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METODO GONSTEAD E TOGGLE RECOIL.

DOCENTE: PIERRE THERBAULT.

DISPENSA 1.
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IL DOLORE.

DOLORE RIFERITO DI TIPO 1.

Le afferenze nocicettive (af. noc.) che vengono da una lesione viscerale o


somatica, attivano per via riflessa:
1-afferenze motrici (M.) che provocano uno spasmo.
2-afferenze ortosimpatiche responsabili di perturbazioni vasomotorie e di
una facilitazione delle terminazioni nervose.
n.pre.G: neurone pregangliare,
n.post.G: neurone postgangliare,
G: ganglio.
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DOLORE RIFERITO DI TIPO 2.

Le afferenze viscerali (visc.), muscolari (musc.) e cutanee (cut.) passano


per la radice dorsale (RD) e convergono sulle stesse cellule della lamina V
di Rexed del corno posteriore del midollo.

CARATTERISTICHE DEL DOLORE A SECONDA DEL TESSUTO.


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LA FACILITAZIONE MIDOLLARE.
Definizione di facilitazione.
Consiste nel mantenimento da parte di un gruppo di interneuroni
(premotorio, motoneurone, neurone ortosimpatico pregangliare) di uno
stato parziale o totale di eccitazione su uno o piu’ segmenti midollari.
Saranno, quindi, necessari meno stimoli afferenti per far partire una
scarica di influssi.
La facilitazione puo’ essere dovuta ad un aumento, mantenuto nel tempo,
delle afferenze lungo un circuito distorto o a variazioni che riguardano i
neuroni (o il loro aspetto chimico).
La facilitazione puo’ essere mantenuta da una normale attivita’ del SNC.
La disfunzione somatica (iperattivita’ gamma) rappresenta una di queste
cause.

Conseguenze della facilitazione.


I segmenti facilitati saranno piu’ attivi degli altri. In particolare:
1-le fibre muscolari innervate dai segmenti facilitati avranno un tono cosi’
elevato da produrre modificazioni morfologiche, chimiche e metaboliche
(che si possono trasformare in fonte di irritazioni croniche).
Cio’ riguarda le fibre muscolari lisce viscerali e striate scheletriche;
2-la soglia di percezione del dolore sara’ diminuita: si avra’ una
facilitazione delle fibre spino-talamiche.
3-la facilitazione ORTOSIMPATICA produrra’ una SIMPATICOTONIA che
riguardera’ la pelle con:
-aumento dell’attivita’ sudorifera con conseguente diminuzione della
conduzione elettrica della pelle,
-vasocostrizione che produrra’ un’assenza del riflesso istaminico alla
palpazione della pelle e zone piu’ fredde alla termografia.
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Tutti i tessuti che ricevono un’innervazione motrice (muscoli, vasi,


ghiandole) a partire dal segmento facilitato saranno esposti ad una
eccitazione o ad una inibizione.
L’iperattivita’ reattiva dei neuroni facilitati produrra’ una iperattivita’, o
un’ipoattivita’ se si tratta di neuroni inibitori, dei tessuti innervati da
questi neuroni.

Segni clinici della facilitazione midollare.


Un segmento vertebrale che si comporta cosi’ rappresenta una lesione
maggiore da un punto di vista neurologico. Deve, quindi, essere
imperativamente trattata: si tratta di una vera urgenza osteopatica.
E’ possibile rilevare in caso di lesione maggiore:
-un dolore alla palpazione dell’apofisi spinosa o della faccetta articolare
nello stesso SCLEROTOMO;
-dermalgie riflesse nel DERMATOMO;
-disequilibrio tonico agonista-antagonista nel MIOTOMO con:
a)dolori riferiti e spasmi muscolari (cordone mialgico alla palpazione);
b)ipotonia muscolare dei muscoli antagonisti rispetto ai muscoli in
spasmo.
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DERMATOMI, MIOTOMI E SCLEROTOMI DELL’ARTO INFERIORE.

DERMATOMI, MIOTOMI E SCLEROTOMI DELL’ARTO SUPERIORE.


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SISTEMA NEUROVEGETATIVO E SUE INFLUENZE.

La facilitazione dell’eccitazione-inibizione delle vie motorie produce


asimmetrie posturali.
Ogni attivita’ nervosa, per esempio corticale, sara’ canalizzata verso le
zone facilitate: i neuroni efferenti di queste zone andranno a scaricare in
maniera intensa verso il tessuto che innervano.
Questi tessuti si manterranno in uno stato anormale:
-perturbazioni nella contrattilita’ dei muscoli striati;
-perturbazioni circolatorie;
-perturbazioni nella viscero-motricita’;
-alterazioni nelle secrezioni ghiandolari.
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DISFUNZIONE C5-C6 E RECIPROCITA’ AGONISTA-ANTAGONISTA.

Gli effetti soprasegmentari della lesione osteopatica si diffondono in 2


modi:
1-per mezzo dei neuroni intercalari delle vie midollari;
2-per produzione di un angiospasmo localizzato e, quindi, di un’ischemia
parziale del SNC.
Sembra che il segmento facilitato possa irritare distinte parti del cervello
per mezzo di vie ascendenti che confluiscono a livello della corteccia.
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Durante le fasi iniziali, un certo numero di patologie viscerali ed altre


patologie croniche presentano una zona d’ischemia nei tessuti colpiti,
ischemia dovuta ad un angiospasmo neurogeno locale.

RIPERCUSSIONI VASCOLARI.

L’angiospasmo intraviscerale di origine ortosimpatica si associa ad un


angiospasmo dei vasi cutanei in relazione metamerica con il viscere
patologico.
Un angiospasmo cutaneo traduce un problema viscerale profondo.
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PATOLOGIA SOMATO-VISCERALE.

RIFLESSO VISCERO-SOMATICO.

I MODERNI CONCETTI DELL’OSTEOPATIA.


1.Il corpo e’ un’unita’: esiste una reciprocita’ fra struttura e funzione.
2.La malattia e’ una reazione totale dell’organismo: una struttura o una
funzione anormale di una parte del corpo tendera’ ad influenzare in
maniera anormale il corpo intero.
3.L’organismo possiede la capacita’ inerente di difendersi e resistere ai
processi che lo disequilibrano.
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4.Il sistema nervoso centrale gioca un ruolo di organizzatore


predominante nei processi patologici.
5.In ogni malattia e’ presente un elemento somatico come fattore
eziologico importante.
6.A causa del nostro adattamento incompleto alla stazione bipede, il
nostro organismo sara’ predisposto a problemi articolari e periarticolari
soprattutto a livello del rachide e della pelvi.
7.La disfunzione osteopatica si puo’ definire come un disequilibrio di
mobilita’ su tre dimensioni del tessuto connettivo legato agli elementi
periarticolari.
8.Una disfunzione osteopatica del rachide si associa ad una:
-sensibilita’ dei tessuti paravertebrali e dei tessuti sottostanti,
-modificazione muscolare (soglia riflessa bassa, spasmo, iperattivita’
gamma).
9.Una perturbazione del sistema neuro-vegetativo responsabile di:
---alterazione della funzione viscerale,
---alterazione dei tessuti sovraspinosi,
---perturbazione vaso-motoria (legge dell’arteria di Still),
---dolori diffusi, irradiati o riferiti.
10.Il trattamento manuale della disfunzione osteopatica (normalizzazione
della funzione) interrompe l’arco riflesso patologico e favorisce cosi’ la
guarigione totale o parziale del processo patologico.
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LE TECNICHE DI MEDICINA MANUALE APPLICATE ALL’APPARATO


LOCOMOTORE.

