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GLI STR UZZ I 298

Roland Barthes
~ovvio e l'ottuso -
sagg i cri ti ci lii

EINAUD I
Barthes e il mondo figurativo: la pittura, la fotografia, il cinema,
la scrittura. Barthes e il teatro: la rappresentazione e i classici
greci, la «continuità» Diderot Brecht Ejzenstejn. Dunque
la scrittura del visibile. Poi il corpo della musica: l'ascolto,
il canto romantico, Schumann , la voce e la lingua. Saggi, scritti ,
note, dagli anni sessanta alle ultime carte, redatte poco prima
della scomparsa del grande semiologo e scrittore. Saggi critici
che documentano anche l'evoluzione del modo di scrivere
di Barthes, l'accostarsi a opere e a situazioni, il trascriverne
il percorso, il senso. Tra senso owio , quello che l'autore
ha intenzionalmente prestato all'opera, e che è tratto dal più
largo lessico comune dei simboli, e senso ottuso , quello
che «accade in eccesso , come un di piu che la mia intelligenza
non giunge ad assorbire del tutto , e sfugge».

Roland Barthes è nato a Cherbourg nel 1915. Ha insegnato


all'École Pratique des Hautes Études e al Collège de France.
È morto a Parigi nel 1980. Di Barthes, Einaudi ha pubblicato:
Elementi di semiologia; Saggi critici; Critica e verità; Sistema
della Moda; SIZ; Miti d'oggi; Il piacere del testo; Sade, Fourier,
Loyola; Frammenti di un discorso amoroso; Barthes di Roland
Barthes; La camera chiara; Il grado zero della scrittura seguito
da Nuovi saggi critici ; L 'imper9 .dei segni; Lezione; Il brusio
della lingua; La grana della voce; Incidenti; L 'awentura
semiologica.

ISBN 88-06-58511-8

Lire 28000
11I
Il 1111
9 788806 585 11 2
Gli struzzi 298
Roland B arthes
L'ovvio e l'ottuso

Saggi critici III

Titolo originale L 'obvie et l'obtus. EssaiscritiquesIII


© 1982 Éditions du Seui!, Paris

© 1985 Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino

T raduzioni di Carmine Benincasa, Giovanni Bottiroli , Gian Paolo Caprettini,


Daniela De Agostini, Lidia Lonzi, Gio vanni Mariott i

ISBN88-06-585II · 2
Einaudi
Indice

r
_:
p. VII Nota del/'editoreali'edizione/rancese

L'ovvio e l'ottuso
I
La scrittura del visibile
L'immagine
5 Il messaggio fotografico
22 Retorica dell'immagine
42 Il terzo senso
La rappresentazione
63 Il teatro greco
89 Diderot , Brecht, Ejzenstejn
Letture: il segno
99 Lo spirito della lettera
104 Erté o Alla lettera
130 Arcimboldo owero Retore e mago
Letture: il testo
149 La pittura è un linguaggio?
152 Semiografia d 'André Masson
Lettu re: il gesto
157 Cy Twombly o« Non multa sed multum »
INDICE
VI
Letture: l'arte Nota dell'editore all'edizione francese

P- 177 Saggezza dell'arte


194 L'arte, questa vecchia cosa ...

Il corpo
205 Réquichot e il suo corpo

II

C"
Il corpo della musica
Negli ultimi anni Roland Barthes aveva espresso piu
237 Ascolto volte l'intenzione di pubblicare nuove raccolte di saggi
25~ Musica practica critici, e se ne poteva già intravedere la struttura. Aveva
257 La grana della voce anche abbozzato alcuni raggruppa menti. Nel momento
La musica, la voce, la lingua in cui è stato necessario riprendere questo lavoro - non
267
in sua vece, ne vedremo il perché - era evidente almeno
274 Il canto romantico un principio: come nei due volumi precedenti (Essais
281 Amare Schumann critiques, 1964, e Nouveaux Essais critiquesraccolti di se-
287 Rasch guito a Degrézéro del' écriture,1972 [trad. it. Saggicritici,
Einaudi, Torino 1966, e Il gradozero della scritturasegui-
In appendicealla prima parte to da Nuovi saggi critici, Einaudi, Torino 1982]), occor -
301 Dritto negli occhi reva escludere i testi piu contingenti, scritti per occasioni
specifiche. Si sarebbe ro invece raccolti gli articoli pub-
blicati in rivista, le prefazioni e gli studi: quanto cioè co-
307 Nota ai testi stituisce propriamente un saggio. Momenti significati-
308 Nota alle illustrazioni vi - cosi si diceva nel primo volume - di una esperienza
intellettuale tipica dell'epoca, e qui aggiungeremo: a
condizione di mettere in evidenza non solo l'esperienza,
ma anche l'intelligenza che in esse si manifesta, e di pre-
cisare che, attraverso l'esplorazione dell' «impe ro dei se-
gni», si è sempre piu evidenziato il disegno insostituibile
- meglio sarebbe dire: la volumetria - di una soggettivi-
tà: quella di chi si definiva, in un saggio, come il «dilet-
tante dei segni».
Una volta effettuata la scelta, la vastità degli scritti che
restavano era impressionante - per molti, insospettata.
Si sono evidenziati allora l'importanza e il progredire
delle ricerche su ciò che, in mancanza di una espressione
migliore, potremmo chiamare «scrittu ra del visibile»
VIII NOTA DELL'EDITORE ALL'EDIZIONE FRANCESE
NOTA DELL ' EDITORE ALL 'EDIZIO N E FRAN CESE IX
(fotografia, cinema , pittura ), e sulla musica: è parso dun-
que opportuno organizzare tale insieme, rinviando i sag- 1~77. Disponevamo infatti di un testo redatto p_er intero, e_checi è parso _importante
sia pcrche completa 1 cesti prcccdentt sulla musica, sia per 11suo valore b1onrnfico .
gi sul testo letterario ad una prossima raccolta. Nessuno 1:'crci~ che conccrn~il campo della pittura,tutti i saggi di Barthcs- ~ureicom•
può sentirsi certo che Barthes avrebbe sottoscritto que- posti relauvamcnte tardi - avrebbero potuto trovar posto in qu<:.-sto volume orazic
sto taglio: ce ne assumiamo dunque la responsabilità , anche all'immediato consenso dei vari editori: si è, invece, dovuto rinuncia~c e a
malincuore ad uno scritto su Steinbcrg, che era stato richiesto anni fo a Barrhes e
cosi come siamo responsabili della scelta del titolo- ispi- che questi aveva preparato nei modi che sono della sua ultima scrittura - quella
per frammenti . La pubblicazione del libro , per cui il testo di Barthes era stato con-
rato all'articolo su Ejzenstejn - , che ci è sembrato ben segnato dal 1977, è avve nurn dopo che la presenteraccolta di saggi er:1stata edirn.
adattarsi a tutto il volume , nel suo movimento che va
dall'organizza zione simbolica al supplemento enigmati-
co, «senza significato» , alla «piega» sovversiva della si-
gnificanza.
Ci assumiamo anche la responsabilità dell'ordine scel-
to per i testi: la loro disposizione, e le poche grandi se-
zioni in cui sono stati suddivisi, certamente non sarebbe-
ro state quelle di Barthes - lo si può affermare con si-
curezza, perché tale lavoro è sempre stato quello in cui
la creazione barthiana, per chi la seguiva di giorno in
giorno, si manifestava nella sua imprevedibilità, e perché
ordinare rinviava a quanto c'era di piu irriducibile nel-
l'originalità di quell'opera - nella coesione di una scrit -
tura completa in cui nulla lascia distinguere tra l'inven-
zione del concetto, la scelta dell'immagine-chia ve, la
struttura della frase, e il respiro del discorso. Se non al-
tro , ci è sembrato che procedere in questo modo rispet-
tasse ampiamente l'ordine cronologico , pur permetten -
do di cogliere lo spostamento del pensiero e nello stesso
tempo le riappropriazioni dello stile.
Un 'ultima osservazione: Barthes stesso, attento al mi-
nimo dettaglio concernente la sua attività di scrittore, ha
sempre redatto la parte essenziale della scheda di accom-
pagnamento dei suoi libri, cosi come fu lui a scegliere
di essere l'autore del saggio Roland Barthes nella collana
«Écrivains de toujours »: di conseguenza l'editore sente
come una costrizione inevitabile il suo intervento in que-
sta sede, dove è obbligato a sottolineare con una cancel -
latura inopportuna l'unica responsabilità del discorso'.
F.W.
1
In un solo caso si è trasgredita laregola barthfrma di non confondere lo scritto
con l'orale: si tratta della conferenza su Charlcs Panzéra , pronunciata a Roma nel
L'ovvio e l'ottuso
La scrittura del visibile
L'immagine
Il messaggio fotografico

Nei giornali, la fotografia è un messaggio. L'insieme


di tale messaggio è costituito da una fonte di emissione,
da un canale di trasmissione e da un ambiente di ricezio-
ne. La sorgente di emissione è la redazione del giornale,
il gruppo dei tecnici a cui appartiene chi scatta la foto,
chi la sceglie, chi la compone, la tratta, e infine chi le
assegna un titolo , una didascalia e un commento. L'am-
biente di ricezione è il pubblico che legge il giornale.
Quanto al canale di trasmissione, è il giornale stesso o,
piu precisamente, un complesso di messaggi concorren-
ti, il cui centro è la fotografia, ma i cui contorni sono
costituiti dal testo, dal titolo, dalla didascalia, dall'impa-
ginazione e, in modo piu astratto ma non meno «infor-
mante», dal nome stesso del giornale (perché questo
nome costituisce un sapere che può modificare notevol-
mente la lettura del messaggio propriamente detto: una
fotografia può cambiare significato passando dall' «Au-
rore » all'«Humanité» ). Que ste constatazioni non sono
inutili ; si comprenderà infatti come in questo caso le tre
parti tradizionali del messaggio non richiedano lo stesso
metodo di esplorazione; l'emissione e la ricezione del
messaggio dipendono entrambe da una sociologia: si
tratta di studiare dei gruppi umani , di definire delle mo-
tivazioni, delle attitudini, e di cercare di collegare il com-
portamento di questi gruppi alla società totale di cui fan-
no parte. Ma per quanto riguarda il messaggio in sé, il
metodo deve risultare necessariamente diverso: quali
che siano l'origine e la destinazione del messaggio, la fo-
tografia non è solo un prodotto o una via, ma anche un
IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO 7
6 L'IMMAGINE
stessa, il reale preso alla lettera. Dall'oggetto all'immagi-
oggetto fornito di un'autonomia strutturale; senza voler ne, vi è indubbiamente una riduzione: di proporzione,
separare tale oggetto dal suo uso, bisogna prevedere qui di prospettiva e di colore. Ma questa riduzione non è mai
un metodo particolare, precedente la stessa analisi socio- una trasformazione (nel senso matematico del termine);
looica
o '
e che deve consistere nell'analisi immanente di per passare dal reale alla sua fotografia, non è affatto ne -
quella struttura originale che è una fotografia . cessario scomporlo in unità e costituire queste unità in
Naturalmente, anche dal punto di vista di un'analisi segni c~e differiscono sostanzialmente dall'oggetto che
puramente immanente, la struttura della fotografia non essi offrono in lettura; tra quest'oggetto e la sua immagi-
è una struttura isolata; essa comunica quantomeno con ne , non è affatto necessario disporre un collegamento,
un'altra struttura, che è il testo (titolo, didascalia o arti- cioè un codice; senza dubbio l'immagine non è il reale;
colo) da cui ogni fotografia di giornale è accompagnata. . ma ne è quantomeno l'analogon perfetto, ed è precisa-
La totalità dell'informazione dipende perciò da due di- mente questa perfezione analogica che, per il senso co-
verse strutture (una delle quali è linguistica); queste due mune, definisce la fotografia. Appare cosi lo statuto par-
strutture si trovano in concorrenza fra loro, ma poiché ticolare dell'immagine fotografica: è un messaggio senza
le loro unità sono eterogenee, esse non possono mesco- codice. Da questa proposizione bisogna subito trarre un
larsi; qui (nel testo ) la sostanza del messaggio è costituita corollario importante: il messaggio fotografico è un mes-
da parole; là (nella fotografia) da linee, superfici, colori . saggio continuo.
Inoltre, le due strutture del messaggio occupano spazi Esistono altri messaggi senza codice? A prima vista,
riservati, contigui, ma non «omogeneizzati», come av- si: tali sono per l'appunto tutte le riproduzioni analogi-
viene per esempio in un rebus che unisce in una sola li- che della realtà: disegni, dipinti , cinema, teatro. Ma, di
nea di lettura le parole e le immagini . Cosi, benché non fatto, ciascuno di questi messaggi sviluppa in modo im-
vi sia mai fotografia di giornale senza commento scritto, mediato ed evidente, oltre al contenuto analogico in sé
l'analisi deve rivolgersi anzitutto alle due strutture sepa- (scena, oggetto, paesaggio ), un messaggio supplementa-
ratamente; solo dopo aver esaurito l'analisi di ciascuna re, che viene comunemente designato come lo stile della
struttura, si potrà comprendere il modo con cui esse si riproduzione. Si tratta di un senso secondo, il cui signifi-
completano. Di queste due strutture, una è già nota, è cante è un certo «trattamento» dell'immagine sotto l'a -
quella della langue (ma non, si badi, della «lettera tura» zione del creatore, e il cui significato, sia estetico, sia
che viene costituita dalla parole del giornale: in proposi- ideologico, rinvia a una certa «cultura» della società che
to la ricerca è ancora tutta da fare); l'altra, quella della riceve il messaggio. Insomma, tutte queste «arti» imita-
fotografia propriamente detta, è pressoché sconosciuta. tive comportano due messaggi: un messaggio denotato,
Ci si limiterà qui a definire le prime difficoltà di un'ana - che è l'analogon stesso, e un messaggio connotato, che è
lisi strutturale del messaggio fotografico. il modo con cui la società fa leggere, in una certa misura ,
ciò che essa pensa in proposito. La dualità dei messaggi
è evidente in tutte le riproduzioni che non sono foto-
grafiche: non c'è disegno , per quanto «esatto» , la cui
IL PARADOSSO FOTOGRAFICO. stessa esattezza non venga piegata in dire zione dello stile
(«verista» ); non c'è scena filmata, la cui oggettività non
venga letta alla fine come il segno stesso dell'oggettività.
Qual è il contenuto del messaggio fotografico? Che Anche in questo caso lo studio dei messaggi connotati
cosa trasmette la fotografia? Per definizione, la scena
8 L'IMMAGINE IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO
9
resta da fare (bisognerebbe decidere soprattutto se ciò in breve la sua «oggettività» , tut to ciò rischia di essere
che si chiama opera d'arte può ridursi a un sistema di mitico (è il senso comune che attribuisce tali caratteri
significati); si può solo prevedere che, in tutte queste arti alla fotografia ): in effetti, è assai probabile (e questa sa-
imitative, quando sono comuni, il codice del sistema rebbe un'ipotesi di lavoro ) che il messaggio fotografico
connotato è costituito verosimilmente o da una simbo- (perlomeno il messaggio dei giornali) sia anch 'esso con-
lica universale, o da una retorica d'epoca: in breve da notato . La connotazione non è sempre percepibile im-
una riserva di stereotipi (schemi, colori, grafismi, gesti, mediatamente a livello del messaggio stesso (essa è, per
espressioni, raggruppamenti di elementi). cosi dire, al tempo stesso invisibile e attiva, chiara e im-
Ora, in linea di principio, niente di tutto questo vale plicita ), ma si può inferirla già da certi fenomeni che av-
per la fotografia, e comunque per la fotografia dei gior- vengono a livello della produzione e della ricezione del
nali, che non è mai una fotografia «artistica». In quanto messaggio. Da un lato, una fotografia dei giornali è un
la fotografia si propone come un analogo meccanico del- oggetto lavorato, scelto, composto, costruito , trattato se-
la realtà, il suo messaggio primo riempie , per cosi dire , condo norme professionali, estetiche o ideologiche, che
completamente la sua sostanza e non lascia spazio per costituiscono altrettanti fattori di connotazione. D 'altro
lo sviluppo di un messaggio secondo. Insomma, tra tutte lato, questa stessa fotografia non è solo percepita , rece-
le strutture d'informazione ', la fotografia sarebbe la sola pita; essa è letta, ricollegata in modo piu o meno consa-
a essere esclusivamente costituita e occupata da un mes- pevole da parte del pubblico che la consuma, a una riser-
saggio «denotato», che esaurirebbe completamente il va tradizionale di segni; ora , ogni segno presuppone un
suo essere; di fronte a una fotografia, il sentimento di codice, ed è que sto codice (di connotazione ) che biso-
«denotazione» o, se si preferisce, di pienezza analogica, gnerebbe cercare di stabilire. Il paradosso fotografico
è cosi forte che la descrizione di una fotografia risul- consisterebbe allora nella coesistenza di due messaggi,
ta letteralmente impossibile; perché descrivere consiste l'uno senza codice (sarebbe l'analogo fotografico ) e l'al-
precisamente nell'aggiungere al messaggio denotato un tro con un codice (vale a dire l'«arte», o il trattamento ,
collegamento o un messaggio secondo, tratto da un co- o la «scrittura», o la retorica della fotografia); struttural-
dice che è la lingua , e che costituisce fatalmente, per mente , il paradosso non consiste evidentemente nella
quanto ci si sforzi di essere esatti, una connotazione in collusione di un messaggio denotato e di un messaggio
rapporto all'analogo fotografico: descrivere non è sol- connotato: questo è lo statuto forse inevitabile di tutte
tanto essere inesatti o incompleti, è cambiare struttu- le comunicazioni di massa; il fatto cioè che il messaggio
ra, è significare qualcosa di diverso da ciò che viene mo- connotato (o codificato ) si sviluppa qui a partire da un
strato'. messaggio senza codice. Questo paradosso strutturale
Ora, questo statuto puramente «denotante» della fo- coincide con un parados so etico: quando si vuole essere
tografia, la perfezione e la piene zza della sua analogia, «neutri, oggettivi», ci si sforza di copiare minuziosamen-
te il reale, come se l'analogico fosse un fattore di resi-
1
Si trattanaturalmente di strutture «culturali», o culturalizzatc, e non di strut~ stenza all'investimento dei valori (è perlomeno la defini-
ture operative: le matematiche, ad esempio, costituiscono una struttura denotata,
senza nessuna connotazio ne; ma se la cultura di massa se ne impadronisce e, per zione del «realismo» estetico): come può dunque la fo.
esempio , utilizza una formula algebrica in un articolo dedicato ad Einst~in, questo
messaggio, in origine puramente matematico, si carica di una connotaz1oncmolto tografia essere contemporaneamente «oggettiva» e « in-
forte, poiché significala scienza.
2
vestita», naturale e culturale? Si potrà forse rispondere
Descrivere un disegno è pili facile, poiché si tratta in fondo di descriver e una
struttura gE1connornta, c1aborara in vista di un signi6caco codificato. È forse per un giorno a questa dom anda osservando il modo di em-
questo che i test psicologici utilizzano molto i disegni e poch issimo le fotografie. bricazione tra il messaggio denotato e il messaggio con-
IO L'IMMAGINE
IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO II
notato. Ma, per intraprendere questo lavoro, bisogna ri-
cordarsi che, nella fotografia, il messaggio denotato è as- sta preparazione non è evidentemente propria della fo-
solutamente analogico, cioè privo di ogni riferimento a tografia). Nondimeno, se li si include nei procedimen-
un codice, in altri termini: continuo; e che dunque non ti di connotazione fotografica, è in quanto beneficiano
vi è possibilità di cercare le unità significanti del primo anch'essi del prestigio della denotazione: la fotografia
messaggio. Al contrario, il messaggio connotato implica permette al fotografo di evitare la preparazione da im-
un piano dell'espressione e un piano del contenuto, dei porre alla scena che egli sta per catturare. Tuttavia, dal
significanti e dei significati: obbliga dunque a un auten- punto di vista di un'analisi strutturale ulteriore, non è
tico deciframento. T aie deciframento appare prematuro certo che si possa tener conto del materiale che essi of-
in quanto, per isolare le unità significanti e i temi (o frono.
i valori significati), bisognerebbe procedere (forse me -
diante test) a lett ure dirette, facendo var iare artificial-
mente certi elementi della fotografia per osservare se le r. Trucco.
variaz ioni della forma comportano variazioni del senso.
Comunque, si possono fin d'ora prevedere i principali Nel 1951, una fotografia largamente diffusa nella
piani d'analisi della connotazione fotografica. sta mpa americana costava l'incarico, a quanto si dice , al
se~atore Millard Tydings: questa fotografia rappresenta-
va il senatore in una conversazione con il leader comuni-
sta Earl Browder. Si trattava in realtà di una foto trucca -
I PROCEDIMENTI DI CONNOTAZIONE . ta, costituita dall'accostamento artificiale dei due visi.
L'int eresse metodico del trucco sta nell'intervenire al-
l'interno stesso del piano di denotazione , ma a poste rio-
La connotazione, cioè l'imposizione di un senso se- ri; esso utilizza la credibilità particolare della fotoorafia
condo al messaggio fotografico propriamente detto, agi- che non è altro (come si è visto) che il suo eccezional~
sce ai diversi livelli della prod uzione fotografica (scelta, potere di denotazione , cioè di riuscire a far passare come
trattamento tecni co, inquadramento, impaginazione): si semplicemente denotato un messaooio 00
che in effetti e'
J ,
tratta insomma di una messa in codice dell'analogo foto - fortemente connota to ; in nessun altro trattamento la
grafico. È dunque possibile individuare dei procedimen- connotazione acquista in modo cosi completo la ma-
ti di connotazione: ma questi procedimenti, sarà bene schera «oggettiva» della denotazione. Naturalmente,
ricordarlo, non hanno nulla a che vedere con le unità di il significato è possibile solo in guanto vi sia una riser-
significato, quali risulteranno forse un giorno definibili va di. segni , abbozzo del codice; qui, il sionificante
o è l'at -
mediante un'analisi ulteriore di tipo semantico: a rigore, tegg1amento assunto durante la conversazione dai due
essi non fanno parte della stru ttura fotografica. Questi personaggi; si badi che questo attegg iamento diventa
procedimenti sono noti; ci si limiterà a tradurli in termi- segno soltanto per una certa società, cioè soltanto in
ni strutturali. Per la precisione, bisognerebbe separare i relazione a certi valori: è l'anticomunismo accioliato 0
primi tre (trucco , posa, oggetti) dagli ultimi tre (fotoge- dell'elettorato americano che trasforma il oesto deoli
nia, estetismo, sintassi), poiché nei primi tre procedi- interlocutori nel segno di una riprovevole fai;iliarità; in
menti la connotazione viene prodotta da una modifica- altri termini , il codice di connotazione non è né artificia-
zione del reale stesso, cioè del messaggio denotato (que- le (come in una vera e propria lingua ), né naturale: è sto -
rico.
IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO 13
L'IMMAGINE
12
bre delle antiche mitologie). Gli oggett i costituiscono
degli eccellenti elementi di significazione: da un lato,
2. Posa. sono discontinui e completi in se stessi, il che per un se-
gno è una qualità fisica; dall'altro , rinviano a significati
Ecco una fotografia stampata largamente diffusa du- chiari, conosciuti; sono dunque gli elementi di un lessico
rante le ultime elezioni americane: è il busto del pre- vero e proprio, e la loro stabilità è tale che li si può facil-
sidente Kennedy, visto di profilo, gli occhi al cielo, le mente costituire in sintassi. Ecco ad esempio una «com-
mani oiunte. In questo caso, è la posa stessa del so?get - posizione» di oggetti: una finestra aperta su tetti di tego-
?i
to eh; prepara la lettura dei significati connotazione: le, un paesaggio con vigneti; davanti alla finestra , un al-
giovanilità, spiritualità, purezza. ?chiaro ~he la f?to- bum di fotografie, una lente d'ingrandimento, un vaso
grafia è significante_in ~uanto es~st~ una riserva di_at: di fiori; ci troviamo dunque in campagna , a sud della
teggiamenti stereotipati che costltu~scono el~m7nt1 di Loira (vigne e tegole ), in una casa borghese (fiori sul ta-
significato già pronti (sguardo al cielo, m~ru gi_unte); volo), il cui ospite anziano (la lente ) rivede i suoi ricordi
una «orammatica storica» della connotazione icono- (album di fotografie ): è François Mauriac a Malagar (in
orafica0dovrebbe quindi cercare i suoi materiali nella «Paris-Match» ). La connotazione «esce» in qualche
~ittura, nel teatro, nelle ass?ciazio°:i di idee, nelle me- modo da tutte queste unità significanti, che risultano tut-
tafore correnti, ecc., vale a dire precisamente nella «cul - tavia «captate» come se si trattasse di una scena imme-
tura». Come si è detto, la posa non è un procedimen- diata e spontanea , cioè insignificante ; la si tro va spiegata
to specificamente cinemato~rafico , m~ è difficile non nel testo , che sviluppa il tema dei legami terreni di Mau -
parlarne, nella misura in cui essa trae il suo e_ffettodal riac. Forse l'oggetto non pos siede piu una/orza , ma pos-
principio analogico che fonda la fotografia: m questo siede sicuramente un senso.
caso il messaggio non è la «posa», ma _«Kennedy_che
prega»: il lettore riceve come una se~plice denotazione
ciò che in realtà è una struttura duplice , denotata-con - 4. Fotogenia.
notata .
La teoria della fotogenia è già stata elaborata (Edgar
Morin, Il cinema o l'uomo immaginario)', e non è il caso
3. Oggetti. di tornare sul significato generale di questo procedimen-
to. Basterà definire la fotogenia in termini di struttura
Bisogna riconoscere una particolar~ impor~anza a :i? informativa: nella fotogenia , il messaggio connotato è
che si potrebbe chiamare la posa degli ogg_ettl , pe~che il nell'immagine stessa, «imbellita» (cioè in genere subli-
senso connotato sorge in questo caso ?agh <:>gge~tl ~oto- mata ) da tecniche di illuminazione, di impressione e di
grafati (sia che tali o~g~tti ve°:gano dispos~i amficios~: stampa . Queste tecniche meriterebbero di venir censite,
mente davanti ali' obiettivo se il fotografo h ha preferi~i anche solo perché a ciascuna di esse corrisponde un si-
in quel certo modo, sia c~e l'impa~inatore scelga, tra,?i- gnificato di connotazione sufficientemente costante per
verse fotografie, quella di u°: paruc<:>lareo~getto ). ~ in- inserirsi in un lessico culturale degli «effett i» tecnici (ad
teresse sta nel fatto che questi oggetti sono induttori cor-
renti di associazioni d'idee (biblioteca_=. intell:ttuale) o,
in modo piu oscuro, di veri e pr?p~ i simboli (la porta ' Trad . it. Feltr inclli, Milano 1978 [N. d. T.].
della camera a gas di Chessman richiama la porta fune-
L'IMMAGINE IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO 15
esempio, lo «sfocato di movimento» o «filato», lanci~to
dall'équipe del dottor Steinert per indicare lo spaz1~- 6. Sint assi.
tempo). Questo censimento sarebbe d'altronde un'otti-
ma occasione per distinguere gli effetti estetici dagli ef- Si è già parlato di una lettura discorsiva di oggetti-se-
fetti sionificanti - salvo dover forse riconoscere che in gni all'interno di una stessa fotografia; naturalmente , di-
fotogr:fia, contrariamente alle intenzioni dei fotografi di verse fotografie possono costituirsi in sequenza (è un
mostra, non vi è mai arte, ma sempre senso: ma in questo caso normale nelle riviste illustrate ). Il significante di
modo si opporrebbe finalmente secondo un preciso cri- connotazione non si trova piu, allora, al livello di qual-
terio la buona pittura - sia pure fortemente figurativa che frammento della sequenza , bensf al livello (sopra-
- alla fotografia. segmentale, direbbero i linguisti ) del concatenamento.
Ecco quattro istantanee di caccia presidenziale a Ram-
bouillet; ad ogni colpo l'illustre cacciatore (Vincent Au-
5. Estetismo. riol) dirige il suo fucile in una direzione imprevista , con
grande rischio delle guardie che fuggono o si abbassano:
Se si può parlare di estetismo in fotografia, ciò avvie- la sequenza (e solo la sequenza ) consente una lettura co-
ne, a quanto sembra, in maniera ambigua: quando la fo- mica, che nasce, secondo un noto procedimento , dalla
tografia si fa pittura, cioè composi zione o sostanza visua- ripetizione e dalla variazione degli atteggiamenti. Si os-
le trattata deliberatamente «nella pasta», si profilano serverà a questo proposito che la fotografia singola è as-
due casi: o essa intende presentarsi come «arte» (come sai di rado (cioè assai difficilmente ) comica, contraria-
nel «pittorialismo» di inizio secolo), o vuole imporre un mente al disegno; il comico ha bisogno di movimento ,
sionificato in genere piu sottile e piu complesso di quan- vale a dire di ripetizione (il che è facile al cinema ), o di
to"'lopermetterebbero altri procedimenti di connotazio- tipizzazione (il che è possibile nel disegno ): due «conno-
ne. Cartier-Bresson ha costruito l'accoglienza del cardi- tazioni» che sono vietate alla fotografia.
nale Pacelli da parte dei fedeli di Lisieux come il quadro
di un antico maestro; ma questa fotografia non è per nul-
la un quadro; da un lato , il suo estetismo palese. rinvia
(maliziosamente ) all'idea stessa di quadro (il che è in IL TESTO E L'IMMAGI N E.
contrasto con ogni autentica pittura ), e, d'altro lato , la
composizione significa qui in modo dichiarato una certa
spiritualità estatica , tradotta proprio nei termini di uno Questi sono dunque i principali procedimenti di con-
spettacolo oggettivo. Si constata qui, d'altronde, la diffe- notazione dell'immagine fotografica (ancora una volta,
renza tra la fotografia e la pittura: nel quadro di un pri- si tratta di tecniche, non di unità ). Ad essi può venir ag-
mitivo, la «spiritualità» non è per nulla un significato, giunto, di norma , il testo che accompagna la fotografia
ma, se cosi si può dire, l'essere stesso delle immagini . In- stampata. In proposito, tre osservazioni.
dubbiamente si possono riscontrare, in certe pitture, ele- Anzitutto: il testo costituisce un messaggio parassita ,
menti di codice, figure retoriche , simboli di un 'epoca ; destinato a connotare l'immagine , cioè a «insufflarle»
ma nessuna unità significante rinvia alla spiritualità, che uno o piu significati secondi. In altri termini , ed è un ro-
è un modo d'essere, non l'oggetto di un messaggio strut- vesciamento storico importante , l'immagine non illustra
turato. piu la parola; è la parola che, strutturalmente, è parassita
L'IMMAGINE IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO
16
dell'immaoine. Tale rovesciamento ha il suo prezzo: nei misura media di lettura, sembra raddoppiare l'immagi-
modi tradizionali dell' «illustrazione» , l'immagine fun- ne, cioè partecipare alla sua denotazione.
zionava come un ritorno episodico alla denotazione , a È tuttavia impossibile (e questa sarà un 'ultima osser-
partire da un messaggio principale (il testo) che era sen- vazione a proposito del testo) che la parola «raddoppi»
tito come connotato, poiché richiedeva per l'appunto l'immagine: perché nel passaggio da una struttura all'al-
un 'illustrazione. Nel rapporto attuale, l'immagine non tra si elaborano fatalmente dei significati secondi. Quale
va a chiarire o a «realizzare» la parola; è piuttosto la pa- rapporto c'è tra questi significati di connotazione e l'im-
rola che va a sublimare, a patetizzare o a razionalizzare magine? Apparentemente si tratta di una esplicitazione,
l'immagine. Ma, in quanto tale operazione avviene a ti- vale a dire, in una certa misura, di un'enfasi; in effetti,
tolo accessorio, il nuovo insieme informativo sembra per lo piu il testo non fa che amplificare un insieme di
principalment e fondato su un messaggio oggettivo (de~ connotazioni già incluse nella fotografia; ma, altre volte,
notato ), rispetto a cui layarola non è ~he u~~ sorta_d1 il testo produce (inventa) un significato interament e
vibrazione seconda, quasi mcoerente. Pnma, 11mmagme nuovo e che viene in qualche modo proiettato retroatti -
illustrava il testo (lo rende va piu chiaro); oggi il testo ap- vamente nell'immagine, al punto da sembrare denotato:
pesantisce l'immagine, la grava di una cultura, _diu_na «Hanno sfiorato la morte , il loro viso Io dimostra» , dice
morale , di una immaginazione. Un tempo vi era nduz10- il titolo a caratteri cubitali di una fotografia in cui si ve-
ne del testo all'immagine, oggi vi è amplificazione dall'u- dono Elisabeth e Philip scendere dall'aereo. Tuttavia,
no ali' altra: la connotazione viene vissuta solo come la nell'istante della fotografia, i due per sonaggi ignoravano
risonanza naturale della denotazione fondamentalmente ancora tutto dell'incidente aereo al quale erano appena
costituita dall'analooia fotografica; ci si trova dunque di sfuggiti. In altri casi, poi , la paro la può addirittura con-
fronte a un process~ caratterizzato dalla naturali zzazio- traddire l'immagin e in modo da produrre una connota-
ne del culturale. zione compensatoria; un 'analisi di Gerbner (The social
Altra osservazione: l'effetto di connotazione è proba- anatomy o/ the romancecon/essioncover-girl)ha mostra-
bilment e diverso a seconda del modo di presentazione to che in certe riviste il messaggio verbale dei titoli in
della parola. Piu la parola si avvicina all'immagine , e grande di copertina (di contenuto cupo e angosciante)
meno sembra connotarla; ghermito in qualche modo dal accompagnava sempre l'immagine di una cover-girl ra-
messaooio iconoorafico, il messaggio verbale sembra diosa; i due messaggi formano qui un compromesso; la
oo o . d llin connotazione ha una funzione regolatrice, impedisce il·
partecipare alla sua oggettività, e la connotaz101:e e -
ouaooio
0
«si fa innocente» attraverso la denotazione della gioco irrazionale della proiezione-identificazione.
foto ;afia. È vero che non vi è mai aut entica in~orpora-
zione, poiché le sostanze delle due strutture (q:11grafica'.
là iconica) sono irriducibili; probabilmente v1 sono dei
oradi nell'amaloama; la didascalia ha verosimilmente un L'INSIGNIFICANZA FOTOGRAFICA.
~ffetto di conn~tazione meno evidente che non il titolo
in grande o l'articolo; titolo e articolo si separano note -
volmente dall'immagine, il titolo per la sua forza d'u rto , Si è visto che il codice di connotazione non era vero-
l'articolo per la sua distanza, l'uno perché rompe, l'alt ro similmente né «nat urale » né «art ificiale», ma storico, o
perché allontana il contenuto dell'i~ma?i:1e; la didasca- se si preferisce «culturale». Nel suo ambito i segni sono
lia invece, in virtu della sua stessa d1spos1Z1o ne per la sua gesti, atteggiamenti, espressioni, colori o effetti, dotati
18 IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO 19
L'IMMAGINE

di certi sensi in virtu dell'uso di una certa società: il lega- percepita se non verbalizzata (quando la verbalizzazione
me tra il significante e il significato, con un termine pre- è in ritard~, vi è disordine della percezione, interrogazio-
ciso la significazione , resta, se non immotivato, almeno n_e,~ngosc1adel soggetto, traumatismo, secondo l'ipote-
interamente storico. Non si può dire allora che l'uomo si dr G. Cohen-Séat a proposito della percezione filmi-
moderno proietta nella lettura della fotografia sentimenti ca). In questa prospettiva l'immagine , colta immediata-
e valori caratteriali o «eterni», cioè infra- o trans-storici, mente da un metalingua 00
~
00 io interiore che è la linoua
b ,

salvo precisare che la significazione viene sempre elabo- non conoscerebbe alcuno stato denotato; non esistereb -
rata da una società e da una storia determinate· , la sionifi- be social~ente se non immersa almeno in una prima
o
cazione è, insomma, il movimento dialettico che risolve connotazione, la stessa delle cateoorie della linoua. E si
la contraddizione tra l'uomo culturale e l'uomo naturale. ~a che ogni lingua prende partito :une cose, che°connota
Grazie al suo codice di connotazione, dunque, la let- il reale, anche solo segmentandolo; le connotazioni della
tura della fotografia è sempre storica; essa dipende dal fotografia coinciderebbero dunque , orosso modo con i
«sapere» del lettore, proprio come se si trattasse di una grandi piani di connotazione del liniuaggio. '
lingua , intellegibile solo a chi ne abbia appreso i segni. Cosi, _ol_tre~Il.aconnotazione « percettiva», ipotet ica
Tutto sommato, il «linguaggio» fotografico finisce col ri- ma possibile, s1 Incontrerebbero modi di connotazione
chiamare certe lingue ideografiche, in cui si mescolano piu particolari. Anzitutto una connotazione coonitiva i
unità analogiche e unità segnaletiche, con la differenza cui ~ignificanti sarebb~ro scelti, localizzati in c:X.tepa;ti
però che l'ideogramma è vissuto come segno, mentre la dell analogon: posto dr fronte a una certa veduta di città
«copia» fotografica passa per la denotazione pura e sem- io so c?e.mi trov,~ in un p_aesenord~fricano , perché ved~
plice della realtà. Ritrovare questo codice di connotazio- sulla srmstra un msegna m caratteri arabi nel centro un
ne significa quindi isolare , censire e strutturare tutti ooli uomo in gandura, ecc. In questo caso la l~ttura è stretta-
elementi «storici» della fotografia , tutte le parti della su- mente legata alla mia cultura, alla mia conoscenza del
perficie fotografica che derivano la loro discontinuità da mondo; ed è probabile che una buona fotoorafia dei
un certo sapere del lettore , o, se si preferisce, dalla sua giornali (lo sono tutte , in quanto sono selezion:te ) si ser-
situazione culturale. va lungamente di quel sapere che presuppone essere dei
In questa direzione, bisognerà procedere con decisio- suoi lettori, scegliendo le prove che comportano la mao-
ne. Niente fa pensare che vi siano nella fotografia parti ~ior quantità pos~ibile d'informazioni di questo gener~,
«neutre» , o perlomeno l'insignificanza completa della m modo da eufonzzare la lettura. Se si fotoorafa Aoadir
fotografia sembra abbastanza eccezionale. Per risolvere distrutta , è opportuno disporre qualche seg~o di «a~abi-
questo problema , bisognerebbe anzitutto chiarire i mec- tà», anche se l'«arabità» non ha nulla a che vedere con
canismi di lettura (nel senso fisico e non piu semantico il disastro stesso ; perché la connota zione derivata dal sa-
del termine) o, se si vuole, i mec~anismi di percezion~ pere è sempre una forza rassicurante: l'uomo ama i seoni 0

della fotografia; in proposito, non sappiamo molto: e li ama chiari .


come leggiamo una fotografia ? Che cosa percepiamo? In ~onnotazione percettiva , connotaz ione cognitiva: re-
che ordine, secondo quale itinerario? Che cos'è , in se sta il problema della connota zione ideolooica (nel senso
stesso, il percepire? Se, conformemente a certe ipotesi piu ampio del termine ) o etica, quella eh; introduce ra-
di Bruner e di Piaget , non vi è percezione senza cateoo - gioni o valori nella lettura dell'immagine. È una conno-
rizzazione immediata , la fotografia viene verbalizzata ~el tazione forte , esige un significante molto elaborato so-
momento stesso in cui è percepita ; o meglio: non viene vente di ordine sintattico: incontro di persona ggi (1 0 si
20 L'IMMAGINE IL MESSAGGIO FOTOGRAFICO 2I

è visto a proposito del trucco), sviluppo di atteggiamen- vero, è già una connotazione ), la fotografia traumatica
ti, costellazione di oggetti. Il figlio dello scià d'Iran sta (incendi , naufragi, catastrofi , morti violente , colte «dal
per nascere; ecco nella fotografia: la regalità (culla ado- vivo») è quella su cui non vi è nulla da dire: la foto-choc
rata da una folla di servi che la circondano), la ricchezza è, per la sua struttura, insignificante: nessun valore, nes-
(molte balie), l'igiene (grembiuli bianchi , tetto della cul- sun sapere, al limite nessuna categorizzazione verbale
la in plexiglas), la condizione comunque umana dei re può aver presa sul processo istituzionale della significa-
(il bambino piange); cioè tutti gli elementi contradditto- zione. Si potrebbe immaginare una sorta di legge: piu il
ri del mito principesco, quale lo consumiamo oggi. Si trauma è diretto , piu la connotazione è difficile; o anco-
tratta qui di valori apolitici, e il lessico è ricco e chiaro; ra: l'effetto «mitologico» di una fotografia è inversamen-
è possibile (ma resta un'ipotesi) che la connotazione po- te proporzionale al suo effetto traumatico .
litica sia per lo piu affidata al testo, nella misura in cui Perché? Il fatto è che, al pari di ogni significazione ben
le scelte politiche sono sempre (se cosf si può dire) in strutturata, la connotazione fotografica è un'attività isti-
cattiva fede: di una certa fotografia , possiamo dare una tuzionale. In rapporto alla società come un tutto , la sua
lettura di destra o una lettura di sinistra (in proposito si funzione è di integrare l'uomo , cioè di rassicurarlo; ogni
veda un 'inchies ta dell'Ifop, pubblicata su «Les Temps codice è nello stesso tempo arbitrario e razionale ; ogni
modernes» nel 1955). La denotazione, o la sua apparen- ricorso a un codice è dunque per l'uomo un modo di
za, è una forza impotente a modificare le opzioni politi - mettersi alla prova, di sperimentarsi attraverso una ra-
che: nessuna fotografia ha mai convinto o smentito nes- gione e una libertà. In questo senso, l'analisi dei codici
suno (ma può «confermare») poiché la coscienza politi- permette forse di definire storicamente una società con
ca è forse inesistente al di fuori del logos: la politica è maggior facilità e con maggior sicurezza che non l'analisi
ciò che consente tutti i linguaggi. dei suoi significati, perché questi ultimi possono apparire
Queste rapide osservazioni delineano una sorta di spesso come trans-storici, appartenen ti a un fondo an-
quadro differenziale delle connotazioni fotografiche; si tropologico piu che a una storia vera e propria: Hegel
vede in ogni caso che la connotazione va molto lontano . ha definito gli antichi Greci mostrando il modo con cui
Ciò significa che una denotazione pura, un al di qua del essi facevano significare la natura , piuttosto che descri-
linguaggio,è impossibile? Se esiste, non è certo reperibi- vendo l'in sieme dei loro «sentimen ti e credenze» in tale
le al livello di ciò che il linguaggio corrente chiama l'in- ambito. Analogamente, sarebbe meglio per noi non cen-
significante, il neutro, l'oggettivo , bensf al livello delle sire direttamente i contenuti ideologici della nostra epo-
immagini propriamente traumatiche: il trauma è, per ca; infatti , cercando di ricostituire nella sua struttura
l'appunto, ciò che sospende il linguaggio e blocca la si- specifica il codice di connotazione di una comunicazione
gnificazione. Senza dubbio, situazioni di norma trauma- cosf diffusa qual è la fotografia stampata , possiamo spe-
tiche possono venir assunte in un processo di significa- rare di ritrovare, nella loro finezza, le forme che la nostra
zione fotografica: ma allora esse vengono segnalate attra- società utilizza per rasserenarsi , e in tal modo cogliere la
verso un codice retorico che le distanzia, le sublima, le misura, le svolte e la funzione profonda di questo sforzo.
placa. Le fotografie veramente traumatiche sono rare Prospettiva tanto piu avvincente, come si è detto all'ini-
perché, in fotografia , il trauma dipende totalmente dalla zio, per quanto riguarda la fotografia , poiché essa si svi-
certezza che la scena abbia realmente avuto luogo: biso- luppa nella forma di un paradosso: quello che fa di un
gnava che ilfotografofosse là (è la definizione mitica della oggetto inerte un linguaggio e che trasforma l'incultura
denotazione ). Ma, a parte questo fatto (che, a dire il di un'arte «meccanica» nella piu sociale delle istituzioni.
RETORICA DELL'IMMAGI NE
Retorica dell'immagine
può contenere. Si cercherà all'inizio di semplificarla no-
tevolmente: si esaminerà soltanto l'immagine pul;,blici-
taria. Perché? Perché in pubblicità il significato dell'im-
magine è sicuramente intenzionale: sono certi attributi
del prodotto che formano a priori i significati del mes-
saggio pubblicitario e bisogna trasmetterli il piu chiara-
mente possibile. Se l'immagine contiene dei segni, si può
dunque essere certi che in pubblicità questi segni sono
pieni, formati in vista della migliore lettura possibi-
Secondo un'etimologia antica, la parola immagine ?o: le: l'immagine pubblicitaria è franca, o perlomeno enfa-
tica.
vrebbe venir colleoata alla radice di imitari. Eccoci di
o h ,
colpo nel cuore del problema ~iu im~o:tante c e puo
presentarsi alla semiologia delle immagmi: la ra~p:esen:
tazione analooica (la «copia») può produrre ven siste~i
I TRE MESSAGGI.
di seoni o sol;anto aoolutinazioni di simboli? Un «codi-
o
ce» analooico - e nonoo s·
piu digitale - è concepi.b.li e.;i i sa
che i lingcisti allontanano dal linguaggio ogni c~muni~a-
zione per analogia, dal «linguagg~o» dell~ ap~ al_«lm- Ecco una pubblicità «Panzani»: dei pacchi di pa-
guaggio» gestuale, in quanto tali comum~aziom _n_on sta , una scatola, un sacchetto, pomodori, cipolle, pe-
sono doppiamente articolate, cioè fondate i~ defimt~va peroni, un fungo , il tutto che esce da una borsa a rete
su una combinatoria di unità digitali, come i fonemi. I semiaperta, a tinte gialle e verdi su fondo rosso '. Cer-
linouisti non sono i soli a nutrire sospetti verso la nat~ra chiamo di «scremare» i diversi messaggi che può conte-
nere.
li.n~uistica dell'immaoine· anche l'opinione comune m-
o
tende confusamente ol'immagine
'
come un 1uogo d.i resi-. L'immagine secerne subito un primo messaggio, la
stenza al senso, in nome di una certa idea miti~~ della cui sostanza è linguistica; i suoi supporti sono la didasca-
Vita: l'immagine è ri-presentazione, cioè in defimti~a re- lia, ai margini , e le etichette, che sono inserite nella scena
surrezione, e si sa che l'intellegibile è ritenuto ostile al come en abyme; il codice in cui questo messaggio viene
vissuto. Cosi dai due lati, l'analogia è considerata come prele vato non è altro che quello della lingua francese;
un senso po;ero: gli uni pensano che l'imm_aginesia_un per essere decifrato, esso esige solo la conoscenza della
sistema molto rudimentale in rapporto alla lmgua, gh al- scrittura e del francese. A dire il vero, il messaggio può
tri che la significazione non possa esaurire la ricchezza venire ancora scomposto, perché il segno «Panzani», ol-
ineffabile dell'immagine. Ora , anche e soprattutto se tre ad essere il nome della marca, esprime anche, per la
l'immagine è in certo modo un limite del senso, è_a? sua assonanza, un significato supplementare che è, se si
un'autentica ontolooia del senso che essa permette di n- vuole, l'italia nità . II messaggio linguistico è dunque dop-
tornare. In che modo 0
il senso giunge a11 ·immagme.
· . ;> pio (perlomeno in questa immagine ): denotativo e con-
Dove finisce il senso? E se finisce, che cosa c'è al di là? notativo; tuttavia, poiché si riscontra qui solamente un
È il problema che si vorrebbe porre_qui, sott~ponendo
l'immagine a un'analisi spettrale dei messaggi che essa 1
La descrizione della fotografia viene prcscntatJ. qui con una certa cJ.urcia, in
quanto costituisce giù un rnet:1linguaggio.
L'IMMAGINE RETORICA DELL'IMMAGINE
24
segno tipico', cioè quello del linguaggio articolato (scrit- equiva lente ai prodotti natura li che lo circondano: la
to), si conterà un solo messaggio. scena stab ilisce in qualche modo un colleoamento tra
Se si prescind e dal messaggio linguistico , resta la pura l'origine dei prodotti e lo stato finale. Nell';altro seono
immagine (anch e se le etichette ne fanno parte a titolo la composizione, evocando il ricordo di tante pitture°ali-
aneddotico ). Quest'immagine presenta sub ito una serie mentar i, rinvia a un significato estetico: la «natura mor-
di segni discontinui. In primo luogo (ma l'ordine è indif- ~a», o _comeè detto meglio in altre lingue, lo «still liv-
ferente, poiché questi segni non sono lineari ) l'idea che mg» '; m questo caso il sapere rich iesto è fortemente cul-
si tratti, nella scena rappresentata, di un ritorno dal mer- turale. Si potrebbe suggerire che a questi quattro seoni
cato. Tale significato implica due valori euforici : la fre- si aggiunge un'ultima informazione: proprio quella ihe
schezza dei prodotti e la preparazione interamente casa- ci dice che qui si tratta di una pubblicità, e che provie -
linga a cui essi sono destinati. Il suo significant e è la bor- ne contemporaneamente dalla po sizione dell'immaoine
sa semiaperta che lascia le provviste spanders i sulla tavo- nella rivista e dall 'insistenza delle etichett e «Pa nz:ni »
la, come «sconfezio nate ». Per leggere questo primo se- (senza p arlare della didascalia ). Ma quest'ultima infor-
gno, è sufficiente un sapere in qualche modo collegato mazione si estende all'intera scena: sfugge in qualche
con gli usi di una civiltà assai agiata in cui «fare da sé modo alla significazione, nella misura in cui la natura
la spesa» si oppone all'approvvigionamento sbrigativo pubblici taria dell 'immagine è essenzialmente funziona-
(conserve , frigoriferi ) di una civiltà piu «meccanica». le: proferire qualcosa non significa necessariamente : io
Un secondo segno è quasi altrettanto evidente: il suo si- parlo, tran ne che nei sistemi deliberatamente riflessivi
gnificante è l'insieme del pomodoro, del peperone e del- come la letteratura.
la tinta trico lore (giallo, verde, ro sso) del manifesto; il . Ecco dunque per questa immagine qu attr o segni, che
suo significato è l'Italia , o meglio l'italianità. Questo se- s1 pre sumerà formino un insieme coerente , poiché sono
gno si trova in un rappo rto di ridondanza con il segno tutti discontinui, richiedono un sapere genericamente
connotato del messaggio linguistico (l'assonanza italiana cultura le, e rinviano a significati tutt i di ordine globale
del nome «Panzan i »); il sapere messo in moto da questo (ad esemp io l'italianità ), penetrat i da valori euforici· vi 1

segno è già piu pa rticolare: è un sapere p ropriamente si scorge rà dunque, oltre al messaggio linguist ico, un se-
«francese» (gli Italiani non potrebbero mai percep ire la condo messaggio , di natura iconica. È tutto ? Se si elimi-
connotazione del nom e proprio, e neppure , verosimil- nano tutti questi segni dall'immagine , resta ancora una
mente , l'italianità del pomodoro e del peperone), fonda- certa materia informazionale ; privato di ooni sapere
.
contmuo a« 1eggere» l'immagine, a «comprendere»" che'
to sulla conoscenza di certi stereot ipi turistici . Conti-
nuando a esplorare l'immagine (questo non significa che essa riunisc e in uno stesso spaz io un certo numero di og-
essa non sia interamente chiara ad un pr imo sguardo), getti identificabil i (nominabili ), e non soltant o forme e
scopriamo senza fatica almeno altri due segni. Nell'uno, colori. I significati di questo terzo messaooio sono costi-
l'assembramento di oggetti diversi trasmette l'idea di un tuiti dagli oggetti reali della scena, i signifi~anti da que sti
servizio culina rio totale, come se da un lato «Pa nzani» stessi oggetti fotografati , perché è evidente che nella rap-
forni sse tutto quanto è necessario a un piatto elaborato, presentaz ione analogica il rapporto della cosa significa-
e come se, d'altro lato , il concentrato della scatola fosse ta e dell' immagine significante non è piu «arbitrario»
(come nella lingu a), e non è piu necessario considerare
2
Si chiamerà segno tipico il segno di un sistema , nella misura in cui viene defi-
nito sufficientemente dalla sua sostanza: il segno verbale, il segno icon ico, il segno • J In ~rancesc,. l'espressione « natura morta)> si riferisce alfa presenza orioinalc
0
d1 oggctn funebri, per esempio un cranio, in certi qu:idri.
gestuale sono altret tant i segni tipici.
L'IMMAGINE RETORICA DELL'IMMAGI N E
il loro collegamento mediante un terzo termine, sotto zione dell'immagine di massa (di cui ci si occupa qui ).
forma di immagine psichica dell'oggetto. La specificità La distinzione ha tutta via una validità operati va, analoga
di questo terzo messaggio sta nel fatto che il rapporto a quella che permette di distinguere nel segno lingui stico
tra il significato e il significante è quasi tautologico. Sen- un significante e un significato, anche se nessuno può se-
za dubbio la fotografia implica una certa organizzazione parare la «parola» dal suo senso , se non ricorrendo al
della scena (inquadratura, riduzione, appiattimento ), metalinguaggio di una definizione. Considereremo giu-
ma questo passaggio non è una trasformazione (come stificata tale distinzione, se essa permette di descrivere la
può esserlo una codifica ); vi è qui perdita dell'equivalen- struttura dell 'immagine in modo coerente e semplice e se
za (propria ai veri sistemi di segni) e posizione di una la descrizione cosi approntata prelude a una spiegazione
quasi-identità. In altri termini, il segno di questo messag- del ruolo dell 'immagine nella società. Bisogna dunque
gio non è piu tratto da una riserva istituzionale, non è tornare a ciascun tipo di messaggio in modo da esplorarlo
codificato, e ci si trova di fronte al paradosso (su cui si nella sua generalità , senza dimenticare che noi cerchia-
ritornerà ) di un messaggio senza codice'. Questa partico- mo di comprendere la struttura dell 'immagin e nel suo
larità ritorna al livello del sapere investito nella lettura insieme, cioè il rapporto finale reciproco dei tre messag-
del messaggio; per «leggere» quest'ultimo (o questo pri- gi. Tutta via, poiché non si tratta piu di un'analisi «inge-
mo ) livello dell'immagine, abbiamo bisogno di un sapere nua» ma di una descrizione strutturale ', si modificherà
diverso da quello che è insito nella nostra percezione: lievemente l'ordine dei messaggi, invertendo quello cul-
esso non è inesistente, in quanto ci occorre sapere che turale e quello letterale; il primo dei due messaggi iconi-
cos'è un'immagine (i bambini lo sanno solo verso i quat- ci è in qualche modo impresso sul secondo: il messaggio
tro anni ) e che cosa sono un pomodoro, una borsa a rete, letterale appare come il supporto del messaggio «simbo-
un pacco di pasta: si tratta peraltro di un sapere quasi lico». Ora, si sa che un sistema il qual e assuma i segni di
antropologico. Questo messaggio corrisponde in qual- un altro sistema per farne i propri significanti è un siste-
che modo alla lettera dell'immagine, e si converrà di ma connotativo "; dunqu e, diremo subito che l'immagine
chiamarlo messaggio letterale, in opposizione al messag- letterale è deno tata e l'immagine simbolica connotat a.
gio precedente, che è un messaggio «simbolico». Esaminer emo quindi , nell 'ordine , il messaggio linguisti-
Se la nostra lettura è soddisfacente, la fotografia ana - co, l'immagine denotata e l'imma gine conno tata.
lizzata ci propone dunqu e tre messaggi: un messaggio
linguistico , un messaggio iconico codificato e un messag-
gio iconico non codificato. Il messaggio linguistico si la-
scia separare facilmente dagli altri due: ma, quanto ai IL MESSAGGIO LI NGUISTICO .
messaggi che hanno la stessa sostanza (iconica ), in che
misura si ha il diritto di distinguerli? È indubbio che la
distinzione dei due messaggi iconici non awiene in Il messaggio linguis tico è costante? Vi è sempre un
modo spontaneo a livello della lettura corrente: lo spet- testo , sotto o vicino all'immagine? Per tro vare immagini
tatore dell'immagine riceve nello stesso tempo il messag-
gio percettivo e il messaggio culturale , e si vedrà in segui- :sL'analisi «ingenua» è un semplice smembramentodi de menti; 1adescrizione
structu rale, invece, vuole cogliere il rappo rto fra quest i clement i in virtu del prin-
to che questa confusione di lettura corrisponde alla fun- cipio di solidarietà dei termini di una struttura:se cambia un termine, si modificano
anche gli altri.
'' Cfr . fléments de sémiologie, Seui!, Paris 1964, p. 130 [trad. it. E/i-menti di
' Cfr. Il messaggio fotografico, in qu~>sto stesso volume, pp . 5 sgg. semiologia, Einaudi, To rino c966, p. So].
L'IMMAGINE RETORICA DE LL' IMMAGI NE

pr esentate senza parola, bisogna ~e~za dubbio ris~re a rogazione appare sempre come una disfunzion e, anche
società parzialmente analfabete, cio~ a ~maso~a di ~t~to se tale disfunzione è recuperata dalla società sotto forma
pittografico dell'immagine. In eff~tt1, s~ da~ apparizio- di gioco tragico (un Dio muto non permet te di scegliere
ne del libro il leoame tra testo e immagine e frequente; tra i segni) o poetico (è il «fremito del senso » - panico
questo legai'iie s;mbra essere stato poco stud~at~ da un - degli antichi Greci ); anche al cinema, le immagini trau-
punto di vista struttural e; qual è la strutt u~a sigmfi_cante matiche sono legate a un 'incertezza (a un'inquiet udine )
dell' «illustrazione »? L'immagine raddoppia certe mfor- sul senso degli oggetti o degli atteggiamenti. Cosf, in
mazioni del testo , in un fenomeno di ridondanz~, opp':- ogni società si sviluppano tecniche diverse destinate a
re il testo aooiunoe
ot:> b
un'informazione inedita all'immagi-
.
fissare la catena fluttuante dei significati, in modo da
ne? Il problema pot rebbe venir posto storicamente a combat tere il terrore dei segni incerti: il messaggio lin-
prop osito dell'epoca cl~ssi~~, che ~a avuto una ver~ e guistico è una di queste tecniche . Al livello del messag-
propria passione per i hbn illustrati con fig:1re (era 11: - gio lette rale, la paro la rispond e, in modo piu o meno di-
concepibile, nel xvm secolo, che le Favo~edi La Fo;1tai- retto , piu o meno parziale, alla domanda: che cos'è? Essa
ne non fossero illustrate ), e in cui auton come Menes- aiuta a identificare puramente e semplicemente gli ele-
trier si sono interrooati sui rapporti tr a il figurativo e il menti della scena e la scena stessa: si tratta di una descri-
discor sivo' . Oggi, a livello delle comunicazioni ~i mass~, zione denotata dell'immagine (descrizione sovente par-
sembra che il messaooio sia presente in tutte le rmmagi- ziale) o, nella termino logia di H jelmslev, di un' operazio-
ni: come titolo, com~ dida scalia, come articolo di stam- ne (opposta alla connotazione )' . La funzione denomina -
pa, come dialogo di film,come fum~tto . Si :'~d~ dun,9-ue tiva corri sponde bene a un ancoraggio di tutti i sensi pos-
che non è del tutto oiusto parlare di una civilta dell im- sibili (denotati ) dell'oggetto , con il ricorso a una nomen-
magine: siamo anci ra e piu che mai una civiltà della clatura. Davanti a un piatto (pubblicità «Amieux »), pos-
scrittura 8,perché la scrittura e la parola son~ sempr_eter- so esitare a identificare le forme e i volumi; la didascalia
mini pieni della struttura informazionale. Di fatt?, e solo («riso e tonno ai funghi ») mi aiuta a scegliere il buon
la presenza del messaggio linguistico che conta, m quan- livello di percezione; mi consente di accordare non sola-
to né la sua posizione né la sua lunghezza se~bra no per - mente il mio sguardo, ma anche la mia intellezione. A
tinenti (un testo lunoo può comporta re umcamente un livello del messaggio «simbolico », il messaggio linguisti-
significato globale, g;azie a~a connotazione ,,~d è q~esto co guida non piu l'identificazione , ma l'interp retazione ;
sionificato che viene messo m rapporto con 1 immagine). esso costituisce una specie di morsa che imped isce ai
d~iali sono le funzioni del messa~gio linguistico in rap- sensi connotati di proliferare verso regioni trop po indi-
porto al messaggio iconico (doppio )? Sembra che ve ne viduali (vale a dire che limita il potere pr oiettivo dell'im-
siano due: ancoraggioe ricambio. .. . magine), o verso valori disforici. Una pubbli cità (conser-
Come si vedrà meolio tra un istante, ogm immagine ve «d 'Arcy») presenta della frutta minuta sparsa intorno
è polisemica: essa im;lica, al ~i s~m? dei_suoi si?nifican- a una scala; la didascalia («come se aveste fatto il giro
ti, una «catena fluttuante» di significati, che il l_etto~e del vostro giardino ») allontana un significato possibile
può in parte scegliere e in parte ignorare. La poh~emia (parsimonia , povertà del raccolto ) che risulterebbe spia-
produce un'interr ogazione sul senso; ora , questa mter- cevole, e orienta la lettura verso un significato carico di
lusinga (carattere naturale e personale dei frutti del giar-
' L 'A rt dcs cmblèmcs, 1684. . 1
• L'imm agine senza parola è senza dubbio riscontrabile, ma ~ molo par~doss~ e,
9
in certi disegni umoristici; l'assenzadi parol::tricopre sempre un mtenco emgm:.ittco. Cfr. Elemen ti di semiologia cit., pp. 81 sg.
RETORICA DELL 'IMMAGINE 31
L'IMMAGINE

dino privato); la didascalia agisce qui come un contro- la diegesi deve essere trattata come un sistema autono -
11

tabu , combatte il mito ingrato dell'artificiale, solitamen- ~o ) • Rara nell'immagine fissa, questa parola -ricambio
te evocato dalle conserve. Beninteso , in ambiti diversi da diventa molto important e nel cinema, in cui il dialooo
quello pubblicitario, l'ancoraggio può essere ideologico, non ha una semplice funzion e di elucidazione ma in c"' ui
e questa è, senza dubbio , la sua funzione principale; il fa v~ramen~e procedere l'azione disponendo , nella suc-
testo dirige il lettore tra i significati dell'immagine, gliene ~7ssione_dei messaggi, significati che non si trovano nel-
fa evitare alcuni e recepire altri; attraverso un dispatch- 1immagme. Le due funzioni del messaooio linouistico
.d oo "'
ing sovente sottile, lo teleguida verso un senso scelto poss?no evi entemente coesistere in uno stesso insieme
in anticipo . In tutti questi casi di ancoraggio, il linguag- ico?ic? , ma la dominanza dell'una o dell'altra non è cer-
gio svolge evidentemente una funzion e di elucida zione, to mdifferente all'economia generale dell'opera. Quan-
ma questa elucidazione è selettiva; si tratta di un meta- do la. parola ha un valore dieo0 etico di ricambio ' l'infor-
... . ,,
linguaggio applicato non alla totalità del messaggio ico- ~azione~ pm _c~stosa, poich é richiede l'appre ndimento
nico, ma solo ad alcuni dei suoi segni. Il testo è davvero di_un_codice digitale (la lingua); quando ha un valore so-
il diritto di sguardo del creatore (e dunque della società) st1t1;1t1vo_(di anc~raggio, 1i controllo ), è l'immagine che
nei confronti dell'immagine: l'ancor aggio è un controllo , det~ene ~ valore ~form~u vo e?poiché l'immagine è ana-
e detiene una responsabilità, di fronte alla poten za logica? 1mf~rmazior:ierisulta m qualche modo piu «pi-
proietti va delle figure, sull'uso del messaggio; in rappor- gra »: m cem fumetu destinati a una lettura «frettolosa»
to alla libertà dei significati dell'immagine, il testo ha un la di~gesi è affidata soprattutto alla parola , mentr e l'im~
valore repressivo'0 , e si comprende come sia al suo livello magm_e rac~oglie le informazioni attributiv e, di ordine
che s'investono la morale e l'ideologia di una società . pa~a~igmat~co(statut o stereotipato dei per sonaggi): si fa
L'ancoraggio è la funzione piu frequente del messag- coir:cidere il mess~ggio costoso e il messaggio discorsi-
gio linguistico; la si ritrova comunemente nella foto - vo, m modo da evitare al lettore che ha fretta la noia di
grafia dei giornali e nella pubblicità. La funzione di ri- «_descrizioni » verbali , affidate qui all'immagine, cioè al
cambio è piu rara (almeno per quanto riguarda l'imma- sistema meno «laborioso ».
gine fissa); la si ritrova soprattutto nei disegni umoristici
e nei fumetti. Qui la parola (per lo piu un frammento di
dialogo) e l'immagine si trovano in rapporto di comple-
L' IMMA GI NE DE NOTATA.
mentarità ; le parole sono frammenti di un sintagma piu
generale, allo stesso titolo delle immagini, e l'unità del
messaggio si formula a un livello superiore : quello della . S_iè_visto che, nell'immagine propriamente detta, la
storia , dell'an eddoto , della diegesi (questo conferma che distmzione• tra messaggio letterale e messaooio simbolico
, . bO
er~_operat~va; non si incontra mai (almeno in pubblicità )
°
1 Ciò è facilmente visibile nel caso paradossal e in cui l'immagine viene cost rui-
un imm~~me le~ter~leallo stato puro ; anche se si realiz-
ta dopo il testo, e in cui, di conseguenza, il controllo sembrerebbe inutile. Una
p~bb licità che vuol for comp rendere co me in quel certo caffè l'aroma sia «p rigio- zasse un ~m _agme mteram ente «ingenua» , essa acquisi-
niero» del prodo tto in polvere , e dunqu e che lo si ritroverà interamen te al momen - rebbe subito il segno della «ingenuità » e si completereb -
to dell'uso, colloca al di sopra della propos izione un a scatola di caffè circond ata
d:i una c:itcna e da un catena ccio. Q ui la metafora linguistica («prigionie ro») viene be con un terzo messaggio, simbolico . I caratt eri del
presa alla lettera (secondo un noto procedimento poetico ). Ma in effett i è l'imma -
gine che viene letta per prima mentre il testo che l'ha formata d iventa in ~oncl usio -
~fr:.C . Brcm~nd, ~ message 11orra11J,
11
ne la semplice scelta di uno tra i possibili significati: la rcprc..--ssio
nc si ritrova nd in «Communications», 1964, n. 4
[trad. 1t. m aa.vv., L 0110/m del rocco1110
, Bompiani, Mib no , 96 ].
circuito sotto forma di una banalizzazione del messaggio. 9
32 L'IMMAGINE RETORICA DELL'IMMAGINE
33
messaggio letterale non possono dunque essere sostan- to, riprodurre un oggetto o una scena con il disegno ob-
ziali, ma soltanto relazionali; si tratta in primo luogo, per bliga a un insieme di trasposizioni regolate; non esiste
cosi dire , di un messaggio privativo, costituito da ciò che una natura della copia pittorica, e i codici di trasposizio-
resta nell'immagine quando si cancellano (mentalmente ) ne sono storici (soprattutto per quanto concerne la pro-
i segni di connotazione (toglierli realmente non sarebbe spettiva); inoltre, l'operazione del disegno (la codifica)
possibile, poiché possono impregnare tutta l'immagine, obbliga subito a una certa partizione tra il significante e
come nel caso della «natura morta»). Questo stato pri- l'insignificante: il disegno non riproduce tutto, e spesso
vativo corrisponde naturalmente a una pienezza di vir- riproduce pochissime cose, senza cessare tuttavia di es-
tualità: si tratta di un'assenza di senso piena di tutti i sen- sere un messaggio forte, mentre la fotografia, se può sce-
si. In secondo luogo, si tratta (e questo non contraddice gliere il proprio soggetto, l'inquadratura e l'angolaz ione,
le considerazioni precedenti) di un messaggio autosuffi- non può intervenire all'interno dell'oggetto (se non me-
ciente, in quanto ha perlomeno un senso al livello della diante il trucco); in altri termini, la denotazione del dise-
identificazione della scena rappresentata ; la lettera del- gno è meno pura della denotazione fotografica, perché
l'immagine corrisponde insomma al primo grado dell'in- non vi è mai disegno senza stile; infine, come tutti i co-
tellegibile (al di qua di tale grado, il lettore percepirebbe dici, il disegno esige un apprendistato (Saussure attri-
solamente linee, forme e colori), ma questo intellegibile buiva una grande importanza a questo fatto semiologi-
resta virtuale a causa della sua stessa povertà, perché co). La codifica del messaggio denotato ha delle conse-
qualunque individuo, appartenente a una società reale, guenze sul messaggio connotato? È indubbio che la co-
dispone sempre di un sapere superiore al sapere antro- difica della lettera prepari e faciliti la connotazione, poi-
pologico e percepisce di piu che non la lettera. Si com- ché opera subito una certa discontinuità nell'immagine:
prende che in una prospettiva estetica il messaggio de- il «fare» un disegno costituisce già una connotazione.
notato - privativo e nello stesso tempo autosufficiente - Ma nello stesso tempo, nella misura in cui il disegno
possa apparire come una sorta di stato adamitico del- ostenta la propria codifica, il rapporto tra i due messaggi
l'immagine; sgombrata utopicamente delle sue connota- risulta profondamente modificato; non è piu il rapporto
zioni, l'immagine diventerebbe radicalmente oggettiva, tra una natura e una cultura (come nel caso della foto-
cioè in fin dei conti innocente. grafia), bensi il rapporto tra due culture: la «morale» del
Questo carattere utopico della denotazione è raffor- disegno non è quella della fotografia.
zato notevolmente dal paradosso già enunciato in prece- Nella fotografia, in effetti - almeno al livello del mes-
denza, e che fa si che la fotografia (nel suo stato lettera- saggio letterale -, il rapporto tra i significati e i signifi-
le), in virtu della sua natura assolutamente analogica, canti non è di «trasformazione» ma di «registrazione»,
sembri effettivamente costituire un messaggio senza co- e l'assenza del codice rafforza evidentemente il mito del
dice. Tuttavia l'analisi strutturale dell'immagine deve «naturale» fotografico: la scena c'è, captata meccanica-
qui specificarsi, perché, sola tra tutte le immagini , la fo- mente, ma non umanamente (il meccanico è qui pegno
tografia possiede il potere di trasmettere l'informazione di oggettività). Gli interventi dell'uomo sulla fotografia
(letterale) senza formarla con l'aiuto di segni discontinui (inqua dratura , distanza, luce, flou, «filato», ecc.) appar-
e regole di trasformazione. Bisogna dunque opporre la tengono effettivamente tutti al piano della connotazio-
fotografia, messaggio senza codice, al disegno, che, ne; tut to awiene come se ci fosse all'inizio (anche in sen-
quand'anche denotato, è un messaggio codificato. La so utopico) una fotografia bruta (frontale e netta), sulla
natura codificata del disegno appare a tre livelli: anzitut- quale l'uomo disporrebbe, grazie a certe tecniche, i segni
L' IMM AGI NE
34 RETORICA DELL'IMMAGINE 35
appart enenti al cod ice cu~turale. Sol_tantol'opposizi?ne bizioni dell'arte fotografica ) e rappresenterebbe un fatto
tra il codice culturale e il non-codice naturale puo, a antropologico «matto», assolutamente nuovo e n~llo
quanto sembra, rendere conto del caratter~ spec~co stesso tempo definitivamente insuperabile. Per la pnma
della fotoorafia e permettere di misurare la rivoluzione volta nella sua storia, l'umani tà conoscerebbe dei mes-
antropolo~ica che essa rappre senta nell~ sto~ia ~e_ll'uo- saooi senza codice; la fotografia non sarebbe dunque il
mo, poiché il tipo di coscienza che 7ssa implica e m ve- te;~ine estremo (perfezionato ) della grande famiglia
rità senza precedenti. La fotografia ms~alla ~on una co- delle immagini, ma corrisponderebbe a una mutazione
scienza dell'esserci della cosa (che ogm copia potrebbe capitale delle economie d'informazione.
suscitare), ma una coscienza dell' esserci-s~ato.Si tratta In ogni caso, l'immagine denotata , nella misura in cui
dunque di una nuova categoria d_ello spazio-tempo: lo~ non implica nessun codice (è il caso della fotografia pub-
cale immediato e temporale anteriore; nella fotografia si blicitaria ), svolge nella struttura generale del messaggio
l?roduce una congiunzione illogica tra qui e un tempo. iconico un ruolo particolare che si può cominciare a pr e-
E dunque a livello di questo messaggio denot?to o mes- cisare (si tornerà su questo problema dopo aver parlato
saooio senza codice che si può comprendere pienamente del terzo messaggio): l'immagine denotata naturalizza il
l'i;':ealtàreale della fotoorafia;
0
la sua irrealtà è quella del messaggio simbolico, rende innoc ente l'artificio seman -
q ui perch é la fotoorafia non è mai vissuta come un'illu- tico, molto denso (soprattutto in pubblicità ), della con-
sione' non è assolutamente
"' una presenza, e occorre ri.ba- notazione. Benché il manifesto «Panzani» sia pieno di
il
dire carattere magico dell'immagine fotografica; e la «simboli», nella fotografia resta come una specie di es-
sua realtà è quella dell'esserci-stato,perché in ogni foto- serci naturale degli oggetti , nella misura in cui il messag-
orafia vi è l'evidenza sempre sorprendente del: è accadu- oio letterale è autosufficiente: la natura sembra produrre
;o cosi: noi possediamo allora, prezi?so. miracolo, _una ;pontaneamente la scena rappresentata ; alla semplice
realtà di cui siamo sicuri. Questa specie di ponderazione validità dei sistemi apertamente semantici, si sostituisce
temporale (esserci-stato) diminuisce probab_il~e~te il surrettiziamente una pseudo- verità ; l'assenza di codice
potere proiettivo dell'immagine (solo pochi_ssimi te~t disintellettualiz za il messaggio in quanto esso sembra
psicologici fanno ricorso alla fotografi~, molu ~a~no ri- fondere in natura i segni della cultura. È qu esto , senza
corso al disegno ): il questo è stato batte m breccia il sono dubbio , un paradosso storico importante: piu la tecnica
io. Se que ste osservazioni hanno qualche fondamento, sviluppa la diffusione delle informazioni (e soprattutto
bisognerebbe dunque collegare la fo_tografiaa una pura delle immagini ), e piu essa fornisce i mezzi per masche-
coscienza spetta trice , e non alla coscienza legata alla fin- rare il senso costruito sotto l'apparenza del senso dato.
zione, piu proiettiva, piu «magica», da cui dipend~reb~
be orosso modo il cinema. Si sarebbe allora autorizza~i
a v;dere tra il cinema e la fotografia non piu una sempli-
ce differenza di orado ma un 'opposizione radicale: il ci- RETORICA DELL ' IMMA GINE.
nema non sarebbe fotografia animata; nel suo ambito
l'esserci-stato sparirebbe a favore di un esserci_dellac?sa.
Questo spiegherebbe la possibilità di _unast?ri~ del eme- Si è visto che i segni del terzo messaggio (messaggio
ma senza una vera rottura con le arti antenon della fin- «simbolico », culturale o conno tato) erano discontinui ;
zio~e mentre la fotoorafia sfugge in certo modo alla sto- anche quando il significante sembra estendersi a t~tta
ria (a ,dispetto dell'e:o luzione delle tecniche e delle am- l'immagin e, resta nondim eno un segno separato dagli al-
L'IMMAGINE RETORICA DELL'IMMAGI NE 37
tri: la «composizione» implica un significato estetico, al- i segni si rarefanno e diventano classificabili: che cosa
l'incirca come l'intonazione, benché sopra-segmentale , c'è di piu sistematico delle letture del test di Rorschach?
è un significante isolato dal linguaggio. Si ha dunque a La variabilità delle interpretazioni non può dunque met-
che fare qui con un sistema normale, i cui segni sono tere in forse la «lingua» dell'immagine, se si ammette
tratti da un codice culturale (anche se il legame tra gli che questa lingua è composta da idioletti , lessici o sotto-
elementi del segno appare piu o meno analogico ). L'ori- codici: l'immagine è attraversata per intero dal sistema
ginalità di questo sistema sta nel fatto che il numero delle del senso, esattamente come l'uomo si articola fino al
letture di una stessa lessia (di una stessa immagine ) varia fondo di se stesso in linguaggi distinti. La lingua dell'im-
a seconda degli individui. Nella pubblicità «Panzani» magine non è solo l'insieme delle parole emesse (per
che è stata appena analizzata , abbiamo riscontrato quat- esempio a livello del combinatore dei segni o creatore
tro segni di connotazione; ve ne sono probabilmente al- del messaggio ), ma anche l'insieme delle parole ricevu-
tri (ad esempio, la borsa a rete può significare la pesca te ": la lingua deve includere le «sorprese» del senso.
miracolosa, l'abbondanza, ecc.). Tuttavia la variazione Vi è un'altra difficoltà legata all'analisi della connota-
delle letture non è anarchica, ma dipende dai diversi sa- zione. Alla particolarità dei suoi significati non corri -
peri investiti nell'immagine (sapere pratico, nazionale, sponde un linguaggio analitico particolare ; come indica -
culturale, estetico ) e questi saperi possono venir classifi- re i significati di connotazione? Per uno di essi, si è arri-
cati, andare a comporre una tipologia. Tutto awiene schiato il termine di italianità, ma gli altri possono venir
come se l'immagine si offrisse alla lettura di uomini di- designati solo con vocaboli tratti dal linguaggio corrente
versi che possono coesistere benissimo in un solo indivi- (preparazione-culinaria,natura-morta,abbondanza): il me-
duo: una stessa lessia mobilizza lessici diversi. Che cos'è talinguaggio che deve assumerli al momento dell'anali-
un lessico? È una porzione del piano simbolico (del lin- si non ha una propria specificità. Ciò suscita dei proble-
guaggio ) che corrisponde a un corpus di pratiche e di mi, perché questi significati hanno una natura semantica
tecniche" . Lo stesso vale per le diverse letture dell'im- particolare; come sema di connotazione, «l'abbondan-
magine: ogni segno corrisponde a un insieme di «atteg- za» non si sovrappone perfettamente all' «abbondanza» ,
giamenti»: il turismo, la vita coniugale, la conoscenza nel senso denotato. Il significante di connotazione (in
dell'arte , alcuni dei quali possono evidentemente man- questo caso la profusione e la condensazione dei prodot-
care al livello di un individuo. C'è una pluralità e una ti) è come la cifra essenziale di tutte le abbondanze po s-
coesistenza di lessici in uno stesso uomo; il numero e l'i- sibili, o meglio ancora dell'idea piu pura dell'abbondan-
dentità di questi lessici formano in qualche modo l'idio- za. Quanto alla parola denotata, non rinvia mai a un'es-
letto di ciascuno 13. L'immagine, nella sua connotazione, senza, poiché è sempre presa in una parola contingente,
sarebbe dunque costituita da un'architettura di segni de- in un sintagma continuo (quello del discorso verbale),
rivati da una profondità variabile di lessici (di idioletti); orientato verso una certa transitività pratica del linguag-
e ciascun lessico, per quanto «profondo» sia, risulta co- gio. Il sema «abbondanza», invece, è un concetto allo
dificato, se è vero, come si pensa oggi, che anche la psi- stato puro , separato da ogni sintagma, privo di ogni con-
che è articolata come un linguaggio. O meglio: piu si testo; esso corrisponde a una sorta di stato teatrale del
«scende» nella profondità psichica di un individuo , piu
14
Nella prospettiva saussuriana , la parole è essenzialmente ciò che viene emes -
12
Cfr. A. J.Grcimas, Lcs problèmes dc la description mécanographique, in «Ca- so, che viene attinto nella langue (e la costituisce retroattivamente). Qc,nj occorre
hicrs dc lcxicologie», Besançon 1959, n. ,, p. 63. ~lla~gare I~ nozione_di langue, ~oprattutto dal p:'nto di vista scmantic;'Ia langue
13
Cfr. Elementi di semiologia cit., p. 23 . e «I astrazione totalizzante» dei messaggi emessi e ncev uti.
L'IMMAGINE RETORICA DELL 'IMMAGI N E 39
senso, o meglio ancora (poiché si tratta di un segno senza gnificanti connotativi che si specificano a seconda della
sintaoma) a un senso esposto. Per esprimere questi semi sostanza scelta. Chiameremo questi significanti conno ta-
conn~tativi , occorrerebbe dunque un metalinguaggio tori e l'insieme dei connotatori una retorica: la retorica
particolare; abbiamo arrischiato italianità; sono barbari- appare dunque come il volto significante dell'ideologia.
smi di questo genere che potrebbero meglio render con- Le retoriche variano inevitabilmente per la loro sostanza
to dei sionifìcati di connotazione, poiché il suffisso -tas (il suono articolato, oppure l'immagine, o il gesto , ecc.),
0

