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Il libro
L’autore
Frontespizio
Fallo!
Come fare amicizia in poche mosse
Come affrontare un cambiamento
Come lasciare il segno
Come convincere un amico a uscire con te
Come sopravvivere in periferia
Come avere successo in quello che fai
Come trasformare una sconfitta in una vittoria
Come rompere gli schemi
Come essere un buon leader
Come rimorchiare una ragazza/1
Come rimorchiare una ragazza/2
Come uscire dalla friendzone
Come far funzionare un primo appuntamento
Come tirare fuori la creatività
Come sfruttare al meglio il proprio tempo
Come far cambiare l’immagine che gli altri hanno di te
Come evitare i problemi
Come non perdere un treno importante
Come prendere il meglio da ogni esperienza
Come richiamare l’attenzione tra tanti
Come riconoscere i limiti che non vanno superati
Ringraziamenti
Copyright
Il libro
Non abbiamo le tue risposte, ma conosciamo le nostre, che sono cambiate da quando
abbiamo iniziato con gli «esperimenti sociali», rivisitazione moderna della candid
camera. Il nostro intento era divertire, creando situazioni sempre più paradossali. Ci
siamo invece ritrovati a indagare inconsapevolmente i meccanismi che regolano i
rapporti umani; a scoprire se davvero esiste un limite oltre cui non si può andare. E
quello che abbiamo scoperto è che quei limiti, spesso, ce li poniamo da soli. E a volte
provocano paura. Altre volte immobilità. Ma il risultato è che, quando decidiamo di
oltrepassarli, non succede nulla, nulla di male, almeno.
Quanti di voi sanno cosa si prova a portare un water in un ascensore e usarlo per
espletare i propri bisogni in pubblico? Non che cagando in un ascensore si possa
davvero imparare qualcosa. Collateralmente, però, situazioni del genere ci hanno
insegnato tanto: ciò che conta è stato saperle decodificare.
L’autore
Gli amici servono, gli amici supportano e spesso sopportano. È con loro che
accumuli ricordi, momenti, risate, emozioni. Ma, chiariamolo subito, fare
amicizia non è un obbligo: il modo più sicuro per non avere nessun amico è
pretendere di essere amico di tutti. La tua amicizia ha un valore
inestimabile, seleziona chi la merita. Trovare un amico non è immediato.
C’è chi può ispirarti simpatia al primo incontro, certo, ma chi ti assicura che
quell’interesse si trasformerà in reciproca fiducia, supporto incondizionato,
puro e idiota divertimento e tutte le altre caratteristiche di una vera
amicizia? Non è facile, insomma, trovare un amico. Ma è facilissimo
provarci. Non pretendere, ma provare a essere amico di tutti. Se è vero
che tutti meritano la tua amicizia, è altrettanto vero che l’unico modo per
capire chi la merita è attivarsi, cercarlo. Potrai ritrovarti a parlare con
persone scortesi, superficiali, vuote: sarebbe comunque una vittoria. Avresti
qualcuno da eliminare dalla lista di possibili amici. Una cosa è certa,
restando chiuso in casa le probabilità di dare vita a un vitale e soddisfacente
circolo di amici sono nulle. Allora tanto vale buttarsi. Non è poi così
complicato mettersi in gioco.
SII SEMPRE TE STESSO (MAGARI EVITA DI MORDERE)
Alessio: Non ha senso cambiare se stessi. Un amico ti sceglie per quello
che sei. Certo, a volte dovrai insistere un po’, come la tigre padre della
prima zanzara tigre: tanto amore e vaselina q.b., quanto basta.
Io e Alessandro siamo amici da sempre. Mia mamma mi ha raccontato
che eravamo al giardinetto di quartiere: terra, altalene, sabbia sotto allo
scivolo, un rifugio sicuro per i giocatori solitari. Io ero lì, a far volare sopra
la testa il mio Power Ranger rosso. Ed è arrivato lui. Me l’ha tolto di mano,
semplicemente, come fanno i bambini. Ancora più semplicemente io ho
aperto la bocca, gli ho morso la mano. Così forte da fargli uscire sangue.
LO SCONTRO PUÒ RIVELARSI UN BUON INIZIO: ANCHE
GOKU E VEGETA CI HANNO MESSO UN PO’
Alessandro: Io quel morso me lo ricordo. Ma avevamo tre anni (e
fortunatamente i denti da latte), cosa potevo fare se non buon viso a cattivo
gioco e scoppiare a piangere, con urla e lacrime degne della miglior prefica
siciliana? Non è stato di certo il miglior modo in cui due persone potessero
conoscersi, ma quante volte sono gli scontri a trasformarsi in amicizia? E in
fondo sono contento di avere tra i miei aneddoti un po’ di sangue da
raccontare. Fa molto rissa di quartiere, e a Rogoredo l’aria da duro di
periferia funziona sempre. Quella che non abbiamo mai avuto.
PREADOLESCENZA, MA SOPRATTUTTO PREFICHE
Alessio: L’essere umano è un animale sociale. Tende a fare gruppo, non
vuole stare da solo. Ecco perché conoscersi non è poi così difficile. Puoi
avere paura di rompere il ghiaccio, ma prova a metterti nei panni dell’altro.
Se qualcuno venisse da te, con l’intento di fare amicizia, senza sembrare
uno psicopatico o un eroinomane in cerca di soldi per la dose, lo manderesti
a cagare o staresti ad ascoltarlo? Ovviamente devi intavolare discorsi un po’
meno noiosi della tradizione secolare delle prefiche siciliane… meglio
togliere il prefisso. Tra uomini è un perfetto argomento rompighiaccio. La
vagina unisce.
Il primo approccio è facile, serve solo qualche trucco antitimidezza. La
difficoltà viene dopo: quando imparate a conoscervi davvero. Quando arriva
il momento di trovare argomenti di discussione diversi dal sequel delle
prefiche.
Rogoredo è un quartiere alla periferia di Milano, a ridosso della
Tangenziale Est, e si vive in stesse scuole e stesse vie. Alla materna io e Ale
eravamo in due classi diverse, ma una di fronte all’altra. È alle elementari
che ci hanno messo insieme, tra l’altro con lo scontento di entrambi. Io
volevo stare in classe con il mio migliore amico di allora, Orla, lui con il
suo, Baffo.
L’AMICIZIA È UN’EVOLUZIONE: SEMPRE INSIEME
(TRANNE CHE IN BAGNO)
Alessandro: La parte difficile è la condivisione di interessi, il sentirsi
simili, anche se diversi.
Alessio è stato il primo della scuola ad avere Pokémon Rosso nel Game
Boy, l’oggetto più desiderato dei primi anni Novanta, il centro del mondo
dei desideri. Abbiamo anticipato Favij e qualsiasi game player – sia messo
agli atti. Lui giocava, noialtri tutti attorno, a guardarlo e incitarlo come un
gruppo di pensionati di fronte a un cantiere, con la differenza che noi,
millennials, la pensione non la vedremo mai.
Oggi qualsiasi ragazzino conosce con precisione i meccanismi dei suoi
videogiochi preferiti e grazie a Internet ne conosce anche i segreti più
reconditi. Allora sapevamo che a un certo punto il Pokémon avrebbe
cambiato aspetto, si sarebbe evoluto, senza Internet non avevamo idea di
quando sarebbe successo. Purtroppo per noi lo ha fatto mentre Ale era in
bagno a casa sua. E mai cagata fu più urlata – sia messo agli atti anche
questo.
LA GAVETTA
Alessio: I theShow sono nati tra i banchi della scuola elementare «Pasquale
Sottocorno». All’intervallo mettevamo due sedie davanti al termosifone e
davamo vita ai nostri primi spettacoli. C’era il «Gina e Pina Show», cabaret
d’avanguardia in cui interpretavamo due anziane signore milanesi sedute su
una panchina e tutti ci guardavano e ridevano. Il successo era assicurato
(poi in realtà ricchi, con una panchina, sono diventati Ale e Franz). C’erano
le barzellette, i siparietti, le canzoni pornografiche rivisitate su grandi
successi del calibro della sigla di «Dragon Ball Z» («Chi sei, etero o gay?
Vedrai presto lo scoprirai.» Capolavoro, no?). E c’era CaccaMenta, il mitico
signor CaccaMenta. Ha lui il vero merito di averci unito. Io ero bravo a
disegnare, Alessandro aveva inventato questo eroe CaccaMenta, pronto per
essere messo su carta, ma il suo amico Paolo non sapeva disegnare, così lo
abbiamo fatto noi due. Dobbiamo tutto a CaccaMenta.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“L’amicizia non è un frutto
che compri al supermercato,
ma un seme da piantare e coltivare.
Giorno per giorno.
O anche di notte.
Ma non in bagno.”
Esperimento sull’amicizia: FALLO!
Questo esperimento prevede due possibilità, a seconda del contesto in cui vuoi
metterti alla prova per fare amicizia in poche mosse.
Testata in più situazioni, è scientificamente provato che questa tecnica funziona con
tutti perché sappiamo che l’umanità si divide in due categorie di persone: i vegani e i
non vegani.
ESPERIMENTO
Avvicinati allo sconosciuto e domanda: «Sei vegano?» (mi raccomando, con
estrema tranquillità, come fosse la cosa più normale del mondo da chiedere).
Di fronte a te si aprono due scenari.
Lui risponde SÌ
Perfetto, sai da dove partire, visto che qualsiasi vegano adora parlare del fatto che è
vegano. Ne va della sua scelta di vita, la condividerebbe anche con chi quella
domanda non gliela farebbe mai. Sta a te quindi dimostrarti interessato, chiedere
qualche dritta perché in fondo «anche tu stai pensando di rinunciare alla carne».
«La carne fa male» è una frase che funziona sempre. Dosa però con attenzione
«Vorrei diventarlo anche io» perché di colpo la situazione potrebbe ribaltarsi e
portare lo sconosciuto a voler essere subito il tuo migliore amico. Quindi ATTENTO,
qui è dove devi dimostrare la tua bravura e riuscire a cambiare argomento dopo
cinque minuti di puro ed estremo veganesimo.
Lui risponde NO
Se dice che non è vegano, sai ancora meglio da dove partire, visto che chi non è
vegano odia i vegani. Puoi tranquillamente sfogarti, inventando di come i tuoi amici,
tutti noiosamente vegani, proprio in quel momento stiano discutendo di quale sia la
ricetta migliore per il tofu. L’attacco è fatto, il ghiaccio rotto. A te ora reggere la
conversazione e scoprire se l’anti Marco Bianchi lì di fronte valga la tua voglia di fare
amicizia.
ESPERIMENTO
Per prima cosa devi andare a presentarti a una ragazza che non conosci. Se sei
timido di certo una ragazza non troppo bella renderà il gioco più semplice, ma non
sceglierla orribile. Le dici come ti chiami, le chiedi come si chiama, lei ti chiederà:
«Cosa fai?», tu le racconterai che ALLEVI PULCINI. No, non per ucciderli, sarebbe
brutto. No, i tuoi pulcini sono famosi e vengono utilizzati in un sacco di spot: pulcini
da spettacolo. Lei probabilmente ci crederà, ancora più probabilmente no. Ma è qui
il momento in cui entra in gioco il «nuovo amico»: vai dallo sconosciuto che hai
voglia di conoscere, digli che hai detto a quella ragazza che fai l’allevatore di pulcini
da spettacolo. Chiedigli di reggerti il gioco: mandagli sul telefono alcune foto dei tuoi
animali (Google è pieno di pulcini) e fallo tornare dalla ragazza, a parlare di te e dei
tuoi animali. Non solo con questo pretesto avrai ottenuto il suo numero, ma lo avrai
anche aiutato a parlare con una ragazza, sfruttando un momento goliardico. Dimmi,
c’è qualcosa che può unire di più due nuovi amici?
COME AFFRONTARE UN CAMBIAMENTO
Hai bisogno di
23 un tram (va bene anche l’autobus o la strada)
23 un cambiamento
ESPERIMENTO
Sali sul mezzo di trasporto prescelto. Può essere il tram che prendi tutti i giorni o un
nuovo autobus che ti fa cambiare percorso. Può essere anche il marciapiede dove
cammini ogni mattina. Il cambiamento che stai affrontando può riguardare il lavoro,
la scuola, la vita. Di base ti mette ansia e non ti fa sentire a tuo agio. Ecco allora
quello che devi fare. Urla a ogni fermata (se sei a piedi urla a ogni semaforo). Può
essere una vocale, può essere l’urlo di Tarzan, può essere la strofa di una canzone.
Fai qualcosa durante il tragitto. Sì, si gireranno. Sì, si chiederanno che diamine tu
stia facendo. Ma di base, dopo l’urlo, nessuno ti dirà niente, non succederà niente. E
nello stesso tempo non ci sarà PIÙ NIENTE che ti sembrerà difficile. Neanche
rispondere al nuovo capo che ti chiama nel suo ufficio per farti il terzo grado.
In entrambi i casi il cambiamento non ti metterà più ansia. L’ansia l’avrai già usata
tutta nel viaggio.