Indicazioni sull’applicazione delle manipolazioni articolari.


1-rachide cervicale:
cervicalgie, torcicolli, dorsalgie;
nevralgia cervico-brachiale e nevralgia di Arnold;
alcune vertigini;
precordialgie;
algie dell’arto superiore;
2-rachide dorsale:
dorsalgia, dorsalgia acuta;
dolore costale, nevralgia intercostale;
sindrome di Tietze (dolore, tumefazione delle cartilagini);
affezioni pseudo viscerali;
lombalgie d’ origine dorsale.
3-rachide lombare e bacino:
lombalgie e lombalgie acute;
radicolalgie (meralgia, sciatica, cruralgia);
coccigodinia;
alcuni dolori dell’arto inferiore.
4-arti:
distorsioni;
tendiniti;
traumatismi.
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5-ambito viscerale:
disturbi digestivi (gastriti, ernia iatale, coliti…);
disturbi renali;
disturbi uro-genitali (incontinenza…)
6-ambito craniale:
disturbi dell’occlusione dentale (classe 1,2,3);
problemi dell’ATM;
vertigini;
cefalee / emicranie…

LE TECNICHE OSTEOPATICHE.

Tecniche ritmiche di stretching.


Principi:
Andare nel senso della barriera significa andare nel senso della
restrizione. Cio’ al fine di liberare le aderenze e normalizzare il tono
muscolare.
In questa tecnica, lo stiramento ritmico del muscolo e’ trasmesso ai fusi
neuro-muscolari; il SNC, per proteggersi, diminuisce l’iperattivita’ gamma;
i recettori tendinei del Golgi ed i recettori di Ruffini situati all’interno della
fascia del muscolo stirato inibiscono il protoneurone alfa e gamma.
Azione:
Su legamenti, fasce, tendini e muscolo. Si tratta di una tecnica molto
utilizzata.
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Obiettivi:
-aumentare la vascolarizzazione locale;
-sopprimere l’iperattivita’ gamma;
-lottare contro la fibrosi muscolare.
Tecnica:
Questo stiramento ritmico si puo’ effettuare in 2 direzioni:
1-nel senso delle fibre muscolari ossia longitudinalmente; si agisce sui
recettori di Golgi;
2-perpendicolarmente alla fibre muscolari; si agisce principalmente sui
fusi neuro-muscolari.
L’ideale e’ combinare le 2 tecniche.

L’importante di questa tecnica e’ imprimere e rilassare lentamente la


trazione.
Una buona tecnica per i tessuti molli consiste nel dialogare con il tessuto
del paziente mettendosi in sintonia con il suo ritmo.
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Controindicazioni alle tecniche con thrust.


Per poter manipolare, e’ importante fare prima una buona diagnosi. Le
manipolazioni sono controindicate in quelle patologie che rendono fragili
i tessuti come:
-traumatismi (fratture, distorsioni di grado 3, lussazioni);
-tumori ossei;
-infezioni (spondilodisciti);
-reumatismi infiammatori (pelvispondilodiscite anchilosante, artrite
reumatoide, sindrome oculo-uretro-sinoviale di Reiter);
-sindrome di Barre-Liou;
-problemi vascolari (aneurismi, insufficienza vertebro-basilare);
-problemi metabolici (osteoporosi importante);
-problemi congeniti (malformazione della cerniera occipito-atlantoidea,
malformazione di Arnold-Chiari…);
-sindromi iperalgiche associate a patologie neurologiche;
-problemi psichiatrici (isteria, angoscia);
-paralisi periferica o centrale.

Tecniche con thrust.


Le tecniche con thrust non devono in nessun caso avvenire al di fuori dei
limiti fisiologici delle ampiezze di movimento. Se superiamo questo limite,
non siamo piu’ nell’osteopatia ma nell’ortopedia.
Durante le tecniche, se applichiamo una velocita’ sufficiente, la
separazione delle faccette articolari puo’ essere gia’ ottenuta a meta’
delle ampiezze articolari senza provocare alcun traumatismo.
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Azione:
E’ necessario applicare una velocita’ elevata per realizzare la tecnica in
modo da sorprendere i sistemi di protezione del muscolo. Cosi’ facendo, il
muscolo verra’ stirato ed i recettori di Golgi stimolati con conseguente
inibizione del muscolo stesso.
La faccetta articolare si aprira’ a 90 gradi e si stirera’ la capsula articolare.
Si attiveranno i corpuscoli di Ruffini e cio’ inviera’ un messaggio al midollo
spinale con l’effetto di rilassare il muscolo.
Grazie al thrust si interrompe il circuito nocicettivo, i muscoli in spasmo si
rilassano e, di conseguenza, si ristabilisce il gioco articolare fisiologico.

Obiettivi:
Gli scopi di queste tecniche sono:
-liberare le aderenze;
-produrre uno slittamento delle faccette articolari l’una rispetto all’altra e
ristabilire la funzione articolare;
-normalizzare la vascolarizzazione producendo un riflesso neuro-vascolare
locale e a distanza;
-provocare un riflesso afferente.

Meccanismo neurofisiologico:
Lo stiramento della capsula articolare durante la separazione delle
faccette stimola i recettori di Pacini e l’informazione sensitiva si
diffondera’ mediante le fibre afferenti fino al corno posteriore del midollo
spinale; a questo livello produrra’ un’inibizione dei motoneuroni alfa e
gamma da cui un’inibizione dello spasmo muscolare che mantiene la
disfunzione articolare.
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AZIONE NEUROVEGETATIVA DI UNA MANIPOLAZIONE.

Queste manipolazioni vanno a stimolare il centro simpatico o


parasimpatico per ottenere l’interruzione dell’asse riflesso
neurovegetativo patologico.

MANIPOLAZIONE E RIFLESSO NEUROVASCOLARE.


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LIBERAZIONE DEL MENISCO SINOVIALE.

EFFETTO SUL DISCO INTERVERTEBRALE.

Le tecniche in rotazione grazie alla trazione che si verifica sul legamento


di Hoffman permettono di spostare leggermente l’ernia ed, in questo
modo, diminuire l’irritazione nervosa.

Manipolazione vertebrale e pressione intradiscale.


Maigne e Guillon studiarono gli effetti delle manipolazioni sui dischi sani
in 2 cadaveri maschi freschi, non imbalsamati, morti una settimana prima.
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Si prese accesso all’interno della colonna lombare attraverso una


laparotomia e si colloco’ un sensore di pressione intradiscale nel disco L3-
L4.
Si osservo’ che le manipolazioni vertebrali lombari hanno un effetto
biomeccanico sui dischi intervertebrali, producendo una breve ma
marcata variazione della pressione intradiscale (aumento iniziale ed in
seguito diminuzione della pressione) e movimenti intradiscali relativi che
differiscono a seconda del tipo di manipolazione.
L’aumento di pressione puo’ essere dovuto alla rotazione per
avvicinamento dei corpi vertebrali adiacenti uno rispetto all’altro, dovuto
all’orientamento di 30 gradi delle fibre dell’anello.