(indoeur~peo, ' '-tà ) serviva a trarre dall 'aggettivo un so- ma non necessariamente per la loro forma; è anche pro-
stanti vo astratto: l'itali anità non è l'Italia , è l'essenza babile che esista una sola /o rma retorica , comune, per
condensata di tutto ciò che può essere italiano, dagli spa- esempio , al sogno, alla letteratura e all'immagine ". Cosi
ohetti alla pittura. Accettando di regolare artificialm ente la retorica dell'immagine (cioè la classificazione dei suoi
'.'.'..
ed eventualmente in modo barbaro - la nominazione connotatori) è specifica nella misura in cui è sottoposta
dei semi connotativi, si renderebbe piu facile l'analisi alle costrizioni fisiche della visione (diverse dalle costri-
della loro forma ". Questi semi si organizzano evidente- zioni fonatorie , ad esempio ), ma generale nella misura
mente in campi associativi, in articolazioni paradigmati- in cui le «figure » non sono altro che rapporti formali tra
che, forse anche in opposizioni, secondo certi percorsi elementi. Questa retorica non potrà essere costituita se
o, come dice A. J. Greimas, secondo certi assi semici '•: non a partire da un inventario assai ampio, ma si può
italianità appartiene a un certo asse delle nazionalità, ac-
pre vedere fin d'ora che vi si ritro veranno alcune delle
canto alla francesità, alla germanità o all'ispanità. La ri-
figure già individuate dagli antichi e dai classici'". Cosi ,
costituzione di questi assi - che in seguito possono anche il pomodoro indica l'italianità per metonimia ; in un altro
opporsi tra loro - sarà evidentemente possibile solo caso, la sequenza di tre scene (chicchi di caffè, caffè in
quando si sarà proceduto a un inventario massiccio dei polver e, sorbimento del caffè) esprime con una semplice
sistemi di connotazione: e non solamente quelli dell'im- giustapposizione un certo rapporto logico , in modo ana-
magine , ma anche quelli di altre sostanze, poiché se la logo a un asindeto. È probabile , in effetti, che tra le me-
connotazione ha significanti tipici a seconda delle so- tabole (o figure di sostitu zione di un significante a un
stan ze utilizzat e (immagine , parola, oggetti , comporta- 19
altro ) , sia la metonimia a fornire all'immagin e il mag-
menti ), essa mette in comune tutti i suoi significati: sono gior numero di connotatori; e tra le paratassi (o figure
ooli stessi sionificati
b
che si ritro veranno nella stampa scrit-
, del sintagma ) è l'asindeto a dominar e.
ta , nell'immagine o nel gesto dell'attore (per tale moti vo Ciò che piu impor ta però - almeno per il momento
la semiologia è concepibile solo in un quadro per cosf - non è stabilir e un inventario dei connotator i, ma com-
dire totale ). Questo ambito comune ai significati di con-
notazion e è quello dell 'ideologia, la quale è inevitabil-
mente unica per una società e una storia determinate , i; Cfr. É. Bcnvcniste, Remarq ue sur la Jonction du langage dans la découverte
quali che siano i significanti di connotazione a cui essa /reudiennc , in «La Psychanalysc», 1956, n. 1 (ora in Problèmes de linguistique géné-
ricorre. ral,·, Gall imard, Par is 1966 [trad . it. Il Saggiatore, Milano 1971) ).
18
La reto rica classica dovrà ven ir ripensata in termi ni strutturali ((: l'ogge tto
All'ideologia generale corrispondono , in effetti, si- di un lavo ro in co rso ), e allora sarà fo rse poss ibil e: stabilire una reto rica general e
o lingu istica dei sign ificanti d i con no tazione, valida pe r il suono articolato , I'imm:1-
gine, il gesto , ccc. (Cfr. L 'ancienne rhétoriqu c (Aide -mémoire) , in «Communi ca-
" Forma, nel senso preciso che le dà H jclmsle~ (cfr. Elementi_di se'!1iologia cit., tions» , 1970, n. 16 [trad. it. Bompiani, Milano 1972)).
19
pp. ~7 sg .) come o roanizzazio ne funzionale e recipr oca de t s1gn1ficau. Si preferisce qui eludere l'opposizione stabilita da Jakobson tra metafora e
6
f A. J'. Greimas~ Cours de sémantique, 1964, quaderni roncm ipat i dcll'Écolc metonimi a, perc hé se la me to nimia è una figura di cont igu ità dal pu nto di vista
de ll'origine , essa funzio na com unque come un sostituto del signifi cante , cioè come
normale supéricure di Saint-Cloud .
una metafor a.
L'IMMAGINE RETOR ICA DELL'IMMAGI N E 41
prendere che nell'immagine totale essi costituiscono lare in modo troppo affrettato dall'immagine alla semio-
tratti discontinui o meglio ancora erratici. l connotatoti logia generale, si può nondimeno arrischiare che il mon-
non riempiono tutta la lessia, la loro lettura non la esau- do del senso totale è lacerato internamente (struttural-
risce. In altri termini ancora (e questa proposizione sa- mente ) tra il sistema come cultura e il sintagma come na-
rebbe valida per la semiologia in generale) non tutti gli tura: i prodotti delle comunicazioni di massa uniscono,
elementi della lessia possono venir trasformati in conno - attraverso dialettiche diverse ed esiti diversi, il fascino
tatori; resta sempre , nel discorso , una certa denotazione , di una natura , che è quella della narrazione , della diege-
in assenza della quale il discorso non sarebbe propria- si, del sintagma, e l'intelligibilità di una cultura, rifugiata
mente possibile. Questo ci riconduce al messaggio 2, o in alcuni simboli discontinui , che gli uomini «declina-
immagine denotata. Nella pubblicità «Panzani», i legu- no» al riparo dalla loro parola vivente.
mi mediterranei, il colore, la composizione , la stessa pro-
fusione, sorgono come blocchi erratici, isolati e nello
stesso tempo incastonati in una scena generale che ha il
suo proprio spazio e, come si è visto, il suo «senso»: essi
sono «presi» in un sintagma che non è il loro e che è quel-
lo della denot azione. È una proposizione importante ,
perché ci permette di fondere (retroattivamente ) la di-
stinzione strutturale del messaggio 2 o letterale, e del
messaggio 3 o simbolico, e di precisare la funzione natu-
ralizzante della denotazione in rapporto alla connotazio-
ne . Ora sappiamo che è esattam ente il sintagma del mes-
saggio denotato che «nat uralizza» il sistema del messaggio
connotato . O ancora: la conno tazione non è che sistema,
e non può definirsi se non in termini di paradigma; la
denotazione iconica non è che sintagma, e associa ele-
menti senza sistema: i connotatoti discontinui sono lega-
ti, attualizzati, «parlati» attraverso il sintagma della de-
notazione: il mondo discontinuo dei simboli affonda
nella storia della scena denotata come in un bagno lu-
strale d'innocenza.
Si vede dunque che nel sistema totale dell'immagine ,
le funzioni strutturali sono polarizzate. Da una parte , vi
è una specie di condensazione paradigmatica a livello dei
connotatori (cioè, grosso modo , dei «simboli» ), che
sono segni forti , erratici , e si potrebbe dire «reificati».
Dall'altra parte, vi è una «colata» sintagmatica a livello
della denota zione; non si dimentichi che il sintagma è
sempre vicinissimo alla parola , e che è il «discorso» ico-
nico a naturalizzare i suoi simboli. Senza voler estrapo-
IL TERZO SENSO 43
Il terzo senso 2) Un livello simbolico: è l'oro versato. Questo livello
è a sua volta stra tificato . C'è il simbolismo referenziale:
Note di ricerca su alcuni fotogrammi di Ejzenstejn
il rituale impe riale del battesimo mediante l'oro. Vi è poi
il simbolismo diegetico: è il tema dell'oro , della ricchez -
za (ammesso che esista) in Ivan il Terribile, che interver-
rebbe qui in modo significativo. Vi è ancora il simboli-
smo ejzenstejniano - un critico potrebbe scoprire che
l'oro, la pioggia , oppure la tenda, la sfigurazione , posso -
a Nordine Sai!, dirett ore di «Ciném a 3 »
no venir accolti in una rete di spostamenti e di sostituzio-
ni, propria di Ejzenstejn. Vi è infine un simbolismo sto-
rico, se, in un 'ottica piu ampia, si può mostrare che l'oro
introduce a un gioco (teatr ale), a una scenografia, che
sarebbe quella dello scambio , individuabile sia psicana-
liticamente sia economicamente, vale a dire semiologica-
ment e. Q uesto secondo livello, nel suo insieme, è quello
della significazione. Il suo modo di analisi sarebbe una
semiotica piu elaborata della prima , una seconda semio-
tica o neo-semiotica, aperta non piu alla scienza del mes-
saggio, ma alle scienze del simbolo (psicanalisi , econo -
mia, drammaturgia ).
3) È tut to? No, perché non posso ancora staccarmi
dall'immagine. Mentre leggo, ricevo (probabilmente,
per primo ) un terzo senso, evidente, erratico e ostinato ' .
Ecco un'immagine di Ivan il Te"ib ile': due cortigia- Ignoro quale sia il suo significato, quantomeno non rie-
ni, due aiutanti, due comparse (poco importa se non ri- sco a esprim erlo , ma vedo con chiarezza i tratti , le acci-
cordo bene i dettagli della storia ) versano una pioggia dentalità significanti di cui questo segno, fin dall'inizio,
d 'oro sulla testa del giovane zar. Mi sembra di poter di- è composto: una certa compattezza del belletto dei cor-
stinguere in questa scena tre livelli di senso: tigiani, spesso, calcato, oppure liscio, distinto ; il naso
1) Un livello informativo , in cui si condensa tutta la «stupido» di uno, il disegno fine dei sopraccigli di un
conoscenza che mi forniscono lo scenario , i costumi, i altro , il suo biondo slavato, la sua carnagione bianca e
personaggi, i loro rapporti, la loro inserzione in un aned- vizza, la piattezza curata della sua acconciat ura, che tra -
doto che conosco (anche se vagamente ). Questo è il livel- disce il posticcio, il racco rdo sullo sfondo della carnagio-
lo della comunicazione.Se fosse necessario trovare un mo- ne gessosa alla polvere di riso. Non so se la lettura di
do per analizzarlo, mi orienterei verso la prima semioti-
ca, quella del «messaggio» (ma non ci occuperemo piu , 2
Nel para digma classico dei cinque sensi, il ter,o è l'udito (il primo per impor-
in questa sede, né di quel livello né di quella semiotica ). tanza nel Medioevo ); è un a co incidenz a felice, pe rché si tratta proprio di un ascollo.
Anzit utt o perch é le osservazio ni di Ejzenstcjn di cui ci serviremo qu i provengono
d a una riAcssionc sull'awento del sonoro nel film; inoltre perché l'ascolto (senza
1
Tutti i fotogrammi di EjzenStejn che verranno considerati qui sono trntti d:1.
i riferimento a un3 phoné un ic3) de tiene in potenza b mcrnforo che meglio si adatto
numeri 2 17 e 21 8 de i «C3hiers du cinéma ». Il fotogram ma d i Ro mm (Le Fascisme al «testual e »: l'orchest razione (termine di Ejzcnstcjn), il contrappunto . la ste"'O·
ordinaire) è tratto d al nume ro 21 9. fonia.
44 L'IMMAGINE IL TERZO SENSO 45
questo terzo senso è fondata - se si può generalizzar- prio il caso di questo senso, che viene a trovarmi; in teo-
la - , ma mi sembra che il suo significante (i tratti che ho logia, a quanto sembra, il senso ovvio è quello « che si
appena tentato di indicare, se non di descrivere) possie- presenta in modo del tutto naturale allo spirito»; per
da un'individualità teorica. Perché , da una parte, non l'appunto, la simbolica della pioggia d'oro mi appare da
può confondersi con il semplice esserci della scena, ecce- sempre dotata di una chiarezza «natura le». Quanto al-
de la copia del motivo referenziale, costringe a una lettu- l'altro senso, il terzo, quello che è «di troppo», come un
ra interrogativa (l'interrogazione riguarda il significante, supplemento che la mia intellezione non riesce bene ad
non il significato, la lettura, non l'intellezione: è un ap- assorbire, ostinato e nello stesso tempo sfuggente, liscio
proccio «poetico»); d'altra parte, non si confonde piu e inafferrabile, propongo di chiamarlo il senso ottuso.
con il senso drammatico dell'episodio: dire che questi Questa parola mi viene in mente in modo spontaneo e,
tratti rinviano a un'«aria» significativa dei cortigiani, di- sorprendentemente, dispiegando la sua etimologia, indi-
stante, annoiata, oppure concentrata («Essi fanno sem- ca già una teoria del senso supplementare. Obtusus si-
plicemente il loro mestiere di cortigiani») , non mi soddi- gnifica: che è smussato, di/orma arrotondata . Ora i tratti
sfa pienamente: qualcosa, in questi due visi, eccede la che ho indicato (il belletto, la bianchezza, il posticcio,
psicologia, l'aneddoto , la funzione e per cosi dire il sen- ecc.) non sono forse lo smussamento di un senso troppo
so, senza ridursi tuttavia all'ostinazione di ogni corpo chiaro, troppo violento? Non dànno forse al significato
umano nella sua mera esistenza. In opposizione ai due ovvio come una sorta di rotondità poco prensile, non
primi livelli, quello della comunicazione e quello della fanno forse scivolare la mia lettura? Un angolo ottuso è
significazione, il terzo livello - anche se la sua lettura è piu grande di uno retto: angolo ottuso di 100°, dice il di-
ancora rischiosa - è quello della significanza; questa pa- zionario; anche il terzo senso mi sembra piu grande che
rola ha il vantaggio di riferirsi al campo del significante non la perpendicolare pura, dritta, tagliente, legale, del
(e non della significazione) e di raggiungere, attraverso racconto: mi sembra che apra il campo del senso total-
la via aperta da Julia Kristeva, che ha proposto il termi- mente, cioè infinitamente. Sono disposto ad accettare,
ne, una semiotica del testo. per questo senso ottuso, la connotazione peggiorativa:
La significazione e la significanza - e non la comuni- il senso ottuso sembra spiegarsi al di fuori della cultura ,
cazione - sono il mio unico interesse, in questo momen- del sapere, dell'informazione; analiticamente, ha qual-
to. Occorre dunqu e determinare , nel modo piu econo- cosa di derisorio; in quanto apre all'infinito del linguag-
mico possibile, il secondo e il terzo senso. Il senso sim- gio, può apparire limitato nei riguardi della ragione ana-
bolico (l'oro versato, la potenza, la ricchezza, il rito im- litica; appartiene alla razza dei giochi di parole, delle
periale) mi si impone per una determinazione duplice: buffon erie, delle spese inutili; indifferente alle categorie
è intenzionale (è quello che ha inteso dire l'autore ) ed è morali o estetiche (il triviale, il futile, il posticcio e il pa -
prelevato in una sorta di lessico generale, comune , quel- sticcio), sta dalla parte del carnevale. Dun que ottuso va
lo dei simboli; è un senso che mi cerca, in quanto desti- proprio bene.
natario del messaggio, soggetto della lettura, un senso
che parte da Ejzenstejn e che viene incontro a me: evi-
dente, senza dubbio (anche l'altro lo è), ma di un'evi-
denza chiusa, presa in un sistema completo di destinazio-
ne. Propongo di chiamare questo segno completo il sen-
so ovvio. Obvius significa: che viene incontro , ed è pro-
L'IMMAGINE
IL TERZO SENSO 47

IL SENSO OVVIO.

Qualche parola sul senso ovvio, benché non sia l'og-


getto di questa ricerca. Ecco due immagini che lo pre-
sentano allo stato puro. Le quattro figure dell 'immagine
rr «simbolizzano» tre età della vita, l'u nanimi tà del lutto
(funerali di Vakulincuk). Il pugno chiuso dell'immagine
III, in primissimo piano, significa l'indignazione, la col-
lera a stento trattenuta, canalizzata, la determinazione
li
della lotta; unito metonimicamente a tutta la storia del
Poté"mkin,esso «simbolizza» la classe operaia, la sua po-
tenza e la sua volontà; perché, miracolo d'intelligenza se-
mantica , questo pugno visto al contrario,mantenuto dal
suo portatore in una specie di cland estinità (è la mano
che dapprima pende con naturalezza lungo i pantaloni,
e poi si chiude , si indurisce , pensa contemporaneamente
la sua battaglia futura, la sua pazienza e la sua prudenza)
non può essere interpretato come il pugno di un attacca-
brighe, di un rissoso, si potrebbe anche dire: di un fasci-
sta . Esso è immediatamente il pugno di un proletario. Si
vede cosi che l'arte di Ejzen stejn non è polisemica: egli
sceglie il senso , l'impone , lo carica (anche se il senso ot-
tuso trabocca oltre la significazio ne, quest 'ultima non
viene negata, annebbiata); il senso ejzenstejniano fulmi-
na l'ambiguità. Come? Aggiungendo un valore estetico,
l'enfasi. Il « decorativismo » di Ejzenstejn ha una funzio-
ne economica: proferisce la veri tà. Si osservi l'immagine
IV: in modo del tutto classico, il dolore viene espresso
dalle teste inclinate , dalle espressio ni di sofferenza , dalla
mano che, posata sulla bocca, trattiene i singhiozzi. Ma,
una volta detto questo, sufficientemente , un tratto deco-
rativo lo ridice ancora: la sovrapposizione delle due
mani, disposte esteticamente in un'ascensione delicata,
materna, floreale, verso il viso che s'inclina; un altro det- !V

taglio che s' iscrive en abyme nel dettaglio gener ale (le
due donn e); provenendo da un ordine pittorico come
L'IMMAGINE IL TERZO SENSO 49
una citazione dei gesti di icone e di pietà, non devia il sen-
so ma lo accentua; questa accentuazione (tipica di tutta
l'arte realistica) ha in questo caso qualche legame con la
«verità»: quella del Potèmkin. Baudelaire parlava della
«verità enfatica del gesto nelle grandi circostanze della
vita»; qui è la verità della« grande circostanza proletaria»
che richiede l'enfasi. L'estetica ejzenstejniana non costi-
tuisce un livello indipendente: fa parte del senso ovvio, e
il senso ovvio è sempre, in Ejzenstejn, la rivoluzione.

V VI

IL SENSO OTTUSO.
in cui qualcuno si dà un'aria burlona e sciocca, con la
linea circonflessa delle sopracciglia sbiadite, stinte, vec-
È davanti all'immagine v che ho avuto per la prima chie, la curva eccessiva delle palpebre abbassate ma rav-
volta la convinzione del senso ottuso. La questione era: vicinate come per un effetto di strabismo, e la linea della
che cosa, in questa vecchia donna che piange, mi pone bocca semiaperta, in corrispondenza con la linea della
il problema del significante? Mi persuadevo rapidamen- cuffia e quella delle sopracciglia, nello stile metaforico
te che non erano, benché perfette, né l'espressione né la «come un pesce fuor d'acqua». Tutti questi tratti (la cuf-
gestualità del dolore (le palpebre abbassate, la bocca ti- fia burlona, la vecchia, le palpebre che denotano strabi-
rata, il pugno sul petto): questo appartiene al significato smo, il pesce) hanno come vago riferimento un linguag-
pieno, al senso ovvio dell'immagine, al realismo e al de- gio un po' basso, quello di un travestimento alquanto
corativismo ejzenstejniani. Sentivo che il tratto pene- misero; uniti al nobile dolore del senso ovvio, formano
trante, inquietante come un invitato che si ostina a trat- un dialogismo cosi tenue che non si può garantirne l'in-
tenersi senza dire nulla là dove la sua presenza non è ri- tenzionalità. La proprietà di questo terzo senso è in ef-
chiesta, doveva risiedere nella zona frontale: la cuffia, il fetti - almeno in Ejzenstejn - di annebbiare il limite che
foulard-copricapo non era qualcosa di gratuito. Tutta- separa l'espressione dal travestimento, ma anche di offri-
via, nell'immagine vr, il senso ottuso sparisce, rimane re quest'oscillazione in modo succinto: un'enfasi ellitti-
soltanto un messaggio di dolore. Ho capito allora che ca, se cosi si può dire: disposizione complessa, molto
quella specie di scandalo, di supplemento o di deriva im- scaltra (poiché implica una temporalità della significa-
posta a questa rappresentazione classica del dolore, pro- zione), che è perfettamente descritta dallo stesso Ejzen-
veniva precisamente da un rapporto sottile, impalpabile: stejn quando cita con entusiasmo la regola d'oro del vec-
quello della cuffia bassa, degli occhi chiusi e della bocca chio K. S. Gillette: un leggero semicerchio dietro il pun-
convessa; o piuttosto, per riprendere la distinzione dello to-limite (n. 219).
stesso Ejzenstejn tra «le tenebre della cattedrale» e «la Il senso ottuso ha dunque un po' a che fare con il tra-
cattedrale intenebrata nell'oscurità», di un rapporto tra vestimento. Si osservi il pizzo di Ivan, promosso, a mio
la «bassezza» della linea della cuffia, tirata in modo in- parere , al senso ottuso nell'immagine vrr: esso si dimo-
solito fino alle sopracciglia, come in quei travestimenti stra chiaramente posticcio, ma non rinuncia per questo

1
50 L'IMMAGINE IL TERZO SENSO

alla «buona fede» del suo referente {lafigura storica del-


lo zar): un attore che si traveste due volte (una volta
come attore dell'aneddoto, una volta come attore della
drammaturgia ), senza che un travestimento distrugga
l'altro; uno sfogliato di senso che lascia sempre sussiste-
re il senso precedente , come in una costruzione geologi-
ca; dire il contrario senza rinunciare alla cosa contrad-
detta: a Brecht sarebbe piaciuta questa dialettica dram-
matica (a due termini). Il posticcio ejzenstejniano è nello
stesso tempo il posticcio di se stesso, cioè pasticcio, e
feticcio derisorio, poiché lascia vedere il suo taglio e la
sua sutura: ciò che è visibile, nell'immagine VII, è il rial- VII VIII

lacciamento , e dunque il distacco preliminare, del pizzo


perpendicolare al mento. Che la cima di una testa (la
parte piu «ottusa» della persona umana ), che una sola
crocchia (nell'immagine VIII) possa essere l'espressione
del dolore, ecco ciò che è derisorio - per l'espressione,
non per il dolore. Non vi è dunque parodia: nessuna
traccia di burlesco: il dolore non è scimmiottato (il senso
ovvio deve restare rivoluzionario, il lutto generale che
accompagna la morte di Vakulincuk ha un senso stori-
co), e tuttavia, «incarnato» in questa crocchia, mostra
un taglio, un rifiuto di contaminazione ; il populismo del-
lo scialle di lana (senso ovvio) si/er ma alla crocchia: qui
IX X
inizia il feticcio, la chioma , e una specie di derision e non-
negatrice dell'espressione. Tutto il senso ottuso (la sua
forza di rottura ) si gioca nella massa eccessiva dei capelli. valore, una valutazione. Si può concordare, mi sembra ,
Ecco un'altra crocchia (quella della donna IX ) : essa con- sul fatto che l'etnografia proletaria di Ejzenstejn , fram-
trasta con il piccolo pugno alzato, lo atrofizza, senza che mentata lungo tutto il funerale di Vakulincuk, ha costan-
questa riduzione abbia il minimo valore simbolico (intel- temente qualcosa di amoroso (questa parola va intesa
lettuale): prolungata nei riccioli, trae il viso verso un mo- senza specificazione di età o di sesso): materno , cordial e
dello ovino , e dà alla donna qualcosa di toccante (come e virile, «simpat ico» senza nessun ricorso agli stereotipi ,
può esserlo una certa scempiaggine genero sa) o anche il popolo ejzenstejniano è essenzialmente amab ile: si as-
di sensibile. Bisogna usare queste parole, anche se poco saporano , si amano i due berretti rotondi dell'immagine
politiche , poco rivoluzionarie, mistificate come poche x; si instaura con loro una complicità , un 'intesa. La bel-
altre ; credo che il senso ottuso esprima una certa em ozio- lezza può indubbiamente valere come un senso ottuso ,
ne; presa nel travestimento, quest'emo zione non è mai come nell'immagine XI , in cui il senso ovvio, assai denso
appiccicosa; è un 'emozione che designa semplicemente (mimica di Ivan, stupidità durev ole del giovane Vladi-
quello che si ama, che si vuole difendere ; è un' emozione- mir ), è ormeg giato e/ o derivato dalla bellezza di Basma-
52 L'IMMAGINE IL TERZO SENSO 53

XI V xv

nov. Ma l'erotismo immanente al senso ottuso (o meglio:


che questo senso investe di striscio) non ha un'accezione
estetica: Eufrosinia è brutta, «ottusa» (immagini XII e
xrrr), come il monaco dell'immagine XIV, ma questa ot-
tusità oltrepassa l'aneddoto, diventa l'affievolimento del
senso, la sua deriva. C'è nel senso ottuso un erotismo che
include il contrario del bello e anche ciò che sta al di
fuori della relazione di opposizione, cioè il limite, l'in-
versione, il disagio e forse il sadismo. Ecco l'innocenza
XII languida dei Bambini nellafornace (xv), il ridicolo scola-
stico del loro cravattone di lana che saggiamente giunge
fino al mento, il latte inacidito della pelle (degli occhi,
della bocca nella pelle) che Fellini sembra aver ripreso
nell'androgino del Satyricon. Ne parla Georges Bataille,
in particolare in un testo dei Documents che definisce
per me una delle regioni possibili del senso ottuso: Le
gros orteil de la reine (non ricordo il titolo esatto )' .
Ricapitoliamo (ammesso che questi esempi bastino a
giustificare alcune osservazioni di carattere piu teorico ).
Il senso ottuso non si trova nella langue (neppure in
quella dei simboli ): se lo si elimina, la comunicazione e
la significazione restano, circolano, passano; in sua as-
XIII
senza, posso ancora dire e leggere; ma non si trova nean-
che nella parole; può darsi che vi sia una certa costante

' Cfr. R. Barthes, Les sorties du lexte , in aa.w ., Bataille, ,oh 8, Paris 1973.
L'IMMAGINE IL TERZO SENSO 55
54
del senso ottuso ejzenstejniano, ma allora è già una paro- una voce enigmatica, senza origine e ossessiva, quella
le tematica, un idioletto, e questo idioletto è provvisorio dell'anagramma, nel verso arcaico. La stessa incertezza
(semplicemente fissato da un critico che scrivesse un li- quando si tratta di descrivere il senso ottuso (di dare
bro su Ejzenstejn). Perché il senso ottuso c'è, non dap- qualche idea del luogo in cui va, e dove se ne va); il senso
pertutto (il significante è una cosa rara, una fioura del- ottuso è un significante senza significato; donde la diffi-
!'avvenire), ma da qualche parte: in altri auto:Z·di film coltà di nominarlo: la mia lettura resta sospesa tra l'im -
(forse), in un certo modo di leggere la «vita» e dunque magine e la sua descrizione, tra la definizione e l'appros-
11«reale» stesso (questa parola va intesa qui come sem- simazione. Se non si può descrivere il senso ottuso, è
plicem~nte opposta alla finzione volontaria). In questa perché, contrariamente al senso ovvio, non copia nulla:
immagine tratta da un documentario , Le Fascismeordi- come descrivere ciò che non rappresenta nulla? La
naz"re(xvr), leggo facilmente un senso ovvio, quello del «resa» pittorica delle parole qui è impossibile. La conse-
fascismo (estetica e simbolica della forza, della caccia guenza è che, se, davanti a queste immagini , si resta (voi
teatrale), ma leggo anche un supplemento ottuso: la e io) al livello del linguaggio articolato - cioè del mio
scempiaggine bionda, travestita (ancora una volta) del proprio testo - il senso ottuso non ~giunoerà<:,
ad esistere '
giovane porta-frecce, la mollezza delle sue mani e della a entrar e nel metalinguaggio del critico. Questo significa
sua bocca (non descrivo, non ne sono capace, designo che il senso ottuso sta al di fuori del linguaggio (artico-
solamente un luogo), le grandi unghie di Goering, il suo lato ), e tuttavia nell'ambito dell'interlocuzione. Infatti,
ane~o di paccottiglia (già al limite del senso ovvio, come se guardate le immagini da me indicate, vedrete questo
la piattezza mielata del sorriso imbecille dell'uomo con senso: noi possiamo intenderci in proposito, «alle spal-
gli occhiali, nel fondo: palesemente, un «leccapiedi»). le» del linguaggio articolato: grazie all'immagine (per
In altri termini, il senso ottuso non è situato struttural- quanto irrigidita: vi torneremo), anzi: grazie a ciò che,
mente, e uno studioso di semantica non ne riconoscerà nell'immagine, è puramente immagine (e che, in verità,
l'esistenza oggettiva (ma che cos'è una lettura oooetti-
~ <:,<:,
è ben poca cosa), facciamo a meno della parola, senza
va?), e se esso è evidente (per me), forse ciò accade an- cessare di capirci.
cora (per il momento) a causa della stessa «aberrazione» In somma, quello che il senso ottuso intorbida , isteri-
che costringevail solitario e infelice Saussure a intendere lisce, è il metalinguaggio {la critica). Se ne possono indi-
care alcuni motivi. Anzitutto, il senso ottuso è disconti-
nuo, indi/ferente alla storia e al senso ovvio (come signifi-
cato della storia); questa dissociazione provoca un effet-
to di contro-natura o perlomeno di distanziamento nei
riguardi del referente (del «reale» come natura, istanza
realista). Ejzenstejn ha probabilmente assunto questa in-
congruenza, questa im-pertinenza del significante, visto
che ci dice, a proposito del suono e del colore (n. 208):
«L'arte inizia a partire dal momento in cui lo scricchiolio
dello stivale (nel sonoro) cade su un piano visivo diverso
e suscita cosi delle associazioni corrispondenti. Lo stesso
vale per il colore: il colore inizia là dove non corrisponde
XVI piu al colore naturale ... » Inoltre, il significante (il terzo
L'IMMAGINE IL TERZO SENSO 57
senso) non si riempie; esso si trova in uno stato perma- reversibile, strettamente legata alla propria durata; è de-
nente di deplezione (termine della linguistica, che desi- stinato a fondare (se lo si segue) una segmentazione to-
gna i verbi vuoti, polivalenti, come ad esempio in france- talmente diversa da quella dei piani, delle sequenze e dei
se il verbo/aire). Si potrebbe dire allora, con un capovol- sintagmi (tecnici o narrativi ): una segmentazione inedi-
gimento che sarebbe altrettanto corretto, che questo ta, contro -logica e tuttavia «vera». Immaginat e di «se-
stesso significante non si vuota (non arriva a vuotarsi); guire» non la macchinazione di Eufrosinia , né il perso -
si mantiene in uno stato di eretismo perpetuo; in esso il naggio (come entità diegetica o come figura simbolica),
desiderio non giunge fino a quello spasmo del significa- e neppure il viso della Madre Malvagia, ma solo, in que-
to, che, di solito, fa ricadere il soggetto voluttuosamente sto viso, i lineamenti, il velo nero , l'opacità laida e greve:
nella pace delle nominazioni. Infine il senso ottuso può avrete un 'altra temporalità, né diegetica né onirica, avre-
essere visto come un accento, come la forma stessa di te un altro film. Tema senza variazioni né sviluppo (il
un'emergenza, di una piega (o meglio di una falsa piega), senso owio è tematico: c'è un tema dei Funerali), il sen-
che contrassegna il pesante strato delle informazioni e so ottuso non può muoversi se non apparendo e scom-
delle significazioni. Se potesse venir descritto (contrad- parendo. Questo gioco della presenza / assenza scompo-
dizione nei termini ), avrebbe la stessa proprietà del hai- ne il personaggio trasformandolo in un luogo sfaccetta-
ku giapponese: gesto anaforico senza contenuto signifi- to: disgiunzione enunciata dallo stesso Ejzenstejn in un
cativo, specie di sfregio da cui è rigato il senso (la voglia altro punto: «Ciò che è caratter istico, è che le diverse
di senso); cosf nell'immagine v: posizioni di un solo e di uno stesso zar ... vengono date
Bocca tirata, occhi chiusi che sembrano un po' strabici senza mostrare il passaggio da una posizione a un'alt ra».
Cuffia bassa sulla fronte Questo è il punto cruciale: l'indifferenza, o libertà di
Lei piange. posizione del significante supp lementare in rapporto al
Qu esto accento (di cui si è mostrata la natura enfatica racconto, permette di situare con una certa esattezza il
e nello stesso tempo ellittica) non procede nella direzio- compito storico, politico , teorico, svolto da Ejzenstejn.
ne del senso (come l'isteria), non teatralizza (il decorati- In lui la storia (la rappresentazione aneddotica , diegeti-
vismo ejzenstejniano appartiene a un altro livello), non ca) non viene distrut ta, anzi: quale storia piu bella di
indica neppure un altrove del senso (un altro contenuto, quella di Ivan, o del Potemki n ? Questa statura del rac-
aggiunto al senso owio), ma lo elude - sowertendo non conto è necessaria per /arsi capire da una società che, non
il contenuto ma l'intera pratica del senso. Una nuova potendo risolvere le contraddi zioni della storia senza un
pratica , rara, affermata contro una pratica maggioritaria lungo cammino politico, si aiuta (prowisoriamente? )
(quella della significazione): il senso ottuso appare fatal- con soluzioni mitiche (narr ative). Il problema attu ale
mente come un lusso, un dispendio senza scambio; que- non è distruggere la narrazione, ma sowertirla: dissocia-
sto lusso non appartiene ancora alla politica di oggi, ma re la sowersione dalla distruzione. Ejzenstejn opera , a
già alla politica di domani. mio awiso, questa distinzione: la presenza di un terzo
Resta da dire qualcosa sulla responsabilità sintagmati- senso supplem entare, ottuso - anche solo in alcune im-
ca di questo terzo senso: quale posto ha nello svolgimen- magini, ma allora come una firma incancellabile, come
to dell'aneddoto , nel sistema logico-temporale, senza un sigillo che avalla tutta l'opera e che la lavora - , que-
cui, a quanto sembra, non è possibile far capire una sto- sta presenza rimodella profondamente lo statuto teorico
ria alla «massa» dei lettori e degli spettatori? È evidente dell'aneddoto. La storia (la diegesi) non è soltanto un
che il senso ottuso è la contro-storia stessa; disseminata , sistema forte (sistema narrativo millenario), ma anche e
L'IMMAGINE IL TERZO SENSO 59
in modo contraddittorio un semplice spazio , un campo si potrebbe affermare che il film, a~ pari del _te.sto , n?n
di permanenze e di permutazioni; è questa configurazio- esiste ancora. Vi è solamente «del cmema» , c1oe del lin-
ne, questa scena i cui falsi limiti moltiplicano il gioco ouaooio, della narrazione , del poem a, talora assai «mo-
permutativo del significante; è questo vasto tracciato der~i», «tradotti» in «immagini » dette «animate»; non
che , per differenza , obbliga a una lettura verticale(il ter- stupisce neppure che non si possa incontrarlo s~ non
mine è di Ejzenstejn); è l'ordine falso che permette di dopo aver attraversato - analiticamente -1' «essenziale»,
manipolare la pura serie, la combinazione aleatoria (il la «profondità» e la «complessità» dell'opera ~inemat~-
caso non è che un significante vile, un significante a buon orafìca: ricchezze che non sono che quelle del lmguagg10
mercato) e di raggiungere una strutturazione che fugge :rticolato mediante cui la costituiamo e crediamo di
dall'interno. Cosf si può dire che , con Ejzenstejn, occor- esaurirla. 'Perché il filmico è diverso dal film: il filmico
re rovesciare il cliché secondo cui, piu il senso è gratuito, differisce dal film quanto il romanzesco dal romanzo
piu appare come un semplice parassita della storia rac- (posso scrivere del romanzesco , senza mai scrivere ro-
contata; al contrario, questa storia diventa in qualche manzi ).
modo parametrica al significante , di cui essa è ormai sol-
tanto il campo di spostame nto , la negatività costitutiva ,
o ancora: la compagna di str ada.
Insomma, il terzo senso struttura altrimenti il film, IL FOTOGRAMMA.
senza sovvertire la storia (almeno in Ejzenstejn); e, forse,
è al suo livello e al suo livello soltanto che appare infine
il «filmico». Il filmico è, nel film, ciò che non può essere In una certa misura (che è quella dei nostri balbettii
descritto , è la rappresentazione che non può venir rap- teorici ) il filmico, paradossalmente, non può essere colto
presentata. Il filmico comincia solo là dove cessano il lin- nel film «in situa zione », «in movimento», «al naturale »,
guaggio e il metalinguaggio articolati. Tutte le cose che ma solamente, ancora , in quell'artefatto maggiore che è
si possono dire a proposito di Ivan o del Potemkin pos - il fotooramma. Da molto tempo sono affascinato da que-
sono riguardare un testo scritto (che si chiamerebbe sto fe~omeno: ci si interes sa fino a «incollars i» a certe
Ivan il Terribile o La corazzataPotemkin), salvo quest 'ul- foto grafie di film (alle porte di un cinema, nei «Ca-
tima che è il senso ottuso. Posso commentare tutto di hiers») e si perde tutto di quelle fotografie (non sola-
Eufrosinia, salvo la qualità ottusa della sua faccia: il fil- il
mente fascino ma il ricordo stesso dell 'immagine ) pa s-
mico è esattamente là, dove il lingua ggio articolato di- sando in sala: muta zione che può giungere a un rovescia-
venta solo approssimativo e dove inizia un altro linguag- mento completo dei valori. Dapprima, ho attribuit o
gio (la cui «scienza» non potrà essere dunque la lingui- questo gusto del fotogramma alla mia incultura cine~a-
stica, subito lasciata cadere come il primo stadio di un toorafica alla mia resistenza al film;pensa vo allora d1 es-
missile). Il terzo senso, che si può situare teoricamente se;e co~e quei bambini che preferiscono l' « illustrazio-
ma non descrivere, appare allora come il passaggiodal ne» al testo , o come quei clienti che non possono _acce~
linguaggio alla significanza, e l'atto fondatore del filmico dere al possesso adulto degli oggetti (troppo can ) e s1
stesso. Costretto ad emergere al di fuori di una civiltà accontentano di ouardare con piacere una scelta di cam-
del significato, non stupisce che il filmico (malgrado la pioni o un cataloio dei grandi magazzini . Questa spiega -
quantità incalcolabile dei film esistenti ) sia ancora raro zione si limita a riprodurre l'opinione corrente sul foto-
(qualche lampo in Ejzenstejn; forse altrove? ), tanto che gramma: un sotto-prodotto lontano dal film, un campi o-
60 L 'IMMAGINE IL TERZO SENSO 6r

ne, un mezzo di awiamento, un estratto pornografico e, l'articolazione. Inoltre , il fotogramma non è un campio-
tecnicamente, una riduzione dell'opera mediante l'im- ne (nozione che presupporrebbe una sorta di natura sta-
mobilizzazione di ciò che si considera l'essenza sacra del tistica, omogenea, degli elementi del film), ma una cita-
cinema: il movimento delle immagini. zione (si sa quanta importanza assuma oggi questo con-
Tuttavia , se il filmico nel senso piu proprio (il filmico cetto nell'ambito di una teoria del testo ): è dunque , nello
dell'awenire ) non è nel movimento, ma in un terzo sen- stesso tempo, parodico e disseminatore; non è un prelie -
so, inarticolabile , che né la semplice fotografia né la pit- vo chimico effettuato sulla sostanza del film, ma piutto-
tura figurativa possono assumere perché manca loro l'o- sto la traccia di una distribuzione superio re dei tratti ri-
rizzonte diegetico , la possibilità di configurazione di cui spetto ai quali il continuum del film vissuto, animato , sa-
si è parlato', allora il «movimento» che si ritiene l'essen- rebbe soltanto in ultima analisi un testo, tra i tanti. Il fo-
za del film non è per nulla animazione, flusso, mobilità, tooramma
::,
è allora frammento di un secondo testo, il cui
«vita», copia, ma solo l'armatura di uno spiegamento essere non eccede mai il /ra mmento; film e fotogramma
permutativo; diventa allora necessaria una teoria del fo- si ritrovano in un rapporto di palinsesto, senza che si
togramma, di cui occorre , in conclusione , indicare oli possa dire che l'uno è il disopra dell'altro o che uno è
esiti possibili. "' estratto dall'altro. Infine , il fotogramma elimina la costri-
Il fotogramma ci offre il dentro del frammento ; biso- zione del tempo filmico; questa costrizione è forte , e
gnerebbe riprendere qui, spostandole , le formulazioni di continua a ostacolare quello che si potrebbe chiamare
Ejzenstejn , quando enuncia le nuove possibilità del la nascita adulta del film (nato tecnicamente , talora an-
montaggio audiovisivo (n. 218): «il centro di gravità fon- che esteticamente, il film deve ancora nascere teorica-
damentale ... si trasferisce all'interno del frammento , ne- mente ). Per i testi scritti, a meno che non siano del tutto
gli elementi inclusi nell'immagine stessa. E il centro di convenzionali , legati fino in fondo all'ordine logico-tem-
gravità non è piu l'elemento "tra i piani " - lo choc, ma porale, il tempo di lettura è libero; per il film non lo è,
l'elemento "nel piano " - l'accentuazione all'interno del poiché l'im magine non può procedere piu in fretta né
/rammen to ». Senza dubbio , non vi è nessun montaooio piu lentamente , salvo perdere la sua stessa figura percet-
audiovisivo nel fotogramma ; ma la formula di Ejzen~:jn tiva. Il fotogramma , istituendo una lettura istantane a e
vale in generale , nella misura in cui fonda un diritto alla nello stesso tempo verticale, si prende gioco del tempo
disgiunzione sintagmatica delle immagini, e richiede una logico (che è solo un tempo operat ivo); esso impara a
lettu ra verticale (ancora un termine di Ejzenstejn) del- dissociare la costrizione tecnica (la «lavorazione» ) dallo
specifico filmico, che è il senso «inde scrivibile». Forse
• Vi _sono3!tre ".arti» che combinano il fotogramma (o perlomeno il disegno)
è questo l'altro testo di cui Ejzen stejn esigeva la lettura ,
e la ~tor1a, la d1cges1:son? 1Ifotoromanzo e _ilfumetto. Sono convinto che queste quando diceva che il film non deve essere semplicemen-
~am», nate ne, bass1fond1della cultura , possiedano una qualifica teorica e mettano
": scena un nuovo significante (imparentato con il senso ottuso). Questo è ormai te guardato e ascoltato, ma che occorr e scrutarlo e pre-
nconosc iuto per qu_anc.origuardail fu~etto; _ma,personalmente, provo questo leg- starvi attentamente orecchio (n. 218). Questo ascolto e
gero trauma della significanza davanti a cem fotoromanzi: la loro stupidità mi col-
p,sce_(pot~cbb e essere una definizione del s~nso _ottuso). Vi sarebbe dunque una questo sguardo non postulano evidentemente una sem-
vema dell ~vvemre (o d1 un passato molto anuco) in queste forme derisorie, volgari, plice applicazione dello spirito (domanda allora banale,
sciocche, d1alog1che,della sotto cultur a di consumo. E vi sarebbe un'«a rte » (un «te -
sto» ) autonoma , quella del pitt ogramma (imma 0 ini «aneddotizzate» sensi ottusi voto pio), quanto piutt osto una vera mutazione della let-
colloc~ti in uno spazio diegctico ). Quest'arte coglierebbe di striscio ce~c produzio-
m sronc~me~tee culturalmente~tero':lite:pi~t<;>g~ am~i etnografici, vetrate, la Leg-
tura e del suo oggetto, testo o film: grande problema del
gen1~ d, sani Orsola del Carpacc,o, le 1mmagm1d Ép ,nal, fotorom anzi, fumetti. La nostro tempo.
nov1ta r~ppresentat a dal fotogramma (in_rappo rto agH altri pittogrammi) sarebbe
questa: il filmico (che <:ssocosutu1sce) s1 trova doppiato da un altro testo, il film.
La rappresentazione Il teatro greco

Verso la fine del vn secolo a. C., il culto di Dioniso


aveva prodotto , soprattutto nella regione di Corinto e
di Sicione, in territorio dorico, un genere assai fiorente ,
semireligioso, semiletterario, costituito da cori e danze,
il ditirambo. Esso sarebbe stato introdo tto in Attica ver-
so il 550 a. C., da un poeta lirico , Tespi, il quale organiz-
zava rappresentazioni ditirambiche di villaggio in villag-
gio, trasportando il suo materiale su un carro e reclu tan-
do i cori sul posto. Alcuni dicono che fu Tespi a creare
la tragedia inventando il primo attore; altri che fu il suo
successore, Frinico. Il dramma ricevette ben presto una
consacrazione da parte della città; fu inserito in un 'isti-
tu zione propriamente civica, la competizione: il primo
concorso ateniese di tragedia avrebbe avuto luogo nel
538, sotto Pisistrato, che voleva accompagnar e la sua ti-
rannia con feste e culti. Il seguito è noto: il teatro s'instal-
la su un terreno consacrato a Dioniso , che resta sempre
il patrono del genere; alcuni grandi poeti (sarebbe me-
glio dire: grandi impresari teatrali ), quasi contempora-
nei tra di loro, dànno alla rappresenta zione drammatica
la sua struttura adulta , il suo senso storico profondo .
Questo sbocciare coincide col trionfo della democrazia ,
l'egemonia di Atene , la nascita della Storia e la scultura
di Fidia: è il v secolo, il secolo di Pericle , il secolo clas-
sico. Poi , dal rv secolo fino al termine dell'epoca alessan-
drina, a parte alcune resurrezioni di genio delle quali
sappiamo ben poco (Menandro e la Commedia nuova),
è il declino: mediocri tà delle opere , perdutesi proprio
per questa ragione , abbandono progressi vo della strut-
LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO
tura corale, che è stata la struttura specifica del teatro
greco.
Cosf, questa storia resta un poco mitica. Alcuni tratti LE OPERE.
sono oscuri, o perlomeno ipotetici: non sappiamo niente
di sicuro sul rapporto tra il teatro greco e il culto di Dio-
niso. Abbiamo perduto, occorre non dimenticarlo, quasi Nell'epoca classica, lo spettacolo greco si presenta in
tutto il repertorio: interi generi, il ditirambo, la comme- quattro generi principali: il ditirambo, il dramma satire-
dia siciliana, quella di Epicarmo, il dramma satirico, di sco, la tragedia , la commedia . Si può aggiungere: il cor-
cui non ci resta quasi nulla; qualche opera su centinaia. teo che preludeva alla festa, il comos, probabile soprav-
Riguardo a molte generazioni di autori drammatici , co- vivenza delle processioni (o piu esattamente dei cortei
nosciamo bene solamente tre poeti tragici e un poeta co- dionisiaci in fila indiana ); e, benché si tratti piu di con-
mico: Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane ; e non solo certi che non di rappresentazioni, le audizioni timeliche,
l'opera di ciascuno di questi autori è antologica (ad specie di oratori dove gli esecutori sedevano nell'orche-
esempio, sette tragedie sulle settanta scritte da Eschilo), stra, intorno alla timele, o luogo consacrato a Dioniso.
ma è anche mutila: tutte le trilogie tragiche sono incom-
Il ditirambo è nato da certi episodi del culto di Dio-
plete, tranne l'Orestea di Eschilo; in mancanza del Pro-
niso, nel vn secolo a. C., probabilmente vicino a Corin-
meteo liberato, ignoriamo quale fosse l'esito assegnato
to, città commerciale e cosmopolita. Esso ha avuto subi-
da Eschilo al conflitto tra l'uomo e gli dèi. Altri tratti,
meglio conosciuti, sono tuttavia deformati dall'immagi- to due forme: una forma letteraria , e una forma popolare
ne della sincronia classica: nel suo periodo piu glorioso , nella quale il testo era (largamente ) improvvisato. Tra-
nel v secolo, il teatro greco dispone solo di tecniche ru- sportato ad Atene da Tespi , il ditirambo si è istituziona-
dimentali: la sua struttura materiale si affina e si arricchi- lizzato; lo sbocciare del genere drammatico (tragedia e
sce (o meglio si complica ) proprio quando le opere di- commedia) non ha avuto assolutament e un effetto di
ventano mediocri; inoltre, questo teatro ha continuato concorrenza; le rappresentazioni ditirambiche occupa-
ad avere un importante successo pubblico durante tutto vano i primi due giorni delle Grandi Dionisie, prima dei
il periodo del suo declino , tanto che se si applicassero giorni consacrati ai concorsi di tragedia e di commedia.
criteri sociologici, e non estetici, tutta la prospettiva sto- Era una specie di dramma lirico, i cui argomenti, mito-
rica sarebbe rovesciata. logici e talvolta storici , ricordavano molto quelli della
Il mito del v secolo produce quindi un'immagine che tragedia. La differenza (capitale ) era che il ditirambo si
esigerebbe molti ritocchi. Quest 'immagine ha perlome- svolgeva senza attori (anche se vi erano dei solisti) e so-
no una verità, rende conto di questo: il teatro è formato prattutto senza maschere e senza costumi. Il coro era nu-
da un insieme organizzato di opere, di istituzioni, di pro- meroso: cinquanta esecutori , ragazzi (di età inferiore ai
tocolli e di tecniche, possiede una struttura. E tale strut- diciotto anni ) o uomini. Era un coro ciclico, cioè le dan-
tura è tanto piu importante in quanto la peculiarità di ze del coro si svolgevano nell'orchestraintorno alla time-
questo teatro è precisamente la sintesi, la coerenza di co- le, e non di fronte, faccia al pubblico , come nella trage-
dici drammatici diversi. Immobilizzando il teatro greco dia. La musica utilizzava soprattutto modelli orientali ,
nel v secolo, si perde indubbiamente una dimensione aveva un significato tumultuoso (in opposizione al peana
storica; ma si guadagna una verità strutturale, cioè un apollineo ); questa musica prese sempre piu il sopravven-
significato. to sul testo, il che ravvicina il ditirambo alla nostra ope-
IL TEATRO GRECO
66 LA RAPPRESENTAZIONE

ra. No n ci resta nessuno di questi ditirambi, tranne alcu- toriamente una scena di disputa, al termine della quale
ni frammenti mutili di Pindaro. l'attore che rappresenta le idee del poeta trionfa del suo
Ignoranza quasi eguale per quanto riguarda il dram- avversario (perché la commedia ateniese è sempre un'o-
ma satiresco, tanto piu fastidiosa poiché esso succedeva pera a tesi). E poi, in secondo luogo , la parabasi;questo
obbligatoriamente ad ogni trilogia tragica. Non ci resta- pezzo fa seguito ali' agone: gli attori si sono (provvisoria-
no che I segugi di Sofocle e Il Ciclopedi Euripide, e al- mente) ritirati, i coreuti si tolgono i mantelli, si voltano e
cuni frammenti di Eschilo, ritrovati da poco. Provenien- avanzano verso gli spettatori. Una parabasi (ideale ) com-
te anch'esso dal terri torio dorico, il dramma satiresco sa- prendeva sette pezzi: un canto brevissimo , il kommation;
rebbe stato introdotto ad Atene da Pratina , all'incirca gli anapesti,discorso del corifeo (o capo del coro ) al pub-
quando Eschilo iniziava la sua carriera; e fu ben presto blico; ilpnigos (soffocamento), formato di versi brevi re-
incorporato nel complesso tragico (tre tragedie l'una di citati a ritmo incalzante; infine quattro pezzi simmetrici,
fila all'altra), trasformato da allora in tetralogia. Il dram- di struttura strofica . Né nella tragedia, né nella com-
ma satiresco si avvicina molto alla tragedia; ha la stessa media (ancora meno nella commedia) erano richieste
struttura, e il suo argomento è mitologico. Ciò che lo dif- l'unità di luogo e di tempo (benché vi si tendesse ): nelle
ferenzia, e dunque lo costituisce, è che il coro è necessa- Etnee di Eschilo, l'azione cambiava luogo per quattro
riamente composto da Satiri, guidati dal loro capo Sile- volte .
no , colui che aveva allevato Dioniso (ad Atene, si usava Quali che siano le variazioni (storiche o del singolo
l'espressione «dramma silenico»). Il coro ha una grande autore), questa struttura ha una costante, cioè un senso:
importanza drammatica, è lui l'attore principale; dà il l'alternanza regolare del parlato e del cantato, della nar-
tono al genere, ne fa una «tragedia piacevole». Infatti razione e del commento. Forse, in effetti , è meglio dire
questi Satiri sono dei «bricconi», dei «buoni a nulla», «nar razione» (récit)che non «azione»; (perlomeno) nel-
dei compari che inventa no scherzi, lanciano lazzi (il la tragedia, gli episodi (i nostri atti ) sono lungi dal rap-
dramma satiresco finisce bene); le loro danze hanno un presentare azioni, vale a dire modifiche immediate di si-
carattere grottesco; essi sono in costume e mascherati. tuazioni. L'azione è per lo piu riflessa in modi mediati di
Ogni opera, in questo teatro, ha struttura fissa, l'alter- esposizione, che, narrandola, la distanziano; raccont i (di
nanza delle parti è regolata, le variazioni d'ordine sono battaglie o di delitti) , affidati a una parte tipica, quella
infime. Una tragedia greca comprende: un prologo, sce- del Messaggero, oppure scene di contestazione verbale,
na preparatoria di esposizione (mono logo o dialogo); la che spostano in qualche modo l'azione sulla sua superfi-
parodo, o canto d'ingresso del coro; degli episodi, abba- cie conflittuale (i Greci amavano molto queste scene, ed
stanza simili agli atti delle nostre opere (anche se di lun- è quasi certo che ne venivano fatte letture pubbliche, al
.ghezza assai varia), intervallati da canti danzati del coro, di fuori della rappresentazione). Si vede comparire qui
chiamati stasimi {una metà del coro cantava le strofe, il principio di dialettica formale che fonda questo tea-
l'altra metà le antistrofe ); l'ultimo episodio, costituito tro: la parola esprime l'azione, ma anche le fa schermo:
spesso dall'uscita del coro, si chiamava esodo. La com- «ciò che accade» tende sempre a «ciò che è accaduto».
media riproduce un'alternanza analoga di canti corali e Di tanto in tanto, il commento corale sospende que-
di recitazione. La sua struttura è tuttavia un po' diversa; st'az ione recitata e costringe il pubblico a riflettere in un
rispetto alla tragedia, presenta due elementi originali: modo che è lirico e, nello stesso tempo, intellettuale. In-
anzitutto l'agone, il combattimento. Questa scena, che
corrisponde al primo episodio della tragedia, è obbliga-
I fatti, se il coro commenta quanto è appena accaduto sot-
to i suoi occhi, questo commento è essenzialment e un