COME LASCIARE IL SEGNO
Tutti, almeno una volta, avremmo voluto essere invisibili. Ci sono occasioni
in cui, ammettiamolo, è un vantaggio: metti che entra un parente in camera
tua mentre ti stai dilettando tra le foto di Mara Venier in costume. Che cosa
gli dici?!
Di solito, invece, si preferirebbe essere notati. O quantomeno visti. Tutti,
almeno una volta, abbiamo desiderato di fare di più, di essere apprezzati per
quello che siamo davvero, di non essere giudicati dall’apparenza, quando in
realtà è sempre la barriera dell’apparenza a vincere. Almeno finché non la si
abbatte.
Al lavoro, quando il capo non ti valorizza; a lezione, quando per il
professore sei solo un numero; a casa, quando tuo papà non fa che criticarti
per quello che non fai, senza vedere tutto il tuo impegno, o anche quando
tua moglie non ingoia. L’elenco può essere infinito. Vuoi lasciare il segno?
È ora di uscire dalle regole che ti sei autoimposto. Ma con consapevolezza!
Non vuol dire fare qualcosa di pericoloso, ma semplicemente di diverso.
Qualcosa che nessuno si aspetta da te. Stupiscili, sorprendili… Fermati a
pensare a che cosa avresti fatto fino a ieri in una determinata situazione e
fallo in modo differente. Ingoia!… la paura (cosa avevi capito?). Rispondi
in modo nuovo: prova a dire sì anche quando vorresti dire no. E viceversa.
Cambia le tue abitudini, esci dalle tue regole, dai il tuo meglio facendo
qualcosa che in realtà non hai voglia di fare.
MOSTRA LE TUE QUALITÀ: SBUCCIARE LE BANANE CON
I PIEDI NON CONTA
Alessio: A scuola, come sul lavoro o nella vita, è un attimo essere uno dei
tanti. Prendiamo come esempio il periodo della scuola, che tutti abbiamo,
bene o male, vissuto. C’è il figo della scuola, e raramente sei tu, ci sono i
grandi, gli sportivi, i leader, ci sono i cagacazzo. E poi ci sono tutti gli altri.
I professori fanno in fretta a categorizzarti. Quante volte chi inizia alla
grande le superiori rimarrà per cinque anni quello che studia (anche se
smette dopo sei mesi) e chi invece inizia con difficoltà verrà bollato per
sempre, magari solo perché, suvvia, i primi giorni di scuola ha dato fuoco al
cestino asserendo che in questo modo la professoressa si sarebbe sentita più
a suo agio, ricreando l’atmosfera di un focolare domestico? La voglia di
casa può essere considerata vandalismo? La risposta è assolutamente sì,
incendiare cestini è un atto vandalico… ma c’è una possibilità di recupero?
Diventa qualcuno agli occhi dei tuoi professori. Varrà anche per il tuo capo,
sul lavoro. Mostra i tuoi punti di forza. Anche se ti sembra che non sia
necessario.
Diciamo pure che studiare ovviamente aiuta. I professori però, per
fortuna o purtroppo, non guardano solo quanto ti applichi, ci sono anche
quelli che guardano chi sei. Chi ero io? Un buffone. C’erano i professori
che mi prendevano liberamente in giro e io un po’ ne approfittavo: ricordo
ancora quando, studiando gli spazi di una casa, ho chiesto se due vani
formavano un divano. L’avete capita? Sicuri?
Mi hanno sbattuto fuori dall’aula più volte. Mi perdevo sempre gli ultimi
cinque minuti di lezione. Non che mi dispiacesse, eh. Andavo bene a
scuola. Ma se una cosa faceva ridere io DOVEVO farla. Studiavo, ma i
professori si ricordavano di me per altro. E i miei compagni, ovviamente,
mi notavano.
FALCE E RIGHELLO: LA LOTTA DI «CLASSE» VAL BENE
UN OTTO IN CONDOTTA
Alessandro: C’è un ruolo in ufficio che non vuole nessuno? Prendilo. A
meno che non sia pulire il cestino nel bagno delle donne in quel periodo del
mese – e in un ufficio con più di una donna è praticamente sempre –, allora
lascia perdere e rimani invisibile. C’è qualcosa da fare che per tutti è una
noia e per te è facilissimo? Fallo. E se è stirare ti do il mio indirizzo così
vieni a farlo anche a casa mia. C’è qualcosa che esce dai tuoi schemi?
Buttati.
Alle superiori ero rappresentante di Istituto. Sicuramente una delle
esperienze più formative della mia vita. Singolare se ripenso a come è
successo. Due miei amici avevano deciso di candidarsi, ma gli mancava un
componente per presentare la lista, così hanno pensato a me. Io ho
accettato, ponendo la condizione che con me si candidasse un altro mio
compagno di classe. Risultato? Noi fummo eletti, loro no. Ho introdotto al
liceo scientifico Einstein di Milano il concetto di cogestione, ho riformato il
Regolamento d’Istituto (riuscendo laddove nessun premier italiano era mai
riuscito), rendendo illegittime le verifiche a sorpresa. Lo ammetto, avevo
una vena populista, ma ero mosso dal più puro furore politico. Contribuire
alla gestione dei fondi della scuola mi ha sicuramente responsabilizzato ma,
come si sa, facendo politica ci si fanno nemici potenti. In piena crisi, nel
2009 ho proposto e fatto approvare un provvedimento che poneva il tetto di
spesa massimo per le gite a quattrocento euro a studente. Volevo tutelare
coloro che non potevano permettersi di partire con i propri compagni, e a
causa mia è finita la tradizione millenaria delle gite a Marsa Alam.
Risultato: la prof. di inglese mi ha dato otto in condotta… evidentemente lei
voleva andarsi ad abbronzare le chiappe (cadenti). Ma in genere, agli occhi
dei professori (quelli che non volevano la tintarella invernale), ero uno in
gamba. Impegnato. Talmente impegnato che la scusa del «prof. devo uscire
un attimo dall’aula perché devo andare a fare una cosa importantissima» mi
ha salvato da un sacco di interrogazioni. Ho vissuto con estremo impegno e
serietà il mio ruolo, saltare qualche interrogazione era il minimo, non
avendo nessun megastipendio da parlamentare.
SATHYA SAI BABA: DON’T TRY THIS AT HOME
Alessio: Il buffone, dicevo. Tra l’altro c’era l’esilarante gag della
meditazione. O levitazione anche: sollevato da un paio di amici, passavo
come un santone indiano, fluttuando, sulla parte alta delle porte e delle
finestre delle classi, benedicendo la gente all’interno. Era una gag
divertente, sicuramente non per i professori, che non hanno mai creduto nei
grandi pilastri dell’induismo, purtroppo. Per tutti, però, ero quello che
faceva ridere. Oggi la penso esattamente come i professori: Stigliano, sei un
coglione!
CONCEDITI TUTTE LE POSSIBILITÀ: CONTROLLA SE HA
IL PISELLO
Alessandro: Non dirti no a prescindere. Pensaci davvero. A meno che tu,
eterosessuale, non abbia confuso una gnocca con un uomo coi capelli
lunghi. Tieni aperte le porte dell’imprevisto, perché è in quei piccoli spazi
che nascono le meraviglie. Oppure apri gli occhi. Un rappresentante di
Istituto deve trovare anche il tempo per «divertirsi», pare faccia parte del
ruolo. E aumentando le responsabilità aumentano i divertimenti: vedi
Marrazzo.
Quando in terza liceo sono diventato rappresentante di Istituto piacevo
abbastanza (molto), il fascino dell’uomo di potere evidentemente non ha
età. Avrei potuto scopare come un riccio canadese (e pure senza pagare), ma
ero innamorato e non ho mai rimpianto la scelta di non averlo fatto. Il mio
uscire dalle regole è stato seguirle fino in fondo.
SCOPRI IL CORRETTO UTILIZZO DI UNA PATATA
Alessio: Certo, a volte puoi impegnarti al massimo, ma poi rimanere
comunque nell’ombra. Gli amici servono anche a questo. In due è più facile
farsi notare, ci si appoggia a vicenda (e, se l’amicizia è forte, ce lo si
appoggia a vicenda, pare). Si tira fuori il meglio l’uno dell’altro (e, se
l’amicizia è forte, si TIRA FUORI il meglio l’uno dell’altro, ri-pare).
Alessandro era quasi diventato una persona seria. Lui e la sua attività
politica all’interno della scuola… Io però arrivavo al weekend a ricordargli
chi eravamo davvero. Memorabile il progetto dello spara-patate costruito
con tubi idraulici in PVC e caricato con deodorante maschile di terza
categoria, con cui insieme andavamo a sparare negli orti abbandonati. Il
rappresentante tornava a essere il mio amico che amava gli scherzi. Un po’
come Silvio Berlusconi torna a essere un cantante da crociera quando
incontra Mariano Apicella. Quel fucile lo avevamo chiamato BoomTube
serigrafando il logo di YouTube sulla canna. Che sia stata una
premonizione? Noi come Vanna Marchi. D’accordo?
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Casting couch =
letteralmente divano da casting.
In altre parole, la richiesta
di prestazioni sessuali
quando offrono un ruolo
a un aspirante
attore o attrice.”
Esperimento per lasciare il segno: FALLO!
ESPERIMENTO
Diventa il migliore nell’ambiente in cui vuoi lasciare il segno per almeno due
settimane.
Seguono esempi pratici da cui puoi prendere ispirazione.
SUL LAVORO: offriti per fare qualcosa che nessuno vuole fare (la lunghissima
presentazione in PowerPoint, il fotoritocco, il report dell’ultimo meeting, il turno del
sabato sera ecc.).
A SCUOLA: studia il doppio del solito per due settimane e poi offriti volontario per
le interrogazioni in programma. Vedrai che otterrai risultati (se non li ottieni vai pure
a consegnare kebab).
ALL’UNIVERSITÀ: fai finalmente quello che ti proponi di fare all’inizio di ogni anno
accademico (tu sai di che cosa stiamo parlando!).
CON GLI AMICI: vedi il capitolo sugli amici (perché sprecare energie per darti
esempi che abbiamo già pensato di là?).
Riassunto: alcuni esempi sono ironici, a te lo sforzo di capire quali, siamo certi tu
possa farcela.
In poche parole però: sii il migliore, il più disponibile, solerte, altruista che puoi.
Sembra scontato, ma comportarsi bene è il metodo migliore per lasciare il segno.
Soprattutto se non lo hai mai fatto (stronzo!).
COME CONVINCERE UN AMICO A USCIRE CON TE
Che gli amici siano fondamentali lo abbiamo già chiarito. Averli è il primo
passo per sentirsi fortunati, ma questo non significa poter chiedere loro
qualsiasi cosa, sempre e comunque. Così come non significa averli a
disposizione sette giorni su sette. Sì, proprio così, gli amici sono anche
quelli che ti tirano un pacco, di quelli senza pietà, e che, anche quando li
inviti a uscire con sette modelle svedesi e il cloroformio lo offri tu, ti
rispondono che no, non ne hanno voglia. E tu ci rimani malissimo (con
quello che costa il cloroformio!).
Invece di arrabbiarti e offenderti prova a capire il motivo del no.
Il tuo amico è stanco?
Non gli piace la proposta che gli stai facendo?
Pensa di avere di meglio da fare a casa?
Preferisce le norvegesi?
Gli piace il cazzo?
Tutto può essere e non dovrebbe essere un problema. Eppure tu hai
proprio bisogno che esca con te. Proprio stasera!
Allora non resta che ingegnarsi. Un modo c’è. E parte dal presupposto
della reciprocità. L’amicizia è ricevere, ma soprattutto dare. E se pensi che
uscire sia la cosa giusta da fare, devi essere convinto che sia la cosa giusta
da fare PER LUI . Prima che per te. Se ne sei convinto, stanne certo, troverai
il modo per convincere anche lui.
LA RICETTA PER FAR USCIRE UN AMICO: PARMIGIANA
VEGANA ALLO ZENZERO
Alessio: Uscire è ovviamente ciò che desideri per te ma solo una volta
appurato che anche lui ne trarrà dei vantaggi (è così, vero?) è il momento di
capire perché non ne abbia voglia. E fanculo se non dorme da sei notti
perché ha scoperto i benefici afrodisiaci della parmigiana vegana allo
zenzero e se ne sta in camera a sfogare da solo il suo desiderio.
Prendi il nostro amico Orla, cultore della parmigiana. Capitava spesso
che lui, alla sera, non avesse voglia di uscire con noi. E non perché avesse
altro da fare. Non aveva voglia. Punto. E a noi, semplicemente, non andava
bene. E ce ne fregavamo del motivo.
SINFONIA DI PERSUASIONE IN DO(RLA) MINORE
SUONATA AL CITOFONO
Alessandro: Ci sono tecniche infallibili per convincere un amico a uscire (e
di solito fanno rima con «riga»).
E poi ci sono le nostre.