La diminuzione della pressione si deve alla componente di trazione sulla


colonna lombare.
Questo breve calo della pressione produrra’ un beneficio terapeutico
grazie a 2 meccanismi:
1-il calo di pressione intradiscale durante la manipolazione e’ sufficiente
per ridurre un nucleo erniato in un anello indebolito;
2-il calo di pressione all’interno del disco durante la manipolazione
diffondera’ in maniera piu’ uniforme la tensione compressiva diminuendo
cosi’ il dolore.
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Obiettivi:
Lo scopo di queste tecniche e’ di:
-liberare le aderenze,
-fare in modo che slittino le faccette articolari una rispetto all’altra
ristabilendo cosi’ la funzione articolare,
-normalizzare la vascolarizzazione producendo un riflesso neuro-vascolare
locale e a distanza,
-provocare un riflesso afferente.

Principi:
Un thrust va applicato parallelamente o perpendicolarmente al piano
articolare in una delle direzioni contro la barriera dell’articolazione
lesionata. In osteopatia apriamo la faccetta articolare a 90 gradi. Esistono
anche tecniche in slittamento delle faccette articolari.

FENOMENO DI CAVITAZIONE DURANTE UNA MANIPOLAZIONE CON


THRUST.
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1°-lo scrocchio articolare e’ dovuto alla liberazione di gas (80% di diossido


di carbonio).
2°-aumento dello spazio intraarticolare di circa 0,88mm mentre un’altra
tecnica senza thrust e che, quindi, non produce alcuno scrocchio
articolare, si accompagna ad un aumento dello spazio intraarticolare di
0,45mm.
3°-gli studi di Swezey, Castellenos e Axelrod evidenziano che non si
producono lesioni della cartilagine e neppure dei legamenti. Secondo
Walton si puo’ verificare una lesione articolare se si raggiunge
un’apertura articolare di 1mm durante la cavitazione.
4°-l’aumento dell’ampiezza articolare non e’ dovuto alla cavitazione ma
allo stiramento dei tessuti molli che attivano i meccanorecettori. Cio’
produce un riflesso midollare di rilassamento. Il thrust e’ quindi da
considerarsi la tecnica piu’ riflessogena.

Principi:
Un thrust e’ applicato parallelamente o perpendicolarmente al piano
articolare diretto contro la barriera dell’articolazione lesionata. In
osteopatia apriamo la faccetta articolare a 90°. Si effettuano, inoltre,
tecniche facendo slittare le faccette articolari.
Nel corpo non esiste una linea retta, in natura tutto e’ spirale. Pertanto,
quando si manipola, bisognera’ cercare il passaggio articolare, sentire in
quali direzioni si muovono le superfici articolari.
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AMPIEZZE SEGMENTARIE LOMBARI SECONDO ADAMS E HUTTON 1988.

PRESSIONI DISCALI NEI MOVIMENTI DEL TRONCO SECONDO SCHULTZE


1979.

STRESS IN TORSIONE SUI DISCHI SECONDO SCHULTZE 1979.


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AZIONI DI UNA MANIPOLAZIONE IN ROTAZIONE.

EFFETTI DELLE MANIPOLAZIONI.

MANIPOLAZIONE IN ROTAZIONE.
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Principio universale per i bracci di leva nella manipolazione con thrust a


livello del rachide.
Leva primaria = posizione neutra, flessione o estensione per localizzare
lo spazio che andiamo a manipolare.
Leva secondaria = lateroflessione e controrotazione per portare le
tensioni sulla faccetta articolare da manipolare.
La riduzione dello slack consiste in una perfetta messa in tensione sulla
faccetta articolare da manipolare.

Il thrust.
Per effettuare un thrust e’ necessario utilizzare una forza minima
rispettando certe condizioni. La posizione dell’operatore deve essere
corretta rispetto al piano articolare ed alla posizione del paziente.
Il thrust si realizza mediante una contrazione breve ed esplosiva di tricipiti
e pettorali dell’operatore o mediante un “body drop”.

GENERALITA’ RIGUARDO ALLA MANIPOLAZIONE CON THRUST.


Posizione dell’operatore.
L’operatore deve mettere il suo corpo nello spazio in modo che cada
sopra l’articolazione da manipolare. Il suo centro di gravita’ deve essere
sistematicamente localizzato sopra la lesione.
Posizione del paziente.
Deve consentire il posizionamento delle leve necessarie per normalizzare
l’articolazione. Il paziente deve essere in una posizione confortevole e
non deve sentire dolore.
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POSIZIONAMENTO.

Il piano articolare.
E’ stabilito dall’anatomia, permette di definire in quale direzione deve
essere applicata la forza correttiva. In regola generale, andra’ applicata
secondo una direzione “a virgola” su un piano curvo.
Leve.
La riduzione dello slack sara’ permessa grazie alla combinazione dei
parametri minori di movimento che saranno lo slittamento laterale o
antero posteriore e la compressione.
Si utilizzano sistematicamente in tutte le tecniche osteopatiche per
diminuire la quantita’ dei parametri maggiori necessari; servono, inoltre,
per diminuire la forza necessaria alla riduzione della lesione.
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LE LEVE.

Dopo aver aggiunto i parametri minori, l’ampiezza articolare diminuisce.


La leva primaria sara’ quella che dara’ la principale direzione lungo la
quale dovra’ essere applicata la forza correttrice.
La leva secondaria serve per focalizzare la forza correttrice.
In una manipolazione bisogna sempre lasciare un po’ di gioco articolare.

Ampiezza del thrust.


L’ampiezza del thrust deve essere piu’ piccola possibile al fine di diminuire
al massimo lo stress sui tessuti. Classicamente usiamo un thrust di minima
ampiezza e massima velocita’.
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DIVERSE TECNICHE DI THRUST.


1-TECNICHE DIRETTE.
2-TECNICHE SEMI-DIRETTE.

TECNICHE DIRETTE.
Si prende contatto con l’articolazione da manipolare mediante il
pisiforme o l’eminenza tenar dopo aver effettuato uno stiramento
cutaneo (tissue pull).

TECNICA DIRETTA TORACICA CON PISIFORMI CROCIATI.

La riduzione dello slack consiste nell’effettuare la messa in tensione


unicamente mediante dei contati diretti senza grandi leve; il thrust deve
essere il piu’ rapido possibile.
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DROP

La tecnica diretta e’ piu’ efficace per il suo effetto riflessogeno, si effettua


su un lettino con drop, il quale permette di assorbire l’eccesso di forza
impressa ai tessuti molli ed aumenta la velocita’ della manipolazione.

TECNICHE SEMI-DIRETTE.
Si tratta di una combinazione fra tecniche dirette ed indirette. Sono molto
piu’ selettive delle tecniche indirette, dato che permettono allo stesso
tempo di mantenere tutti i vantaggi ottenuti utilizzando i bracci di leva,
ed hanno l’efficacia di una tecnica diretta.
Durante la loro esecuzione, si prende un contatto diretto con una mano
sull’articolazione da manipolare. La messa in tensione sara’ doppia: una
per la leva inferiore, l’altra per il contatto diretto.
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Tecnica cervicale con contatto dell’indice.

Tecnica sacrale con contatto del pisiforme.

Il thrust viene effettuato direttamente sull’articolazione lungo l’asse del


piano di riduzione e la forza puo’ essere, se necessario, aumentata,
incrementando simultaneamente i bracci di leva.