I
l
68 LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO
interrogativo: al « ciò che è accaduto» di chi recita, ri-
sponde il « che cosa accadrà?» del coro, cosi che la tra-
gedia greca (poiché è questo soprattutto il nostro tema) LE ISTITUZIONI.
è sempre un triplice spettacolo: di un presente (si assiste
alla trasformazione di un passato in awenire), di una li-
bertà (che fare?) e di un senso (la risposta degli dèi e Teatro religioso o teatro civile? Ambedue le cose, sen-
degli uomini). za dubbio: non poteva essere diversamente in una socie-
Tale è la struttura del teatro greco: l'alternanza organi- tà in cui l'idea di laicità era sconosciuta. Ma i due ele-
ca della cosa interrogata (l'azione, la scena, la parola menti non hanno lo stesso valore: la religione (sarebbe
drammatica) e dell'uomo interrogante (il coro, il com- meglio dire: il culto) domina le origini del teatro greco,
mento, la parola lirica). E questa struttura «sospesa» è la ed è ancora presente nelle istituzioni che lo regolano nel-
distanza stessa che separa il mondo dalle domande che gli la sua fase adulta; tuttavia è la città che gli conferisce sen-
vengono poste. Già la mitologia era stata l'imposizione di so: il suo essere dipende piu dai caratteri acquisiti che
un vasto sistema semantico alla natura. Il teatro s'impa- non da quelli innati. Se si vuole lasciar da parte, per il
dronisce della risposta mitologica e se ne serve come di momento, il problema del coro (che, d'altronde, è un
una riserva di nuove domande: interrogare la mitologia elemento religioso trasposto), il culto dionisiaco risulta
significa interrogare ciò che era stato a suo tempo unari- presente nelle coordinate dello spettacolo (tempo e spa-
sposta piena. Essenzialmente problematico , il teatro gre- zio), non nella sua sostanza.
co prende posto cosi tra due questioni: una, religiosa, è Com'è noto, le rappresentazioni teatrali potevano
la mitologia; l'altra, laica, è la filosofia (nel Iv secolo a. C.). svolgersi solo tre volte all'anno, in occasione delle feste
Ed è vero che il teatro costituisce una via di secolarizza- date in onore di Dioniso. In ordine di importanza, vi era-
zione progressiva dell'arte: Sofocle è meno «religioso» no: le Grandi Dionisie, le Lenee, le Dionisie rurali . Le
di Eschilo, Euripide meno di Sofocle. Mentre i problemi Grandi Dionisie (o Dionisie cittadine) erano una grande
assumevano una forma sempre piu intellettual e, la trage- festa ateniese (ma l'egemonia di Atene conferi loro ben
dia evolveva verso ciò che noi chiamiamo oggi il dram- presto un carattere panellenico ), che si svolgeva all'ini-
ma, cioè la commedia borghese, basata su conflitti di ca- zio della primavera, alla fine del mese di marzo. Questa
rattere, non su conflitti di destini. E ciò che ha segnato festa durava sei giorni e comprendeva solitamente tre
questo mutamento di funzione, è proprio l'atrofia pro- concorsi (ditirambo, tragedia, commedia). È nell'ambito
gressiva dell'elemento problematizzante, cioè il coro. delle Grandi Dionisie che si ebbe la maggior parte delle
Evoluzione analoga nella commedia; rinunciando alla «prime» di Eschilo, Sofocle e Euripide. Le Lenee, o piu
messa in discussione della società (anche se questa conte- esattamente le Dioni sie al Leneo, avevano luogo in gen-
stazione era regressiva), la commedia politica (quella di naio. Si trattava di una festa esclusivamente ateniese,
Aristofane) è diventata commedia d'intrigo, di carattere piu semplice delle Grandi Dionisie, che durava solo tre
(con Filemone e Menandro). Tragedia e commedia han- o quattro giorni e non comportava un concorso ditiram-
no avuto allora come oggetto la «verità» umana: vale a bico. Le Dionisie rurali si svolgevano alla fine del mese
dire che, per il teatro, il tempo delle domande era tra- di dicembre, nei demi (borghi) dell'Attica; i demi poveri
montato. onoravano il dio con un semplice corteo; i demi piu ric-
chi organizzavano concorsi di tragedia e di commedia;
ma vi si davano solo repliche , tranne che nei demi piu
70 LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO 71
ricchi come il Pireo, in cui si svolse, secondo quanto dice per ciascun genere, la filiazione è diretta. In poche paro-
Socrate, una prima di Euripide. le, la tragedia non sarebbe piu, come diceva Aristotele,
Per tutte queste feste, il teatro (etimologicamente: il la rivelazione progressiva di un'essenza (quella dell'imi-
luoooo da cui si vede) è edificato
. su un terreno dedicato tazione seria).
a Dioniso. La consacrazione del luogo teatrale implicava Il culto di Dioniso, mescolato con elementi orientali,
una consacrazione di tutto ciò che accadeva al suo inter- comportava, com 'è noto , danze di vera possessione , da
no: gli spettatori portavano la corona religiosa, gli esecu- cui era colpito il tiaso del dio (la sua confraternita ), sim-
tori erano consacrati, e, per contro, il delitto diveniva sa- bolo del suo corteo. La danza ciclica del ditirambo
crilego. In questo luogo consacrato, due spazi testimo- avrebbe riprodotto i girotondi collettivi di posseduti in
niavano in modo piu preciso il culto reso al dio. Nell'or- preda alla mania divina, e si sa tramite altre usanze,
chestra, probabilmente dominata dalla statua di Dioniso orientali , ancora praticate nell 'ultimo secolo nell'I slam,
installata con grande pompa all'inizio della festa, la time- che questi girotondi erano un'espressione e nello stesso
le; che cos'era? Forse un altare, forse una fossa destinata tempo un esorcismo dell'isteria collettiva. Quanto ~l
a ricevere il sangue delle vittime; in ogni caso, un luogo dramma satiresco , la sua eredità culturale sarebbe dupli-
sacrificale. E nella cavea, cioè nell'insieme delle gradina- ce: da un lato le sue danze , compo ste di bal zi disordinati ,
te, alcuni posti riservati al clero dei diversi culti ateniesi riprodurrebbero la mania indi viduale (e non piu collet-
(clero sempre occasionale, si sa, poiché i sacerdoti erano tiva), che si è potuto assimilare al grande attacco convul-
scelti mediante sorteggio o comprati, e mai tali per voca- sivo di Cha rcot; dall'altro lato , il suo travestimento (per -
zione ); il diritto a questi posti d'onore si chiamava proe- ché i Satiri sono travestiti e mascherati ) deriverebbe da
dria; si estendeva agli alti dignitari e a certi invitati. carnevali molto antichi , in cui compari vano maschere
Come si vede, si tratta di istituzioni marginali: una equine (il cavallo era allora un animale degli inferi ). Infi-
volta iniziata la rappresentazione, nessun elemento cul- ne la commedia , almeno nella sua parte iniziale (parodo,
tuale interveniva piu nel suo svolgimento (tranne, forse, agone e parabasi) avrebbe prolungato i commi, specie di
alcune evocazioni di morti , alcune invocazioni divine ). scenari di maschere ambulanti , animati da giovani ma-
Tuttavia, si attribuisce solitamente un'origine religiosa scherati, che apri vano le cerimonie cultuali.
alla sostanza stessa dello spettacolo greco, palesemente Dunque, riepilogando in modo sintetico, il legame
secolarizzata nell'epoca classica. Qual è la verità? Que- che unisce il culto dionisiaco a questi tre generi sarebbe
st'origine non si presta a discussioni; quello che è ipote- di ordine per cosi dire fisico: è la possessione o, per es-
tico , è il modo di filiazione . L'ipotesi piu nota è quella sere ancora piu precisi, l'ister ia (di cui è noto il rapporto
di Aristotele: la tragedia sarebbe nata dal dramma sati- intimo con i comportamenti teatrali), la cui danza è sod-
resco, e il dramma satiresco dal ditirambo ; la commedia disfacimento e al tempo stesso libera zione. È forse in
avrebbe seguito una via diversa , derivando dai canti fal- questo contesto che bisogna intendere la nozione di ca-
lici. Aristotele non parla del rapporto tra il ditirambo e tharsis teatral e; si sa che questa nozione, deri vata da Ari-
il culto di Dioniso, ed è quindi tale legame che i moderni stotele, ha costituito il tema della maggior parte dei di -
si sono sforzati a lungo di spiegare. Ma la filiazione in- battiti sulla finalità della tragedia , da Racine a Lessing.
terna dei primi tre generi è attendibile? Oggi se ne du- La tragedia ha il compito , in sostanza utilitario , di «pur-
bita; si pensa che solo il ditirambo , il dramma satiresco oare » tutte le passioni dell'uomo , suscitando. in lui pietà
o
e la commedia debbano venir ricollegati a Dioniso e terrore, o solamente liberarlo da ques to tlmore e que-
(mentre la tragedia costituisce un caso a parte ) e che, sta pietà? Si è discusso molto sulla natura di queste pas-
72 LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO 73
sioni, oggetti e fini dell'imitazione teatrale. Tuttavia, è do dei morti ) e un dio di rinnovamento; è, se si vuole,
la nozione stessa di catharsis che resta particolarmente il dio stesso di questa contraddizione. Senza dubbio, ci-
ambigua: si tratta di «sradicare» la passione (secondo la vilizzandosi, cioè passando al rango di istituzioni civili,
bella espressione di Corneille) o, piu modestamente , di i generi dionisiaci (ditirambo, dramma satiresco e com-
epurarla, di sublimarla, togliendole solo ooni eccesso ir- media ) hanno epurato, semplificato, smorzato il caratte-
razi~nale (Racine )? Sarebbe vano toglier: a questo di- re inquietante del dio: era una questione di accento. Ma
battito tutta l'autenticità che la storia gli ha conferito. per la tragedia , l'autonomia è flagrante: niente, in essa,
!',1a, .da un punto di vista storico, è senza dubbio un po' può procedere dall'irrazionale dionisiaco, demoniaco o
mutile; né Corneille, né Racine, né Lessino potevano grottesco che sia.
aver~ un'idea del contesto, nello stesso tem;'o mistico e Tutto questo induce a sottolineare il carattere civile
medico, se cosi si può dire , che dà probabilmente il suo del teatro greco, soprattutto per quanto concerne la tra-
vero senso alla nozione di catharsis drammatica. In ter- gedia: è la città che le ha dato la sua essenza. La città,
mini medici , la catharsis è all'incirca la risoluzione della cioè Atene, città e Stato allo stesso tempo, società ristret-
crisi isterica; in termini mistici, è possesso e contempo- ta e «mondiale». Come s'inserisce lo spettacolo in que -
raneamente liberazione del dio, possesso in vista di una sta società? Mediante tre istituzioni: la coregia, il theori-
liberazione; si tratta di esperienze che entrano a fatica kon e il concorso.
nel vocabolario scientista di oggi, soprattutto quando bi- Il teatro greco era un teatro offerto dai ricchi, per leg-
sogna associarle a una rappresentazione teatrale (benché ge, ai poveri. La coregia era una liturgia, cioè un obbligo
lo psicodramma e il sociodramma ridiano loro una certa imposto ufficialmente ai cittadini ricchi dallo Stato: il co-
attualità ). Si può solo ipotizzare che il teatro antico nella rega doveva far istruire e allestire un coro. Il numero dei
misura in cui era nato dal culto di Dioniso cost,ituiva cittadini che potevano essere obbligati ad assumere una
un' «esperienza totale», che mescolava e sint;tizzava sta- liturgia in virtu della loro ricchezza (oltre alla coregia ve
ti intermedi , cioè contraddittori, in bre ve una condot- n'erano altre ) era , all'epoca classica, di circa milledue-
ta concertata di «spossessamento» o, se si preferisce cento sui quarantamila cittadini dell'Attica. Tra di essi,
un termine piu neutro, ma piu moderno , di «spaesa- l'arconte designa va i coreghi dell'anno , e natu ralmente
mento». anche i cori ammessi a concorrere. Le spese erano note-
E ~a_tragedia? Paradossalmente , questo genere, il piu voli: il corega doveva affittare la sala per le prove , pagare
prest1g1oso tra quelli patrocinati da Dioni so, non do- l'allestimento, fornire le bevande ai partecipanti , assu-
vrebbe nulla, almeno direttamente , al culto del dio. Tra- mersi la paga giornaliera degli artisti. Le spese per una
mite i generi propriamente dionisiaci , la città sarebbe di- coregia tragica sono state valutate venticinque mine,
ventata semplicemente ricettiva nei confronti di una quelle di una coregia comica quindici mine (la mina cor-
nuova. forma drammatica, elaborata dai suoi poeti; la rispondeva a circa cento giornate del salario di un ope-
tr~ged1a sarebbe, nella sua essenza, una creazione pro- raio non specializzato ). Quando lo Stato s'impoverf (alla
pnamente_ at~niese, a cui il dio avrebbe soltanto , per fine della guerra del Pelo ponneso ), si accettò di associa-
mera conugmtà, concesso il suo teatro e la sua protezio - re due cittadini in una sola coregia: e questa fu la sinco-
?e._Se è cosi, _nonsi tratta piu di immaginare un rapporto regia. Poi la coregia sparisce e lascia il posto alla agono -
mtlmo tra Dioniso e la tragedia (rapporto che è sempre tesia: è una specie di commissariato gen erale sugli spet-
stat;>~orzato). Dioniso è un dio complesso , dialettico per tacoli , il cui budget è alimentato in linea di principio dal-
cosi dire; è nello stesso tempo un dio infernale (del mon- lo Stato, ma, di fatto, almeno in parte , dal commissario
74 LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO 75
stesso (designato per un anno). Evidentemente si può dei coreghi (e del loro coro) da una parte, e dei poeti (e
stabilire un rapporto tra l'impoverimento progressivo della loro compagnia) dall'altra, avveniva per sorteggio,
delle ricchezze e la sparizione del coro. democraticamente, vale a dire ali' Assemblea del popolo.
In linea di principio, l'ingresso al teatro era gratuito C'erano tre concorrenti per la tragedia (ciascuno presen-
per tutti i cittadini; ma, dato l'affollamento che ne risul- tava una tetralogia ) e tre (poi cinque) per la commedia.
tava, si stabili dapprima un diritto d'entrata di due oboli Ogni opera veniva rappresentata ovviamente una sola
per ogni giorno di spettacolo (un terzo del salario gior- volta, almeno nel v secolo; piu tardi, vi furono delle re-
naliero di un operaio non specializzato). Tale disposizio- pliche: ogni concorso fu preceduto dalla rappresentazio-
ne, poco democratica in quanto danneggiava i poveri, ne di un classico (sopra ttutto Euripide).
fu ben presto abolita e sostituita da una sovvenzione del- Il giudizio, che seguiva la festa, era affidato a una giu-
lo Stato ai cittadini poveri; quest'ultima, di due oboli ria di cittadini, tratti a sorte (non va dimenticato che per
a testa (diobelia ), fu decisa verso il 4ro da Cleofonte e i Greci la sorte era un segno degli dèi), a due livelli: al
l'istituzione prese il nome di theorzkon. momento della costituzione della giuria (dieci cittadini),
Co regia e theorzkon assicurano l'esistenza materiale cioè prima delle rappresentazioni, e dopo il voto, quan-
dello spettacolo. Una terza istituzione - e non la meno do un nuovo sorteggio riduceva definitivamente a cin-
importante - serve ad assicurare il controllo della demo- que i suffragi. C'erano dei premi, per il corega, per il
crazia sul suo valore (e non bisogna dimenticare che il poeta, in seguito per il protagonista (un treppiede o una
controllo di un valore è sempre una censura ideologica ): corona). Il concorso si concludev a con un verbale uffi-
è il concorso. Si conosce la rilevanza dell'agon, della ciale scolpito su marmo.
competizione, nella vita pubblica degli antichi Greci; è È difficile immaginare istituzioni piu forti, legami piu
con qualche difficoltà che si può paragonarlo alle istitu- stretti fra una società e il suo spettacolo. E poiché questa
zioni sportive di oggi. Dal punto di vista sociale, qual è società era democ ratica proprio nel momento in cui l'ar-
la funzione dell'agon? Senza dubbio, quella di mediare te dello spettacolo raggiungeva il suo apice, si è fatto vo-
i conflitti senza censurarli. La competizione permette di lentieri del teatro greco il modello del teatro popolare.
conservare la domanda degli antichi duelli (chi è il mi- Bisogna tuttavia ricordare che, per quanto ammirevol~,
gliore?), dandole però un senso nuovo: chi è migliore in la democrazia ateniese non corrispondeva né alle condi-
rapporto alle cose, chi è il migliore per dominare non zioni né alle esigenze di una democrazia moderna. Si
l'uomo, ma la natura? Qui la natura è l'arte, cioè una trattava, per l' appu nto, di una democrazia aristocratica,
rappresentazione completa di valori religiosi e storici, che escludeva i meteci e gli schiavi; su quattrocentomila
morali ed estetici, e questo fatto resta , se non singolare, abitanti dell'Attica, i cittadini erano solo quarantamila;
almeno raro: solo raramente l'arte è stata sottoposta a essi potevano partecipare alle feste e agli spettacoli libe-
un tale regime di competizione disinteressata. ramente, con frequenza, in quanto altri uomini lavorava-
La meccanica dei concorsi drammatici era complessa, no per loro . Ma all'interno di questo gruppo ristretto ,
in quanto i Greci erano assai sospettosi verso l'autent ici- dove tutti si conoscevano - ed è ciò che distingue ancora
tà delle loro competizioni. L'arconte, come si è visto, de- la democrazia ateniese dalla nostra -, regnava una re -
signava i coreghi; fissava anche la lista dei poeti ammessi sponsabilità civica che oggi si stenta a immaginare. È
a concorrere (il poeta fu dapprima autore e attore, poi troppo poco dire che il cittadino ateniese partecipava
il poeta scelse da sé i suoi attori, e un concorso di tragici agli affari pubblici: egli governava, interamente immerso
fini con l'essere istituito alle Grandi Dionisie); la scelta nel potere mediante le numerose assemblee di gestione
LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO 77
a cui partecipava. E soprattutto - altra singolarità - que- oia al mattino (tre tragedie e un dramma satiresco, con
sta responsabilità era obbligatoria, cioè costante, unani- ~n intervallo di mezz'ora) e una commedia al pomerig-
me; era il quadro stesso della mentalità, e nulla poteva oio. Prima della rappresentazione vi erano altre solenni-
essere fatto, sentito o pensato al di fuori di un orizzonte ;à, cioè altri spettacoli: l'ingresso dei personaggi or~orati
civico. Teatro popolare? No. Ma teatro civico, teatro con la proedria; l'esposizione nell'orchestra del tributo
della città responsabile. d'oro versato dalle città alleate; la sfilata delle «pupille
della nazione», in armatura completa; la proclamazione
deoli onori attribuiti ad alcuni cittadini; un rito lustrale,
col sangue di un giovane porco; e il suono_di tromba che
I PROTOCOLLI. annunciava l'inizio dello spettacolo propriamente detto.
Questi festival dell'antica Grecia erano dunque vere e
proprie «sessioni» (le Grandi Dioni sie duravano sei
Occorre completare questo quadro delle istituzioni oiorni e ooni mattinata tragica circa sei ore, dall'alba a
con un quadro dei costumi, perché uno spettacolo ac- ~ezzogior~o, per ricominciare nel pomeriggio ), durant e
quista il proprio significato nel momento in cui s'articola le quali la città viveva teatralmente, con la maschera che
nella vita materiale dei suoi fruitori. rivestiva per assistere alla processione inaugurale , fino
Il teatro greco è un teatro essenzialmente festivo. La alla mimesis dello spettacolo stesso.
festa che lo suscita è annuale e dura diversi giorni. Ora , Qui infatti, diversamente dal nostro teatro borghese,
la solennità e l'ampiezza di tale cerimonia implicano due non vi è «rottura» fisica tra lo spettacolo e i suoi spetta-
conseguenze: anzitutto, una sospensione del tempo. Si tori· questa continuità era assicurata da due elementi
sa che i Greci non conoscono il riposo settimanale, di fondamentali , che il nostro teatro ha cercato in tempi re-
origine ebraica; essi restavano inattivi solo in occasione centi di riproporre: la circolarità del luogo scenico e la
di feste religiose, per la verità assai frequenti. Associato sua apertura.
all'interruzione del tempo lavorativo, il teatro inaugura- L 'orchestra del teatro greco era perfettamente circola-
va un altro tempo, tempo del mito e della coscienza, che re (venti metri circa di diametro). I gradini erano in ge-
poteva essere vissuto non come svago, ma come un'altra nere addossati al fianco di una collina, e formavano un
vita. Infatti questo tempo sospeso, per la sua stessa du- po' piu di un emiciclo. In fondo, una costruzione il cui
rata, diventava un tempo saturo. interno ha la funzione delle quinte mentre il muro fron-
Bisogna qui ricordare fino a che punto erano pieni tale fa da supporto allo scenario: la skené. Dove stavano
quei giorni di festa. Prima della stessa festa, vi era il proa- oli esecutori? All'inizio, sempre nell 'orchestra, coro e at-
gon, sorta di parata in cui si presentavano alla folla i poe- ;ori mescolati (forse solamente gli attori disponevano di
ti designati e la loro compagnia. Il primo giorno era con- un palco basso, con alcuni gradini, posto davanti alla
sacrato a una processione destinata a levare dal tempio skené); piu tardi (verso la fine del IV secolo), davanti alla
la statua di Dioniso e a installarla solennemente nel tea- skené fu posto un proskenion, stretto ma alto, in cui
tro; questa processione era interrotta da un'ecatombe di riflui l'azione, contemporaneamente alla perdita d'im-
tori, le cui carni, distribuite alla folla, erano arrostite sul portanza del coro. Tutto l'edificio fu dap_pri1:°'a_inleg??,
posto. Seguivano due giorni di rappresentazioni ditiram- e il suolo dell'orchestra in terra battuta; 1 pnm1 teatn m
biche: un comos o corteo, la sera del secondo giorno; poi pietra risalgono alla metà del IV secolo. Come si vede,
tre giorni di rappresentazioni drammatiche: una tetralo- ciò che noi chiamiamo oggi la scena (insieme della skené
LA RAPPRESENTAZIO N E IL TEATRO GRECO 79
o delproskenion) non ha avuto nel teatro greco una fun- sale o dei nostri stadi moderni: dopo i seggi proedrici,
zione veramente organica: come zoccolo dell'azione, è che potevano continuare oltre la prima fila, anche i posti
un'appendice tardiva. Nei nostri teatri , la scena è tutta comuni erano spesso riservati mediante sorteggio a di-
la frontalità dell'azione, la distribuzione fatale dello verse categorie di cittadini: ai membri del Senato, agli
spettaco lo per dritto e rovescio. Nel teatro antico, niente efebi, agli stranieri, alle donne (sedute, in genere, sui
di tutto questo: lo spazio scenico è voluminoso: vi è ana- gradini piu in alto). Si stabiliva cosi una duplice coesio-
logia, comunità di esperienza fra il «fuori» d~llo spetta- ne: massiccia, in rapporto al teatro nella sua totalità ; par-
colo e il «fuori» dello spettatore. Questo teatro è un tea- ticolare, in rapporto a gruppi omogenei per età, sesso,
tro liminare, che si svolge sulla soglia delle tombe e dei funzione; e si sa quanto l'integrazione di un gruppo raf-
palazzi: lo spazio conico, svasato verso l'alto, aperto al forzi le sue reazioni e strutturi la sua affettività. C'era
cielo, ha come funzione quella di amplificare la notizia una vera e propria «installazione» del pubblico nel tea-
(cioè il destino ) e non di soffocare l'intrigo. tro; a questo occorre aggiungere l'ultimo dei protocolli
La circolarità costituisce quella che si potrebbe chia- del possesso: il cibo; si mangiava e si beveva a teatro, e
mare una dimensione «esistenziale» dello spettaco lo an- i coreghi generosi facevano circolare vino e dolci.
tico. Eccone un'altra: l'aria aperta. Si è cercato di imma-
ginare l'aspetto pittoresco di questo teatro del mattino,
dell'aurora: la folla variopinta (gli spettatori erano in
abiti da festa, con la testa incoronata come in tutte le ce- LE TEC NICHE.
rimonie religiose), la porpora e l'oro dei costumi di sce-
na, il bagliore del sole, il cielo dell'Attica (anche se biso-
gnerebbe sfumare queste immagini: le feste di Dioniso La tecnica fondamentale del teatro greco è una tecni-
si svolgono d'inverno o alla fine dell'inverno, piu che di ca di sintesi: è la choreia, o unione consustanziale della
primavera ). In tal modo si dimentica che il senso dell'a- poesia, della musica e della danza. Il nostro teatro , anche
ria aperta è la sua fragilità. All'aria aperta, lo spettacolo quello lirico, non può dare un'idea adeguata della cho-
non può essere un'abitudine, è vulnerabile, dunque in- reia; infatti la musica vi predomina a danno del testo e
sostituibile: l'immersione dello spettatore nella polifonia della danza, relegata negli intermezzi (balletti ). Ora , ciò
complessa del plein air (il sole che oscilla, il vento che che definisce la choreia è l'assoluta eguaglianza dei lin-
si alza, gli uccelli che spiccano il volo, i rumori della città, guaggi che la compongono: sono tutti, se cosi si può
le correnti fresche) restituisce al dramma la singolarità dire, «naturali», cioè usciti dal medesimo quadro men-
di un avvenimento. Tra la sala oscura e l'aria aperta, non tale, formato da un 'educa zione che, sotto il nome di
può esservi lo stesso immaginario: il primo è d'e vasione , «musica», comprendeva la letteratura e il canto (i cori
il secondo è di partecipa zione. erano composti naturalmente da appassionati , e non si
Quanto al pubblico che occupa le gradinate - come faceva alcuna fatica a reclutarli ). Forse, per avere un'im-
oggi negli spettacoli sportivi -, è anch'esso trasformato magine verosimile della choreia,occorre riferirsi al senso
dalla sua massa; il numero dei posti è considere vole, so- dell'educazione greca (quale almeno è stata definita da
prattutto in rapporto al totale, modesto , dei cittadini: H egel): mediante una rappresentazione completa della
circa quattordicimila posti ad Atene (la nostra sala del sua corporeità (canto e danza ), l'ateniese manifesta la
palazzo di Chaillot ne contiene solo da due a tremila). propria libertà: quella, per la precisione , di trasformare
Questa massa era strutturata, a differenza delle nostre il proprio corpo in un organo dello spirito.
80 LA RAPP RESENTAZIONE IL TEATRO GRECO 81
Quanto alla poesia, o meglio alla parola in generale, espressività, cioè la costituzione di un vero sistema se-
poiché qui si tratta solo di definire una tecnica, sappia- mantico, di cui ogni spetta tore conosceva perfet tamente
mo che era distribuita in tre modalità di recitazione: gli elementi. Si «leggeva» una danza: la sua funzione in-
un'espressione drammatica, parlata, monologo o dialo - tellettiva era importante almeno quanto la sua funzione
go, composta in trimetri giambici (era la cataloghé); plastica o emotiva.
un'espressione lirica, cantata, scritta in metri vari (il me - Tali erano i diversi «codici» della choreia (si è visto
los, o canto); infine, un'espressione intermedia, la para- quanto fosse rilevante l'elemento semantico). Erano affi-
cataloghé, composta in tetrametri: piu enfatica del parla- dati a esecutori specifici? Per nulla. Indubbiamente il
to, ma per nulla melodica come il canto, la paracataloghé coro non recitava mai (diversamente da quanto avviene
era probabilme nte una declamazione melodrammatica, nelle nostre ricostruzioni moderne), e cantava sempre;
su un tono elevato, ma recto tono, sostenuta (come il me - ma gli attori e il corifeo, che principa lmente dialogava-
los) dal flauto. no, potevano benissimo cantare, e anche, a partire da
La musica era monodica, cantata all'unisono o all'ot - Euripide, danzare. In ogni caso essi usavano comune-
tava, col solo accompagnamento (anch'esso all'unisono) mente la paracataloghé; il fatto è, non bisogna dimenti -
dell'aulos, specie di flauto a due tubi e ance suonato da carlo, che i «personaggi» (nozione moderna, peraltro,
un musicista seduto sulla timele. Il ritmo - è uno deoli poiché Racine li chiamava ancora «attori» ) sono usciti
aspetti rilevanti della choreia - era totalmente calca~o a poco a poco da una massa indifferenz iata, il coro. La
sul metro poetico: ogni misura corrispondeva a un pie- funzione del capocoro (exarchon) preludeva all'istituzio-
de, ogni nota a una sillaba, almeno nell'epoca classica; ne di un attore; Tespi o Frin ico oltrepassarono questa
perché Euripide usa già uno stile fiorito a vocalizzi, che soglia e inventarono il primo attore, trasformando il rac-
obbligherà ben presto il poeta ad assumere un compo- conto in imitazione: l'illusione teatrale era nata. Eschilo
sitore professionista. Ciò che bisogna dire di questa mu- creò il secondo attore e Sofocle il terzo (entrambi subor-
sica (che è andata quasi completamente perduta: non dinati al protagonista). Poiché il numero dei personaggi
ci rimane che un frammento di coro dell'Oreste di Eu- superava spesso quello degli attori, uno stesso attore do-
ripide), ciò che la distingue dalla nostra, è il fatto che veva interpretare ruoli successivi: cosi, nei Persiani di
la sua espressività è codificata, come si sa, da tutto un Eschilo, uno stesso attore impersonava la Regina e Serse,
lessico di modi musicali: la musica greca era eminente- l'altro il Messaggero e l'ombra di Dario; è a causa di que-
mente, apertamente carica di significato, di un significa- sta partico lare economia che il teatro greco viene soven-
to fondato meno sull'effetto naturale che sulla conven- te articolato su scene di annunci o di contestazione, in
zione. cui sono necessari solo due personaggi.
Nella choreia, è la danza la piu difficile da immagina - Quanto al coro, la sua massa non è cambiata durante
re. Vere danze o semplici evoluzioni ritmate? Si sa sol- l'epoca classica: da dodici a quindici coreuti per la trage-
tanto che occorreva distinguere il passo (phoraz) e le dia, ventiquattro per la commedia, compreso il corifeo.
figure (schemata); queste figure potevano indubbiamen- In seguito il suo ruolo (se non immediatamente la sua
te giungere fino alla pantomima; c'erano pantomime massa) ha visto diminuire la sua importanza: all'inizio,
delle mani e delle dita (chironomia): era celebre quella esso dialoga con l'attore per voce del corifeo, lo circonda
che il capocoro di Pratina aveva inventato per I Sette fisicamente, lo approva o l'interroga, partecipa senza
contro Tebe e che raccontava la battaglia « come se si fos- agire ma con i suoi commenti. In bre ve: il coro rappre-
se stati presenti». Ancora una volta, ciò che conta è la senta in pieno la collettività umana posta di fronte ali' e-
LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO

vento, e che cerca di comprende rlo. Tutte queste funzio- si lacrime senza sostituirla con alcun segno, neppure
ni si sono a poco a poco atrofizzate e le parti corali si g~nerale; ~ poi alterando la voce, resa profonda, caver-
sono trovate ad essere, ad un certo momento, degli inter- nosa, estranea, come venuta da un altro mondo: mesco-
mezzi senza un legame organico con l'opera. Vi è qui un lanza di disumanità e di umanità enfatica, è allora una
triplice movimento convergente: deperiment o delle ric- funzione capitale dell'illusione tragica, la cui missione è
chezze e dello zelo civico (come si è visto), cioè reticenza rendere leggibile la comunicazione degli uomini e degli
da parte dei ricchi ad assumere la coregia; riduzione del- dèi.
la funzione corale a semplici interludi; sviluppo del nu- Stessa funzione per il costume di scena, contempora-
mero e del ruolo degli attori , evoluzione dell'inte rroga- neamente reale e irreale. Reale, perché la sua strut tura
zione tra gica verso la verità psicologica. è quella del vestito greco: tunica, mantello, clamide; ir-
Tranne che nel ditir ambo , tutt i questi esecutori, coro reale, almeno nella sua versione tragica, perché questo
e attori, erano mascherati. Le maschere erano composte costum e è la veste del dio (Dioniso ), o perlomeno del
da crocchie stuccate, ricoperte di gesso, colorate , pro- suo oran sacerdote , con una ricchezza (colori e orna -
lungate con una parrucca ed eventualmente con una menti) evidentemente sconosciuta nella vita (l'irrea ltà
barba posticcia; la fronte era spesso di un'altezza smisu- del costume comico è meno forte: si tratta di una tunic a,
rata: è l'onkos, alta prominenza frontale. L'espressione semplicemente accorciata in modo da lasciar vedere il
di queste maschere ha una storia, che è la stessa del rea- fallo di cuoio esibito dai personaggi maschili). Oltre a
lismo antico ; al tempo di Eschilo, la maschera non ha questo costume di ba se, vi erano alcuni «emblemi» par -
un 'espress ione determinata; è una supe rficie neutr a, se- ticolari, vale a dire l'abboz zo di un codice vestimentario:
gnata appena da una leggera piega sulla fronte; durante il mantello color porpora dei re, la lunga maglia di lana
l'epo ca ellenistica invece, nella tragedia , la maschera è degli indovini, i cenci della miseria, il colore nero del lut-
esageratamente patetica , i tratti sono smisurata mente to e della sventura. Qu anto al coturno, almeno nel sen-
convulsi; e mediante altri tratti (colore dei capelli, tinta so di calzatura con la suola alta, è un'appendice tardi -
del viso), soprattut to nella commedia, le maschere ven- va, dell'epoca ellenistica; l'aumento d'altezza dell'attore
gono classificate per tipi, ciascuno dei quali corrisponde comportò allora un accrescimento fittizio della sua cor-
evidentemente a un impiego, a un'età o a una disposizio- pulenza: ventre finto, petto finto, esagerazione dell' on-
ne: sono queste le maschere di caratter e. A che cosa ser- kos.
vivano le maschere? Si possono enumerare usi superfi- Lo sforzo realista - poiché è questo l'interrogat ivo
ciali: rendere visibili i tratti anche da lontano, nasconde - che noi moderni poniamo a queste tecniche - è stato
re la differenza dei sessi reali, poiché i ruoli femminili molto piu rapido per lo scenario. All'inizio, si trattava
erano inter pretat i da uomini. Ma la loro funzione pro- solo di una costruzione in legno, che indicava in modo
fonda è senza dubbio cambiata a seconda delle epoche: rudimentale un altare, una tomba o una roccia. Ma So-
nel teatro ellenistico, con la sua tipolo gia, la maschera focle, imitato da Eschilo nelle sue ultime opere, intro du -
aderisce a una metafisica delle essenze psicologiche ; non ce lo scenario dipinto su una tela mobile che pendeva
nasconde, bensi proclama; p recorre veramente il bellet- lungo la skené: pittura piatta, ma affidata ben presto a
to di oggi. Ma prima, nell'ep oca classica, la sua funzione disegnatori specializzati, gli scenografi. A questo scena-
è, a quanto sembra , del tutto opposta: essa estrania; an- rio centrale (e frontale ) furono aggiunti, verso la fine del
zitutt o censurando la mobilità del viso, sfumatu re, sorri- v secolo, due scenari laterali, i periatti: erano dei prismi
LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO

ruotanti, montati su perni, le cui facce andavano a rac- realista (all'inizio) o favolistica (alla fine), ma anche psi-
cordarsi con la scena centrale, a seconda delle necessità. cologica.
A partire dalla Commedia nuova, lo scenario di sinistra Teatro realista? N e ha portato ben presto i germi; già
(in rapporto allo spettatore ) rappresentò per convenzio- con Eschilo vi tendeva, benché questo primo teatro tra-
ne _glispazi lontani (per Atene, la parte della campagna gico comportasse ancora molti tratti di distanziamento:
att1ca) e quello di destra lo spazio piu immediatamente impersonalità della maschera, convenzione del costume ,
vicino (era la direzione del Pireo ). Naturalmente, come simbolismo degli scenari , rarità degli attori, importanza
per le maschere, vi fu ben presto una sommaria tipolooia del coro. In ogni caso, il realismo di un'arte non può ve-
dei luoghi raffigurati: paesaggio silvestre per il dram;a nir definito prescindendo dal grado di credulità dei suoi
satiresco, casa d 'abitazione per la commedia, tempio, spettatori: esso rinvia inevitabilmente ai quadri mentali
palazzo, tenda militare, paesaggio rurale per la traoedia. che lo accolgono. Tecniche allusive collegate a una forte
Davanti a questi scenari, nessun sipario, prima del :eatro credulità determinano quello che si potrebbe chiamare
romano, tranne qualche volta uno schermo mobile desti- un «realismo dialettico» , nel quale l'illusione teatrale
nato alla preparazione di certe scene. procede in un andirivieni incessante tra simbolismo in-
. Qu~sta vasta ondata realistica si complica di genera- tenso e realtà immediata. Si dice che gli spettatori dell' 0-
z10ne m generazione; si aiuta con una tecnica precisa: il restiade fuggissero terrorizzati alla comparsa delle Erin-
macchinario. All'epoca ellenistica, le macchine erano as- ni, perché Eschilo, rompendo con la tradizione della pa-
sai complicate; ce n'era una per esteriorizzare le scene rodos, le aveva fatte apparire una alla volta. Questo mo-
interiori di crimine , ed era l' ekkyklema, piattaforma ruo- vimento ricorda abbastanza , come è stato osservato , l'in-
tante che trasportava i cadaveri fuori dalle porte del pa- dietreggiare dei primi spettatori del cinema all'entrata
lazzo, alla vista degli spettatori ; un 'altra , la mechané, ser- della locomotiva nella stazione di La Ciotat: in ambedue
viva agli dèi e agli eroi per volare nell'aria: era una oru i casi, ciò che lo spettatore percepisce non è né la realtà,
di cui si dipingeva in grigio la fune traente per rend:rla né la sua copia; è, se si vuole , una «surrealtà» , il mondo
invisibile; in riposo , nel loro abitacolo, gli dèi appariva- raddoppiato dei suoi segni. Questo fu, senza dubbio , il
no al disopra della skené, nel theologheion, o parlatorio realismo del primo teatro greco, quello di Eschilo , forse
d~gli dèi; la distegia (o «secondo piano» ) era un pratica- ancora di Sofocle. Ma tecniche analogiche molto forti
bile che consentiva agli attori di comunicare con i tetti (espressività delle maschere , complessità del macchina-
o con il piano superiore dell'edificio di fondo (soprattut- rio, atrofia del coro ) unite ad una credulità se non inde-
to nel teatro di Euripide e di Aristofane ); infine le boto- bolita, perlomeno educata, dete rminano un realismo
le, le scale sotterranee e anche gli ascensori servivano al- comple tamente diverso, quale fu probabilmente quello
l'apparizione degli dèi infernali e dei morti. A dispetto di Euripide e dei suoi successori. Qui il segno non rinvia
della loro varietà, questi macchinari hanno un senso ooe- piu al mondo, ma ad una interiorità; la materialità stessa
nerale: «far vedere l'interno», quello degli inferi, dei pa- dello spettacolo diventa nel suo insieme uno scenario , e
lazzi o dell'Olimpo ; essi forzano un segreto , rendono nel momento in cui la choreia si dissolve, i suoi elementi
piu densa l'analogia, sopprimono una distanza tra lo diventano semplici «illustrazioni », a cui si chiede di es-
spettacolo e lo spettatore; è logico dunque che essi si sia- sere plausibili: ciò che si svolge sulla scena non è piu il
no sviluppati parallelamente all'«imborghesimento» del segno della realtà, ne è la copia. Si comprende perché
dramma antico: la loro funzione non è stata solamente Racine abbia riannodato il dialogo proprio con Euripi-
86 LA RAPPRESENTAZIONE IL TEATRO GRECO

de, e perché l'accademismo teatrale del XIX secolo si sia È estremamente difficile, infatti, riuscire a decidere se
sentito piu vicino a Sofocle che non a Eschilo. questo teatro va ricostruito oppure adattato. Mentre di
Infatti, qualunque cosa vi sia stata trovata, questo tea- solito si rappresenta Shakespeare senza preoccuparsi
tro non ha smesso di riguardarci negli ultimi quattro se- delle convenzioni elisabettiane, oppure Racine senza far
coli. A partire dal Rinascimento, i musicisti, i poeti e gli piu ricorso alla drammaturgia classica, l'ombra della ce-
ammiratori della Camerata Bardi, a Firenze, s'ispirano a lebrazione antica è sempre presente, con tutto il suo fa-
principi della choreiaper creare l'opera. Nel xvu e nel scino: nostalgia di uno spettacolo totale , violentemente
xvm secolo, com'è noto, i testi drammatici degli antichi fisico, smisurato e al tempo stesso umano, traccia di una
Greci sono la fonte principale a cui attingono i nostri riconciliazione inedita tra il teatro e la città. Tuttavia una
drammaturghi: non soltanto i testi, ma i principi stessi cosa è chiara: questa ricostruzione è impossibile; anzi-
dell'arte tragica, i suoi fini e i suoi mezzi; si sa che Racine tutto perché l'archeologia ci mette a disposizione dati in-
annotò con cura i passi della Poetica di Aristotele dedi- completi, specialmente per quanto concerne la funzione
cati alla tragedia, e che, piu tardi, il dibattito sulla cathar- plastica del coro che è la pietra d'inciampo di tutte le
sis riprese con Lessing. Quello che Aristotele recava al messe in scena moderne; inoltre , ed è un aspetto ancora
teatro moderno, era meno una filosofia tragica che non piu importante, perché i fatti riesumati dall'erudizione
una tecnica di composizione fondata razionalmente (è il erano solamente le funzioni di un sistema totale, che era
senso delle arti poetiche di quell'epoca ): una sorta di il quadro mentale dell'epoca, e perché, sul piano della
totalità , la storia è irreversibile. Mancando questo qua -
praxis tragica si sprigionava dalla poetica aristotelica, e
accreditava l'idea di un artigianato drammatico: la trage- dro, le funzioni spariscono, i fatti isolati diventano delle
essenze, vengono rivestiti, lo si voglia o no, da significati
dia greca diventava il modello, l'esercizio e l'ascesi, si po-
imprevisti, e il fatto letterale diviene molto rapidamente
trebbe dire, di ogni creazione poetica. Nel XIX e nel xx
un controsenso. Ad esempio: la musica greca era mono-
secolo, è la materialità stessa del teatro greco, trascurata
dica, i Greci non ne conoscevano altra; ma per noi , mo-
dai nostri classici, che cristallizza di piu la riflessione; derni, la cui musica è polifonica, ogni monodia diventa
dapprima, sul piano della filosofia e dell'etnologia, da esotica: ecco un significato ineliminabile, che certo non
Nietzsche a George Thomson, ci si interroga appassio- era previsto dagli antichi Greci. Ci sono dunque nello
natamente sull'origine e sulla natura di questo teatro, re- spettacolo greco, quale ce lo offre l'archeologia, dei fatti
ligioso e nello stesso tempo democratico, primitivo e raf- pericolosi, facili al controsenso: sono per l'esattezza i fat-
finato, surreale e realista, esotico e classico; poi si rico- ti letterali, i fatti sostanziali: la forma di una maschera ,
mincia (a partire dalla metà del XIX secolo) a rappresen- il tono di una melodia, il suono di uno strumento.
tarlo sulla scena, in un primo tempo come un teatro bor- Ma vi sono anche funzioni, rapporti, fatti di struttura:
ghese di maggiore pompa (sono le prime «ricostruzioni» ad esempio, la distinzione rigorosa del parlato, del can-
della Comédie-Française ), poi in uno stile piu barbaro tato , e del declamato oppure la plastica frontale, massic-
e nello stesso tempo piu storico, a cui bisogna almeno cia, del coro (Claudel parlava giustamente di cantori die-
accennare, perché, dopo certe meditazioni di Copeau al tro leggii), la sua funzione essenzialmente lirica. Si tra tta
Vieux-Colombier e la rappresentazione dei Persiani da di opposizioni che dobbiamo, che possiamo, credo , ri-
parte degli studenti del Gruppo di teatro antico della trovare. Perché questo teatro ci riguarda non per il suo
Sorbona, nel 1936, le esperienze contemporanee sono esotismo, ma per la sua verità, non solo per la sua este-
numerose, fondate su principi spesso contraddittori. tica, ma per il suo ordine. E questa stessa verità non può
88 LA RAPPRESENTAZIO N E

essere che una funzione, il rapporto che unisce uno Diderot , Brecht, Ejzenstejn
sguardo moderno a una società molto antica: questo tea-
tro ci riguarda per la sua distanza. Il problema non è
dunque assimilarlo o estraniarlo: è farlo comprendere.

per André Téchiné

Immaginiamo che un 'affinità, di statuto e di storia, le-


ghi la matematica e l'acustica , già a partire dai Greci ; im-
maginiamo che questo spazio, propriamente pitagorico,
sia stato alquanto rimosso durante due o tre millenni
(non per nulla Pitagora è l'eroe eponimo del Segreto );
immaginiamo infine che a partire da questi stessi Greci,
un altro legame si sia installato di fronte al primo , e che
lo abbia sopraffatto, sovrapponendosi continuamente
ad esso, nella storia delle arti: il legame della geometria
e del teatro. Il teatro è effettivamente una pratica che
calcola il posto guardato delle cose: se metto lo spettaco-
lo qui, lo spettatore vedrà questo; se lo metto in un altro
posto , non lo vedrà e io potrò approfittare di ques to na-
scondiglio per produrre un 'illusione: la scena è per l'ap-
punto la linea che taglia il fascio ottico, disegnando il ter-
mine e per cosi dire il fronte del suo schiudersi: in tal
modo si troverebbe fondata, contro la musica (contro il
testo ), la rapp resent azione.
La rappresentazione non si definisce direttamente at-
traverso l'imitazione: anche sbarazzandosi delle nozioni
di «reale», di «verosimile» , di «copia» , resterà sempre
della «rappresentazion e » finché un soggetto (autore , let-
tore , spettatore od osservatore ) dirigerà il suo sguardo
verso un orizzonte e vi ritaglierà la base di un triangolo
di cui il suo occhio (o il suo spirito ) sarà il vertice. L'Or-
ganon della Rappresentazione (che è possibile descrive-
re oggi, in quanto s'intrav ede un' alt ra cosa), quest 'Orga-
non avrà come duplice fondamento la sovranità del dé-
coupage e l'unità del soggetto che ritaglia. Ha dunqu e
LA RAPPRESENTAZIONE DIDEROT, BRECHT, EJZEN~TEJN 91
poca importanza la sostanza delle arti; indubbiamente, vagh_i: aria aperta , teatro in circolo), elevano un senso,
teatro e cinema sono espressioni dirette della geometria mamfestando però la produzione di questo senso e
(a meno che non procedano a qualche ricerca rara sulla re~li~zano la coincidenza del ritaglio visivo e del rita-
voce, sulla stereofonia), ma anche il discorso letterario glio ideale. Niente separa il piano ejzenstejniano dal
classico (leggibile) avendo abbandonato da molto tempo quadro g:euzi~no (tr~nne il progetto , senza dubbio, qui
la prosodia, la musica, è un discorso rappresentativo , mor~e, ~a ~o7iale); mente separa la scena epica dal pia-
geometrico, in quanto ritaglia dei frammenti per dipin- no e1zensteJ01ano(salvo che, in Brecht , il quadro viene
gerli: parlare (avrebbero detto i classici) non è altro che o_fferto alla critica dello spettat ore, non alla sua ade-
«dipingere il quadro che si ha nella mente». La scena, s10ne).
il quadro, il piano, il rettangolo ritagliato, ecco la condi- Il quadro (in quanto nasce da un ritaolio) è un oooer-
zione che permette di pensare il teatro , la pittura, il cine- to-feticcio? Si a livello del senso ideale ( il Bene il"'Pro-
ma, la letterat ura, cioè tu tte le «arti» diverse dalla musi- gresso, la Causa, l'avvento di una buona Storia),' no a li-
ca e che si potrebbero chiamare: arti diottriche. (Contro- vello della sua composizione. Piu esattamente è la com-
prova: niente permette di rintracciare un qualche qua- P?szzio~e_ stessa che permette di spostare il ter~ine fetic-
dro, anche minimo, nel testo musicale, a meno di subor- ci? e di nportare piu lontano l'effetto amoroso del rita-
dinarlo al genere drammatico; niente permette di rita- glio_.Ancora ur:a volta è Diderot il teorico di questa dia-
gliare in esso il minimo feticcio, a meno di banalizzarlo let~1ca del desiderio; nell 'articolo Composizione, egli
con l'adozio ne di un ritornello ). scnve: « Un quadro ben composto è una totalità racchiu-
Tutta l'estetica di Diderot poggia, com'è noto, sulla sa in un s?lo punto di vista, dove le parti concorrono a
identificazione della scena teatrale e del quadro pittorico: un medesimo scopo e formano, con la loro mutua corri -
l'opera perfetta è una successione di quadri , cioè una sponden~a, un insieme altrettanto reale di quello delle
galleria, un salone: la scena offre allo spettatore «tanti m~mbra m un corpo animale; perciò una pittura costi-
quadri reali quanti sono, nell'azione , i momenti favore- tuita da un gr~n numero di figure disposte a casaccio,
voli al pittore». Il quadro (pittorico, teatrale, letterario ) senz_ap_roporzior:e, senza intelligenza e senza unità, non
è un ritaglio puro, dai contorni netti , irreversibile, incor- merlt~ ~ nome di vera composizionepiu di quanto studi
ruttibile, che respinge nel nulla tutto ciò che gli sta attor- sparsi di gambe , nasi, occhi, su uno stesso cartone meri-
no, innominato, e promuove all'essenza, alla luce, alla tino quello di ritratto oppure quello di figura umana».
vista, tutto ciò che fa entrare nel suo campo. Quèsta di- Ecco il corpo e~pressamente introdotto nell'idea di qua-
scriminazione demiurgica implica un alto pens iero : il dro , 1:1-a~utto ~ corpo; gli organi, raggruppati e come
quadro è intellettuale, vuol dire qualcosa (di morale , di calamitati dal ritaglio, funzionano in nome di una tra-
sociale), ma dice anche che sa come bisogna dirlo; è con- scendenza, quella della figura, che riceve tutta la carica
tempora neam ente significativo e propedeutico, impres- del feticcio e diventa il sostituto sublime del senso: è
sivo e riflessivo, emozionante e conscio delle vie dell' e- questo senso che viene feticizzato. (Non vi sarebbe nien-
mozione. La scena epica di Brecht, il piano ejzenstejnia- t~ di male a rintracciar e, nel teatro post-brechtiano e nel
no sono quadri: sono scene apparecchiate(come si dice: cmema post-ejzenstejniano , messe in scena contra sse-
la tavolaè apparecchiata),che rispondono perfettamente gnate dalla dispersione del quadro , dallo smembramen-
all'unità drammatica di cui Diderot ha fornito la teoria: to della «composizione », dalle passeooiate deoli «oroO ani
ben ritagliate (si ricordi la tolleranza di Brecht nei con- parziali» della figura, in breve dall'irraoo ia~ ento del
fronti della scena all'italiana, il suo disprezzo per i teatri senso metafisico dell'opera, ma anche dei°;uo senso po -
92 LA RAPPRESENTAZIONE DIDEROT, BRECHT, EJZEN~TEJN 93
litico - o perlomeno dal trasporto di questo senso verso Il teatro di Brecht, il cinema di Ejzenstejn sono delle suc-
un 'altra politica. cessioni di istanti pregnanti: quando Madre Coraggio
strappa il foglio che le tende il sergente reclutatore e in
Brecht ha mostrato come, nel teatro epico (che proce- questo breve attimo di diffidenza lascia scappare suo
de per quadri successivi), tutta la carica, significante e figlio, rende palese nello stesso tempo il suo passato di
piacevole, investa ciascuna scena, e non l'insieme; a livel- commerciante e l'avvenire che l'attende: tutti i suoi figli
lo dell'opera , niente sviluppo, niente maturazione, un morti per effetto del suo accecamento mercantile. Quan-
senso ideale , certamente (per ogni quadro), ma nessun do (nella Linea generale) la contadina lascia che venga
senso finale, solo dei ritagli ciascuno dei quali detiene strappata la sua sottana, perché la stoffa serva a ripara-
una potenza dimostrativa sufficiente. Lo stesso in Ejzen- re il trattore, questo gesto è gravido di un'intera storia:
stejn: il film è una contiguità di episodi, ciascuno dei la pregnanza riunisce la conquista passata (il trattore
quali è significante in modo assoluto, esteticamente per- aspramente conquistato all'incuria burocratica ), la lotta
fetto. È un cinema a vocazione antologica: è esso stesso, presente e l'efficacia della solidarietà. L'istante pregnan-
tramite la sua punteggiatura, a tendere al feticista il te è la presenza di tutte le assenze (ricordi, lezioni, pro-
frammento che questi deve ritagliare e portare via per messe), al ritmo delle quali la Storia diventa intellegibile
goderne (non si dice forse che alla Corazzata Potemkin e al tempo stesso desiderabile.
di alcune cineteche manca un pezzo di pellicola - la sce- In Brecht, è il gestus sociale che riprende l'idea dell'i-
na della carrozzella, sicuramente -, tagliata e rubata da stante pregnante. Che cos'è un gestus sociale (la critica
qualche ammiratore, come una treccia , un guanto, o reazionaria ha ironizzato alquanto su questa nozione
della biancheria intima femminile?) La potenza prima brechtiana, una delle piu intelligenti e delle piu chiare
di Ejzenstejn sta in questo: nessuna immagine è noiosa, che la riflessione drammaturgica abbia mai prodotto!)?
non si è costretti ad attendere la successiva per com- È un gesto, o un insieme di gesti (mai però una gestico-
prendere e restare affascinati: nessuna dialettica (questo lazione), in cui si può leggere tutta una situazione socia-
tempo della pazienza necessario a certi piaceri), ma un le. Non tutti i gestus sono sociali: niente di sociale nei
giubilo continuo, composto da una somma di istanti movimenti che un uomo compie per sbarazzarsi di una
perfetti. mosca; ma se questo stesso uomo, vestito miseramente,
Nessun dubbio che Diderot avesse pensato questo si dibatte contro dei cani da guardia, il gestus diventa so-
istante perfetto (e l'aveva pensato). Per raccontare una ciale; il gesto con cui la vivandiera verifica la moneta che
storia, il pittore non dispone che di un istante: quello le si tende è un gestus sociale; il grafismo eccessivo con
che sta per immobili zzare sulla tela. Quest'istante, deve cui la burocrazia della Linea generale firma le sue scartof-
dunque sceglierlo bene, assicurandogli in anticipo la fie è un gestus sociale. Fin dove si possono trovare gestus
massima efficacia di senso e di piacere: necessariamente sociali? In luoghi lontani: nella lingua stessa. Una lingua
totale, quest'istante sarà artificiale (irreale: quest'arte forse gestuale, dice Brecht, quando indica certi atteggia-
non è realista), sarà un geroglifico in cui si leggeranno menti adottati da colui che parla nei confronti degli altri:
con un solo sguardo (in un colpo solo, se passiamo al «Se il tuo occhio ti fa male, strappalo» è piu gestuale
teatro, al cinema) il presente, il passato e l'avvenire , cioè che non «Strappa l'occhio che ti fa male», perché l'ordi-
il senso storico del gesto rappresentato . Quest'istante ne della frase, l'asindeto che la costituisce, rinviano a una
cruciale, totalmente concreto e totalmente astratto, è ciò situazione di profezia e di vendetta. Alcune forme reto-
che Lessing chiamerà (in Laocoonte) l'is tante pregnante. riche possono dunque essere gestuali: da questo punto
94 LA RAPPRESENTAZÌONE
DIDEROT, BRECHT, EJZENSTEJN 95
di vista è inutile rimproverare all'arte di Ejzenstejn
(come a quella di Brecht) di essere «formalizzante» o deve venir criticato dallo spettatore; negli altri due, l'a t-
«estetica»: la forma, l'estetica, la retorica, possono esse- tore non deve necessariamente distanziarsi; ciò che deve
re socialmente responsabili se vengono usate in un modo presentare , è un valore ideale. È dunque sufficiente che
deliberato. La rappresentazione (poiché è di essa che si l'attore «stacchi» la produzione da questo valore, la ren-
parla) deve necessariamente fare i conti con il gestus so- da sensibile, visibile intellettualmente, tramite l'eccesso
ciale: dal momento in cui si «rappresenta» (in cui si ri- stesso delle sue versioni: l'espressione indica allora un'i-
taglia, in cui si chiude il quadro e si crea una discontinui- dea - ciò per cui è eccessiva -, non una natura; siamo
tà con l'insieme ), bisogna decidere se il gesto è sociale lontani dai visi dell ' Actor' s Studio, il cui «ritegno» tanto
o non lo è (se rinvia non a una determinata società, ma vantato non ha altro senso tranne la gloria personale di
all'Uomo ). colui che recita (si pensi ad esempio alle espressioni di
Che cosa fa l'attore nel quadro (la scena, il piano)? Brando in Ultimo tango a Parigz).
Poiché il quadro è presentazione di un senso ideale, l'at-
tore deve presentare il sapere stesso del senso, dato che . Il quadro ha un «soggetto» (in inglese: topic)? Per
il senso non sarebbe ideale se non implicasse la propria mente; ha un senso, non un soggetto. Il senso comincia
macchinazione; ma il sapere che, per un supplemento col gestus sociale (con l'istante pregnante ); al di fuori del
insolito, l'attore deve mettere in scena, non è il suo sape- gestus non vi è che il vago, l'insignificante. «Da un certo
re umano (i suoi lamenti non devono semplicemente punto di vi_s~a,- dice Brecht, - i soggetti hanno sempre
esprimere lo stato d'animo dello Sventurato ), e neppure qu~lcosa d1I?genuo, sono un po ' senza qualità. Vuoti,
il suo sapere di attore (egli non deve mostrare di saper essi_bastano _1~qualche modo a se stessi. Solo il gestus
recitare bene). L'attore deve mostrare di non essere as- ~ociale (la c;ltlca, l'astuzia, l'ironia , la propaganda, ecc. )
servito allo spettatore (impegolato nella «realtà», nel- introduce I elemento umano»; e Diderot ao-o-iuno-e(se
l'«umanità» ), ma di condurre il senso verso la sua idea- cosi si può dire ): la creazione del pittore o d~l dra':nma-
1ità. Questa sovranità dell'attore, padrone del senso, è turgo non,~isiede nella scelta di un soggetto, bensi nella
visibile chiaramente in Brecht, che l'ha teorizzata sotto scelta dell 1stante pregnante, del quadro. Poco importa ,
il nome di «straniamento»; e lo è altrettanto in Ejzen- dopotutto, che Ejzenstejn abbia tratto i suoi «soo-o-etti» 0

stejn (almeno nell'autore della Linea generale, a cui mi dal passato della Russia e dalla Rivoluzione , ~ non ,
riferisco in questo momento ), non per effetto di un'arte «come avrebbe dovuto» (cosi dicono i suoi censori at-
cerimoniale, rituale - qu ella che Brecht auspicava-, ma tuali ), nel presente della costruzione socialista (con l'ec -
per l'insistenza del gestus sociale, che impregna costan- cezione della Linea generale), poco importano la coraz-
temente tutti i gesti dell'attore (pugni che si chiudono, zata o lo zar: sono soltanto dei «soo-o-etti»
bb '
va Oohi e vuoti·,
mani che afferrano un utensile di lavoro, presentazione coma soltanto il gestus, la dimostrazione critica del o-e-
dei contadini allo sportello del burocrate, ecc .). È vero sto, l'iscri~ione di questo gesto, a qualunque epoca ;p-
peraltro che , in Ejzenstejn come in Greuze {pittore partenga, m un testo dove i meccanismi sociali siano vi-
esemplare agli occhi di Diderot ), l'attore prende talvolta sibili; il soggetto non vi aggiunge e non vi sottrae nulla.
l'espressione di un patetismo estremo, e che questo pa- Quanti sono, oggi, i film «sulla» droo-a dove la droo-a
'il o, o
tetismo può sembrare ben poco «straniato». Ma lo e «soggetto»? Ma si tratta di un soo-o-ettovuoto· senza
.I I oo ,
«straniamento» è un procedimento tipico di Brecht , ne- gestus socia e, a droga è insignificante, o meo-lio la sua
cessario a Brecht in quanto rappresenta un quadro che significanza è quella di una natura vaga e vuo~a, eterna:
«la droga rende impotenti» (Trash), «la droga porta al
DIDEROT, BRECHT, EJZEN~TEJN 97
LA RAPPRESENTAZIONE

suicidio» (Absences répétées). Il soggetto è un falso rita- metafisica (Greuze). In Brecht, in Ejzenstejn, Chardin e
glio: perché questo soggetto e non un altro? L'opera ini- G~eu~e coesi~ton~ (piu scaltro, Brecht lascia al suo pub-
zia solo nel quadro, quando il senso viene messo nel ge- blico il compito di essere il Greuze dello Chardin che o-li
sto e nella coordinazione dei gesti. Si prenda Madre Co- mette sotto gli occhi): in una società che non ha anco~a
raggio:si arriva sicuramente a un controsenso, se si crede trovato la propria stabilità, come potrebbe l'arte cessare
che il suo «soggetto» è la guerra dei Trent'anni, oppure di ess~re met~fi~ica, cioè significativa, leggibile, rappre-
la denuncia in generale della guerra. Il suo gestus non è sentativa? Feticista? A quando la musica, il Testo?
questo: esso va individuato nella cecità della commer-
ciante che crede di poter vivere della guerra e che ne Brecht , a quanto sembra, non conosceva Diderot
muore; e soprattutto, è nella veduta che lo spettatore ha (forse, solo il Paradossodell'attore). Tuttavia è lui stesso
di questa cecità. ad autorizzare, in maniera del tutto contino-ente la con-
A teatro, al cinema, nella letteratura tradizionale, le giunzione tripartita che ho appena prop;sta. Verso il
cose sono viste sempre da qualcheparte: solo un soggetto 1937, Brecht ebbe l'idea di fondare una Società Diderot
feticista può ritagliare il quadro. Questo luogo d'origine luogo di raccolta di esperienze e studi teatrali senz~
è sempre la Legge: legge della società, legge della lotta , dubbio perché vedeva in Diderot, oltre alla fig~ra del
legge del senso. Ogni arte militante non può dunque es- grande filosofo materialista, quella di un uomo di teatro
sere che rappresentativa, legale. Perché la rappresenta- la cui teoria mirava a dispensare in pari misura il piacere
zione sia realmente priva di origine e perché ecceda la e l'~ns~gnamento. Brecht stabili il programma di questa
sua natura geometrica, senza cessare di essere rappre- societa; ne fece un opuscolo; a chi voleva inviarlo? A Pi-
sentazione, il prezzo da pagare è enorme: niente di meno scator, a Jean Renoir, a Ejzenstejn.
che la morte. In Vampiro di Dreyer, come mi fa notare
un amico, la macchina da presa passa dalla casa al cimi-
tero e capta ciò che vede la morte: questo è il punto limite
in cui la rappresentazione viene elusa: lo spettatore non
può piu occupare alcun posto, perché non può identifi-
care il suo occhio con gli occhi chiusi del morto; il qua-
dro è senza un punto di partenza, senza appoggio, è
un'apertura . Tutto quanto accade al di qua di tale limite
(ed è il caso di Brecht, di Ejzenstejn) non può essere che
~egale:in fin dei conti, è la Legge del Partito che guarda,
mquadra, centra, enuncia. E qui anche Brecht e Ejzen-
stejn raggiungono Diderot (promoto re della trao-edia
domestica e borghese, cosi come i suoi due succ:ssori
lo furono di un'arte socialista). In effetti Didero t distin-
gueva, nella pittura, pratiche maggiori, di portata catar-
tica, miranti all'idealità del senso, e pratiche minori, pu-
ramente imitative, aneddotiche; da un lato Greuze, dal-
l'altro Chardin; in altri termini, in una fase ascendente,
ogni fisica dell'arte (Chardin) deve incoronarsi con una
Letture: il segno Lo spirito della lettera

Il libro di Massin è una bella enciclopedia, di informa-


zioni e di immagini. Il suo soggetto è la Lettera? Si, in-
dubbiamente: la lettera occidentale, presa nel suo spazio
d'insediamento, pubb licitario o pittorico, e nella sua vo-
cazione di metamorfosi figurativa. Tuttavia accade che
quest'oggetto, apparentemente semplice, facile da iden-
tificare e da enumerare, è alquanto diabolico: se ne va
dappertutto, e principalmente nel suo stesso contrario:
è ciò che si chiama un significante contraddittorio, un
enantiosema. Infatti, da un lato la Lettera promulga la
Legge in nome della quale si può ridurre qualunque stra-
vaganza («Attenetevi, per favore, alla lettera del testo»),
ma d'altro lato, ormai da secoli, come mostra Massin,
essa produce instancabilmente una profusione di simbo-
li. Da un lato, essa «tiene» il linguaggio, tutto il linguag-
gio scritto, nella morsa dei suoi ventisei caratteri (per i
Francesi) e questi caratteri, in sé, sono semplicemente
l'unione di qualche linea dritta e di qualche linea curva.
Ma d'altro lato, essa è il punto d'inizio di una imagerie
vasta come una cosmografia; essa significa da una parte
la censura estrema («Lettera, che non si compia mai al-
cun crimine nel tuo nome!»), e d'altra parte il godimen-
to estremo («tutta la poesia, tutto l'inconscio sono ritor-
ni alla lettera»); interessa nello stesso tempo il grafico,
il filologo, il pittore, il giurista, il pubblicitario, lo psica-
nalista e lo scolaro. La lettera uccide e lo spirito vivifica?
Sarebbe semplice se non ci fosse, per l'appunto, uno spi-
rito della lettera, che vivifica la lettera; o ancora: se il
simbolismo estremo non fosse riconoscibile come la let-
IOO LETTURE: IL SEGNO
LO SPIRITO DELLA LETTERA IO I
tera stessa. È questo tragitto circolare della lettera e della animali (uccelli, pesci, serpent i, conigli, gli uni divoranti
fio-urache Massin ci permette di intravedere. Il suo libro , talora gli altri per disegnare una D, una E, una K, una
cime ogni enciclopedia riuscita (e quest'ultima è tant? L, ecc.), uomini (profili, membra, pose), mostri, vegetali
piu preziosa in quanto è composta da almeno u?- mi: (fiori, germogli, tronchi), strument i (forbic i, ronche, fal-
gliaio di immagini ), ci permette, ci impone l'ob_bhgo ~i ci, occhiali, treppiedi, ecc.): tutto un catalogo di prodot-
correo-o-erealcuni nostri pregiudizi: è un libro felice (poi-
ti naturali e umani viene a doppiare la breve lista dell'al-
ché t;~ta del significante), ma è anche un libro critico. fabeto: il mondo intero s'incarna nella lettera, la lettera
Anzitutto, percorrendo queste centinaia di lett ere diventa un'immagine nel tappeto del mondo.
fio-urate,provenienti da tutti i secoli, dai laboratori dico- Certi tratti costitutivi della metafora vengono cosi il-
piatura nel Medioevo al Sottomarino giallo dei Beatles,
lustrati, chiariti, corretti. Anzitutto l'importanza di quel-
è abbastanza evidente che la lettera non è il suono. Tu tt a lo che Jakobson chiama il diagramma, che è una specie
la lino-uistica fa derivare il linguaggio dalla parola, di cui
di analogia minima, un rapporto semplicemente propor-
la scrittura sarebbe solo un ordinamento parassitario. Il zionale, e non esaustivamente analogico, tra la lettera e
libro di Massin protesta: il di-venire e l'av-venire della
il mondo. Cosi, in genere, i calligrammi o poemi in for-
lettera (da dove essa viene e dove le resta da andare, infi- ma di oggetto di cui Massin ci offre un prezioso campio-
nitamente, instancabilmente) sono indipendenti dal fo-
nario (se ne parla sempre ma si conoscono soltanto quel-
nema. Questa crescita impressionante di lettere-figure li di Apollinaire). Inoltre, la natura po lisemica (si do-
dice che la parola non è il solo contorno, il solo risultato,
vrebbe dire pansemica) del segno-immagine: liberata dal
la sola trascendenza della lettera. Le lettere servono a suo ruolo linguistico (far parte di una singola parola),
comporre parole? Senza dubbio, ma anche ad altre cose.
una lettera può dire tutto: in quella regione barocca in
Per esempio, gli abbecedari. L'alfabeto è un sistema au-
cui il senso è distrutto sotto il simbolo, una stessa lettera
tonomo, fornito di predicati sufficienti a garantirne l'in-
può indicare due contrari (la lingua araba contiene que-
dividualità: alfabeti «grotteschi, diabolici, comici, nuo- sti significanti contraddittori, questi ad'dada cui J. Ber-
vi, incantati», ecc. In breve, si tratta di un oggetto che
que e J. P. Charnay hanno dedicato un libro importan-
non viene esaurito dalla sua funzione, dalla sua colloca-
te): Z, per Hugo , è il lampo, è Dio, mentre per Balzac
zione tecnica: è una catena significante, un sintagma fuo- è la cattiva lettera, la letter a della devianza. C'è da rim-
ri dal senso, ma non fuori dal segno. Tutti gli artisti citati
piangere che Massin (il quale ne aveva i mezzi) non ci
da Massin, monaci, grafici, litografi, pittori, hanno sbar- abbia dato da qualche parte una ricapitolazione dell'in-
rato la strada che sembra collegare naturalmente la pri- tero paradigma, mondiale e secolare, di una sola lettera:
ma e la seconda articolazione, la lettera e la parola , e tutte le figure della M, ad esempio, che comprendono i
hanno preso un'altra via, che è la via non del linguaggio tre angeli del Maitre gotico cosi come i due picchi nevosi
ma della scrittura, non della comunicazione ma della si- di Megève - in una pubblicità - , e inoltre la forca, l'uo -
gnificanza: avventura che si si~ua ai margini delle pr~tese mo sdraiato, con le cosce alzate, il culo in evidenza, il
finalità del linguaggio e perciò al centro del suo gioco. pittore e il suo cavalletto, e le due fantesche che si appre-
Secondo 00-0-etto
00
di meditazion e (e non trascurabile),• stano a tirare un drappo.
suscitato dal libro di Massin: la metafora. Queste venti-
Perché - ed è il terzo capitolo di questa lezione in im-
sei lettere del nostro alfabeto, animate, come dice Mas- mao-ini sulla metafora - è evidente che a forza di strava -
o
sin, da centinaia di artisti di ogni secolo, vengono poste
ganze, di versioni anomale, di migrazioni e di associazio-
in un rapporto metaforico con altra cosa che la lettera: ni, la lettera non è piu, non è l'origine dell'immagine:
LO SPIRITO DELLA LETTERA 103
!02 LETTURE: IL SEGNO
anche servirsi della domanda per spostare il problema
ogni metafora è inoriginata, non appena si passa dall'e- dell'orio-ine proo-ettare una concettualizzazione pro-
nunciato all'enunciazione, dalla parola alla scrittu ra. Il "' ' o
gressiva dell' entre-deux, del rapporto fluttuante, di cui
rapporto analogico è circolare, senza precellenza; i ter- siamo soliti determinare l'ancoraggio in modo abusivo.
mini che cattura sono fluttuanti: nei segni presentati, chi In Oriente, in una civiltà ideografica, è quello che sta tra
comincia? l'uomo o la lettera? Massin entra nella metafo- la scrittu ra e la pittura a venir tracciato, senza che lo si
ra tramite la lettera: è necessario, ahimè, dare un «sog- possa riferire all'uno o all'altro. Il che permette di elude-
o-etto» ai nostri libri; ma si potrebbe anche entrarvi dal- re questa legge scellerata di filiazione, che è la nostra
l'altro capo, e fare della lettera una specie di uomo, di Legge, paterna, civile, mentale, scientifica: legge segre-
oggetto, di vegeta le. La lettera non è, insomma, che una o-ativa in virtu della quale noi mettiamo da una parte i
testa di ponte paradigmatica, arbitraria, perché bisogna irafici e dall'altra i pittori, da una parte i romanzieri e
che il discorso cominci (costrizione che non è stata anco- dall'altra i poeti. Ma la scrittura è una: il discontinuo che
ra ben esplorata), ma questa testa può essere anche un'u- la fonda ovunque fa di tutto ciò che scriviamo, dipingia-
scita, se si ritiene, per esempio, come i poeti e i mistago- mo, tracciamo, un solo testo. È quanto mi mostra il libro
ghi, che la lettera (la scrittura) fonda il mondo. Assegna- di Massin. Tocca a noi non censurare questo campo ma-
re un'orio-ine all'espansione metaforica è sempre un'op- teriale riducendo la somma prodigiosa di quelle lettere-
zione, m:tafisica, ideologica. Donde l'importan za dei ro- figure a una galleria di strava ganze e di sogni: il margine
vesciamenti di origine (come quello che la psicanalisi che concediamo a quello che si può chiamare il barocco
opera sulla lettera stessa). In effetti, Massin ce lo dice (per farci comprendere dagli umanis ti) è il luogo stesso
incessantemente con le sue immagini, esistono solo cate- in cui lo scrittore, il pittore e il grafico, e cioè il realizza-
ne fluttuanti di significanti, che passano, e si attraversa- tore del testo, deve lavorare.
no reciprocamente: la scrittura è nell'aria . Osservate il
rapporto tra la lettera e la figura: tutta la logica ne risulta
assorbita: 1) la lettera è la figura, questa I è una clessidra;
2) la figura è nella lettera , è scivolata interamente nella
sua guaina, come questi due acrobati uniti in una O
(Erté ha utilizzato ampiamente questa imbricazione, nel
suo prezioso alfabeto, che purtroppo Massin non cita);
3) la lettera è nella figura (è il caso di tutti i rebus): per-
ché non si può fissare il simbolo, a causa della sua rever-
sibilità: I può richiamare un coltello, ma il coltello non
è, a sua volta , che un punto di partenza, in un percorso
al termine del quale (come ha mostrato la psicanalisi) si
può ritrovare la I (presa in una parola che interessa il
nostro inconscio): vi sono soltanto metamorfosi.
Non vi possono essere dubbi sull'utilità del libro di
Massin per quanto riguarda l'attua le approccio al signifi-
cante. La scrit tura è fatta di lett ere. Ma di cosa sono fatte
le lettere? Si può cercare una risposta storica - scono-
sciuta per quanto concerne il nostro alfabeto; ma si può
ERTÉ 105
Erté o Alla lettera questo territorio costituisce di diritto, istituzionalme nt e
(beneficiando, cioè, della benedizione e della ricono-
scenza di tutta la società ), una sorta di parco nazionale ,
di riserva zoologica, dove si conserva, si trasforma e si
affina, in seguito a esperienze sorvegliate, la specie Don-
na. Raramente, insomma, la situazione di un artista
(amalgama di pratica, di funzione e di talento ) è stata
LA VERITÀ. piu chiara: Erté è un personaggio puro e completo , sto-
ricamente semplice, interamente e armoniosamente in-
corporato a un mondo omogeneo, i cui punti cardinali
Per essere conosciuti , gli artisti devono attraversare sono fissati dalle grandi attività dell'epoca, l'Awentura,
un piccolo purgatorio mitologico: è necessario che si la Moda, il Cinema e la Stampa, a loro volta compen-
possa associarli meccanicamente a un oggetto, a una diate nei nomi dei loro mediatori piu prestigiosi, Mata
scuola, a una moda, a un'epoca di cui sono, si dice, i pre- Hari , Paul Poiret , Holl ywood, Harper 's Bazaar; e que-
cursori, i fondatori, i testimoni o i simboli; in una parola , sto mondo ha per centro una delle date piu fortemente
che si possa classificarlicon poca spesa, assoggettarli a marcate nella storia degli stili: il 1925. La mitologia di
un nome comune, come una specie al suo genere. Erté è cosi pura, cosi piena che non si sa piu (e non ci
Il purgatorio di Erté è la Donna. Di donne, Erté ne si domanda ) se egli abbia creato la Donna della sua epo-
ha senza dubbio disegnate molte, anzi, per la verità, non ca o se l'ab bia genialmente captata, se sia testimonio o
ha disegnato altro, come se mai potesse separarsene (ani- fondatore di una stor ia, eroe o mitologo.
ma o accessorio, ossessione o agio?), come se la Donna E tuttavia: è veramente la Donna il centro di questa
garantisse l'autenticità dei suoi cartoni piu sicuramente figurazione ossessiva della Donna? È la Donna l'oggetto
che non la fine grafia del suo nome . Guardate le grandi primo e ultimo (poiché ogni spazio significante è circo-
composizioni di Erté (ve ne sono alcune): la profusione lare) del racconto condotto da Erté, di cartone in car-
decorativa, l'esuberanza precisa e barocca, l'astratta tra- tone, nel corso di oltre cinquant'anni, dallo stud io di
scendenza che trascinano le linee vi dicono tuttavia, Paul Poiret (intorno al r9r3) alla televisione newyorkese
come in un rebus: Cherchez la Femme. La si scopre sem- (r968)? Un tratto stilistico ci dà da pensare: Erté non cer-
pre: è là, minuscola se necessario , distesa al centro di un ca la Donna; ce la offre, immediatamente , ripetuta e
motivo che, una volta ind ividuato, fa cadere e converge- come duplicata nella prospettiva di uno specchio esatto
re tutto lo spazio verso l'altare dove lei è adorata (o sup- che moltiplichi senza sosta la stessa figura; in migliaia di
pliziata). La pratica costante della figura femminile na- donne, nessun lavoro di variazione relativo al corpo fem-
sce senza dubbio dalla vocazione di Erté per il figurino minile, che ne attesti la densità e l'enigma simbolici. La
di moda; d'altra parte, questa stessa vocazione aumenta Donna di Erté è almeno un'essenza? Per niente: il figu-
la consistenza mitologica dell'artista , perché la moda è rino di moda, da cui deriva l'iconografia di Erté (dire
uno di quei luoghi privilegiati in cui si crede di poter leg- questo non significa sminuirla) non è un'idea, fondata
gere lo spirito della modernità, le sue esperienze plasti- in natura o ragione, né un segreto percepito e figurato
che, erotiche, oniriche; ora Erté ha costantemente abita- al termine di una lunga ricerca filosofica o di un dramma
to, per mezzo secolo, il territorio della Moda (e dello della creazione, ma soltanto un contrassegno, una inscri-
Spettacolo, che molto spesso la ispira o ne dip ende) e zione derivata da una tecnica e normalizzata da un codi-
106 LETTURE: IL SEGNO
ERTÉ
ce. La Donna di Erté non è nemmeno un simbolo, l'e-
cente Gioielloper un dito (si tratta del mignolo: origina-
spressione ogni volta rinnovata di un corpo che serbi
riamente dito che fruoa ed esplora, poi promosso simbo-
nelle sue forme i movimenti fantastici del creatore o del
licamente a emblema ~ociale che indica la classe superio-
lettore (come accade alla Donna romantica dei pittori e
re presso quei popoli che ne lasciano crescere smisurata-
degli scrittori ): è soltanto una cifra, un segno che riman-
mente l'unghia , la quale non deve essere spezzata da nes-
da a una femminilità convenzionale (alla posta di un pat-
sun lavoro manuale ); il piede , certamente, designato una
to sociale): puro oggetto di comunicazione, informazio-
sola volta ma in maniera esemplare (fare di un oggetto
ne chiara, passaggio verso l'intelligibile, non espressi?n_e
il soggettodi una pittura non vuol dire sempre feticizzar-
del sensibile; queste innumerevoli donne non sono 1 n-
lo?) dal delizioso scarpino , insieme giudizioso~ raffin~-
tratti di un'idea, gli schizzi di un fantasma, ma, al contra-
to , puntuto e capricciosamente arricciolato, obliquo e m
rio il ritorno di un morfema identico, che va a prendere
equilibrio, presentato da solo e profilato come una nav~
po~to nella lingua di un'epoca e, costituendone la nostra
o una casa dolce come questa, elegante come quella; il
memoria linguistica, ci permette di parlarequell'epoca(il
sedere infine, sottolineato dal ribollire dello strascico
che è un grande vantaggio): potremmo parlare senza una
che ne parte (nella lettera R dell'alfabeto scritto da Erté ),
memoria dei segni? E non abbiamo bisogno di un segno
ma piu spesso evitato (e quindi sovrasignificato ) e ne~ato
della Donna , della Donna come segno, per parlare di al-
dallo spostamento che l'artista ha imposto allo strascico ,
tro? Erté deve essere onorato come fondatore di segno,
attaccandolo, non piu ai reni, ma alle spalle, come nell~
creatore di linguaggio, al pari del Logoteto, che Platone
paragonava a un dio.
Donna-Guadalquivir. Si tratta di feticci molto comum,
che l'artista mostra , si direbbe, di sfuggita; ma certamen-
te feticcio, per Erté, che ne ha fatto la specialità de_lla
sua opera, è un luogo del corpo che sfugge alla collezio-
ne classica deoli oroani-feticcio, un luogo ambiguo, un
LA SILHOUETTE.
feticcio-limite~ simbbolosuo malgrado, molto piu franca-
mente segno, prodotto dell'arte assai piu che della natu-
ra: feticcio senza dubbio , perché il lettore può, attraver-
Per costruire questo segno femminile è necessario sa-
so esso, manipolare con la fantasia il corpo dell_adon-
crificare quella cosa enorme che è il corpo (come segre-
na tenerlo in dominio , immaginarlo al futuro , coinvolto
to ' luooo che fonda l'inconscio ). Naturalmente , è impos-
b . in 'una scena conforme al suo desiderio e di cui sarebbe
sibile rendere completamente astratta (trasformare m se-
il beneficiario e tutta via negazione del feticcio, perché
gno puro) una rappresentazione del corpo umano: il ra-
invece di risul~are da un'amputazione del corpo (il fetic-
boazzo arriva a soonare
b persino davanti alle tavole anato-
cio è per definizione un pezza), ne è la forma globale,
miche di un dizionario. Cosi, nonostante la sua castità
totale. Questo luogo (questa forma ) intermedio tra il fe-
elegante (ma ostinata), la semantica di Erté, quella che
ticcio e il segno, visibilmente privilegiato da Erté che tor-
potremmo chiamar e la sua somatografia , comporta alcu-
na continuamente a rappresentarlo , è la silhouette.
ni luoghi-feticcio (in verità rari): il dito , tagliato dal cor-
La silhouette, non fosse che per la sua etimologia , è
po (è questo il carattere proprio del feticcio) e di conse-
U n oooetto strano insieme anatomico e semantico: è il
guenza designato dal gioiello che lo circonda all'estremi- Ob ' .
corpo diventato esplicitamente disegno , molto denso m
tà (anziché inanellarlo, come accade di solito) alla ma-
un senso, completamente vuoto in un altro. Questo cor-
niera di una fasciatura fallica (castratrice ), nello stupefa-
po-disegno è essenzialmente (per sua funzione ) un segno
108 LETTURE: IL SEGNO ERTÉ 109
sociale (tale era il senso che i disegnatori del Controllore
generale delle finanze Silhouette gli diedero): ogni ses-
sualità (e i suoi sostituti simbolici) ne è assente; ogni sil- LA CAPIGLIATURA.
houette, anche sostitutivamente, non è mai nuda; non
la si può spogliare, non per eccesso di segreto, ma per -
ché, contrariamente al vero disegno, non è che linea (se- Perché quest'oggetto (che abbiamo chiamato, in man-
gno). Le silhouette di Erté (mai soltanto indicate o ac- canza di meglio, silhouette)? Dove conduce quest'inven-
cennate, anzi ammirevolmente rifinite) sono al limite del zione di una Donna-Abito che non è piu la Donna della
genere: sono adorabili (si può ancora desiderarle ) e tut- Moda, anzi da essa è molto distante? Prima di saperlo
tavia completamente intelligibili (sono segni ammirevol- (e per saperlo) è necessario dire come Erté tratti quel!' e-
mente esatti). Diciamo che rimandano a un rapporto lemento del corpo femminile che è, per la sua natura e
nuovo tra corpo e abito. Hegel ha notato che l'abito per- anche per la sua storia, quasi una promessa di vestito,
me~te il passaggio dal sensibile (il corpo) al significante: cioè la capigliatura. Di questa è noto il ricco simbolismo.
la silhouette di Erté (infinitamente piu meditata del fiou- Antropologicamente, per una metonimia molto arcai-
rino di Moda) avvia un movimento contrario (molto ;iu ca, che ci giunge dal fondo dei tempi, la capigliatura , che
raro): rende l'abito sensibile e il corpo significante: il la religione prescrive alle donne di nascondere (di deses-
corpo è là (designato dalla silhouette) perché l'abito esi- sualizzare) entrando in chiesa, è la Donna stessa, nella
sta; non è possibile infatti pensare un abito senza corpo differenza che la fonda. Poeticamente , è una sostanza to-
(senza silhouette): l'abito vuoto, senza testa e senza tale, vicina alla grande sfera della vita marina o vegetale:
membra (fantasma schizofrenico) è la morte: non l'as- è oceano o.foresta; è per eccellenza l'oggetto-feticcio in
senza neutra del corpo, ma il corpo mutilato, decapitato. cui l'uomo si immerge (Baudelaire ). Funzionalmente è,
In Erté, non è il corpo femminile a essere vestito (abi- del corpo , quello che può diventare subito abito, non
ti, ~ellicce, crinoline, strascichi, baschi, velette, gioielli tanto perché può coprire il corpo , quanto perché assol-
e mille fronzoli barocchi, di un'invenzione e di un fasci- ve, cosi com'è, al compito nevrotico di ooni o
abito che '
no inesauribili), ma l'abito a essere prolungato nel corpo non diversamente dal vergognoso rossore di cui un viso
(?on riempito da lui, perché le figure di Erté, a buon di- s'imporpora, nasconde e insieme sottolinea il corpo. Sim-
ritto non realistiche, sono indifferenti a quanto è dietro bolicamente, infine, è «la cosa che può essere intreccia-
di loro: tutto si inventa, si sostituisce, si sviluppa poeti- ta» (come i peli del pube): feticcio che Freud situa all'o-
camente in superficie ). Questa la funzione della silhouet- rigine della tessitura (istituzionalmente riservata alle
te in Erté: po_rree proporre un oggetto (un concetto, una donne): la treccia si sostituisce al pene mancante (non è
for~a)_ eh~ sia unitario, un misto indissolubile di corpo questa la definizione di ogni feticcio?), in modo che «ta-
e d1 abito, m modo che non si possa né spogliare il corpo gliare la treccia» - sia a livello di divertimento, da parte
né astrarre l'abito: Donna interamente socializzata dal dei bambini nei confronti delle loro sorelline, sia a livello
suo abbigliamento, abbigliamento ostinatamente corpo- di aggressione sociale, come presso gli antichi Cinesi,
reificato dal contorno della Donna. per cui la treccia era appannaggio fallico dei padroni e
invasori Manciu - è un atto castratore. Ora, di capiglia-
ture, quasi non ce n'è, nelle ginecografie di Erté. La mag-
gior parte delle sue donne - è una caratteristica dell'epo-
ca - hanno i capelli corti tagliati alla maschietta , e la ca-
IIO LETTURE: IL SEGNO ERTÉ III