Quando Orla ci diceva che non voleva uscire noi non facevamo una
piega, come Salvini di fronte a una ruspa nuova. Ah no, esempio sbagliato,
lì lui esulta. Noi avevamo più la faccia da Ben Affleck in uno dei suoi
cinquecento film tutti uguali. Poi, alla sera, verso le nove, sotto le fioche
luci della via di casa sua, mezze fulminate, ci attaccavamo al citofono.
Eravamo capaci di trascorrere tutta la serata così: a citofonargli ogni cinque
minuti. E fa niente se sua mamma era in casa (scusaci tanto, Mariella). Noi
citofonavamo. Ci fosse stata l’accademia musicale dei citofoni saremmo
diventati Maestri.
No, lui non scendeva lo stesso.
GRAZIE DAWSON: ANAUANAUEI TURANAIS TU BIOLDER
Alessio: Quante volte senti puzza di scusa? Il bello dell’amicizia è che
permette di leggere tra le righe (o quel che ci fa rima).
Una sera abbiamo citofonato a Orla e sua mamma ci ha detto che era
andato da un suo amico. Ma quale amico di preciso? Ma chi? A Corvetto?
Non c’è nessun amico a Corvetto, sono stati tutti uccisi. Non eravamo
gelosi, semplicemente sapevamo che si trattava di una cazzata, come la
seconda laurea di Oscar Giannino (o la prima). Abbiamo aspettato tutta sera
che tornasse, fino a mezzanotte e mezzo quando chiude la metro. Il mattino
dopo, posto di fronte all’evidenza, Orla ha finto di essere rientrato in casa
dalla porta sul retro. Peccato abitasse, come noi, in un banalissimo
condominio di periferia. Non esiste nessun retro, forse aveva visto troppe
puntate di «Dawson’s Creek».
Non so bene perché non lo lasciassimo libero di non uscire. Forse
tormentarlo era più divertente che uscirci insieme.
IL TRONY DI SPADE: L’AMICIZIA È UN CORSO DI ZUMBA
IN OFFERTA
Alessio: E il segreto, in fondo, sta tutto qui. Dipende da cosa proponi. Se un
amico è già pigro è inutile invitarlo a una maratona di corsi di ballo tenuta
da Garrison di «Amici». Trova qualcosa che piaccia, davvero, anche a lui.
La zumba con Kledi non vale.
Noi insieme ci divertivamo così: una sera abbiamo ricoperto la macchina
della mamma di Orla con le pagine dei volantini di Trony – tutta tappezzata
di lavatrici in offerta, perché si sa, non ci sono paragoni.
Un’altra volta abbiamo lanciato gli avanzi di cibo di sua nonna, scaduti
da mesi, dalla finestra. A nostra discolpa, avevamo tredici anni. Se tu che
stai leggendo hai tredici anni: solo un imbecille fa una cosa del genere, non
sentirti legittimato.
A volte, più semplicemente, stavamo nel cortile di Mediaworld (anche se
i nostri volantini preferiti erano evidentemente altri) a raccontarcela. Il
giorno in cui è nato il nostro «collettivo artistico» e abbiamo iniziato a
filmare con la videocamera forse ci siamo salvati. E anche Orla ha iniziato a
divertirsi di più.
LA REGOLA DI NAPOLEONE: FAI SCEGLIERE ANCHE LUI
(A MENO CHE NON VOGLIA ANDARE A WATERLOO)
Alessandro: Amicizia, reciprocità, dicevamo. Ma anche compromesso.
Non puoi sempre cercare di convincerlo, quando sei solo tu a proporre.
Lascia che proponga lui. Una volta per uno non fa male a nessuno. A meno
che tu non sia un amante del sadomaso.
Orla era in classe con me alle medie, quindi sentivo pesare sulle mie
spalle la responsabilità di riuscire a farlo uscire con noi. Eravamo un gruppo
compatto, anche se ormai dislocato per l’hinterland milanese: io, Fabio e
Orla a Milano; Baffo ormai trasferitosi a Rozzano e Alessio a Postino,
provincia di Dovera, di fianco a Pandino.
Non ho mai amato particolarmente gli scherzi telefonici, ma a Orla
piacevano di brutto, Fabio aveva le chiamate gratis, Alessio una comoda
veranda sottocasa e io sapevo camuffare la voce. Era scritto nelle stelle,
finalmente una sera abbiamo fatto quello che Orla aveva proposto. In quel
caso è bastato citofonargli una volta, ci credete? Abbiamo chiamato una sua
amica un po’ stordita, mi sono spacciato per un operatore della Microsoft.
Non aveva alcun senso. Ha abboccato subito. E quella è stata la prima volta
in cui abbiamo caricato un video, in cui apparivamo tutti, online su quello
che ai tempi era il mio canale (se sei bravo puoi ancora trovarlo).
CONDIVIDI QUELLO CHE HAI: USCIRE HA SENSO SE C’È
DI MEGLIO
Alessio: Perché dovrebbe uscire? Devi essere bravo tu a spiegarglielo. Il
segreto è tutto lì.
Il Natale in cui mi hanno regalato la mia prima palmarina abbiamo fatto
una candid camera. Probabilmente il nostro esordio, in quel campo. La
classica: fai credere a una persona che la stai salutando quando in realtà stai
salutando il tuo amico dietro. Non è mai venuta. Come la mia ragazza di
allora.
Eppure tutti hanno voluto partecipare, io e Alessandro gliel’avevamo
venduta bene, oppure semplicemente sembrava una cosa entusiasmante.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“L’amicizia
non è convincere un amico
a uscire,
ma convincere una donna
a farlo entrare.”
Esperimento sulla persuasione: FALLO!
TECNICA DELL’ERASMUS
Quest’esperimento prevede che tu sia davvero convincente e pronto a recuperare in
credibilità, quando le cose non andranno come promesso.
ESERCIZIO
Scrivi al tuo amico che non ha voglia di uscire ed esordisci raccontando della tua
compagna di università che ti ha scritto dicendoti che, proprio questa sera in cui lui
non ha voglia di uscire, sarà in quel locale lì, con due amiche Erasmus. Non serve
che ti diciamo perché è fondamentale che tu dica «ragazze in Erasmus» (ok te lo
diciamo, magari sei stupido: le ragazze in Erasmus la danno via più facilmente, è
statistica).
Prosegui raccontando che ti ha chiesto se hai un amico per fare un aperitivo.
L’amico al 99,9 per cento a quel punto si sarà già messo la giacca per uscire.
La difficoltà parte ora. Quando arriverai al locale non ci sarà nessun’amica
dell’università e nessuna ragazza Erasmus.
Rimani sereno, sorridigli. «Non ci sono, ora. Ma ci saranno. Il locale è pieno di
ragazze, basta andare a conoscerle.» Intanto lui è uscito di casa. Ora sta a te. Fai
andare bene la serata (sfoglia fino al capitolo su come rimorchiare una ragazza, se
hai bisogno di qualche consiglio), fagli notare come uscire non fosse poi così difficile
e come sia stato meglio PER LUI farlo. Vi state divertendo?
Se la serata diventa un successo, stai certo che uscirà più volentieri la prossima
volta.
La variante: la tecnica dell’Erasmus vale su qualsiasi altra passione del tuo amico
(anche se le ragazze, di solito, funzionano). Se è appassionato di calcetto, invitalo al
campetto perché manca un uomo. Se adora i giri in moto, digli che c’è un terzo
amico che ha comprato la moto nuova. E via così. Tiralo fuori di casa. Il resto lo
inventerai tu. Fai in modo che sia divertente.
COME SOPRAVVIVERE IN PERIFERIA
(VALE ANCHE PER LA PROVINCIA, MA COME ROGOREDO
NESSUNO MAI)
C’è il mito della gente del centro. Se sei di Milano e vai in vacanza la prima
cosa che ti chiedono è «Ma sei di Milano-Milano?», come se ripeterlo ti
tenesse dentro la cerchia dei Bastioni. Noi siamo di Milano Rogoredo, che è
Milano, eppure non è Milano-Milano. È periferia. È una realtà a sé, la vita
di quartiere. Come nel paesello. E non c’è niente da invidiare a nessuno.
Suvvia, vivere in piazza Duomo è decisamente cheap.
E no, ragazzi, la nostra non è retorica «del blocco», non abbiamo
nessuna pretesa gangsta, le lasciamo tutte alla nuova generazione di rapper.
Anche perché l’ultima rissa a cui abbiamo partecipato era sì una rissa da
quartiere, ma riguardava la supremazia sullo scivolo del parchetto e
avevamo quattro anni.
NON CERCARE DI ESSERE QUELLO CHE NON SEI: LA
MERDA È MERDA ANCHE CON LA CRAVATTA DI GUCCI
Alessio: Il bisogno di omologazione. Il bisogno di sentirsi accettati. Ci
siamo passati tutti.
C’è un periodo della crescita che si colloca esattamente tra quando tua
mamma ti compra i vestiti e quando smette di comprarteli. Quello è il
momento in cui ti sembra necessario e assolutamente vitale dover arricchire
il tuo guardaroba con vestiti esclusivamente di marca. Mettevo via i soldi
per avere il grande marchio: Lacoste, Ralph Lauren. Ero capace di
comprare anche una taglia più grande se coi saldi trovavo solo quella, pur di
avere il capo che volevo. Sì, bisognava fare parte del gruppo e il gruppo
voleva così. Poi però abbiamo avuto il piacere di confrontarci con due tizi
della zona, due cugini dal soprannome un po’ poco gratificante (che quindi
non diciamo).
INFILARTI LE PIUME NEL CULO NON FA DI TE UNA
GALLINA (CIT.)
Alessandro: Quando il più piccolo dei cugini dal soprannome un po’ poco
gratificante ha scoperto le marche è stata la nostra salvezza. Lui non
comprava vestiti, li ostentava. Voleva le scarpe di Prada? «Cazzo Ale,
costavano trecento euro, ho fatto un leasing con mia madre.» Un leasing?
Ancora non sapevamo cosa fosse il fisting, perché avremmo dovuto avere
familiarità con il concetto di leasing? Il fastidio provocatoci dal suo
ostentare ci ha, indirettamente, insegnato quanto un comportamento del
genere fosse inutile oltre che dannoso. In quartiere non abbiamo mai
giudicato qualcuno per la marca delle scarpe che indossava, piuttosto per
l’odore che queste emanavano dopo una partita al campetto.
CELENTANO
Alessio: Ci sarà sempre quello più ricco, quello più simpatico, quello più
famoso. O ti sbatti per essere tu il numero uno, oppure inizi ad apprezzare
quello che hai, senza paragoni. Fare paragoni è puro masochismo.
A Rogoredo siamo come una famiglia. Sono cresciuto con i miei
migliori amici, ma anche con i loro genitori. La mamma di Orla io la
chiamo zia. Hanno il ferramenta di fronte a casa mia, ci passo quasi ogni
sera. Quando cresci in periferia ti senti fuori dal giro che conta, non sai
neanche bene se esiste davvero il giro che conta. In realtà nemmeno ti
interessa saperlo perché il tuo giro è qualcosa di prezioso e sai bene quali
sono i difetti di tutti i tuoi amici. Eppure se arrivasse uno del centro a farteli
notare, diventerebbero immediatamente pregi.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Nel cammino della vita
non conta il prezzo delle scarpe,
ma il percorso che hai deciso
di intraprendere.”
Esperimenti per sopravvivere in provincia (o periferia): FALLO!
Hai a disposizione due esercizi, a seconda della tua necessità. Vuoi sentirti unico e
diverso? L’esperimento che fa per te è ROSSO RELATIVO. Vuoi smettere di
sentirti un pesce fuor d’acqua? Allora prova LA DIFFERENZA TRA ME E TE. I
mai più senza di chi può immedesimarsi nel protagonista di Adesso tu o del
Ragazzo della via Gluck, ma tra Ramazzotti e Celentano preferiamo comunque
Tiziano Ferro.
LA DIFFERENZA TRA ME E TE
Copia nei gesti e nelle espressioni la persona che hai di fronte. Si tocca i capelli?
Toccati i capelli. Sorride? Sorridi. Cammina? Cammina. Parla al telefono? Parla
anche tu (senza sonoro).
Sii il suo specchio, sii UGUALE. Uguale è bello.
ROSSO RELATIVO
Esci di casa con un rossetto rosso in tasca. Entra in un locale e mettitelo. Sorridi a
tutti. Ti sentirai probabilmente osservato.
Sii DIVERSO. Diverso è bello.
COME AVERE SUCCESSO IN QUELLO CHE FAI
Disegna su un foglio una tabella in cui indichi i vari aspetti della tua vita. Qui te ne
diamo un esempio ma puoi aggiungerne quanti ne vuoi.
Amici – relazioni con l’altro sesso – lavoro – salute – denaro – tempo libero
– studio.