CONCLUSIONI.
---L’osteopatia non e’ ne’ mistica ne’ esoterica.
---Un trattamento corretto necessita l’utilizzo di varie tecniche
osteopatiche; ce ne sono di numerose, ciascuna delle quali ha una sua
precisa indicazione in relazione al tessuto responsabile del dolore.
---Per questo motivo e’ importante in osteopatia fare una buona
diagnosi.
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TECNICA DI GONSTEAD.
Si tratta di una tecnica chiropratica. In chiropratica si utilizzano solamente
tecniche di thrust dirette e semidirette. No tecniche indirette come
mobilizzazioni del rachide. No manipolazioni. Non si utilizzano tecniche
sui tessuti molli se non in maniera complementare come nella tecnica
Dejarnette.
La tecnica di Gonstead è assai precisa e non violenta; utilizza, infatti,
pochissima rotazione.
A livello cervicale, valutazione e manipolazioni avvengono da seduto.

BIOMECCANICA DEL RACHIDE SECONDO GONSTEAD.


Si utilizza una terminologia differente rispetto a quella osteopatica.
Generalmente il terapeuta osserva la radiografia facendo coincidere il
lato destro del paziente con il proprio.
Regione cervicale: spinosa deviata a sinistra: posteriorità destra (PR-SP) /
rotazione destra.
P: posteriorità,
R: destra,
L: sinistra,
SP: spinosa.
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Quando la spinosa è deviata dal lato più alto del disco (lato della
protrusione discale) si considera che è in lesione di superiorità. Per
correggerla si deve prendere contatto sulla trasversa ed effettuare un
thrust che riporti i piatti vertebrali allo stesso livello.
Quando la spinosa è deviata dal lato più basso del disco (opposto alla
protrusione discale) si considera che è in lesione d’inferiorità. Per
correggerla si deve prendere contatto sulla lamina del lato opposto per
far tornare paralleli i piatti vertebrali.
Conclusione:
-in caso di lesione di superiorità, si deve prendere contatto dallo stesso
lato della spinosa deviata;
-in caso di lesione d’inferiorità, si deve prendere contatto dal lato
opposto.
Le lesioni vengono chiamate con le sigle seguenti: PRI o PLI, PRS o PLS.
P: posteriorità,
R: destra,
L: sinistra,
I: inferiore,
S: superiore.
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Regione dorsale: in caso di lesione di superiorità si deve prendere


contatto sulla trasversa dal lato della lesione (deviazione della spinosa)
come avviene per la regione cervicale. In caso di lesione d’inferiorità si
prende contatto sulla trasversa del lato opposto con lo scopo di
abbassare il corpo vertebrale e riportare i piatti vertebrali paralleli.
Le lesioni vengono chiamate con le seguenti sigle: PRI-T o PLI-T.
P: posteriorità,
R: destra,
L: sinistra,
I: inferiore,
T: trasversa sulla quale si prende contatto per manipolare.

Regione lombare: la correzione di una lesione di superiorità non cambia


rispetto agli altri livelli vertebrali. Si prende contatto dal lato della spinosa
deviata e la si sollecita in rotazione mediante un avvitamento simultaneo
del polso. Per una lesione d’inferiorità si prende contatto con il tubercolo
mamillare del lato opposto.
Le lesioni vengono chiamate con le seguenti sigle: PRI-M o PLI-M.
P: posteriorità,
R: destra,
L: sinistra,
I: inferiore,
M: tubercolo mamillare, punto di contatto per eseguire la manipolazione.
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Si considera sempre la vertebra superiore deviata rispetto a quella


inferiore. Inoltre, nell’esecuzione di questa tecnica si prende sempre
contatto dal lato del disco aperto.
Si effettua una termografia con un neurocalometro che rileva la
temperatura della pelle per confermare la lesione dato che una sua
presenza provoca iperemia e congestione. Per utilizzare questo
strumento senza alterarne il risultato, la pelle deve essere asciutta e non
sudata. Inoltre, bisogna passare sulla pelle una sola volta dato che una
frizione ripetuta fa aumentare la temperatura.
Il neurocalometro è formato da 2 elettrodi che scivolano da entrambi i lati
della colonna vertebrale esercitando la stessa pressione. Lo spostamento
dell’ago più a destra o più a sinistra in una determinata zona indica che a
quel livello è presente una posteriorità. Ciò sarà sempre da confermare
con la palpazione.
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Quando è presente uno sbadiglio discale, l’ago si sposta verso questo lato
e sul display appare un picco. Ciò indica la presenza di una lesione a
questo livello.
Un’altra modalità di valutazione è quella di cercare le dermalgie. Se, per
esempio, ad uno specifico livello, l’ago devia da un lato, effettuerò un
pinzè / roulè sulla zona corrispondente. Se è presente una lesione, tale
manovra provocherà dolore ed il tessuto sottocutaneo risulterà fibroso.
In chiropratica non si usa il termine di “lesione” bensì di sublussazione o
di fissazione. Giova ricordare che non tutte le ipomobilità del rachide
sono da correggere dato che alcune non sono altro che degli adattamenti
dell’alterazione primaria.
Saranno da correggere solo quelle in cui termografia e Kinesiologia
Applicata saranno positive. Si può utilizzare anche la percussione dato che
effettuarla sulla spinosa o sulla trasversa della vertebra sublussata,
produce un dolore bruciante.
NB: anche un tumore o una patologia viscerale possono essere causa di
dolore alla percussione.
In chiropratica non si manipolano le zone del rachide che, sebbene siano
fisse, non provocano sintomi.
Sublussazione: perdita di movimento in una biomeccanica normale che
necessita di una forza di correzione a livello articolare rappresentata da
una manipolazione.

Differenze fra sublussazione e fissazione:


Fissazione: non da sintomi. Si tratta di una ipomobilità senza
compressione nervosa né dolore. Può essere provocata da una
contrattura muscolare. Si localizza su 3 o 4 vertebre e la Kinesiologia
Applicata risulta negativa.
Sublussazione: si localizza solo su 2 vertebre, la sovrastante ipomobile
rispetto alla sottostante. La Kinesiologia Applicata risulta sempre positiva.
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Regione sacro-iliaca: per la valutazione si utilizza la palpazione dinamica


dato che quella statica è assai soggettiva. Si utilizzano la Kinesiologia
Applicata e la termografia per confermare la disfunzione.

TESTS DI VALUTAZIONE DINAMICA DEL BACINO.