lotte nera, amabilmente serpentina o mefistofelica, che semantica (o almeno, il cui simbolismo non è piu vege-
si limita a sottol ineare graficamente la testa; altrove, tale, organico): l'acconciatura.
quando la capigliatura c'è, essa è immediatamente tra - L'acconciatura (come appendice dell'abbigliamento,
sforma ta in qualcosa d'al,~ro":in piume, che traboccano e non come sistemazione dei capelli) è trattata da Erté
al di sopra della linea bassa dei personaggi per formare in una maniera che possiamo dire implacabile: simile a
tutto un sipario di pennacchi; in perle (dai quattro anelli Johann Sebastian Bach che esauriva attrave rso un moti-
del diadema di Dalila cadono in cascata, strascico, petto- vo tutte le invenzioni, tut ti i canon i, le fughe, i ricercari
rina, braccialetti di perle e persino la doppia catena che e le variazioni possibili, Erté fa partire dalla testa delle
trattiene Sansone accovacciato); in steli, nel gioco alter- sue belle tutte le derivazioni immaginabili: veli orizzon-
nato delle Brune e delle Bionde che offrono al pubblico tali tesi dall'estremità del braccio fin sopra la testa, grossi
soltanto la visione frontale delle loro trecce ondulate (si- tubi di tessuto (o di capelli?) che raggiungono in volute
pario per Manhattan Mary). Erté sa bene tuttavia che co- la vita poi il suolo, cimieri, pennacchi, multipli diademi,
s'è (simbolicamente) una capigliatura: in uno dei suoi di- aureole di ogni forma e di ogni dimensione, appendici
segni deriva e trabocca, dal viso addormentato di una stravaganti (ma eleganti), che eludono il modello storico
donna, una cascata di larghi riccioli, duplicata (ed è que - di cui sono la reminiscenza barocca e smisurata (colbac-
sto il senso dell'oggetto) da una guaina dalle nere volute, co, cappuccio, fontange, pettine sivigliano , chapska,
come se la capigliatura fosse qui ristabilita nel suo am- pschent, eccetera); esse non sono tanto delle acconciatu-
biente naturale, il ribollimento , la vita (la capigliatura re (non s'immagina neppure per un istante che sia pos -
non resta intatta sul cadavere che si decompone e si di- sibile portarle, e cioè toglierle; non si immagina come
sfa?); ma per Erté, nell'interesse del suo sistema (che potrebbero stare su) quanto dei membri supplementari
cerchiamo qui di descrivere), la capigliatura deve far po- destinati a formare un nuovo corpo, inscritto, senza
sto visibilmente a un'appendice meno simbolica e piu romperne l'armonia, nella forma essenziale del primo.
II2 LETTURE: IL SEGNO ERTÉ rr3
La funzione di queste acconciature chimeriche è di as- che parte dal corpo) è lo strumento attraverso cui l'arti-
soggettare il corpo femminile a un'idea nuova (cui pre- sta tenta sul corpo femminile il processo di trasformazio-
sto daremo un nome) e per conseguenza di de-formarlo ne di cui ha bisogno per elaborare, come un alchimista,
(togliendo alla parola ogni senso peggiorativo), sia che un oggetto nuovo, che non è né corpo né abito, e che
la pettinatura, sorta di fiore metà vegetale e metà solare, partecipa tutta via di entrambi.
venga iterata nella parte bassa del corpo e renda cosi ir-
reale il senso ordinario della figura umana, sia che, come
piu spesso avviene, prolunghi la statura sino a raddop-
piarla, e ne raddoppi cosi il potere di estensione e di ar- LA LETTER A.
ticolazione; il viso non è allora che il proscenio impossi-
bile di questa acconciatura smisuratamente alta in cui si
situa l'infinito possibile delle forme e, per uno sposta- Questo oggetto nuovo che Erté fa nascere, chimera
mento parados sale, la stessa espressività della figura: se formata per metà di Donna e per metà di acconciatura
la donna dell'Annunciazione ha, per cosi dire, «i capelli (o di strascico) è la Lettera (la parola deve essere intesa
ritti sulla testa », è perché essi sono anche la cotta dell'an- letteralmente). L 'alfabeto di Erté è, credo, celebre. Si sa
gelo che si spiega nella parte alta della composizione, in che ognuna delle nostre ventisei lettere, nella sua forma
un'apoteosi d 'ali. La duplicazione superiore della figura maiuscola, vi è composta (salvo poche eccezioni, di cui
da parte · dell' acconciatura interessa Erté sino al punto parleremo alla fine) di una donna o di due , la cui posizio-
che ne ha fatto la cellula di un movimento infinito: sul- ne e il cui abbigliamento sono inventati in funzione della
1'alto pschent della faraona è disegnata un'altra faraona; lettera (o cifra) che deve essere figurata, e alla quale la
installata sul vertic e di una piramide di adoratori, la cor- donna (o le donne) è asservita. Chi ha visto l'alfabeto di
tigiana trionfante ha in testa un'alta tiara, ma questa tia- Erté non lo può dimenticare. Non soltanto questo alfa-
ra è a sua volta una donna: la donna e la sua acconciatura beto esercita la sua forza sulla nostra memoria in manie-
(si dovrebbe poter dire: l'acconciatura e la sua donna) ra assai misteriosa (cosa ci spinge a ricordarci insistente-
si modulano cosi incessantemente tra loro e l'una attra- mente di queste Donne-Lettere? ), ma, per una metoni-
verso l'altra. Questo gusto delle costruzioni ascensionali ~ia na!~rale (inevitabile), finisce col dare a tu tta l'opera
(oltre alle pettinature a impalcatura, si guardino la prin- d1 Erte il suo senso: noi vediamo profilarsi dietro ogni
cipessa Budur al Badur , affacciata al suo palanchino e donna di Erté (figurino di moda, bozzetto di teatro) una
sormon tata da un motivo infinitamente aereo, o la Du sorta di spirito della Lettera, come se l'alfabeto fosse il
Barry, con i due angeli disegnati in alto che le sostengo- luogo naturale, originario e quasi domestico del corpo
no o le sfilano le collane) meriterebbe forse una psicana- femminile, e la donna ne uscisse, per occupare la ribalta
lisi, come quelle che faceva Bachelard; ma la verità del di un teatro o un cartone di moda, soltanto provvisoria-
nostro artista non è, come si è già detto , dalla parte del mente e per una licenza temporanea, dop o la quale deve
simbolo; il tema ascensionale è prima di tutto, per Erté, tornare al suo abbecedario di origine; guardate Sansone
la designazione di uno spaz io possibile della linea; spazio e Dalila: niente a vedere con l'alfabeto; e tuttavia i due
in cui essa possa moltiplicare il potere di significazione corpi non si situano forse nello stesso spazio, come due
del corpo da cui è partita. L'acconciatura, accessorio iniziali in un monogramma? Anche al di fuori dell'alfa-
principale (che ha i suoi succedanei nelle sciarpe, negli beto che Erté ha concepito, le donne di Erté restano let-
strascichi, nelle collane e nei braccialetti, in tutto quello tere; semmai esse sono, talvolta, lettere sconosciute, let -

l
II4 LETTURE: IL SEGNO ERTÉ II5
tere di una linoua mai udita, che il nostro particolarismo dalla minigonna o dal vestito a sacco. Tempo perduto:
ci impedisce di parlare; la serie di opere in lamiera taglia- nessuno può rispondere; al di fuori di stereotipi, nes-
ta (poco conosciute) non ha forse l'omogeneità, la ric- sun discorso si può fare sulla moda finché la si ritiene
chezza di variazioni e lo spirito formale di un alfabeto una espressione simbolica del corpo: essa vi si rifiuta,
inedito, che si avrebbe voglia di compitare? Queste pit- ostinatamente, ed è normale: scegliendo di produrre il
ture sono, come si dice, non figurative, e proprio per segno della Donna (o la Donna come segno), essa non
questo sono votate all'alfabeto (e sia pure a un alfabeto può percorrerne, approfondirne, descriverne la capaci-
sconosciuto); perché la lettera è il luogo in cui convergo- tà simbolica; al contrario di quanto ci vogliono far cre-
no tutte le astrazioni grafiche. dere (e a meno di non avere dell'erotismo un'idea
Nell'alfabeto oeneralizzato di Erté c'è scambio dialet- poco esigente ) la moda non è erotica; essa cerca la
tico: la Donna s;mbra prestare alla Lettera la sua figura; chiarezza, non la voluttà; la cover -girl non è atta a sti-
ma reciprocamente, e con sicurezza molto maggiore, la molare fantasie: è troppo occupata a costituirsi in se-
Lettera conferisce alla Donna la sua astrazione : figuran- gno: impossibile vivere (immaginariamente ) con lei,
do la lettera, Erté infigura la donna (ci si permetta questo basta decifrarla, o piu esattamente (giacché in lei non
barbarismo, necessario poiché Erté toglie alla donna la c'è segreto): darle un posto nel sistema generale dei
sua fioura - o almeno la fa svaporare - senza sfigurarla): segni che rende il nostro mondo intelligibile, e quindi
uno slittamento continuo si impadronisce delle figure di vivibile.
Erté· trasforma le lettere in donne, ma anche le gambe È dunque un'illusione credere che la moda sia osses-
neoli elementi verticali delle lettere. Si capisce ora l'im- sionata dal corpo. La moda è ossessionata da un'altra
po;tanza della silhouette nell'arte di Erté (già si è parlato cosa, che Erté ha scoperto con la lucidità estrema dell' ar-
del suo senso ambiguo: simbolo e segno, feticcio e mes- tista: la Lettera, l'inscrizione del corpo in uno spazio si-
saggio): la silhouette è un prodotto essenzialmente grafi- stematico di segni. Può darsi che Erté abbia creato una
co: essa fa del corpo umano una lettera in potenza, essa moda (quella del r925), nel senso contingente del termi-
chiede di essere letta. ne; ma la cosa piu importante è che ha riformato (nella
Questo ecumenismo della lettera in Erté, che fu all' o- sua opera, e anche se, in questo, come ogni vero innova-
ri ooine un diseonatore
o di moda , ci porta alla salutar e. ret- tore, è stato poco seguito) l'idea di moda, trascurando
tifica di un luogo comune: che la moda (la raffiguraz1one l'illusione femminista di cui si compiace l'opinione cor-
stilizzata delle innovazioni nell'abbigliamento femmini- rente (quella, per esempio, della cultura di massa) e spo-
le) si colleghi per sua natura ad una certa filosofia della stando tendenzialmente il campo simbolico dalla Donna
Donna: tutti pensano (disegnatori e giornalisti) che la alla Lettera. Certo , la Donna è presente nell'opera di
moda sia al servizio della Donna eterna , come una sacer- Erté (e persino onnipresente ), ma essa ne è soltanto il
dotessa che dia voce a una religione. I sarti non sono for- tema, non il luogo simbolico. Interrogare le donne di
se dei poeti che scrivono di anno in anno, di strofa in Erté non servirebbe a niente; l'unica risposta che esse
strofa, un inno in gloria del corpo femminile? Il rappor- possono dare è in loro stesse, poiché non sono piu loqua-
to erotico della Donna e della moda non è forse sconta- ci (simbolicamente ) di un lessico, che dà la definizione
to? Cosi, ogni volta che la moda cambia in maniera no- (tutto sommato tautologica ) di una parola, e non il suo
tevole (passa per esempio dal lungo al corto ), si vedono avvenire poetico. Proprietà del significante è essere un
i giornalisti affrettarsi a interro gare gli psicologi e i socio- punto di partenza (di altri significanti); e il punto di par-
logi per sapere che nuovo tipo di donna sta per nascere tenza significante, in Er té, non è la Donna (essa non di-

l
n6 LETTURE: IL SEGNO ERTÉ II7
venta altro fuorché la propria capigliatura, è il semplice moderno torna alla lettera, che non è piu evidentemente
emblema della femminilità mitica ), ma la Lettera. quella della filologia. Da una parte, rettificando il postu-
lato della linguistica che subordina tutto il linguaggio
alla sua forma parlata e fa della lettera la semplice tra-
scrizione di un suono, la filosofia (con Jacques Derrida,
LA LETTERA, LO SPIRITO, LA LETTERA. autore di un libro che si intitola precisamen·te De la
grammatologie) oppone alla parola un essere della scrit-
tura: la lettera, nella sua materialità grafica, diventa allo-
Per molto tempo, partendo da un celebre aforisma ra un elemento ideale irriducibile, legata alle esperienze
del Vangelo, la Lettera (che uccide ) è stata opposta allo piu profonde dell'umanità (come si vede bene in Orien-
Spirito (che vivifica). Da questa Lettera (che uccide ) te , dove la calligrafia detiene un vero e proprio potere
sono nate nella nostra civiltà un gran numero di micidiali di incivilimento ). D 'altra parte la psicanali si (nelle sue
censure (quanti sono stati i morti, nella nostra storia, ad ricerche piu recenti ) mostra bene che la lettera (come
esempio nella storia della nostra religione, per un sen- fatto grafico, e sia pure d'origine sonora ) è un grande
so?), che si potrebbero raggruppare, estendendone un crocevia di simboli (verità presentita da tutta una lette-
poco il valore, sotto il nome generale di.filologia; custode ratura barocca e dall'intera arte della calligrafia), punto
severa del senso vero (univoco, canonico), questa Lette- di partenza e d'incontro di metafore innumerevoli.
ra ha tutte le funzioni del Super-io, il cui primo compito, L'impero di questa nuova lett era, di questa lettera se-
di negazione, è evidentemente quello di respingere ogni conda (opposta alla lettera letterale, quella che uccide )
simbolismo; chi pratica questa Lettera micidiale è colpi- deve ancora essere descritto: da quando l'umanità scri-
to da una malattia mortale del linguaggio, l'asimbolia ve, di quanti giochi la lettera non è stata il punto di par-
(mutilato di ogni attività simbolica, l'uomo morir ebbe tenza! Prendete una lettera: vedrete il suo segreto ap-
subito; se l'asimbolico sopravvive, è perché la negazione profondirsi (e non chiudersi mai) nel corso di associazio-
di cui si fa sacerdote è anch'essa un'attività simbolica che ni (di metonimie ) infinite in cui ritroverete tutto il mon-
non osa dire il suo nome). do: la sua storia , la vostra , i grandi simboli , la filosofia
Era dunque , a suo tempo , una misura vitale opporre del vostro nome (attra verso le sue iniziali), eccetera. Pri-
a questa lettera micidiale i diritti dello spirito. Lo spirito ma di Erté (ma si tratta di un 'epoca nuova , tanto è di-
non è qui lo spazio del simbolo , ma soltanto quello del menticata ) il Med ioevo ha depositato un tesoro di espe-
senso: lo spirito di un fenomeno , di una parola, è sempli- rienz e, di sogni, di sensi, nel lavoro dei suoi onciali, e
cemente il suo diritto ad avviare un processo di significa- l'arte grafica, se potessimo scuotere il giogo empirista
zione (mentre la letteralità è precisamente rifiuto a impe- della nostra società, che riduce il linguaggio a un sempli -
gnarsi in un processo di significazione): lo spirito (oppo- ce strumento di comunicazione , dovrebbe essere l'arte
sto alla lettera ) è dunque diventato il valore fondamen- piu importante, quella in cui viene oltrepassata l'opposi-
tale delle ideologie liberali; il diritto all'int erpretazione zione futile del figurativo e dell'astratto: perché una let-
è posto al servizio di una verità spirituale , ma questa ve- tera vuol dire e non vuol dire insieme , non imita e tutta-
rità si conquista contro la sua apparenza (contro l'essere- via simbolizza, mette contemporaneamente alla porta
là della cosa), o al di là di questa apparenza, abito che l'alibi del realismo e quello dell'estetismo.
bisogna eliminare per non tenerne piu conto.
E tuttavia , con un secondo rovesciamento , lo spirito

L
u8 LETTURE: IL SEGNO ERTÉ u9
sure, non ha fatto che ascoltare il doppio che era intessu-
to, senza che lo sapesse, nell'enunciato corrente, mon-
R.T. dano della sua identità; attraverso questo procedimento
profetico egli designava già l'oggetto permanente della
sua opera: la lettera; la lettera , dovunque sia (e a piu
Saussure è conosciuto per il suo Corso di linguistica forte ragione nel nostro nome), fa sempre segno, come
generale, da cui è derivata una buona parte della lingui- quella donna che, tenendo un bell'uccello in ognuna del-
stica moderna. Si comincia a indovinare tuttavia, da al- le sue mani e sollevando inegualmente le braccia, fa esi-
cune pubblicazioni frammentarie, che il progetto mag- stere la F dell'alfabeto di Erté: la donna fa il seono e il
giore dello scienziato ginevrino non era per niente quello segno fa segno: una sorta di arte della scrittura è f~ndata
di fondare una nuova linguistica (teneva in poco conto in cui il segno può continuamente liberarsi. '
il suo Corso), ma di sviluppare ed imporre agli altri scien-
ziati (molto scettici ) la scoperta che aveva fatto e che os-
sessionò la sua vita (molto piu della linguistica struttura- L'ALFABETO.
le): e cioè che esiste, intrecciato nei versi delle antiche
poesie (vedica, greca, latina), qualche nome (di dio, di
eroe), messo là dal poeta in maniera un po' esoterica e Erté ha composto un alfabeto. Nell'alfabeto, la lettera
tuttavia regolare, tanto da poter essere scoperto per se- assume la sua accezione primordiale (ordinariamente
lezione successiva di alcune lettere privilegiate. La sco- viene data come maiuscola ), è offerta nel suo stato prin-
perta di Saussure è, insomma, che la poesia è doppia: ceps, rafforza la sua essenza di lettera: è la lettera pura ,
linea su linea, lettera su lettera, parola su parola, signifi- al riparo da ogni tentazione che la incatenerebbe e la dis-
cante su significante. Questo fenomeno anagrammatico solverebbe nella parola (cioè in un senso contingente ).
Saussure, dopo averlo percepito, ha creduto di ritrovar- Claudel diceva del carattere cinese che possede va un es-
lo dappertutto; ne era assediato; non poteva leggere un sere schematico, una persona scritturale. Attra verso il
verso senza udire nel fruscio del primo senso un nome suo lavoro poetico , Erté fa di ognuna delle nostre lettere
solenne, formato dalla federazione di alcune lettere in occidentali un ideogramma, vale a dire un elemento
apparenza disperse entro il verso. Diviso tra la sua ragio- grafico che basta a se stesso, e mette alla porta la parola:
ne di scienziato e la certezza di questo secondo ascolto, chi avrebbe voglia di scrivere una parola con le lettere
Saussure fu molto tormentato: temeva di passare per di Erté? Sarebbe un controsenso ; la sola parola , il solo
pazzo. Tuttavia - che ammirevole verità simbolica! Il sintagma composto da Erté con le sue lettere, è il suo
senso non è mai semplice (salvo in matematica ), e le let- nome, cioè ancora due lettere. C'è nell'alfabeto di Ert é
tere che formano una parola, benché ognuna di esse sia una scelta che rinnega la frase, il discorso. Ancora Clau-
razionalmente insignificante (la linguistica ci ha ripetuto del ci aiuta a scuoterci di dosso quella pigrizia che ci fa
abbastanza che i suoni formano unità distintive, e non concepire le lettere soltanto come elementi iner ti di un
unità significanti, contrariamente alle parole ), cercano in senso sorto per combinazioni e accumulazioni di forme
noi, senza tregua, la loro libertà , che è di significare altro. neutre, e ci aiuta a capire che cosa può essere una lettera
Non è forse un caso se, agli inizi della sua carriera, Erté solitaria (di cui l'alfabeto ci garantisce la solitudine ): «La
ha preso le iniziali dei suoi due nomi e ne ha fatto un lett era è per sua essenza analitica: ogni parola che costi-
terzo, che è divenuto il suo nome di artista: come Saus- tuisce è un'enunciazione successiva di affermazioni
120 LETTURE: IL SEGNO ERTÉ 121
compitate dall'occhio e dalla voce: all'unità essa aggiun- della lettera, sui tesori del simbolo. Ecco perché, al di là
oe su una stessa rioa l'unità, e il vocabolo precario si fa della loro grazia, della loro invenzione, della loro qualità
"e si modifica in una " perpetua variazione» . La lettera di estetica, o piuttosto attraverso queste proprietà, non
Erté è un'affermazione (sia pure piena di grazia), essa oscurate da alcuna intenzione di senso (di discorso), le
viene prima della precarietà della parola (che si disfa di lettere di Erté sono degli oggetti felici. Simile alla buona
combinazione in combinazione): sola, essa cerca di svi- fata che, toccando per gentilezza d'animo il bambino con
lupparsi non verso le sue sorelle (lungo la frase) ma verso la bacchetta, faceva cadere rose dalla bocca mentre par-
la metafora senza fine della sua forma individuale: via lava (in luogo dei rospi della sua malvagia rivale), Erté ci
profondamente poetica, che non porta al discorso, al lo- porta in dono la lettera pura, che non è ancora compro-
gos, alla ratio (sempre sintagmatici), ma al simbolo infi- messa da alcuna associazione e non è perciò toccata da al-
nito. Ecco il potere dell'alfabeto: ritrovare una sorta di cuna possibilità di errore: incorruttibile e piena di grazia.
stato naturale della lettera. Perché la lettera, se è sola, è
innocente: l'errore, gli errori cominciano quando si alli-
neano le lettere per farne delle parole (quale mezzo mi-
oliore di por fine al discorso di un altro del disfare la LA SINUOSA.
;arola e di farla tornare alla lettera primordiale, come è
ben detto nella locuzione popolare: n, i, ni, c'est fini?)
Mi si permetta qui una breve digressione personale. La materia con cui Erté fa la lettera è, l'abbiamo det-
L'autore di queste pagine ha sempre provato una viva to, un misto di donna e di abbigliamento; il corpo e l'a-
scontentezza di se stesso per non riuscire a evitar di fare bito sono sostituibili; l'appendice dell'abbigliamento evi-
oli stessi eterni errori di battitura ricopiando un testo a ta alla donna ogni posizione acrobatica senza che essa
~acchina. Questi errori sono, banalmente, omissioni o perda niente della sua femminilità, come se la lettera fos-
aggiunte: diabolica, la lettera è o in piu o in meno; l'errore se «naturalmente» femminile. Le cose che contribuisco-
piu scaltro (che deforma la parola nella maniera piu per- no a formare la lettera sono numerose e diverse: ali,
fida), e anche il piu frequente, è la metatesi: quante volte code, cimieri, pennacchi, capelli, sciarpe, volute di
(senza dubbio animato di un'irritazion e incosciente con- fumo, palloni, strascichi, cinture, veli; questi «mutanti»
tro delle parole che mi erano familiari, e di cui per conse- (essi realizzano la mutazione della donna in lettera) non
ouenza mi sentivo prigioniero ) non ho scritto sturcture hanno semplicemente il compito di dare forma (con i
(per structure), susbtituer (per substituer), trasncription loro complementi, le loro correzioni, aiutano a creare
(per transcription)? Ognuno di questi errori, a forza di ri- geometricamente la lettera), ma partecipano anche a una
petersi, assume una fisionomia bizzarra, personale, male- congiura: permettono, attraverso il richiamo a un ogget-
vola, mi indica che c'è qualcosa in me che resiste alla pa- to grazioso o culturale (familiare), di esorcizzare le catti-
rola e che la castiga sfigurandola. In un certo senso, è con ve lettere (che non mancano): Tè un segno funesto: è
la parola, con la successione intelligibile delle letter e, che un patibolo, una croce, uno stru mento di supplizio; Erté
il male comincia. Cosi, anteriore o esterno alla parola, ne fa una ninfa primaverile, floreale, dal corpo nudo,
l'alfabeto realizza una sorta di stato edenico del linguag- dalla testa coperta di un velo leggero; là dove l'alfabeto
gio: è il linguaggio prima della cadu_ta,perché è il lin~uat letterale dice: braccia in croce, l'alfabeto simbolico di
oio prima del discorso, prima del smtagma, e tutta via g1a Erté dice: braccia offerte, impegnate in un gesto insieme
interamente aperto, a causa della ricchezza sostitutiva pudico e accondiscendente. Erté fa con la lettera quello
122 LETTURE: IL SEGNO

che il poeta fa con la parola: un gioco. Il gioco riposa


su un meccanismo semantico molto semplice: un solo e
unico significante (una parola) prende simultaneamente
due significati differenti, in modo che l'a scolto della pa-
rola è diviso: si apre un doppio ascolto. Installato nel
campo simbolico Erté pratica, se cosi si può dire, la dop-
pia visione: voi percepite, a vostro piacere, la donna o
la lettera, e, in un secondo tempo, il loro concatenamen-
to. Guardate la cifra 2: è una donna inginocchiata, è un
lungo pennacchio in forma di punto interrogativo, è il
2 ; la lettera è una forma totale e immediata, che perde-
rebbe il senso che le è proprio se l'anali zzassimo (confor-
memente alla teoria della Gestalt), ma è nello stesso tem-
po una sciarada, cioè un amalgama analitico di parti di
cui ciascuna ha già un senso. Come nei poeti barocchi che il poeta cattolico dava a questa linea, contrassegnata,
o nei pittori sovraimpressivi, ad esempio Arcimboldo, il a suo parere , da una «inviolabile rettitudine». Guardate
procedimento di Erté è tor tuoso : fa funzionare il senso l'l: questa giovane eretta nel suo vaso ha, sembra, qual-
a livelli irrazionalmente contraddittori (perché apparen- che cosa di primordiale, come se nascere fosse per prima
temente indipendenti ): quello del tutto e quello delle cosa incarnarsi nella semplicità elementare della linea
parti; Erté ha il colpo di spirito (nello stesso senso in cui dritta; ma completate l' 1 con la I che gli è molto vicina:
si dice: il colpo d'occhio)che spalanca con un solo gesto la donna vi apparirà decapitata, il puntino della I sepa-
il mondo del significante , il mondo del gioco. rato dal tronco: alle lettere diritte e nude, troppo sempli-
Questo gioco si fa a partire da poche forme semplici, ci, manca , si direbbe, la rotondità della vita; sono, ten-
da forme-archetipo (ogni lettera le suppone ). Rileggia- denzialmente, letter e morte; questo senso è corroborato
mo Claudel: «Ogni scrittura comincia dal tratto o linea da due allegorie esplicite: la Tristezza e l'Indzfferenza
che, unico, nella sua continuità, è il segno puro dell'in - sono per Erté delle verticali eccessive, parossistiche: la
dividuo. La linea è dunque o orizzontale, come ogni cosa cosa triste , e che ripugna, è di essere troppo diritti, esclu-
che trova una ragione d'essere sufficiente nell'essere pa- sivamente diritti: buona intuizione psicologica: la linea
rallela al suo principio; o, verticale, come l'albero e l'uo- retta verticale è ciò che divide, il filo, la lama, ciò che
mo, indica l'atto e pone l'affermazione; o, obliqua, con- provoca la fenditura separatrice (schizein vuol dire in
trassegna il movimento e il senso». Nei confronti di que- greco: fendere) da cui è marchiato (e definito ) lo schizo-
sta analisi, Erté apparirà poco claudeliano (c'era da frenico, triste e indiffere nte. Vi sono delle oblique, nel-
aspettarselo). Ci sono nel suo alfabeto poche orizzontali 1'alfabeto di Erté (come si potrebbero far le lettere senza
(appena due linee di ali o di uccelli, nella E e nella F, di esse?) L'obliquità porta Erté a invenzioni inattese:
una capigliatura che si leva in volo nel 7, una gamba nella velo trasve rsale nella N, corpo piegato indietro nella Z,
A); Erté è poco tellurico, poco fluviale, gli arcani della corpo spezzato e espulso nella K; ma questa linea, di cui
cosmogonia religiosa non lo ispirano, il principio extrau- Claudel faceva il simbolo naturale del movimento e del
mano non è il suo forte. Quanto alle verticali, esse non senso, non è la preferita di Erté. Allora? Due linee indif-
hanno in lui il senso ottimista, volontarista e umanistico ferenti (l'orizzonta le e l'obliqua ) e una cattiva (la vertica -
ERTÉ 125

po accentua il restringersi del naso, le sue ali sono le guan-


ce, essa abita nello scarto tra i due occhi), tutta la Ma-
schera è come una stoffa in cui è scritta, alla maniera ci-
nese , una S doppia, simmetrica e inversa, le cui quattro
volute terminali vi guardano ancora (non si dice forse:
l'occhio della voluta?): perché lo sguardo non è diritto
che per una astrazione ottica: guardare è stabilire un cir-
cuito, un ritorno; questo dicono contemporaneamente
la S dell'occhio e la Maschera, schermo che vi guarda.

PUNTI DI PARTENZA.

le); dov'è dunque la felicità di Erté (e la nostra)? La Le lettere di Erté sono «poetiche». Cosa significa? Il
struttura risponde, corroborando l'evidenza: si sa che in «poetico» non è una qualche impressione vaga, una sor-
linguistica il paradigma ideale comporta quattro termi- ta di valore indefinibile a cui ci si riferisca per sottrazione
ni: due termini polari (A si oppone a B), un termine mi- del prosaico. Il «poetico» è esattamente la capacità sim-
sto (A e B insieme ) e un termine neutro o zero (né A né bolica di una forma; questa capacità ha valore se permet-
B); le linee primordiali della scrittura trovano facilmente te alla forma di «partire» in un nume ro molto alto di
posto in questo paradigma: i due termini polari sono l'o- direzioni, e di manifestare cosi in potenza il progredire
rizzontale e la verticale; il termine misto è l'obliqua, infinito del simbolo, cui non si può mai dare un signifi-
compromesso tra le due prime ; ma qual è il quarto ter- cato ultimo e che è in definitiva sempre il significante di
mine, il termine neutro , la linea che rifiuta insieme l'oriz- un altro significante (per questa ragione il vero antonimo
zontale e la verticale? È quella che preferisce Erté, è la del poetico non è il prosaico , ma lo stereotipo). È dun-
Sinuosa; visibilmente per lui essa è l'emblema della vita; que vano voler stabilire una lista canonica dei simboli
non della vita bruta, elementare, nozione metafisica liberati da un'opera: solo le banalità sono suscettibili di
estranea all'universo di Erté, ma della vita raffinata, civi- inventario perché esse sole sono finite. Non è nostro
le, sociale, che il tema femminile permette di «cantare» compito ricostruire una tematica di Erté; ci basta affer-
(come si diceva dell'antica poesia; e cioè: di cui la donna mare la capacità delle sue forme di costituirsi come pun-
permette di parlare, che apre alla parola grafica): come to di partenza, che è anche la capacità di costituirsi come
valore culturale (e non piu «naturale»), la femminilità è punto di ritorno, poiché il tracciato simbolico è circolare
sinuosa: la forma-archetipo della S permette di scrivere e ciò verso cui ci trascina Erté è forse la stessa cosa a par-
l'Amore, la Gelosia, la dialettica del sentimento vitale, o, tire dalla quale l'invenzione della lettera si sviluppa: la
se si preferisce un termine piu psicologico (tuttavia sem- O è una bocca , sicuro, ma i due acrobati senza né sopra
pre materiale ): la duplicità. Questa filosofia della sinuosi- né sotto che la formano, vi aggiungono il segno dello
tà si esprime nella Maschera (il Mistero della Maschera è sforzo, vale a dire l'ango lo piatto con cui l'uomo modifi-
il titolo di una composizione di Erté ): oltre al fatto che ca la linea chiusa delle sue labbra per vivere; quanto allo
la Donna è, se cosi si può dire, sulla Maschera (il suo cor- zero, altra O, è ancora la bocca, ma questa bocca tiene
ERTÉ 127

lica, di cui il lettore (o l'amatore ) deve lasciare che si svi-


luppi in lui il gioco.

M.

E tuttavia , è noto che produrre dei simboli non è mai


un atto spontaneo; l'affermazione poetica si appoggia su
delle negazioni, delle smentite che l'artista imprime al
senso piattamente culturale della forma: la creazione
simbolica è una battaglia contro gli stereotipi. Erté disfa
il senso primo di certe lettere. Guardate la sua E (impor-
tante perché fa parte del suo nome scritto ); questa lette-
una sigaretta e può cosi metonimicamente incoronarsi ra è graficamente giudicata aperta, con i suoi tre rami,
di un'altra bocca , filo di fumo blu che sfugge da una verso il seguito della parola; va in avanti, come si dice ;
commessura per raggiungere l'altra: due punti di parten- senza sfigurarla, Erté ribalta il suo tropismo; la parte po-
za per una forma che è in fondo la stessa; K, occlusiva, steriore della lettera diventa la fronte; la lettera guarda
fa partire i due trattini obliqui della sua forma grafica verso sinistra (regione lasciata alle spalle, secondo il senso
da una sorta di schiaffo (claque), che il tratto rigido della della nostra scrittura ), si sfilaccia verso il suo passato,
sua prima linea impone, per rimbalzo, alla parte poste- come se lo strascico e le ali delle sue due donne fossero
riore della donna (qui è la fonetica della lettera che è presi da un vento contrario. Guardate ancora la Q, let-
sfruttata , poiché la claque è parola onomatopeica: verità tera che inevitabilmente suona male in francese , e di
linguistica, poiché noi sappiamo ora che esiste un simbo- conseguenza un poco tabu: è una delle piu graziose che
lismo fonetico e anche, per certe parole, una semantica Erté abbia immaginato: du e uccelli formano un cerchio ,
dei suoni ); L è il legam e (o la liana ), donna che tiene al dai loro becchi congiunti fino alla estremità delle loro
guinzaglio una pantera sdraiata, donna-pantera, mito lunghe code che si incrociano per formare la virgola che
dell'asservimento fatale; D è Diana , notturna , lunare, differenzia la Q dalla O. Al di là di quest e accentuazioni
musicale e cacciatrice; piu sottilmente , nella N , che è la euforiche , Erté prende le sue distanze da tutta una mito-
lettera speculare per eccellenza, perché, vista in uno logia della lettera superbamente poetica , ma anche un
specchio, il suo tratto obliquo è rovesciato senza che la po ' troppo conosciuta: quella che Rimbaud ci ha lasciato
sua figura generale sia modificata e senza che essa cessi nel suo sonetto delle Vocali: A non è per Erté un «golfo
di essere leggibile, due stele, due busti simmetrici scam- d'ombra, un nero corsetto vellutato» , ma l'inarcarsi gial-
biano un velo mediatore: uno si spoglia di ciò di cui l'al- lo di due corpi faccia a faccia, le cui gambe a squadra
tro si riveste, ma potrebbe essere il contrario. Cosi si traggono dalla loro posizione acrobatica un'idea di ten-
comportano le lettere di Erté, insieme donne, abito, ac- sione costruttiva ; E, angelica e femminile, non è «la lan-
conciature, gesti e linee: ognuna è insieme la sua propria cia dei fieri ghiacciai» ; I, benché la testa decollata dal
essenza (per immaginare una lettera bisogna coglierne corpo savio e modesto conferisc a alla sua rettitudine ,
l'archetipo ) e il punto di partenza dell'avventura simbo - come si è detto, un sospetto di inqui etudine , non è per
128 LETTURE: IL SEGNO ERTÉ 129

niente porpora (non c'è mai sangue nell'opera di Erté); posteriore quello che sembra eludere nella sua parte an-
U, i cui due rami chiudono, come quelli di due vasi co- teriore. La stessa materialità (che non smette mai di es-
municanti, due donne fulve, non è il ciclico contrasse- sere elegante) nella S: si tratta di una donna sinuosa, in-
gno impresso dall'alchimia sulle grandi fronti studiose; scritta nel contorno della lettera, nel suo ribollimento
e la O di Erté , linea disegnata nell'aria come la figura di rosa; si direbbe che il giovane corpo nuoti in qualche
due acrobati, non è per niente «il supremo squillo pieno sostanza primordiale , effervescente e liscia insieme, e
di strani stridori», non è l'omega, «foco lare del Raggio che la lettera sia nel suo complesso una sorta d'inno pri -
violetto dei Suoi Occhi», ma soltanto la bocca, aperta maverile all'eccellenza della sinuosità, linea della vita.
per sorridere, baciare o parlare. Per Erté infatti - biso- Tutta diversa una lettera vicina, sorella gemella e tuttavia
gna insistervi ancora - lo spazio dell'alfabeto, anche nemica della S: la Z; Z non è forse una S rovesciata e
quando la lettera si ricorda della sua fonetica, non è so- angolata, vale a dire negata? Per Erté , è una lettera do-
noro ma grafico; si tratta soprattutto di un simbolismo lente , crepuscolare, velata , bluastra, nella quale la donna
delle linee, non dei suoni: a «partire» è la lettera, non esprime contemporaneamente la sua sottomissione e la
il fonema; o semmai quel qualcosa che, prima di identifi- sua supplica (anche per Balzac si trattava di una lettera
carsi con un suono chiaro, è un comportamento musco- cattiva, come spiega nella sua novella Z. Marcas).
lare che si realizza per noi attraverso movimenti di occlu- C'è infine, nella cosmografia alfabetica di Erté, una
sione, di concentrazione e di rilassamento (è questo il lettera singolare, la sola, credo, che niente debba alla
lavoro dell'acrobata, figurato nella O , nella A, nella X, Donna o ai sostituti favoriti , l'angelo e l'uccello. Questa
nella Y, nel 4). Erté lo cerca sempre dalla parte della li- lettera inumana (poiché non è piu antropomorfa) è fatta
nea, del tratto , dell'unità grafica; il suo simbolismo è di fiamme fulve: è una porta che brucia divorata dal fuo-
contenuto, ma si impadronisce di un'arte abbandonata co: la lettera dell'amore e della morte (almeno nelle no-
dalla nostra alta cultura: l'arte tipografica. Radicata in stre lingue latine ), la lettera popolare del nero affanno,
questa arte, la lettera, distaccandosi dal suono, o almeno fiammeggia sola, in mezzo a tante Donne-Lettere (come
subordinandoselo, incorporandolo alle sue linee, libera si dice: Filles-Fleurs), come l'assenza mortale di quel cor-
un proprio simbolismo di cui il corpo femminile diventa po di cui Erté ha fatto l'oggetto piu bello che si possa
il mediatore. Finiremo con quattro lettere di Erté che immaginare: una scrittura.
realizzano esemplarmente questo sviluppo metaforico,
in cui si intrecciano il suono e la linea. R è, foneticamen-
te , un valor e grasso (anche se talvolta i parigini in primo
luogo , e poi i francesi, se ne dimenticano ): R è un suono
rurale, terrestre , materiale: R scorre (per Cratilo, il dio
logoteto ne aveva fatto un suono fluviale); da una donna
nuda, che ci viene mostrata in punta di piedi, nonostante
il gesto meditativo della mano alzata, sboccia posterior-
mente tutta una larga onda di stoffa (o di capigliatura:
sappiamo che non si può e non si deve distinguere ), la
cui curva marcata, appoggiandosi alle natiche, secondo
una forma antica, forma le due volute della R, come se
la donna designasse abbondantemente nella sua parte
ARCIMBOLDO 131

Arcimboldo ovvero Retore e mago


Nella figura dell'Autunno l'occhio (terribile) è una
piccola prugna. In altre parole, la «prunelle» botanica
diventa pupilla, cioè «prunelle» oculare (in francese
perlomeno ). Si direbbe che, come un poeta barocco, Ar-
cimboldo sfrutti le «curiosità» della lingua, giochi con
sinonimia e omonimia. La sua pittura ha un fondo lin-
guistico, la sua immaginazione è poetica in senso pro-
prio: non crea i segni, li combina, li permuta, li svia
(comp ie, insomma, il lavoro di ogni operaio della lin-
Ufficialmente, Arcimboldo era il ritrattista di Massi- gua).
miliano. Tuttavia la sua attività esorbitò dai confini della
pittura: compose blasoni, stemmi ducali , cartoni di ve- Prendere una metafora banale della lingua e sfruttar-
trate e di tappezzerie, decorò casse d'organo , giunse a ne all'infinito il senso letterale: questo uno fra i procedi-
proporre un metodo colorimetrico di trascri zione musi- menti del poeta Cyrano di Bergerac. Se la lingua dice
cale, che permetteva di rappresentare «una melodia con «morire di dolore», Cyrano immagina la storia di un
piccole macchie di colore su un foglio»; fu soprattutto condannato a cui i carnefici fanno ascoltare arie cosi lut-
un giocoliere e un «animatore» della vita di corte: orga- tuose che egli ne muore per il dolore della propria mor-
nizzò e mise in scena intermezzi, inventò giostre. Le sue te. Arcimboldo opera al modo di Cyrano. La lingua par-
Teste Composte, fabbricate per venticinque anni alla lata paragona (come fa spesso) un copricapo a un piatto
corte degli imperatori di Germania, erano un gioco di capovolto? Arcimboldo prende il paragone alla lettera,
società. Durante la mia infanzia, ogni partecipante al lo trasforma in identificazione: il copricapo diventa piat-
gioco delle Famiglie , tenendo in mano le carte illustrate, to, il piatto cimiero («celata», « salade»). Il procedimen-
chiedeva agli altri, una dopo l'altra, le figure della Fami- to ha due tempi: dapprima si attiene al puro buon senso,
glia che doveva riunire: il Salumiere, la Salumiera, il Fi- proponendo la cosa piu banale del mondo: un'analogia;
glio, la Figlia, il Cane, ecc. Non diversamente, davanti poi però l'analogia diventa folle, perché, sfruttata radi-
a una Testa Composta di Arcimboldo, mi trovo a rico- calmente, è spinta fino a distruggersi come analogia: il
struire la famiglia dell'Inverno: qui domando un Ceppo, confronto si fa metafora: il cimiero non è piu come un
là un'Edera , un Fungo, un Limone , la Stuoia di una ser- piatto, è un piatto. Tuttavia (ultima sottigliezza) Arcim-
ra, fino ad avere sotto gli occhi tutto il tema invernale , boldo mantiene separati i due termini dell'identificazio-
tutta la «famiglia» di prodotti della stagione morta. O ne (cimiero e piatto ): da una parte vedo una testa, dal-
ancora, con Arcimboldo, si gioca al gioco del Ritratto l'altra il contenuto di un piatto; l'identità dei due oggetti
Cinese: qualcuno esce dalla stanza, l'assemb lea decide non dipende dalla simultaneità della percezione, ma dal-
il personaggio da indo vinare , e chi interroga, quando la rotazione dell'immagine, presentata come reversibile.
rientra, deve risolvere l'enigma attraverso un gioco pa- La lettura ruota senza punti morti; soltanto il titolo in-
ziente di metafor e e di metonimie: - Fosse una guancia, terviene a fermarla e fa del quadro il ritratto di un cuoco
che cosa sarebbe? - Una pesca. - Fosse un collaretto? (dall'utensil e professionale , il piatto, si inferisce metoni -
- Delle spighe di grano maturo. - Fosse un occhio? - micamente l'uomo). E poi (ancora una ricaduta del sen-
Una ciliegia. - Ci sono: è l'Estat e. so): perché questo cuoco ha l'aria feroce di un soldatac-
LETTURE: IL SEGNO ARCIMBOLDO 1 33

cio dalla carnagione di rame? Perché il metallo del piatto


fa pensare a un'armatura (un cimiero, appunto) e la cot-
tura delle carni evoca il colorito acceso di chi si esercita
all'aria aperta. Straordinario soldato, d'altronde, con il
risvolto del copricapo ornato da una delicata fettina di
limone! E cosi via: la metafora gira su se stessa, in un
movimento centrifugo: schizzi di senso, all'infinito.

È il piatto che fa il cappello, è il cappello che fa l'uo-


mo. Curiosamente, proprio quest'ultima proposizione è
il titolo di un collage di Max Ernst (1920) in cui i profili
umani risultano da un complicato incastro di copricapi.
Anche qui la rappresentazione barocca ruota intorno
alla lingua e alle sue formule. Dietro il quadro ronza la
musica delle frasi fatte: lo stilefa l'uomo; lo stile è il sarto
(Max Ernst); dall'operasi conoscel'operaio;dal piatto si
conosce il cuoco, ecc. Per queste pitture in apparenza
fantasiose, perfino surrealiste, la lingua è il prudente ap-
piglio di un riferimento discreto. L'arte di Arcimboldo
non è stravagante. Resta sempre al margine del buon
senso, sugli orli del proverbio. I principi, ai quali erano
destinati questi giochi, dovevano esserne sbalorditi e in-
sieme trovarne facilmente la chiave; da qui un meravi-
glioso radicato in proposizioni usuali (come: il cuocopre-
para dei piattz). Tu tto si elabora in uno spazio di metoni-
mie banali.

Queste immagini hanno rapporto con la lingua, ma


anche con il discorso: con il racconto popolare, per
esempio: identico è il procedimento descrittivo. Mme
d'Aulnay dice a proposito di Laideronnette, imperatrice
delle Pagode («figurine grottesche con la testa mobile» ):
«Si spogliò e prese un bagno. Subito, Pagode e Pagodine
si misero a cantare e a suonare: alcune avevano tiorbe
fatte di un guscio di noce; altre avevano viole fatte di un
guscio di mandorla; bisognava pur proporzionare gli
strumenti alla loro statura». Le Teste Composte di Ar-
cimboldo hanno qualcosa delle fiabe; dei suoi personag-
gi allegorici si potrebbe dire: ce n'era uno che aveva un
134 LETTURE: IL SEGNO ARCIMBOLDO 1 35

fungo al posto delle labbra e un limone al posto del pen - della pittura, lo sdoppiasse abusivamente, ne ipertrofiz-
nacchio ; un altro al po sto del naso aveva una zucchina; zasse la virtualità significante e analogica, pe r produrre
il collo di un terzo era una giovenca sdraiata, ecc. Aleg- una specie di mostro strut turale , germe di un disagio sot-
gia dietro l'immagine, come un ricordo o l'insistenza di tile (perché intellettuale ), assai piu penetrante dell'orro-
un modello, un racconto di meraviglie: mi sembra di re che potrebbe derivare da una semplice esagerazione
sentir e Perrault che de scrive la metamorfosi delle pa role o fusione di elementi: tutto significa a due livelli; per
uscite dalla bocca della fanciulla buona e di quella catti- questo la pittura di Arcimboldo funziona come una ne-
va dopo l'incontro con la fata: ad ogni frase, due rose , gazione leggermente terrificante della lingua pittor ica.
due perl e e due grossi diamant i escono dalle labbra della
piu piccola, du e vipere e due rospi da quelle della mag- In Occidente (al cont rario dell 'Oriente ) pittura e
giore. Le parti del linguaggio sono tramut ate in oggetti: scrittura hanno avuto pochi rapport i; lettera e immagine
allo stesso modo , quell e che Arcimboldo diping e non non hanno comunicato che nei margin i un po' folli della
sono propriamente cose, ma piuttosto la descrizion e creazione , fuori dal classicismo. Senza ricorr ere in alcun
parlata che ne farebb e un narratore meraviglioso: Ar- modo alla lettera, Arcimboldo rasenta nondimeno , e di
cimboldo illustra quello che è già, in fondo , il calco lin- cont inuo, l'esperienza grafica. Il canon ico Comanini,
guistico di una storia sorprendente. suo amico e ammirato re, vedeva nelle Teste Compos te
una scrittura emblematica (come l'ideografia cinese); fra
Ricordiamo (ancora una volta) la strutt ura del nostro i due livelli del linguaggio arcimbo ldesco (quello della
linguaggio: linguaggio che è du e volte articolato: la se- figur a, quello dei tratti significanti che la compongono )
quenza discorsiva pu ò essere scomposta in parole , le pa- c'è il medesimo rapporto di frizione, di stridio , che si tro-
role po ssono , a loro volta , essere scomp oste in suoni (o va in Leonardo da Vinci, fra l'ordine de i segni e quello
in letter e). Ma c'è gran differenza tra queste due arti co- dell'immagine : nel Trattato della Pittura la scrittura in-
lazioni : la prim a prod uce uni tà dotate di senso (le paro - vert ita è t alvolta interro tta da teste di anziani o di coppie
le); la seconda produ ce unità insignificanti (i fonemi: un di vecchie: scrittur a e pittura si affascina no, si ghermi-
fonema , in sé, non significa nient e). Q uesta struttura , si scono a vicenda. Allo stesso modo, davanti a una Testa
sa, non vale per le arti visive; è possibile scomporre il Composta di Arcimboldo, si ha sempre un po' l'impres -
«discor so» del quadro in forme (linee e punti), ma que- sione che sia scritta. Tutfav ia, nean che un a lettera . L'ef-
ste forme non significano niente , se non sono combinate; fetto è dovuto alla doppia articolazione . Come in Leo-
la pittura conosce una sola articolaz ione. Ben si com- nardo , c'è duplicità di grafi (grafi che volentier i sono per
prende , dunque , il par ado sso strutturale delle composi - metà immagine, per metà segno ).
zioni arcimbolde sche.
Arcimboldo fa della pittura una vera e pro pri a lingua, Una Testa Composta è fatta di «cose» (frutta , pesci,
attribuendole un a doppia articol azione: la testa di Calvi- bambi ni, libri , ecc. ). Ma le «cose» che servono a com-
no si scompon e una prima volta in forme che sono già porre la testa non sono distolte da un'altra funzione (ec-
oggetti nominabili (parole): un a carcassa e una coscia di cetto, forse , nel Cuoco, dov e l'anima le che, rovesciato, è
pollo, una coda di pe sce, degli scartafac ci; questi oggetti il volto dell'uomo, è fatto pe r essere mangiato ). Si tratta
a loro volta si scompon gono in forme che da sole non di cose che sono là in quanto cose, quasi provenissero
significano nulla: ritr oviamo i due gradini di parol e e non da uno spazio domestico , usua le, ma da una tavola
suoni. Avviene come se Arcimbo ldo sregolasse il sistema dove gli oggetti sono definiti dal loro analogo figurativo:
ARCIMBOLDO 1 37
LETTURE: IL SEGNO

ecco il Ceppo, ecco l'Edera, il Limone, la Stuoia, ecc. vuole significare la testa di un cuoco, di un contadino
Le «cose» sono presentate in modo didattico , come in di un riformatore, o ancora l'estate, l'acqua, il fuoco'.
un libro per bambini. La Testa è composta di unità les- questo messaggio è messo in cifra; mettere in cifra vuol
sicografiche estratte da un dizionario (solo che il dizio- dire insieme nascondere e non nascondere; il messao-o-io
nario è di immagini). è nascost_o in quanto l'occhio, distolto dal signifi~;to
~omplessivo, corre al dettaglio; dapprima non vedo che
La retorica ha le sue figure: l'Occidente vi ha medita- i frutti e gli animali aggrovigliati davanti a me· soltanto
to sopra per piu di duemila anni, continuando a stupirsi distanziandomi, cambiando livello percettivo ~icevoun
di fronte ai trasferimenti di senso (alle «metabo le») che altro messaggio, quello di una testa umana: sf~oco allora
si producono nella lingua - «metabole» che è possibile il pri:1110,con un congegno ipermetropo che mi permette ,
codificare, e quindi classificare e nominare. A suo modo, funzionando da griglia di decrittazione di cooliere d'un
anche Arcimboldo è un retore: con le sue Teste getta, tratto il senso globale, il senso «vero».'Arci~boldo im-
nel discorso dell'Immagine, una manciata di figure reto- pone dunque un sistema di sostituzione (una mela si so-
riche: la tela diventa un vero laboratorio di tropi. stituisce a una guancia, come in un messa o-o-io cifrato una
Una conchiglia sta per un orecchio: è una Metafora.Un lettera o una sillaba stanno a mascherare"'in'altra lettera
ammasso di pesci sta per l'Acqua (dove vivono): è una o sillaba) e insieme un sistema di trasposizione (tutto l'in-
Metonimia. Il Fuoco diventa una testa fiammeggiante: è sieme è in un certo modo risucchiato verso il dettaolio).
un'Allegoria.Enumerare frutti, pesche, pere, ciliege, fra- Eppure (è la specialità d'Arcimboldo ) nelle Teste Com-
gole, spighe per lasciare intendere l'Estate: è un'Allusio- p_osteè singolare l'esitazione del quadro tra i poli della
ne. Ripetere un pesce per farne qui un naso, là una boc- cifra e della decifrazione: perché anche quando lo scher-
ca: è un'Antanaclasi (ripetizione di una parola con senso mo della sostituzione e della trasposizione è stato rimos-
mutato). Evocare un nome con un altro che ha la stessa so per meglio percepire la Testa Composta come «effet-
sonorità («Tu sei Pietro e su questa pietra ... »): è un'An- to», si conserva nell'occhio l'intreccio dei sensi primi che
nominazione; l'evocazione di una cosa tramite un'altra ha_p~odotto questo effetto. In altre parole , sul piano lin-
che ha la stessa forma (un naso tramite la groppa di un guistico_(che è il pia_no_sucui si muove), Arcimboldo par-
coniglio): è un'annominazione di immagini, ecc. la una lmgua doppia, msieme chiara e imbroo-liata· fab-
brica « baragouin » e « charabia », ma queste _lorgeries ri-
Rabelais ha fatto largo impiego di linguaggi strambi, sultano perfettamente intelligibili. La sola bizzarria che
artificialmente ma sistematicamente elaborati; si tratta Arcimboldo non fabbrica è una lingua totalmente in-
delle /orgeries: linguaggi che sono parodie del linguag- comprensibile come il «lanternois»: la sua arte non è folle.
gio. C'era il baragouinper esempio, dove gli enunciati
erano cifrati attraverso la sostituzione di elementi; c'era Regno trionfa nte della metafora: tutto è metafora in
lo charabia,messa in cifra per trasposizione (Queneau, Arcimboldo. Nulla è mai denotato, perché i tratti (linee,
oggigiorno, ne ha ricavato effetti comici, scrivendo ad forme, volute) che servono a comporre una testa hanno
esempio: Kékcékçaper Qu'est-ceque c'est que ça?);c'era già un senso e questo senso è rivolto verso un altro senso
infine, piu folle di tutti, il lanternois, magma di suoni gettato in qualche modo al di là di se stesso (questo vuoÌ
assolutamente indecifrabili, crittogramma dalla chiave dire, etimol_ogica_mente,la parola «metafora»). Spesso le
perduta. Ebbene, l'arte di Arcimboldo è un'arte della metafore di Arcimboldo sono sagge: fra i due termini
/orgerie. C'è un messaggio da trasmettere: Arcimboldo della trasposizione sussiste un tratto comune, un «pon -
LETTURE: IL SEGNO ARCIMBOLDO
te», una certa analogia: i denti assomigliano «spontanea- le sue, in tutti i casi, non sono semplici constatazioni di
mente» o «comunemente» (altri, oltre Arcimboldo , affinità, non registrano analogie virtuali che esisterebbe-
avrebbero potuto dirlo) a campanelle di fiori, a piselli nel ro in natura e che il poeta potrebbe farsi carico di rend e-
baccello; questi oggetti diversi hanno forme in comune: re manifeste: disfanno , invece, oggetti familiari per pro-
sono particelle uguali di materia, ritagliate, disposte-in- durne di nuovi, di strani, con un vero e proprio colpo di
casellate-su una stessa linea; il naso assomiglia a una spi- mano (ancora uno), colpo di mano che è il lavoro del visio-
ga per la sua forma oblunga e bombata; la bocca, ~arn?sa, nario (e non solo un'inclinazione a cogliere somiglianze).
a un fico dischiuso, con l'interno biancastro che nsch1ara
l'incavo rosso della polpa. Eppure , benché analogica, la Tutta via, le metafore piu audaci forse non sono quelle
metafora di Arcimboldo è (se cosi si può dire ) a senso improbabili , ma quelle che potremmo chiamare disinvol -
unico: Arcimboldo ci fa credere che il naso assomigli na- te. La disinvoltura consiste nel non metaforizzare affatto
turalmente a una spiga, i denti a dei semi, la carne del frut- l'oggetto , ma semplicemente nello spiazzarlo: quando
to a quella delle labbra: ma nessuno direbbe naturalmen- Arcimboldo sostituisce i denti del personag gio Acqua
te il contrario: la spiga non è un naso, i semi non sono i con i denti di uno squalo non intacca l'oggetto (sono
denti , il fico non è una bocca (se con bocca non si allude sempre denti ), ma lo sbalza senza prea vviso da un regno
a un altro organo, questa volta femminile, come testimo- all'altro; la metafora è qui l'uso di un 'identità , o meglio
nia una metafora popolare, comune a molte lingue). In- di una tautologia (i dent i sono i den tzJ che è semplice-
somma, anche se fondata , la metafora arcimboldesca è un mente slittata cambiando appiglio (cambiando conte -
colpo di mano. L'arte di Arcimboldo non è indecisa, va sto). Questo leggero squilibrio produce il piu forte estra-
in un senso determinato: è una lingua molto affermativa. niamento. Magritte lo sa bene , quando intitola una sua
composizione, dove usa un procedimento simile al «sal-
Sovente il lavoro metaforico è cosi temerario (come to» arcimboldesco , lo Stup ro (1934): anche qui abbiamo
quello di un poeta molto prezioso o molto moderno ) che un'immagine duplice , al tempo stesso (secondo l'aggirar-
non v'è alcun rapporto «naturale» tra la cosa rappresen- si dello sguardo) testa e/ o busto di donna , con i seni che
tata e la sua rappresentazione: come possono natiche e occupano - se cosi decide il lettore - il posto degli occhi,
oambe infantili essere viste come orecchio (in Erod e)?
::, e l'ombelico che occupa il posto della bocca. Spiazzati,
Come un volgare stoppino può rappresentare la fronte tali oggetti abbandonano il regno della nudità ed entrano
di un uomo (nel Fuoco) ? Al sistema occorrono , in ogni nel regno della cerebralità. Quanto basta per creare un
caso, dei relais estremam ente sofisticati; il legame analo- oggetto soprannatural e, come l'andro gino aristofanesco.
gico si estenua (si fa rarefatto , pre zioso): è il colore giallo
della cera a richiamare la pelle tesa della fronte , parte Come «poeta» , cioè artefice , op eraio del linguaggio,
del corpo umano che nessun copioso flusso di sangue l'estro di Arcimboldo è continuo: i sinonimi sono gettati
giunge a irrorare, o il sovrapporsi dei giri di corda a ri- senza tregua sulla tela. Arcimboldo impiega senza posa
cordare l'increspatura delle rughe umane. In queste me- forme differenti per dire la stessa cosa. Vuol dire naso?
tafore estreme i due termini della «m etabola» non ri- La sua riserva di sinonimi gli dispensa un ramo, una
specchiano un'equi valenza fra entità , ma la/ ann o: la car- pera , una zucca , una spiga , il calice di un fiore, un pesce,
ne del piccolo corpo nudo fa (fabbrica , produce) l' orec- la groppa di un coniglio, la carcassa di un pollo. Vuol
chio del tiranno. Arcimboldo in questo modo pone l'ac- dire orecchio? N on ha che da pescare in un catalogo ete-
cento sul carattere produtti vo, transitivo delle metafore: roclit o : può estrarre un ceppo d 'albero, il rovescio di un
140 LETTURE: IL SEGNO ARCIMBOLDO 141
fungo a ombrello, l'infiorescenza di una spiga, una rosa, diverso dall'addizione delle parti: si direbbe che ne è il
un garofano, una mela, una conchiglia, la testa di un ani- resto. È necessario capire queste matematiche bizzarre:
male, la forcella di una lampada ad olio. Vuol fornire di sono matematiche dell'analogia,se si rammenta che eti-
barba il suo personaggio? Ecco una coda di pesce, delle mologicamente analogia vuol dire proporzione: il senso
antenne di gambero. Il repertorio è forse infinito? No, dipende dal livello al quale vi ponete. Se guardate l'im-
se ci si attiene alle allegorie, tutto sommato poco nume- magine da vicino, non vedete che frutti e legumi; se vi
rose, che ci sono giunte; quasi sempre incontriamo frut- allontanate, viene fuori un uomo dallo sguardo terribile,
ta, piante, commestibili, perché le immagini sono dedi- con la giubba a coste e la faccia ispida (l'Estate): lonta-
cate soprattutto alle stagioni della Madre Terra; il conte- nanza e vicinanza fondano il senso. Non è forse questo
sto limita l'immagine, ma l'immaginazione, questa si, è il grande segreto di una semantica viva? Tutto deriva da
sconfinata, acrobatica: il suo potere è tale che la si awer- una gradazionedelle articolazioni. Il senso nasce da una
te pronta ad appropriarsi di tutti gli oggetti. combinazione di elementi insignificanti (i fonemi, le li-
nee ); ma non basta combinare questi elementi una prima
Fabbricare immagini reversibili è stata una moda del- volta per esaurire la creazione del senso: quello che è sta-
l'epoca: capovolto, il papa diventa un capro, Calvino un to combinato forma aggregati che possono nuovamente
giullare; simili giochi erano usati come caricature dai combinarsi tra di loro, una seconda, una terza volta. Im-
fautori o dagli awersari della Riforma. Di Arcimboldo magino che un artista di genio potrebbe prendere tutte
si conosce un quadro reversibile, cuoco in un senso, le Teste Composte di Arcimboldo, disporle, combinarle
piatto di carne nell'altro. Questa figura, nella retorica, in un nuovo effetto di senso, far sorgere dalla loro com-
si chiama palindromo; il vero palindromo non cambia binazione , per esempio, un paesaggio, una città, una fo-
nulla del messaggio, che si legge identico, per gioco, sia resta: far retrocedere la percezione è generare un nuovo
in un senso sia nell'altro: «Roma tibi subito motibus ibit senso: forse nessun altro principio presiede alla sfilata
amor», dice Quintiliano; ponete uno specchio (trucca- storica delle forme (ingrandire 5 centimetri di un quadro
to) in coda al verso, lo ritroverete intatto percorrendolo di Cézanne vuol dire, in un certo senso, sboccare in una
in senso inverso; cosi accade con le figure delle carte da tela di Nicolas de Stael) e a quella delle scienze umane
gioco: lo specchio (virtuale) taglia, ripete, senza snatura- (la scienza della storia ha cambiato il senso degli aweni-
re. Al contrario, quando rovesciate l'immagine arcim- menti combinandoli a un altro livello: le battaglie, i trat-
boldesca ritrovate certamente un senso (proprio per tati e i regni - livello a cui si arrestava la storia tradizio-
questo si ha palindromo), solo che il senso, con il movi- nale - sottoposti a un arretramento che ne diminuisce il
mento di inversione, è cambiato: il piatto diventa cuoco. senso, sono diventati segni di una nuova lingua, di una
«Tutto è sempre identico» dice il vero palindromo; che nuova intelligibilità, di una nuova storia).
prendiate le cose in un senso o nell'altro, la verità rimane
una. «Tutto può prendere un senso diverso», dice il pa- La pittura di Arcimboldo, insomma, è mobile: il suo
lindromo di Arcimboldo; che è come dire: tutto ha sem- progetto stesso impone al lettore l'obbligo di allontanar-
pre un senso, da qualsiasi parte lo si voglia leggere, ma si e di awicinarsi, confermandogli al tempo stesso che
questo senso non è mai lo stesso. non perderà alcun senso in questo movimento, ma in-
tratterrà un rapporto sempre attivo con l'immagine. Per
Tutto significa, eppure tutto è sorprendente. Arcim- ottenere delle composizioni mobili Calder articolava li-
boldo estrae il fantastico dal noto: la somma è un effetto beramente i volumi; Arcimboldo ottiene un risultato
ARCIMBOLDO 143
l'Uomo-Inverno è ormai ridotto a cadavere in via di de-
composizione; il volto, grigio, è tutto una crepa; al posto
dell'occhio, già spento, una cavità d'ombra; la lingua è
livida. Allo stesso modo, ci sono due Primavere (una è
ancora timida, pallida; l'altra, piu sanguigna, afferma
che l'estate è vicina) e due Calvini: il Calvino di Bergamo
è arrogante, quello di Svezia orribile: si direbbe che da
Bergamo a Stoccolma (poco importa l'ordine reale di
composizione ) questo volto ripugnante si sia disfatto,
ischeletrito, ingrigito; gli occhi, prima cattivi, si fanno
smorti, stupidi; il ghigno della bocca si accentua; lo scar-
tafaccio a mo' di gorgiera passa dalla pergamena ingial-
lita alla carta illividita; l'impressione è ancora piu disgu-
stosa perché questa testa è formata di sostanze comme-
stibili: diviene allora, alla lettera, immangiabile: il pollo
e il pesce si degradano a spazzatura; peggio: sono i rifiuti
di un cattivo ristorante. Tutto succede come se, ogni vol-
ta, la testa oscillasse tra la meraviglia della vita e l'o rrore
analogo lasciando inalterata la tela: non al supporto, ma della morte. Queste Teste Composte sono teste che si
al soggetto umano egli chiede di spostarsi. Scelta « diver - decompongono.
tente» (nel caso di Arcimboldo), ma non per questo
meno audace , né meno «moderna», perché implica una Ritorniamo ancora una volta sul processo del senso -
relativizzazione dello spazio del senso: includendo lo perché questo dopotutto è ciò che interessa, affascina,
sguardo dello spettatore nella struttura stessa della tela, inquieta in Arcimboldo. Le «unità» di una lingua sono
Arcimboldo passa virtualmente da una pittura newto- là sulla tela; contrariamente ai fonemi del linguaggio ar-
niana, fondata sulla fissità degli oggetti rappresentati, a ticolato hanno già un senso: sono cose nominabili: frutti ,
un'arte einsteiniana , in cui lo spostamento dell'osserva- fiori, rami, pesci, paglia , libri, bambini, ecc.; una volta
tore entra nello statuto dell'opera. combinate, queste unità producono un senso unitario;
ma questo senso secondo, in realtà, si sdoppia: da una
Arcimboldo è animato da una tale energia di spiazza- parte, leggo una testa umana (lettura sufficiente perché
mento che quando dà piu versioni di una stessa testa posso nominare la forma che percepisco, immet terla nel
produce ancora cambiamenti significanti; di versione in lessico della mia lingua, dove esiste la parola «testa»);
versione , la testa assume sensi differenti. Ci troviamo in dall'altra leggo anche, e nello stesso tempo, un altro sen-
piena musica: c'è un tema di base (l'Estate, l'Autunno , so, che proviene da una regione diversa del lessico:
Calvino), ma ogni variazione produce un effetto diverso. «Estate», «Inverno», «Autunno» , «Primavera», «Cuo-
Qui l'Uomo stagione è appena morto, l'inverno è ancora co», «Calvino» , «Acqua», «Fuoco»; ora, per concepire
rosso del vicino autunno; è già esangue, ma le palpebre questo senso propriamente allegorico devo riferirmi al
ancora gonfie si sono appena chiuse; là (che questa ver- senso delle prime unità: sono i frutti che fanno l'Estate,
sione abbia preceduto o no la prima poco importa ), i ceppi di legno secco che fanno l'Inverno, i pesci che
144 LETTURE: IL SEGNO ARCIMBOLDO 145
fanno l'Acqua. Dunque, ecco già tre sensi in una sola il linguaggio - ci induce a una serie di riferimenti sociali:
immagine; i primi due (se cosi si può dire) denotati, per- bestialità e crudeltà, come «espressioni», fanno parte di
ché per prodursi, non implicano nient'altro che il lavoro un certo sistema di valori storici: c'è da dubi tare che, da-
della mia percezione, che si articola immediatamente su vanti a una testa di Arcimboldo, un aborigeno d'Austra-
un lessico (il senso denotato di una parola è il senso dato lia provi quel vago sgomento che proviamo noi.
dal dizionario , e il dizionario è sufficiente a farmi legge-
re, secondo il grado della mia percezione, qui un pesce, Gli effetti che suscita in noi l'arte di Arcimboldo sono
là una testa). Ben altra cosa è il terzo senso, il senso alle- spesso di repulsione. Guardate l'Inverno: quel fungo tra
oorico: per leggere la testa dell'Estate o di Calvino, ho le labbra sembra un organo ipertrofico, canceroso , lai-
bisogno di una cultura diversa da quella del dizionario; do: vedo il volto di un uomo appena morto , una pera
ho bisogno di una cultura metonimica , che mi pe~metta d'angoscia affondata nella bocca fino all'asfissia. Il me-
di associare certi frutti (e non altri) all'Estate, e p1u sot- desimo Inverno, composto da cortecce morte, ha il volto
tilmente ancora, l'austera bruttezza di un volto al purita - coperto di pustole, di squame; lo si direbbe colpito da
nesimo calvinista; ma nel momento in cui lascio il dizio- una malattia disgustosa della pelle, pitiriasi, o psoriasi.
nario delle parole per una tavola dei sensi culturali, delle Il viso di un altro (l'Autunno ) non è che un'addizione
associazioni di idee, insomma per un'enciclopedia delle di tumori: la faccia è turgescente, avvinazzata: un im-
idee correnti, entro nel campo infinito delle connotazio- menso organo infiammato ; il sangue, bruno, sta per in-
ni. Le connotazioni di Arcimboldo sono semplici: sono gorgarsi. La carne arcimboldesca è sempre eccessiva:o
stereotipi. La connotazione tuttavia apre un processo di devastata, o scorticata (Erode ), o tumefatta, o piatta e
senso; a partire dal senso allegorico, altri sensi sono pos- morta . Neanche una testa graziosa? La Primavera, alme-
sibili, non piu «culturali» questa volta, ma sprigionati no, non richiederà una composizione amena? Certo, la
dai movimenti (attrattivi e repulsivi) del corpo. Al di là Prima vera è tappezzata di fiori; ma sembra quasi che Ar-
della percezione e della significazione (a sua volta lessi- cimboldo demistifichi il fiore, nella misura in cui (scan-
cale e culturale) si sviluppa tutto un mondo del valore: dalo logico) non lo prende alla lettera; vedere un fiore,
davanti a una Testa Composta di Arcimboldo sono por- o vederne un mazzetto o un prato, è senza dubbio una
tato a dire , non soltanto: leggo, indovino, trovo, capisco, gioia tutta primaverile; ma ridotta a superficie, la distesa
ma anche: mi piace, non mi piace. Disagio, sgomento, de- floreale diventa piuttosto l'efflorescenza di uno stato
siderio, riso entrano nel gioco. piu torbido della materia; la decomposizione produce
pulverulenze («fiori» di zolfo) e muffe che assomigliano
Senza dubbio anche le nostre emozioni sono cultura- a fiori; le malattie della pelle fanno spesso pensare a fiori
li: le maschere dogon ci fanno un effetto panico, perché tatuati. Anche la Primavera , in Arcimboldo, finisce per
sono marcate, per noi occidentali, dall'esotismo, cioè incarnarsi in una grande, livida figura sconvolta da una
dall'incoonito; non percepiamo nulla del loro simboli- malattia sofisticata. Che cosa destina le teste di Arcim-
smo, no; ci legano (non siamo re-ligiosz);senza dubbio boldo a suscitare il nostro disagio? Precisamente il fatto
sui Dogon producono tutt'altro effetto. Cosi le Teste di che sono «composte»: piu una forma sembra venuta di
Arcimboldo: solo all'interno della nostra cultura esse getto, piu è euforica (si sa che tutta una parte dell'arte
smuovono degli affetti (sono, insomma, nel senso etimo- orientale ha favorito la fattura alla prima); c'è nella for-
logico, «patetiche»); se alcune di queste teste ci sembra- ma immediata e, se cosi si può dire, «incomposta», la
no «crudeli e bestiali» è perché il corpo ammaestrato - gioia di un'unità soprannaturale; certi musicologi hanno

L
LETTURE: IL SEGNO ARCIMBOLDO 1 47

messo in rapporto la melodia romantica, caratterizzata - è essenzialmente ciò che trasgredisce la separazione
dal suo fluire unitario, con il mondo della Madre dove dei regni, mescola l'animale e il vegetale, l'animale e l'u -
si schiude, per il bambino, la gioia della fusione: si po- mano; è l'eccesso, in quanto muta la qualità delle cose
trebbe attribuire lo stesso effetto simbolico alla « bella alle quali Dio ha assegnato un nome: è la metamorfosi,
forma» catturata dall'artista sulla carta o sulla tela, di che fa slittare da un ordine a un altro; in un'altra parola,
getto (alla prima). L'arte di Arcimboldo è la negazione è la trasmigrazione (si dice che all'epoca di Arcimboldo
di questa felicità: non solo la testa figurata è il risultato circolassero in Europa miniature indiane raffiguranti
di un lavoro, ma è anche la rappresentazione della com- animali fantastici con corpi fatti «da un mosaico di for-
plicazione e quindi della durata di questo lavoro. Prima me umane e animali allacciate: musicanti, cacciatori,
di «disegnare» la Primavera, occorre «disegnare» ognu- amanti, volpi, leoni, scimmie, conigli»; ogni animale
no dei fiori che la comporranno. Il procedimento stesso cosi composto - cammello, elefante, cavallo - rappre-
della «composizione» interviene a sconvolgere, disgre- sentava il raggruppamento simultaneo di incarnazioni
gare, guastare il sorgere unitario della forma. Come successive: l'apparenza eteroclita rimanda va alla dottri-
tema, per esempio, cosa c'è di piu unito dell'Acqua? na indu sull'unità interiore degli esseri). Anche le Teste
L'Acqua è da sempre un tema materno, la fluidità è fe- di Arcimboldo potrebbero essere lo spazio visibile di
lice; per rendere l'allegoria dell'Acqua, Arcimboldo in- una trasmigra zione che, sotto i nostri occhi, conduce dal
vece immagina forme contrarie: l'Acqua, per lui, sono pesce all'acqua, dalla fascina al fuoco, dal limone al pen-
pesci, crostacei, tutto un intrico di forme dure, disconti- nacchio e da tutte le sostanze alla figura umana (a meno
nue, acuminate o convesse: l'Acqua è propriamente mo- che non preferiate prendere questo percorso in senso in-
struosa. verso, e scendere dall'Uomo-Inverno al vegetale che gli
è associato). Principio dei «mostri» arcimboldeschi è: la
Le Teste di Arcimboldo sono mostruose perché ri- Natura non si arresta. Prendete la Primavera; è normale,
mandano tutte, quale che sia la grazia del soggetto alle- dopotutto, che la si rappresenti sotto forma di una don-
gorico (l'Estate, la Primavera, la Flora, l'Acqua), a un na acconciata con un cappello di fiori (questi cappelli
malessere sostanziale: il brulichio . La mischia di cose vi- sono esistiti nella moda); ma Arcimboldo continua; i
venti (vegetali, animali, bambini) disposte in un disordi- fiori scendono dall'oggetto al corpo, invadono la pelle,
ne stipato (prima di raggiungere l'intelligibilità della fanno la pelle: una lebbra di fiori copre il viso, il collo,
figura finale) evoca tutta una vita larvale, un pullulio di il busto.
esseri vegetativi, vermi, feti, visceri al limite della vita, Non solo l' «arte», ma anche un sapere traspare dall'e-
non ancora nati eppure già putrescibili. sercizio di una tale immagina zione: sorprendere delle
metamorfosi (come fece a piu riprese Leonar do da Vin-
Per il secolo di Arcimboldo il mostro è una meravi- ci) è un atto di conoscenza: ogni sapere è legato a un
glia. Gli Asburgo, mecenati del pittore, avevano gabinet- ordine classificatorio; allargare o modificare il sapere
ti d'arte e di varie curiosità (Kunst - und Wunderkam - vuol dire sperimentare, con operaz ioni audaci, ciò che
mern) dov'erano raccolti oggetti strani: incidenti dina- sovverte le classificazioni alle quali siamo abituati: que-
tura, effigi di nani e giganti, di uomini e donne pelosi: sta è la funzione nobile della magia, «somma della sag-
insomma , ogni cosa che « sbalordisse e facesse riflette- gezza naturale» (Pico della Mirandola).
re»; questi gabinetti, si è detto, erano simili ai laboratori Cosi procede Arcimboldo, dal gioco alla grande reto-
di Faust e di Caligari. Ora, la «merav iglia» - il «mostro» rica, dalla retorica alla magia, dalla magia alla sapienza.
Letture: il testo La pittura è un linguaggio?