Dai un voto da 1 a 10 alle categorie che hai scelto e cerca di farlo ogni mese,
cercando di migliorare le tue prestazioni. Ricordati che probabilmente non potrai mai
raggiungere il massimo voto in tutte le categorie perché impegnarsi di più in una, per
forza di cose, prevede il trascurarne un’altra (se vuoi avere successo nell’amicizia
ma sei fidanzatissimo, non potrai impegnarti al cento per cento nel rapporto con gli
amici. E viceversa. Se vuoi andare all’università difficilmente metterai via i soldi
come se lavorassi a tempo pieno. E così via).
Valuta i tuoi risultati, tendi al miglioramento.
Per avere successo bisogna solo ricordarsi che dipende tanto da noi. Fare un
punto con noi stessi, senza che la vita ci scorra addosso, è il primo passo verso la
felicità.
COME TRASFORMARE UNA SCONFITTA IN UNA
VITTORIA
Quest’esercizio prevede una buona dose di coraggio. Ma una volta affrontato, niente
ti sembrerà più difficile.
Indossa un paio di pantaloni e versati addosso una tazza di tè (dopo averlo fatto
raffreddare!).
Entra in un negozio e avvicinati a una commessa (o commesso, se sei donna o
gay) e indica la grande macchia che hai sui pantaloni proprio lì, come se ti fossi fatto
la pipì addosso.
La sconfitta sarà lo sguardo della commessa.
La vittoria scoppiare a ridere e dirle che hai dovuto fare penitenza con gli amici,
prima di poterle chiedere il suo numero.
COME ROMPERE GLI SCHEMI
Fai qualcosa che nessuno si aspetta da te. Fai qualcosa che per primo
stupisca te stesso. Rompere gli schemi significa modificare la reazione che
normalmente un evento suscita: fare un’azione diversa da quella che il
pensiero ti suggerisce in prima battuta.
Facciamo un esempio: ti scappa la cacca, ovviamente pensi di andare in
bagno. E invece no! Fatti un frullato di prugne.
Otterrai un risultato diverso, che nel breve termine può far ridere o
semplicemente farti sentire diverso. Di sicuro più leggero. Quasi svuotato.
Il risultato sarà certamente migliore. O maggiore anche. Sul lungo periodo
migliora il tuo modo di vivere (e probabilmente anche il tuo traffico
intestinale).
Ogni nostro pensiero corrisponde a un’azione «comoda». Vai in gelateria
e chiedi un gelato, che altro puoi fare? Ti sbagli: le possibilità sono infinite.
E non dico di prendere il gelato e spalmartelo sulla fronte per fare
l’unicorno, come abbiamo fatto noi in una delle nostre candid camera. Ma
già ordinare gusti diversi, che non hai mai provato, può essere un primo
passo.
È un percorso graduale: se per esempio soffri di claustrofobia di certo
non puoi prendere un ascensore e andare all’ottavo piano di colpo, ma puoi
iniziare a entrarci, schiacciare «piano terra» e uscire subito. O berci dentro
un aperitivo, a porte aperte. Così ti dovrai concentrare molto di più sulle
reazioni dei condomini che sulle tue paure.
Stupisciti con piccole azioni quotidiane, rompi i tuoi schemi, rompi
quelli degli altri. Rompi anche le porte dell’ascensore, se rimani chiuso
dentro. Evita però di rompere il water, che è una gran seccatura, occhio
quindi a non esagerare coi frullati.
LA VERTIGINE NON È PAURA DI CADERE MA VOGLIA DI
SCOPPIARE PETARDI
Alessio: Sono un ansioso. Ho paura di morire. Sono diventato
superprudente in tutto. Quando siamo andati in vacanza a Praga c’erano
anche ragazze nel gruppo e Alessandro se n’è uscito con lo scherzo del
secolo. «Dài, scoppiamo i petardi nella pentola e spaventiamo quelle che
stanno dormendo in camera.» Non volevo, io odio i petardi. Lo abbiamo
fatto, portando la pentola vicino ai loro letti. Il primo ha fatto il botto, ma
OVVIAMENTE ha fatto saltare il coperchio. I petardi sono usciti e scoppiati
nella valigia di una delle ragazze, bucando la sua maglietta preferita, un
ricordo di un Hard Rock Cafe di un viaggio precedente. Abbiamo deciso di
farle una sorpresa, dopo tutte le sue lacrime e tutti i nostri sensi di colpa,
ricomprandogliela a Praga. Io ho ancora paura di morire, ma non di fare
scherzi che d’istinto penso di non voler fare.
TU VALI, A PRESCINDERE DALLO SHAMPOO CHE USI
Alessandro: Non è detto che quello che credi sia giusto sia anche la
soluzione migliore per te. Non è detto che l’opinione che hai di te sia anche
quella che hanno gli altri. Non è detto che se pensi di valere cento tu non
valga mille.
Quando abbiamo iniziato a girare video seriamente, metodicamente,
senza ancora molti follower, avevamo già le idee chiare su dove volevamo
arrivare. Quando hanno iniziato a contattarci le prime agenzie, le prime
persone che millantavano di poterci far arrivare al successo, avremmo
potuto dire subito sì. Abbiamo deciso di alzare la posta. Non volevamo
accontentarci, non potevamo dire sì solo perché qualcuno si stava
interessando a noi. Ci credevamo tanto e ci crediamo ancora. La posta
doveva essere più alta.
SEGUI IL TUO ISTINTO, MA IN COMODE RATE
Alessio: L’istinto non è l’abitudine. Agire d’istinto è diverso da fare
qualcosa che sei abituato a fare, solo perché ti sembra giusto così. Il giorno
in cui siamo entrati nell’agenzia che oggi si occupa del nostro management
io e Alessandro avevamo fatto un patto, fuori dalla porta. Non avremmo
firmato nessun contratto, e ci saremmo presi qualche giorno per pensare. È
come quando porti a cena una ragazza e spendi trecento euro, sai bene che
l’istinto lancia un unico messaggio. Ma poi non vuoi fare il tipo che l’ha
portata a casa solo per quello, e ti piglia la nostalgia anni Novanta e finisce
che vi guardate tutta la seconda stagione di «Casa Vianello». Che cazzo ti
riguardi Sandra Mondaini e Raimondo nel letto a muover lenzuola, quando
le lenzuola potresti usarle tu? In certi casi, diciamocelo, è il caso di far
prevalere l’istinto. Usciti dagli uffici eravamo felici di aver rispettato il
piano. In realtà avremmo firmato entrambi subito, anche con il sangue, ma
abbiamo aspettato qualche giorno, per fare i fighi, e quindi abbiamo apposto
l’agognata firma. Oggi possiamo dire che se avessimo seguito il nostro
istinto firmando fin da subito, non avremmo sbagliato. Quel giorno
ShowReel era una promettente agenzia, otto persone con un obiettivo
comune. Oggi ha più di trenta dipendenti ed è il punto di riferimento per
chiunque voglia lavorare con il web in Italia. Siamo cresciuti con loro e loro
con noi.
L’OCCASIONE FA L’UOMO LADRO. O IMPRENDITORE
Alessandro: Fai azioni fuori dall’ordinario. Più che puoi. Quanti ricordi
vuoi accumulare? La tua comfort zone ti porta a vivere giornate sempre
simili, perché sicure. Se le cose vanno bene, perché mai cambiarle? Invece
è solo cambiando strada che puoi imboccare quella della felicità.
Avevo appena compiuto diciotto anni e con un po’ di amici ci siamo
trovati in Porta Romana con la macchina di mio padre. Perché vivere una
serata normale, con cena da McDonald’s? Abbiamo ordinato cento
hamburger. Dieci a testa, sfidandoci a mangiarne il più possibile. Era il
periodo in cui gli hamburger costavano cinquanta cent. Ovviamente non li
abbiamo mangiati tutti. Sì a uscire dall’ordinario, ma no allo squaraus!
Siamo tornati a Rogoredo con la borsa termica piena e li abbiamo rivenduti
per strada a due euro. E i ragazzini erano pure contenti di avere panini a
domicilio. La prova dell’hamburger non l’abbiamo di certo superata, ma la
serata si è rivelata un grande successo (quantomeno imprenditoriale).
ESCI DALLA TUA COMFORT ZONE (SENZA ANDARE IN
GALERA)
Alessio: Non ti piace prendere i mezzi? Fai un giro in tram. Nell’ora di
punta. Annusa le ascelle di più pendolari che puoi. Non ti piace il tuo
corpo? Cammina nudo per casa. Ti alzi tutti i giorni alla stessa ora? Alzati
cinque minuti prima.
Rompi il tuo schema, insomma. Anche solo per scoprire che avevi
ragione e avevi tutti i motivi per non fare una determinata cosa.
Ho sempre odiato le discoteche. Non vuol dire che non sia mai andato in
discoteca, anzi. Ma il giorno in cui l’amico dell’amico di un nostro amico
che aveva un amico che ci aveva portato in una nuova compagnia,
abbandonata seduta stante, ha bucato con un coltello la gomma di una
macchina parcheggiata, tanto per mettersi in mostra, sono stato ben felice di
pensare che ero cresciuto a Postino, frazione di Dovera, di fianco a Pandino,
dove l’ordinario poteva diventare straordinario, senza pneumatici squarciati
e coltelli.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“A volte uscire dagli schemi
ti fa rientrare nella vita.
Bere frullati invece
ti fa rientrare la vita.”
Esperimento per rompere gli schemi: FALLO!
Quella che segue è una serie di esercizi, a livelli di difficoltà differenti, volti a liberare
l’animale in gabbia che è dentro di te. Apri la porta e lascialo correre. Oppure
bendalo.
Livello 1
HO LE EMORROIDI
Ogni giorno qualcuno ti chiede: «Come stai?». Evita di rispondere: «Bene, grazie»,
o l’ancor più noioso «Abbastanza», ma cerca invece di dare una risposta che ti
riguarda, un dettaglio di te, se possibile qualcosa di intimo. La prima volta dovrai
seguire l’esempio proposto in questa pagina.
Esempio:
«Come stai?»
«Ho le emorroidi ma mi stanno guarendo, quindi meglio. Ce n’è solo una un po’
fuori, ma sta rientrando.»
Livello 2
NTR N N BR
Entra in un bar, possibilmente dove non ti conoscono, e ordina quello che vuoi
senza utilizzare le vocali. Non vale dire una sola parola. La prima volta dovrai
seguire l’esempio proposto in questa pagina.
Esempio:
«Buongiorno, posso ordinare un cappuccino senza cannella ma con un po’ di
cacao?»
Livello 3
TI AMO
Dire «ti amo» è la cosa più difficile di tutte. L’obiettivo è dire «ti amo» a chi ami
davvero. La prima volta dovrai seguire l’esempio proposto in questa pagina.
Esempio:
Di’ «ti amo» a tutti i passanti che incontri nel tragitto che ti riporta a casa.
COME ESSERE UN BUON LEADER
1) Datti un compito: convincere gli amici a venire a cena con te, dove vuoi tu (non
vale la pizzeria, troppo facile). Meglio l’indiano. O a casa della tua zia novantenne
che mangia solo pastina in brodo alle verze.
Sapendo che un buon leader è chi è in grado di accontentare più persone
possibili, non deve mai sembrare che tu stia imponendo il tuo volere, anzi. Devi
insinuare il tuo stesso desiderio negli altri. Se quindi devi prendere una decisione,
fallo in modo che possa riscontrare successo.
2) Valuta da solo tutti i pro e i contro in modo da rispondere prontamente alla prima
critica che qualcuno alzerà (perché ci sarà sempre qualcuno che lo farà). Il
ristorante è troppo lontano? C’è proprio un autobus che ti ci porta in un quarto d’ora.
La zia è troppo vecchia? Stronzo.
3) Contatta prima i componenti del tuo gruppo che sai potrebbero appoggiarti nella
scelta, singolarmente. Così, quando farai la proposta nel gruppo, risponderanno
subito ok, influenzando positivamente l’umore degli altri. È più difficile infatti che gli
altri dicano di no, vedendo per quanti sia già la scelta giusta. È una guerra
psicologica contro chi si oppone, PREPARATI A LOTTARE. (Ai primi
probabilmente dovrai promettere un souvenir da casa della zia. Convinci prima
anche la zia. Vedi come si alza il livello di difficoltà?)
Lo puoi fare su Facebook, come fanno tutti. Oppure lo puoi fare nella vita
vera. «Vestiti comodo», «risulta innocuo», «sii misterioso», «stupiscila»,
«ignorala», «sii uomo» sono tra i consigli che potremmo darti. Oppure
semplicemente buttati. Il due di picche è solo un numero travestito da carta
in un mazzo.
I PALI NON FANNO POI COSÌ MALE, A MENO CHE NON
ARRIVINO DA DIETRO
Alessio: Come quando per terra è sporco tu scopi, così se incontri una
ragazza che ti piace ci… parli. È logica, questa.
Se trovi interessante una ragazza e non vai a parlarle le stai togliendo la
possibilità di rifiutarti. Ma se non volesse farlo? Secondo l’ultima ricerca di
Doxa AdnKronos statisticamente un uomo nell’arco della giornata trova
attraenti settantacinque donne. Tu sei un uomo. Il nostro consiglio è
semplice. Provaci con tutte e settantacinque. Vuoi che almeno una non ci
stia?