Test di Gillet: può essere fatto in maniera globale valutando la mobilità
dell’intera articolazione sacro-iliaca oppure in maniera selettiva valutando
l’istmo e ciascun braccio. Test molto affidabile.
Test di flesso / estensione del tronco (o test dei pollici montanti). Test
molto affidabile. Infatti, la presenza di un’eventuale ipomobilità dorsale o
cervicale si ripercuote sul bacino.
Test per determinare la rotazione interna o esterna degli iliaci: paziente
seduto, piedi in appoggio ed immobili per evitare di coinvolgere qualsiasi
movimento dell’anca.
Test della base sacrale: ha come obiettivo quello di percepire a livello del
sulcus l’anteriorizzazione del sacro dal lato dove avviene l’inclinazione
laterale e la posteriorizzazione dal lato opposto.
Test chiropratico (o di Thompson): paziente prono. Il terapeuta
comprime il sacro e chiede al paziente di estendere l’anca a ginocchio
esteso prima a destra poi a sinistra. Si prende nota dell’altezza raggiunta.
Test di allungamento: paziente nella stessa posizione precedente. Il
terapeuta esercita una pressione sulla base sacrale e verifica se gli arti
inferiori si allungano caudalmente. Se nessuno dei 2 o 1 dei 2 si allunga
meno, è presente un’ipomobilità.
Test per differenziare un’ipomobilità lombare da un’ipomobilità sacro-
iliaca: paziente prono. Si determina da che lato è l’arto inferiore corto. Si
chiede al paziente di allungare l’arto superiore omolaterale all’arto
inferiore lungo. Se i 2 arti inferiori si pareggiano, il problema è lombare.
Se non varia la loro differenza di lunghezza, il problema è sacro-iliaco.
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Test da seduto: si prende contatto con la base sacrale e si chiede al


paziente di lordosizzare e cifotizzare il rachide. Si valuta se si verificano
anteriorizzazione e posteriorizzazione della base sacrale e se questi
movimenti avvengono simmetricamente.
Kinesiologia Applicata: generalmente si utilizzano gli ischio-crurali ed il
sartorio benchè si possa utilizzare qualunque muscolo del corpo e con
esso testare tutta la colonna. Si effettua una TL sul sacro e sugli iliaci per
sapere quale struttura è in lesione primaria e deve essere, quindi,
manipolata. Quando ci troviamo di fronte ad un paziente molto forte
(ipertonia muscolare), la manovra di Kinesiologia va fatta esercitando una
forza per un tempo più prolungato in modo che il muscolo possa adattarsi
e si possa, quindi, valutare se si è indebolito o se è rimasto uguale. Per
valutare se è presente una torsione si agisce sull’AIL.
Dolore legamentoso: si verifica alla fine del movimento. In particolare:
-se il dolore è omolaterale alla latero-flessione, bisogna trattare il
legamento sacro/sciatico,
-se il dolore è controlaterale alla latero-flessione, bisogna trattare il
legamento ileo-lombare,
-se il movimento in estensione del tronco provoca dolore, bisogna
trattare il legamento vertebrale comune anteriore,
-se il movimento in flessione del tronco provoca dolore bisogna trattare il
legamento interspinoso del livello in lesione.

Note di kinesiologia applicata.


E’ un metodo che indaga il Sistema Nervoso per mezzo del test
muscolare. Non valuta la forza ma le interrelazioni.
Giova ricordare che il metamero include:
-dermatomo,
-sclerotomo,
37

-angiotomo,
-miotomo,
-viscerotomo.
Quando è presente una fissazione vertebrale, il segmento midollare
corrispondente al metamero interessato può presentare una facilitazione
che si ripercuoterà lungo tutto il suo decorso. Presenterà, quindi, dei
segni clinici su tutti i suoi elementi:
-dermalgia riflessa messa in evidenza da un pinzè-roulè,
-dolore alla palpazione locale o a distanza (a seconda del decorso del
nervo rachideo),
-angiospasmo,
-ipotonia o spasmo nel miotomo,
-viscerospasmo.

Principi di Kinesiologia Applicata: il segmento midollare cerca di


normalizzare la facilitazione che si è venuta a creare e lo fa con un
equilibrio artificiale. Ciò con lo scopo di neutralizzare il più possibile le
informazioni più patologiche che partono o arrivano a questo livello.
Tuttavia, l’equilibrio ottenuto risulta molto precario.
In KA si utilizzano 2 tecniche:
-la Terapia di Localizzazione (TL) che consiste nel chiedere al paziente di
prendere contatto con la zona in lesione,
-il Challenge che consiste nel sollecitare la struttura in lesione nella
direzione della correzione o nella direzione della lesione con conseguente
modifica o meno del tono muscolare.
Quando si effettuano alcune di queste tecniche su un segmento
midollare, si utilizzano il tatto, la pelle del paziente ed il periostio. Ciò
modifica le informazioni sensitive che arrivano al nervo producendo nuovi
38

influssi che obbligano il SNC a rompere l’equilibrio precario che cercava di


mantenere. E’ per questo che si manifesta una debolezza al test. Si tratta
di una situazione temporanea e breve dato che il SNC cerca di recuperare
il proprio stato di equilibrio (precario). L’arco riflesso vizioso si manterrà
finchè non si correggerà la facilitazione.
Un challenge può essere fatto nella direzione della lesione e/o nella
direzione della correzione.
Per valutare se un livello vertebrale è in stato di facilitazione si utilizza,
inizialmente, la TL facendo toccare al paziente (o al terapeuta) la zona
interessata. Quindi, si testa qualsiasi muscolo appartenga allo stesso
metamero.
Al test muscolare possono verificarsi 2 risultati:
-il muscolo risponde con forza,
-il muscolo risponde con debolezza.
Contattando la zona in lesione, un muscolo inizialmente forte risponde
con debolezza oppure un muscolo inizialmente debole risponde con
forza.
Nelle tecnica Dejarnette si utilizza la TL ed in osteopatia craniale e
viscerale il challenge.

Esempio. Per valutare le articolazioni sacro/iliache si utilizzano gli ischio-


crurali. Prima di tutto dobbiamo accertarci che siano normali (secondo
Kendall) avendo l’accortezza di testarli senza alcuna rotazione per non
favorire l’una o l’altra parte dei muscoli. Partendo da una posizione
Neutra, quindi, si oppone una resistenza alla flessione del ginocchio. In
seguito, dopo aver valutato la forza del muscolo, si esegue una TL per
verificare se è presente un problema meccanico. In categoria 1 entrambe
le articolazioni sacro/iliache sono in lesione (lesione bilaterale). Si invita
ora il paziente a posizionare entrambe le mani su di esse per poi eseguire
nuovamente il test.
39

Se il muscolo si indebolisce, abbiamo la conferma che il paziente è in


categoria 1.
Se il muscolo rimane forte, il paziente non è in categoria 1.
A questo punto, il paziente posiziona una delle proprie mani
sull’articolazione sacro/iliaca omolaterale per poi fare lo stesso dalla
parte opposta.
Se il muscolo si indebolisce il paziente è in categoria 2.
Se rimane forte, il paziente non è in categoria 2 e potrebbe essere in
categoria 3 (ernie e sciatiche).
Grazie al challenge sarà possibile sapere se si tratta di un’ernia discale o di
una fissazione vertebrale ed, anche, determinare la miglior direzione di
correzione.

Test di compressione cervicale (categoria 2).


Si utilizza per differenziare una disfunzione cervicale in un paziente in
categoria 2. Da farsi per qualunque sindrome dolorosa cervicale.
Paziente supino. Il terapista, seduto alla testa del paziente, la afferra con
entrambe le mani (pollici ai lati della sutura metopica, altre dita sul
cranio). Quindi, lo invita a sollevare entrambe le gambe simultaneamente
senza aiutarsi con le braccia. Normalmente può farlo. In seguito, effettua
una compressione diretta verso i piedi. Se il paziente non può sollevare gli
arti inferiori SENZA compressione ma lo può fare CON compressione, la
disfunzione è dovuta ad una alterazione cervicale dato che la
compressione cervicale neutralizza la lesione della dura madre cervicale
(bisognerà, tuttavia, cercare il livello patologico).
Qualora si dovesse verificare il contrario, ovvero, può sollevare SENZA
compressione ma non può CON compressione, concluderò che si tratta di
una disfunzione sacro/iliaca (il paziente, in questo caso, è in categoria 2).
40

RADIOGRAFIA DEL BACINO.