Da quando la linguistica ha assunto dimensioni note,


e, in ogni caso, da quando l'autore di questo scritto ha
espresso il suo interesse per la semiologia (sono ormai
dodici anni), quante volte gli è stato chiesto: la pittura
è un linguaggio? Fino a oggi, tuttavia, non c'è stata ri-
sposta: non si riusciva a stabilire né il lessico, né la gram-
matica generale della pittura, a distinguere i significanti
di un quadro dai suoi significati, e neppure a sistematiz-
zare le loro regole di sostituzione e di combinazione. La
semiologia, come scienza dei segni, non aveva presa sul-
l'arte: impasse deplorevole, perché finiva col rafforzare
l'antica idea secondo la quale la creazione artistica non
può essere «ridotta» a un sistema: il sistema, si sa, è con-
siderato nemico dell'uomo e dell'arte.
In realtà, chiedersi se la pittura è un linguaggio, è già
una domanda di ordine etico, che richiede una risposta
attenuata che salvaguardi i diritti dell'individuo creatore
(l'artista ) e quelli di tutta l'umanità {la società). Come
ogni innovatore, Jean-Louis Schefer non risponde alle
domande truccate dell'arte (della sua filosofia o della sua
storia); ad esse sostituisce una domanda apparentemen-
te marginale ma la cui distanza lo porta a costituire un
campo inedito in cui la pittura e la sua relazione (come
si parla una relazione di viaggio), la struttura, il testo, il
codice, il sistema, la rappresentazione e la figurazione,
tutti termini ered itati dalla semiologia, sono distribuiti
secondo una topologia diversa, che costituisce un «nuo-
vo modo di sentire, un modo nuovo di pensare». La do-
LETTURE: IL TESTO LA PITTURA È UN LINGUAGGIO?

manda è press' a poco la seguente: qual è il rappor to tra Questa deviazione, o rovesciamento della linguistica
il quadro e il linguaggio di cui ci si serve necessariamente saussuriana, conduce necessariamente a modificare il di-
per leggerlo - cioè (implicitamente ) per scriverlo? Que- scorso dell'analisi, e questa conseguenza estrema è forse
sto rapporto non è il quadro stesso? la prova migliore della sua validità e della sua novità.
Evidentemente non si tratta di limitare la scrittura del Schefer non poteva enunciare lo spostamento dalla strut-
quadro alla critica specialistica della pittura . Il quadro, tura alla strutturazione, dal Modello lontano , fisso, esta-
da chiunque sia scritto, esiste solo nel racconto che ne tico, al lavoro (del sistema), se non analizzando un solo
offro; o meglio: nella somma e nell'organizzazione di let- quadro; ha scelto Una partita a scacchi del pittore veneto
ture che se ne possono dare: un quadro non è mai altro Paris Bordone offrendone «trascrizioni» bellissime, la
se non la propria descrizione plurale. Questa traversata cui scrittura è cosi felice da trasformare il critico in scrit-
del quadro da parte del testo con cui lo costituisco, è tore; il suo discorso rompe con la dissertazione; l'analisi
indubbiamente vicina e nello stesso tempo lontana da non offre affatto «risultati», che generalmente sono in-
una pittura che si ritenga essere linguaggio; come dice dotti da una somma di dati statistici; essa è sempre in
Jean-Louis Schefer: «L 'imm agine non ha una struttura a atto di linguaggio, dal momento che il principio di Schefer
priorz~ ha invece strutture testuali ... di cui è il sistema»; è che la pratica stessa del quadro è la sua teoria. Il discor-
non è dunque piu possibile (ed è in questo che Schefer so di Schefer mette in luce non tanto il segreto, la verità
allarga i confini della semiologia pittorica) concepire la di questa Partita a scacchi, ma solo (e necessariamente )
descrizione che costituisce il quadro come uno stato l'attività tramite la quale essa si struttura: il lavoro della
neutro, letterale, denotativo, del linguaggio; ma neanche lettura (che definisce il quadro) si identi fica radicalmen-
come una pura elaborazione mitica, come luogo infinita- te (fino alla radice ) con il lavoro della scrittura : non c'è
mente passibile di investimenti soggettivi: il quadro non piu critico, e neppure scrittore che parla di pittura; c'è
è né un oggetto reale, né un oggetto immaginario. Certo, il grammatogra/o, colui che scrive la scrittura del quadro.
l'identità di ciò che è «r appr esentato» è rinviata inces- Questo libro costituisce, nell'ambito di ciò che gene-
santemente, il significato sempre spostato (perché è solo ralmente si chiama estetica o critica d'arte, un lavoro
una fuga di denominazioni, come un dizionario), l'ana- prinàpe; va osservato tuttavia che Schefer non ha po-
lisi è infinita. Ma questa fuga, questo infinito del linguag- tuto fare questo lavoro se non sowertendo il quadro del-
gio è appunto il sistema del quadro : l'immagine non è le nostre discipline, l'ordine degli oggetti che definisco-
l'espressione di un codice, ma la variazione di un lavoro no la nostra «cultura». Il suo testo non ha nulla a che
di codificazione: non è deposito di un sistema, ma gene- vedere con l'«inter-disciplinarietà», fiore all'occhiello
razione di sistemi. Parafrasando un titolo famoso , Sche- della nuova cultura un iversitaria. Devono cambiare gli
fer avrebbe potuto intitolare il suo libro: L'Unico e la oggetti, non le «discipline»: non si tratta di «applicare»
sua struttura; e tale struttu ra è la strutturazione stessa.
la linguistica al quadro, di iniettare un po' di semiologia
L'incidenza ideologica è evidente: la semiologia clas-
alla storia dell'arte; si tratta di annullare la distanza (la
sica cercava di costituire o postulare , nei confronti del-
censura ) che istituzionalmente divide quadro e testo. Sta
l'eteroclicità delle opere (quadri, miti, racconti ), un Mo-
dello rispetto al quale ogni prodotto poteva essere defi- per nascere qualcosa che farà cadere tanto la «letteratu-
nito in termini di scarto. Con Schefer , che su questo ra» quanto la «pittura» (e i loro correlati meta-linguisti -
punto prosegue il lavoro di J ulia Kristeva, la semiologia ci, critica e estetica) , sostituendo a queste vecchie divini-
va al di là dell'era del Modello, della Norma, del Codice, tà culturali una « ergo grafia» generalizzata, il testo come
della Legge - o, se si preferisce, della Teologia. lavoro, il lavoro come testo.

L
SEMIOGRAFIA D'ANDRÉ MASSON 153
Semiografia d'André Masson gerarchie, dove fra l'altro si ritroverebbero il pastiche,
il plagio, addirittura il falso, in una parola tutte le forme
di «copia» - pratica in disgrazia presso l'arte cosiddetta
borghese.
La semiografia di Masson ci dice ancora questo, che
è capitale nella teoria attuale del Testo: che la scrittura
non si può ridurre a una pura funzione di comunicazio-
ne (di trascrizione) come pretendono gli storici del lin-
guaggio. Il lavoro di Masson durante questo periodo di-
mostra che l'identità del tratto disegnato col tratto scrit-
D'acchito, i semiogrammi di Masson, per una sorta to non è contingente, marginale, barocca (evidente solo
di precorrimento inatteso, «riprendono» in anticipo le nella calligrafia - pratica del resto ignorata dalla nostra
proposizioni fondamentali di una teoria del testo che civiltà), ma in qualche modo ostinata, ossessionante, e
vent'anni fa non esisteva in alcun modo e che oggi costi- inglobante sia l'origine, sia il perpetuo presente di ogni
tuisce la caratteristica distintiva dell'avanguardia: prova tracciato: c'è una pratica unica, estensiva a ogni funzio-
che è la circolazione delle «arti» (o altrove: delle scien- nalizzazione, che è quella del grafismo indifferenziato.
ze) a fare il movimento: la «p ittura» apre qui la via alla
Grazie alla smagliante dimostrazione di Masson, la scrit-
«letteratura», giacché sembra aver postulato prima di
tura (immaginata o reale) appare allora come l'eccedente
questa un oggetto inaudito, il Testo, che sorpassa in ma-
della propria funzione; il pittore ci aiuta a capire che la
niera decisiva la separazione delle «arti». Masson aveva
verità della scritt ura non è né nei suoi messaggi, né nel
cinquantaquattro anni quando dava inizio al suo perio-
do asiatico (che io preferirei chiamare «tes tuale» ); gli at- sistema di trasmissione da essa costituito per il senso co-
tuali teorici del Testo, in gran parte, erano appena nati. mune, ancor meno nell'espressività psicologica attribui-
Ecco le proposizioni testuali (e attuali) che troviamo già tale da una scienza sospetta, la grafologia, compromessa
in questa pittura di Masson (uso il termine «pit tura » per in interessi tecnocratici (expert ises, test), ma nella mano
semplificare; meglio sarebbe dire «semiografia»). che calca, traccia, e si dirige, cioè nel corpo che batte (che
Prima di tut to, Masson stabilisce deliberatamente gode). Ecco perché (dimostrazione complementare di
quello che si dice un inter -testo: il pittore circola fra due Masson) il colore non va affatto inteso come uno sfondo
testi (almeno ): da una parte il suo (cioè: quello della pit- su cui verrebbero a «stagliarsi» certi caratteri, ma piut-
tura, delle sue pratiche, dei suoi gesti, dei suoi strumen- tosto come lo spazio completo della pulsione (è nota la
ti) e dall'altra quello dell'ideografia cinese (cioè di una n~tura pulsionale del colore: prova lo scanda lo provoca -
cultura localizzata): com'è d'obbligo in ogni vera interte- to dalla liberazione fauve): nel lavoro semiografico di
stualità, i segni asiatici non sono modelli ispiratori, «fon- Masson, il colore incita ad allontanare la scrittura dal suo
ti», ma conduttori di energia grafica, citazioni deforma- fondo mercantile, contabile (tale almeno l'origine attri-
te, reperibili secondo il tratto, non secondo la lettera; a buita alla nostra scrittura sito -occidentale ). Se nella
spostarsi, allora, è la responsabilità dell'opera: essa non scrittura (e quindi esemplarmente nei semiogrammi di
è piu consacrata da una proprietà ristretta (quella del Masson) viene «comunicato» qualcosa, non si tratta di
suo creatore immediato ): viaggia in uno spazio culturale conti, di una «ragione» (etimologicamente è la stessa
che è aperto, senza limiti, senza compartimenti, senza cosa), ma di un desiderio.

L
1 54 LETTURE: IL TESTO SEMIOGRAFIA D ' ANDRÉ MASSON 155

Infine, volgendosi (principalmente) verso l'ideogram- stanza apparentemente significativa (le parole), la semio-
ma cinese, Masson non riconosce soltanto la stupefacen- grafia di Masson, proveniente direttamente da una pra-
te bellezza di questa scrittura; sostiene anche la rottura tica in-significante (la pittura), realizza subito l'utopia
apportata dal carattere ideografico a quella che si po- del Testo.
trebbe chiamare la buona coscienza scritturale dell'Oc-
cidente: non siamo forse superbamente persuasi che il
nostro alfabeto sia il migliore? il piu razionale, il piu effi-
cace? I nostri piu rigoros i scienziati non sostengo no for-
se come «ovvio» che l'invenzione dell'alfabeto conso-
nantico (di tipo siriano), poi quella dell'alfabeto vocalico
(di tipo greco), furono progressi irreversibili, conquiste
della ragione e dell'economia sull'assurdo guazzabuglio
dei sistemi ideografici? Bella testimonianza dell'impeni-
tente etnocentrismo che regola perfino la nostra scienza.
In verità , se rifiutiamo l'ideogramma, è perché continua-
mente tentiamo, nel nostro Occidente, di sostituire il re-
gno della parola a quello del gesto; per ragioni che di-
pendono da una storia veramente monumentale, è nel
nostro interesse credere, sostenere, affermare scientifi-
camente che la scrittura non è che la «trascrizione» del
linguaggio articolato: lo strumento di uno strumento:
catena lungo cui è il corpo a scomparire. La semiografia
di Masson, rettificando millenni di stor ia scritturale, ci
rimanda non all'origine (poco c'importa dell'origine) ma
al corpo: essa c'impone non la forma (proposizione ba-
nale di tutti i pittori) ma la figura, vale a dire l'appiatti-
mento ellittico di due significanti: il gesto che è nel fon-
do dell'ideogramma come una sorta di traccia figurativa
evaporata , e il gesto del pittore, del calligrafo, che fa
muovere il pennello secondo il proprio corpo. Ecco che
cosa ci dice il lavoro di Masson: perché la scrittura sia
manifestata nella sua verità (e non nella sua stru mentali-
tà), bisogna che sia illeggibile: il semiografo (Masson )
produce scientemente, attraverso un'elaborazione so-
vrana, un illeggibile: stacca la pulsione di scrittura dal-
l'imma ginario della comunicazione (della leggibilità).
È quanto anche il testo vuole. Ma laddove il testo scritto
deve ancora e incessantemente dibattersi con una so-
Letture: il gesto Cy Twombly o «Non multa sed multum»

a Yvon, a Renaud e a William

Chi è Cy Twombly (qui denominato TW )? Che cosa


fa? Come chiamare ciò che fa? Vengono subito in mente
alcune parole («disegno», «grafismo», «scarabocchio»,
«goffo», «infantile»). E subito proviamo un certo disa-
gio linguistico: queste parole non sono, nello stesso tem-
po (il che è ben strano), né false né soddisfacenti; infatti,
da un lato, l'opera di TW coincide con la sua apparenza,
e allora dobbiamo ammettere che è piatta; ma, dall'altro
- e questo è l'enigma - , tale apparenza non coincide
esattamente con il linguaggio che tanta semplicità e tanta
apparenza dovrebbero generare in noi quando la osser-
viamo. «Infantili» i grafismi di TW? Si, perché no? Ma
anche: qualcosa di piu o di meno, o a parte. Si dice: que-
sta tela di TW è questo, è quello: ma è invece qualcosa
di molto diverso, a partire da questo, da quello: in breve,
ambigua perché letterale e metaforica, è spostata.
Percorrere l'opera di TW con gli occhi e con le labbra
significa perciò smentire incessantemente ciò che sem-
bra. Quest'opera non chiede che si contraddicano le pa-
role della cultura (la cultura è ciò che è spontaneo nel-
l'uomo ), ma semplicemente che le si sposti, che ci si se-
pari da esse, che si dia loro un'altra luce. TW obbliga
non a rifiutare, ma - il che è forse piu sovversivo - ad
attraversare lo stereotipo estetico; insomma, provoca in
noi un lavoro di linguaggio (e non è appunto questo lavo-
ro - il nostro lavoro - a costituire il valore di un 'opera? )
LETTURE: IL GESTO CY TWOMBLY 1 59

SCRITTURA.

L'opera di TW - altri l'hanno giustamente fatto nota-


re - è scrittura; si trova dunque in un certo rapporto con
la calligrafia. Ta le rapporto, tuttavia, non è di imitazio -
ne, né di ispiraz ione; una tela di TW è solo ciò che po-
trebbe essere chiamato il campo allusivo della scrittura
(l'allusione, figura retorica, consiste nel dire una cosa
con l'intenzione di farne capire un'altra). TW fa riferi-
mento alla scrittura (e analogamente alla scultura con le
parole Vz'rgzl, Sesostris) e poi si dirige altrove. Dove?
Lontano dalla calligrafia, cioè dalla scrittura formata, di- . ..,.
_

segnata, calcata, modellata, quella che nel xvm secolo J

veniva chiamata bella mano.


A modo suo TW dice che l'essenza della scrittura non
è né la forma né l'uso , ma solo il gesto, il gesto che la
produce lasciandola trascinare: uno scarabocchio, quasi adulti. TW se ne allontana, allenta, trascina; la sua mano
una sozzura, una negligenza. Riflettiamo tramite un pa- sembra entrare in levitazione, si direbbe che la parola
ragone. Qual è l'essenza di un paio di pantaloni (ammes- sia stata ?critta con la punta delle dita, non per disgusto
so che ne abbiano una)? Certamente, non quell'oggetto o per noia, ma per una specie di fantasia che si apre al
inamidato e stirato appeso alle grucce dei grandi magaz- ricordo di una cultura defunta, di cui resta la traccia solo
zini: è invece quel mucchio di stoffa caduto a terra, ne- in alcune parole. Chateaubriand: «Ne lle isole della Nor-
gligentemente, dalle mani di un adolescente, quando si vegia vengono dissotterrate alcune urne scolpite con ca-
spoglia, stanco, pigro, ozioso, indifferente. L'essenza di ratteri indecifrabili. A chi appartengono queste ceneri?
un oggetto ha un qualche rapporto con il suo rifiuto: non I venti non ne sanno nulla». La scrittura di TW è ancor
necessariamente ciò che resta dopo che lo si è usato, ma piu vana : si può decifrare , non interpretare; gli stessi
ciò che viene gettato fuori dall'uso. Analogamente, per tratti possono essere precisi, discontinui; hanno comun -
le scritture di TW. Sono le briciole di una pigrizia, dun- que la funzione di restituire quel vago che impedf a TW ,
que di un'eleganza estrema; come se, della scrittura, atto durante il servizio militare, di essere un buon decifratore
erot ico forte, restasse la fatica amorosa: quel vestito ca- dei codici militari (1 was a lùtle too vague /or that) '. Ma
duto in un angolo del foglio. paradossalmente il vago esclude qualsiasi idea di enig-
ma; il vago non ha nulla a che vedere con la morte; il
La lettera, in TW - il contrario stesso di una letteri- vago è vivo.
na - , è fatta senza applicaz ione. Non è dunque infantile
perché il bambino si applica, preme, arrotonda, tira la
1
lingua ; fa il possibile per raggiungere il codice degli In inglese nel cesto [N. d. T.] .
160 LETTURE: IL GESTO CY TWOMBLY 161

luogo , è assolutamente di tropp o. L' «arte» , il «testo»,


Della scrittura, TW conserva il gesto, non il prodotto. tutto il «per nulla» dell'uomo , la sua perversione, il
Anche se è possibile consumar e esteticamente il risultato suo spreco , non hanno inizio proprio in questo limite
del suo lavoro (ciò che chiamiamo l'opera, la tela ), anche estremo?
se le produzioni di TW raggiungono (non possono sfug-
girvi) una Storia e una Teoria dell'Arte, ciò che vi si mo- Si è voluto accostare TW a Mallarmé. Tutta via, quella
stra è un gesto. Che cosa è un gesto? Qualcosa come il forma di estetismo superiore che li unirebbe, e di cui ci
supplemento di un atto. L'atto è transiti vo, vuole solo si è serviti per accostarli, non esiste né nell'uno né nell 'al-
suscitare un oggetto , un risultato; il gesto è la somma in- tro. Attaccare il linguaggio , come ha fatto Mallarmé, im-
determinata e inesauribile delle ragioni, delle pulsioni, plica un 'intenzione molto piu seria - molto piu pericolo-
delle inoperosità che circondano l'atto di un 'atmosfera sa - che non è solo di ordine estetico. Mallarmé ha volu-
(nella sua accezione astronomica). Distinguiamo dun - to decostruire la frase , veicolo secolare (per la Francia )
que il messaggio, che vuole produrre un 'informazione, dell'ideologia . Di passaggio , di striscio, per cosi dire,
il segno , che intende produrre una comprensione , e il ge- TW decostruisce la scrittura. Decostruire non significa
sto, che produce tutto il resto (il «supplemento» ), sen- affatto: rendere irriconoscibile: nei testi di Mallarmé la
za necessariamente voler produrre qualcosa. L'artista lingua francese viene riconosciuta, funziona anche se
(usiamo ancora questa parola un po ' kitsch ) è per defini- frammentariamente. Anche nei grafismi di TW la scrit-
zione un operatore di gesti: vuole e non vuole nello stes - tura è riconosciuta; si dà, si presenta come scrittura. Tut-
so tempo produrre un effetto; gli effetti prodotti non li tavia, le lett ere formate non fanno piu parte di un codice
ha necessariamente voluti; sono effetti rovesciati , rigira- grafico, come i grandi sintagmi di Mallarmé non fanno
ti, sfuggiti , che gli si rivolgono contro , e provocano mo- piu parte di alcun codice retorico - neanche di quello
dificazioni , deviazioni, alleggerimenti della traccia. In tal della distruzione.
modo, nel gesto si abolisce la distinzione tra la causa e
l'effetto, la moti vazione e il bersaglio, l'espressione e la Sulla superficie di TW non c'è scritto nulla , e tuttavia
persuasione . Il gesto dell 'artista - o l'artista come ge- questa superficie appare come il ricettacolo di ogni scrit-
sto - , non rompe la catena deterministica degli atti che to. Come la scrittura cinese è nata dalle screpolature del-
il buddista chiama karma (non è un santo né un asceta) , le scaglie surriscaldate di tartaruga - almeno cosi si di-
ma la confonde , la rilancia, fino a perderne il senso. Nel- ce - , nello stesso modo quanto vi è di scrittura nell 'opera
lo zen (giapponese ) questa brusca rottura (talvolta sotti- di TW nasce dalla superficie stessa. Non esiste nessuna
le) della nostra logica causale (semplifico ) viene chiama- superficie vergine, anche se vista da lontano: tutto è, da
ta: un satori: per una circostanza minima, anche irriso - sempre, aspro , discontinuo, diseguale, ritmato da qual-
ria, aberrante, confusa , il soggetto si sveglia a una nega- che acciden talità: il grano della carta , lo sporco, il tralic-
tività radicale (che non è piu una negazione ). Considero cio, l'intrecciarsi dei tratti, i diagrammi, le parole. Alla
i «grafismi» di TW come tanti piccoli satori: partiti dalla fine di questa catena , la scrittura perde la sua violenza;
scrittura (campo causale per eccellenza: si scrive , a si impone allora non questa o quella scrittura , e nemme-
quanto si dice, per comunicare ), schegge inutili che non no l'essere della scrittura, ma l'idea di una testura grafi-
sono neppure lettere interpretate, giungono a sospende - ca: «da scrivere », dice l'opera di TW , come altro ve si
re l'essere attivo della scrittura, il tessuto delle sue moti- dice «da p rendere» , «da mangiare».
vazioni, anche estetiche: la scrittura non è piu in alcun
LETTURE: IL GESTO CY TWOMBLY

il nome di ogni materia conduttrice di fuoco: l'esca, ama-


dou). Questa vicenda etimologica spiega come, produ-
CULTURA. cendo una scrittura in apparenza goffa (o mancina), TW
sconvolga la morale del corpo: una morale fra le piu ar-
caiche, dal momento che assimila l' «anomalia» a una
Attraverso l'opera di TW, i germi di scrittura si dira- deficienza, e la deficienza a una colpa. Il fatto che i grafi-
dano all'estremo oppure si moltiplicano follemente: è smi, le composizioni di TW siano «goffe», rinvia TW
come un prurito grafico. In questo movimento la scrittu- alla cerchia degli esclusi, degli emarginati - ove egli si
ra diventa allora cultura. Quando la scrittura preme, ritrova, allora, insieme ai bambini, agli infermi: il «gof-
scoppia, si spinge verso i margini, essa raggiunge l'idea fo» (o il «mancino») è una specie di cieco: non vede
del Libro. Il Libro che è presente virtualmente nell'ope- bene la direzione, la portata dei suoi gesti; è guidato solo
ra di TW, è il vecchio Libro , il Libro annotato: una pa- dalla mano , dal desiderio della sua mano, e non dal suo
rola aggiunta invade i margini, le interlinee: è la glossa. uso strumentale; l'occhio, è la ragione, l'evidenza, l'em-
Quando TW scrive e ripete questa sola parola: Virgil, è pirismo, la verosimiglianza, tutto quanto serve a control-
già un commento di Virgilio, perché il nome, scritto a lare, coordinare, imitare, e, in quanto arte esclusiva della
mano , non solo evoca un'idea (del resto vuota ) della cul- visione, tutta la nostra pittura precedente si è trovata
tura antica, ma opera nello stesso tempo una citazione: soggetta a una razionalità repressiva. In certo modo,
quella di un'epoca di studi insoliti, calmi, oziosi, discre- TW libera la pittura dalla visione; perché il «goffo» (il
tamente decad enti: collegi inglesi, versi latini , pulpiti , «mancino») disfa il legame della mano e dell'occhio: di-
lampade, fini scritture a matita. La cultura per TW è segna senza luce (cosi faceva TW, nell'esercito).
questo: un piacere, un ricordo, un'ironia, un atteggia-
mento, un gesto dand y. Diversamente da molti pittori di oggi, TW mostra il
gesto. Non ci è chiesto di vedere, pensare, assaporare il
prodotto, ma di rivedere, identificare, e, per cosi dire,
di «godere» il movimento che vi è pervenuto. Ora, du-
GOFFO.
rante tutto il periodo in cui l'umanità ha praticato la
scrittura manuale, ad eccezione dello stampato, l'atto
Si è detto: TW è come disegnato, tracciato con la fondamentale con cui le lettere venivano definite, studia-
mano sinistra. La lingua francese è «destra»: ciò che te, classificate, è stato il tratto della mano , e non la per-
cammina vacillando, incerto , ciò che è maldestro, imba- cezione visiva della sua opera: tale atto regolato , è quello
razzato, viene da essa chiamato goffo, e questo goffo, no- che in paleografia viene chiamato ductus: la mano con-
zione morale, giudizio, condanna, è diventato un termi- duce il tratto (dall'alto in basso , da sinistra a destra, vol-
ne fisico, di pura denotazione, che sostituisce abusiva- tando, appoggiando, interrompendosi, ecc.). Senza dub-
mente il vecchio termine «sinistro» designante ciò che bio, è nella scrittura ideografica che il ductus ha la mas-
è a sinistra del corpo: qui è il soggettivo che, a livello sima importanza: codificato rigorosamente , permette di
della lingua , ha fondato l'oggettivo (analogamente, in un classificare i caratteri a seconda del numero e della dire-
altro ambito della lingua francese, una metafora senti- zione delle pennellate, fonda la possibilità stessa del di-
mentale ha dato il nome a una sostanza fisica: l'innamo- zionario, per una scrittura senza alfabeto. Nell'ope ra di
rato che si infiamma, l' amado, diventa, paradossalmente, TW regna il ductus: non ha la sua regola, ma i suoi gio-
LETTURE: IL GESTO CY TWOMBLY

chi, le sue fantasie, le sue esplorazioni, le sue pigrizie. Si di didascalia, o di citazione: Sesostris) sono lf, cercano
tratta, in fin dei conti, di una scrittura di cui non reste- di cancellarsi l'un l'altro, al solo scopo, si dirà, di far leg-
rebbe che l'inclinazione, la corsività; nel grafismo antico, gere quella cancellatura: vera filosofia del tempo. Come
il corsivo è nato dalla necessità (economica) di scrivere sempre, è necessario che la vita (l'arte, il gesto, il lavoro )
rapidamente: alzare la penna costa caro. Qui , accade il sia testimonianza indolore della scomparsa ineluttabile:
contrario: qualcosa cade, piove leggermente, si china co- generandosi (come quelle a incatenate in un solo giro di
me fili d'erba, cancella per désceuvrement,come se si trat- mano, ripetuto , traslato), dando a leggere l'origine (una
tasse di rendere visibile il tempo, il tremolio del tempo. volta questo era il significato dello schizzo), le forme (al-
meno, certamente, quelle di TW) non cantano la mera-
Molte composizioni ricordano, si è detto, gli scrawls viglia della nascita piu di quanto non cantino la squallida
dei bambini. Il bambino è l'infans, quello che non parla sterilità della ripeti zione; si direbbe che esse intendano
ancora; ma il bambino che guida la mano di TW, lui, legare, in un solo stato, ciò che appare e ciò che scompa-
scrive già, è uno scolaro: carta a quadretti, matita a co- re; separare l'esaltazione della vita e la paura della mor-
lori, aste allineate, lettere ripetute, piccoli pennacchi te, è banale; l'utopia , la cui arte può essere il linguaggio,
tratteggiati, simili al fumo che esce dalla locomotiva nei ma a cui resiste tutta la nevrosi umana , è quella di pro-
disegni dei bambini. Tuttavia, ancora una volta, lo ste- durre un solo fenomeno emotivo: né Eros, né Thanatos ,
reotipo («a che cosa sembra») si rovescia sottilmente. La ma Vita-Morte, con un solo pensiero, con uno stesso ge-
produzione (grafica) del bambino non è mai ideale: con- sto. Né l'arte violenta, né quella gelida, somigliano a
giunge senza intermediari il segno oggettivo dello stru- questa utopia, bensf, a mio avviso, quella di TW, inclas-
mento (una matita, oggetto commerciale) e l'Es del pic- sificabile perché unisce con una traccia inimitabile, l'i-
colo soggetto che pesa, preme, insiste sul foglio. Tra lo scrizione e la cancellatura, l'infanzia e la cultura, la deri-
strumento e la fantasia, TW interpone l'idea: la matita va e l'invenzione.
a colori diventa il colore-matita: la reminiscenza (dello
scolaro) si fa segno totale: del tempo, della cultura , della
società (ciò è proustiano, piu che mallarmeiano).
SUPPORTO?
Raramente la goffaggine (gaucherie)è leggera: il piu
delle volte l'essere goffo significa premere, calcare; la
vera mancanza di destrezza significa insistere , ostinarsi, Pare che TW sia un «anticolorista». Ma che cos'è il
voler essere amati (come il bambino che desidera mo- colore? Un godimento. In TW questo godimento esiste.
strare ciò che fa, lo esibisce trionfalmente alla madre ). Per capirlo è necessario ricordare che il colore è anche
Spesso TW rovescia questa goffaggine molto scaltra di un 'idea (un'idea sensuale): affinché vi sia colore (nel sen-
cui ho parlato; non calca, al contrario, si cancella a poco so voluttuoso del termine ), non è necessario che esso sia
a poco, svanisce, pur conservando l'ombra delicata della sottoposto a modi enfatici di esistenza; non è necessario
cancellatura: la mano ha tracciato qualcosa che somiglia che sia intenso, violento, ricco, né che sia delicato, raffi-
a un fiore e poi è trascinata da questa traccia; il fiore è nato , raro, e neppure fermo, pastoso, fluido, ecc.; non
stato scritto e poi cancellato; ma i due movimenti resta- è necessario insomma che vi sia affermazione, installa-
no vagamente impressi l'uno sull'altro. È un palinsesto zione del colore. È sufficiente che esso appaia , che sia
perverso: tre testi (se si aggiunge quella specie di firma, lf, che si inscriva come una punta di spillo nell'angolo
166 LETTURE : IL GESTO CY TWOMBLY
dell'occhio (metafora che nelle Mille e una notte designa
l'eccellenza di un racconto), che laceri qualcosa: che Come in un'operazione chirurgica di estrema finezza,
passi davanti all'occhio, come un'apparizione - o un~ tutto accade (in TW) in quel momento infinitesimale in
scomparsa, perché il colore è come una palpebra che s1 cui la cera della matita si avvicina alla grana della carta.
chiude, uno svanire leggero. TW non dipinge il colore; La cera, sostanza dolce, aderisce alle piu piccole ruvi-
si potrebbe dire, tutt'al piu, che colora; ma la colorazio- dezze del campo grafico, ed è questo leggero volo d'api
ne è rara, interrotta, e sempre a vivo, come per provare a costituire il tratto di TW. Aderenza singolare, perché
la matita. Questo colore, cosi parsimonioso, fa leggere contraddice l'idea stessa di aderenza: è come un tocco
non un effetto (e ancor meno una verosimiglianza), ma
un gesto, il piacere di un gesto: veder nascere dalla punta
delle dita , dell'occhio, qualcosa che è insieme atteso (so
che la mia matita è blu) e inatteso (non solo ignoro quale
blu uscirà, ma, anche se lo sapessi, sarei comunque sor-
preso, perché il colore, come l'avve nimento, è nuovo ad
ogni colpo; perché è il colpo a fare il colore, come a fare
il godimento).

Del resto, si può esserne sicuri, il colore è già nella


carta di TW, in quanto essa è già sporca, alterata, di una
luminosità inclassificabile. Solo la carta dello scrittore è
bianca, «pulita», e questo non costituisce certo un pro-
blema irrilevante (la difficoltà della pagina bianca: so-
vente questo bianco genera il panico: come sporcarlo?);
la sventura dello scrittore, la sua differenza (in relazione
al pittore, e specialmente al pittore di scritture, come
TW) consiste nel fatto che il graffito gli è proibito: TW
è insomma uno scrittore che accederebbe al graffito con
pieno diritto e di fronte a tutti. Tutti sanno che cos'è il
graffito: non è né l'iscrizione , né il suo messaggio, ma il
muro, il fondo, la tavola; dal momento che il fondo esiste
pienamente , come un oggetto che ha già vissuto, la scrit-
tura si aggiunge come suppl emento enigmatico: ciò che
è di troppo, in sovrappiu, non al suo posto, ecco quanto
sconvolge l'ordine; o ancora: nella misura in cui il fondo
non è pulito, non è proprio, esso è improprio al pensiero
(contrariamente al foglio bianco del filosofo), e dunque
proprio a tutto ciò che resta (l'arte, la pigrizia, la pulsio-
ne, la sensualità, l'ironia, il gusto: tutto ciò che l'intellet-
to può sentire come altrettante catastrofi estetiche).
168 LETTURE: IL GESTO CY TWOMBLY

il cui solo ricordo costituirebbe il valore; ma questo pas- tavia, si produce un ritorno stranissimo: in quanto il sen-
sato del tratto può anche essere definito come il suo fu- so è stato estenua to, e la carta è diventata ciò che si deve
turo; la matita, semigrassa, semiappuntita (non si sa chiamare l'oggetto del desiderio, il disegno può compari-
come si muoverà ) va a toccare la carta: tecnicamente l'o- re di nuovo, assolto da ogni funzione tecnica, espressiva
pera di TW sembra essere coniugata al passato e al futu- o estetica; in certe composizioni di TW il disegno del-
ro , e mai veramente al presente; si direbbe che del tratto 1'architetto, dell'ebanista, o di chi calcola la metratura,
non vi sia mai altro se non il ricordo o l'annuncio: sulla ritorna come se si raggiungesse di nuovo e liberamente
carta - a causa della carta - il tempo è perennemente l'origine della catena, resa pura, liberata ormai dalle ra-
incerto. gioni che da molti secoli parevano giustificare la ripro-
duzione grafica di un oggetto riconoscibile.
Prendiamo un disegno di un architetto o di un inge-
gnere, il disegno tridimensionale di un apparecchio o
di qualche immobile: ciò che vediamo non è tanto la
materialità del grafismo; è il suo senso, del tutto indi- CORPO.
pendente dall'esecuzione del tecnico; non vediamo nul-
la se non una specie di intelligibilità. Scendiamo di un
gradino nella materia grafica: davanti a una scrittura Il tratto - ogni tratto inscritto sul foglio - denega il
tracciata a mano , ciò che viene consumato è ancora l'in- corpo importante, il corpo carnoso, il corpo umorale; il
telligibilità dei segni, mentre il nostro sguardo (e già il tratto non dà accesso né alla pelle né alle mucose; ciò
nostro desiderio ) è attirato da alcuni elementi opachi, che esso dice è il corpo che graffia, sfiora (si potrebbe
insignificanti - o piuttosto: di un 'altra significanza-: il arrivare a dire: solletica); con il tratto, l'arte si sposta; il
movimento nervoso delle lettere, il getto dell'inchiostro, suo centro non è piu l'oggetto del desiderio (il bel corpo
lo slancio delle gambe delle lettere, tutto quello, cioè, scolpito nel marmo ), ma il soggetto di questo desiderio:
che non è necessario al funzionamento del codice grafi- il tratto, per quanto soffice, leggero o incerto, rinvia sem-
co ed è, quindi, già un supplemento. Allontaniamoci pre a una forza, a una direzione: è un energon, un lavoro ,
ancora dal senso: un disegno classico non dà a leggere che invita a leggere la traccia della sua pulsione e del suo
nessun segno costituito; non viene piu trasmesso alcun dispendio. Il tratto è un'azione visibile.
messaggio funzionale: investo il mio desiderio nell' ese-
cuzione dell'analogia, nella riuscita della composi zione, Il tratto di TW è inimitabile (si cerchi di imitarlo: ciò
nella seduzione dello stile, e cioè nello stato finale del che si farà non sarà né suo né nostro; sarà nulla) . Ora ,
prodotto: mi è dato da contemplare un vero e proprio ciò che è inimitabile, è il corpo; nessun discorso, verbale
oggetto. TW occupa il punto estremo di questa catena o plastico - se non quello della scienza anatomica, molto
che va dallo schema al disegno , e lungo la quale il senso grossolana, in fin dei conti - , può ridurre un corpo a un
svapora a poco a poco e gli subentra un «profitto» sem- altro corpo. L'opera di TW invita a leggere questa fata-
pre piu inutile: segni, talvolta, ma pallidi, goffi (come lità: il mio corpo non sarà mai il tuo. C'è un solo modo
si è detto ), quasi che il decifrarli fosse del tutto insignifi- di liberarsi da questa fatalità in cui può essere riassunta
cante, ma soprattutto, per cosi dire , l'u ltimo stadio della una certa infelicità: la seduzione: che il corpo (o i suoi
pittura, il suo soffitto: la carta («TW confessa di avere sostituti sessuali, l'arte , la scrittura) seduca, trasporti, o
il senso della carta piu di quello della pittura»). E tut- disturbi l'altro corpo.
LETTURE: IL GESTO CY TWOMBLY

copio il prodotto ma la produzione: mi metto, per cosi


Nella nostra società, il piu piccolo tratto grafico, a dire, sulle tracce della mano.
patto che non derivi da questo corpo inimitabile, da
questo corpo certo, vale milioni. Ciò che è consumato L'opera di TW (almeno per il mio corpo ) è questo:
(perché si tratta di una società dei consumi ), è un cor- una produzione, imprigionata delicatamente, immobiliz-
po, una «individualità» (cioè quel che non può essere zata per magia in quel prodotto estetico che chiamiamo
ulteriormente divisibile). In altri termini , nell'opera tela, o disegno, e la cui collezione (album, mostra ) non
dell'artista, ciò che è comprato è il suo tratto: in tale è altro se non un'antologia di tracce. Quest'opera obbli-
scambio non si può non riconoscere il contratto della ga il lettore di TW (dico: lettore, anche se non c'è nulla
prostituzione. Quello della civiltà capitalista? Si può da decifrare) a una certa filosofia del tempo: retrospetti-
dire che esso definisce in modo specifico i costumi vamente egli deve vedere un movimento, l'antico diveni-
mercantili dei nostri ambienti artistici (che per molti re della mano; ma da questo momento - rivoluzione sa-
costituiscono spesso uno choc)? Nella Cina popolare lutare -il prodotto (ogni prodotto?) appare come un in-
ho visto le opere di pittori contadini il cui lavoro era ganno . Ogni arte, in quanto immagazzinata , consegnata,
per principio estraneo ad ogni tipo di scambio; vi si pubblicata, è denunciata come immaginaria: il reale, che
produceva però un incrocio curioso: il pittore piu van- il tracciato di TW ricorda incessantement e, è la produ -
tato aveva realizzato un disegno corretto ma banale (il zione: a ogni pennellata , TW fa scoppiare il Museo.
ritratto del segretario di una cellula, assorto nella lettu-
ra): nel tratto grafico, non c'era alcun corpo , alcuna Esiste una forma, per cosi dire, sublime del tracciato,
passione, alcuna pigrizia, nulla se non la traccia di una perché priva di ogni senso, di ogni lesione: lo strumento
operazione analogica (rassomiglianza, espressività); per tracciante (pen nello o matita ) scende sul foglio, atterra
contro, l'esposizione raccoglieva altre opere di stile -o alluna - su di esso, ed è tutto: non c'è nemmeno l'om-
«na"if», nelle quali , nonostante il soggetto realistico, il bra di una morsura, c'è semplicemente un posato: alla
corpo folle dell'artista dilettante premeva, scopp iava, rarefazione quasi orientale della superficie un po' sporca
godeva (nella rotondità voluttuosa dei tratti, nell' e- (è lei l'oggetto) risponde l'estenuazione del movimento:
spressività del colore, nella ripetizione inebriante dei non coglie nulla, depone , e tutto è detto.
motivi). In altri termini , il corpo eccede sempre lo
scambio in cui è coinvolto: non esiste commercio , o ve- Se la distinzione del prodotto e della produzione su cui
rità politica, che possa estenuare il corpo: c'è sempre si fonda a mio parere (come si è visto) tutta l'opera di
un punto estremo in cui esso si dà per nulla . TW sembra un po' sofisticata, si rifletta sulla luce de-
cisiva che alcune opposiz ioni terminologiche hanno
Stamattina, pratica feconda - in ogni caso piacevole: proiettato su attività psichiche a prima vista confuse: lo
osservo molto lentamente un album in cui sono ripro- psicanalista inglese D. W. Winnicott ha mostrato che era
dotte opere di TW interrompendomi ogni tanto per errato ridurre il gioco dei bambini a una semplice attività
tracciare, su alcune schede, velocemente , degli scara- ludica ; e per dimostrarlo ha ricordato l'opposizione tra
bocchi: non imito direttamente TW (perché poi dovrei game (gioco retto da regole) e play (gioco che si svolge
farlo?) , imito il !racing che inferisco, se non incon sape- liberamen te). TW, beninteso , è dalla part e del play e non
volmente, certo in modo fantasmatico, dalla lettura; non del game . Ma non è tutto: in un secondo tempo Winni -
LETTURE: IL GESTO CY TWOMBLY 173
cott passa dal play, termine ancora troppo rigido, al la sua arte, è una certa pigrizia (uno dei segni piu puri
playing: il reale del bambino - e dell'artista - è il proces- del corpo). La pigrizia: è appunto ciò che permette il
so della manipolazione, non l'oggetto prodotto (Winni- «disegno», ma non la «pittura» (ogni colore abbando-
cott arriva a sostituire sistematicamente ai concetti le nato, lasciato, è violento ), e neppure la scrittura (ogni
forme verbali corrispondenti: /antasying, dreaming, liv- parola nasce intera, volontaria , armata dalla cultura). La
ing, holding, ecc.). Tutto ciò si può benissimo applicare «pigrizia» di TW (mi riferisco a un effetto e non a una
a TW: la sua opera non ha a che fare con un concetto inclinazione) è peraltro tattica: gli permette di evitare la
(trace)ma con un'attività (!racing):o meglio ancora: con banalità dei codici grafici, senza prestarsi al conformi-
un campo (il foglio) in quanto un'attività vi si svolge. Se- smo delle distruzioni: è, in tutte le accezioni del termine,
condo Winnicott, nel bambino il gioco scompare quan- un tatto.
do subentra la sua area: il «disegno», per TW, scompare
a favore dell'area che egli abita, rende mobile, lavora, Fatto rarissimo, il lavoro di TW non presenta alcuna
solca - o dirada. aggressività (si è detto che questo è un tratto che lo dif-
ferenzia da Paul Klee). Credo di conoscere la ragione di
questo effetto, cosi contrario a ogni arte in cui venga
coinvolto il corpo: TW sembra procedere come certi pit-
MORALITÀ. tori cinesi, per i quali il tratto, la forma, la figura, devono
riuscire subito di primo getto, senza potersi correggere
a causa della fragilità della carta, della seta: è dipingere
L'artista non ha una morale, bensi una moralità. Nella alla prima. Anche TW sembra tracciare i suoi grafismi
sua opera si presentano queste domande: che cosa sono alla prima: ma mentre il getto cinese comporta un grave
gli altri per me? come devo desiderarli?come devo rispon- pericolo, quello di «sbagliare» la figura (non cogliendo
dere al loro desiderio? come devo comportarmi con loro? l'analogia ), il tracciato di TW non ne comporta alcuno:
Enunciando ogni volta una « sottile visione del mondo» è senza finalità, senza modello, senza istanza; senza telos,
(cosi dice il Tao) l'artista compone ciò che è prodotto (o e perciò senza rischio: perché «correggersi», dal mo-
rifiutato) dalla sua cultura, e ciò che insiste con il suo mento che non c'è maestro? Quindi, ogni genere di ag-
corpo: ciò che è evitato, evocato, ripetuto, o ancora: gressività è inutile.
proibito/desiderato: ecco il paradigma che, come le
gambe, fa procedere l'artista in quanto produce. Il valore deposto da TW nella sua opera può dipende-
re da quello che Sade chiamava il principio di delicatezza
Come fare un tratto che non sia sciocco?Non è suffi- («Rispetto i gusti, le fantasie ... le trovo tutte rispettabili ...
ciente ondularlo un po' per renderlo vivo: bisogna - si Perché anche la piu bizzarra delle fantasie, se analizzata,
è detto-sbagliarlo: c'è sempre qualcosa di goffo nell'in- rinvia sempre a un principio di delicatezza»). Come
telligenza. Osservate quelle due linee parallele tracciate principio, la «delicatezza» non è morale, né culturale; è
da TW; esse finiscono per ricongiungersi come se l'autore una pulsione (perché la pulsione dovrebbe essere violen-
non fosse stato in grado di tenere fino alla fine lo scarto ta, grossolana?), una certa domanda del corpo stesso.
ostinato che le definisce matematicamente. Ciò che sem-
bra intervenire nel tratto di TW e condurlo sul bordo 24 short pieces: il rinvio è sia a Webern, sia all'haiku
di questa misteriosissima disgrafiache costituisce tutta giapponese. Si tratta comunque, in tutti i tre casi, di
CY TWOMBLY 175
te, al di là dei secoli storici, al limite stesso del senso, e
dire, con il Tao To King:
Egli produce senza appropriarsi,
agisce senza aspettare nulla,
compiuta l'opera, non si lega ad essa,
e perché non vi si lega,
la sua opera resterà.

un'arte paradossale, persino provocante (se non fosse


delicata ), in quanto la concisione va a scapito della pro-
fondità. In genere, ciò che è breve appare raccolto: la
rarità genera la densità, e la densità l'enigma. In TW si
produce un'altra deriva: certamente c'è un silenzio, o
meglio, un leggerissimo crepitio del foglio, ma questo
fondo è anch'esso una potenza positiva; rovesciando il
rapporto abituale del prodotto classico, potremmo dire
che il tratto, il taglio , la forma, cioè l'awenimento grafi-
co, è quanto permette al foglio di esistere, di significare,
di godere («L'essere, - dice il Tao, - crea le possibilità,
ma è tramite il non -essere che queste possibilità vengono
utilizzate»). Lo spazio trattato non è perciò piu compu-
tabile, ma non per questo cessa di essere plurale: la de-
dica ad Alban Berg, «Non multa, sed multum», non va
interpr etata proprio secondo questa opposizione, diffi-
cilmente sostenibile perché esclude nello stesso tempo
il numero e l'unità, la dispersione e il centro?

Ci sono pitture eccitate, possessive, dogmatiche; esse


impongono il prodotto, gli conferiscono la tirannia di un
concetto o la violenza di un desiderio. L'arte di TW - e
la sua moralità - e anche la sua estrema singolarità stori -
ca - non vuole coglierenulla; si mantiene, fluttua, va alla
deriva tra il desiderio - che, sottilmente , anima la man o
- e l'educazione che lo congeda; se si dovesse cercare
un riferimento a questa arte, lo si potrebbe cercare solo
molto lontano, al di là della pittura, al di là dell'Occiden-
Letture: l'arte Saggezza dell'arte

Indipendentemente dai mutamenti della pittura , dal


supporto o dalla cornice , il problema è sempre lo stesso:
che cosa accade, li? Tela, carta , o muro , si tratta di una
scena in cui avviene qualcosa (e se, in certe forme artisti-
che, l'artista vuole deliberatamente che non accada nul-
la, si tratta ancora una volta di un'a vventura ). Bisogna
perciò considerare il quadro (conserviamo per comodità
questo termine , anche se antiquato ) come una specie di
teatro all'italiana: si apre il sipario, e noi guardiamo, ri-
ceviamo, capiamo ; quando la scena è finita, il quadro
scompar so, ricordiamo. Qualcosa è avvenuto in noi:
come nel teatro antico , siamo stati iniziati. Vorrei inter -
rogare Twombl y in relazione all'Avvenimento.
Ciò che accade sulla scena proposta da Twombl y (tela
o disegno ) è sempre qualcosa che riunisce diversi generi
di avvenimenti , che i Greci nel loro vocabo lario distin-
guevano benissimo: accade un fatto (pragma), un caso
(tyché), una risoluzione (telos), una sorpresa (apodeston)
e un 'azione (drama).

I.

Prima di tutto, accadono ... matita , olio , carta, tela. Lo


strumento pittorico non è uno strumento. È un fatto.
Twombly impone il materiale non come ciò che servirà
a qualcosa , ma come una materia assoluta , manifestata
nella sua gloria (il vocabolario teologico dice che la glo-
ria di Dio è la manifestazione del suo Essere ). Il materia-
LETTURE: L'ARTE SAGGEZZA DELL'ARTE 179
le è materia prima, come per gli Alchimisti. La materia appartiene allo scrittore: e le «frasi» di Twombly sono
prima è quanto esiste prima della divisione del senso: inimitabili.
enorme paradosso perché, nell'ordine umano, all'uomo Ecco dunque attraverso quali gesti Twombly enuncia
non è dato nulla che non sia immediatamente accompa- (si potrebbe dire: computa?) la materia della traccia: 1)
gnato da un senso, quello dato da altri uomini, e cosi di il graffio. Twombly graffia la tela con un caos di linee
seguito, risalendo, all'infinito. Il potere demiurgico del (Free Wheeler, Criticism, Olympia); il gesto è quello di
pittore consiste nel fatto che egli fa esistere il materiale un va-e-vieni della mano, talvolta intenso, come se l' ar-
come materia; anche se dalla tela scaturisce del senso, tista «pasticciasse» il tracciato, allo stesso modo di chi,
la matita e il colore rimangono «cose», sostanze ostinate, annoiandosi durante una riunione sindacale, annerisse
il cui «esserci» non può essere impedito da nulla (da con tratti a prima vista insignificanti un angolo del foglio
nessun senso a posteriori). posto dinanzi a sé; 2) la macchia (Commodus Il). Non si
L'arte di Twombly consiste nel far vedere le cose: tratta di tachisme: Twombl y dirige la macchia, la trasci-
non quelle rappresentate (è un altro problema), ma na, come se intervenisse con le dita; il corpo è dunque
quelle manipolate da lui: quel po' di matita, quella carta li, contiguo, vicino alla tela, non per proiezione, ma, per
a quadretti, quella particella di rosa, quella macchia cosi dire, per contatti successivi, ma sempre leggeri. Non
scura. Quest'arte possiede il suo segreto, che è, general- si tratta di uno schiacciamento (ad esempio : Bay o/ Na-
mente, non quello di stendere la sostanza (carboncino, ples); sarebbe meglio forse, parlare di macula, piu che
inchiostro, olio) ma di lasciarla trascinare. Si potrebbe di «macchia»; perché la macula è ogni genere di mac-
pensare che, per dire la matita, bisogna premerla, raf- chia; si tratta (secondo la sua etimologia) della macchia
forzarne la traccia, renderla intensa , nera, spessa. sulla pelle, ma anche della maglia di una rete, perché
Twombly pensa il contrario: trattenendo la pressione essa ricorda il maculato di certi animali; le maculae di
della materia, lasciando che essa si deponga negligente- Twombl y sono infatti come quelle di una rete ; 3) lo spor-
mente, in modo che la granulazione si disperda un po', co. Chiamo cosi le tracce, del colore o della matita, spes-
la materia mostra la sua essenza, ci dà la certezza del so di una materia indefinibile, che Twombly sembra ri-
suo nome: è matita. Se si volesse fare della filosofia, si coprire con altri tratti , come se volesse cancellarle, senza
potrebbe dire che l'essere delle cose non è nella loro volerlo fare veramente, perché questi tratti restano un
pesantezza, ma nella loro leggerezza: il che significhe- po' visibili sotto lo strato che li avvolge. È una dialettica
rebbe forse ritrovare una dichiarazione di Nietzsche: sottile: l'artista finge di aver «fallito» qualche pezzo del-
«Ciò che è buono è leggero». In effetti, nulla di wagne - la tela e di volerlo cancellare; ma, a sua volta, questa can-
riano in Twombly. cellatura risulta sbagliata. Le due cancellature sovrappo-
Si tratta perciò di far apparire, sempre, in ogni circo- ste producono una specie di palinsesto: dànno alla tela
stanza (in qualunque opera), la materia come un fatto la profondità di un cielo in cui nuvole leggere passino
(pragma). Per questo Twombly possiede se non dei me- le une davanti alle altre senza annullarsi (View, School
todi (e anche se ne avesse, in arte, il metodo è nob ile), o/ Athens).
almeno delle abitudini. Non chiediamoci se queste abi- Si dirà, forse, che questi gesti, il cui scopo è di istituire
tudini sono state possedute da altri pittori: l'originalità la materia come un fatto, hanno tutti a che fare con la
dell'arte di Twomb ly consiste comunque nella combina- sporcizia. Paradosso: il fatto, nella sua purezza, si defini-
zione, nella ripartizione, nel dosaggio di queste abitudi- sce meglio in quanto non è pulito. Si prenda un oggetto
ni. Anche le parole appartengono a tutti; solo la frase comun e: la sua essenza ci è data non quando è nuovo,
180 LETTURE: L'ARTE SAGGEZZA DELL'ARTE 181
vergine, ma piuttosto quando è un po' usato, sporco, ab- i linguisti, seguendo Austin, hanno chiamato« performa-
bandonato: il rifiuto, ecco dove si legge la verità delle tivi», perché il loro senso si confonde con l'atto della
cose. La verità del rosso è nella sua traccia; la verità della enunciazione: «dedico» non ha altro senso se non il gesto
matita è nella tenuta allentata di un tratto. Le Idee (nel effettivo con il quale tendo ciò che ho fatto (la mia ope-
senso platonico) non sono Figure metalliche e brillanti, ra ) a qualcuno che amo o ammiro. È quanto ha fatto
irrigidite come concetti, bensf macchie un po' incerte, Twombly: accogliendo solo l'iscrizione della dedica, la
leggere su un fondo vago. tela in un certo modo si allontana: è dato solo l'atto del
Tutto questo è valido per quanto riguarda il fatto pit- dare - e quel po' di scrittura per dirlo. Sono tele-limite,
torico (via di porre) '. Ma ci sono altri avvenimenti nell' o- non in quanto non comportano alcuna pittura (altri pit-
pera di Twombly: avvenimenti scritti, Nomi. Anch'essi tori hanno sperimentato questo limite) ma perché è sop-
sono fatti: sono in piedi sulla scena, senza scenario, sen- pressa l'idea stessa di opera: ma non la relazione del pit-
za accessori: Virgil, Orpheus. Ma la loro gloria nomina- tore verso chi ama.
lista (nient'altro che il Nome) è anch'essa impura: il
grafismo è un po' infantile, irregolare; goffo; nulla a che
vedere con la tipografia dell'arte concettuale; la mano 2.
che traccia dà a quei nomi tutta la goffaggine di qualcu-
no che cerca di scrivere. E allora, forse, è qui che la verità Tyché, in greco, è l'avvenimento in quanto accaduto
del nome appare meglio: lo scolaro non impara forse per caso. Le tele di Twombly sembrano comportare
l'essenza del tavolo trascrivendon e il nome a mano? sempre una certa quantità di caso, una Buona Fortuna.
Scrivendo Virgil sulla sua tela, è come se Twomb ly con- Non importa che l'opera sia, di fatto, il risultato di un
densasse nella sua mano l'immensità stessa del mondo calcolo minuzioso. Ciò che conta è l'effetto del caso o,
di Virgilio, tutti i riferimenti di cui questo nome è il ricet- piu sottilmente (l'arte di Twombly non è aleator ia) l'ef-
tacolo. È per questo che dai titoli di Twombl y non biso- fetto dell'ispirazione, la forza creativa che è come la feli-
gna trarr e nessuna inferenza analogica. Se la tela si chia- cità del caso. Due movimenti e uno stato spiegano que-
ma The Italians, è inutile cercare gli Italiani, salvo, ap- sto effetto.
punto, nel loro nome. Twombly sa che il Nome ha una I movimenti sono: anzitutto, l'impressione di «getta-
potenza evocativa assoluta (e sufficiente): scrivere gli Ita- to»: il materiale sembra gettato attraverso la tela, e get-
liani, è come vedere tutti gli Italiani. I nomi sono quelle tare è un atto in cui si inscrivono contemporaneamente
giare di cui parlano Le mille e una notte, in non so piu una decisione iniziale e una indecisione finale: quando
quale racconto: vi sono racchiusi dei geni; aprite o spez- getto, so che cosa sto facendo ma non so che cosa pro-
zate le giare, il genio si libera, si deforma come fumo duco. Il «gettato» di Twombly è elegante, agile, «lun -
e si espande nell'aria: spezzate il titolo , l'intera tela sva- go», come si dice in quei giochi in cui si tratta di lanciare
nisce. una palla. Poi - sembra la sua conseguenza - un'appa-
Un funzionamento cosi puro si osserva bene nella de- renza di dispersione: in una tela (o in un disegno) di
dica: in Twombly ce n'è qualcuna: To Valéry, To Tatlin. Twomb ly, gli elementi sono separati gli uni dagli altri
Una volta di piu, in essa, null'altro se non l'atto grafico dallo spazio, da molto spazio; in questo, essi hanno una
di dedicar e. Ebbene, «dedicare» è uno di quei verbi che certa affinità con la pittura orientale, cui Twombly è del
resto vicino per l'uso ricorrente dell'unione tra scrittura
1
In italiano nel testo [N. d. T.] . e pittura. Anche quando gli incidenti - gli avvenimenti-
182 LETTURE: L'ARTE SAGGEZZA DELL 'ARTE

sono segnati fortemente (Bay o/ Naples), le tele di


Twombly restano spazi assolutamente aerati; e la loro 3.
aerazione non è solo un valore plastico; è come un'ener -
gia sottile che permette di respirare meglio. La tela pro- Mars and the Artist è una composizione apparente-
duce in me quello che il filosofo Bachelard chiamava mente simbolica: in alto, Marte, cioè una battaglia di li-
un'immaginazione «ascensionale»: fluttuo nel cielo, re- nee e di rossi, in basso, l'Artista, cioè un fiore e il suo
spiro nell'aria (School o/ Fontainebleau). Lo stato che è nome. La tela funziona come un pittogramma, in cui gli
legato a questi due movimenti (il «gettato» e la disper - elementi figurativi e quelli grafici si combinano tra di
sione), e che caratterizza tutte le tele di Twomb ly, è il loro. Ques to sistema è chiarissimo, e, sebbene del tutto
Raro. Rarus significa in latino: ciò che presenta degli in- eccezionale nell'opera di Twombly, la sua stessa chiarez-
tervalli o degli interstizi, raro , poroso , sparso, ed è lo za rinvia ai problemi della figurazione e della significa-
spazio di Twombly (si veda in particolare Untitled, 1959). z10ne.
Queste due idee, quella di uno spazio vuoto e quella Anche se l'astrazione (termine discutibile , lo si sa) è
del caso (tyche') come possono essere in relazione fra in movimento da lungo tempo nella storia della pittura
loro? Valéry (cui è dedicato un disegno di Twombl y) ce (a partire, si dice, dall'ultimo Cézanne ), ogni nuovo ar-
lo può spiegare. In un corso al Collège de France (5 mag- tista si confronta sempre con essa: in arte, i prob lemi di
gio 1944) Valéry esamina i due casi in cui può trovarsi linguaggio non sono mai risolti una volta per tutte: il lin-
chi realizza un'opera: nel primo , l'opera risponde a un guaggio ritorna sempre su se stesso. Non è mai un'inge-
piano preciso ; nel secondo, l'artista arreda un rettangolo nuità (malgrado le intimidazioni della cultura, e soprat-
immaginario . Twombl y arreda il suo rettangolo secondo tutto degli specialisti) chiedersi davanti a una tela ciò che
il principio del Raro, cioè dello spaziamento. Questa no- essa raffigura. Il senso aderisce all'uomo: anche quando
zione è capitale nell'estetica giapponese, che non cono- vuole creare il non-senso o il fuori-senso, finisce per pro-
sce le categorie kantiane dello spazio e del tempo , ma durre il senso stesso del non-senso o del fuori-senso . È
quella, piu sottile, di intervallo (in giapponese: Ma) . Il quindi legittimo torna re incessantemente sul problema
Ma giapponese, è in fondo il Rarus latino, ed è l'arte di del senso, dal momento che è proprio esso a ostacolare
Twombl y. Il Rettangolo Raro rinvia cosi a due civiltà: l'universa lità della pittura. Se molte persone (a causa
da un lato al «vuoto» delle composizioni orientali, sem- delle differenze di cultura ) hanno l'impressione di «non
plicemente sottolineate qua e là da una calligrafia; e dal- capire nulla» davanti a una tela, è perché vogliono senso,
1' altro a uno spazio mediterraneo , che è quello di Twom- e perché la tela (cosi pensano) non gliene dà.
bly. Curiosamente, proprio Valéry (ancora lui) ha de- Twombl y affronta chiaramente il prob lema, almeno
scritto questo spazio in rarefazione, non a propo sito del per un aspetto: la maggior parte delle sue tele ha un ti-
cielo o del mare (cui si penserebbe subito), ma a propo- tolo. Per ciò solo, esse offrono all'uomo l'attrattiva di un
sito delle vecchie case meridionali: «Quelle grand i stan- significato di cui è assetato. Infatti nella pittura classica,
ze del Mezzogiorno, adattissime a una meditazione - i la didascalia di un quadro (quella sottile linea di parole
mobili grandi e sperduti. Il grande vuoto chiuso - dove che scorre sul fondo dell'opera e sulla quale si precipita-
il tempo non conta. Lo spirito vuole popolare tutto ciò». no i visitatori di un museo ) diceva chiaramente che cosa
In fondo, le tele di Twombl y sono grandi stanze medi - un quadro rappresentava: il carattere analogico della
terranee, calde e lumino se, dagli elementi sperduti (rari) pittura era raddoppiato da quello del titolo: il significato
che lo spirito vuole popolar e. sembrava esaustivo, giungeva sino al fondo della figura-
LETTURE: L'ARTE SAGGEZZA DELL'ARTE

zione. Ora, non è possibile vedendo una tela di Twom- porre realmente la sua generalità: essa non è riducibile
bly, con un titolo, sfuggire a questa sorta di riflesso con- a una somma di particolari localizzabili. Théophile Gau-
dizionato e mettersi a cercare l'analogia. The Italians? tier ha scritto una poesia, Symphonie en blanc majeur, in
Sahara? Dove sono gli Italiani? Dov'è il Sahara? Natural- cui ogni verso concorre, in modo insistente e diffuso, al-
mente, non si trova nulla. Oppure - e qui inizia l'arte di 1'affermazione di un solo colore, il bianco , che si impri-
Twombly - ciò che si tro va - e cioè la tela stessa, l' Avve- me in noi ind ipendentemente dagli oggetti che ne sono
nimento, nel suo splendore e nel suo enigma - è ambi- i supporti. Paul Valéry, nel suo periodo simbolista, ha
guo: non c'è nulla che «rappresenti» gli Italiani , il Saha- scritto due sonetti, intitolati entrambi Féerie, il cui effet-
ra, nessuna figura analogica di questi referenti; e tutta- to è un certo colore; ma, poiché dalla Scuola Parnassiana
via, lo si indovina vagamente, non c'è nulla in queste tele al Simbolismo la sensibilità si è raffinata (sotto l'influen-
che contrasti una certa idea naturale del Sahara deo-li za non trascurabile dei pittori ), questo colore non può
Italiani . Insomma, lo spettatore ha il presentime~to di ricevere un nome (diversamente dal bianco di Gautier ).
un'altra logica (il suo sguardo comincia a lavorare): an- Indubbiamente è l'argentato che domina, ma questa tin-
che se molto oscura, la tela ha una risoluzione: ciò che ta è attratta verso altre sensazioni che la diversificano e
vi accade è conforme a un telos, a una certa finalità. la rafforzano: luminosità , trasparenza, leggerezza, acu-
Tale risoluzione non è tro vata subit o. Dapprima il ti- tezza brusca , freddezza: pallore lunare, seta di piume,
tolo, in un certo modo, blocca l'accesso alla tela, perché , bagliore di diamante, iridazione di madreperla. Perciò
con la sua precisione, la sua intelligibilità , il suo classici- l'effetto non è un «trucco» retorico: è una vera e propria
smo (nulla di strano, nulla di surrealista), ci conduce categoria della sensazione, definita da questo paradosso:
lungo una via analogica, ben presto sbarrata. I titoli di unità non scomponibile dell'impressione (del «messag-
Twombly hanno una funzione labirintica: dopo aver gio» ) e complessità delle cause, degli elementi: la gene-
percorso l'idea che essi propongono, si è obbligati a tor - ralità non è misteriosa (totalmente affidata al potere del-
nare indietro per ripartire in un'altra direzione. Tutta- l'art ista), ma è nondimeno irriducibile. È una logica un
via, qualcosa, del loro fantasma, rimane, e impregna la po' diversa, una specie di sfida del poeta (e del pittore )
tela. Essi costituiscono il momento negativo di oo-niini- alle regole aristoteliche della struttura.
ziazione. Quest'arte la cui formula è rara, ad un ~empo Benché molti elementi separino Twombly dal Simbo-
intellettuale e sensibilissima, sperimenta di continuo la lismo {l'arte, la storia, la nazionalità), qualcosa tuttavia
negatività , come quei mistici che chiamiamo «apofatici» li accomuna: una certa forma di cultura. Questa cultura
(negativi), perché impongono di percorrere tutto quanto è classica: Twombly non solo si riferisce direttamen te a
non è, al fine di scorgere in questo vuoto una luce che fatti mitologici trasmessi dalla letteratura greca e latina,
vacilla, ma anche irradia, perché non mente . ma gli «autori» (auctores significa: i garanti) che egli in-
Ciò che le tele di Twombly producono (il loro telos) troduce in pittura sono o poeti umanisti (Valéry, Keats),
è molto semplice: è un «effetto». Questo termine va in- o pittori nutriti di antichità (Poussin, Raffaello). Un'uni-
teso nel senso tecnico che possiede nelle correnti lettera - ca catena, incessantemente figurata, collega gli dèi greci
rie francesi della fine del xrx secolo, dalla Scuola Parna s- all'artista moderno - catena le cui maglie sono Ovidio e
siana al Simbolismo. L' «effetto» è un'impressione o-ene- Poussin. Una specie di triangolo d'oro mette in relazione
rale suggerita dalla poesia - impressione eminente~ente gli antichi, i poeti , e il pittore. È significativo che una
sensuale e spesso visiva. Ciò è banale. Ma il carattere pe- tela di Twombly sia dedicata a Valéry, e lo è ancor di
culiare dell'effetto consiste nell'impossibilità di scom - piu forse - perché tale incontro è avvenuto certamente
186 LETTURE: L'ARTE SAGGEZZA DELL' ART E

all'insaputa di Twombly- che una tela di questo pittore come quella di Valéry rimangono prigioniere di una sor-
e una poesia di questo scrittore portino lo stesso titolo: ta di decenza superiore). Dopo l'avvenimento, Twombl y
Naissance de Vénus; e le due opere hanno lo stesso « ef- introduce sovente una sorpresa (apodeston) . Questa sor-
fetto»: quello del sorgere dalle acque. Questa conver- presa assume l'apparenza di una incongruità , di una de-
genza, qui esemplare, permette di capire l' «effetto» risione, di una deflazione , come se l'enfasi umanista si
Twombl y. Mi pare che questo effetto, costante in tutte fosse improvvisamente sgonfiata. Nell'Ode to Psyche,
le sue tele, anche in quelle che hanno preceduto il suo una discreta campionatura in un angolo giunge a «spez-
stabilirsi in Italia (per ché, come dice ancora una volta zare» la solennità del titolo , nobile quant 'altri mai. In
Valéry, accade che l'avvenire sia causa del passato), è Olympia, in alcuni punti appare un motivo tratteggiato
quello, generalissimo , evocato in tutte le sue dimensioni «maldestramente» come quelli dei bambini quando vo-
possibili dalla parola «Mediterraneo». Il Mediterraneo gliono disegnare delle farfalle. Dal punto di vista dello
è un immenso complesso di ricordi e di sensazioni: le «stile», valore sommo che ha suscitato il rispetto di tutti
lingue, il greco e il latino, presenti nei titoli di Twombly, i classici, nulla di piu lontano del Voile d 'Orphée di quel-
una cultura, storica, mitologica, poetica, tutta la vita del- le poche righe infantili da geometra in erba! In Untitled
le forme, dei colori, e delle luci che ha luogo alla frontie- (1969 ), che grigi! Com'è bello! Due sottili tratti bianchi
ra dei luoghi terrestri e della distesa del mare. L'arte ini- sono sospesi trasversalmente (sempre il Rarus, il Ma
mitabile di Twombly è quella di aver imposto l'effetto- giapponese). Questo potrebbe essere molto zen; ma due
Mediterraneo a partire da un materiale (tratteggi, spor- cifre appena leggibili danzano sopra i due tratti e rinvia-
cizie, tracce , poco colore , nessuna forma accademica) no la nobiltà di quel grigio alla leggerissima derisione di
che non ha alcun rapporto analogico con il grande scin- un foglio di calcolo.
tillio mediterraneo. A meno che ... non sia appunto da queste sorprese che
Conosco l'isola di Procida, di fronte a Napoli, dove le tele di Twombly incontrano lo spirito zen piu puro.
ha vissuto Twombl y. Ho passato qualche giorno nella Esiste in effetti nell'atteggiamento zen una esperienza,
vecchia casa dove ha abitato l'eroina di Lamartine , Gra- ricercata senza metodo razionale, che ha molta impor-
ziella. Lf si raccolgono la calma della luce, il cielo, la ter- tanza: è il satori. Questa parola viene tradotta in modo
ra, alcuni tratti di roccia, un arco a volta. È Virgilio, ed inadeguato (a causa della nostra tradi zione cristiana ) con
è una tela di Twombly: non ce n'è una, in fondo, in cui «illuminazione»; talvolta , un po' meglio con «risve-
non vi sia quel vuoto del cielo, dell'acqua e quei leggeris- glio»; si tratta indubbiamente, per quanto noi profani
simi segni terrestri (una barca , un promontorio) che vi possiamo averne un'idea, di una specie di scossa mentale
navigano (apparent rari nantes): il blu del cielo, il grigio che permette di accedere, al di fuori di tutte le vie intel-
del mare, il rosa dell'aurora. lettuali conosciute, alla «verità» buddista: verità vuota,
sconnessa nelle forme e nei rapporti causali. Ciò che
conta, per noi, è che il satori zen sia ricercato con l'aiuto
4. di tecniche sorprendenti: non solo irrazionali, ma anche
e soprattutto incongrue, che sfidano la serietà che attri-
Che cosa accade in una tela di Twombly? Una specie buiamo alle esperienze religiose. Si tratta talvolta di una
di effetto mediterraneo. Quest'effetto, tuttavia, non è risposta «senza capo né coda» a un 'alta que stione me-
«gelato» nella pompa, nel serio, nel drappeggiato delle tafisica, talaltra di un gesto sorprendente, che viene a
opere umaniste (anche le poesie di una mente acuta spezzare la solennità di un rito (come quel predicatore
188 LETTURE: L'ARTE SAGGEZZA DELL'ARTE
zen che, nel bel mezzo di un sermone, si fermò, si tolse «Raro», agiscono come forze che spezzano la tendenza
le scarpe, se le mise sul capo e usci dalla sala). Incongrui- della cultura classica a fare dall'antichità una riserva di
tà di questo genere, essenzialmente irrispettose, han- forme decorative: la purezza apollinea del riferimento
no la possibilità di scuotere lo spirito serio che sovente greco, sensibile nella luminosità della tela, la pace auro-
presta la propria maschera alla buona coscienza delle no- rale del suo spazio, sono «scosse» (ecco il termine cor-
stre abitudini mentali. Al di là di ogni prospettiva reli- retto per satori) dall'ingratitudine dei grafismi. La tela
giosa (evidentemente ), certe tele di Twombly contengo- pare agire contro la cultura, di cui abbandona l'enfasi
no questo genere di impertinenze, di scosse, di piccoli discorsiva lasciando trapelare solo la bellezza. Si è det-
satori. to che contrariamente a quella di Paul Klee, l'arte di
Tra le sorpres e suscitate da Twombly bisogna anno- Twombly non comporta nessun tipo di aggressività. Ciò
verare tutti gli interventi di scrittura nell'ambito della è vero se si concepisce l'aggressività nel senso occidenta-
tela: ogni volta che Twombly produce un grafismo, c'è le, come l'espressione eccitata di un corpo costretto che
una scossa, uno scuotimento del naturale della pittura. esplode. L'arte di Twombly è un'arte della scossa, piu
I suoi interventi sono di tre tipi (per semplificare). Vi che della violenza, e spesso accade che la scossa sia piu
sono innanzitutto segni, cifre, piccolissimi algoritmi , sovversiva della violenza: è appunto la lezione di certi
tutto quanto produce una contraddizione tra l'inutilità modi orientali di comportamento e di pensiero.
sovrana della pittura e i segni utilitaristici del calcolo. In
secondo luogo vi sono le tele in cui il solo evento è una
parola scritta a mano. E infine, estensiva a questi due tipi 5-
di interventi, la «goffaggine» costante della mano; la let-
tera, in Twombly, è l'esatto opposto di una letterina o Drama, in greco, si lega etimologicamente all'idea di
di un tipogramma ; è fatta, pare, senza applicazione; e «fare». Drama è insieme ciò che si fa e ciò che si rappre-
tuttavia non è veramente infantile, perché il bambino si senta nella tela: un «d ramma », perché no? Da parte mia,
applica, calca, arrotonda, tira la lingua; lavora faticosa- vedo nell'opera di Twombly due azioni, o un 'azione a
mente per raggiungere il codice degli adulti. Twomb ly due livelli.
se ne allontana, disserra, trascina; la sua mano pare en- L'azione del primo tipo consiste in una specie di mes-
trare in levitazione; si direbbe che la parola sia stata sa in scena della cultura. Ciò che accade sono «storie»
scritta con la punta delle dita, non per disgusto e neppu- che provengono dal sapere, e, come si è detto, dal sapere
re per noia, ma per una specie di fantasia che delude classico: i cinque giorni dei Baccanali, la nascita di Vene-
quanto ci si aspetta dalla bella mano di un pittore: cosi re, le Idi di Marzo, tre dialoghi di Platone , una battaglia,
era chiamato nel xvu secolo il copista che aveva una bel- ecc. Queste azioni storiche non sono rappresentate;
la scrittura. E chi potrebbe scrivere meglio di un pittore? sono evocate dalla potenza del Nome. Insomma, a venir
Questa «goffaggine» della scrittura (tuttavia inimita- rappresentata è la cultura stessa, o, come si dice oggi,
bile: provate ad imitarla) in Twombly ha certamente una l'inter -testo , e cioè quella circolazione di testi precedenti
funzione plastica. Ma qui, dove non si parla di Twombl y (o contemporanei) nel pensiero (o nella mano) dell'arti-
secondo il linguaggio della critica d'arte, si insisterà sulla sta. Questa rappresentazi one è del tutto esplicita quan-
sua funzione critica. Tramite il grafismo, Twombl y in- do Twombly prende opere del passato (e consacrate
troduce quasi sempre una contraddizione nella sua tela: come altamente culturali) e le mette en abyme in alcune
il «povero», il «maldestro», il «goffo», raggiungendo il tele: anzitutto nei titoli (The School o/ Athens, da Raf-

