso all’azione. O anche no.
Il gioco è fatto. Anzi, l’aforisma.

Seguono esempi per ispirarti:

Cerca ciò che vuoi ma non volere ciò che cerchi.


La vita è un alternarsi tra tutto e nulla. Trova il tuo tutto e non ti importerà più
nulla.
Ama ciò che sei, attento a non essere ciò che ami.
Credi in ciò che fai ma non fare ciò che credi.
Caga ciò che mangi ma non mangiare ciò che caghi.

E così via. Facile. Pensi di aver capito? La strada per il successo ora è davvero
vicina.
Compila quindi questa pagina con i tuoi aforismi migliori e sorridi, ora sai come
evitare il pericolo!

E infine, leggi l’ultimo, ultimissimo, aforisma, voltando pagina. È tutto per te.
Ultimo aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Ogni inizio ha una fine.
La fine è solo l’inizio.”

FINE
RINGRAZIAMENTI

Per prima cosa vorremmo ringraziare Dio perché è stato un ottimo allievo.
Non possiamo dire lo stesso del suo entourage.
Ringraziamo quindi un breve olimpo di personaggi che hanno segnato la
nostra carriera artistica.
Antonio Cartonio, il tuo blu mele ha segnato la nostra infanzia.
Maurizio Mosca, le tue trasmissioni erano le uniche in cui la giustizia
italiana funzionava.
Fabio Volo, perché solo ascoltando distrattamente un podcast della tua
trasmissione radiofonica abbiamo trovato l’ispirazione per TUTTI gli
aforismi di questo libro.
Ash Ketchum, che ci hai insegnato che anche a dieci anni puoi lasciare
casa e inseguire i tuoi sogni.
Francesco Gullo, perché ci hai trasmesso il valore dell’onestà.
Kakarot, che ci permetti di vivere in un mondo di pace e fratellanza
proteggendoci da minacce come Freezer, Cell, Majin Bu e l’Isis.
Don Matteo, per averci trasmesso la passione per la bici e i vigilanti.
Megan Gale, per la pubblicità della Omnitel che ci ha insegnato a
diventare grandi.
Pier Ferdinando Casini, per averci trasmesso i valori della famiglia (lui
ne ha avute tre, quindi è uno che ne sa).
Il signor Mondadori, quello vero (con tutto il rispetto per Electa), per
aver speso i soldi per l’inchiostro di questo libro.

Ringraziamo quindi: le nostre ragazze Sara e Candida, che sopportano noi e


il nostro lavoro. Le nostre famiglie, perché la famiglia è importante, e le
nostre nonne, perché sono ancora più importanti. Alessandro Parabiaghi,
detto l’umile Para, che non è stato inserito appositamente all’interno della
narrazione perché altrimenti la sua umiltà ne sarebbe stata intaccata.
Claudio per la sua fissazione con le persone di colore che ballano. Sofia
Viscardi per averci ringraziato alla fine del suo romanzo. Tutti i nostri amici
citati per aver vissuto con noi un’infanzia così spensierata e serena
(Rogoredo Power). Luca che, con una costola sua e una di Luciano, ha dato
vita a ShowReel. Helio e la sua barba, Potta e i suoi baffi, Gusme e tutta
Cologno. Fra perché una volta ci ha detto che siamo stati bravi. Isa perché
sopporta la nostra pignoleria (e ci porta i taralli). Morelli perché anche alle
3 di notte fa ciò che è giusto. Valerio perché come classifica lui i kebab,
nessuno mai. E tutte le magnifiche persone che lavorano a ShowReel.
Il China perché il giallo va con tutto. Gianluchino (e la sua famiglia che
ce lo ha affidato) perché a undici anni è più sgamato di noi. Tutte le persone
che lavorano con noi e la nostra amica Silvia, anche se non abbiamo idea di
chi sia. Ringraziamo infine il ragazzo che in metropolitana ci ha chiesto
perché non avessimo ancora scritto un libro. Eccolo.

Grazie per l’idea grafica della ©opertina.

E poi, ultimo ma non ultimo, ringraziamo te, che hai acquistato questo libro
e lo hai letto fino a qui e ti sei appena reso conto di averci regalato dei soldi.
Grazie davvero.
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere
copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o
trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di
quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle
condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto
dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata
di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul
regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e
dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto
previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio,
commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza
il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook
non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata
pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte
anche al fruitore successivo.

www.librimondadori.it

Fallo
di The Show
© 2016 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Ebook ISBN 9788852077432

COPERTINA || PROGETTO GRAFICO: FRANCESCO CASTALDO


«L’AUTORE» || FOTO © IKKA MIRABELLI

Potrebbero piacerti anche