In chiropratica si osserva la radiografia facendo coincidere il lato destro
della stessa con il lato destro del terapeuta (come se la si osservasse da
dietro).

Lesione postero inferiore dell’iliaco (PI-EX):


-aumento della lunghezza della linea innominata,
-forame otturatorio più aperto e più ovale,
-iliaco più alto e più lungo,
-generalmente si associa ad un out flare.

Lesione antero superiore dell’iliaco (AS-IN):


-diminuzione della lunghezza della linea innominata,
-forame otturatorio più chiuso,
-iliaco più largo e più basso,
-generalmente si associa ad un in flare.

Lesione di rotazione interna pura:


-simile alla lesione antero superiore a parte per il fatto che è più larga,
-gli iliaci si trovano alla stessa altezza,
-riferendosi ad una linea che passa per spinosa di L5, spinose del sacro e
sinfisi pubica, il ramo pubico dove è presente la rotazione interna si trova
ad una distanza minore rispetto al controlaterale.
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Lesione di anteriorità bilaterale:


-i 2 forami otturatori appaiono più chiusi.

Lesione di posteriorità bilaterale:


-i 2 forami otturatori appaiono più aperti.

Lesioni più frequenti:


-lesione postero inferiore + out flare,
-lesione antero superiore + in flare.
In caso di rotazione iliaca, l’altezza delle creste iliache è la stessa.

LINEE DI RIFERIMENTO DA TRACCIARE SU UNA RADIOGRAFIA.


Le radiografie vanno eseguite a paziente in piedi, ben allineato, tenendo
in considerazione se si rileva una posizione antalgica.
-Linea delle creste iliache. Unisce il punto più alto delle creste.
-Linea delle teste femorali.
-Linea ischiatica.
42

Se la differenza fra le teste femorali è più di 1cm ed il paziente riferisce


dolore, in stazione eretta è consigliabile posizionare una suoletta di 5 mm
con lo scopo di diminuire tale dolore.
Osservando la lunghezza dei 2 iliaci è possibile rilevare eventuali lesioni di
anteriorità o posteriorità.
Conviene segnare un punto su S2, considerato come il centro del sacro e,
a partire da questo, si effettuano delle misurazioni per verificare la
presenza o meno di una simmetria.
Modalità per determinare anteriorità o posteriorità del sacro:
-dal lato in cui la distanza è minore: anteriorità.
-dal lato in cui la distanza è maggiore: posteriorità.
Si devono misurare larghezza ed altezza degli iliaci per poterle comparare.
E’ inoltre necessario eseguire delle radiografie dinamiche in
lateroflessione destra / sinistra, flessione, estensione. Anamnesi,
valutazione delle radiografie, termografia, palpazione dinamica,
Kinesiologia Applicata sono necessarie per fare diagnosi ed impostare il
trattamento.
Si controlla se la differenza di lunghezza rilevata a livello degli arti inferiori
coincide con la differenza fra le teste femorali. Il lato dell’arto inferiore
corto deve coincidere con quello dell’iliaco posteriore.
43

Il sacro può fissarsi uni o bilateralmente. I parametri di superiorità o di


inferiorità possono associarsi a quelli di anteriorità o posteriorità. Sarà,
quindi, possibile avere un sacro antero / inferiore da un lato e postero /
superiore dall’altro.
Per fare diagnosi radiograficamente si segna su S2 un punto partendo dal
quale si misura la distanza rispetto al bordo laterale alla stessa altezza. La
maggior distanza evidenzia una posteriorità.
Si traccia una perpendicolare alla parte più laterale ed una parallela alla
linea femorale. Non deve esserci differenza d’altezza fra linee femorale e
sacrale. In una radiografia laterale sarà possibile osservare se la base
sacrale è anteriore o posteriore e se sono presenti spondilolistesi o
spondilolisi.
44

TECNICHE DIRETTE PER GLI ILIACI ED IL SACRO.


Tutte le tecniche si effettuano in decubito laterale, a parte per una
lesione posteriore bilaterale che si corregge da prono.
Ricordiamo la posizione del lumbar roll.
Paziente in decubito laterale, ben allineato vicino al bordo, bacino e spalle
perpendicolari al lettino. Si traziona:
-l’arto superiore per creare una piccola obliquità del cingolo scapolare,
-l’iliaco inferiore per fare la stessa cosa con il bacino,
-la gamba inferiore caudalmente.
Il terapeuta flette il proprio ginocchio e posiziona la propria cresta tibiale
sulla faccia antero-esterna della coscia del paziente.
Grazie a questa posizione si possono effettuare 2 tecniche:
-PULL MOVE: viene eseguita una trazione,
-PUSH MOVE: viene eseguita una spinta.
Si prende contatto o a livello della sacro-iliaca o a livello lombare per
aprire o chiudere l’articolazione. Quindi, si effettua un tissue pull ed un
movimento a torchio per rendere più precisi questi contatti.
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Il terapeuta otterrà la massima tensione avvicinando a sé il bacino del


paziente ed eseguendo simultaneamente il thrust.
Non si deve mettere troppa lordosi perché si correrebbe il rischio di
includere L5.
Questa posizione è valida per tutte le tecniche che descriveremo.

LESIONI ILIACHE.

Iliaco posteriore a sinistra.


Si prende contatto con il pisiforme sulla sips. Le dita non effettuano né
rotazione interna né rotazione esterna. Si effettua un thrust per
anteriorizzare l’iliaco.
Se posteriorità e rotazione sono combinate, bisognerà orientare le dita
verso l’alto o verso il basso a seconda della direzione di correzione ed
aggiungere un movimento di avvitamento a tale contatto.

Iliaco posteriore + rotazione esterna:


Paziente in posizione identica a quella di una disfunzione anteriore. In
questo caso, però, al thrust si associa un movimento delle dita verso il
soffitto (rotazione interna).
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Iliaco posteriore + rotazione interna.


Paziente in una posizione identica a quella di una disfunzione anteriore. In
questo caso, però, al thrust si associa un movimento delle dita verso il
pavimento (rotazione esterna). L’avambraccio deve sempre trovarsi su un
piano perpendicolare rispetto alla lesione.

Iliaco anteriore + rotazione esterna a sinistra.


Si prende contatto con la tuberosità ischiatica, dita dirette leggermente
verso l’alto allo scopo di indurre una rotazione interna. Si effettua il thrust
verso la testa del paziente combinandolo con la rotazione. In caso di
rotazione interna, le dita saranno dirette leggermente verso fuori e si
effettuerà il thrust verso la testa ed in rotazione esterna.
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Lesione di rotazione interna da un lato / rotazione esterna dall’altro.


Lato della rotazione esterna contro il lettino. Il terapeuta colloca le dita
unite a livello della SIAS dove si trova la rotazione esterna, avambraccio
perpendicolare alla pelvi e prende appoggio sull’iliaco in rotazione
interna.

LESIONI SACRALI.

Lesione posteriore unilaterale della base sacrale.