L
LETTURE: L'ARTE
SAGGEZZA DELL'ARTE
faello), poi in personaggi, del resto poco riconoscibili,
il lettore, fa parlare in se stesso: una tipologia dei discor-
posti in un angolo, come immagini per cui conta il rife-
si, in un certo senso). Esistono dunque piu soggetti che
rimento e non il contenuto (Leonardo , Poussin ). Nella
guardano Twombly (e ne parlano a voce bassa, ognuno
pittura classica, «ciò che accade» è il «soggetto» della nel proprio pensiero ).
tela; questo soggetto spesso è aneddotico (Giuditta che
C'è il soggetto della cultura , colui che sa come è nata
uccide Oloferne); ma nelle tele di Twombly il «sogget-
Venere, chi sono Poussin e Valéry; questo soggetto è fe-
to» è un concetto: è il testo classico «in sé» - concetto
condo, e può parlare quanto vuole. C'è il soggetto della
strano, effettivamente, perché è desiderabile , oggetto
d'amore, forse di nostalgia. specialità, colui che conosce bene la storia della pittura
e sa dissertare sul luogo occupato da Twombl y. C'è il
In francese esiste una preziosa ambiguità del vocabo-
soggetto del piacere, colui che gioisce davanti a una tela,
lario: il «soggetto» di un'opera è sia l'oggetto (ciò di cui
e nello scoprirla sente una sorta di felicità, che del resto
essa parla, e che propone alla riflessione, la quaestio della
non sa esprimere; questo soggetto è perciò muto; po-
retorica antica ), sia l'essere umano che si rappresenta,
trebbe solo esclamare: «Come è bello!» e ripeterlo: è
che vi figura come autore implicito di quanto è detto (o
questo uno dei piccoli tormenti del linguaggio: non si
dipinto ). In Twombly, il «soggetto» è, senza dubbio, ciò
può mai spiegare perché si trovi bella una cosa: il piacere
di cui la scena parla; ma, poiché questo soggetto-oggetto
oenera una certa pigrizia di paro la, e se si vuole parlare
non è che un'allusione (scritta), tutto il peso del drama
di un 'opera , bisogna sostituire ali' espressione del piace-
passa a colui che la produce: il soggetto è Twombly stes-
re discorsi meno diretti, piu razionali - con la speranza
so. Il viaggio del «soggetto», tuttavia, non si ferma qui:
che il lettore vi senta la felicità procurata dalle tele di
dal momento che l'arte di Twombly pare comportare
cui si parla. Un quarto soggetto è quello della memoria.
uno scarso sapere tecnico (si tratta, comunque, solo di
Su una tela di Twombl y, quella macchia mi pare dappri-
un'apparenza) il «soggetto» della tela è anche colui che
ma frettolosa, fatta male, senza senso: non la capisco. Ma
la guarda: voi, io. La «semplicità» di Twomb ly (è quanto
essa lavora , a mia insaputa, in me; dopo che ho lasciato
ho analizzato con il termine «Raro» o «goffo» ) richiama,
la tela, ritorna , sotto la forma di ricordo , e di ricordo te-
attira lo spettatore: egli vuole raggiungere la tela, non
nace: tutto cambia, e la tela mi rende, retrospettivamen -
per consumarla esteticamente, ma per produrla a sua
te, felice. In realtà ciò che consumo con felicità è un'as-
volta («riprodurla» ), provarsi in una realizzazione la cui
senza: e se si pensa che Mallarmé ne ha fatto il principio
nudità e la cui goffaggine gli procurano un'incredibile
(e del tutto falsa) illusione di facilità. stesso della poesia: «Je dis: une fleur et ... musicalement
se lève, idée meme et suave, l'absente de tous bou-
È necessario, forse, precisare che i soggetti che osser-
quets», ciò non è affatto paradossale.
vano la tela sono diversi e che , da questo genere di sog-
Il quinto soggetto è quello della produzione: colui che
getti, dipende il discorso che essi tengono (interiormen-
vuole ri-produrre la tela. Cosi, questa mattina del 31 di-
te) davanti all'oggetto guardato (un «soggetto» - è
cembre 1978, è ancora buio, piove, intorno a me c'è il
quanto ci ha insegnato la modernità- è costituito unica-
silenzio quando mi rimetto alla scrivania. Guardo Héro-
mente dal suo linguaggio). Natura lmente , tutti questi
diade (1960), e non ho davvero nulla da dire, se non la
soggetti possono parlare contemporaneamente, davanti
stessa banalità: mi piace. Ma all'improvviso scaturisce
a una tela di Twombly (detto molto rapidamente, l' este-
qualcosa di diverso , un desiderio: il desiderio di/a re la
tica, come disciplina, potrebbe essere la scienza che stu-
stessa cosa: di andare a un altro tavolo da lavoro (non
dia non l'opera in sé, ma l'opera quale lo spettatore, o
piu qu ello della scrittura ), di prendere dei colori e di di-
LETTURE: L'ARTE SAGGEZZA DELL'ARTE 1 93
pingere, tracciare. In realtà, la domanda della pittura è: ta dell'arte di Twombly2. Quest'arte è paradossale, per-
«Avete voglia di fare del Twombly?» sino provocante (se non fosse delicata) in quanto la con-
In quanto soggetto della produzione lo spettatore del- cisione non è solenne. In genere ciò che è breve, appare
la tela esplora allora la propria impotenza - e nello stesso raccolto: la rarità genera la densità, e la densità l'enigma.
tempo, sicuramente, come in rilievo , la potenza dell'ar- In Twombly si produce un'altra deriva: certamente c'è
tista. Prima ancora di aver cercato di tracciare una qual- un silenzio, o meglio, un leggerissimo crepitio del foglio,
siasi cosa, mi accorgo che non potrò mai ottenere quel ma questo fondo è anch'esso una potenza positiva; rove-
fondo (o quanto mi sembra essere un fondo): non so sciando il rapporto abituale del prodotto classico, po-
neppure come sia fatto. EccoAge o/ Alexander: ah, quel- tremmo dire che il tratto, il taglio, la forma, cioè l'avve-
la traccia rosa ... ! Non saprò mai farla cosi leggera, realiz- nimento grafico, è quanto permette al foglio di esistere,
zare intorno ad essa uno spazio cosi rarefatto; non saprò di significare, di godere («L'essere, - dice il Tao, - crea
trattenermi dal riempire, dal continuare, cioè dal guasta- le possibilità, ma è tramite il non-essere che queste pos-
re; e da ciò, dal mio errore, capisco la saggezza insita nel- sibilità vengono utilizzate»). Lo spazio trat tato non è
l'atto dell'artista: egli sa trattenersi dal volere troppo; il perciò piu computabile, ma non per questo cessa di es-
suo successo ha a che fare con l'erotica del Tao: un pia- sere plurale: la dedica di Webern ad Alban Berg, «Non
cere intenso deri va dall'essersi trattenuto. Lo stesso pro- multa, sed multum», non va interpretata proprio secon -
blema in View (1959): non saprei mai maneggiare la ma- do questa opposizione, difficilmente sostenibile perché
tita, e cioè talvolta preme rla, talvolta alleggerirla, e non esclude nello stesso tempo il numero e l'unità, la disper-
potrei mai imparare, perché quest'arte non è regolata da sione e il centro?
nessun principio di analogia, e lo stesso ductus (quel mo- Ci sono pitture eccitate, possessive, dogmatiche ; esse
vimento secondo il quale il copista del Medioevo piega- impongono il prodotto, gli conferiscono la tirann ia di un
va ogni tratto della lettera sempre nella stessa direzione) feticcio. L'arte di Twombly - questa è la sua moralità e
qui è del tutto libero . E ciò che è inaccessibile a livello la sua grande singolarità storica - non vuole cogliere nul -
del tratto lo è ancor piu a livello della superficie. In Pa- la; si mantiene, fluttua, va alla deriva tra il desiderio -
norama (1955), tutto lo spazio crepita come uno schermo che, sottilmente, anima la mano - e l'educazione , che è
televisivo prima che vi si deponga un'immagine; non sa- il congedo discreto dato a ogni desiderio di possedere.
rei mai in grado di ottenere l'irregolarità della ripartizio- Se si volesse situare questa moralità, la si potrebbe cer-
ne grafica; se cercassi di creare disordine, sarebbe un di- care solo molto lontano, al di là della pittura, al di là del-
l'Occidente, al di là della storia dei secoli, al limite stesso
sordine bete. Da ciò capisco che l'arte di Twombly è una
del senso, e dire, con il Tao To King:
vittoria incessante sulla betise dei tratti: fare un tratto in-
telligente, ecco l'ultima differenza del pittore. In altre Egli produce senza appropriarsi,
tele , ciò che sbaglierei ostinatamente, sarebbe la disper- agisce senza aspettare nulla,
sione, il «gettato», il decentramento dei segni: nessun compiuta l'opera, non si lega ad essa,
e perché non vi si lega,
tratto sembra dotato di una direzione intenzionale, e tut- la sua opera resterà.
tavia l'insieme è misteriosamente diretto.

Per concludere, ritorno su quella nozione di «Rarus» 2


Cfr. Cy Two mbly, in questo volume, p. 174- (Abbiamo mantenuto alcune ri-
(«sparso»), che ritengo costituire un po' la chiave di vol- petizioni tra un testo e l'altro. Nota dell'Editore).
L'ARTE, QUESTA VECCHIA COSA ... 1 95
L'arte , questa vecchia cosa ... tenute volgari, indegne di una consacrazione estetica, ri-
compaiono, appena manipolate , nell'attività dell'artista
a titolo di materiali. Vorrei chiamare questo rovescia-
mento il «complesso di Clodoveo»: proprio come san
Remigio rivolgendosi al re dei Franchi, il dio della pop
art dice all'artista: «Brucia ciò che hai adorato , adora ciò
che hai bruciato». Un esempio: la fotografia ha subito
a lungo il fascino della pittura di cui ancora oggi è con-
siderata la parente povera ; la pop art sovverte il pregiu-
dizio: spesso la fotografia diventa il punto di partenza
Il fatto è noto, perché è riportato da tutte le enciclo- delle immagini che essa propone: non pittura d'arte e
pedie: negli anni cinquanta alcuni artisti dell'Institute of neppure fotografia d'arte: solo un miscuglio senza
Contemporary Arts di Londra si fecero propugnatori nome. Un altro esempio di rovesciamento: niente è piu
della cultura popolare dell'epoca: i fumetti, i film, la estraneo all'arte dell'idea di essere il puro e semplice
science fiction, la pop music. Tutte queste varie manife- riflesso delle cose raffigurate; persino la fotografia non
stazioni non avevano attinenza con ciò che generalmente tollera questo destino; la pop art, invece, accetta di essere
si chiama Estetica; esse erano solamente dei prodotti una imagerie, una collezione di riflessi formati dalla piat-
della cultura di massa e non facevano assolutamente par- ta riverberazione del circostante paesaggio americano:
te dell'arte; c'erano semplicemente degli artisti , degli ar- tenuta in dispregio dalla grande arte, ritorna la copia.
chitetti e degli scrittori che se ne interessavano. Varcan- Questo capovolgimento non è dettato dal capriccio , non
do l'Atlantico , quei prodotti forzarono le barriere del- deriva da un semplice disconoscimento di valore , da un
1'arte e, fatti propri da alcuni artisti americani, diventa- semplice rifiuto del passato; obbedisce a una spinta sto-
rono delle opere d'arte la cui cultura non costituiva piu rica regolare; come aveva già osservato Paul Valéry (nel-
l'essere , ma soltanto il riferimento: l'origine si perdeva le Pièces sur l'art), la comparsa di nuovi mezzi tecnici
a tutto vantaggio della citazione. Cosi come noi la cono- (nel caso specifico, la fotografia , la serigrafia) modifica
sciamo , la pop art è il teatro perman ente di questa ten- non solo le forme dell'arte , ma anche il suo stesso con-
sione: da una parte, la cultura popolare vi è presente cetto.
come una forza rivoluzionaria che contesta l'arte ; dall' al-
tra , l'arte vi è presente come una forza antichissima che, La ripetizione è un tratto culturale. Con questo voglio
irresistibilmente fa ritorno nell'economia delle società. dire che ci si può servire della ripetizione per proporre
Vi sono dunque due voci, come in una fuga: una dice: una certa tipologia delle culture. Le culture popolari o
«Questo non è Arte» , e l'altra, contemporaneamente , extraeuropee (che rientrano nella sfera di pertinenza di
dice: «Io sono Arte». un 'etnografia ) l'accolgono e ne ricavano un senso e un
piacere (basta pensare , per quello che è dell'oggi, alla
L'arte è un qualcosa che deve essere distrutto - tesi musica ripetitiva o alla disco music ); la cultura dotta del-
comune a non poche esperienze della Modernità. l'Occidente , invece no (anche se, nell'età barocca , se ne
La pop art rovescia i valori. «Ciò che caratter izza la è servita piu di quanto non si creda ). Dal canto suo, la
pop è innanzi tutto l'uso che essa fa di quello che viene pop art ripete, e ripete spettacolarmente; Warhol pro-
disprezzato» (Lichtenstein ). Le espressioni di massa, ri- pone delle serie d'immagini identiche (W hile burning
LETTURE: L'ARTE L'ARTE, QUESTA VECCHIA COSA ... 197
Car Twice), o che si differenziano solo in qualche mi- mente immaginario, dal momento che l'essere del divo
nima variante cromatica (Flowers, Marilyn). La finalità è l'icona. L'oggetto stesso, che , nella civiltà quot idiana,
di queste ripetizioni (o della Ripetizione come procedi- non smettiamo mai di personalizzare incorporandolo al
mento) non è solo la distruzione dell'arte ma anche (e nostro mondo individuale, l'oggetto è per la pop art solo
del resto la cosa va insieme) un'altra concezione del sog- piu il residuo di una sottrazione: tutto ciò che resta di
. getto umano: in effetti, la ripetizione dà accesso a una una scatola di conserva quando, mentalmente, l'abbia-
diversa temporalità. Là dove il soggetto occidentale av- mo amputata di tutti i suoi temi e di tutte le possibili
verte l'ingratitudine d'un mondo da cui il Nuovo - cioè, utilizzazioni. La pop art sa benissimo che l'espressione
in fin dei conti, l'Avventura - è escluso, il soggetto war- fondamentale della persona è lo stile. Diceva Buffon
holiano (dal momento che Warhol è solito produrre (frase celebre, che un tempo tutti gli scolari francesi co-
queste ripetizioni) abolisce dentro di sé il patetico del noscevano): «Lo stile è l'uomo». Togliete lo stile, e non
tempo, perché ciò che è patetico è sempre legato alla ci sarà piu un particolare uomo. In tutte le arti, l'idea di
sensazione che qualcosa è apparso, che morirà e che si stile è stata quindi storicamente legata a un umanesimo
potrà combattere la sua morte solo trasformando lo in un della persona. Prendiamo un esemp io inatteso: quello
secondo qualcosa che non assomiglia al primo. Per la del grafismo; rimasta per molto tempo impersonale (nel-
pop, l'importante è che le cose siano «finite» (definite: l'antichità e nel Medioevo), la scrittura manuale ha inco-
nessuna evanescenza), ma non ha importanza finirle, minciato a individualizzarsi nel Rinascimento, alba del-
dare all'opera (ma si tratta poi di un'opera? ) l'organizza- l'età moderna; ma oggi, quando la persona è un'idea che
zione interna d'un destino (nascita, vita, morte ). Bisogna sta morendo, o che quanto meno è minacc iata, sotto la
quindi smontare l'intoppo del «senza fine» (uno dei pri- pressione delle forze gregarie che animano la cultura di
mi film di Warhol, Four Stars, durava venticinque ore; massa, la personalità della scrittura svanisce. A mio avvi-
Chelsea Girls dura tre ore e mezzo ). La ripetizione turba so, c'è un certo rapporto tra la pop art e ciò che si chiama
la persona (questa entità classica) in un'altra maniera: lo «script», ossia quella scrittura anonima che talora vie-
moltiplicando una stessa immagine, la pop ritrova il ne insegnata ai bambini disgrafici , perché s'ispira ai tratti
tema del Doppio , del Doppelganger; si tratta di un tema neutri e quasi elementari della tipografia. Bisogna però
mitico (l'Ombra, l'Uomo, la Donna senza Ombra ); tut- intenderci: la pop art spersonalizza, ma non rende ano-
tavia, nella produzione della pop art, il Doppio è inof- nimi: niente di piu identificabile di Marilyn, della sedia
fensivo: esso ha perduto qualsiasi potere malefico o mo- elettrica, di un pneumatico o di un abito, visti dalla pop
rale: non minaccia né sorveglia: è Copia e non Ombra: art; essi anzi sono solo questo: immediatamente e perfet -
è accanto, non dietro; è un Doppio piatto, insignificante, tamente identificabili, c'insegnano con la loro presenza
dunque irreligioso. che l'identità non è la persona: il mondo futuro rischia
di essere un mondo di identità (attraverso la generalizza-
La ripetizione del ritratto porta con sé un'alterazione zione meccanica degli schedari di polizia ), ma non di
della persona (nozio ne al tempo stesso civile, morale, persone.
psicologica e, naturalmente, storica) . La pop art, è stato
detto, spersonalizza i modelli e gli oggetti; e ancora: l'ar- Un ultimo aspetto riallaccia la pop art alle esper ienze
tista prende il posto di una macchina; ad esempio, esso della Modernità: la piatta conform ità della raffigurazio-
congela il divo (Marilyn, Liz, Elvis ) nella sua immagine ne rispetto alla cosa raffigurata. «Io non voglio - dice
di divo: niente piu anima, ma solo uno status effettiva- Rauschenb erg - che un quadro assomigli a ciò che non
LETTURE: L'ARTE L'ARTE, QUESTA VECCHIA COSA ... 1 99

è. Voglio che esso assomigli a ciò che è». L'affermazione minciano a significare: essi significano che non significa-
è aggressiva nella misura in cui l'arte si è sempre presen- no niente.
tata come un inevitabile espediente di cui ci si deve ser-
vire per rendere la verità della cosa. Ciò che la pop art Il senso è infatti malizioso: cacciatelo via, ed ecco che
vuole, è desimbolizzare l'oggetto , dargli l'opacità e l'ot- subito riappare. La pop art vuole distruggere l'arte (o
tusa caparbietà d'un fatto (John Cage: «L'oggetto è fat- se non altro farne a meno ), ma l'arte le è subito addosso:
to, non simbolo» ). Dire che l'oggetto è asimbolico, è ne- è il contro-soggetto della nostra fuga.
gare che esso dispone di uno spazio di profondità o di Si è voluto abolire il significato, e, di conseguenza , il
vicinanza attraverso il quale la sua comparsa può propa- segno ; ma il significante sussiste, persiste, anche se, a
gare delle vibrazioni di senso: l'oggetto della pop art (e quanto pare, non rinvia a nulla. Che cos'è questo signifi-
qui siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione di cante? Diciamo, per essere brevi , che il significante è la
linguaggio ) non è metaforico né metonimico; esso si of- cosa percepita a cui è stata aggiunta una certa idea. Ora,
fre spoglio di ciò che gli sta dietro e di ciò che lo circon- nella pop art, questo supp lemento esiste - come esiste
da; in particolare , l'artista non sta diet ro la sua opera , in tutte le arti del mondo.
ed egli stesso è privo di un retrostante ; esso è solo la su- In primo luogo , la pop art cambia molto spesso il li-
perficie dei suoi quadri: nessun significato , nessuna in- vello di percezione; rimpicciolisce , dilata, allontana , av-
tenzione , da nessuna parte. Ora, nella cultura di massa , vicina , allunga l'ogg etto moltiplicato sino alle dimensio-
il fatto non è piu un elemento del mondo naturale; ciò ni d'un pannello o lo ingrandisce come se fosse visto at-
che appare come fatto , è lo stereotipo: ciò che vede e traverso la lente. Ora , non appena le proporzioni vengo-
consuma tutto. La pop art trova l'unità delle sue raffigu- no cambiate , compare l'arte (basti pensare ali' architettu-
razioni nell'unione radicale di queste due forme, spinte
ra, che è un'arte della dimen sione delle cose): non è certo
all'estremo: lo stereotipo e l'immagine. Tahiti è un fatto
un caso che Lichtenstein riproduca una lente e ciò che
nella misura in cui un'opinione unanime e persistente
essa ingrandisce: Magnifying glass è un po ' l'emblema
designa questo luogo come una collezione di palme, di
della pop art.
collane di fiori, di lunghi capelli , di costumi da bagno e
di lunghi sguardi languidi e invitanti (Little A loha, di In secondo luogo, in molte opere della pop art, lo
Lichtenstein). La pop art produce cosi delle immagin i sfondo da cui si stacca l'oggetto, o addirittura di cui è
radicali: a forza di essere immagine, la cosa viene spoglia- fatto, ha un'esistenza forte (un po ' come l'avevano le nu-
ta di ogni simbolo. Si tratta di un moto audace dello spi- vole nella pittura classica): c'è un'importanza della tra-
rito (o della società ): non è piu il fatto che si trasforma ma. Può darsi che ques to derivi dalle prim e esperienze
in immagine (la qual cosa è, a dire il vero, il meccanismo di Warhol: le serigrafie giocano con il tessuto (tessuto e
della metafora, con la quale per secoli l'umanità ha fatto trama sono la stessa cosa); si direbbe che l'ultimissima
poesia ), ma è l'immagine che diventa un fatto. In tal modernità ami que sta manifestazione della trama, la
modo, la pop art met te in scena una qualità filosofica quale è insieme consacrazione del materiale piatto (gra-
delle cose chiamata la /atticit à: il /attico è il carattere di na della carta nell'opera di Twombly ) e meccanizzazion e
ciò che esiste in quanto fatto e appare spro vvisto di qual- della riproduzione (linee e micro-quadretta ture dei ri-
siasi giustificazione: gli oggetti raffigurati dalla pop art tratti al computer ). La trama è come un'ossessione (una
non sono solamente fattici, essi incarnano anche il con- tematica, avrebb e detto una volta la critica ); essa è colta
cetto stesso della fatticità - e qui, loro malgrado, rico- in giochi variati: viene invertito il suo ruolo percettivo
200 LETTURE: L'ARTE L'ARTE, QUESTA VECCHIA COSA ... 201
(nell'acquario di Lichtenstein , l'acqua è fatta di palline ); stituiscono uno stile, un oggetto che non è la cosa e nep-
la s'ingrandisce in maniera volontariamente infantile (la pure il suo senso, ma che è: il suo significante , o meglio:
spugna dello stesso Lichtenstein è fatta di buchi , come il Significante. L'arte, non importa quale: la poesia o il
un pezzo di groviera); si mima magistralmente l'incro- fumetto e l'erotismo , esiste a partire dal momento in cui
ciarsi dei fili (Large Spool, ancora di Lichtenstein ). L'arte uno sguardo ha per oggetto il Significante. Naturalmen-
appare qui nell'enfasi di ciò che dovrebbe essere insi- te, nelle produzioni dell'arte di solito c'è del significato
gnificante. (nel caso specifico, la cultura di massa), ma, alla fine,
Un'altra enfasi (e di conseguenza nuova ricomparsa questo significato si presenta in posizione indiretta: di
dell'arte ): il colore. Va da sé che, derivando dalla natura sbieco, se cosi si può dire; prova ne sia che il senso, i
e a maggior ragione dal mondo sociale, ogni cosa è colo- giochi del senso, la sua abolizione, la sua ricomparsa,
rata ; ma se dovesse restare oggetto fattico, cosi come non è mai altro che una questione di posto . Del resto , se
vorrebbe una vera distruzione dell'arte, bisognerebbe l'opera dell'artista pop rientra nella sfera dell'arte non è
che il suo colore restasse un colore qualunque. Ora, non solamente perché l'artista mette in scena il Significante,
è questo il caso: i colori della pop art sono pen sati e si ma anche perché quell'opera è guardata (e non piu sol-
può anzi dire (vera e propria negazione ): soggetti a uno tanto vista): la pop può ben spersonalizzare il mondo,
stile; essi sono pensati, prima perché sono sempre gli appiattire gli oggetti , disumanizzare le immagini, sosti-
stessi e hanno un valore tematico; e poi perché questo tuire l'artigianato tradizionale della tela con un macchi-
tema ha valore di senso: il colore pop è scopertamente nismo: alla fine rimane sempre «un po' di soggetto».
chimico; nella sua contrapposizione alla Natura, esso ri- Quale soggetto? Quello che guarda , in mancanza di
manda aggressivamente ali' artificio della chimica. E se quello che fa. Certo , si può fabbricare una macchina, ma
si ammette che nel campo plastico il colore è di solito il chi la contempla non è una macchina: è uno che deside-
luogo della pulsione, allora questi colori acrilici, queste ra, che ha paura, che si delizia, che si annoia , ecc. Ed è
vernici, queste lacche, in poche parole questi colori che appunto ciò che accade con la pop art.
non sono mai delle tinte, dal momento che la sfumatura
è bandita non vogliono aver niente a che spartire col de- Aggiungo questo: la pop è un'arte dell'essenza delle
siderio , con l'emozione: al limite, si potrebbe dire che cose, è un'arte «ontologica». Guardate come Warhol
essi hanno un senso morale, o perlomeno che giocano manipola le sue ripetizioni, concepite innanzitutto come
sistematicamente con una certa frustrazione. Il colore e un procedimento destinato a distruggere l'arte: egli ripe-
addirittura la sostanza (lacca, gesso) dànno un senso alla te l'immagine in modo da dare l'impressione che l'ogget -
pop art e di conseguenza ne fanno un'arte; possiamo to tremi davanti all'obiettivo o allo sguardo; e se trema
rendercene conto constatando che gli artisti pop defini- si dirà, è perché sta cercandosi: esso cerca la sua essenza,
scono con facilità i loro lavori mediante il colore degli cerca di situare davanti a voi questa essenza; in altre pa-
oggetti raffigurati: Black Giri, Blue Wall , Red Door (Se- role , il tremito della cosa agisce (è il suo effetto -senso)
gai), Two Blackish Rob es (Dine). come una posa: in passato, sia che fosse davanti al caval-
letto del pittor e o davanti all'apparecchio del fotografo,
La pop è un 'arte perché, nel momento stesso in cui la posa non era forse l'affermazione di un'essenza d'indi-
sembra rinunciare ad ogni significato, accettando di ri- viduo? A onor del vero, Marilyn, Liz, Elvis, Tro y Dona-
produrre solo le cose nella loro banalità, mette in scena, hue non vengono presentati secondo la loro contin gen-
usando certi procedimenti che gli sono propri e che co- za, bensf second o la loro identità eterna: essi sono una
202 LETTURE: L' ARTE L'ARTE , QUEST A VECCHIA COSA ...

«eidos» che la pop ha il compito di raffigurare. Prendia- della pop un interrogativo minaccia , interpella: «What
mo ora il caso di Lichtenstein : non ripe te, ma il compito do you mean?» (titolo d'un poster di Allen Jones) . È il
è lo stesso: affina, purifica l'immagine per captare (e of- millenario interrogat ivo di questa vecchissima cosa:
frire ) che cosa? la propria essenza retorica: qui, tutto il l'Arte.
lavoro dell'arte consiste non già, come in passato, nel
cancellare gli artifici stilistici del discor so, bensi nel ripu-
lire l'immagine di tutto ciò che, in essa, non è retorico:
ciò che occorre espellere, come un nucleo vitale, è l' es-
senza del codice. Il senso filosofico di questo lavoro è
che le cose moderne non hanno altra essenza all'infuori
del codice sociale che le manifesta -di modo che, in fon-
do, esse non sono piu «prodotte» (dalla Natura ), ma im-
mediatament e «riprodotte »: la riprodu zione è l'essere
della Modernità.

Il cerchi o si chiude: non solo la pop art è un'arte, non


solo quest'arte è ont ologica, ma per di piu il suo riferi-
mento è alla fin fine - esattamente come ai bei tempi del-
1'arte classica - la Natura ; certo non piu la Natura vege-
tale , paesaggistica, o umana, psicologica: oggi la Natu ra
è il sociale assoluto , o meglio ancora (giacché non si trat-
ta direttamente di politica ): il Gregario. La pop si appro-
pria di questa nuova Nat ura e anzi, che lo voglia o no,
o piuttosto che lo dica o no, la critica. Come? Imponen-
do al suo sguardo (e dunque al nostro ) una distanza. An-
che se tutti gli artisti della pop non hanno avuto un rap-
porto privilegiato con Brecht (come invece ha avuto
W arhol intorno agli anni sessanta), tutti praticano nei
confronti dell'oggetto, depositario del rapporto sociale,
una specie di «d istanziazione» che ha valor e critico.
Tuttavia , per quanto meno ingenua o meno ottimista di
Brecht , la pop non formula e neppure esplica la sua cri-
tica: rendere l'oggetto «piatto», significa posare l'ogget-
to a distanza , ma significa anche rifiutare di dir e in che
modo tale distanza potrebbe essere corr etta . Una fredda
inqui etudine minaccia la consistenza del mondo grega-
rio (mondo «di massa »); il vacillamento dello sguardo
è «opaco» quanto la cosa raffigurata - e forse per que sto
tanto piu terribile. Attraverso tutte le (ri-)produzioni
Il corpo Réquichot e il suo corpo

IL CORPO. Je ne sais pas c'qui m'quoi .

Interno.

Molti pittori hanno rappresentato il corpo umano , ma


sempre come quello di un altro. Réquichot dipinge solo
il proprio corpo: non quel corpo esterno che il pittore
copia guardandosi di traverso, ma il proprio corpo dal-
l'interno; il suo interno viene fuori, ma è un altro corpo,
il cui ectoplasma, violento , appare bruscamente attra•
verso il confronto di due colori: il bianco della tela e il
nero degli occhi chiusi. Il pittore è colto allora da una
revulsione generalizzata che non rivela né viscere né mu-
scoli, ma solo un macchinismo di movimenti di repulsio-
ne e di godimento; è il momento in cui la materia (il ma-
teriale) si assorbe, si astrae nella vibrazione, pastosa o
eccessivamente acuta: la pittura (continuiamo a usare
ancora questa paro la per ogni genere di trattamento ) di-
venta un rumore («Il rumore nella sua forma piu acuta
è una forma di sadismo»). Tale eccesso di materialità
viene chiamato da Réquichot meta-mentale . II meta-
mentale è quanto rifiuta l'opposizione teologica del cor-
po e dell'anima: è il corpo senza oppos izione, e quindi,
per cosi dire, privo di senso; è il dentro dato come uno
schiaffo all'intimo.
Da allora la rappre sentazione è turbata, e cosi pure
la grammatica: il verbo «dipingere» ritrova una strana
ambiguità: il suo oggetto (ciò che si dipinge) è talvolta
ciò che è guardato (il modello), talvolta ciò che è ricoper-
to (la tela). Réquichot non si rivolge all'oggetto: si inter-
roga nello stesso tempo in cui si altera: si dipinge alla
206 IL CORPO

maniera di Rembrandt e del Pellerossa. Il pittore è con-


temporaneamente un artista (che rappresenta qualcosa)
e un selvaggio (che pittura e incide con tatuaggi il pro-
prio corpo).

I reliquari.

Tuttavia, in quanto scatole in fondo a cui c'è qualcosa


da vedere, i reliquari somigliano a macchine endoscopi-
che. Ciò che è li, al fondo del nostro sguardo, come un
campo profondo, non è forse il magma interno del cor-
po? L'esposizione del corpo anteriore, quello anteriore
allo specchio,non è forse regolata da un pensiero funebre
e barocco? I reliquari non sono forse ventri aperti, tom -
be profanate («Ciò che ci tocca da molto vicino non può
diventare pubblico senza profanazione»)?
No. Questa estetica della visione e questa metafisica
del segreto sono immediatamente sconvolte se si tiene
conto che Réquichot rifiutava di mostrare il suo dipinto,
e soprattutto che per realizzare un reliquario impiegava
degli anni. Ciò significa che per lui la scatola non era la
cornice (rafforzata) di una esposizione, ma una specie
di spazio temporale, il luogo in cui il suo corpo lavorava,
si lavorava: si ritirava, si aggiungeva, si arrotolava , si
estendeva , si scaricava: godeva: la scatola è il reliquario,
non delle ossa di santi o di polli, ma dei godimenti di
Réquichot. Analogamente, sulle coste del Pacifico, si
possono trovare antiche tombe peruviane nelle quali il
morto appare circondato da statuette di creta: non rap-
presentano né i suoi parenti, né i suoi dèi, ma solo i suoi
modi preferiti di fare l'amore: il morto porta con sé non
i propri beni, come in tante altre religioni, ma le tracce
del proprio piacere.
208 IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 209
la colla che è all'origine del loro nome; quanto produco-
La lingua. no è il glutinoso, la pece alimentare, lussuriosa e nau-
seante , in cui si abolisce il ritaglio, cioè la nominazione.
In certi collage (del r960 circa ) abbondano musi, gole, Circostanza enfatica , ciò che i collage di Réquichot
lingue di animali: angoscia respiratoria, dice un critico. agglomerano, sono animali. Ora, pare che l'agglomerato
No, la lingua è il linguaggio: non la parola civilizzata, di bestie provochi in noi il parossismo della ripugnanza:
perché questa passa attra verso i denti (una pronuncia brulichio di vermi, groviglio di serpenti , nidi di vespe.
dentale è segno di distinzione: i denti sorvegliano la pa- Un fenomeno leggendario (è ancora attestato scientifica-
rola ), ma il linguaggio viscerale , erettile; la lingua è il fal- mente ? non so) riassume tutto l'orrore delle agglomera-
lo che parla. In un racconto di Poe , la parola indicibile zioni degli animali: si tratta del re-dei-topi: «I topi , se la-
«Sono morto» viene detta dalla lingua del corpo morto sciati liberi - dice un antico dizionario zoologico - sono
magnetizzato, e non dalla sua dentatura. I denti tagliano soggetti talvolta a una strana malattia. Si riuniscono tra-
la parola, la rendono piu preziosa, puntuale , intellettua- mite la coda e formano quello che comunemen te chia-
le, autentica; invece sulla lingua, che si tende e si curva miamo re-dei-topi... La ragione di questo fatto curioso
come un trampolino, passa ogni cosa , il linguaggio può ci è ancora sconosciuta. Si pensa che a tenere questi or-
esplodere, rimbalzare , non è piu dominabile: sulla lin- gani legati l'un l'altro sia una particolare sudorazione
gua del cadavere ipnotizzato le grida «Morto! Morto!» della coda. Ad Altenburg viene conservato un re-dei-topi
esplodono senza che il magnetizzatore possa reprimerle formato da ventisette topi. Anche a Bonn , Schnepfen-
e far cessare l'incubo di quel morto che parla: cosi Ré- thal, Francoforte , Erfurt, Lindenau, e vicino a Lipsia ,
quichot, nel corpo, sul livello della lingua , mette in scena sono stati trovati agglomerati di questo genere». Réqui-
il linguaggio totale; nelle sue poesie lettriste e nei suoi chot non ha mai smesso di dipingere metaforicamente
collage di musi. questo re-dei-topi, né di incollare questo collage che non
ha neppur nome; perché per Réquichot non esiste tanto
l'oggetto, e neppure il suo effetto, bensi la sua traccia.
Il re-dei-topi. E tale parola va intesa nel suo senso locomotore: scatu-
rito dal tubetto del colore , il verme è la sua stessa traccia ,
La ricerca di Réquichot è attirata da un movimento molto piu repellente del suo corpo.
del corpo che aveva affascinato anch e Sade (ma non il
Sade sadico ), e cioè la ripugnanza: il corpo inizia a esiste-
re là dove ripugna , respinge, vuole divorare quanto lo L'erezione.
disgusta e sfrutta questo gusto del disgus to , aprendosi
cosi a una vertigine (la vertigin e è ciò che non finisce: Il disgusto è un 'erezione panica: l'intero corpo-fallico
libera il senso , lo differisce ). si gonfia , si indurisce e si affloscia. È precisamente quan-
La forma fondamentale della ripugnan za è l'agglome- to fa la pittura: cancella. Una delle differenze irriducibili
rato; Réquichot giunge al collage non gratuitamente , tra pittura e discor so consist e proprio in questo: la pit-
con una normale ricerca tecnica; i suoi collage non sono tura è piena ; la voce , invece, immette nel corpo una di-
decorativi, non giustappongono, agglomerano, si disten- stanza , un vuoto ; ogni voce è bianca, si colora solo attra-
dono su vaste superfici , si ispessiscono in volumi; in una ver so artifici pieto si. Si deve prendere alla lettera quella
parola, la loro verità è etimologica , prendono alla lettera dichiarazione di Réquichot in cui egli descriv e il suo la-
210 IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 2II
voro non come un atto erotico (il che sarebbe banale), producono quanto viene chiamato in gastronomia il
ma come un movimento erettile e ciò che ne deriva: «Mi glassato, il legato, il vellutato, il cremoso, il croccante ,
riferisco a quel ritmo molto semplice secondo il quale ecc. Freud oppone in tal modo la scultura -vi a di levare
una tela aveva un inizio lento, poi diventava progressi- - alla pittura - via di porre-; ma l'opposizione si profila
vamente piu seducente fino a portarmi, in un crescen- nella pittura stessa, tra l'incisione (il «tratto» ) e l'asper-
do appassionante, all'esaltazione tipica del godimento. sione (lo «strato» ).
Giunto a questo apice, la pittura mi lasciava, a meno che Queste due origini sarebbero legate ai due gesti della
non fossi io, ai limiti del mio potere , a lasciarla. Anche mano, che talvolta gratta , talvolta liscia, talvolta spiana;
se avessi scoperto allora che la mia tela era finita, non in una parola, al dito, e al palmo , all'unghia e al monte
era cosi per il mio bisogno di dipingere, e tale parossi- di Venere. L'impero della pittura sarebbe separato da
smo era seguito da una grande delusione». L'opera di questa duplice mano , perché la verità della pittura è la
Réquichot è questa sbandata del corpo (che egli chiama mano, e non l'occhio (la «rappresentazione» o la figura-
talvolta con il termine che alcuni usano per indicare la zione, o la copia, sarebbero solo un incidente derivato
pulsione: la deriva). e incorporato , un alibi, un trasparente messo sulla rete
di tracce e di tele, un'ombra por tata, un miraggio ines-
senziale). Sarebbe possibile una storia della pittura mol-
to diversa, non quella delle opere o degli artisti, ma quel-
LE DUE FONTI DELLA PITTURA . la degli strumenti e delle materie: per molto tempo, l'ar-
tista, da noi, non ha mai ricevuto nessuna individualità
dallo strumento: usava sempre e solo il pennello; quan-
Scrittura e cucina. do la pittura è entrata nella sua crisi storica, lo strumento
si è moltiplicato, e cosi pure il materiale: c'è stato un
Verso la fine del xvm secolo i pittori neoclassici rap- viaggio infinito degli oggetti traccianti e dei supporti; i
presenta vano cosi la nascita della pittura: innamorata , la limiti dello strumento pittorico sono stati respinti inces-
figlia di un vasaio di Corinto riproduceva il profilo del- santemente (anche in Réquichot: il rasoio, la pala da car-
l'amante raffigurando sul muro , a carboncino, la sua om- bone, gli anelli in polistirene ). Una conseguenza (da
bra. A questa immagine romantica che, peraltro, non è esplorare ) è che lo strumento, non piu codificato, sfugge
falsa perché rinvia al desiderio , sostituiamo un mito di- in parte al commercio: il magazzino delle forniture è
verso, piu astratto e nello stesso tempo piu volgare. Al stracolmo: distribuisce la merce solo a dilettanti saggi;
di là della storia, immaginiamo una duplice origine della solo ai grandi magazzini, o nei chioschi di giornali, Ré-
pittura. quichot può trovare il materiale necessario: il commer-
La prima sarebbe la scrittura, il tracciato dei segni fu- cio è saccheggiato (pi llé) (piller significa sottrarre, ma in-
turi, l'esercizio della punta (del pennello, della mina, del dipendentemente dall'u so). La pittura perde allora la
bulino , di quanto scava e incide - anche se tramite una sua specificità estetica, o meglio quella specificità - seco-
linea lasciata dal colore). La seconda sarebbe la cucina, lare - si rivela ingannevole: dietro la pitt ura, al di là del-
e cioè ogni pratica che miri a trasformare la materia se- la sua superba individualità storica (l'arte sublime della
condo la scala completa delle sue consistenze, con ope- rappresenta zione colorata ) c'è altro: i movimenti del
razioni molteplici quali l'int enerimento , l'ispessimento, graffio, della glottid e, delle viscere, una proiezione del
la fluidificazione, la granulazione, la lubrificazione, che corpo, e non solo una padronanza dell'occhio.
212 IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 213
Réquichot tiene in mano le redini selvagge della pittu- Réquichot ci riconduce a una delle origini mitiche
ra. Come pittore originale (si parla sempre, qui, di un'ori- della pittura: una metà di essa appartiene all'ordine nu-
gine mitica: né teologica, né psicologica, né storica: finzio- tritivo (viscerale). Per uccidere il sensualismo alimentare
ne pura), ritorna incessantemente alla scrittura e al cibo. della cosa dipinta, bisognerebbe uccidere la stessa pittu-
ra; non si può né mangiare né vomitare Thing diJoseph
Kossuth; ma non vi è neppure pittura (nessuno strato,
nessun graffio): la mano del pittore e quella della cuoca
LA CUCINA. sono amputate contemporaneamente. Réquichot è anco-
ra un pittore: mangia (o non mangia ), si digerisce , si vo-
mita; il suo desiderio (di pittura) è l'immensa messa in
Gli alimenti. scena di un bisogno .

Avete mai visto come si prepara la radette, un piatto


svizzero? Un grande emisfero di formaggio viene tenuto Nessuna meta/ora.
verticalmente sul forno; spumeggia, s'incurva, crepita
pastosamente; il coltello raschia dolcemente questo ri- Si potrà sempre dire che il cibo è il centro nevrotico
gonfiamento liquido, questo supplemento bavoso della di Réquichot (la carne rossa non gli piaceva e si lasciava
forma; ricade , come uno sterco bianco; si coagula, in- morire di fame), ma un tale centro non è sicuro. Infatti,
giallisce nel piatto; col coltello si appiattisce la sezione quando il cibo è immaginato nel suo percorso , dall'ali-
amputata; e si ricomincia. mento all'escremento , dalla bocca (quella che mangia,
Questa è precisamente un'operazione di pittura. Per- ma anche quella che è mangiata, il muso) all'ano , la me-
ché in pittura, come in cucina , bisogna lasciar cadere tafora si sposta e compare un centro diverso: la cavità,
qualcosa da qualche parte. Nella caduta la materia si tra- la guaina interna, il rettile intestinale, è un fallo immen-
sforma (si deforma ): la goccia si distende e l'alimento di- so. Così, per concludere , la ricerca tematica è inutile ; si
venta piu tenero: si produce una materia nuova (il movi- capisce che Réquichot dice una cosa sola, il diniego di
mento crea la materia ). Nell'opera di Réquichot tutti gli ogni metafora: l'intero corpo è nel suo interno, questo
stati della sostanza alimentare (ingerita , digerita, evacua- interno è perciò contemporaneamente erotico e digesti-
ta) sono presenti: il cristallizzato, lo screpolato, il fila- vo. Un'anatomia disumana regola il godimento e l'ope-
mentoso, la pappa granulosa, l'escremento secco, terro- ra: quest'anatomia si ritrova negli ultimi oggetti astratti
so, il marezzato oleoso , la macchia, le viscere. E come prodotti da Réquicho t: sono (ogni astrazione somiglia a
coronamento di questo spettro del bolo digestivo, nei qualcosa) conchiglie, che uniscono il grafismo della spi-
grandi collage, negli ultimi reliquari, l'origine materiale rale (tema della scrittura) e l'animalità digestiva, perché
è con tutta eviden za alimentare, tratta da riviste domesti- questi molluschi (patelle, fissurelle, anellidi forniti di se-
che: ecco la pietanza franco-russa , ecco le paste, le coto- tole locomotrici) sono gasteropodi: se camminassero, lo
lette , le fragole , le salsicce (mescolate a capelli raccolti farebbero con lo stomaco: è l'interno (l'interio re, non
a chignon , a musi di cane); ma è la confusione a essere l'intimo) che fa muovere.
culinaria (e pittorica ): lo strato, l'intreccio , il miscuglio
(simmetricamente, il sukiyaki giapponese è una pittura
che si sviluppa nel tempo ).
214 IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 215
sce di volume, e questo all'infinito; è in modo analogo
Il rifiuto. che si sviluppa l'organismo, per intussuscepzione. Ebbe-
ne, l'olio è proprio la sostanza che serve ali' alimentazio-
Verso il 1949, all'inizio del suo lavoro, Réquichot di- ne e alla pittura. Per un pittore lasciare l'olio è come sa-
segna una scarpa a carboncino; i buchi della tomaia sono crificare la pittura stessa, il gesto culinario che, mitica-
vuoti; resta solo un pezzo di stringa; nonostante le sue mente, la fonde e la conserva. Réquichot ha vissuto l'a -
forme abbastanza delicate, questa scarpa rimane un og- gonia storica della pittura (e lo po teva, essendo pittore ).
getto deformato. Inizia così, per Réquichot, una lunga Ciò significa che, da un lato, egli si è molto allontanato
epopea del rifiuto (era giusto che la calzatura fosse ali' o- dall'olio (nei collage, nelle sculture di anelli, nei disegni
rigine di questa epopea: Fouri er, volendo invertire l'or- a biro ), ma che d'altro lato era tentato continuamente
dine civilizzato, fa della ciabatta, rifiuto maggiore allo di farvi ritorno, come ad una sostanza vitale: l'ambiente
stesso modo dello strofinaccio e dell'immondizia, un og- ancestrale dell'alimento. I suoi collage senz'olio obbedi-
getto sfavillante). Che cos'è il rifiuto? È il nome del de- scono al principio della proliferazione associata (quella
nominato. Si potrebbe sviluppare ora ciò che verrà defi- della maionese infinita); per anni, Réquichot accresce i
nito in seguito: il lavoro della de-nominazione, di cui l'o- suoi reliquari come si sviluppa un corpo organizzato per
pera di Réquichot è la scena; per ora è meglio collegare ingestione lenta d'un succo.
il rifiuto all'alimento. Il rifiuto altera l'alimento perché
ne supera la funzione: è ciò che non è ingerito; è l'ali-
mento al di fuori della fame. La natura , ovvero i dintorni
delle fattorie, sono pieni di rifiuti, anche di quelli che LA SCRITTURA ..
affascinavano Réquichot e che lui ha messo in alcune sue
composizioni (ossa di polli, di conigli, piume di volatili,
tutto ciò che gli hanno procurato i suoi «incontri campe- La spirale.
stri» ). Le cose che entrano a far parte della pittura di
Réquichot (le cose in se stesse, non i loro simulacri ) sono Da dove vengono le lettere? Per quanto concerne la
sempre dei rifiuti, dei supplementi sviati, delle parti ab- scrittura ideografica , è semplice : provengono dalla «na -
bandonate: ciò che ha abdicato alla sua funzione: vermi - tura» (di un uomo, di una donna , della pioggia, di una
celli di pittura gettati nella tela come nella pattumiera montagna). Ma per l'appunto: allora sono subito parole,
quando si apre il tubo, fotografie di settimanali ritaglia- semantemi, non lettere. La lettera (quella fenicia, la no-
te, sfigurate, private dell'origine (vocazione del giornali - stra) è una forma priva di senso: è la sua prima definizio-
smo al rifiuto), croste (di pane, di pittura). Il rifiuto è il ne. La seconda è che la lettera non è dipinta (deposta ),
solo escremento che l'anore ssico possa permettersi. ma grattata, scavata, asportata col bulino; la sua arte di
referenza (e di origine ) non è la pittura, ma la glittica.
Nell'opera di Réquichot la semiografia compare senza
L'olio. dubbio verso il 1956, quando a penna (facciamo atten-
zione allo strumento) disegna grappoli di linee attorci -
L'olio è una sostanza che aumenta l'alimento senza gliate: il segno, la scrittura, giungono con la spirale, che
spezzettarlo: che lo ispessisce senza indurirlo: magica- sarà sempre presente nella sua opera. Il simbolismo della
mente, con l'aiu to di un filo d'olio, il tuorlo d'uovo ere- spirale è opposto a quello del cerchio; il cerchio è reli-
216 IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 217

gioso, teologico; la spirale , come un cerchio all'infinito,


è dialettica: nella spirale, le cose ritornano , ma ad un al-
tro livello: c'è un ritorno nella differenza, non ripetizio -
ne nell'identità (per Vico, pensatore audac e, la storia del
mondo procedeva come una spirale). La spirale regola
la dialettica dell'antico e del nuovo ; grazie ad essa, non
siamo costretti a pensare : tutto è detto, oppure: nulla è
stato detto, ma piuttosto nulla è primo e tutta via tutto è
nuovo. È ciò che a suo modo fa la spirale di RéquichÒt:
col rip etersi, genera uno spostamento . Avviene la stessa
cosa nella lingua poetica (cioè prosodica e/o metrica):
poiché i segni di questa lingua sono in numero molto li-
mitato e le combinazioni libere infinite, qui, piu che al-
trove, la novità consiste in ripetizioni molto serrate. Ana-
logamente , le composizioni a spirale di Réquichot (si
può prendere come esempio La guerre des ner/s) esplo-
dono dappertutto a partire da un elemento ripetuto e
spostato, la spira (qui combinata con linee, aste, pozze),
tali composizioni si generano nello stesso modo esplosi-
vo della frase poetica . Per Réquichot evidentemente la
spirale è stata un nuovo segno: una volta scoper to, par-
tendo di qui ha potuto elaborare una nuova sintassi, una lo, mentre la vostra mano resta posat a sulla stessa super-
nuova lingua. Tutt avia questa lingua - che in questo è ficie ricevente: date origine a una scritt ura : la scrittura
una scrittura - è sempre sul punto di/arsi: certo la spirale è la mano che pesa e avanza o tr ascina, sempre nello stes-
è il segno in sé, ma questo segno - per esistere - ha bi- so senso, quindi la mano che lavora (donde la metafora
sogno di un movimento , che è quello della mano. Nella rurale che designa la scrittura bustrofedica con l'anda re
scrittura , la sinta ssi, che crea ogni significato, risiede es- e venire dei buo i nei campi) . Ecco il significato corporeo
senzialmente nel peso del muscolo - del meta-muscolo , della spirale ripetuta: la mano non lascia mai il foglio
direbbe Réquichot : il pittore divent a intelligente quan - fino a che non sia estenuato un certo godimento (il si-
do pesa (anche con la maggior leggerezza); senza questo gnificato viene riferito alla figura centrale: ogni disegno
peso che avanza (quel che si dice «tracciare»)il tratto pit- di Réquichot è nuovo).
torico (o grafico) rimane privo di significato (il tratto
«bet e» è quello che si fa per assomigliareo per non asso-
migliare:ad esempio, la linea ondulata per non somiglia- Illeggibile.
re ad una semplice retta ). In definitiva, non è il segno
(astrazione analitica) che fa la scrittura, ma, molto piu Nel 1930, in una tomba micenea l'archeologo Persson
paradossalmente, la corsività del discontinuo (per forza scopri una giara con dei grafismi sull'orlo; imperturbab i-
di cose ciò che viene ripetuto è discontinu o). Disegnate le, Persson tradusse l'iscrizione , in cui aveva riconosciu-
un cerchio: voi produc ete un segno ; provate a trasferir - to parole che assomigliavano al greco; tempo dopo , un
218 IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 219

altro archeologo, Ventris, stabili che non si trattava per mento Réquichot ha scritto le sue lettere illeggibili e pra-
nulla di una scrittura: si trattava semplicemente di uno ticato qua e là il palinsesto pittorico, ritagliando e cucen-
scarabocchio ; d'altronde , ad una delle sue estremità il do le tele l'una sull'altra, schiodando e cospargendo di
disegno terminava in curve puramente decorative. Ré- macchie i suoi dipinti tachistes, introducendo il Libro,
quichot segue il cammino inverso (ma è lo stesso): una con i suoi risguardi, nelle sue grandi composizioni delle
composizione a spirale del settembre 1956 (quando egli Carte scelte. Tutto questo sovra-scritto, incisione del
costitui la riserva delle sue forme ulteriori) termina (in nulla, apre all'oblio: è la memoria impossibile. Dice
basso) con una linea di scrittura. Nasce cosi una semio- Chateaubriand: «In alcune isole della Norvegia si dissot-
grafia particolare (prat icata già da Klee, Ernst, Michaux terrano delle urne decorate con caratteri indecifrabili. A
e Picasso ): la scrittura illeggibile. Quindici giorni prima chi appartengono quelle ceneri? I venti non ne sanno
di morire, Réquichot, nel corso di due notti, scrive sei nulla».
testi indecifrabili e che tali rimarranno per semp re; tut-
tavia nessuno dubita che - sfuggiti a qualche cataclisma
futuro - questi testi non possano trovare un Persson per
tradurli; poiché soltanto la Storia fonde la leggibilità di LA RAPPRESENTAZIONE.
una scrittura; per ciò che concerne il suo essere, la scrit-
tura lo trae non dal suo significato (dalla sua funzione
comunicativa) bensi dalla rabbia, dalla tenerezza o dal La materia.
rigore in cui sono tracciate le gambe e le curve.
Testamento illeggibile, le ultime lettere di Réquichot Sul tavolo da lavoro di Réquichot (indiscernibile da
dicono parecchie cose: in primo luogo che il significato un banco di cucina), alla rinfusa, anelli da tenda compra-
è sempre contingente, storico, inventato (da qualche ar- ti ai grandi magazzini: si ritroveranno piu tardi nella
cheologo troppo fiducioso): nulla separa la scrittura (che Sculpture en plastique, anneaux collés.
si ritiene comunicativa) dalla pittura (che si ritiene Di solito (voglio dire: se ci si riferisce alla storia del-
espressiva): entrambe sono fatte dello stesso tessut o, che l'arte), l'opera proviene da un materiale puro: che non
forse è semplicemente, come nelle cosmogonie piu mo- è ancora servito a nulla (polvere, creta, pietra ); quindi,
derne , la velocità (le scritture illeggibili di Réquichot classicamente, è il primo grado di trasformazione della
sono visionarie quanto certe sue tele). In secondo luogo: materia bruta. L'artista può dunque identificarsi mitica-
ciò che è illeggibile è ciò che è stato perso: scrivere, per - mente in un demiurgo, che dal nulla crea qualcosa : è la
dere, riscrivere, installare il gioco infinito del sotto e del definizione aristotelica dell'arte (la techné), e anche l'im-
sopra, avvicinare il significante, farne un gigante, un mo- magine classica del creatore titanico: Michelangelo crea
stro di presenza, diminuire il significato fino all'imper- l'opera come il suo Dio crea l'uomo. Tutta quest'arte
cettibile, squilibrare il messaggio, conservare la forma dice l'Origine.
della memoria, non il suo contenuto, realizzare l'impe- Quando Réquichot li prende, questi anelli sono già
netrabile definitivo, in una parola mett ere tutta la scrittu- deoli oooetti usuali (manufatt i), che risultano solo disto!-
ra, tutta l'arte in un palinsesto, e in un palinsesto che è "' "'"'
ti dalla loro funzione: l'opera ha quindi inizio da un pas-
inesauribile, poiché ciò che è stato scritto ritorna conti- sato anteriore, il mito dell'Origine viene scosso, la crisi
nuamente in ciò che si scrive per renderlo sovra-leggibile teologica della pittura è aperta (dopo i primi collage, i
- cioè illeggibile. In ultima analisi, con uno stesso movi- «ready made»). Questo avvicina l'op era pittorica (o
2 20 IL CORPO RÉQUIC H OT E IL SUO CORPO 221

scultorea: il riporto del materiale ben presto indurrà ad di vedervi dei quadri futuri: mi capita di tagliare a pezzi
usare un altro nome) al Testo (cosiddetto letterario); delle grandi stesure di colore, di isolare parti che mi sem-
poiché anche il Testo assume parole usuali, usate e come brano interessanti» . Lo strumento potenziale della pit-
manufatte in vista della comunicazione corrente , per tura (per la parte di essa - forse minima - che concerne
produrre un nuovo oggetto, fuori dall'uso e quindi fuori l'occh io e non la mano ), questo strumento sarebbe dun-
dallo scambio. que la lente, o per essere piu esatti il supporto, che per-
La conseguenza estrema (forse ancora imprevedibile ) mette di mutare l'oggetto facendolo girare (in questo
di questo stravolgimento è quella di accentuare la nat ura modo Réquichot si è servito delle fauci di cane intatte ,
materialista dell'a rte. Non è la materia in sé ad essere senza aggiunte, ma facendole girare): e questo non per
materialista (una pietra incorniciata è un puro feticcio), vedere meglio o piu completamente, bensi per vedere al-
ma, se cosf si può dire, lo è l'infinitezza delle sue trasfor - tro. In sé la dimensione è un oggetto : non è sufficiente
mazioni. Un po' di simbolismo conduce alla divinità, per fondare un'a rte maggiore: l'architettura? La lente e
mentre l'eccesso di simbolismo che regola il lavoro del- il supporto producono tale supplemento, che stravolge
l'artista, lo allontana da essa: egli sa che la materia è in- il significato, cioè il riconoscimento (capire, leggere, ri-
fallibilmente simbolica: in perpetuo spostamento; la sua cevere una lingua, è riconoscere; il segno è ciò che viene
funzione (sociale) consiste nel dire, rammentare , nell'in - riconosciuto; Réquichot farebbe parte di quella razza
segnare a tutti che la matena non è mai al suo posto (né d 'art isti che non riconoscono).
al suo posto di origine, né in quello del suo uso); ed è Camb iare il livello di percezione: si tratta d'una scossa
forse un modo di suggerire (affermazione essenzialmen- che scuote il mondo ordinato, il mondo nominato (il
te materialista): che non c'è materia. mondo riconosciuto ) e conseguentemen te libera una
(La materia tratta ta dall'artista trova un posto solo nel vera energia allucinatoria . In effetti, se l'arte (serviamoci
momento in cui egli l'inquadra, l'espo ne, la vende: è il ancora una volta di questa parola cosi comoda, per de-
posto fissato dall'alienazione: là dove cessa l'infinito spo- signare qualunque attività non funzionale) avesse il solo
stamento del simbolo). scopo di far vedere meglio, non sarebbe altro che una
tecnica di analisi, un surrogato della scienza (ed a ciò ha
mirato l'arte realista); ma in quanto cerca di produrre
La lente. l'altra cosa che è nella cosa, essa rivoluziona tutta una
epistemologia: è quel lavoro illimitato che ci libera da
Come in un palinsesto, la scrittu ra sta nella scrittura, una gerarchia corrente: in primo luogo la percezione
cosf in un «quadro» (qui ha poca importanza che il ter- («vera»), in secondo luogo la nominazione, infine l'asso-
mine sia corretto) vi sono parecchi quadri. No n solo (in ciazione (la parte «nobile», «creativa» dell'artista ). Ré-
Réquichot) perché alcune tele vengono riscritte o ricol- quichot, invece, non accorda alcun privilegio alla prima
locate come oggetti parziali in nuov i insiemi, ma perché percezione: la percezione è subito plurale - e questo di-
vi sono tante opere quanti sono i livelli di percezione: spensa ancora dalla classificazione idealista- ; il mentale
isolate, guardate, ingrandi te e trattate in dettaglio; cosf è quindi il corpo portato ad un altro livello di percezione:
voi create un'opera nuova, attraversate secoli, scuole, ciò che Réquichot chiama il «meta-mentale».
stili e fate qualcosa di molto nuovo con qualcosa di mol-
to antico. Réquicho t ha praticato questa tecnica su se
stesso: «Guardando un quadro da molto vicino, capita

i
222 IL CORPO RÉQ UICHO T E IL SUO CORP O 22 3

moda al giorno d'oggi. E una critica tematica di Réqui-


Il nome . chot appa re non solo possibile , ma inevitabile: le sue for-
me «assomigliano» a qualcosa, richiamano una serie di
Prendiamo due trattamenti moderni dell'oggetto. Nel nomi, secondo il processo della metafora ; egli per primo
«ready made », l'oggetto è reale (l'arte ha inizio nel suo lo sapeva: «I miei dipint i: ci si possono trovare cristalli,
perimetro, nella sua cornice, nella sua museografia) - rami, grotte, alghe, spugne ... » L'an alogia diviene qui ir-
per cui si è potuto parlare di realismo piccolo-borghese. reprimibile (come un godimento precoce), ma dal punt o
Nella cosiddetta arte concettuale, l'oggetto viene nomi - di vista linguistico è già ambigua: e questo perché la for-
nato, radicato nel dizionario - per cui bisognerebbe dire ma tracc iata (dipinta o composta ) non ha un nome, a di-
«arte denotativa » al posto di «arte concettuale». Nel spetto dei molti che le si possono attribuire. Il solo modo
«ready made », l'oggetto è talmente reale da permettere per nomina re l'inn ominabile è la metafora (che diventa
all'artista l'eccentricità o l'incertezza della denominazio - piu precisamente una catacresi): la catena dei nomi ha
ne. Nell'arte concet tuale, l'oggetto viene definito in ma- un valore per il nome mancante. Ciò che si manifesta
niera cosi precisa da non avere piu bisogno che sia reale: nell'analogia (almeno in quella prat icata da Réquichot)
può essere ridotto a un articolo di dizionario (Thing, di non è il termine , il significato presunto («questa macchia
Joseph Kossuth ). Questi due usi, in apparenza opposti, significa una spugna»), bensi la tentazione del nome,
dipendono da una stessa attività: la classificazione. qualunque esso sia: la polisemia forsennata è il prim o
Nella filosofia indu la classificazione ha un nome cele- episod io (iniziatico) di un 'ascesi: che conduce fuori dal
bre: quello di Maya: non il mondo delle «apparen ze», lessico, fuori dal significato.
il velo che forse nasconde qualche intima verità, ma il La tematica che Réquichot suggerisce è ingannevole
principio per cui ogni cosa è classificata, misurata dal- perché in realtà è indomabil e: la metafora non si /erma,
l'uomo , non dalla natura. Dal momento in cui nasce il lavorio di nominazione continua inesorabile, costretto
un 'opposizione (l'Opposi zione), c'è Maya: il reticolo sempre a procedere , a non fissarsi mai, a disfare di con-
delle forme (degli oggetti) è Maya, il paradigma dei nomi tinuo i nomi trovati senza approda re a nulla, salvo una
(il linguaggio) è Maya (il bramino non nega Maya, non ex-nominazione perpetua: perché ciò che assomiglia,
oppone l'Uno al Multiplo, non è per nulla monista - non a tutto , ma successivamente a qualcosa , non assomi-
giacché riunire è ancora Maya; egli cerca la fine dell' op- glia a nulla . O ancora: qualcosa assomiglia, si, ma a che
posizione , l'estinguersi della misura ; mira non a mettersi cosa? a «qualc osa che non ha nome». L'analogia compie
fuori da ogni classe, bensi fuori dalla classificazione cosi il proprio diniego e la beanza del nome si mantiene
stessa). all'infinito : che cos'è questo?
Il lavoro di Réquichot non è Maya: egli non vuole né Tale domanda (che è quella posta dalla Sfinge a Edi-
oggetto , né linguaggio. Disfare il Nome: ecco ciò a cui po) è sempr e un grido, la richiesta di un desiderio: pre -
mira; di opera in opera , procede ad una ex-nominazione sto un Nome , affinché io mi rassicuri! che Maya non sia
generalizzata dell'oggetto. Si tratta di un proget to singo- piu straziato ma che si ricostituisca e si restauri nel lin-
lare che distan zia Réquichot dalle sette del suo tempo. guaggio ritr ovato : che il quadro mi dia il suo Nome! Ma
Tale progetto non è semplice, poiché l'ex-nominazione - e questo definisce con esattezza Réquichot - il Nome
dell'oggetto passa necessariamente attraverso una fase di non viene mai dat o: godiamo del nostro desiderio, non
sur-nominazione esuberante: prima di scomparire Maya del nostro piacere.
conosce una fase rigogliosa: è il momento temati co, fuori È questa , forse, l'astrazione: non le tele dipinte da cer-
IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 225
ti pittori intorno all'idea di linea (secondo l'opinione l'opera è infinita (lo era già il capolavoro sconosciuto di
corrente la linea è astratta, apollinea; l'immagine di un Balzac) e, tuttavia, a un dato momento, ci si ferma (per
magma astratto, come si ritrova in Réquichot, appare in- mostrare o distrug gere). La misura dell'opera non sta
congrua ), bensi il conflitto pericoloso tra l'oggetto e il più nella sua finalità (il prodotto finito che essa costitui-
linguaggio di cui Réquicho t ha permesso il racconto . sce), bensi nel lavoro che essa espone (la produzione in
Egli ha creato degli oggetti astratti: oggetti in quanto cer- cui vuol trascinare il suo lettore ): via via che l'opera si
cano un nome, e astratti in quanto innominabili: dal mo- fa (e si legge), la sua fine si trasforma. Grosso modo , è
mento in cui è presente , l'oggetto (e non la linea) vuol quel che succede nella terapia analitica: a poco a poco
darsi un nome, produrre una filiazione, quella del lin- l'idea stessa di «guarigione», inizialmente molto sempli-
guaggio: il linguaggio non ci è forse trasmesso da un or- ce, si complica, si trasforma, e si allontana: come la cura,
dine anteriore? Nel suo lavoro, Réquichot procede a di- l'opera è interminabile. In entrambi i casi, non si tratta
seredare l'oggetto , eliminando l'eredità del nome. Toglie soltanto di conseguire un risultato, quanto di modificare
ogni origine alla materia stessa del significante: che cosa un problema, cioè un soggetto: liberarlo dalle sabbie
sono questi «accide nti» (presenti in alcuni suoi collage)? mobili della finalità in cui restava bloccata la sua par-
Tele arrotondate e dipinte, poi arrotolate e appese: dise- tenza.
redate. Come si vede, la difficoltà di finire - che ha spesso
Il progetto di Réquichot riceve una duplice determi- condizionato Réquichot - chiama in causa la rappresen-
nazione (indecidibile): da un lato, sulla scacchiera del!'a- tazione stessa, a meno che non sia l'abolizione della figu-
vanguardia, approfondisce la crisi del linguaggio, scuote ra, provocata da un gioco continuo di determinazioni
la denotazione, la formulazione fino a romperle; dall'al- storiche, a precludere la realizzazione della fine (scopo
tro, ricerca personalmente la definizione del proprio cor- e termine) dell'arte. Forse tutto il dibattito va compreso
po e scopre che tale definizione comincia dove il Nome in rapporto ai due significati della parola «rappresenta-
finisce, cioè all'interno (solo i medici possono nominare, zione». Secondo il significato corrente, da cui l'opera
lontano da ogni realtà, l'interno del corpo: il corpo non classica prende risalto, la rappresentazione designa una
è altro se non il suo interno ). Tutta la pittura di Réqui- copia, un'illusione, una figura analogica, un prodotto so-
chot potrebbe recare questa epigrafe, scritta da lui stes- migliante; mentre secondo il significato etimologico, la
so: «je ne sais pas c'qui m'quoi». ti-presentazione è il ritorno di quel che si è presentato.
Nella rappresentazione il presente svela il suo parados-
so, che consiste nell'aver avuto già luogo (poiché non
La rappresentazione. sfugge al codice); perciò , quel che nell'artista (in questo
caso Réquichot) è maggiormente irreprimibile, e cioè la
Come sa il pittore che l'opera è finita? e che deve fer- portata del godimento, si costituisce soltanto con l'aiuto
marsi, lasciare l'oggetto, passare ad un'altra opera? Fin- di quel già che è nel linguaggio, che è il linguaggio. E
ché la pittura è stata rigorosamente figurativa, il finito nonostante la lotta in apparenza inespiabile tra l'Antico
era concepibile (anzi era un valore estetico), poiché biso- e il Nuovo, i due significati a questo punto si collegano:
gnava pervenire a una rassomiglianza (o, a rigore, a un lungo tutta la sua storia, l'arte è il dibattito, continuo e
effetto ). Una volta raggiunta (l'illusione), posso lasciarla vario, tra l'immagine e il nome: talvolta (al polo figurati-
(la tela); invece, nella pittura successiva, la perfezione vo), il Nome regna nella sua esattezza e il segno impone
(completare è sinonimo di finire) non è p iù un valore: la propria legge al significante; talvolta (al polo «astrat-
IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 227

to» - un pessimo modo di esprimersi), il Nome sfugge, conti, un automatismo un po' singolare? Immagine filia-
e il significante, nella sua continua esplorazione, cerca le che, ancora una volta, senza turbarsi, assimila l'antece-
di disfare il significato ostinato che vuole ritornare per denza all'origine: bisogna dare all'artista i Padri e i Figli,
formare un segno (in Réquichot l'originalità sta nel fat- per poter riconoscere gli uni ed uccidere gli altri, e per
to che , andando oltre la soluzione astratta, egli ha capito unire due bei ruoli: la gratitudine e l'indipendenza: quel
che, per disfare il Nome, il Maya, bisognava prima esau- che si dice: «superare».
rirlo: l'asemia passa attraverso una polisemia esuberan- Spesso, tuttavia, in un solo pittore si trova tutta la sto-
te, travolgente: il nome non ha piu un luogo). ria della pittura (basta mutare i livelli di percezione: Ni -
C'è allora un momento, un livello della teoria (del Te- colas de Stael sta in 3 cm2 di Cézanne). Nelle sue opere
sto, dell'arte) in cui i due significati si confondono; si successive, Réquichot ha proseguito lungo questo cam-
può affermare che il piu figurativo dei dipinti non rap- mino divorante: senza saltare nessuna immagine, egli
presenta (non copia) mai nulla ma che cerca soltanto un stesso si è fatto rapidamente storico, con un accumulo
Nome (il nome della scena, dell'oggetto); tuttavia si può di bruschi disinvestimenti; è anche passato attraverso
anche affermare (benché oggi sia piu scandaloso) che il pittori che lo han preceduto, che han fatto parte della
«dipinto» meno figurativo rappresenta sempre qualco- sua cerchia e che lo hanno seguito. Questa pratica però
sa: sia il linguaggio in sé (ed è la posizione dell'avanguar - non era artigianale, non aveva come scopo ultimo quello
dia canonica, se cosf possiamo dire), sia l'interno del cor- di dominare nulla; era infinita, non per insoddisfazione
po, il corpo come interno, o meglio ancora: il godimen- mistica, bensf per il ritorno ostinato del desiderio.
to. Ed è ciò che fa Réquichot (come pittore del godimen- Forse è cosi che bisogna leggere la pittura (almeno
to, Réquichot è oggi singolare: fuori moda - perché non quella di Réquichot ): al di fuori da ogni sequenza cultu-
sempre l'avanguardia è dalla parte del godimento). rale. In tal modo, abbiamo qualche speranza di realizza-
re la quadratura del cerchio: da un lato, eliminare dalla
pittura il sospetto ideologico che oggi segna ogni opera
precedente, e d'altro lato lasciarle l'impronta della sua re-
L'ARTISTA. sponsab ilità storica (del suo inserimento in una crisi del-
la Storia), che, nel caso di Réquichot, consiste nel pren-
dere parte all'agonia della pittura. Dall'insieme di questi
Superare cosa? due movimenti contraddittori, si ottiene un resto. Quel
che rimane, è il nostro diritto a godere l'opera.
Bisogna ricollocare Réquichot nella storia della pittu-
ra? Lo stesso Réquichot ha notato la futilità di tale do-
manda: «Non ha molto senso pensare che Van Gogh o Il dilettante .
Kandinskij siano superati, e nemmeno volerli superare:
il sorpasso storico riguarda gli altri ... » Quel che chiamia- Si potrebbe dire, alterando la parola, che Réquichot
mo «storia della pittura» non è che una sequenza di dati era un dilettante. Quest'ultimo non viene definito neces-
culturali, che immediatamente fa parte di una Storia im- sariamente da un sapere di grado inferiore, e neppure
maginaria: anzi, è la sequenza che costituisce l'immaoi- da una tecnica imperfetta (in tal caso Réquichot non sa-
nario della nostra Storia. Incasellare il pittore, lo scrit;o - rebbe un dilettante ), ma da qualcos'altro: il dilettante è
re, l'artista insieme coi suoi congeneri non è, in fin dei colui che non fa vedere, colui che non si fa sentire. Qual
228 IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 229