Ciò che impedisce agli uomini di relazionarsi serenamente con una
donna che non conoscono è la paura del rifiuto: la più illogica e infondata
paura dell’umanità. Al massimo rischi un no da una persona che neanche
conosci, ma che ti frega? Ne hai altre settantaquattro da provare.
CON IL BASTONE E LA CAROTA NON SBAGLI MAI, COL
CLOROFORMIO VAI SUL SICURO
Alessandro: Metti che incontri una ragazza carina ma non sai come
rompere il ghiaccio. Dille che la gonna che indossa fa davvero schifo, ma
fallo sorridendo, perché l’obiettivo non è sembrare stronzi ma concludere
qualcosa. Di sicuro la sorprenderai. Se riesci a non farti dare uno schiaffo in
faccia devi recuperare subito con un complimento. «Però su di te ha un suo
perché, sarà che hai un tuo stile personale.» Non puoi esordire con un «Sei
bellissima», non ci crede nessuno. Se parti dal bastone, lei penserà che sei
uno che pretende, e tu devi essere uno che pretende, non tutte ti meritano. E
comunque no, non serve che sappia che la gonna è la prima cosa che le
toglieresti.
DIVIDE ET IMPERA, CHE SE NON SAI IL LATINO VUOL
DIRE SILURA LE AMICHE
Alessio: Se sei alle prime armi assicurati che non ci sia con lei più di
un’amica: più ragazze affiancano la tua interessata, più il compito si rivelerà
difficile. Sei lì per conoscerne una, non per intrattenerne quattro.
Acquisendo esperienza potrai essere affiancato da una spalla che, attirando
l’attenzione delle altre tre, ti aiuterà a isolare la tua «vittima».
METTERLA SUL PIEDISTALLO SERVE SOLO A
GUARDARLE SOTTO LA GONNA
Alessandro: Negli anni ho brevettato questa tecnica psicologica infallibile.
Quando approccio una ragazza parto dal presupposto che lei non mi
conosca. Non è un esame, non devo passarlo. L’uomo vive con ansia
l’approccio al sesso opposto perché si sente sempre valutato dalla ragazza
che ha di fronte. Se invece ribalti la situazione, se sei tu a domandarti se lei
sia alla tua altezza, allora tutto diventa più facile. Sei tu che le stai offrendo
la possibilità di conoscerti. Sei tu che hai qualcosa da offrirle. Senza essere
borioso, si intende, non c’è bisogno che tu ti senta il più figo del mondo, ma
abbi ben chiari i tuoi pregi. Ne avrai pur qualcuno, no? È lei quella che ci
può guadagnare. Se la idealizzi, invece, hai già perso.
BRINDOLA LA SUPERCAZZOLA CON LO
SCAPPELLAMENTO A DESTRA
Alessio: Buttala sui tatuaggi, lascia a intendere che ne hai uno misterioso,
con una storia possibilmente triste e toccante. Io di solito parlo del punto di
domanda che ho tatuato sulla schiena. Una volta è la domanda del perché
mio nonno è scomparso nel mare d’India quando mia mamma era solo
un’infante. Un’altra è la rappresentazione grafica della domanda che tutti
noi ci poniamo almeno una volta nella vita: che cosa c’è dopo la morte? O
anche, quello che dice Paolo Fox è vero? La supercazzola insomma. In
realtà quattro anni fa avevo cinquanta euro che mi avanzavano e voglia di
tatuarmi: un errore di gioventù è diventato un ottimo modo per
supercazzolare.
Alessandro: Se sei tremendamente timido, esiste una soluzione estrema,
ma efficace: inventa un personaggio. Ti fa sentire più tranquillo (perché se
ti rifiuta non sta dicendo no a te, ma al tuo alter ego). A me è capitato di
farlo, per passare una serata diversa: di solito sono uno studente di Filosofia
orientale, ho anche una camicia di seta col colletto coreano, che ho
comprato apposta. Tanto in camera da letto la camicia si toglie e il
personaggio cambia (lì il mio alter ego è Rocco Siffredi, ah ah).
LA PSICOLOGIA INVERSA È INVERSAMENTE
PROPORZIONALE
Alessio: Non farti lasciare il suo numero. No, non è pazzia. È solo meglio
che sia tu a lasciare il tuo. Se una ragazza ti scrive, sai già che sta pensando
che tu sia interessante. Che tu ne valga la pena. Poi rispondi però.
DA UN’IDEA DI STEFANO ACCORSI: DU IS MEJ CHE UAN
Alessandro: Ti consideri un caso disperato? Allenati: se lasci il tuo numero
a dieci persone, per la legge delle possibilità qualcuno ti richiamerà. Se sei
un caso disperatissimo moltiplica per cento. L’obiettivo non è dare vita alle
nuove «Pagine bianche», questo tipo di approccio al sesso opposto è anzi
piuttosto triste, ma ti servirà per guadagnare un po’ di fiducia in te stesso.
Una volta rispolverata la tua autostima, arriverà il momento di abbandonare
questo approccio quantitativo, per cercare una persona interessante e magari
innamorarti (sì, può succedere anche ai migliori). Nel frattempo ti sarai
fatto un sacco di amiche.
HARRY POTTER CIULAVA UN CASINO
Alessandro: Serve un trucco di magia. Io ne ho imparato uno, non serve
nessuna abilità. Le ragazze credono, vogliono credere alla magia. Fai
qualcosa che la sorprenda. E se a lei piace, e vuole un altro trucco…
chiedile il numero, o chiedile un bacio. Ogni tanto si può anche osare un
po’ di più.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“La vita
è come una partita
di Texas Hold’Em:
per fare poker di due,
serve anche
il due di picche.”
Esperimento per rimorchiare una ragazza: FALLO!
Quest’esperimento è composto da tre livelli di difficoltà, perché rimorchiare una
ragazza è questione di esercizio ed è l’unica cosa che valga davvero la pena
imparare. L’unica che ti servirà davvero nella vita (a meno che tu non sia gay, ovvio.
In quel caso fai un trova-e-sostituisci «ragazza» con «ragazzo». Sottolinea tutto,
invia).
Livello 1
MI SONO PERSO
Aggirati spaesato per la via (la spiaggia, l’atrio, la piazza, la festa) e avvicinati alla
ragazza che vuoi rimorchiare. Saluta, scusati, raccontale cosa stavi per fare e con
chi. Di’ che non trovi più il chi della situazione e che ti si è scaricato il telefono (o non
ce l’hai con te. Ma chi non ha il telefono con sé ultimamente? Forse meglio di no:
sembreresti strano).
Chiedile se puoi usare il suo o lascia che te lo offra. DALLE IL TUO NUMERO.
Lei chiamerà. Il tuo telefono squillerà. Oh guarda, non era scarico, volevo solo
sapere dove chiamarti. Chiedile anche il nome, per registrarla. Ed è fatta. Lei ha il
tuo numero, tu hai il suo. Ora non ti resta che chiamarla poco dopo.
Livello 2
FRATELLINO MIO
Il livello di difficoltà si alza perché hai bisogno che un bambino finga di essersi perso
e vada dalla ragazza che vuoi rimorchiare con aria spaesata e sperduta, senza mai
scoppiare a ridere, per chiederle di poter telefonare al suo fratellone che non vede
più in giro. Tu sei il fratellone. Il bambino deve ricordarsi il tuo numero a memoria. La
ragazza non deve arrabbiarsi troppo quando sente squillare il cellulare lì vicino,
proprio dove sei tu, che con aria sorridente le spiegherai che ti sembrava l’unico
modo possibile per ottenere il numero di telefono da una ragazza così stupenda e
inavvicinabile come lei.
Livello 3
MA TU CHI SEI?
L’esercizio più difficile prevede che tu sia simpatico e abbia una buona parlantina. Ti
proponiamo la versione light e quella hard, a seconda di come sai cavartela. Perché
serve a rompere il ghiaccio, ma la parte di rimorchio avviene subito dopo. Quando
dovrai spiegarle, per esempio, che non volevi darle davvero della porca.
Lo puoi fare su Facebook, come fanno tutti. Oppure lo puoi fare sul tram.
D’ALESSIO
Alessandro: Le ragazze si trovano su Tinder ultimamente. E può essere
molto comodo e utile, nessuno dice di no, ma io preferisco da sempre e per
sempre il rimorchio dal vivo. D’altronde tutto è meglio live, tranne un
concerto di Gigi D’Alessio. Vale sia se la ragazza da conoscere piace a me,
sia se la devo rimorchiare per gli altri. Vuoi mettere vedere una ragazza
carina salire sul tram e andare a parlarle, senza il filtro di uno schermo? È
come paragonare YouPorn alla vita vera. Ah no, ho sbagliato esempio, nulla
batte YouPorn.
MY NAME IS NEVE. BIANCANEVE
Alessio: Attaccare bottone con una sconosciuta è divertente, non tanto
quanto giocare a freccette usando i nani alla The Wolf of Wall Street, ma
sicuramente più fattibile. I nani sono più permalosi delle donne.
Il gusto della scoperta, il poter essere chi vuoi essere in quel momento,
perché tanto lei non ti conosce. Glielo puoi dire domani che in realtà sei
solo uno studente di Architettura. Oggi sei un famoso campione di freccette
alla Borsa di New York.
AGGIUNGIMI: PORTA IL PROCTOLYN
Alessandro: I social network servono eccome, ma nella fase due.
È la mia tecnica. Quando sono single mi siedo sul tram accanto a una
ragazza che mi piace e le chiedo di aggiungermi su Facebook. Col tempo ho
perfezionato il modo in cui pongo la domanda, con sorriso e tono
scherzoso. Mi viene benissimo. Di solito mi aggiungono. La fidanzata di
Alessio l’abbiamo trovata così. Erano in due, ho rotto io il ghiaccio.
Praticamente deve a me l’amore della sua vita. Una storia bellissima, come
quella tra Carmen Russo ed Enzo Paolo Turchi (senza emorroidi).
IL TRONO DI PIEDI
Alessio: Abbordare una ragazza sul tram diventa un ricordo, come l’odore
dei piedi di Lele per Costantino: «Nessuno mai mi aveva conquistato sul
tram», «Nessuno mai me li aveva annusati così». Scegli il tuo luogo o una
frase a effetto o qualcosa che sai la colpirà: annusare i piedi non funziona, a
meno che tu non sia un tronista. È molto probabile che, se non è l’amicizia
su Facebook, un numero di telefono lo porti a casa.
COME MATT DAMON E TOM HANKS
Alessandro: Su quel tram, quindi, le due ragazze ci hanno aggiunto su
Facebook e il magico gioco della chat è cominciato. Abbiamo organizzato
un aperitivo a casa loro, solo che quando siamo arrivati Alessio e l’amore
della sua vita erano già usciti da soli una volta. Si erano già baciati. Erano
già alla fase due del rimorchio. Ero rimasto in fase uno da solo, ero il
soldato Ryan, e il pene di Alessio aveva già fatto lo sbarco in Normandia.
Ritirata tattica: mi ero sacrificato per un bene superiore. Per il mio D-day
son dovuto tornare sul tram. Una settimana dopo ero di nuovo fidanzato:
prigioniero di guerra.
LASCIA A LEI IL POTERE. SII TU AL COMANDO
Alessio: La tecnica di Facebook funziona perché lascia alla ragazza il
potere di aggiungerti o no, di contattarti o no. Se ti aggiunge tu puoi
accettare l’amicizia. Alessandro è risalito su quel tram una settimana dopo e
ha trovato la ragazza con cui poi è stato per due anni. «Mi aggiungi su
Facebook?» Lei non lo ha fatto subito, non aveva Internet. Poteva sembrare
la scusa più vecchia del mondo. Invece, tornata a casa, lo ha aggiunto. Lui
ha aspettato un po’ per ricambiare l’amicizia: come aveva aspettato lui
poteva aspettare anche lei (che tecniche raffinate eh?). E così entrambi
eravamo, finalmente, sbarcati in Normandia. In guerra e in amore, lavoro di
squadra, senza mai incrociare le spade.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“L’amore non lo cerchi.
Se lo trovi.”
Esperimento per rimorchiare una ragazza (sul tram o dove vuoi tu): FALLO!
Basta che sia di persona.
Hai bisogno di:
23 un telefonino
23 una connessione
Livello 1
IL METODO DELL’ADD
Trova una ragazza carina da sola, in un contesto tranquillo, e avvicinati. Dille
semplicemente una frase: «Aggiungimi su Facebook», possibilmente senza
sembrare un pervertito. Lei probabilmente ti risponderà «Perché?», o comunque ti
farà una domanda.
«Questa è una bella domanda» risponderai tu e continuerai con: «Ci penso e te lo
scrivo su Facebook quando mi aggiungi», andandotene.
Rispondi così qualsiasi sia la sua domanda.