Paziente in decubito laterale con il lato in lesione verso l’alto. Il terapeuta
colloca il pisiforme contro l’emibase sacrale posteriore con lo scopo di
esercitare una pressione in avanti. Se tale lesione si associa ad una
inferiorità o ad una superiorità, le dita verranno orientate nella direzione
della correzione.
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Lesione antero inferiore del sacro.


Paziente in decubito laterale, lato in lesione contro il lettino. Il terapeuta
prende contatto con il pisiforme sull’AIL sacrale del lato opposto con lo
scopo di esercitare una pressione in avanti e cefalicamente in rotazione.

Lesione anteriore o posteriore bilaterale del sacro.


Il terapeuta, su un lettino munito di drops, effettua una tecnica diretta
eseguendo una pressione sulla base sacrale o sull’AIL con il tallone della
propria mano. Si può anche eseguire tale tecnica analiticamente prima da
un lato, poi dall’altro.
In decubito laterale si effettua la tecnica di Pull Move da entrambi i lati in
successione.
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Lesione del coccige.


La lesione più frequente è quella di flessione combinata con rotazione o
inclinazione destra o sinistra. Per sapere il lato della correzione, è
necessario fare un challenge.
La tecnica più efficace per correggere il coccige è quella interna passando
dal retto. Durante l’espirazione si solleva il coccige, durante l’inspirazione
si mantiene l’ampiezza ottenuta. Si effettuano vari cicli respiratori.
Con la palpazione si localizzano i trigger points e si massaggiano i
legamenti sacro-sciatico e sacro-coccigeo nel corso dell’accesso rettale.
Si può anche eseguire una manipolazione esterna utilizzando un lettino
munito di drop.
Si sollecita il coccige con il pollice il quale viene rinforzato dal pisiforme
dell’altra mano. Quindi, si realizza un thrust verso il pavimento con un
torchio diretto verso il lato della correzione.

TECNICA DI GONSTEAD PER LA REGIONE DORSALE E LOMBARE.

A questi livelli possiamo avere, generalmente, 2 tipi di lesioni:


-spinosa deviata dallo stesso lato dello sbadiglio discale: lesione di
superiorità. Per riportare i corpi vertebrali paralleli si prende contatto
sulla spinosa e si effettua un thrust diretto con torchio verso sinistra.
-spinosa deviata dal lato opposto allo sbadiglio discale: lesione
d’inferiorità. E’ presente una posteriorità. Per riportare i corpi vertebrali
paralleli si prende contatto sul tubercolo mamillare o sulla lamina del lato
opposto.
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VALUTAZIONE OSSERVANDO LE RADIOGRAFIE.


Su una radiografia in antero / posteriore per sapere se è presente uno
sbadiglio discale e se c’è una lesione in superiorità o in inferiorità, si
tracciano delle linee che passano per i piatti vertebrali: una che passa per
il piatto inferiore della vertebra superiore, un’altra che passa per il piatto
superiore della vertebra inferiore.
Se le linee sono parallele significa che non c’è latero-flessione, non c’è
sbadiglio discale ma si tratta solamente di una deviazione pura della
spinosa. In caso di lesione d’inferiorità, sbadiglio discale e deviazione della
spinosa si trovano su lati opposti.
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PELVI: RADIOLOGIA E PRATICA.


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DIAGNOSI OSTEOPATICA.

-----Interrogatorio,
-----Zona dolorosa,
-----Tessuto lesionato (palpazione, radiologia),
-----Scelta della tecnica di trattamento piu’ appropriata,
-----Trattamento se c’e’ assenza di controindicazioni (interrogatorio,
biologia, radiologia).

CARATTERISTICHE DEL DOLORE A SECONDA DEL TESSUTO.


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DOLORE RIFERITO DEL DUODENO.

DOLORE RIFERITO DELLO STOMACO.


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DOLORE RIFERITO DELLE VIE BILIARI.

DOLORE RIFERITO DEL CUORE.


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DOLORE RIFERITO DEI POLMONI.

SEQUENZA DIAGNOSTICA:

1)Ispezione:
-zone piatte (anteriorita’),
-disequilibrio statico di fronte e di profilo,
-movimenti dolorosi (schema a stella).

2)Palpazione statica:
-quick scanning per evidenziare la zona di maggior fissazione,
-spinose dolorose e identificazione dell’apofisi trasversa posteriore,
-dermalgia riflessa corrispondente.
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PALPAZIONE DELL’APOFISI SPINOSA FACILITATA.

ANTERIORITA’ TORACICA.

ANTERIORITA’ TORACICA.
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3)Palpazione dinamica:
-Test di Mitchell in 3 posizioni: identificazione del tipo di disfunzione.
-Test di mobilita’ analitici in flessione, estensione, lateroflessione e
rotazione: identificazione del parametro maggiore di lesione.

QUICK SCANNING DELLE DORSALI.

TEST DI MITCHELL PER LE DORSALI.


1)Test per le dorsali medie e basse (L5 – T4):

Figura sinistra: palpazione in posizione neutra da prono.


Figura destra: palpazione nella posizione della sfinge.
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Palpazione in flessione del tronco.

2)Test per le dorsali alte (T4-T1):

Palpazione in posizione cervicale neutra.


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TEST DI MITCHELL PER LE DORSALI.

Figura sinistra: palpazione in posizione d’estensione cervicale.


Figura destra: palpazione in flessione cervicale.

TEST DI MOBILITA’ ANALITICO.


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PATOLOGIA OSTEOPATICA.

MIDOLLARE EFFETTI DELLA FACILITAZIONE SECONDO IRWIN KORR.

A-Angiotomo. D-Dermatomo. M-Miotomo. S-Sclerotomo. V-Viscerotomo.


1-Midollo spinale.
2-Radice posteriore sensitiva.
3-Radice anteriore motoria.
4-Ganglio simpatico laterovertebrale e rami comunicanti.
5-Ganglio plessiforme viscerale.

RIPERCUSSIONI VASCOLARI.
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Riflesso neurovascolare vertebrale.

CONSEGUENZE DELLA FACILITAZIONE MIDOLLARE.

Si ripercuote su tutti gli elementi che costituiscono il metamero:


-dermatomo: dermalgia riflessa,
-miotomo: ipotonia o ipertonia muscolare,
-sclerotomo: dolore del periostio o dei legamenti,
-angiotomo: angiospasmo (lesione neurovascolare),
-enterotomo: disfunzione neurovegetativa viscerale.
Induce una facilitazione dei messaggi nocicettivi, una simpaticotonia e
reazioni neuroendocrine.

La diagnosi si basa su 3 segni clinici:


-dolore alla palpazione dell’apofisi spinosa della vertebra che appartiene
allo stesso metamero,
-dermalgia lungo il dermatomo,
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-debolezza al test muscolare nello stesso miotomo.


LE ERNIE DISCALI DORSALI.
1-Fisiopatologia:
A livello dorsale, esiste una liberta’ relativa in rotazione mentre la
lateroflessione e‘ molto limitata. E’ proprio la rotazione a provocare una
forza di taglio sul disco. Nonostante cio’, a livello toracico, il disco non e’
responsabile di radicolalgie come avviene, invece, a livello lombare.

Un malposizionamento delle teste delle coste, una lassita’ o una rottura


dei legamenti capsulari favoriscono la protrusione discale a livello
dell’articolazione costo-corporeale.