è il significato di questo eclissarsi? Il dilettante si limita corpo inaudito, stravolto, disorganizzato(niente organi,
a produrre il proprio godimento (però nulla impedisce muscoli, nervi, ma solo vibrazioni di dolore e di godi-
che diventi anche il nostro, senza che egli lo sappia ), e mento ), è il soggetto stesso (quello dell'ideologia classi-
questo godimento non procede verso nessuna isteria. Al ca) che non è piu presente. Il corpo licenzia il soggetto e
di là del dilettante, finisce il godimento puro (estraneo la pittura di Réquichot raggiunge cosf l'estrema avan-
a ogni nevrosi) e ha inizio l'immaginario, cioè l'artista: guardia: quella che non è classificabile,e di cui la società
senza dubbio l'artista gode, però dal momento in cui si denuncia il carattere psicotico poiché solo in tal modo
mostra e si fa sentire, e quindi ha un pubblico, il suo go- la può nominare.
dimento deve fare i conti con un'immagine, che è il di- C'è un altro motivo per non cancellare in lui !'«arti -
scorso tenuto dall'Altro su ciò che egli fa. Réquichot non sta»: Réquichot ha concepito la sua opera, il suo lavoro
mostrava mai le sue tele (che sono ancora poco cono- - tutto il suo lavoro - come un'esperienza, un rischio.
sciute): «Ogni sguardo alle mie creazioni è un'usurpa- («Bisogna dipingere non per fare un 'opera, bensf per
zione del mio pensiero e del mio cuore ... Quel che faccio sapere fin dove un'opera può giungere»). Questa espe-
non è fatto per essere visto ... I vostri giudizi e le vostre rienza non aveva nulla d'umanistico , non si trattava di
lodi sono come degli intrus i che turbano e maltrattano sperimentare i limiti dell'uomo in nome dell'umanità;
la genesi, l'inquietudine, la percezione delicata del men- era invece voluta mente autarchica, il godimento doloro-
tale in cui germoglia qualcosa che cerca di crescere ... » so era sempre il fine ultimo. Inoltre, non si trattava di
La singolarità di Réquichot consiste nell'aver condotto un'esperienza individualista, giacché conteneva - anche
la sua opera verso due punti estremi e opposti: come se era un di piu - l'idea di una certa totalità: in primo
l'arcano del godimento e come un hobby modesto che luoo-o una totalità di fare: Réquichot realizzava e rivede-
non si mostra mai. va ~tte le tecniche moderne, non esitava a fondersi con
una mathesis della pittura e non trascurava nemmeno
quel che potevano insegnargli i suoi precursori; in se-
Faust. condo luogo una concorrenza fra le arti: allo stesso
modo dei pittori del Rinascimento che, spesso, erano
L'artista (in questo caso non piu in opposizione con anche ingegneri , architetti, idraulici , Réquichot si è ser-
il dilettante ): che parola antiquata! Perché, applicandola vito di un altro significante, la scrittura. Ha scritto poe-
a Réquichot, essa perde la sua aura romantica e boro-he- sie, lettere, un proprio diario e un testo, intitolato Fau-
se? In primo luogo per il fatto che la pittura di Réqui~hot stus: Faust infatti continua ad essere l'eroe eponimo di
parte dal suo corpo: l'interno del suo corpo vi si agita questa razza di artisti: il loro sapere è apocalittico: essi
senza alcuna censura. Ne risulta questo paradosso: l'o- affrontano l'esplorazione del fare e la distruzione cata-
pera è espressiva, esprime Réquichot (Réquichot vi si strofica del prodotto.
esprime, in senso letterale , imprime sulla tela il succo
violento della sua cenestesi interiore) e, in un primo mo-
vimento, sembra partecipare a un'estetica idealistica del Il sacrificio.
soggetto (oggi aspramente contestata); ed in un secondo
movimento , poiché tale soggetto si esercita proprio ad Essere mod erni significa sapere quel che non è piu pos-
abolire il secolare contrasto tra l' «anima» e la «carne» sibile. Réquichot era consapevole del fatto che la «pittu -
. . '
e s1 estenua a mettere m scena una nuova sostanza, un ra» non può ritornare (a meno che non torni , un giorno,
IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO
sotto altra forma, cioè a spirale), ed egli stesso ha preso né dalla moda, e nemmeno dall'avaguardia. Da un certo
parte alla distruzione della pittura (coi suoi collage e le punto di vista, la sua opera è «nulla» (due pezzi al Mu-
sue sculture). Réquichot era tuttavia un pittore (e gode- seo d'arte moderna, e uno solo esposto). Perciò essa ri-
va nello stendere l'olio, nello spargere un inchiostro, nel mane uno dei luoghi in cui si compie l'ultima sovversio -
tracciare una lettera, accettava di attraversare i pittori ne : di tale opera, la Storia non può recuperare nulla,
passati, entrare nell'intertesto del cubismo, dell' astrazio- tranne la propria crisi.
ne, del tachisme). Per necessità storica e per ciò che po-
tremmo definire pressione d'un godimento responsabi-
le, Réquichot era costretto a soffocare, se non proprio Parlare di pittura?
quello che amava, almeno quello che conosceva e sapeva
fare, e a lavorare in stato di sacrificio. Tale sacrificio, tut- Paragoniamo, a caso, Réquichot a una delle correnti
tavia, non era affatto oblativo; Réquichot non offriva l' a- che l'hanno seguito. Nella cosiddetta arte concettuale
pocalisse del suo sapere, del suo fare, della sua «cultura» (arte riflessiva), in linea di massima non c'è posto per il
a nessuno, a nessuna idea , a nessuna legge, a nessuna sto- diletto; tali artisti, in mancanza d'altro, sanno bene che
ria, a nessun progresso, a nessuna fede. Egli ha lavorato per pulire in maniera definitiva la cancrena ideologica,
in pura perdita; sapeva di non poter raggiungere lo spet- bisogna tagliare completamente il desiderio, perché que-
tatore nella stessa misura in cui egli era stato personal- sto è sempre feudale. L'opera (se possiamo ancora chia-
mente colpito; mise quindi in pratica un'economia vera - marla cosi) non è piu formale, ma solo visuale, con la
mente suicida e decise che nessuna comunicazione della semplice e diretta articolazione di una perfezione e di
sua opera (comunicaz ione derisoria ) avrebbe riscattato una nominazione (la forma è ciò che sta tra la cosa e il
qualcosa di quanto lui aveva investito. Se adesso, grazie nome, ciò che ritarda il nome); per cui sarebbe meglio
a un amico, possiamo vedere opere di Réquichot, dob- definire quest'arte denotativa, e non concettuale. La
bi~mo essere ben consci che questa enorme perdita di conseguenza di tale purificazione quindi, è la seguente:
violenza e di godimento non era fatta per noi. Réquichot l'arte non è piu fantasmatica; c'è uno scenario (dal mo-
ha voluto perdere per niente: ha contestato lo scambio. mento che c'è un'esposizione); si tratta però di uno sce-
Storicamente, si tratta di un'opera suntuaria, del tutto nario senza soggetto: l'operatore e il lettore non possono
assoggettata alla perdita incondizionata di cui ha parlato entrare in una composizione concettuale, cosi come l'u-
Bataille. tente di una lingua non può entrare in un dizionario. Di
colpo, è tutta la critica che scompare, poiché non può
All'asta.
piu tematizzare, poeticizzare , o interpretare nulla; ma,
quando non c'è piu pittura, la letteratura viene esclusa.
L'arte s'impadronisce quindi della propria teoria; non
Tutta l'estetica (ma cosi se ne distrugge l'idea stessa) può fare altro che parlarsi , riducendosi alla parola che
si riduce a questa domanda: a quali condizioni; l'opera, potrebbe tenere su se stessa, se consentisse a esistere.
il testo, trovano acquirenti? Fondata (oggi) su una sov- Con l'espulsione del desiderio, il discorso ritorna in for-
versione dello scambio, l'opera (ancora oggi) non sfugge ze: nel momento stesso in cui cessa di essere erotica, l' ar-
allo scamb io, e, costretta a liquidare qualunque significa- te diventa verbosa. L'ideologia e la sua colpa vengono
to, ha tuttavia un senso. In un'asta, chi comprerà un Ré- allontanate; ma il prezzo da pagare è stato l'aphanasis,
quichot? Il suo valore non è protetto né dalla tradiz ione, la perdita del desiderio, in una parola la castrazione.
IL CORPO RÉQUICHOT E IL SUO CORPO 2 33

Il cammino di Réquichot è opposto: egli estenua l'i- francese, persino rurale, c'è in esso, per la sua pronun-
dealismo dell'arte, non riducendo la forma, bensi esa- cia, a causa della finale propria del diminutivo, un non
sperandola; non sbianca il fantasma, lo sovraccarica fino so che di ghiotto (la quiche, la crostata di formaggio), di
alla rottura; non collettivizza il lavoro dell'artista (è per- contadinesco (la galoche, lo zoccolo) e di amichevole (il
fino indifferente ad esporlo), lo sur-individualizza, alla petiot, il fanciullo): somiglia un po' al nome di un com-
ricerca del punto estremo in cui la violenza dell' espulsio- pagno di classe simpatico. Questa instabilità del signifi-
ne farà cadere la consistenza nevrot ica del soggetto in cante maggiore (il nome proprio), può venir riportato
quell'altra cosa che la società individua nella psicosi. alla firma. Per scuotere la legge della firma, non è neces-
L'arte concettuale (presa soltanto come esempio di sario sopprimerla, immaginare un'arte anonima; è suffi-
un'arte contraria a quella di Réquichot) vuole stabilire ciente spostare il proprio oggetto: chifirma cosa? Dove
una sorta di al di qua della forma (il dizionario); Réqui- si arresta la firma? Su quale supporto? Sulla tela (come
chot, invece, vuol raggiungere l'aldilà della lingua; per- nella pittura classica?) Sull'oggetto (come nel «ready
ciò, anziché purificare il simbolo, lo radicalizza: lo spo- made»)? Sull'avvenimento (come nello «happening»)?
sta, rimanendo cosi sullo stesso versante del simbolo. Réquichot si è accorto dell'infinità insita nella firma, che
(«Le cosiddette macchie della mia pittura, non cerco di ne scioglie il legame appropriativo, perché piu il suppor-
farle cadere nel punto giusto; anzi, mi aspetto di vederle to si allarga, piu la firma si allontana dal soggetto: firma-
cadere nel punto sbagliato»). A partire di qui si può an- re vuole dunque dire troncare, ghigliottinarsi, decapita-
cora parlare di Réquichot; possiamo definire la sua arte: re l'altro. Perché, pensava Réquichot, non posso firmare,
erotica (giacché è il suo corpo che espone), oppure cat- oltre alla mia tela, la foglia fangosa, che mi ha dato un'e-
tiva, o violenta, o sporca, o elegante, o ancora: pastosa, mozione, o perfino il sentiero dove l'ho vista appiccica-
tagliente, ossessiva, potente. In breve, essa può ricevere ta? Perché non posso mettere il mio nome sulle monta-
il contrassegno linguistico del fantasma, qual è letto dal- gne, sulle mucche, sui rubinetti, sulle ciminiere delle
1'Altro, cioè l'aggettivo. Perché è il mio desiderio che, fabbriche (Faustus)? La firma è la folgorazione, l'iscri-
consentendo all'Altro di parlare di me, fonda con uno zione del desiderio: l'immaginazione utopica e carezze-
stesso movimento, l'aggettivo e la critica. vole di una società priva di artisti (poiché l'artista sarà
sempre umiliato), in cui tuttavia ognuno firmerebbe gli
oggetti del suo godimento. Nella sua solitudine, Réqui-
chot ha prefigurato per un momento questa sublime so-
LA FIRMA. cietà di dilettanti. Riconoscere la firma di Réquichot non
significa annetterlo nel panthéon culturale degli artisti,
bensi disporre di un segno supplementare nel disordine
Réquichot. dell'immenso Testo che si scrive senza posa, senza origi-
ne e senza fine.
È da un po' di tempo che scrivo, non su Réquichot,
ma intorno a lui. Il nome «Réquichot» è diventato l'em-
blema della mia scrittura corrente; in lui sento il suono
familiare del mio lavoro; e dico Réquichot, come ho det-
to Michelet, Fourier, oppure Brecht. Risvegliato dal suo
uso, questo nome (come ogni nome) è strano: benché
II
Il corpo della musica
Ascolto

Udire è un fenomeno fisiologico; ascoltare è un atto


psicologico. È possibile descrivere le condizioni fisiche
dell'audizione (i suoi meccanismi) facendo ricorso all'a-
custica e alla fisiologia dell'udito; l'ascolto, invece, può
essere definito soltanto a partire dal suo oggetto, ovvero,
se si preferisce, dal suo obiettivo. Lungo la scala degli
esseri (la scala viventium dei naturalisti antichi) e lungo
la storia degli uomini, l'oggetto dell'ascolto, considerato
nel suo tipo piu generale, subisce o ha subito delle varia-
zioni. Semplificando al massimo, s'individueranno tre
tipi di ascolto.
Nel primo tipo di ascolto l'essere vivente rivolge la
propria audizione (l'esercizio della facoltà fisiologica di
udire) verso degli indizi. A questo livello, nulla distingue
l'animale dall'uomo: il lupo ascolta quello che potrebbe
essere il rumore di una preda, la lepre quello di un ag-
gressore; il bimbo, l'innamorato ascoltano i passi di chi
si avvicina e che sono forse quelli della madre o dell'es-
sere amato. Questo primo tipo di ascolto è, se cosi si può
dire, un allarme. Il secondo è una decifrazione: quel che
si cerca di captare con l'orecchio sono dei segni, eque-
sto, certo, è proprio dell'uomo. Ascolto come leggo, os-
sia in base a certi codici. Per finire, il terzo tipo di ascolto
- del tutto moderno, anche se ovviamente non soppianta
gli altri due - non prende in considerazione, non si basa
su segni determinati , classificati; non riguarda ciò che è
detto, o emesso, quanto piuttosto chi parla, chi emette.
Questo ascolto ha luogo in uno spazio intersoggettivo,
dove «io ascolto» vuol dire anche «ascoltami»; ciò di

l
IL CORPO DELLA MUSICA ASCOLTO 2 39

cui esso s'impadronisce per trasformarla e rilanciarla al- more ambiente è troppo elevato), la selezione, l'intelli-
l'infinito nel gioco del transfert, è una «significanza» ge- genza dello spazio non è piu possibile, l'ascolto è com-
nerale, inconcepibile al di fuori della determinazione promesso. Il fenomeno ecologico detto inquinamento -
dell'inconscio. che sta diventando oggi un mito negativo della civiltà in-
dustriale - non è altro che l'alterazione intollerabile del-
lo spazio umano, in cui l'uomo cerca invano di ricono-
I. scersi: l'inquinamento mina i sensi mediante i quali l'es-
sere vivente - animale o uomo - riconosce il proprio ter-
I sensi dell'uomo sono gli stessi dell'animale. Tutta- ritorio, il proprio habitat: vista, odorato, udito. Cosi, ci
via, è evidente che lo sviluppo filogenetico, e, nella storia si trova di fronte ad un inquinamento sonoro di cui tutti,
umana, lo sviluppo tecnico, hanno modificato (e modifi- indipendentemente da qualsiasi mito naturalistico, av-
cheranno ancora) la gerarchia dei cinque sensi. Gli an- vertono il carattere di minaccia all'intelligenza stessa dei.
tropologi osservano che i comportamenti alimentari del- viventi; la quale a rigore consiste nella capacità di comu-
l'essere vivente sono legati al tatto, al gusto, all'odorato, nicare correttamente col proprio Umwelt (ambiente):
cosi come quelli affettivi al tatto, ali' odorato e alla vista. l'inquinamento impedisce di ascoltare.
L'udito invece, insieme alla vista per l'uomo e all'odora- Senza dubbio, è proprio a partire da questa nozione
to per l'animale, sembra essenzialmente connesso alla di territorio (owe ro di spazio «appropriato», familiare,
valutazione della situazione spazio-temporale. Costruito ordinato e domestico) che meglio si comprende la fun-
a partire dall'udito, l'ascolto, da un punto di vista antro- zione dell'ascolto: il territorio, infatti, può essere defini-
pologico, è il senso stesso dello spazio e del tempo, colto to essenzialmente come lo spazio della sicurezza, e, in
attraverso la percezione dei gradi di lontananza e dei rit- quanto tale, da difendere. L'ascolto è quest'attenzione
mi regolari dell'eccitazione sonora. Come per il mammi- «preliminare» che consente di captare tutto ciò che po-
fero il territorio è contrassegnato da odori e da suon i, trebbe alterare il sistema territoriale; è una maniera di
cosi anche per l'uomo - spesso non ci si pensa -1' appro- difendersi dalla sorpresa; il suo oggetto (ciò verso cui è
priazione dello spazio è in parte sonora: lo spazio dome- rivolto) è la minaccia, oppure il bisogno; il materiale del-
stico, quello della casa, dell'appartamento (equivalente l'ascolto è l'indizio, sia che segnali un pericolo, sia che
in fondo al territorio animale) è uno spazio di rumori prometta un appagamento. Di questa duplice funzione,
familiari, riconosciuti, che nel complesso formano una difensiva e predatrice, restano tracce nell'ascolto civiliz-
sorta di sinfonia domestica: sbattere differenziato di zato: quanti film del terrore, incentrati sull'ascolto dello
porte, voci, rumori di cucina, di tubature, echi dall'ester- strano, sull'attesa sgomenta del rumore irregolare che
no: Kafka ha descritto con esattezza questa sinfonia fa- turberà il comfort sonoro, la tranquillità della casa! L'a-
miliare in una pagina dei Diari (5 novembre 19rr): «Sto scolto, in tal caso, si associa strettamente all'insolito, al
seduto in camera mia, nel quartiere generale del rumore pericolo come al colpo di fortuna; e viceversa, nel cas?
di tutto l'appartamento: odo sbattere tutte le porte ... »; in cui sia volto all'appagamento del fantasma, esso di-
e si sa l'angoscia del bambino ricoverato in ospedale che venta ben presto allucinazione: credo realmente di sen-
non sente piu i rumori familiari del rifugio materno. Su tire ciò che mi farebbe piacere sentire come promessa
questa base uditiva si fonda l'ascolto, in quanto esercizio del piacere.
di una funzione d'intelligenza, ossia di selezione. Se la Dal punto di vista morfologico, quello piu vicino alla
base uditiva invade l'intero spazio sonoro (cioè se il ru - specie, l'orecchio sembra fatto proprio per catturare
IL CORPO DELLA MUSICA ASCOLTO

l'indizio fuggevole: immobile, fermo, ritto come un ani- secondo Freud , mima l'assenza e la presenza della madre
male in agguato. Come un imbuto orientato dall'esterno in un gioco che consiste nel lanciare lontano e riprende-
verso l'interno , esso raccoglie il maggior numero possi- re un rocchetto attaccato ad uno spago: in tal modo egli
bile d'impressioni e le incanala verso un centro di sorve- crea il primo gioco simbolico, ma contemporaneamente
glianza, di selezione e di decisione. Le pieghe, i meandri anche il ritmo. Immaginiamo che il bambino ascolti, vi-
del padiglione sembrano voler moltiplicare i contatti gile, i rumori che lo possono avvertire del ritorno deside-
dell'indi viduo col mondo, e ridurre nello stesso tempo rato della madre: egli si trova nel primo tipo di ascolto,
questa molteplicità , assoggettandola ad un percorso di quello degli indizi. Qua ndo però non sta piu in attesa
smistamento. Occorre, infatti - tale è il ruolo di questo dell'indizio e si mette a mimarne il ritorno regolare, allo-
primo ascolto - che ciò ch'era confuso e indifferenziato ra egli trasforma l'indizio atteso in segno, passando in
diventi distinto e pertinente, e che la natura intera assu- tal modo al secondo tipo di ascolto, che è quello del sen-
ma la forma particolare di un pericolo o di una preda: so: ciò che è ascoltato non è piu il possibile (la preda ,
l'ascolto è l'operazione stessa di questa metamorfosi. l'insidia o l'oggetto del desiderio che si manifesta senza
preavvisi), bensf il segreto, ossia qualcosa che, sepolto
nella realtà, non può presentarsi alla coscienza umana
2. se non tramite un codice che serve tanto a cifrare questa
realtà quanto a decifrarla.
Molto prima che fosse inventata la scrittura, anzi, Da quel momento l'ascolto è legato (sotto mille forme
molto prima che fosse praticata la pittura rupestre, è sta- svariate e indirette ) ad un'ermeneutica; ascoltare significa
to prodotto qualcosa che forse distingue essenzialmente mettersi in condizione di decodificare ciò che è oscuro ,
l'uomo dall'animale: la riproduzione intenzionale di un confuso o muto , per far apparire alla coscienza il «di sot-
ritmo. Su certe pareti dell'epoca mousteriana si trovano to» del senso (ciò che è vissuto, postulato, voluto come
delle incisioni ritmiche, e tutto fa credere che la compar- nascosto ). La comunicazione che implica questo secon-
sa di queste prime rappresentazioni ritmiche abbia coin- do tipo di ascolto è religiosa: essa collega il soggetto
ciso con quella delle prime abitazioni umane. Certo non ascoltatore col mondo occulto degli dèi che, come si sa,
si sa nulla, se non di mitico, della nascita del ritmo sono- parlano una lingua di cui giunge agli uomini solo qual-
ro; ma sarebbe logico immaginare che ritmare (incisioni che enigmatico frammento, mentre - crudele situazione
o colpi) e costruire delle case siano attività che nascono - è vitale per loro comprenderla. Ascol tare è il verbo
contemporaneamente: la caratteristica operatoria dell'u- evangelico per eccellenza: la fede è tutta ricondotta all'a-
manità consiste appunto nella percussione ritmica a lun- scolto della parola divina e attraverso l'ascolto l'uomo
go ripetuta , come attestano le lame e le schegge di selce si lega a Dio. La Riforma (con Lutero ) è stata realizzata
ottenut e per percussione del nucleo. Col ritmo la creatu- in gran parte in nome dell'ascolto: il tempio protestante
ra preantropica accede all'umanità degli Australantropi. è esclusivamente un luogo d 'ascolto ; e la stessa Contro-
Sempre per via del ritmo, l'ascolto non resta semplice riforma , per non essere da meno, ha posto il pulpito al
vigilanza, ma diventa creazione. Senza il ritmo, il lin- centro della chiesa (negli edifici dei Gesuiti ), trasfor-
guaggio è impossibile: il segno si basa su un duplice mo- mando i fedeli in «ascoltatori» (di un discorso che fa rivi-
vimento, quello del marcato e del non-m arcato, che si vere la retorica antica come arte di «forzare » all'ascolto).
chiama paradigma. La favola che meglio rende conto Que sto secondo tipo di ascolto è, nello stesso tempo,
della nascita del linguaggio è la storia del bambino che, religioso e decifratorio: riguarda insieme il sacro e il se-
IL CORPO DELLA MUSICA ASCOLTO 2 43

greto (ascoltare per decifrare in modo scientifico: la sto- l'individuo contro lo strapotere del gruppo. Cosi, l'ascolto
ria, la società, il corpo, è ancora, sotto alibi laici, un at- privato del peccato si è sviluppato, per lo meno all'inizio,
teggiamento religioso). Che cosa cerca di decifrare l'a- ai margini dell 'istituzione ecclesiale: fra i monaci, suc-
scolto? Due cose, essenzialmente: l'avvenire (in quanto cessori dei martiri, al di sopra della Chiesa, se cosi si può
appartiene agli dèi), la colpa (in quanto nasce nei con- dire; o fra eretici come i catari; o ancora in certe religioni
fronti di Dio). poco istituzionalizzate, come il buddismo, dove si prati-
La natura, coi suoi rumori, è fervida di senso: cosi ca regolarmente l'ascolto privato «da fratello a fratello».
almeno, secondo Hegel , l'ascoltavano gli antichi Greci. Cosi come si è configurato attraverso la storia stessa del-
Le querce di Dodona , con il fruscio delle foglie, espri- la religione cristiana, l'ascolto mette in rapporto due sogget-
mevano delle profezie, e anche in altre civiltà (di cui si ti; anche quando si vuol mettere in una situazione d'ascolto
occupa piuttosto l'etnografia ) i rumori hanno fornito il un'intera folla, un'assemblea politica , per esempio (Ascol-
materiale di una mantica, la dedonomanzia. Ascoltare tate!),Io scopo è quello di far accogliere il messaggio di uno
è, da un punto di vista istituzionale, cercare di sapere solo e di farne capire la singolarità (enfasi). L'ingiunzione
ciò che sta per accadere (inut ile rilevare la persistenza di ascoltare è l'appello totale di un soggetto ad un altro: es-
di questa finalità arcaica ).
sa pone al di sopra di tutto il contatto quasi-fisico dei due
L'ascolto è anche un sondare. Non appena la religio- soggetti (tramite la voce e l'orecch io), crea il transfert per
ne s'interiorizza, con l'asco lto si sonda l'intimità, il se-
cui ascoltatemi sta per toccatemi, sappiateche esisto. Per
greto del cuore: la colpa, il peccato. Una storia ed una
usare la terminologia diJ akobson, ascoltatemiè un fàtico ,
fenomenologia dell'interiorità (che forse non esiste an-
un operatore di comunicazione individuale. Lo strumento
cora ) dovrebbe affiancarsi ad una storia e ad una feno-
menologia dell'ascolto in quanto proprio all'interno del- archetipico dell'ascolto moderno, il telefono, associa i due
la civiltà della Colpa (la civiltà giudeo-cristiana, diversa attori del processo comunicativo entro un'intersoggettività
dalla civiltà della Onta) l'interiorità si è costantemente ideale (al limite, intollerabile, tanto è pura ), dal momento
sviluppata. I primi cristiani ascoltano ancora delle voci che abolisce tutti i sensi, tranne l'udito: l'ordi ne d'ascolto
esterne, quelle dei d emoni o degli angeli; solo a poco a che apre ogni comunicazione telefonica invita l'altro a far
poco l'oggetto dell'ascolto s'interiorizza al punto di di- convergere tutto il suo corpo nella voce e avverte ch 'io mi
ventare pura coscienza. Per secoli ci si limitò a chiedere raccolgo tutto nel mio orecchio. Mentre il primo tipo di
al peccatore, la cui penitenza doveva passare attraverso ascolto trasforma il rumore in indizio, questo secondo
il riconoscimento delle proprie colpe, solo una confes- trasforma l'uomo in soggetto duale: l' interpella zione por-
sione pubblica: l'ascolto privato da parte di un semplice ta ad una interlocuzione , nella quale il silenzio dell'ascol-
prete era considerato un abuso, decisamente condanna- tatore sarà tanto attivo quan to la parola del locutore: l'a-
to dai vescovi. La confessione auricolare , da bocca ad scoltoparla, si potrebbe dire; è a questo stadio , storico op-
orecchia, nel segreto del confessionale, non esisteva al- pure strutturale, che intervien e l'ascolto psicanalitico .
l'epoca patristica; è nata verso il vu secolo in seguito agli
eccessi della confessione pubblica ed ai progressi della
coscienza indi viduale: «a peccato pubblico confessione 3.
pubblica, a peccato privato confessione privata». L'a-
scolto limitato, murato e quasi clandestino - «da solo a L'inconscio, stru tturat o come un linguaggio, è l'og-
solo» - è stato dunq ue un «progresso», nel senso mo- getto di un ascolto part icolare e insieme esempl are:
derno, dal momento che ha assicurato la protezione del- quello dello psicanalista.
244 IL CORPO DELLA MUSICA ASCOLTO 2 45

Lo psicanalista, secondo Freud ', « deve rivolge re il si pretende dall'analizzato, e cioè che racconti senza sot-
proprio inconscio come un organo ricevente verso l'in- toporre a critica e selezione tutto ciò che gli passa per il
conscio del malato che trasmette; deve disporsi rispetto capo. Se il medico si comporta in un modo diverso an-
all'analizzato come il ricevitore del telefono rispetto al nulla in gran parte il beneficio che risulta dall'osservanza
microfono trasmittente. Come il ricevitore ritrasforma in della "regola psicanalitica fondamentale" da parte del
onde sonore le oscillazioni elettriche della linea telefoni- paziente. La regola per il medico può essere espressa nel
ca che erano state prodotte da onde sonore, cosi l'incon- modo seguente: Si tenga lontano dalla propria attenzio-
scio del medico è capace di ristabilire, a partire dai de- ne qualsiasi influsso della coscienza e ci si abbandoni
rivati dell'inconscio che gli sono comunicati , questo stes - completamente alla propria "memoria inconscia" , op-
so inconsci o che ha determinato le associazioni del ma- pure, in termini puramente tecnici : "Si stia ad ascoltare
lato». L'ascolto psicanalitico si esercita, in effetti, da in- e non ci si preoccupi di tenere a mente alcunché"» ' .
conscio ad inconscio, da un inconscio che parla ad un Regola ideale questa, alla quale è difficile, se non im-
altro che si suppone stia ad ascoltare. Ciò che è detto in possibile, attenersi. Freud stesso vi contravviene: ciò ac-
tal modo proviene da un sapere inconscio che è trasferi- cade nel caso di Dora, in cui, allo scopo di sperimentare
to ad un altro soggetto, il cui sapere è supposto. A que- alcuni elementi di teoria che cerca di sostenere con una
sto intende riferirsi Freud quando cerca di stabilire quel- verifica, egli trascura il ruolo dei rapporti omosessuali di
lo che considera come «il corrispettivo necessario di Dora con la signora K., volendo appunto provare l'im-
quanto si pretende dall'analizzato». Si tratta, insomma, portanza dei rapporti incestuosi col padre. È ancora un
di non attribuire importanza a «nulla in particolare e nel intendimento teorico ad influenzare l'andamento della
porgere a tutto ciò che ci capita di ascoltare la medesima cura dell'uomo dei lupi, in quanto, trattandosi di fornire
"attenzione fluttuante" ... Si risparmia in questo modo prove supplementari a una disputa conJung, la finalità di
uno sforzo di attenzione ... e si evita un pericolo che è Freud è cosi imperati va che tutto il materiale concernente
inscindibile dall 'appl icazione dell'attenzione deliberata, la scena primaria è ottenuto sotto la pressione di una data
[quello cioè di] operare una selezione del materiale of- limite da lui stesso prefissata. Oppure sono le sue proprie
ferto; se ci si concentra con particolare intensità su un rappresentazioni inconsce che interferiscono nell'impo-
brano, se ne trascura in compenso un altro, e si seguono stazione della cura, come quando Freud, sempre nel caso
nella scelta le proprie aspettative o le proprie inclinazio- dell'uomo dei lupi, associa il colore delle ali di una farfalla
ni. Ma appunto questo non si deve fare; seguendo nella a quello di un abito femminile ... indossato da una ragazza
scelta le pr oprie aspettative, si corr e il rischio di non tro- di cui era stato egli stesso innamorato a diciassette anni.
vare mai niente che non si sappia già; seguendo le pro- L'originalità dell'ascolto psicanalitico consiste pro-
prie inclinazioni, si falserà certamente ciò che potrebbe prio in questo andirivieni che connette la neutralità e
essere oggetto di percezione. Non bisogna dimenticare l'intervento, la sospensione del giudizio e la teoria: «Il
che accade perlopiu di ascoltare cose il cui significato rigore del desiderio inconscio, la logica del desiderio si
viene riconosciuto soltanto in seguito. svelano solo a colui che rispetta simultaneamente le due
Come si vede , la norma di prender nota di ogni cosa esigenze, apparentemente contraddittorie , dell'ordine e
in modo un iforme , è il corrispettivo necessario di quanto della singolarità »'. Da questo spos tamento (che tiene
1
S. Freud, Ratschliige fiir den Arti bei der psychoanalytischen Behandlung, in 2
Ibid., pp. 532 sg.
«Zentralblatt fiir Psychoanalyse», li (1912), n. 9, pp. 483-89 [trad. it. in Opere, voi. ' S. Lccla irc, Psychanaliser, Seui!, Paris 1968 [trnd. it. As1rolabio, Roma 1972,
VI, Boringhicri, Torino 1974, pp. 536 sg.]. p. 21].
IL CORPO DELLA MUSICA ASCOLTO 2 47

conto del movimento da cui scaturisce il suono) nasce entro cui una lingua incontra una voce e lascia intendere,
per lo psicanalista una specie di risonanza che gli per- a chi sa porgervi ascolto, quella che potrebbe dirsi la sua
mette di «tendere l'orecchio» verso l'essenziale, in «grana»; la voce non è soffio, bensf la materialità del
modo da non fallire (e far fallire al paziente) «l'accesso corpo che sgorga dalla gola, là dove si forgia il metallo
all'insistenza particolare e sensibile di un elemento pre- fonico.
valente del suo inconscio». Tale «elemento prevalente» La voce, corporeità del parlare, si situa all'articolazio-
che si offre ali' ascolto dello psicanalista è un termine, ne del corpo e del discorso ed è questo il luogo in cui
una parola, un insieme di lettere che rinviano ad un mo - potrà realizzarsi l'andirivieni del discorso. «Ascoltare
vimento del corpo: un significante. qualcuno, intenderne la voce, comporta, da parte di chi
In questa sede del significante ove il soggetto può esse- ascolta, un'attenzione aperta all'interscambio del corpo
re inteso , il movimento del corpo è anzitutto quello da cui e del discorso, e quindi non contratta sull'impressione
prende origine la voce. La voce sta al silenzio come la della voce oppure sull'espressione del discorso. Si tratta
scrittura alla carta bianca. L'ascolto della voce inaugura pertanto d'intendere con quest'ascolto ciò che il soooet-
la relazione con l'altro: la voce, per mezzo della quale si to parlante non dice: la trama inconscia che mette in "'"'re-
riconoscono gli altri (come la scrittura su una busta), indi- lazione il suo corpo come luogo del suo discorso, trama
ca il loro modo d'essere, la loro gioia oppure il loro dolo- attiva che riattualizza nella parola del soggetto la totalità
re, il loro stato; essa trasmette un'immagine del loro cor- della sua storia» '. La psicanalisi intende appunto rico-
po e, al di là di questa, tutta una psicologia (si può parlare struire la storia del soggetto nella sua parola. In tal
di voce calda, bianca, ecc.). A volte la voce di un interlo- modo, l'ascolto dello psicanalista è un atteggiamento
cutore colpisce piu del contenuto del suo discorso e ci si teso verso le origini, nella misura in cui queste non siano
sorprende ad ascoltarne le modulazioni e le oscillazioni considerate come storiche. Nel suo tentativo di cooliereo
senza capire che cosa dica. Una dissociazione del genere i significanti, lo psicanalista impara a «parlare» quella
è certo in parte responsabile del sentimento di estraneità, lingua che è l'inconscio del paziente , proprio come il
talora di antipatia, che ognuno prova ascoltando la pro- bambino, immerso nella lingua, coglie suoni, sillabe,
pria voce: pervenendoci deformata dal passaggio attra- consonanze, parole, imparando cosi a parlare. L'ascolto
verso le cavità e le masse della nostra anatomia, essa ci for- è questo gioco di cattura dei significanti, in virtu del qua-
nisce un'immagine deformata di noi stessi, quasi ci si le l' injans diventa un essere parlante.
guardasse di profilo grazie ad un gioco di specchi. Capire quel linguaggio che è l'inconscio dell'altro,
«L'atto di udire non è lo stesso a seconda che riguardi aiutarlo a ricostruire la sua storia, mettere a nudo il suo
la coerenza della catena verbale, e precisamente la sua desiderio inconscio: è cosi che l'ascolto dello psicanali-
sovradeterminazione in ogni istante da parte di ciò che sta perviene ad un riconoscimento, quello del desiderio
nella sequenza viene successivamente, e la sospensione dell'altro. Questo ascolto comporta però un rischio: esso
in ogni istante del suo valore all'avvento di un senso sem- non può avvenire al riparo di un apparato teorico; il pa-
pre pronto a rinvio, - o a seconda che nella parola esso ziente non è un oggetto scientifico di fronte al quale l'a -
si adatti alla modu lazione sonora, per questo o quel fine nalista, dall'alto della sua poltrona, possa premunirsi di
di analisi acustica: tonale, fonetica o di potenza musica- oggettività. Il rapporto psicanalitico è un rapporto fra
le»'. La voce che canta: questo lo spazio ben definito due soggetti, e pertanto il riconoscimento del desiderio
4
J. Lacan , Écrits, Scuil, Paris 1966, p. 532 [t rad. it. Einaudi, Torino 1974, p.
5 2 9]. ' D. Vassc, L 'ombili c et la vo1x, Seui!, Paris 1974, pp. 184 sg.
IL CORPO DELLA MUSICA ASCOLTO 2 49

dell'altro non potrà assolutamente avvenire nella neutra- all'orecchio viene in esso percepito visivamente: si po-
lità, nella benevolenza , nel liberalismo: riconoscere que- trebbe dire che si tratta d'immagini acustiche. Nel sogno
sto desiderio implica addentrarvisi, precipitarvi, condi- dell'uomo dei lupi, le orecchie dei lupi sono «ritte come
viderlo. L'ascolto esisterà solo a patto di accettare que- quelle dei cani quando stanno attenti a qualcosa» •: per
sto rischio e, se esso va evitato perché possa avvenire l'a- un suono, un rumore, un grido. Tuttavia, al di là di que-
nalisi, ciò non sarà possibile semplicemente facendosi sta «traduzione» da sguardo in ascolto, operata dal so-
scudo della teoria. Lo psicanalista non può, come Ulisse gno, si annodano legami di complementarità . Il picco!~
legato all'albero maestro, «godere dello spettacolo delle Hans ha paura dei cavalli non solo perché teme d'essere
Sirene, senza rischio e senza accettarne le conseguen- morso: «Mi sono spaventato, - dice, - perché faceva tan-
ze»•: «c'era qualcosa di meraviglioso in quel canto reale, to chiasso coi piedi» '0 • Il« chiasso» (in tedesco Krawall),
comune, segreto, canto semplice e quotidiano, che tutto non sta ad indicare soltanto il disordine dei movimenti
a un tratto si dava da riconoscere ... canto dell'abisso: del cavallo stramazzato che scalcia, ma anche tutto il ru-
che, inteso una volta, apriva in ogni parola un abisso e more causato da tali movimenti (immagini visiva ed acu-
invitava con forza a sparirvi dentro» ' . Il mito di Ulisse stica).
e delle Sirene non dice come potrebbe essere un ascolto
riusci~o; è possibile piuttosto vederlo come in negativo
fra gh scogli che deve a tutti i costi evitare il navigatore- 4.
psicanalista: tapparsi le orecchie come fece l'equipaggio,
giocare d'astuzia e dar prova di debolezza come fece Si è resa necessaria questa digressione psicanalitica,
Ulisse, oppure rispondere all'invito delle Sirene e scom- perché altrimenti non si sarebbe capito per quale ragio-
parire. In tal modo si rivela un ascolto non piu immedia- ne l'ascolto moderno non somigli affatto a ciò che si è
to bensi differito, portato nello spazio di quell'altra na- chiamato l'ascolto degli indizi e l'ascolto dei segni (an-
vigazione «felice, infelice, che è il racconto: canto non che se entrambi naturalmente continuano ad .esistere).
piu immediato, ma narrato» •. Il racconto è costruzione La psicanalisi, infatti, almeno per quanto riguarda i suoi
mediata, ritardata: non altro fa Freud, scrivendo i suoi recenti sviluppi - che ne fanno qualcosa di diverso sia
«casi». Il presidente Schreber e Dora, il piccolo Hans e da una semplice ermeneutica sia da un procedimento
l'uomo dei lupi sono altrettanti racconti, al punto che si d'individua zione di un trauma originario, facile sostitu-
è potuto parlare di un «Freud romanziere». Nello scri- to della Colpa - modifica l'idea che si può avere dell'a-
verli cosi-le osservazioni propriamente cliniche, invece, scolto.
non sono redatte in forma di racconto- , Freud non ha Anzitutto, mentre per secoli è stato possibile definire
agito a caso, bensi seguendo i dettami della teoria del l'ascolto come un atto intenzionale di audizione (ascolta-
nuovo ascolto, una teoria che ha a che fare con delle im- re significa voler sentire, in modo pienamente cosciente),
magm1. attualmente gli si riconosce il potere, quasi la funzione ,
Nei sogni l'udito non è mai sollecitato. Il sogno è un di esplorare terreni sconosciuti: nel campo dell'ascolto
fenomeno strettamente visivo, e anche ciò che è diretto
9
S. Fr eu d, A us der Geschichte einer in/antilen Neurose, in «Samm lung klc incr
6
Schrifte n zur N eurosenlehrc» , serie IV, 1918 [trad . it. in Opere, voi. VII, Bor inghic•
M. Blanchot , Le livre ù venir, G allimard , Par is 1959 [trad. it. Il libro a venire ri, Torino 1975, p. 507].
Ein au di , Torino 1969, p. 14). ' 10
Id ., An alyse der Phobie einesJunfjiihrigen Knaben, in «Jahrbuc h fur psycho-
7
Ibid., p. 13. analytische und psychopath ologische Fors chungcn », I (1909), n. 1 [trad . it. in Ope-
• Ibid., p. 15. re, voi. V, Borin ghieri, To rino 1972, p . 515] .
250 IL CORPO DELLA MUSICA ASCOLTO 251
è incluso non solo l'inconscio, nel senso topico del ter- distinta dalla significazione: nell' «ascoltare» un brano di
mine, ma anche, se cosi si può dire, le sue forme laiche: musica classica l'ascoltatore è chiamato a «decifrarlo» ,
l'implicito , l'indiretto , il supplementare , il differito. L'a- cioè a riconoscerne (con la sua cultura, attenzione, gu-
scolto si apre a tutte le forme di polisemia, di sovradeter- sto) la costruzione , codificata - ossia, predeterminata -
minazione, di sovrapposizione , disgregando la Legge al pari di quella di un palazzo dell'epoca. Viceversa, nel-
che prescrive l'ascolto diretto , univoco. L'ascolto è sta- 1'«ascoltare» una composizione (si prenda il termine in
to, per definizione, applicato; oggi gli si chiede piuttosto senso etimologico ) di Cage, si ascolta un suono dopo
di lasciar manifestare. In tal modo, benché in un altro l'altro, non nella sua estensione sintagmatica , bensf nella
punto della spirale storica , si torna alla concezione di un sua significanza bruta e come verticale; in questa deco-
ascolto panico, nel senso greco, dionisiaco. struzione l'ascolto si esteriorizza , obbliga il soggetto ari-
In secondo luogo, i ruoli impliciti nell'atto dell'ascol- nunziare alla sua «intimità». Ciò vale, mutatis mutandis,
tare non sono piu considerati fissi come un tempo: non per molte altre forme dell'arte contemporanea, dalla
c'è piu da una parte chi parla , si confida, confessa, e dal- «pittura» al «testo», certo non senza contrasti , dato che
l'altra chi ascolta, tace, valuta e sanziona; il che non si- non v'è alcuna legge che possa obbl igare il soggetto a
gnifica che, per esempio, l'analista parli quanto il pazien- provare piacere quando non ne ha alcuna intenzione
te, ma piuttosto, come si è detto , che il suo ascolto è at- (qualunque siano le ragioni della sua resistenza); né esi-
tivo, ha un posto preciso nel gioco del desiderio, di cui ste una legge che possa costringere ad ascoltare: la liber-
tutto il linguaggio è teatro: l'ascolto - è bene ripeterlo tà d'ascolto è necessaria quanto la libertà di parola.
- parla . Accade cosi che i luoghi di parola sono sempre L'ascolto, questa nozione apparentemente modesta
meno protetti dall'istituzione. Mentre le società tradizio- (che non figura nelle enciclopedie del passato e neppure
nali conoscevano due luoghi d'ascolto , entrambi alienati appartiene ad alcuna disciplina riconosciuta ), è in fondo
- l'ascolto arrogante del superiore e quello servile del- come un piccolo teatro sul quale si affrontano due mo-
l'inferiore (o dei loro sostituti ) - questo paradigma è at- derne deità, l'una negativa e l'altra positiva: il potere e
tualmente contestato, anche se in modo, bisogna dire, il desiderio.
ancora grossolano e forse inadeguato: si crede che per
liberare l'ascolto basti prendere la parola , quando invece
un ascolto libero è essenzialmente un ascolto che circola
e scambia, che disgrega, con la sua mobilità, la rete rigi-
da dei ruoli di parola . Non è possibile immaginare una
società libera , se si accetta che in essa siano mantenuti
gli antichi luoghi d'ascolto: quelli del credente , del di-
scepolo, del paziente.
In terzo luogo, ciò che viene ascoltato (soprattutto nel
settore dell'arte , la cui funzione è spesso utopica ) non è
la presenza di un significato, oggetto di riconoscimento
o di decifrazione, ma la dispersione stessa, il gioco di
specchi dei sigr1ifìcanti, senza sosta riproposti da un
ascolto che ne produce continuamente di nuovi, senza
mai fissare il senso. Tale gioco di specchi è la significanza,
MUSICA PRACTICA 2 53

Musica practica le, muscolare, impastatrice, bensi solo liquida, effusiva,


«lubrificante», per usare un termine di Balzac. Anche
l'esecutore è cambiato. Il dilettante, ruolo definito piu
da uno stile che non da un'imperfezione tecnica, non si
trova piu da nessuna parte; i professionisti, specialisti
puri la cui formazione è del tutto esoterica per il pubbli-
co (chi conosce ancora i problemi della psicologia musi-
cale?), non presentano piu quello stile del dilettante per-
fetto il cui valore poteva ancora essere riconosciuto in
un Lipatti, in un Panzéra, perché suscitava in noi non
Ci sono due tipi di musica (almeno cosi ho sempre tanto la soddisfazione, quanto il desiderio, quello di/are
pensato): quella che si ascolta, quella che si suona. Que- quella musica. Insomma , prima c'è stato l'attore della
ste due musiche sono arti completamente diverse, e cia- musica, poi l'interprete (grande voce romantica ), infine
scuna di esse possiede, a titolo individuale, una storia, il tecnico, che impedisce all'ascoltatore qualsiasi attività,
una sociologia, un'estetica e un'erotica: uno stesso auto- anche per procura, e abolisce nell'ordine della musica il
re può sembrare minore se lo si ascolta, grandissimo se pensiero stesso del/are.
lo si suona (anche male): cosi Schumann. L'opera di Beethoven mi sembrava legata a questa
La musica che si suona è costituita da un'attività non problematica storica, non in quanto semplice espressio-
tanto uditiva quanto manuale (dunque, in un certo senso ne di un momento (il passaggio dal dilettante all'inter-
molto piu sensuale); è la musica che voi o io possiamo prete ), ma in quanto genere potente di un disagio della
suonare, soli o tra amici, senza nessun pubblico se non civiltà, di cui Beethoven ha riunito gli elementi e nello
i presenti (senza alcun rischio cioè di teatralità o di iste- stesso tempo tratteggiato la soluzione. Questa ambiguità
rismi). È una musica muscolare; l'udito vi contribuisce va riferita ai due ruoli storici di Beethoven: il ruolo mi-
solo in parte: è come se fosse il corpo ad ascoltare - e tico che ha fatto di lui il rappresentante di un intero se-
non «l'anima»-; questa musica non si suona «a memo- colo - il XIX - e quello moderno, che il nostro secolo
ria»; seduti al pianoforte o davanti allo spartito, il corpo inizia a riconoscergli (mi riferisco qui allo studio di Bu-
comanda, conduce, coordina , trascrive egli stesso ciò kurechliev).
che legge: fabbrica suono e senso: è scrittore, e non ri- Per il XIX secolo, ad eccezione di alcune immagini
cettore , fruitore. Tale musica non esiste piu; legata in un sciocche, come quella di Vincent d'lndy che fa di Bee-
primo tempo alla classe oziosa (aristocratica), con l'av- thoven una specie di bigotto reazionario e antisemita,
vento della borghesia democratica è decaduta a rito Beethoven è stato il primo uomo libero della musica. Per
mondano (il piano, la fanciulla, il salotto, il notturno ); la prima volta, si è lodato un artista per avere avuto piu
poi è scomparsa (chi suona il piano oggi?) La musica maniere successive; gli si è riconosciuto il diritto di me-
pratica va cercata, in Occidente , in un altro pubblico, tamorfosi ; poteva non essere soddisfatto di se stesso, op-
in un altro repertorio, in un altro strumento (i giovani, pure, piu profondamente , della sua lingua, poteva, du-
la canzonetta, la chitarra). Parallelamente, la musica pas- . rante la sua esistenza, cambiare i propri codici (come ap-
siva, ricettiva, la musica sonora è diventata la musica pare nell'immagine ingenua e entusiasta che Lenz ha
(quella del concerto, del festival, del disco, della radio ). dato delle tre maniere di Beethoven) ; e in quanto l'opera
Non si suona piu; l'attività musicale non è piu manua- diventa la traccia di un movimento, di un itinerario , rin-
2 54 IL CORPO DELLA MUSICA MUSICA PRACTICA 2 55

via all'idea di destino ; l'artista cerca la sua «verità», e (cioè corporea) che guidava l'esecutore era quella di un
questa ricerca diventa un ordine in sé, un messaggio glo- canto (che si «fila» interiormente ); con Beethoven, la
balmente leggibile, nonostante le variazioni del suo con- pulsione mimetica (il fantasma musicale non consiste
tenuto; o almeno la sua leggibilità si nutre di una specie forse nel situare se stessi, come soggetto, nella scena del-
di totalità dell'artista: la sua carriera, gli amori, le idee, 1'esecuzione?) diventa orchestrale; sfugge dunque alfe-
il carattere, le sue intenzioni diventano tratti di senso. ticismo di un solo elemento (voce o ritmo ); il corpo vuo-
Nasce una biografia beethoveniana (sarebbe meglio le essere totale; cosi viene distrutta l'idea di un fare inti-
dire: una bio-mitologia ); l'artista è prodotto come un mista o familiare: voler suonare Beethoven significa
eroe completo, dotato di un discorso (cosa rara per un proiettarsi nella figura di un direttore d'orchestra (è il
musicista ), di una leggenda (una buona dozzina di aned- sogno di quanti bambini? il sogno tautologico di quanti
doti ), di una iconografia, di una razza (quella dei Titani capi che dirigono in preda ai segni del possesso panico?)
dell'Arte: Michelangelo, Balzac) e di un male fatale (la L'opera beethoveniana abbandona il dilettante e sem-
sordità di colui che creava per il piacere delle nostre bra , in un primo momento, richiamare la nuova divinità
orecchie). Alcuni tratti probabilmente strutturali sono romantica , l'interprete. Da ciò, una nuova delusione: chi
venuti a integrarsi in questo sistema di senso che è il (quale solista, quale pianista?) suona bene Beethoven?
Beetho ven romantico (tratti ambigui, ad un tempo mu- Si direbbe che questa musica inviti a scegliere tra un
sicali e psicologici ): lo sviluppo parossistico dei contrasti «ruolo» e la sua assenza, tra la demiurgia illusoria e la
di intensità (l'opposizione significante dei piano e dei piattezza saggia, sublimata con il nome di rinuncia.
forte, la cui importanza storica forse è sopravvalutata Forse perché nella musica di Beethoven c'è qualcosa
poiché, in fin dei conti, segna solo una minima parte del- di inaudibile (la cui audizione non è il luogo esatto). Pen-
la musica universale e corrisponde all'invenzione di uno siamo al secondo Beetho ven. Non è possibile che un mu-
strumento il cui nome è sufficientemente significativo, il sicista sia sordo per pura contingenza o per crudeltà di
pianoforte), l'esplosione della melodia, recepita come il destino (il che è lo stesso). La sordità di Beetho ven de-
simbolo dell'inquietudine e del pathos creativo, la ridon- signa la mancanza in cui si situa ogni significazione: rin-
danza energica dei colpi e delle clausole (immagine inge- via a una musica non astratta o interiore , ma dotata, per
nua del destino che abbatte), l'esperienza dei limiti (abo- cosi dire, di un intelligibile sensibile, dell'intelligibile
lizione o inversione delle parti tradizionali del discorso), come sensibile. Questa categoria è di per sé rivoluziona-
la produzione di chimere musicali (la voce che sorge dal- ria, e non può essere pen sata nei termini dell'estetica an-
la sinfonia). Tutto quello che si pot eva trasformare me- tica; l'opera che vi si sottopone non può essere recepita
taforicamente in valori pseudofilosofici, da recepirsi in secondo la pura sensualità, che è sempre culturale, e
ogni caso musicalmente perché si dispiegava pur sempre neppure secondo un ordine intelligibile che sarebbe
sotto l'autorità del codice fondamentale dell'Occidente: quello dello sviluppo (retor ico, tematico); senza di essa,
la tonalità. né il testo moderno , né la musica contemporanea po sso-
Ora, questa immagine romantica (il cui senso è in no essere accettate. Come si sa dopo le analisi di Buku-
definitiva un certo scordato) produce un disagio nell' ese- rechliev, questo Beethoven è in modo esemplare quello
cuzione: il dilettante non può padroneggiare la musica delle Variazioni Diabelli . L'operaz ione che permette di
di Beethoven , non tanto per le difficoltà tecniche quanto coglierlo (e la categoria che egli inaugura ) non può esse-
per la mancanza del codice della musica practica prece- re né l'esecuzione, né l'a ud izione, ma la lettura. Ciò non
dente. Secondo tale codice, l'immagine fantasmatica significa che sia necessario mettersi davanti a uno spar-
IL CORPO DELLA MUSICA

tito di Beethoven per ottenere un ascolto interiore (che La grana della voce
resterebbe ancora tributario dell'antico fantasma animi-
sta); ma che, per coglierla in modo astratto o sensuale,
poco importa, bisogna mettersi, nei confronti di questa
musica, nella condizione, o meglio nell'attività, di un ese-
cutore,il quale sappia spostare, raggruppare, combinare,
collegare, e cioè (usando un termine fin troppo noto ):
strutturare (il che è ben diverso dal costruire o ricostrui-
re nell'accezione classica). Come la lettura di un testo
moderno (quale almeno può essere postulata, richiesta)
non consiste nel ricevere, conoscere, o sentire quel testo, La lingua , secondo Benveniste, è il solo sistema se-
ma nel riscriverlo, nel traversare la sua scrittura con una miotico in grado di interpretareun altro sistema semio-
nuova iscrizione, cosi leggere questo Beethoven significa tico (possono comunque esistere opere limite, nelle qua-
operarela sua musica, attirarla (vi si presta ) in una prassi li un sistema finge di interpretarsi da solo: l'Arte della
sconosciuta. fuga). Come si comporta dunque la lingua quando deve
Possiamo cosi ritrovare, modificata secondo il movi- interpretare la musica? Ahimè, si direbbe molto male.
mento della dialettica storica, una certa musicapractica. Se si esamina la pratica corrente della critica musicale
A che serve comporre se si deve confinare il prodotto (o delle conversazioni «sulla» musica: sovente è la stessa
entro i limiti del concetto o nella solitudine della ricezio- cosa), si vede chiaramente che l'opera (o la sua esecuzio-
ne radiofonica? Comporre è, almeno tendenzialmente, ne ) non è mai tradotta se non sotto la categoria lingui-
dare dafare, non dare da sentire, ma dare da scrivere. Il stica piu povera: l'aggettivo. La musica, per sua natura ,
luogo moderno della musica non è la sala, ma la scena richiama immediatamente un aggettivo. È inevitabile:
in cui i musicisti trasmigrano in un movimento talora questa musica è questo, questa interpretazione è quello.
pieno di luce, da una fonte sonora a un'altra: siamo noi Certo, quando un'arte diventa un argomento (di un ar-
che suoniamo, anche se ancora per procura; ma possia- ticolo, di una conversazione ), è istintivo far uso di defi-
mo immaginare che - piu tardi? - il concerto diventi nizioni; ma nel caso della musica , la definizione assume
esclusivamente un atelier, dal quale non trabocchi nulla, fatalmente la forma piu facile, piu triviale: l'epiteto. Na-
nessun sogno o nessun immaginario, in una parola nes- turalmente tale epiteto, sul quale ci si sofferma per debo-
suna «anima», e dove tutto il fare musicale sia assorbito lezza o fascinazione (piccolo gioco di società: parlare
in una prassi senza resto. È questa utopia che un certo della musica senza mai usare neanche un aggettivo ), que-
Beethoven, che non è suonato, ci insegna a formulare - sto epiteto ha una funzione economica: il predicato è
ciò in cui è possibile presentire in lui un musicista d'av- sempre il baluardo con cui l'immaginario del soggetto
venire. si protegge dalla perdita di cui è minacciato. L'uomo che
si procura o che procura un aggettivo è talvolta ferito,
talaltra gratificato, ma sempre costituito. C'è un immagi-
nario della musica, la cui funzione è quella di rassicura-
re, di costituire il soggetto che la ascolta (la musica sa-
rebbe forse pericolosa - antica idea platonica? Spinge
verso il piacere, la perdita? Molti esempi etnografici e
IL CORPO DELLA MUSICA LA GRANA DELLA VOCE 2 59
popolari lo proverebbero ), e tale immaginario giunge al posito di tutta la musica ma solo di una par te della mu-
linguaggio immediatamente tramite l'aggettivo. A que- sica cantata (lied o melodia ): spazio (genere ) in cui pre-
sto punto si dovrebbe raccogliere un dossier storico , cisamente una lingua in contra u na voce. Darei subito un
perché la critica definitoria (o l'interpretazione predica- nome a questo significante al cui livello, credo, la tenta-
tiva) ha assunto , nel corso dei secoli, certi aspetti istitu- zione dell'ethos può essere evitata - e dunque l'aggettivo
zionali: l'aggettivo musicale diventa in effetti legale ogni congedato: sarà la grana: la grana della voce, quand'essa
volta che si postula un ethos della musica , ogni volta cioè è in duplice postura, in duplice produzione: di lingua e
che gli si attribuisce un modo regolare (naturale o °:agi- di musica. ·
co) di significazione. Lo si può riscontrare presso gh an- Quanto dirò della «gran a » non sarà, certamente , che
tichi Greci, per i quali la lingua musicale (e non l'opera il versante apparentemente astratto , il resoconto impos-
contingente) nella sua struttura denotativa , era imme- sibile di un piacere individuale che pro vo di continuo
diatamente predicativa , perché ogni modo era legato a ascoltando cantare. Per liberare questa «grana» dai va-
un'espressione codificata (rude, austero , fiero, virile, lori riconosciuti della musica vocale, mi servirò di una
grave, maesto so, bellicoso , educativo, altero, fastoso, doppia opposizione: quella, teorica, di feno-testo e ge-
dolente, dissoluto, voluttuoso ); e nei Romantici , da no-testo 0ulia Kristeva ), e quella, paradigmatica , di due
Schumann a Debussy, i quali sostituiscono o aggiungono cantanti, benché ami molto il primo (anche se non lo
alla semplice indicazione dei movimenti (allegro, pre sto, ascolto piu ) e molto poco il secondo (anche se non ascol-
andante ) dei predicati emotivi, poetici , sempre piu raffi- to che lui): Panzéra e Fischer-Dieskau (i quali non saran-
nati - indicati nella lingua nazionale, in modo da dimi- no, ben inteso, che cifre: non divinizzo il primo e non
nuire l'impronta del codice e sviluppare il carattere «li- ho prevenzioni verso il secondo ).
bero» della predicazione (sehr k raftig , sehr pracis , spi ri-
tuel et discret, ecc.). Ascoltate un basso russo (da chiesa: perché, quanto
Siamo condannati all'aggettivo? Siamo costretti a all'opera , si tratta di un genere in cui tutta la voce è di-
questo dilemma? Il predicabile o l'ineffabile? Per sapere ventata espressività drammatica: una voce la cui grana
se è possibile parlare della musica senza aggettivi, biso- è poco significante): c'è qualcosa, manifesto e ostinato
gnerebbe studiare un po ' meglio la critica musicale , i~ (non si sente che qu esto) , che è al di là (o al di qua ) del
che, credo , non è mai stato fatto; peraltro non ne ho 1 senso delle parole della loro forma (la litania), del meli-
mezzi, né l'intenzione di farlo qui. Si può tuttavia osser- smo, e anche dello stile di esecuzione: qualcosa che è di-
vare quanto segue: non è opponendosi all'aggettivo (di- rettamente il corpo del cantore, portato con uno stesso
rigere quell 'aggettivo che vi viene in mente verso qual- movimento al vostro ascolto, dal fondo delle cavità, dei
che perifrasi sostantiva o verbale ) che si ha qualche pos- muscoli , delle mucos e, delle cartilagini , e dal fondo della
sibilità di esorcizzare il commento musicale e di liberarlo lingua slava, come se una stessa pelle tappezzasse la car-
dalla fatalità predicativa. Invece di cercare di cambiare ne interiore dell'esecutore e la musica che egli canta.
direttamente il linguaggio relativo alla musica, bisogne- Questa voce non è personale: non esprime nulla del can-
rebbe cambiare l'oggetto musicale stesso, quale si offre tore, della sua anima; non è originale (tutti i cantori russi
alla parola: modificare il suo livello di percezione o di hanno grosso modo la stessa voce) e nello stesso tempo
intellezione: spostare la zona di contatto tra la musica e è individuale: ci fa sentire un corpo che, certo , non ha
il linguaggio. stato civile, «personalità» , ma che è comunque un corpo
È proprio di questo che vorrei parlare qui , non a pro- separato; e soprattutto questa voce trasporta direttamen -
260 IL CORPO DELLA MUSICA LA GRANA DELLA VOCE

te il simbolico, sopra l'intelligibile, l'espressivo: ecco, le, non con un movimento emotivo ma con un «gesto-av-
1
gettato davanti a noi come un pacco, il Padre, la sua sta- viso» , non è cosa facile; tanto piu che tutta la pedagogia
tura fallica. La «grana» è questo: la materialità del corpo musicale insegna non la cultura della «grana» della voce,
che parla la sua lingua materna: forse la lettera: quasi ma i modi emotivi della sua emissione: è il mito del sof-
certamente la significanza. fio. Quanti professori di canto hanno proclamato che
Ecco perciò che nel canto (prima di estendere questa ogni arte del canto consiste nella padronanza , nella buo-
distinzione a tutta la musica) compaiono i due testi di na condotta del soffio! Il soffio è il pneuma, è l'anima
cui ha parlato Julia Kristeva. Il/eno-canto (se si vuole ac- che si gonfia o si spezza, e ogni arte esclusiva del soffio
cettare questa trasposizione) ricopre tutti i fenomeni, ha la possibilità di essere segretamente mistica (di un mi-
tutti i tratti che dipendono dalla struttura della lingua sticismo appiattito a misura del microsolco di massa). Il
cantata, dalle leggi del genere, dalla forma codificata del polmone, organo stupido {la mollezza dei gatti!), si gon-
melismo, dall'idioletto del compositore, dallo stile del- fia ma non cancella: è in gola, luogo in cui il metallo della
l'interpretazione: in breve tutto quanto, nell 'esecuzione, voce si indurisce e si ritaglia, è nella maschera che la si-
è al servizio della comunicazione, della rappresentazio- gnificanza fa esplodere , fa sorgere, non l'anima, ma il
ne, dell'espressione: ciò di cui comunemente si parla, ciò piacere. In Fischer-Dieskau, mi sembra di sentire i pol-
che forma il tessuto dei valori culturali (la materia dei moni, e mai la lingua, la glottide, i denti, le pareti, il naso.
gusti confessati, dei modi, dei discorsi critici), ciò che si Tutta l'arte di Panzéra , invece, era nelle lettere , non nel
articola direttamente sugli alibi ideologici di un'epoca soffio (semplice tratto tecnico: non lo si sentiva respirare,
(la «soggettività», l' «espress ività», le «doti drammati- ma solo tagliarela frase ). Un pensiero estremo regolava
che», la «perso nalità » di un artista ). Il gena-canto è il la prosodia dell'enunciazione e l'economia fonica della
volume della voce che canta e che dice, lo spazio in cui lingua francese; certi pregiud izi (derivati generalmente
i significati germinano «dall'interno della lingua e nella dalla dizione oratoria ed ecclesiastica ) erano rovesciati.
sua materialità»: è un gioco significante estraneo alla co- Per quanto riguarda le consonanti, che con troppa faci-
municazione, alla rappresentazione (dei sentimenti), al- lità si pensano formare l'armatura della nostra lingua
l'espres sione ; è quella punta (o quel fondo) della produ- (che tuttavia non è una lingua semitica ) e a cui si impone
zione in cui la melodia lavora veramente la lingua - non sempre di «art icolare» , di staccare, di enfatizzare, per
ciò che essa dice, ma la voluttà dei suoi suon i-significan- soddisfare la chiarezzadel senso, Panzéra raccomandava
ti, delle sue lettere: esplora il modo in cui la lingua lavora in molti casi di patinarle, di rendere loro l'usura di una
e si identifica a questo lavoro. Molto semplicemente, ma lingua che vive, funziona e lavora da molto tempo, di far-
anche seriamente, è la dizione della lingua. ne semplicemente il trampolino della vocale ammirevo-
Dal punto di vista del feno-canto, Fischer-Dieskau è, le. Li stava la «verità» della lingua, non la sua funziona-
senza dubbio, un artista cui non si può rimproverare lità (chiarezza, espressività, comunicazione ): e il gioco
nulla; la struttura (seman tica e lirica ) è pienamente ri- delle vocali riceveva tutta la significanza (che è il senso
spettata; e tuttavia nulla seduce, nulla trascina al piacere. in quanto può essere voluttuoso): l'opposi zione delle é
È un'arte eccessivamente espressiva (la dizione è dram- e delle è (se necessaria nella coniugazione), la purezza,
matica, le cesure, le oppressioni e le liberazioni dal soffio direi quasi elettronica, tanto il suono era teso, alzato ,
intervengono come seismi passionali) e dunque non ec-
1
cede mai la cultura: è l'anima che accompagna il canto, « Il miglior modo di leggermi è infatti quello di accompagnare la lcttura con
movimenti del corpo appropriati. Contro lo scritto non parlato, contro il parlato
non il corpo: che il corpo accompagni la dizione musica- non scritto . È un gesto-avviso», annota Sollers nel suo Lois, p. 108.
IL CORPO DELLA MUSICA LA GRANA DELLA VOCE

esposto, tenuto, della piu francese delle vocali, la u, prima dell'avvento del microsolco; dubito del resto che
quella che nella nostra lingua non deriva dal latino. Nel- se cantasse oggi, la sua arte sarebbe riconosciuta o anche
lo stesso modo, Panzéra conduce va le sue r al di là delle solo percepita); il suo regno, grandissimo tra le due guer-
norme del cantante - senza rinnegarle -: la sua r era ar- re, è stato quello di un 'art e esclusivamente borghese
rotata, certamente, come in ogni arte classica del canto, (cioè per nulla piccolo-borghese ), poiché finiva di com-
ma tale arrotamento non aveva nulla di contadino o di piere il suo divenire interno, separato dalla Storia - con
canadese; era un arrotamento artificiale, lo stato para- una distorsione ben conosciuta. Forse, meno parados-
dossale di una lettera-suono totalmente astratta (per la salmente di quanto non sembri, proprio perché era già
brevità metallica della vibrazione) e nello stesso tempo marginale , mandarinale, quest'arte poteva portare trac-
totalmente materiale (per il palese radicarsi nella gola in ce di significanza, sfuggire alla tirannia della significa-
movimento ). Questa fonetica (sono il solo a percepirla? zione.
Sento delle voci nella voce? - Ma la verità della voce non
consiste proprio nell'essere allucinata? Lo spazio della La «grana» della voce non è - o è non solo - il suo
voce non è uno spazio infinito? Era questo, senza dub- timbro; il modo migliore per definire la significanza che
bio , il senso del lavoro di Saussure sugli anagrammi ), essa apre è dato dalla frizione della musica e di un 'altra
questa fonetica non esaurisc e la significanza (che è ine- cosa, che è la lingua (e non il messaggio). Bisogna che
sauribile). Quantomeno essa impone un arresto ai tenta- il canto parli , o meglio, che scriva, perché ciò che viene
tivi di riduzione espressiva operati da tutta una cultura prodotto al livello del geno-canto è appunto scrittura.
sul poema e la sua melodia. Ed è proprio questa scrittura cantata della lingua, a co-
Non è molto difficile datare questa cultura , né preci- stituire, a mio avviso, ciò che la melodia francese ha cer-
sarla storicamente. Fischer-Dieskau oggi regna quasi in cato talvolta di realizzare. So bene che il lied tedesco è
esclusiva su tutto il microsolco cantato; egli ha registrato stato anch'esso intimamente legato alla lingua tedesca
tutto: se amate Schubert e non amate Fischer-Dieskau, grazie all'intermediario della poesia romantica; so anche
Schubert oggi vi è proibito: è un esempio della censura che la cultura poetica di Schumann era immensa e che
positiva (per il pieno ) che caratterizza la cultura di massa lo stesso Schumann diceva di Schubert che se fosse vis-
e che non le è mai rimproverata. Forse perché la sua arte, suto meglio avrebbe musicato tutta la letteratura tede-
espressiva, drammatica, sentimentalmente chiara, sorret- sca; ma credo comunque che il significato storico del
ta da una voce senza «grana», senza peso significante, lied debba essere cercato dalla parte della musica (anche
corrisponde bene alla domanda di una cultura media. solo per le sue origini popolari). Al contrario, il significa-
Questa cultura, definita dall'estensione dell'ascolto e la to storico della melodia francese è una certa cultura della
scomparsa della pratica (non ci sono piu dilettanti) deri- lingua francese . Sappiamo che la poesia romantica del
va dall 'arte, dalla musica, a patto che queste ultime siano nostro paese è piu oratoria che testuale; ma quanto la
chiare , che «traducano» un'emozione e rappresentino nostra poesia non ha potuto fare da sola, la melodia l'ha
un significato (il «senso» del poema): arte che vaccina fatto talvolta con lei; ha lavorato la lingua attraverso la
il piacere (riducendolo a un 'emozione già nota , codifica- poesia. Tale lavoro (nella specificità che qui gli si ricono-
ta ) e riconcilia il soggetto con quanto , nella musica , può sce) non è visibile nella massa comune della produzione
essere detto : ciò che ne dicono , predicativamente, la melodica , troppo compiacente verso i poeti minori, ver-
Scuola, la Critica , l'Opinione. Panzéra non appartiene so il modello della romanza piccolo-borghese e delle
a questa cultura (non avrebbe potuto, avendo cantato pratiche da salotto; ma in qualche opera è indiscutibile:
IL CORPO DELLA MUSICA LA GRANA DELLA VOCE