Se la conversazione invece continuerà, l’obiettivo è farle capire che Facebook
non è poi così privato, non stai invadendo la sua privacy, non le hai mica chiesto il
numero di telefono! (Per ottenere quello, d’altronde, sai già bene come si fa!)
Ottenuto l’add, devi scriverle in chat. Lì sta a te, mica possiamo imboccarti tutte le
parole.
Livello 2
IL METODO «EVENTO ESCLUSIVO»
Devi fare qualcosa per cui rimanere impresso, per qualcosa di preciso. Quindi,
siccome nostro compito è darti idee geniali, ecco cosa puoi fare: con una scusa la
fai andare su Facebook. «Ho il cellulare scarico, devo partecipare a un evento che
non mi ricordo dov’è.» Lei quindi accede all’evento, probabilmente lasciandoti il
telefono. Che è pubblico. L’evento si chiama «Aggiungi Alessio Stigliano su
Facebook» e ha inizio tra cinque minuti (ATTENZIONE: sostituisci il nome e
cognome indicato con il TUO). Qui è dove tu clicchi «partecipa all’evento» che ora,
con lei, ha due partecipanti. Quindi dici: «E niente, adesso hai cinque minuti per
aggiungermi su Facebook». E te ne vai.
Nota bene: quest’esercizio va ripetuto con ragazze diverse, finché qualcuna non ti
aggiunge.
Livello 3
LA TECNICA DEL PARADOSSO
Confondere. Per conquistare.
Tu: «Ma se ti chiedessi di aggiungermi su Facebook tu risponderesti allo stesso
modo in cui risponderesti a questa domanda?».
Fine.
Livello base
PORTARLA FUORI
Durante il primo appuntamento una delle cose più difficili è trovare argomenti di
conversazione. L’esercizio è quindi molto semplice.
Prima di incontrarla, quando sei ancora a casa, apri il dizionario per cinque volte.
Sii onesto e segna su un foglietto le prime cinque parole che leggi.
Usale nel discorso.
Hai già trovato cinque argomenti di conversazione.
Se riesci a usare tutte le parole, spiega quest’esercizio.
Hai così trovato anche il sesto argomento!
Livello pro
PORTARLO DENTRO
Si presuppone siate in una situazione intima. Siete voi due, a casa tua, sua o di
amici. O chissà dove.
Vale la regola del massaggio già esposta precedentemente. In più, però, devi
aggiungere qualche elemento di fantasia sul perché hai così tanto mal di schiena,
mal di collo o mal di che: «Ho dovuto aiutare la mia vicina anziana a spostare mobili
molto pesanti». Ai suoi occhi sarai subito generoso e altruista, il che non guasta. E:
«Ho anche rifiutato la mancia che voleva darmi». Subito onesto e senza secondi fini.
Già… SENZA SECONDI FINI. È fatta.
Lei ti tocca (la schiena, il collo o che). Il resto non può che essere in discesa.
COME TIRARE FUORI LA CREATIVITÀ
(NON SOLO QUELLA)
A chi non capitano periodi di noia, alla ricerca di nuove idee che diano
entusiasmo alle tue giornate, e il massimo a cui riesci a pensare è quanto sia
morbido il tuo piumone e quanto il tuo unico compagno di vita vorresti
fosse il divano, con il telecomando in mano a guardare l’ultima serie
caricata online, possibilmente composta da almeno sette stagioni?
Dicono che nelle crisi creative, o personali, l’importante sia uscire,
frequentare altre persone, fare qualcosa di diverso, oppure dedicarsi ad
attività piacevoli. Chi ha detto che divano e TV non lo siano? Non vuol dire
stare in pigiama tutto il giorno (potremmo invece parlare di quanto la tuta
sia decisamente un capo sottovalutato).
Si chiamano periodi di stallo. Arrivano. E poi passano. La creatività non
si comanda a tavolino, ma di certo qualche aiutino male non fa.
La vita è una grande metafora, ricordatevelo sempre (soprattutto tra
qualche riga).
LA RICERCA DELLO STIMOLO PER LA…
Alessio: È come la sindrome della pagina bianca. Stai fermo davanti al
computer e non ti viene in mente niente… anche se a noi maschi, di fronte
al computer, qualcosa invece di solito viene.
In quei casi basta cambiare ambiente ed ecco che ripartono «gli stimoli».
La seconda vacanza che io e Alessandro (che dovrebbe fare il tour
operator a ’sto punto) abbiamo fatto insieme è stata a Valencia, in Spagna.
Abbiamo affittato una bellissima villa a tre piani con piscina. Eravamo in
tredici, ragazzi e ragazze, in un posto meraviglioso. Così meraviglioso che
non ci veniva neanche voglia di andare in spiaggia. Le idee erano tutte
dentro casa.
UN CARICO DI…
Alessandro: Era sera, era tardi. Non facevamo nulla tutto il giorno. Le
ragazze erano già andate a dormire e noi ragazzi stavamo giocando a
Briscola Chiamata, occupazione tipica di un gruppo di ventenni in viaggio a
Valencia. Paolo, uno dei nostri amici, a un certo punto se ne esce con «Dài,
facciamo uno scherzo alle ragazze». E all’improvviso stavamo mettendo in
scena il nostro primo vero scherzo organizzato, con telecamere pronte in
mano (a Praga in fondo era stata pura improvvisazione, senza regia).
DAI DIAMANTI NON NASCE IL LETAME
Alessio: Un po’ non ci potevo credere, un po’ mi sembrava l’idea più
divertente e geniale di sempre, la trovata più vincente dai tempi di Dumbo
l’elefantino volante.
Defecare su un piatto.
Metterlo in camera delle ragazze e osservarle compiaciuti mentre magari
ci vanno sopra coi piedi, percepire il poetico affondare delle nude dita dei
piedi nella calda e odorosa sostanza da cui nascono i fiori: la merda.
Abbiamo iniziato a ridere a crepapelle, quelle risate che, collettive e
incontrollabili, sgorgano dalle bocche di chi si trova improvvisamente di
fronte alla cosa giusta da fare; giusta come telefonare alla tua ex da ubriaco.
In lacrime. Nudo.
SII UN BUON NONNO JOYCIANO
Alessandro: Mi sono visto nonno, a parlare con mio nipote. Potevo forse
deludere un bambino di cinque anni in cerca di una storia interessante?
Quanti nonni possono vantare sul loro curriculum di aver cagato in un
piatto? Potevo forse ritrovarmi a raccontargli che alla fine, no, non lo avevo
fatto perché mi sembrava esagerato? È stato come un flusso di coscienza.
Ho dato un bacio a mio nipote, ho riaperto gli occhi e la decisione è arrivata
da sola. Fumante. E servita su un piatto d’argento. Che in realtà era di
plastica.
COTTO E MANGIATO: CAMBIA RICETTA PER SERVIRE AL
MEGLIO
Alessio: La prima idea non è obbligatoriamente quella giusta. Puoi
accorgerti di poterla migliorare in corso d’opera.
Per motivi tattico-logistici abbiamo cambiato piano e deciso di mettere il
piatto sotto ai loro letti, per lasciarle rosolare nel tanfo più totale,
lentamente, come un sellino d’asino sfumato al mirto della Parodi. Al solo
immaginarlo soffocavamo dalle risate, loro sarebbero soffocate per altro.
LA BELLA ADDORMENTATA
Alessandro: Prendo i due piatti di cacca, preparati in precedenza, e li porto
al primo piano, dove stanno le camere. Uno lo appoggio momentaneamente
fuori dalla stanza e metto l’altro sotto il letto della nostra amica Valeria,
all’altezza della sua faccia. In quel momento ninja-style, Valeria si sveglia e
la prima cosa che vede è il mio faccione mentre il mio braccio è ancora
sotto il suo letto (e non è solo). Come nulla fosse, con aria dolce le dico che
avevo voglia di vederla dormire.
Contro qualsiasi logica, mi crede.
Si rigira. Non si riaddormenta.
Dopo almeno mezz’ora si alza.
Ed è sicura che le abbiamo fatto uno scherzo: «Tanto lo so che mi avete
scoreggiato in camera».
Certo, Valeria, certo.
MEGLIO UN RIMORSO CHE UN RIMPIANTO
Alessio: Valeria si arrabbia (non ci aveva scoperto ma «annusava» il
pericolo) e lancia il materasso di Fabio in piscina. Inutile dire che il buon
Fabio non aveva partecipato in nessun modo allo scherzo. Noialtri nel
frattempo iniziamo a pensare che lasciare due cacche sotto ai letti per tutta
la notte sia davvero troppo e Alessandro e Leo, quello abbronzato (ciao
Leo), vanno a spostarle, colti da un leggero rimorso. Ma mai pentiti. Siamo
uomini d’onore.
UN PICCOLO PETO PER L’UOMO, UN GRANDE PETO PER
LA SCIENZA
Alessandro: Tutto questo lo abbiamo filmato. Dall’inizio alla fine, con le
reazioni delle ragazze. E oggi possiamo dire con certezza che quel primo
video-scherzo era già uno dei nostri esperimenti sociali e, soprattutto, era
già carico della profonda caratura culturale che ci contraddistingue. Le altre
due ragazze che occupavano la stanza, e che si sono svegliate solo il
mattino dopo, hanno poi confessato di aver pensato che la Vale avesse avuto
problemi di intestino per tutta la notte, senza avere il coraggio di tacciarla di
aerofagia. Possiamo quindi affermare che in caso di puzza mortale, nessuno
accuserebbe mai la propria amica.
Un risultato sperimentale per cui la comunità scientifica ancora ci
ringrazia.
QUINDI…
Alessio: La creatività è semplicemente l’espressione in libertà delle tue
idee. Per essere liberi bisogna sperimentare, fallire, ricominciare. La vita è
tutta un esperimento. Mai nulla andrà come ti aspetti. Sta a te trovare la
soluzione per uscirne vincente. Spingi fuori… le idee.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Le idee sono solo farfalle
che fluttuano nell’aria.
Puoi catturarle.
O lasciarle libere di volare.”
Esperimento per tirare fuori la creatività: FALLO!
La creatività quindi, in fondo, è un continuo esercizio. Anche di vocabolario. E di
coraggio.
L’ESERCIZIO DELL’INSULTO
Ti abbiamo dimostrato, in uno dei nostri video più visualizzati, che insultare la gente
mentre parli al telefono non causa reazioni pericolose. Sapendo questo, sicuro che
nessuno ti prenderà a sberle, posa il telefonino accanto al tuo orecchio e fingi di star
parlando con qualcuno. Per rendere l’esercizio più facile puoi davvero parlare con
qualcuno ma, attento, avere un complice dall’altro lato della cornetta potrebbe farti
scoppiare a ridere. È invece fondamentale rimanere SERISSIMI.
Organizza una settimana in modo da riuscire a fare tutte le cose che devi fare.
Riassumi i tuoi impegni dei prossimi quindici giorni in sette.
Esempio di impegni:
scadenze lavorative
incontri
riunioni
pagamento bollette
interrogazioni
esami
acquisti rimandati da tempo
telefonate importanti
tutto ciò che solitamente rimanderesti
Fai tutto nel minore tempo possibile e segna quanto tempo ci hai messo.
Nel tempo restante GODITELA . È tempo LIBERO .
Don: Chiedi a uno sconosciuto di poter fare una chiamata con il suo cellulare.
Din Don Dan: Approccia una ragazza (con l’ausilio dei consigli precedentemente
forniti).
Attenzione: finito l’esercizio ricordati che diventare prete non è e non sarà mai la
soluzione ai tuoi problemi relazionali.
COME EVITARE I PROBLEMI
Che figata uscire dagli schemi e lasciare il segno, vero? Ne stiamo parlando
da centosettantasette pagine, tanto male non dev’essere... Libero,
coraggioso, indipendente, su, dài, anche affascinante (a meno che tu non sia
davvero un cesso). Be’, quando ci si mette di mezzo la dea sbendata, quella
che ci vede benissimo, potrebbero arrivare i problemi. E non è detto che i
problemi si risolvano subito. E potrebbero essere anche belli grossi.
Superare i propri limiti è sempre consigliato, ma se senti puzza di bruciato,
fidati del tuo olfatto. Quindi, quando è possibile, evita le situazioni
problematiche in partenza. E non dire che non te l’avevamo detto.
IL SOGNO AMERICANO. O L’INCUBO
Alessio: Valuta quello che stai per fare, anche quando non ti sembra
pericoloso. A volte non è proprio un problema, sembra più un’opportunità.
A un certo punto, con un buon numero di follower sul canale e voglia di
fare sempre qualcosa di più, decidiamo di replicare la formula dei prank
horror tanto in voga in America. La valutazione è semplice: fanno un sacco
di click, facciamoli anche noi.
LOW BUDGET, HIGH RISK
Alessandro: L’idea iniziale era girare un video vestiti da frati con poteri
telecinetici: volevamo far volare dei manichini. Ci siamo resi conto che non
ci saremmo mai riusciti, servivano troppi effetti speciali e noi eravamo
squattrinati (non che ora siamo ricchi, se vi fossero sfuggiti i rari richiami
alla nostra situazione economica all’interno del volume).