A)In seguito a dei micro-traumatismi (sollevare un oggetto pesante, sforzi


in rotazione del tronco) si puo’ verificare una rottura delle fibre
dell’anello fibroso. Durante la rotazione del corpo vertebrale
sopragiacente, la vertebra arretra mentre la costa non si muove:
l’articolazione costo-corporeale subira’ un’apertura massima, i legamenti
verranno stirati o rotti, favorendo cosi’ la protrusione del disco o
nell’articolazione corporeale o nel forame intervertebrale.

B)La protrusione discale provochera’ un edema che arrivera’ ad irritare i


legamenti ed il nervo sinu vertebrale di Luschka.
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2-Semiologia:
-dorsalgie (dolore acuto dorsale): il dolore aumenta con la tosse,
l’inspirazione profonda e la rotazione del tronco.
-contrattura dei muscoli spinali. Rigidita’ segmentaria.
-dolore che aumenta in seguito ad una compressione assiale (aspetto che
traduce una sofferenza discale).
-frequentemente il paziente e’ costretto ad assumere una posizione
antalgica in flessione del tronco.
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LE SCOLIOSI.
La vera scoliosi e’ una deformazione strutturale intra-ossea del rachide: e’
per questo che risulta impossibile da correggere completamente.
Nonostante cio’, il dolore e’ anormale e bisognera’ restituire
imperativamente il benessere al paziente liberando le vertebre fissate
(tenendo conto della convessita’) ed investigando correttamente le zone
di inversione delle curve, zone di stress massimo, origine dei dolori +++.

I NERVI SENSITIVI CUTANEI VERTEBRALI.

LE DORSALGIE.
74

Una cellulalgia della regione medio-dorsale e della fossa sovraspinosa


corrisponde, per l’autore, ad una sofferenza segmentaria del rachide
cervicale inferiore.
Tuttavia, anatomicamente, questo ampio territorio e’ innervato dal ramo
cutaneo di T2 e di T3.
A T4 corrisponde un territorio posteriore situato approssimativamente in
corrispondenza di T8 e anteriore a livello del capezzolo.
A T7 corrisponde un territorio posteriore situato a livello di T11-T12 e
anteriore a livello delle ultime coste.
A T11 corrisponde un territorio posteriore situato lungo la cresta iliaca e
una zona anteriore (meno frequente) situata a livello della parte inferiore
dell’addome.

“Punto cervicale del dorso (Maigne)”: riflette una sofferenza del rachide
cervicale inferiore sia discale o articolare posteriore sia benigno o
maligno. Corrisponde all’emergenza del ramo posteriore di T2.
75

“Punto cervicale del dorso (a destra)”: potrebbe confondersi con un


dolore articolare posteriore del segmento T4-T5 o T5-T6 (a sinistra). In
questo caso, la zona cellulalgica che corrisponde al territorio del ramo
posteriore di T5 sara’ situata piu’ in basso ossia in corrispondenza di T9-
T10.

DOLORE RIFERITO A PARTIRE DAI LEGAMENTI INTERSPINOSI SECONDO


LEWIS E KELLGREEN.

IPERMOBILITA’ E IPOMOBILITA’ A LIVELLO TORACICO.


Le anteriorita’ toraciche sono sintomatiche, causano disfunzioni
vasomotorie e della duramadre.
Impongono un’ipermobilita’ reazionaria compensatoria sopra o
sottogiacente: il sintomo si trova a livello dell’articolazione ipermobile.
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Torcicollo / NCB C5-C6.


Zona rigida da C7 a T4.
Dorsalgia T5-T6.
Zona rigida da T10 a T12.
Lombalgie alte /neuralgie.

Ipermobilita’.
Ipomobilita’.
Ipermobilita’.

LESIONE DI FLESSIONE (CIFOSI).


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Lesione di gruppo in flessione bilaterale: si associa ad uno slittamento


postero-inferiore delle vertebre. I dischi vengono spinti indietro ed i
legamenti posteriori messi in tensione. Le coste saranno posteriorizzate e
cio’ provochera’ una rigidita’ toracica durante la rotazione. Questa lesione
impone una iperlordosi compensatoria sopra e sottogiacente.
La flessione e’ libera, mentre sara’ presente una rigidita’ in estensione.
Gli spazi interspinosi sono aperti; una spinosa puo’ trovarsi piu’ posteriore
(lesione postero-inferiore di una vertebra isolata all’interno del gruppo
cifotico).
Movimenti limitati: estensione e rotazioni.
Obiettivo della manipolazione: thrust in estensione, stretching in
estensione. Correggere in maniera aspecifica la lesione postero-inferiore.

LESIONE DI ESTENSIONE (ANTERIORITA’).

Lesione di gruppo in estensione bilaterale (iperlordosi): si associa ad uno


slittamento antero-superiore delle vertebre.
Tale complesso andra’ a costituire una zona piatta che rifiutera’ di
portarsi in flessione.
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Le spinose sono vicine; una spinosa puo’ trovarsi piu’ anteriore (lesione di
anteriorità di una vertebra isolata all’interno del gruppo).
L’apofisi articolare superiore invade il forame intervertebrale superiore
arrivando ad irritare la radice nervosa.
L’estensione sara’ libera, la rigidita’ (zona piatta) apparira’ in flessione.
Questa lesione favorira’ un’ipermobilita’ reattiva di altri livelli (in
particolare a livello cervicale).
I movimenti limitati saranno: flessione ++ e lateroflessione
bilateralmente.
Obiettivo della manipolazione: thrust in flessione, stretching in flessione.
Correggere in maniera aspecifica la lesione d’anteriorita’.

PLI.

-Lesione di disembricazione dal lato opposto alla posteriorita’: la


protrusione postero-laterale sinistra del disco blocca la faccetta articolare
sinistra in una posizione di apertura.
-Si verifica una rotazione dal lato della concavita’.
-La posteriorita’ aumenta in estensione e sparisce in flessione.
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-Lo spazio interspinoso inferiore sara’ aperto; dal lato in lesione (sinistro),
la costa sara’ alta e anteriore mentre dal lato opposto sara’ bassa e
posteriore.
-Movimenti limitati: estensione e lateroflessione sinistra.
Obiettivo della manipolazione: chiudere la faccetta sinistra disembricata.
NOTA: per la diagnosi ed il trattamento, al di sopra di T5 si utilizzera’ una
leva cervicale.
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TECNICHE DI TRATTAMENTO.

TECNICA ARTICOLARE DEI PISIFORMI A “ X “.

TECNICA LIFT OFF.


Il principio di questa tecnica e’ provocare uno slittamento divergente
delle faccette articolari ed un recupero del movimento fisiologico di
decoattazione assiale.
Tale tecnica si puo’ utilizzare da T1 a T12 con la possibilita’ di applicazione
su 2 livelli articolari o su una sola faccetta (quando si vuole essere piu’
precisi). E’, prima di tutto, una tecnica globale che da piu’ gioco
meccanico alle articolazioni vertebrali.
E’ utile in caso di fragilita’ del rachide (osteoporosi) o quando il paziente
non e’ in grado di rilassarsi da supino.
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Il braccio di leva maggiore e’ la flesso-estensione ma e’ possibile utilizzare


anche S-R per focalizzare le forze.

LIFT OFF PER LE DORSALI BASSE.


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