Eravamo comunque esaltatissimi e così abbiamo semplificato lo scherzo.
Abbiamo radunato un po’ di amici: avremmo indossato felpe nere e coperto
i nostri volti con semplici maschere bianche, appostandoci alle fermate
della metropolitana di zone periferiche. Cinque incappucciati, tre a far le
riprese. Un prank SEMPLICISSIMO . Dannazione.
PROVA A GUARDARE UN FILM HORROR SENZA
COLONNA SONORA
Alessio: Ridevano tutti, è stato difficile far spaventare davvero qualcuno.
Le persone non si stupivano, non si spaventavano. Ci facevano «BUH » a due
centimetri dalla faccia. Loro a noi. Ci abbiamo messo cinque giorni a
ottenere riprese decenti e il grande lavoro è stato quello di postproduzione.
Abbiamo aggiunto musiche paurose, abbiamo montato al meglio: il risultato
ci ha dato grande soddisfazione. Faceva paura.
INFORMATI SUI SITI VEGANI
Alessandro: Il video ha funzionato molto bene, tanto da attirare
l’attenzione di un giornalista che ci ha telefonato per farci qualche domanda
sulla sua realizzazione. Ho risposto io alle sue domande «innocenti», ho
spiegato come l’avessimo girato, come le persone non si fossero spaventate,
come ci avessero anche deriso, quanto ci fosse voluto a montarlo. Il
risultato è stato un articolo sulla temibile «Gang della Maschera Bianca»
che andava in giro a terrorizzare i passanti di notte, filmando le proprie
scorribande per «lauti compensi» (159 dollari in due, da tassare, per quel
video, for your info). Non eravamo più autori di candid camera ma una
gang di periferia. Un giornalista serio avrebbe scritto nell’articolo che si
trattava di uno scherzo, seppur di cattivo gusto. Evidentemente a lui bastava
il titolo sensazionalistico per far fare click sul suo articolo. E oggi pare vada
così, molto spesso. La frase «la vera informazione la trovi sul WEB » non è
un dogma. Abbiamo provato sulla nostra pelle che la mala informazione è
ovunque.
MA IL TESSERINO LO HAI COMPRATO?
Alessio: Da lì è stato il delirio. Dall’articolo di Milano siamo passati alla
stampa nazionale, il nostro video ha iniziato a diventare virale sui maggiori
mezzi di comunicazione, il sogno di ogni YouTuber, certo. Peccato che il
nostro, oltre a esserlo diventato per i motivi sbagliati, era ricaricato sulle
piattaforme dei giornali e quindi i soldi li guadagnavano loro. Con il nostro
lavoro. Mai una gioia.
Abbiamo richiamato il giornalista, che si è giustificato sotto la grande
scusa dello scrivente moderno: «I titoli non li faccio io». Siamo finiti, con le
nostre facce e i nostri nomi e cognomi, sullo schermo del salotto di Barbara
d’Urso. Ai TG , con l’approfondimento degli avvocati. Nessuno ha verificato
nulla. Nessun giornalista ci ha mai richiamato. A tutti è bastato il primo
delirante articolo. E i suoi click. Sarebbe stato sufficiente controllare che
noi non avevamo nessuna denuncia a nostro carico.
NONNA, SONO UN BRAVO RAGAZZO
Alessandro: Una mia amica di infanzia mi telefona: una sua amica doveva
venire a trovarla da Pisa ma la madre era preoccupata per le aggressioni
della «Gang della Maschera Bianca» nella nostra zona. La nonna di Alessio
non capiva, in TV dicevano cose brutte su suo nipote. Abbiamo dovuto
spiegare tutto.
HO UN CODICE FISCALE E NON HO PAURA DI USARLO
Alessio: Non cercare mai lo scontro diretto, a maggior ragione se gli altri
sono più grossi di te. Mi scrive un ragazzo di San Giuliano, mi dice di
chiudermi in casa: «Ci sono dieci macchine che vi stanno cercando, perché
hanno rapinato un ragazzo e una ragazza, hanno fatto un gruppo su
Facebook con le vostre foto. Se vi prendono vi menano». A quanto pare
avevano associato una rapina di gente a volto coperto a «quelli della Gang
della Maschera Bianca». Come se prima del nostro video le rapine
venissero fatte con la carta di identità in mano.
WE BELIEVE IN KARMA
Alessandro: A volte non c’è nessun’altra soluzione se non sparire, non
commentare, non rispondere.
Siamo rimasti nell’ombra per un po’. Non c’entravamo nulla. Ai ragazzi
di San Giuliano abbiamo spiegato che non eravamo colpevoli di niente,
abbiamo aspettato che passasse la notizia. Avremmo potuto prendercela con
quel giornalista, in fondo È STATA TUTTA COLPA SUA . Il video però lo
avevamo girato noi. E, pur non essendo criminali, eravamo consapevoli che
fosse facilmente mal interpretabile. È troppo facile prendersela con
qualcuno, senza mettersi in discussione. È stata anche colpa nostra.
Giornalista, se leggi, non ce l’abbiamo con te. Ma una domanda vorremmo
fartela: tu credi nel karma?
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Sii problema.
Sii soluzione. Sii.”
Esperimento per evitare i problemi: FALLO!
NON FARE CAZZATE PER 24 ORE
Nota degli autori: ci scusiamo per l’elevato grado di difficoltà di alcuni esercizi.
COME NON PERDERE UN TRENO IMPORTANTE (E
RIPARTIRE)
Carpe diem. Cogli le occasioni, non farti mai trovare impreparato perché
ogni giorno potrebbe essere quello della svolta e ogni situazione in cui ti
trovi potrebbe diventare un’occasione per migliorare. Eppure, anche
impegnandoti al massimo, le occasioni poi scappano, come la Gioconda di
fronte a Wladimiro (sì, quello delle suonerie). E allora che si fa? A parte
tirare capocciate contro il muro mangiando cioccolata da mattina a sera
come una ventenne quando scopre l’amore della sua vita a masturbarsi sulle
foto di sua nonna da giovane e ora l’album di famiglia non si apre più.
Si riparte. Con più entusiasmo e voglia di riuscire di prima.
MAMMIFERI DELL’ORDINE DEI CARNIVORI DI MEDIA
GRANDEZZA DELLA FAMIGLIA HYAENIDAE
Alessandro: Fa bene pensare di avercela fatta, fa ancora meglio non
illudersi fino in fondo finché quel che volevi non succede davvero.
Un giorno ci chiama la redazione delle «Iene», ci chiede di fare un
servizio di prova. Praticamente un sogno a occhi aperti, come il vitalizio per
Razzi. Io e Ale, in giacca e cravatta, a fare scherzi per uno dei nostri
programmi di riferimento? Camminavamo a tre metri sopra il cielo e no,
Step non c’entrava.
MUSICA STRAPPALACRIME, CANI ABBANDONATI (E
CULO DELLA CANALIS)
Alessio: Non sederti mai. Impegnati finché non ci sei.
Siamo andati a Rimini in giugno, un giugno caldo e afoso, il più caldo
degli ultimi vent’anni, secondo «Studio Aperto», come i precedenti
diciannove. Armati di frutta, bottiglietta d’acqua e la consapevolezza di non
dover uscire nelle ore più calde del giorno, abbiamo girato una candid con
le ragazze in spiaggia e siamo tornati a Milano. Gli autori guardano il girato
e ci chiedono: «Ma chi vi ha detto di girare ’sta roba?». Dire che erano stati
loro ci sembrava scortese. Così l’abbiamo rifatta (l’avremmo rifatta altre
cento volte). Al secondo tentativo abbiamo avuto l’ok. Eravamo iene.
«LE IENE» PORTANO BENE
Alessandro: Più in alto vai, più fa male quando cadi.
Non è che ci fossimo illusi, ma sembrava davvero tutto vero, tutto
pronto. Ci richiamano dalla redazione un sabato mattina, per girare le parti
in studio. Siamo corsi a Cologno Monzese, per la prova degli abiti. «O
venite subito, o la sartoria chiude»: eravamo già lì. Anni di ragazze che si
trovano casa libera per poche ore in pomeriggi altrimenti dedicati
all’onanismo più sfrenato aiutano.
La notizia della gang malavitosa è uscita quattro giorni dopo questa
chiamata. «Le Iene» ci hanno lasciato a casa (come avrebbero potuto
prenderci, nel momento in cui eravamo sulla bocca di tutti come la temibile
«Gang della Maschera Bianca»? Mandiamo nuovamente un pensiero
gentile al giornalista verso cui non portiamo alcun rancore).
IL POPOLO TI VUOLE BENE
Alessio: Avevamo la chat di Facebook intasata di insulti, gente che non ci
conosceva e ci aveva etichettato come delinquenti e quindi «giustamente»
esprimeva il suo parere con estremo tatto e intelligenza e argomentando
come solo il popolo del social network di Mark Zuckerberg sa fare, uno su
tutti: «Figli di puttana, dovete morire male».
Di tutta quest’esperienza, quanto meno, portiamo a casa che abbiamo
capito che non ha senso per noi fare video horror: non ne vale la pena per la
nostra immagine, non ne vale la pena per i tempi di produzione e perché
sono di cattivo gusto, ci sono molti altri video più divertenti che si possono
fare. Ma, soprattutto, non ne vale la pena per quel che è successo poi. Ci
siamo rimessi al lavoro, senza giacca e cravatta, e abbiamo continuato con i
nostri video sul canale. Come prima.
QUANTO MANCA? QUATTRO ORE
Alessandro: Quando qualcosa va male il momento di down ci sta. Ma poi è
obbligatorio ripartire e via. Davvero.
Ci chiama la Rai per il programma «Quanto manca». È stata un’ottima
palestra, ci dicevano: «Fate le candid che volete». Gli spettatori non
sapevano chi fossimo, avevamo le risate finte in sottofondo, siamo andati
per la prima volta in diretta. Abbiamo imparato a conoscere il mondo della
TV , con ritmi di vita per noi sempre più insostenibili. Di giorno andavamo
all’università, preparavamo gli esami, montavamo i video per il nostro
canale, preparavamo i video per la TV . Essendo in diretta, ci presentavamo
negli studi del programma alle 23.30 di ogni lunedì per andare in onda
verso mezzanotte. Altro che rimanere in studio a far pubbliche relazioni.
Appena finito il nostro intervento correvamo a casa a dormire le nostre
quattro ore.
MENSA STATALE: IL SOGNO DI TUTTI
Alessio: Il bello è nei dettagli, anche Cassano da lontano potrebbe sembrare
bello, ma se ci avviciniamo ci rendiamo conto che è stato usato come set
per il finto allunaggio del 1969.
Veniva fuori il nostro DNA di Rogoredo. Andavamo prima per poter
mangiare alla mensa della Rai. Con tre euro prendi tutto quello che vuoi.
Tre polpette diventavano otto polpette, quando al banco c’era la signora che
si era affezionata a noi. Abbiamo avuto il nostro primo camerino. Ah, la
bellezza del pubblico impiego. Se fossimo nati a Isola di Capo Rizzuto (KR )
saremmo stati ottimi impiegati alle Poste della piazza centrale.
UN KNOW HOW ALLA «LINEA VERDE»
Alessandro: È ovvio che le delusioni si fanno sentire, anche quando riparti.
Come quando Luca Sardella è costretto a comprare un nuovo cappello. Non
ha senso però continuare a pensarci (in fondo ce ne fosse uno che gli sta
bene). Meglio gustarsi le novità.
Ci richiama anche Mediaset. Questa volta per il programma «Fattore
Umano». Ci dicono che vorrebbero portare in TV gli esperimenti sociali, per
il pubblico generalista delle 19, per le casalinghe. Dicono che funzionano.
Be’, grazie tante, era più di un anno che noi li avevamo portati in Italia,
fenomeno di Internet del 2014. La TV arriva sempre dopo.
Non interessava il numero dei nostri seguaci, ma volevano il nostro
know how in fatto di produzione di candid camera. Ci dicono che hanno già
a disposizione venti troupe pronte a girare. Se non vogliamo essere in
squadra, le fanno lo stesso. O con voi o senza di voi. In fondo era solo il
nostro format… Allora con noi.
IMPARA TUTTO CIÒ CHE PUOI: TUTTO DIVENTA
POSSIBILITÀ
Alessio: Novità è possibilità.
Ogni puntata prevedeva quattro esperimenti sociali. Siamo diventati
quelli di «Fattore Umano». Abbiamo incontrato persone che ci hanno fatto
il regalo di farci sentire importanti, che ci hanno fatto pensare che il nostro
lavoro valesse davvero qualcosa. «Il vostro programma è una finestra sulla
realtà. Guardo solo voi»: parole che, dette da un carcerato in libera uscita
come volontario a Expo, hanno tutto un altro peso.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Nella vita,
come in stazione,
per non perdere un treno importante
vale la stessa regola: arriva sempre
cinque minuti prima
degli altri..”
Esperimento per non perdere un treno importante: FALLO!
Occasioni che arrivano puntuali quando meno te lo aspetti, ritardi imprevisti che
lasciano intravedere bivi su scelte mai fatte, sentieri da percorrere armati di uno
zaino in spalla pieno di possibilità, gambe allenate a inseguire i sogni che la vita ti
offre. Ci sono tantissimi treni che non si possono perdere. E, a volte, è solo
questione di saperli pigliare. O anche di non dover sempre cercare di capire le
metafore.
Esercizio di Milano Centrale
Vai in stazione con il tuo zaino pieno del necessario per una gita in giornata e paga
in biglietteria il prezzo di un biglietto andata e ritorno (sì, anche il ritorno), a
destinazione casuale. L’unico criterio di scelta può essere la tua disponibilità
economica.
Sali sul treno e parti. Trascorri una giornata nella città prescelta cercando di farti
dare almeno tre numeri di telefono da tre ragazze diverse del luogo.
Si sa, il fascino dello straniero funziona sempre, se sei di Milano e vai a
Casalpusterlengo hai già la rubrica pronta ad accogliere nuovi nomi e numeri – non
dovrebbe essere troppo difficile.
Torna a Milano, prosegui nella tua conquista di una delle tre ragazze (o tutte e tre,
che professionista!) con tutti gli esercizi imparati fino ad ora.
Di base ogni esperienza ha il suo valore. Non c’è nulla di quel che facciamo
in un giorno che non porti qualcosa in più nella nostra esistenza. Non vuol
dire che si debba ricorrere a fantastici esperimenti come nel nostro caso,
non chiediamo tanto. Ma anche la cosa più noiosa che ti viene in mente non
è completamente inutile. Ci sono anche fior fiori di studiosi che riempiono
manuali sull’utilità della noia, figurati quindi cosa puoi trarre quando invece
fai davvero qualcosa. Figurati quando superi te stesso o un tuo limite.
I nostri esperimenti sociali sono esperienze. E se ci pagassero davvero
per ogni esperimento fatto saremmo ricchissimi. Ma vuoi mettere quanto ci
sentiamo RICCHI DENTRO? (Ma vaff...)
LA CHIAVE UNIVERSALE DEL CENTRO COMMERCIALE
Alessio: In tutte le situazioni, soprattutto nelle peggiori, meglio non essere
soli, come… Dài, a questo punto del libro dovresti essere in grado tu di fare
una battuta da solo.
A «Fattore Umano» ha iniziato a lavorare con noi tale Valerio. Ci aiutava
nel passaggio dei file. Da poco ex studente fuori sede, abbiamo iniziato a
legare. Siamo diventati amici. Abbiamo colto il meglio dall’esperienza,
appunto. Ovvero abbiamo scoperto che la TV apre un sacco di porte: se
chiami un centro commerciale e dici che sei uno YouTuber che deve fare
alcune riprese ridono; se sei la TV quando arrivi ti stendono il tappeto rosso
e ti accolgono con una banda di archi, ottoni e majorette di almeno quattro
nazionalità diverse.
PAOLA: MANIPOLATRICE LIBERATORIA
Alessandro: Il giorno in cui ti senti arrivato, saluta tutti perché stai
scomparendo.
Quando facciamo le riprese, abbiamo bisogno che le persone firmino una
liberatoria per avere il loro consenso a essere trasmessi. TV o WEB non fa
differenza. È divertente vedere come i giovanissimi temano la brutta figura
su YouTube, quando invece della TV importa poco («tanto in TV non ci vede
nessuno»): esattamente il contrario rispetto alle vecchie generazioni
(YouTube che?). Va detto: non è immediato ottenere una firma su un foglio.
Abbiamo imparato tantissimo da Paola (Paola, sei nei nostri cuori), la
ragazza affiancata a noi dalla produzione Rai. È sempre riuscita a prendere
tutte le liberatorie utilizzando tecniche psicologiche avanzate – e
sicuramente illegali nei Paesi dell’ex blocco sovietico. Frasi degne di
Sigmund Freud nel suo periodo fallico, volte a adulare le vittime della
candid: «Mamma mia, è proprio la reazione che cercavamo!», «No, non
può dirmi di no perché lei è stato IL PIÙ simpatico», «Il piacere di vedere un
bel viso COME IL SUO non può restare privilegio di pochi». Ovvio che se lo
abbiamo detto anche a te che stai leggendo in quel caso era verissimo.
L’OTTIMISMO È IL PROFUMO DEL CLOROFORMIO
Alessio: La mia più grande paura è impiegare la mia vita in qualcosa in cui
credo così tanto e non avere risultati economici adeguati per quello che sto
facendo. Le persone che ci seguono ci fermano per strada, a volte non
riusciamo a camminare. Perché non siamo ricchi? Forse dovrei finire
l’università? Vado avanti e continuo a crederci. Spero di non sbagliare.
Chissà se Carlo Conti quando va a fare la lampada a bassa invece che alta
pressione sente questo tipo di paura?
IMPARA L’ARTE E METTILA DA PARTE
Alessandro: Io sono sereno, sono ottimista. Anche se tutto questo dovesse
finire domani abbiamo imparato tanto, abbiamo un know how sulle candid
camera che nessun altro ha in Italia. Ci è capitato di essere coinvolti in
progetti in cui eravamo solo «attori», mentre di solito siamo anche autori e
produttori. E una volta, sul campo, abbiamo riscritto gran parte delle scene
perché volevamo ottenere il meglio. Non per arroganza, anche perché non
eravamo pagati per farlo.
APPLAUSI PER
Alessio: Vale da quando sei piccolo fino a che invecchi. Il giudizio esterno
deve scivolarti addosso (ma se ti dicono che puzzi, lavati).
Ci dicono che siamo fortunati, che non dobbiamo lamentarci. A volte ci
chiedono che lavoro facciamo, senza immaginare quanto tempo
impieghiamo in tutto questo. O quanto tempo impieghiamo a spiegare
quanto lavoro facciamo. Tanto che il nostro lavoro è quasi diventato
spiegare quello che facciamo. Pazienza. Abbiamo iniziato a raccontarlo un
po’ di più sui nostri social, ma non importa se il percepito rimane questo.
Conta il risultato.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Non esistono esperienze
positive o negative.
Esistono esperienze, Vivile.”
Esperimento per prendere il meglio da ogni esperienza: FALLO!
Questo esercizio vogliamo che tu NON lo faccia. Per farti capire che ogni
esperienza può portare al meglio e che gestire la negatività sia solo questione di
pratica, dovremmo infatti farti vivere situazioni che prevedono un rischio di mortalità
troppo elevato. Quindi, in questo caso, sei esonerato.
Livello di mortalità 25%
Accetta l’invito di tua nonna al torneo di burraco, impara tutte le regole, gioca.
Livello di mortalità 65%
Vai a letto con una tipa bruttissima e dura più che puoi.
Livello di mortalità 100%
Vai da uno strozzino e fatti prestare diecimila euro in contanti e vedi quanti giorni
sopravvivi.
COME RICHIAMARE L’ATTENZIONE TRA TANTI
Ah, quel bisogno di essere unici (essere un personaggio noto sui social
network e scrivere un libro non ti rende unico)… Quel bisogno di
differenziarsi dal gruppo (se sei un rapper e ti fai un tatuaggio sul collo ti
stai solo omologando).
Quante volte, soprattutto in adolescenza, capita di cercare il modo di
essere notato: da una ragazza, un amico, un gruppo, una macchina in curva?
E non riuscirci. La frustrazione è altissima. E anche le contusioni.
Eppure, non bisogna abbattersi, ma continuare ad avere fiducia in noi
stessi. O in un buon ortopedico. Perché, quando credi di poter essere notato,
se invece di aspettare agisci, qualcosa prima o poi succederà. A non far
niente, invece, non succede niente. Se lo fai, magari non succede niente lo
stesso, ma almeno ci hai provato. Pensa se Amedeo Umberto Sebastiani si
fosse arreso al fatto di avere un nome poco televisivo e non avesse fatto
alcun provino. Ora non avremmo Amadeus. Eh.
Comunque anche per noi era la cipolla.
GARA DI BECCHI
Alessio: A volte non ti notano solo perché non ti fai avanti. Oppure ti hanno
già notato, ma tu non credi abbastanza in te per capirlo, come il vincitore
della mostra regionale della capra orobica, meglio conosciuta come becco,
della comunità montana di Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera,
ignaro del valore del suo premio.
Un giorno apro Facebook e trovo il messaggio di Gianluca, un bambino
di nove anni con il suo canale YouTube.
DAI APPUNTAMENTO A UN BAMBINO DI NOVE ANNI
CONOSCIUTO ONLINE SOLO SE HAI UN BUON MOTIVO
Alessandro: Che sia fisico o virtuale, non importa. Hai bisogno di un punto
di contatto, dove farti conoscere.
Per festeggiare i centomila iscritti al canale abbiamo organizzato un
raduno in piazza Duomo.
Gianluca ci aveva chiesto di girare un video insieme a lui. Gli abbiamo
dato appuntamento lì.
DAI APPUNTAMENTO A UN BAMBINO DI NOVE ANNI
CONOSCIUTO ONLINE SOLO SE HAI TESTIMONI
Alessio: Non serve mettersi in mostra. Gianluca che postava un video solo
per dire che gli avevamo risposto mi aveva intenerito. Gli abbiamo dato
appuntamento in piazza Duomo, è venuto con suo papà. Insieme ad altre
quattrocento persone.
DAI APPUNTAMENTO A UN BAMBINO DI NOVE ANNI
CONOSCIUTO ONLINE SOLO SE È GIANLUCA
Alessandro: Hai chiaro qual è il tuo obiettivo e sai dove vuoi andare. Non
conosci però tutto quello che può succedere. Ed è proprio questo il bello: la
vita non va per forza come dici tu, ma può darti decisamente anche molto di
più.
Il raduno è stata per noi la prima occasione in cui abbiamo capito che i
numeri di Internet corrispondono a persone vere, facce, emozioni. Abbiamo
conosciuto Gianluca, con il suo papà. Oggi il suo papà è il nostro
commercialista. Alessio gli ha fatto da padrino alla Cresima. Io ho scopato
la sua insegnante di religione (scherzo, ma volevo fare qualcosa anche io in
questo paragrafo) e il ruolo del padrino non mi si addice, amo le teste di
cavallo, ma non sono battezzato.
Aforisma paraculo
(così vendiamo)
“A cosa serve
avere l’attenzione di tanti
quando non hai quella dei pochi
che ti interessano davvero?”
Esperimento per richiamare l’attenzione: FALLO!
Abituarsi a essere notato è il primo passo per essere notato davvero.
Quest’esercizio prevede che tu attiri l’attenzione di una persona, per tre giorni di fila,
in tre modi differenti.
E così via. Facile. Pensi di aver capito? La strada per il successo ora è davvero
vicina.
Compila quindi questa pagina con i tuoi aforismi migliori e sorridi, ora sai come
evitare il pericolo!
E infine, leggi l’ultimo, ultimissimo, aforisma, voltando pagina. È tutto per te.
Ultimo aforisma paraculo
(così vendiamo)
“Ogni inizio ha una fine.
La fine è solo l’inizio.”
FINE
RINGRAZIAMENTI
Per prima cosa vorremmo ringraziare Dio perché è stato un ottimo allievo.
Non possiamo dire lo stesso del suo entourage.
Ringraziamo quindi un breve olimpo di personaggi che hanno segnato la
nostra carriera artistica.
Antonio Cartonio, il tuo blu mele ha segnato la nostra infanzia.
Maurizio Mosca, le tue trasmissioni erano le uniche in cui la giustizia
italiana funzionava.
Fabio Volo, perché solo ascoltando distrattamente un podcast della tua
trasmissione radiofonica abbiamo trovato l’ispirazione per TUTTI gli
aforismi di questo libro.
Ash Ketchum, che ci hai insegnato che anche a dieci anni puoi lasciare
casa e inseguire i tuoi sogni.
Francesco Gullo, perché ci hai trasmesso il valore dell’onestà.
Kakarot, che ci permetti di vivere in un mondo di pace e fratellanza
proteggendoci da minacce come Freezer, Cell, Majin Bu e l’Isis.
Don Matteo, per averci trasmesso la passione per la bici e i vigilanti.
Megan Gale, per la pubblicità della Omnitel che ci ha insegnato a
diventare grandi.
Pier Ferdinando Casini, per averci trasmesso i valori della famiglia (lui
ne ha avute tre, quindi è uno che ne sa).
Il signor Mondadori, quello vero (con tutto il rispetto per Electa), per
aver speso i soldi per l’inchiostro di questo libro.
E poi, ultimo ma non ultimo, ringraziamo te, che hai acquistato questo libro
e lo hai letto fino a qui e ti sei appena reso conto di averci regalato dei soldi.
Grazie davvero.
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Fallo
di The Show
© 2016 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Ebook ISBN 9788852077432