antologicamente (diciamo: un po' per caso) in certe me- scomparsa ha assunto molti aspetti; senza dubbio essa
lodie di Fauré e di Duparc, massicciamente nell'opera ha ceduto sotto l'immagine della sua origine mondana ,
dell'ultimo Fauré (quella prosodica ) e nell'opera vocale che è un po' la forma ridicola della sua classe di origine;
di Debussy (anche se Pelléas spesso è cantata male: in la «buona» musica di massa (dischi, radio) non l'ha pre-
modo drammatico ). Ciò che viene espresso in tali opere sa a carico, perché ha preferito l'orchestra , piu patetica
è piu di uno stile musicale, è una riflessione pratica (per (fortuna di Mahler), oppure strumenti meno borghesi
cosi dire) sulla lingua; c'è un'assunzione progressiva del- del piano (il clavicembalo, la trombetta ). Ma questa
la lingua nella poesia, della poesia nella melodia e della morte accompagna un fenomeno storico ben piu vasto,
melodia nella sua esecuzione. Ciò significa che la melo- e che non ha molto a che fare con la storia della musica
dia (francese) dipende molto poco dalla storia della mu- o con quella del gusto musicale: i francesi abbandonano
sica e molto dalla teoria del testo. Il significante deve es- la loro lingua, non certo come insieme normativo di va-
sere, anche qui, ridistribuito. lori nobili (chiarezza, eleganza, correttezza) - non è di
Confrontiamo due morti cantate - entrambe famosis- questo che ci preoccupiamo, trattandosi di valori istitu-
sime: quella di Boris e quella di Mélisande. Quali che zionali- , ma come spazio di piacere , di godimento, luo-
siano state le intenzioni di Mussorgskij, la morte di Boris go in cui il linguaggio si lavora per nulla, cioè nella per-
è espressiva, o, se si preferisce , isterica; è sovraccarica di versione (ricordiamo a questo proposito la singolarità
contenuti affettivi, storici; tutte le esecuzioni di questa - la solitudine - dell'ultimo testo di Philippe Sollers,
morte non possono essere che drammatiche: è il trionfo Lois, che ripropone il lavoro prosodico e metrico della
del feno-testo, il soffocamento della significanza sotto il lingua).
significato dell'anima. Mélisande, invece, non muore
che prosodicamente. Avviene il legame, l'intreccio di due La «grana», è il corpo nella voce che canta, nella
estremi: la perfetta intelligibilità della denotazione, e il mano che scrive, nel membro che esegue. Se percepisco
taglio prosodico puro della enunciazione: tra i due un la «grana» di una musica e se attrib uisco a questa «gra-
vuoto benefico che costituiva la pienezza di Boris: il na» un valore teorico (è l'assunzione del testo nell'ope-
pathos, cioè, secondo Aristotele (perché no?), la passio- ra), non posso che rifarmi una nuova tabella di valutazio-
ne come gli uomini la dicono, la immaginano, l'idea rice- ne, certamente individuale, poiché sono deciso ad ascol-
vuta della morte, la morte endossale. Mélisande muore tare il mio rapporto al corpo di colui o di colei che canta
senza rumore. Questa espressione va intesa nel suo senso o che suona, e questo rapporto è erotico, ma non «sog-
cibernetico: nulla disturba il significante, e perciò nulla gettivo» (il « soggetto» psicologico che ascolta non è in
obbliga alla ridondanza; c'è produzione di una lingua- me; il piacere che egli desidera non lo rafforza - non lo
musica la cui funzione è impedire al cantante di essere esprime - ma al contrario lo perde). Questa valutazione
espressivo. Come per il basso russo, il simbolico (la mor- si farà senza legge: eluderà la legge della cultura ma an-
te) è immediatamente gettato (senza mediazione ) davan- che quella dell'anticultura; svilupperà al di là del sogget-
ti a noi (per prevenire l'idea comune secondo cui ciò che to tutto il valore che si nasconde dietro «amo» o «non
non è espressivo non può essere che freddo, intellettua- amo». I cantanti e le cantanti , in particolare, si distribui-
le; la morte di Mélisande «commuo ve»; questo significa ranno in due categorie che potremmo definire prostitu-
che muove qualcosa nella catena del significante). tive perché si tratta di scegliere ciò che non mi sceglie:
La melodia francese è scomparsa (si può anche dire esalterò perciò liberamente un artista poco noto , secon-
che cola a picco) per molte ragioni, o almeno questa dario, dimenticato , forse morto, mi allontanerò da una
IL CORPO DELLA MUSICA

vedette consacrata (inutile fare esempi, non avrebbero La musica, la voce, la lingua
che un valore biografico), e trasferirò la mia scelta in tut-
ti i generi di musica vocale, compresa quella popolare,
in cui ritro verò facilmente la distinzione del feno-canto
e del geno -canto (certi artisti hanno una «grana» che gli
altri, per quanto conosciuti, non possiedono ). Non solo:
al di là della voce, nella musica strumentale , la «grana»
o la mancanza di essa persiste; infatti, se non c'è lingua
qui per aprire la significanza nella sua ampiezza estrema,
c'è almeno il corpo dell'artista che ancora una volta mi
impone una valutazione. Non giudicherò una esecuzio- Le riflessioni che seguono potranno sembrare in un
ne secondo le regole dell'interpretazione, le costrizioni certo senso paradossali: il loro oggetto è infatti una sola
dello stile (per quanto illusorie), che, quasi tutte, appar- e singolare prestazione: quella di un cantante di melodie
tengono al feno-canto (non andrò in estasi per il «rigo- francesi che ho amato molto, Charles Panzéra. Come
re», il «brillante», il «calore» , il «rispe tto di quanto è posso permettermi di intrattenere gli ascoltatori di un
scritto», ecc. ), ma secondo l'uso del corpo (la figura) che congresso, il cui tema è generalissimo , con qualcosa che
mi è data. Sento con assoluta certezza - la certezza del mi riguarda personalmente , un cantante scomparso dal-
corpo, del piacere - che il clavicembalo di Wanda Lan- la scena musicale da ormai vent icinque anni, morto l'an -
dowska proviene dall'interno del suo corpo e non dal no scorso, e certamente ignorato dalla maggior parte di
piccolo tricotage digitale di tanti clavicembalisti (tanto voi?
da diventare un altro strumento). Quanto alla musica P er giustificare o quanto meno scusare una scelta
per pianoforte, so subito qual è la parte del corpo che cosi egoista e indubbiamente poco conforme alle abitu -
suona: se è il braccio, troppo sovente, ahimè, muscoloso dini dei congressi, vorrei ricordare quanto segue: ogni
come il polpaccio di un ballerino , l'unghia (malgrado la interpretazione, cosi mi sembra , ogni discorso interpre-
rotondità dei pugni) o se è invece la sola parte erotica tativo, si fonda su una posizione di valori , su una valuta-
del corpo del pianista: il polpastrello delle dita, la cui zione. Tuttavia, quasi sempre nascondiamo questo fon-
«grana» si sente cosi raramente (oggi sembra esserci, damento: per idealismo , o per scientismo, travestiamo
sotto la pressione del microsolco di massa, un appiatti- la valutazione fondatrice: nuo tiamo nell'«e lemento in-
mento della tecnica: questo appiattimento è paradossa- differente ( = senza differenza ) di ciò che vale in sé, o di
le: tutti i giochi sono appiattiti nella perfezione: non c'è ciò che vale per tutti» (Nietzsche, Deleuze ).
piu che feno-testo). La musica ci risveglia proprio da questa indifferenza
Tutto ciò è detto a proposito della musica «classica» di valori . Non c'è discorso sulla musica che non si fondi
(in senso lato): ma va da sé che la semplice considerazio- sulla differenza - sulla valutazione. Nel momento in cui
ne del «grano» musicale potrebbe realizzare una storia ci parlano della musica - o di una certa musica - come
della musica diversa da quella che conosciamo (quella è di un valore in sé, o al contrari o - ma è lo stesso - , quan-
solo feno-testuale ): se riuscissimo a rendere piu raffinata do ci parlano della musica come di un valor e per tutti -
una certa «estetica » del piacere musicale , accorderem- cioè quando ci viene detto che bisogna amare tutte le
mo certamente meno importanza alla formidabile rottu- musiche -, sentiamo una cappa ideologica cadere sulla
ra tonale compiuta dalla modernità. materia piu preziosa della valutazione, la musica: si trat-
268 IL CORPO DELLA MUSICA LA MUSICA, LA VOCE, LA LINGUA

ta del «commento». Perché il commento è intollerabile, Io stesso ho un rapporto d'amore verso la voce di
la musica ci obbliga alla valutazione, ci impone la diffe- Panzéra: non per la sua voce bruta, fisica, ma per la sua
renza - salvo poi cadere in un discorso inutile, il discorso voce in quanto passa sulla nostra lingua, sulla lingua
della musica in sé o della musica per tutti. francese, come un desiderio: nessuna voce è bruta; ogni
È perciò molto difficile saper parlare della musica. voce si penetra di quanto dice. Amo questa voce - l'ho
Molti scrittori hanno saputo parlare di pittura; nessuno, amata per tutta la vita. A ventidue o ventitre anni, quan-
credo, della musica, nemmeno Proust. Questo perché è do desideravo imparare a cantare e non conoscevo nes-
molto difficile unire il linguaggio che è dell'ordine del sun professore, con un atto di coraggio mi sono rivolto
generale, e la musica, che è dell'ordine della differenza. al miglior cantante di melodie dell'epoca tra le due guer-
Se dunque, qualche volta, si può tentare di parlare di re, a Panzéra. Questi mi ha fatto lavorare moltissimo,
musica, come faccio io oggi, non deve essere per «com - finché la malattia mi ha impedito di proseguire l' appren-
mentare» scientificamente, o ideologicamente, cioè ge- dimento del canto. Da allora, non ho smesso di ascoltare
neralmente - secondo la categoria del generale - ma per la sua voce, attraverso dischi rari, tecnicamente imper-
affermare apertamente, attivamente , un valore, e pro- fetti: la sfortuna storica di Panzéra è quella di aver regna-
durre una valutazione . Ora, la mia Valutazione della to sulla melodia francese tra le due guerre, in un periodo
musica passa attraverso la voce, e piu precisamente riguardo al quale le testimonianze dirette non erano pos-
quella di un cantante che ho conosciuto, e la cui voce è sibili. Panzéra ha smesso di cantare proprio con l'avven-
rimasta nella mia vita oggetto di un amore costante e di to del microsolco; di lui restano solo dei 78 giri o copie
una meditazione ricorrente che spesso mi ha portato , al piu recenti ma imperfette. Questa circostanza mantiene
di là della musica, verso il testo e la lingua - la lingua tuttavia una certa ambiguità: infatti, se l'ascolto dei suoi
francese. dischi rischia oggi di essere deludente, è certamente per-
La voce umana è dunque il luogo privilegiato (eideti- ché i dischi sono imperfetti, ma soprattutto perché la
co) della differenza: un luogo che sfugge a ogni scienza, storia stessa ha modificato il nostro gusto, facendo cade-
perché non esiste scienza (fisiologia, storia, estetica, psi- re questo modo di cantare nell'indifferenza del démodé,
canalisi) che esaurisca la voce: per quanto si classifichi, ma anche, piu precisamente, perché questa voce fa parte
si commenti storicamente, sociologicamente, estetica- della mia affermazione, della mia valutazione, e quindi
mente , tecnicamente la musica, ci sarà sempre un resto, è possibile che sia il solo ad amarla.
un supplemento, un lapsus, un non detto che si designa
da solo: la voce. Questo oggetto sempre di/ferente è po- Ci manca, credo, una sociologia storica della melodia
sto dalla psicanalisi tra gli oggetti del desiderio in quanto francese, di quella specifica forma musicale che si è svi-
mancante , cioè tra gli oggetti a: non c'è nessuna voce luppata, approssimativamente, da Gounod a Poulenc ,
umana al mondo che non sia oggetto di desiderio - o di ma i cui eroi eponimi sono Fauré, Duparc e Debuss y.
rifiuto: non esiste voce neutra - e se talvolta questo neu- Questa melodia (la parola non è adatta ) non è esatta-
tro, questo bianco della voce arriva a manifestarsi, ci ter- mente il versante francese del lied tedesco; grazie al ro-
rorizza come se scoprissimo con spavento un mondo ir- manticismo il lied, per quanto colta sia la sua forma, par-
rigidito in cui il desiderio è morto. Ogni rapporto con tecipa di un essere tedesco che era popolare e nazionale
una voce è necessariamente amoroso, ed è perciò che la al tempo stesso. L'ecologia , per cosi dire , della melodia
differenza della musica, come la sua necessità di valuta- francese è differente: il suo luogo di nascita, di formazio-
zione, di affermazione, si manifesta nella voce. ne e di fruizione, non è popolare, ed è nazionale (france-
IL CORPO DELLA MUSICA LA MUSICA, LA VOCE, LA LINGUA

se) solo perché le altre culture non se ne curano; questo ci serve, semanticamente, ad opporre il futuro e il condi-
luogo è il salotto borghese. zionale, l'imperfetto e il passato remoto; 2) la bellezza
Sarebbe facile, in base a questa origine, rifiutare oggi diretta e fragile delle a, la piu difficile delle vocali, quan-
la melodia francese, o perlomeno disinteressarsene. Ma do la si deve cantare; 3) la grana delle nasali, un po'
la Storia è complessa, dialettica, soprattutto sul piano aspra, e come piccante; 4) la r, arrotata, certamente, ma
dei valori: Marx l'aveva fatto osservare separando il «m i- che non segue affatto l'arrotamento un po' grossolano
racolo greco» dall'arca ismo sociale della Grecia, oppure della parlata contadina, perché è cosi puro, cosi breve,
il realismo balzachiano dalle convinzioni teocratiche di tanto che sembra darne solo l'idea, e il cui ruolo - sim-
Balzac. Lo stesso vale per la melodia francese: dobbiamo bolico - è quello di rendere virile la dolcezza - senza ab-
cercare ciò che può interessarci malgrado la sua origine. bandonarla; 5) per finire, la patina di certe consonant i,
Ecco, per quanto mi riguarda, come definirò la melodia in certi momenti: consonanti che diventano allora, per
francese: è il campo (o il canto) di celebrazione della lin- cosi dire, piu «atterrate» che cadute, piu portate che sot-
gua francese colta. Quando Panzéra canta le sue melodie tolineate.
questa celebrazione volge al termine: la lingua francese Quest'ultimo tratto non è solo volontario ma è addi-
non è piu un valore; comincia a cambiare rapidamente rittura teorizzato dallo stesso Panzéra; faceva parte del
(e i caratteri di tale mutamento non sono ancora stati suo insegnamento e gli serviva, secondo un progetto di
studiati, né sono avvertiti consapevolmente). Oggi nasce valutazione (ancora una volta ), a opporre l'articolazione
una nuova lingua francese, non proprio per l'azione del- alla pronuncia. Egli diceva che l'articolazione è il simula-
le classi popolari, ma per quella di una classe d'età (le cro e il nemico della pronuncia; bisogna pronunciare e
classi marginali sono diventate oggi realtà politiche), i non articolare (contrariamente alla stupida parola d'or-
giovani; separata dalla nostra lingua, esiste una parlata dine di tante tecniche di canto ); l'articolazione è infatti
giovane, di cui il pop è l'esp ressione musicale. la negazione del legato; intende dare ad ogni consonante
All'epoca di Panzéra, il rapporto fra la musica e l'an- la stessa intensità sonora, mentre in un testo musicale,
tico francese consiste nella sua raffinatezza estrema, ma una consonante non è mai la stessa: bisogna che ogni sil-
anche ultima. Sta per morire una certa lingua francese: laba, lungi dal derivare da un codice immutabile di fone-
ed è quanto sentiamo ascoltando il canto di Panzéra: mi, fondato e dato una volta per tutte, sia incastonata
qualcosa in procinto di scomparire rifulge in questo can- nel senso generale della frase.
to, in modo straziante; perché tutta l'arte di dire la lin- Qui, su un punto prevalentemente tecnico, appare
gua vi si è rifugiata: la dizione è nei cantanti, non negli d'improvviso la vastità delle scelte estetiche (e aggiunge-
attori, asserviti all'estetica piccolo-borghese della Comé- rei: ideologiche) di Panzéra. L'articolazione, infatti, è
die-Française, che è un'estetica dell'articolazione, e non nociva quanto un inganno del senso: credendo di servire
della pronuncia, come fu invece quella di Panzéra (ritor - il senso, essa, in fondo, lo misconosce. Tra i due eccessi
neremo sull'argomento). opposti che uccidono il senso, il vago e l'enfasi, il piu
grave, il piu determinante, è l'ultimo: articolare significa
Mi sembra che la fonetica musicale di Panzéra pre- appesantire il senso di una chiarezza parassitaria , inutile
senti i seguenti tratti: r) la purezza delle vocali, sensibile anche se non per questo lussuosa. E tale chiarezza non
soprattutto nella vocale francese per eccellenza; la u,vo- è innocente; conduce il cantante verso un'arte del tutto
cale anteriore, esterna si potrebbe dire (è come se invi- ideologica, dell'espressività - o per essere ancora piu
tasse l'altro a entrare nella mia voce) e nella é stretta, che- precisi della drammatizzazione: la linea melodica si spez-
IL CORPO DELLA MUSICA LA MUSICA, LA VOCE, LA LINGUA 2 73
za in frammenti di senso, in sospiri semantici, in effetti fatti, se la canzone popolare veniva cantata tradizional-
isterici. La pronuncia mantiene invece la coalescenza mente a voce nuda, è perché era importante che la storza
perfetta tra la linea del senso (la frase) e la linea della fosse sentita bene: viene raccontato qualcosa che devo
musica (il fraseggio). Nelle arti dell'articolazione, la lin- ricevere a nudo: nient'altro se non la voce e il dire: ecco
gua, incompresa come un teatro , come una messa in sce- ciò che vuole la canzone popolare; ecco ciò che vuole -
na del senso un po' kitsch, irrompe nella musica e la di- qualunque siano le svolte imposte dalla cultura - Pan-
sturba in modo inopportuno, intempestivo: la lingua zéra.
passa in primo piano, e diviene l'elemento irritante , im- Che cos'è dunque la musica? L'arte di Panzéra ci ri-
barazzante della musica; nell'arte della pronuncia invece sponde: è una qualità di linguaggio. Ma questa qualità
(quella di Panzéra), è la musica che passa nella lingua e di linguaggio non ha nulla a che fare con le scienze del
ritrova quanto in essa c'è di musicale, di amoroso. linguaggio (poetica, retorica, semiologia), perché, col di-
venire qualità, nel linguaggio viene ad accentuarsi ciò
Perché questo fenomeno cosi raro si produca, perché che non dice, ciò che non articola. Nel non detto, vengo-
la musica faccia irru zione nella lingua, è necessaria, sicu- no a collocarsi il godimento, la tenerezza, la delicatezza,
ramente, una certa.fisica della voce (con.fisica intendo il la soddisfazione, tutti i valori piu delicati dell'Immagina-
modo in cui la voce sta nel corpo - o in cui il corpo sta rio. La musica è ad un tempo l'espresso e l'implicito del
nella voce). Nella voce di Panzéra mi ha sempre colpito testo: ciò che è pronunciato (sottoposto ad inflessioni)
il fatto che att raverso una perfetta padronanza di tutte ma non articolato: ciò che è insieme al di fuori del senso
le sfumature imposta da una buona lettura del testo mu- e del non-senso, pienamente in questa significanza, che
sicale - sfumature che esigono il saper produrre dei pia- la teoria del testo oggi cerca di postulare e di situare. La
nissimi e dei timbri estremamente delicati-, la sua voce musica , come la significanza - non ha a che fare con nes-
era sempre tesa, animata da una forza quasi metallica di sun metalinguaggio, ma solo con un discorso del valore,
desiderio: è una voce drizzata - au/geregt (parola schu- dell'elogio: di un discorso amoroso: ogni relazione «riu-
manniana) - o meglio: una voce rigida - una voce che scita» - riuscita in quanto giunge a dire l'implicito senza
irrigidisce. Ad eccezione dei pianissimi piu riusciti , Pan- articolarlo, a superare l'articolazione senza cadere nella
zéra canta sempre con tutto il corpo, a voce spiegata: censura del desiderio o nella sublimazione dell'indici-
come un collegiale che va in campagna, e canta per sé a bile - , una tale relazione, può a buon diritto essere detta
squarciagola: per uccidere tutto quanto esiste di cattivo, musicale. Forse una cosa può valere solo per la sua for-
di deprimente, di angoscioso nella sua testa. In un certo za metaforica; forse è questo il valore della musica: es-
mod o, Panzéra cantava semp re a voce nuda. Ed è in que- sere una buona metafora.
sto che possiamo capire come Panzéra, pur onorando
con un ultimo bagliore l'arte borghese della melodia
francese, sovverta tale arte; perché cantare a voce nuda
è precisamente il modo della canzone popolare tradizio-
nale (oggi spesso edulcorata da accompagnamenti indot-
ti): Panzéra, in segreto, canta la melodia colta come una
canzone popolare (le esercitaz ioni di canto che egli asse-
gnava erano sempre canzoni francesi antiche ). Ritrovia-
mo qui l'estetica del senso che mi piace in Panzéra. In-
IL CANTO ROMANTICO 2 75

Il canto romantico · dei fenomeni sensibili, è sempre nello spostamento, nel-


la sostituzione: in breve , nell'assenza, che si manifesta
con piu evidenza.
Il canto romantico non abolisce la voce: Schubert ha
scritto seicentocinquanta lieder , Schumann ne ha scritti
duecentocinquanta: ma abolisce le voci, ed è questa, for-
se, la sua rivoluzione. Va ricordato a questo punto che
1~classificazione delle voci umane - come ogni classifica-
z10ne elaborata da una società - non è mai innocente.
Nei cori contadini delle antiche società rurali, le voci
Sto ascoltando ancora una volta, questa sera, la frase maschili rispondevano alle voci femminili: con questa
che apre l'andante del Primo trio di Schubert- frase per- semplice divisione dei sessi, il gruppo mimava i prelimi-
fetta, unitaria e, nello stesso tempo divisa, frase innamo- nari dello scambio, del mercato matrimoniale. Nella no-
rata come poche altre - e devo constatare ancora una stra società occidentale, attraverso i quattro registri vocali
volta quanto sia difficile parla re di ciò che si ama. Che dell 'opera, è l'Edip o che trionfa: tutta la famiolia
::,
è li '
dire di ciò che si ama se non: lo amo, e ripeterlo all'infi- padre, madre, figlia e figlio, proiettati simbolicamente,
nito? La difficoltà è accresciuta, in qu esto caso, dal fatto quali che siano i percorsi dell'aneddoto e le sostituzioni
che oggi il canto romantico non è piu oggetto di nessun di ruoli, nel basso , nel contralto, nel soprano e nel teno-
grande dibattito: non è un'arte d 'ava nguardia, non si re. Il lied dimentica, in un certo modo , proprio queste
deve lottare per essa, e non è neppure un 'arte lontana o quattro voci familiari: non tiene conto delle marche ses-
estra n ea, un'arte sconosciuta, per la cui resurrezione si suali della voce, perché uno stesso lied può essere canta-
debba militare; non è alla moda, e neppure chiaramente to indifferentemente da un uomo o da una donna; non
fuori moda: è semplicemente inattuale. Ma è proprio c'è «fam iglia» vocale, solo un soggetto umano, per cosi
questa, forse, la sua provocazione piu sottile; ed è muo- dire unisex, nella misura in cui è innamorato: perché l'a-
vendo da tale inattualità che vorrei giungere ad un'attua- more - l'amore-passione, l'amore romantico - non si
lità diversa. preoccupa né dei sessi né dei ruoli sociali. C'è un fatto
Ogni discor so sulla musica può iniziare , mi sembra, stor ico che non può essere privo di significato: è proprio
solo con l'evidenza. D ella frase schubertiana di cui ho quando i castrati scompaiono dall'Europa musicale, che
parlato, posso solo dire: canta,canta semplicemente, ter- il lied romantico appare e raggiunge subito il massimo
ribilmente, al limite del possibile. Ma non è stupefacente splendore; al castrato nella sua effigie pubblica, segue un
che questa elevazione del canto verso la sua essenza, soggetto umano complesso , la cui castrazione immagina-
questo atto musicale per cui il canto sembra manifestarsi ria si interiorizza.
qui nella sua gloria , avvenga proprio senza l'aiuto del- È possibile che il canto romantico abbia cono sciuto
l'organo che produce il canto, e cioè la voce? Si direbbe la tentazione di una divisione delle voci. Ma questa divi-
che la voce umana è qui tanto piu presente quanto piu sione , che talora lo assilla, non è piu quella dei sessi o
è delegata ad altri strumenti, le corde: il sostituto diventa dei ruoli sociali. Si tratta di una divisione diversa che
piu vero dell'originale , il violino e il violoncello «canta- oppone la voce nera della sur-natura , o della natur~ de-
no» meglio - o, per essere piu precisi, cantano piu del moniaca , e la voce pura dell'anima, non tanto perché re-
soprano e del baritono, perché se esiste un significato ligiosa, ma perché umana, troppo umana. L'evocazione
IL CORPO DELLA MUSICA IL CANTO ROMANTICO 2 77

diabolica e la preghiera della fanciulla appartengono qui perduto, abbandonato. Schubert perde la madre a quin-
all'ordine del sacro, non del religioso: ciò che è abbozza- dici anni; due anni dopo, il suo primo grande lied, Gret-
to, ciò che è inscenato vocalmente è l'angoscia di qualco- chen am Spinnrade, dice il tumulto dell'assenza, l'alluci-
sa che minaccia di dividersi, di separarsi, di dissociare, nazione del ritorno. Il «cuore» romantico, espressione
di smembrare il corpo. La voce nera , voce del Male , o in cui non vediamo, con disprezzo, che una metafora
della Morte, è una voce senza luogo, senza origine: ri- edulcorata, è un organo forte, punto estremo di un cor-
suona ovunque (nell'orrido dei Lupi del Freischutz)op- po interiore in cui, insieme e contraddittoriamente, il de-
pure si fa immobile, sospesa (nella Der T od und dasMiid- siderio e la tenerezza, la domanda d'amore e la richiesta
chen di Schubert): in ogni modo, non rinvia piu al corpo , di godimento, si uniscono con violenza: qualcosa solleva
che è allontanato in una specie di non-luogo. il mio corpo, lo gonfia, lo tende, lo porta al limite dell'e-
Questa voce nera è, senza dubbio, l'eccezione. Nella splosione e subito dopo, misteriosamente, lo deprime e
sua massa, il lied romantico nasce nel cuore di un luogo lo illanguidisce. Questo movimento, deve essere ascolta-
finito, raccolto, centrato, intimo, familiare, che è il corpo to al di sotto della linea melodica; questa linea è pura, e
del cantante - e dunque perciò dell'ascoltatore. Nell'o- anche nel culmine della tristezza dice sempre la felicità
pera ciò che conta è il timbro sessuale della voce (basso/ del corpo unificato; ma è anche presa in un volume so-
tenore, soprano/contralto). Nel lied, al contrario, è la noro che spesso la complica e la contraddice: una pulsio-
tessitura (insieme di suoni che convengono al meglio ad ne soffocata, segnata dalle respirazioni, dalle modulazio-
una data voce): qui non vi sono note eccessive, non vi ni tonali o modali, dai battiti ritmici, tutto un gonfiarsi
sono do acuti, né prodezze fisiologiche. La tessitura è lo mobile della sostanza musicale, viene dal corpo separato
spazio modesto dei suoni che ognuno di noi può produr- del bambino , dell'innamorato, del soggetto perduto.
re, e nei cui limiti può fantasmatizzare l'unità rassicuran- Tal volta, questo movimento sotterraneo esiste allo stato
te del proprio corpo. Tutta la musica romantica, vocale puro: mi sembra di sentirlo in un breve Preludiodi Cho-
o strumentistica, dice questo canto del corpo naturale: pin (il primo ): qualcosa si gonfia, non canta ancora, cer-
è una musica che non ha senso se non perché io possa ca di dirsi e poi scompare.
cantarla dentro di me con il mio corpo: condizione vitale
che viene snaturata in tante interpretazioni moderne, So che storicamente il lied romantico si estende in
troppo rapide o troppo personali , e attraverso cui , sotto tutto il XIX secolo , e che va dalla A n die /erne Geliebte
l'apparenza del rubato, il corpo dell'interprete viene a di Beethoven, ai Gurrelieder di Schonberg, attraverso
sostituirsi abusivamente al mio e a rubarglila sua respi- Schubert, Schumann , Brahms, Wolf, Mahler, Wagner e
razione, la sua emozione. Perché cantare,nel senso ro- Strauss (senza dimenticare alcune delle Nuits d'été di
mantico, è questo: godere fantasmaticamente del mio Berlioz). Ma il mio intento qui non è quello di un musi-
corpo unificato. cologo: il canto di cui parlo, non è il lied di Schubert e
di Schumann, che per me è il cuore incandescente del
Qual è dunque questo corpo che canta il lied? Chi, canto romantico.
nel mio corpo , a me che ascolto, canta il lied? Chi ascolta questo lied? - Non il salotto borghese,
È tutto quanto risuona in me , mi fa paura o mi fa de- luogo sociale in cui la «romanza», espressione codificata
siderare. Non importa da dove giunga questa ferita o dell'amore, ben differenziata dal lied, si affina a poco a
questa gioia: per l'innamorato , come per il bambino, il poco e genera la melodia francese. Lo spazio del lied è
canto romantico esprime sempre l'affetto del soggetto affettivo, a malapena socializzato: talvolta, forse, alcuni
IL CORPO DELLA MUSICA IL CANTO ROMA N TICO 2 79

amici, quelli delle Schubertiadi;ma il suo spazio vero d' a- Flusse, la pulsione di inscrivere - di scrivere - l'amore
scolto è, per cosi dire, l'interno della testa, della mia te- perfetto; il Der Leiermann ricorda, infine, l'incessante ri-
sta: ascoltandolo, canto il lied con me stesso, per me petizione delle figure del discorso che l'innamorato ri-
stesso. Mi rivolgo, dentro me stesso, a un'Immagine: im- volge a se stesso.
magine dell'essere amato, nella quale mi perdo, e da cui La facoltà - la decisione - di elaborare liberamente
ritorna la mia immagine, abbandonata. Il lied presuppo- una parola sempre nuova con brevi frammenti, ognuno
ne un dialogo rigoroso, ma questo dialogo è immagina- dei quali è insieme intenso e mobile, di collocazione in-
rio, racchiuso nella mia intimità piu profonda. L'opera certa, è ciò che, nella musica romantica, viene chiamata
colloca in voci diverse, per cosi dire, conflitti esterni , sto- Fantasia, schubertiana o schumanniana: Fantasieren:
rici, familiari: nel lied, la sola forza reattiva, è l'assenza nello stesso tempo immaginare e improvvisare: in breve,
irrimediabile dell'essere amato: lotto con un'immagine fantasmatizzare, cioè produrre del romanzesco senza co-
che è l'immagine dell'altro, desiderata, perduta, e nello struire un romanzo. Anche i cicli di lieder non racconta-
stesso tempo la mia propria immagine, desiderante, ab- no una storia d'amore, ma solo un viaggio: ogni momen-
bandonata. Ogni lied è segretamente un oggetto di dedi- to di questo viaggio è come avvolto su se stesso, cieco,
ca: dedico ciò che canto, ciò che ascolto; c'è una dizione chiuso a ogni senso generale, a ogni idea di destino , a
del canto romantico, un appello articolato, una specie ogni trascendenza spirituale: insomma, un'erranza pura,
di dichiarazione sorda, che si sente bene in alcune delle un divenire senza finalità: il tutto, in quanto può, in un
Kreislerianadi Schumann perché nessuna poesia l'inve- solo colpo e all'infinito, ricominciare.
ste, la colma. Insomma, l'interlocutore del lied è il Dop-
pio - il mio Doppio , è Narciso: doppio alterato , preso È possibile situare l'arte del canto romantico nella
nella scena angosciosa dello specchio incrinato , come storia della musica: dire come è nato, come è finito, at-
viene espressa dall'indimenticabile Der Doppelgangerdi traverso quale quadro tonale è passato. Piu difficile, in-
Schubert. vece, valutarla come momento di civiltà. Perché il lied?
Perché , secondo quale determinazione storico-sociale si
Il mondo del canto romantico è il mondo amoroso, è costituita, nel secolo scorso, una forma poetica e mu-
il mondo che il soggetto innamorato ha in testa: un solo sicale cosi tipica e cosi feconda? Le difficoltà della rispo-
essere amato, ma un'intera folla di figure. Queste figure sta nascono forse da questo paradosso: la Storia ha pro-
non sono persone , ma piccoli quadri, ciascuno dei quali dotto nel lied un oggetto che è sempre anacronistico.
è costituito, di volta in volta, da un ricordo, da un pae- Tale inattualità è legata al sentimento d'amore di cui il
saggio, da una marcia, da un umore, da qualunque cosa lied è l'espressione pura. L'Amore - l'Amore-passione
possa rappresentare l'inizio di una ferita, di una nostal- - è storicamente inafferrabile, perché sempre, possiamo
gia, di una felicità. Prendete il Die Winterreise: Gute dire, storico per metà: compare in certe epoche, scom-
Nachte dice il dono che l'innamorato fa della propria pare in altre: talvolta si piega alle determinazioni della
partenza, dono cosi furtivo che l'essere amato non verrà Storia, altre volte vi resiste, come se durasse da sempre
nemmeno disturbato (e posso ritirarmi anch 'io, dietro i e dovesse durare in eterno. L'opacità storica della pas-
suoi passi). Le Se/rorene Traren dicono il diritto di pian - sione amorosa, fenomeno intermediario (cosi lo chiama
gere; Estarrung, il freddo partico lare dell'abbandono; il Platone), deriva forse dal fatto che essa compare, nel
Der Lindenbaum, bell'albero romantico, l'albero del corso dei secoli, solo in soggetti e in gruppi marginali,
profumo e del sonno , dice la pace perduta; Au/ dem privi di Storia, estranei alla società gregaria, forte, che li
280 IL CORPO DELLA MUSICA

circonda, li spinge e li esclude, separati da ogni potere: Amare Schumann


presso gli Udriti del mondo arabo, i Trovato_ride~' Am~-
re cortese, i Preziosi del grande secolo classico e 1poeti-
musicisti della Germania romantica. Da ciò, anche l'ubi-
quità sociale del sentimento amoros~, ~he pu~ es~er_e
cantato da ogni classe, dal popolo all anstocraz1a: s1 ri-
trova questo carattere trans-sociale nello stile stesso del
lied schubertiano che è riuscito ad essere, nello stesso
tempo o di volta in volta, elitista e popolare. Lo statuto
del canto romantico è per natura incerto: inattuale senza
essere represso, marginale ma non eccentrico. Perc_iò, Secondo Marce! Beaufils, esiste una sorta di pregiudi-
malorado
b
le apparenze intimiste e sagge,

questa
.
musica
• zio francese nei confronti di Schumann: in lui viene vista
può essere situata tra le_arti estre~e: m e~sa s1espn~e facilmente una specie di «Fauré un po' greve». Non cre-
un soggetto singolare, intempestivo, deviante, persino do che ciò vada attribuito alla consueta opposizione tra
folle, se, con un'ultima raffinatezza, non rifiutasse la ma- la «ch iarezza francese» e il «sentimentalismo tedesco»;
schera gloriosa della follia. a giudicare dalla di'scografia e dai programmi radio, oggi
i francesi prediligono i musicisti patetici del romantici-
smo piu greve, Mahler e Bruckner. No, la ragione di
questo disinteresse (o di questo interesse minore) è sto-
rica (e non psicologica).
Schumann è senza dubbio un musicista per pianofor-
te. E il piano, come strumento sociale (ogni strumento
musicale, dal liuto al clavicembalo, al sassofono, implica
un'ideologia), da circa un secolo ha subito un'evoluzio-
ne storica di cui Schumann è vittima. È cambiato il sog-
getto umano: l'interiorità, l'intimità , la solitudine hanno
perso il loro valore, l'individuo è sempre piu diventato
gregario, vuole musiche collettive, massicce, spesso pa-
rossistiche, espressione del noi, piu che dell'io. Ora,
Schumann è veramente il musicista dell'intimità solita-
ria, dell'anima innamorata e raccolta, che parla a se stessa
(da qui l'abbondanza dei parlando nella sua opera, come
quello, ammirevole, della Sesta Kreisleriana), in breve
del bambino che non ha altro legame se non quello con
la Madre.
Anche l'ascolto del piano è cambiato. Non solo si è
passati dall'ascolto privato, tutt'al piu familiare, a un
ascolto pubb lico - ogni disco, anche ascoltato a casa, si
presenta nelle modalità del concerto e il piano diventa
AMARE SCHUMA NN
IL CORPO DELLA MUSICA
nel corpo , nei muscoli, con i colpi del suo ritmo, e per-
un campo di esecuzioni- , ma lo stesso virtuosismo che
sino quasi nelle viscere, con la voluttà del suo melos: si
certamente esisteva al tempo di Schumann (perché egli
direbbe che ogni volta il pezzo sia stato scritto per una
volle diventare un virtuoso al pari di Paganini) ha subito
sola persona,
. quella
. che lo suona; il vero pianista schu-
una mutilazione; non deve piu conformarsi all'isteria
manmano sono 10.
mondana dei concerti e dei salotti, non è piu lisztiana;
Si tratta dunque di una musica egoista? L'intimità lo
ora è, a causa dei dischi, un virtuosismo un po ' gelido, è sempre un po'; è il prezzo che si deve pagare se si vuole
un'esecuzione perfetta (senza errori, senza caso), in cui rinunciare all'arroganza dell'universale. Ma la musica di
non vi è piu nulla da ridire, ma che non esalta, non tra- Schumann comporta qualcosa di piu radicale, che ne fa
scina: lontano dal corpo, in un certo modo. Cosi, per il un'esperienza esistenziale piu che sociale o morale. Que-
pianista attuale può esservi stima immensa, ma nessuna sta radicalità non è senza rapporto con la follia, anche
pazzia, e, aggiungerei, anche riferendomi al senso etimo- se la musica di Schumann è sempre «saggia», nella misu-
logico della parola, nessuna simpatia. Ora , il piano di ra in cui si sottomette docilmente al codice della tonalità
Schumann, che è difficile, non suscita l'immagine del e alla regolarità formale dei melismi. La follia è qui in
virtuosismo (il virtuosismo è infatti un 'immagine, non germe molto presto, nella visione, nell'economia del
una tecnica): non lo si può suonare né secondo l'antico mondo col quale il soggetto Schumann intrattiene un
delirio né secondo il nuovo stile (che paragonerei volen- rapporto che lo distrugge a poco a poco, mentre la mu-
tieri alla «nuova cucina» , poco cotta). È un piano intimo sica cerca di costruirsi . Marcel Beaufìls lo spiega molto
(il che non significa dolce), o ancora: un piano privato, bene: scopre e nomina quei punti in cui la vita e la mu-
individuale , restio all'approccio professionistico , perché sica si scambiano le parti, l'una distruggendosi, l'altra
suonare Schumann implica una innocenza della tecnica costruendosi.
che ben pochi artisti sanno raggiungere. Il primo è questo: il mondo , per Schumann, non è ir-
Infine, ciò che è cambiato sostanzialmente è l'uso del reale, la realtà non è annullata. La sua musica, nei titoli,
piano. Durante il xrx secolo, il piano è stato certamente talvolta nei tentativi discreti di descrizione , si riferisce
un'atti vità di classe, ma abbastanza generale per coinci- incessantemente alle cose piu concret e: stagioni, mo-
dere , grosso modo , con l'ascolto della musica. Io stesso menti del giorno , paesaggi, feste, mestieri. Ma questa
ho iniziato ad ascoltare le sinfonie di Beethoven suonan- realtà è minacciata da disarticolazioni , dissociazioni,
dole a quattro mani, con un caro amico, appassionato movimenti per nulla irregolari (nessuno stridore ), ma
come me. Ma ora l'ascolto della musica si è dissociato brevi, e per cosi dire , incessantemente «mutanti»: nulla
dalla pratica: virtuosi , ne esistono molti; ascoltatori, una resiste a lungo, un movimento ne interrompe un altro;
massa; ma praticanti, dilettanti, molto pochi. Schumann è il regno dell'intermezzo, nozione quasi vertiginosa
fa ascoltare pienamente la sua musica soltanto a chi la quando si estende a tutta la musica e quando la matrice
suona , anche se male. Sono sempre stato colpito da que- è vissuta solo come un susseguirsi spossante (ma bello)
sto paradosso: mi entusiasmavo per un certo pezzo di di interstizi. Marcel Beaufìls aveva ragione quando situa-
Schumann quando lo suonavo (approssimati vamente) , e va l'ori gine delle opere per pianoforte di Schumann nel
mi deludeva un po' quando ne ascoltavo la registrazione: tema letterario del Carnevale ; perché il Carnevale è ve-
appariva allora misteriosamente impoverito, incomple- ramente il luogo teatrale di quel decentramento del sog-
to. Non si trattava comunque d'una mia infatuazione. Il getto (tentazione modernissima ) che Schumann , a suo
fatto è che la musica di Schumann va oltre l'udito; va modo, esprime attraverso il carosello delle forme brevi
IL CORPO DELLA MUSICA AMARE SCHUMANN

(da questo punto di vista, l'A lbum /ur die Jugend, se lo l'importanza, l'originalità, e infine il disordine (ad esem-
si suona di seguito, come un ciclo, non è cosi saggio pio , nella generalizzazione delle sincopi). Il ritmo, in
come appare ). . Schumann, è una violenza (Beaufils mostra in che modo
In questo mondo spezzato , derivato da apparenze egli violenti il tema , lo «imbarbarisca», ed è quanto Cho-
vorticose (il mondo intero è un Carnevale ), talvolta un pin non amava); ma (come per il dolore ), questa violenza
elemento puro e immobile si apre un varco: è il dolore. è pura, non è «tattica». Il ritmo schumanniano (si ascol-
« Se mi domandaste il nome del mio dolore, non potrei tino con attenzione i bassi) si impone come una tessitura
dirvelo . Credo sia il dolore stesso, e non saprei chiamar- di colpi piu che di battiti ; questa tessitura può essere
lo altrimenti». Questo dolore puro, senza oggetto, que- finita (Beaufils dimostra che gli Intermezzi, cosi belli, e
sta essenza di dolore è senza dubbio il dolore del folle; cosi incompresi, sono studi differenziati e spinti sul rit-
non ci rendiamo mai conto (per quanto sappiamo nomi- mo puro ), ma ha comunque qualcosa di atipico (tanto
nare la follia e liberarcene) che i folli, molto semplice- che Schumann non è mai considerato come un musicista
mente , soffrono. Il dolore assoluto del folle è stato vissu- del ritmo: lo si limita alla melodia ). Possiamo dirlo in
to da Schumann, quasi in modo premonitore , quella un altro modo: il ritmo, in Schumann, il che è strano,
notte del 17 ottobre 1833, quando è stato colto dalla pau- non è a servizio di un'organizzazione duale, oppositiva,
ra piu terribile: quella, appunto , di perdere la ragione. del mondo.
Un dolore come questo non può essere detto in musica: In questo si esprime, credo, la singolarità di Schu-
la musica può dire solo il patetico del dolore (la sua im- mann: il punto in cui si fondono e si congiungono il suo
magine sociale), non il suo essere; ma può , in modo fug- destino (la follia), il suo pensiero e la sua musica.
gevole, far sentire, se non il dolore, almeno la purezza, Beaufils lo ha compreso: « nel suo universo non c'è la lot-
l'inaudito della purezza: far ascoltare un suono puro è ta», dice. A prima vista, si tratta di una diagnosi davvero
un vero e proprio atto musicale , di cui la musica moder- paradossale per un musicista che ha sofferto cosf spesso
na si è perlopiu servita (da Wagner a Cage). Schumann, e cosi crudelmente per l'opposizione dei suoi progetti
certo , non ha condotto esperimenti di questo genere: (matrimonio , vocazione ) e la cui musica esprime sempre
Marce! Beaufils fa osservare giustamente l'enigmatico si le oscillazioni del desiderio (abbat timento , speranze, de-
naturale che apre il lied Mondnacht e che vibra in noi in solazioni, ebbrezze). E tuttavia, la «follia» di Schumann
modo sovrannaturale. È in questa prospettiva che vanno (non sto tentando una diagnosi psichiatrica, che mi fa-
ascoltate, nella musica di Schumann , le posizioni di to- rebbe orrore sotto molti punti di vista) dipende , per
nalità. La tonalità schumanniana è semplice, forte; non cosi dire , dall'aver «mancato» la struttura conflittuale
ha la meravigliosa sofisticatezza di cui la riveste Chopin (nel mio linguaggio: paradi gmatica ) del mondo: la sua
(nelle Mazurche, anzitutto). Ma appunto: la sua sempli- musica non si fonda su nessun confronto semplice e« na-
cità è una insistenza: in molti pezzi di Schumann il di- turale» (naturalizzato dalla cultura anonima ). Nessun
spiegamento tonale ha il valore di un suono che vibra manicheismo, come in Beetho ven, e neppu re la fragilità
all'.infinito sino a sconvolgerci; la tonica non è dotata , schubertiana {tristezza tenera di un soggetto che vede
qui, di una «ampiezza cosmica» (come quello del primo davanti a sé la morte ). È una musica ad un tempo disper-
mi bemolle dell'Oro del Reno) quanto di una massa che siva e unaria, che si rifugia continuamente nell'omb ra lu-
pesa, insiste , impone la sua solitudine fino all'ossessione. minosa della Madre (il lied, cosi frequente in Schumann,
Il terzo punto in cui Schumann incontra la follia, è il è, credo, l'espressione di questa unità materna ). Insom-
ritmo. L'analisi di Marcel Beaufils è perfetta: ne mostra ma, in Schumann manca il conflitto (necessario, si dice,
286 IL CORPO DELLA MUSICA

alla giusta economia del soggetto «normale»), nella mi-


sura in cui, paradossalmente , moltiplica gli «umori» Rasch
(altra nozione importante dell'estetica schumanniana:
«umoresche», « mit Humor»): e mentre distrugge la pul-
sione (con un gioco di parole diciamo anche: la pulsazio-
ne) del dolore vivendo lo su un tono puro, porta all'este-
... nulla è piu evidente di questo passo che
nuazione il ritmo generalizzando la sincope. Per lui, solo ho letto da qualche parte: Musices semina-
il mondo esterno è differen ziato , ma secondo gli sbalzi rium accentus,l'accento è il vivaio della me-
superficiali del Carnevale. Schumann «attacca» conti- lodia .
Diderot
nuamente, ma sempre nel vuoto.
È per questo che la nostra epoca gli riconosce un po-
sto «d'onore» (certo, è un «grande musicista»), ma non Nelle Kreisleriana' di Schumann, non sento in verità
un posto amato (ci sono molti wagneriani, mahleriani, nessuna nota, nessun tema, nessun disegno, nessuna
ma di schumanniani conosco solo Gilles Deleuze, Mar- grammatica, nessun senso, nulla che permetta di ricosti-
ce! Beaufils e me stesso )? La nostra epoca, soprattutto tuire una struttura intelliggibile dell'opera. No, ciò che
dall'avvento, con il disco, della musica di massa, vuole sento, sono dei colpi: sento ciò che batte nel corpo, ciò
le belle immagini dei grandi conflitti (Beethoven, Mah- che batte il corpo, o meglio: quel corpo che batte.
ler, è'.:ajkovskij).Amare Schumann come lo amano in un
certo modo Beaufils e il suo editore, è in un certo senso Ecco come sento il corpo di Schumann (egli, sicura-
assumere una filosofia della Nosta lgia, o, riprendendo mente, aveva un corpo, e quale corpo! Il suo corpo, era
quanto aveva in piu):
un'espressione nietzscheana, dell'Inattualità, o ancora,
azzardando questa volta il termine piu schumanniano : nella prima delle Kreisleriana, si raggomitola, e poi
della Notte. L'amore per Schumann , in quanto risulta tesse;
oggi, in certo modo contro l'epoca (ho abbozzato i mo- nella seconda, si stira ; e poi si risveglia: punge, pic-
tivi di questa solitudine), può essere solo un amore re- chia, risplende oscuramente;
sponsabile: porta fatalmente il soggetto che lo prova e nella terza, si tende , si estende: au/geregt;
lo pronuncia a porsi nel suo tempo secondo le ingiunzio- nella quarta, parla, dichiara, qualcuno si dichiara;
ni del suo desiderio e non secondo quelle della sua socia- nella quinta, sgocciola, si sfila, freme, sale correndo,
lità. Ma questa è un'altra storia, il cui racconto eccede- cantando , battendo;
rebbe i confini della musica. nella sesta, dice, compita, il dire diventa canto;
nella settima, colpisce, batte;
nell'ottava, danza, ma ricomincia anche a brontolare,
a dare colpi.
Sento dire: Schumann ha scritto pezzi brevi perché
non sapeva sviluppare. Critica repressiva: ciò che rifiutate
di fare, è ciò che non sapete fare.
La verità è un'altra: il corpo schumanniano non ha
stabilità (grande difetto retorico). Non è un corpo medi -
288 IL CORPO DELLA MUSICA RASCH

tativo. Della meditazione, assume talvolta il oesto non provvisamente ad abbassare la scala dei toni (b).Si tratta
la durata, la pers~stenza infinita, l'assestamen;o leigero. di un contrasto? Ci piacerebbe dirlo: si potrebbe allora
È un corpo pulsionale, che si spinge e respinge, passa disegnare la struttura paradigmatica, ritrovare la semio-
a1 altro - pensa ad altro; è un corpo sbadato (ebbro logia musicale, quella che fa sorgere il senso delle unità
distratto, e ardente insieme). Da ciò la voglia (lasciand~ oppositive. Ma il corpo conosce contrari? Il contrasto è
a qu~sta parola il senso fisiologico) dell'intermezzo. uno stato retorico semplice: plurale, perduto, folle, il
L mtermezzo, consustanziale a tutta l'opera di Schu- corpo schumanniano conosce (qui, almeno) solo bifor-
mann, anche quando l'episodio non ha questo nome cazioni; non si costruisce, diverge incessantemente, se-
non ha la funzione di distrarre, ma di spostare: come u~ condo un accumulo di intermezzi; del senso ha solo
a~t:nto s~ls_iere_,~pedisce_ al discorso di rapprendersi, quell'idea vaga (il vago può essere un fatto di struttura)
di ispessirsi, di distendersi, di far ritorno saooiamente che chiamiamo significanza. Il susseguirsi degli inter-
all~ cult1:1radell? s~iluppo; è quell'atto rinnov~~o (come mezzi non ha la funzione di far parlare i contrasti, bensf
lo e ogi:i enunciazione) tramite cui il corpo si agita e di- di realizzare una scrittura irradiante, molto piu simile
sturb_ail ronron della parola artistica. Al limite ci sono allo spazio dipinto che alla catena parlata. Insomma, la
solo mtermezzi; ciò che interrompe è a sua voÌta inter- musica, a questo livello, è un'immagine, non un linguag-
rotto, e cosf di seguito. gio, in quanto ogni immagine, dalle incisioni ritmate del-
. Si può dire che l'intermezzo è epico (nell'accezione la pre-istoria ai cartoni animati, ha una forza di irradia-
di Bre_cht): con_le sue irruzioni, con i movimenti del mento. Il testo musicale non segue (per contrasti e am-
c~po, il corpo si mette a criticare (a mettere in crisi) il plificazioni) ma esplode: è un big-bang continuo.
discorso che, so~to una copertura artistica, si cerca di far Non si tratta di battere i pugni contro la porta, come
passare sopra di esso, senza di esso.
si pensa faccia il destino. Piuttosto, è necessario che bat-
ta all'interno del corpo, contro la tempia, nel sesso, nel
. La seconda delle Kreisleriana comincia con una scena di ventre, contro la pelle interna, in tutto quell'emotivo
stiramento (a); poi qualcosa (intermezzo I) giunge im-
sensuale che si chiama, per metonimia e anche per anti-
frasi, il «cuore». «Battere» è l'atto stesso del cuore (non
c'è «battito» che del cuore), è quanto si produce in quel
luogo paradossale del corpo: centrale e decentrato, li-
quido e contrattile, pulsionale e morale; ma è anche la
parola emblematica di due linguaggi: il linguistico (nel-
l'esempio grammaticale «Pietro batte Paolo» ) e lo psica-
nalitico («Un bambino viene battuto»)'.
Il battito schumanniano è folle, ma anche codificato
b)
(dal ritmo e dalla tonalità ); e se di solito non viene notato
IntermouoI. (a giudicare dalle interpretazioni di Schumann ) è perché
Sehr Iebha!t. (Molto.t,11ee.)
la follia dei colpi si mantiene apparentemente entro i li-
miti di una lingua saggia. O meglio: nulla può decidere
2 Il riferimento~ a S. Freud, Ein Kind wird geschlagen,del 1919 [trad. it. Un
bambino viene picchiato,in Opere,voi. IX, Boringhieri, Torino 1977] .
IL CORPO DELLA MUSICA RASCH

se questi colpi siano censurati da quanti non vogliono (ciò lo si può cogliere qua e là nell'interpretazione di Nat
sentirli, o allucinati da uno solo, che sente solo loro. Ri- e Horowitz ).
conosciamo qui la struttura stessa del paragramma: un
testo secondo è sentito; ma, al limite, come Saussure Dal punto di vista dei colpi (della rete anagrammati-
ascoltando versi anagrammatici, sono il solo a sentirlo. ca), ogni ascoltatore esegue quanto sente. C'è dunque un
Pare cosi che solo Yves Nat ed io (se l'affermazione non luogo del testo musicale in cui si abolisce ogni distinzio-
è eccessiva) sentivamo gli stupefacenti battiti della setti- ne tra il compositore, l'interprete e l'ascoltatore.
ma Kreisleriana (c). Questa incertezza (di lettura, di
ascolto) è lo statuto stesso del testo schumanniano, rac- Il ritorno, voluto dal godimento, del colpo: sarebbe
colto contraddittoriamente in un eccesso (quello dell' e- questa l'origine del ritornello?
videnza allucinata ) e in uno scarto (lo stesso testo può
essere suonato in modo piatto ). In termini scientifici si Il colpo può assumere di volta in volta una figura di-
dirà (e si ridirà): il testo non ha modelli: non perché è versa, che non è necessariamente quella di un accento
«libero», ma perché è «differente». violento, rabbioso. Ma in quanto rinvia all'ordine del go-
dimento, nessuna figura può essere qualificata romanti-
camente (anche e soprattutto se è proposta da un musi-
Il colpo - corporeo e musicale - non deve mai essere
cista romantico ). Non si può dire che questa sia allegra
il segno di un segno: l'accento non è espressivo.
e quella triste, oscura o gioiosa , ecc.; la precisione , la di-
stinzione della figura è legat a non agli stati d'animo , ma
L'interpretazione è, allora, solo il potere di leggere gli ai movimenti sottili del corpo, a tutta quella cinestesi dif-
anagrammi del testo schumanniano, di far sorgere sotto ferenziale, a quella marezzatura istologica di cui è fatto
la retorica tonale, ritmica, melodica, la rete degli accenti. il corpo che vive. La terza Kreisleriana, ad esempio, non
L'accento è la verità della musica, ciò che muove l'inter- è «animata» (molto animato) : è «drizzata» (au/geregt),
pretazione. In Schumann (a mio parere ), i colpi sono alzata, tesa, eretta; si può anche dire - ma è lo stesso -
suonati troppo timidamente; il corpo che ne prende pos- che progredisce attraverso un susseguirsi di revulsioni
sesso è quasi sempre un corpo mediocre, formato, can- minime, come se, a ogn i morso, qualcosa si inghiottisse,
cellato da anni di Conservatorio o di carriera, o, piu sem- si rivoltasse , si tagliasse, come se tutta la musica si met-
plicemente, dall'insignificanza , dall'indifferenza dell'in- tesse nell'onda breve della gola che deglutisce (d ).
terpretazione. Questi suona l'accento (il colpo ) come un Bisogna perciò chiamare colpo tutto quanto fa flettere
semplice segno retorico; ciò che il virtuoso dispiega, al- per un istante una certa parte del corpo, anche se tale
lora è la piattezza del proprio corpo, incapace di « batte- flessione può apparire sotto le forme romantiche di un
re» (cosi Rubinstein ). Non è una questione di forza, ma acqu ietam ento. La calma - almeno nelle Kreisleriana -
di rabbia: il corpo - non il pianista - deve «picchiare» è sempre uno stiramento: il corpo si stira, si distende, si

e)
IL CORPO DELLA MUSICA
RASCH 293
tende verso la sua forma estrema (stirar si, significa rag-
(i). E talvolta-perché no?-parla persino, declama, rad-
giungere il limite di una dimensione, è il gesto del corpo
doppia la sua voce: parla ma non dice nulla: dal momen-
innegabile , che si riconquista ). C'è uno stiramento so-
onato meolio (lo si è visto) di quello della seconda Krei- to in cui è musicale, la parola - o lo strumento_ che la
sostituisce - non è piu linguistica ma corpore,1. D1eesolo
;leriana (;)? Tutto vi concorre: la forma melodica, l'ar-
questo e null'altro: il mio corposi mette in condizionedi
monia, qui sospesa (con l'arresto della settima dominan-
te), e piu oltre l'estensione delle linee e delle dissonanze
parlare:quasi parlando (j e k).
(f). Talvolta anche il corpo si raggomitola per stirarsi me-
glio in seguito: nella seconda Kreisleriana(g) o nell'inter-
Quasi parlando (traggo l'indicazione da una Bagatella
di Beethoven): è il movimento del corpo che sta per par~
mezzo mascherato della terza, il cui lungo stiramento
giunge a variare - a far sbocciare o riposa re ? - il corpo lare. Il quasi parlando si ritrov~ in quasi tutta l'opera ~1
Schumann; supera di molto I opera can:ata (che puo
punto, inghiottito, revulso, dell'inizio (h).
benissimo, paradossalmente, non avervi nulla a c~e
Che cosa fa il corpo, quando enuncia (musicalmen,
fare): lo strumento (il piano ) parla sempre senza d1re
te)? Schumann risponde: il mio corpo colpisce, il mio
nulla come un muto che fa leggere sul viso tutta la po -
corpo si raccoglie, esplode, si taglia, punge, o al contra-
tenz; inarticolata della sua parola. Tutti questi quasi
rio, e senza prevenire (è il senso dell'intermezzo, che so-
praggiunge sempre come un ladro), si stira, tesse legger-
parlando che segnano tante opere pianistiche , ?erivan~
mente (cosi l'intermezzo velato della prima Kreisleriana) dalla cultura poetica; cosi, piu che le loro poesie, questi
poeti hanno dato a Schumann il gesto di :1na v~ce; que-
sta voce parla per non dire altro che la misura (il metro )

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RASCH 2 95
2 94 IL CORPO DELLA MUSICA
rose si traduce il termine effusivo, morale, con una pa-
che le permette di esistere - di uscire - come signifi- rola corporea, pulsionale - e in ciò non c'è alcun perico-
cante. lo: la musica romantica è salva allorché il corpo ritorna
ad essa - quando per suo tramite , appunto, il corpo ri-
Sono queste le figure del corpo (i «somatemi» ), il cui torna alla musica. Se reintroduciamo il corpo nel testo
tessuto forma la significanza musicale (niente piu gram-
romantico , ne correggiamo la lettura ideologica, perché
matica, o semiologia musicale: derivata dall'analisi spe-
tale lettura, che è quella piu corrente, non fa altro che
cialistica - reperimento o concatenazione di «temi» ,
«cellule», «frasi » - rischierebbe di passare di fianco al
rovesciare (è il gesto di ogni ideologia) le mozioni del
corpo; i tratta ti di composizione sono oggetti ideologici, corpo in movimenti dell'anima.
il cui senso è quello di annullare il corpo ).
La semiologia classica non si è interessata affatto al
Queste figure del corpo, che sono figure musicali, non referente; ciò era pos sibile (e senza dubbio necessario )
sempre riesco a nominarle. Perché, per tale operazione , perché nel testo articolato c'è sempre lo schermo del si-
è necessaria una potenza metaforica (come direi il mio gnificato. Ma nella musica, campo di significanza e non
corpo se non in immagini?), e questa capacità talvolta sistema di segni, il referente è indimenticabile, perché il
può mancarmi: qualco sa si agita in me, ma non trovo la referente , qui, è il corpo. Il corpo passa nella musica sen-
metafora adatta. Cosi per la quinta Kreisleriana, in cui za altro tramite che il significante. Questo passaggio -
un certo episodio (o meglio, awenimento ) mi ossessio- questa trasgressione - fa della musica una follia: non sol-
na, ma di cui non riesco a cogliere il segreto corporeo. tanto la musica di Schumann , ma ogni musica. Al con-
Questo si inscrive in me, ma non so dove: da che parte , trario dello scrittore, il musicista è sempre folle (e lo
in che regione del corpo e del linguaggio {I)?In quanto scrittore non può mai esserlo, perché è condannato al
corpo (in quanto mio corpo ) il testo musicale è trafitto
senso).
da perdite : lotto per raggiungere il linguaggio, una no-
minazione: il mio regno per una parola 1 A h/ se sapessi
scrivere.' La musica sarebbe ciò che lotta con la scrittu ra. Quanto al sistema tonale , che cosa diventa in questa
Quando la scrittura trionfa, essa diventa scienza, inca- semantica del corpo musicale, in questa «arte dei colpi »
pace di rendere il corpo: solo la metafora è esatta; e ba- che sarebbe in fondo la musica? Ipotizziamo per la tona-
sterebbe essere scrittori per poter rendere conto di que- lità due statuti contraddittori (e tutta via concomitanti ).
sti esseri musicali, di queste chimere corporee, in modo Da un lato, tutto l'apparato tonale è uno schermo pudi-
perfettamente scientifico. co, un velo maya, in breve una lingua, destinata ad arti-
colare il corpo, non secondo i propri colpi (i propri ta-
«Anima», «sentimento» , «cuore» , sono i nomi ro- gli), ma secondo un'organizzazione nota che toglie al
mantici del corpo. Nel testo romantico , tutto è piu chia- soooetto ooni possibilità di delirio. D'altra parte, con-
tr:ddittori:mente - o dialetticamente - la tonalità diven-
ta l'abile adiuvante dei colpi che, ad un altro livello, essa
pretende di addomesticare.
Ecco qualcuno dei «servizi» che la tonalità rende al
corpo: con la dissonanza , essa permette al colpo, qua e
IL CORPO DELLA MUSICA RASCH 2 97
là, di «tint innare », di «tiltare»; tram ite la modulazione ecc.), che è un codice puramente tecnico. Trasferite in
(e il ritorno tonale ), può completare la figura del corpo, un'altra lingua (originale o sconosciuta), le parole della
darle la sua forma specifica: si raggomitola, dice la prima musica aprono la scena del corpo. Non so se Schumann
Kreisleriana; ma ciò si arrotola tanto piu quanto piu si sia stato il primo musicista a connotare i propri testi in
ritorna all'origine dopo esserne usciti (m). Infine (per re- lingua volgare (questo genere di informazioni manca co-
stare al testo schumanniano) la tonalità fornisce al corpo munemente alle storie della musica); ma credo che l'ir-
la piu forte, la piu costante delle figure oniriche: la salita ruzione della lingua materna nel testo musicale sia un
(o la discesa) delle scale. Com'è noto, vi è una scala di dato importante. Tornando a Schumann (l'uomo dalle
toni, e percorrendo questa scala (secondo umori diver- due donne - dalle due madri? - di cui la prima cantava
sissimi) il corpo vive nell'affanno, nella fretta , nel deside- e la seconda, Clara, gli diede visibilmente la parola ab-
rio, nell'angoscia, nella salita dell'orgasmo, ecc. (n). bondante: cento lieder nel 1840, l'anno del suo matrimo-
Insomma, la tonalità può avere la funzione di eviden- nio), l'irruzione della Muttersprache nella scrittura musi-
ziare (fa parte della struttura paragrammatica del testo cale, è veramente la restituzione dichiarata del corpo,
musicale). Quando il sistema tonale scompare (oggi), come se, sulla soglia della melodia, il corpo si scoprisse,
questa funzione passa a un altro sistema, quello dei tim- si assumesse nella duplice profondità del colpo e del lin-
bri. La «timbra lità» (la rete dei colori del timbro) assicu- guaggio, come se, nei confronti della musica la lingua
ra al corpo tutta la ricchezza dei suoi «colpi» (tintinnii , materna occupasse il posto della chora (nozione cheJulia
scivolamenti, arresti, bagliori, vuoti, dispersioni, ecc.). Kristeva riprende da Platone): la parola indicatrice è il
Sono dunque i «colpi» - i soli elementi strutturali del ricettacolo della significanza.
testo musicale - a costituire la continuità transtorica Leggete, ascoltate alcune parole di Schumann, e os-
della musica, qualunque sia il sistema (di per sé perfetta- servate quanto esse dicono del corpo (nulla a che vedere
~en~e storico) in cui il corpo che batte si aiuta per enun- con un qualsiasi movimento metronomico ):
c1ars1.
Bewegt: qualcosa si mette in movimento (non troppo
Le indicazioni di movimenti, di atmosfera, sono gene- veloce), qualcosa si agita senza direzione, come
ralmente appiattite nel codice italiano (presto, animato, rami che si muovono, come un fremito leggero del
corpo;
ml Aufgeregt: qualcosa si sveglia, si eleva, si drizza (come
un'asta, un braccio , una testa), qualcosa suscita, sner-
va (e con molta evidenza: qualcosa si irrigidisce);
Innig: vi portate nella profondità dell'interno, vi rac-
cogliete al limite di questa profondità, il vostro cor-
po si interiorizza, si perde nel dentro, verso la pro-
n)
pria terra;
Ausserst innig: vi immaginate in stato di limite; a forza
di interiorità , dentro si svolge, come se ci fosse, al-
1'estremità, un fuori del dentro, che non sarebbe
tuttavia l'esterno;
IL CORPO DELLA MUSICA
RASCH 2 99
Ausserst bewegt: si muove, si agita cosi forte che po-
ma cerchi di venire a capo, se vi riesce, del sistema delle
trebbe spezzarsi - ma non si spezza;
note, delle gamme, dei toni , degli accordi, e dei ritmi;
Rasch: velocità diretta, esattezza, ritmo giusto (con-
ciò che noi intendiamo percepire e seguire, è il formico-
trario alla fretta), falcata rapida, sorpresa, movi-
lio dei colpi.
mento del serpente tra le foglie.
Tramite la musica, comprendiamo meglio il Testo
Rasch: significa, per gli editori, solo: vivo, rapido (pre-
come significanza.
sto). Ma io che non sono tedesco e nei confronti di que-
sta lingua straniera dispongo solo di un ascolto colmo
di stupore, vi aggiungo la verità del significante: come
se un membro mi fosse portato via, strappato dal vento,
da una sferzata, verso un luogo di dispersione preciso
ma sconosciuto.
In un testo famoso ' Benveniste oppone due regimi
di significazione: il semiotico, ordine dei segni articola-
ti, ciascuno dei quali è fornito di un senso (come il lin-
guaggio naturale), e il semantico, ordine di un discorso
in cui nessuna unità è in sé significante, anche se l'in-
sieme è provvisto di significanza. La musica, dice Ben-
veniste, appartiene al semantico (e non al semiotico),
perché i suoni non sono segni (nessun suono in sé ha un
senso). Di conseguenza, dice ancora Benveniste, la mu-
sica è una lingua che ha una sintassi, ma non una semio-
tica.
Quanto Benveniste non dice, ma che forse non con-
traddirebbe , è che la significanza musicale, e in un modo
ben piu chiaro della significanza linguistica, è penetrata
dal desiderio. Seguiamo dunque un'altra logicà. Nel
caso di Schumann, ad esempio, l'ord ine dei colpi è ra-
psodico (c'è tessuto , rappezzaggio di intermezzi): la sin-
tassi delle Kreisleriana è quella del patchwork. Il corpo,
per cosi dire, accumula il suo dispendio, e a prendere il
sopravvento è la significanza, ma anche la sovranità di
una economia che sta per distruggersi. È dunque una se-
manalisi, o, se si preferisce, una semiologia seconda, ciò
a cui rinvia il corpo in stato di musica; la semiologia pri-

' E. Benveniste, Problèm es de linguistique générale, tomo III, Gallimard , Paris


x974 [trad. it. Il Saggiatore, Milano 1985].
In appendicealla prima parte Dritto negli occhi

Un segno è ciò che si ripete. Senza ripetizione non vi


è segno, perché non lo si potrebbe riconoscere, e il rico-
noscimento è ciò che fonda il segno. Ora , osserva
Stendhal, lo sguardo può dire tutto, ma non può ripeter-
si testualmente. Dunque, lo sguardo non è un segno, e
tuttavia significa. Che cos'è questo mistero? Esso consi-
ste nel fatto che lo sguardo appartiene a quel regno della
significazione la cui unità non è il segno (discontinuo ),
ma la significanza, la cui teoria è stata abbo zzata da Ben-
veniste. Al contrario della lingua, ordine dei segni, le
arti, in generale, rinviano alla significanza. Non stupisce
perciò che esista una sorta di affinità tra lo sguardo e la
musica, o che la pittura classica abbia riprodotto con
amore tanti sguardi, supplicanti, imperiosi, corrucciati,
pensierosi, ecc. Nella significanza, esiste indubbiam ente
qualche nucleo semantico certo, in mancanza del quale
lo sguardo non potrebbe voler dire qualche cosa: lette-
ralmente , uno sguardo non può essere neutro, se non per
significare la neutralità; e se è «vago», il vago è eviden-
temente colmo di duplicità ; ma questo nucleo è circon-
dato da un alone, da un campo di espansione infinita ove
il senso deborda, si diffonde , senza perdere la sua im-
pressione (l'azione di imprimer si}: ed è quanto accade
quando si ascolta una musica o si contempla un quadro.
Il «mistero» dello sguardo , il turbamento che lo costitui-
sce, si situa evidentemente in questa zona di trabocca-
mento. Ecco perciò un oggetto (o una entità) il cui essere
dipende dal suo eccesso.Osser viamo dunque questi tra-
boccam enti.
302 IN APPENDICE ALLA PRIMA PARTE DRITTO NEGLI OCCHI

sguardo può sentire, ascoltare, tastare, ecc. Goethe: «Le


La scienza interpreta lo sguardo in tre modi (combi- mani vogliono vedere, gli occhi vogliono accarezzare».
nabili): in termini di informazione (lo sguardo insegna),
in termini di relazione (gli sguardi si scambiano), in ter- Si dice con disprezzo: «Il suo sguardo fuggiva... »,
mini di possesso (con lo sguardo tocco, raggiungo, col- come se lo sguardo dovesse essere diretto, imperioso.
go, sono colto): tre funzioni: ottica, linguistic~ aptica. Tuttavia, l'economia psicanalitica dice qualcos 'altro:
Sempre, lo sguardo cerca: qualcosa, qualcuno. J:, un se- «Nel nostro rapporto con le cose quale si è costituito at-
gno inquieto: dinamica singolare per un segno: la sua traverso la visione, e ordinato nelle figure della rappre-
forza lo deborda. sentazione, qualcosa scivola, passa, si trasmette di piano
in piano, per essere sempre eliso in qualche misura -
Di fronte a me, dall'altra parte della strada, all'altezza ecco ciò che si chiama lo sguardo». E ancora: «In modo
delle mie finestre, c'è un appartamento che sembra vuo- generale, il rapporto dello sguardo con ciò c?e si vuol
vedere è un rapporto di inganno. Il soggetto s1presenta
to; tuttavia, di tanto in tanto , come nei feuilletons poli-
zieschi piu belli, o nei racconti fantastici, una presenza, come altro da ciò che è, e quello che gli si dà da vedere
una luce a notte fonda, un braccio che apre e chiude una non è ciò che vuole vedere. Per questo l'occhio può fun-
tendina. Dal momento che non vedo nessuno, e che zionare come oggetto a), vale a dire a livello della man-
canza (- q:,) » (Lacan , Seminario XI, pp. 75 e ro6).
sono io a guardare (scruto) ne deduco che non sono
guardato - e lascio le tende aperte. Ma forse non è cosi: Ritornare, nondimeno, allo sguardo diretto, imperio-
sono, forse, incessantemente , intensamente guardato, da so: che non fugge, si arresta, si fissa, si ostina. L'analisi
chi è nascosto. L'insegnamento di questo apologo po- ha previsto anche questo caso: questo sguardo può esse-
trebbe essere che a forza di guardare si dimentica che si re il /ascinum, il maleficio, il malocchio, il cui effetto è
può essere guardati. Oppure: che nel verbo «guardare», « di arrestare il movimento e, letteralmente , di uccidere
le frontiere dell'attivo e del passivo sono incerte. la vita» (Lacan, Seminario XI, p. n9).
La neuropsicologia ha chiarito bene come nasce lo Secondo un'antica esperienza, quando veniva mostra-
sguardo. Nei primi giorni di vita c'è una reazione oculare to per la prima volta un film agli indigeni della foresta
verso la luce dolce; dopo una settimana, il bebé cerca di africana, essi non guardavano affatto la scena rappre sen-
vedere, orienta gli occhi, ma ancora in modo vago, esitan- tata (la piazza centrale del loro villaggio), ma solo la gal-
te; due settimane dopo, è in grado di fissare un oggetto lina che attraversava la piazza in un angolo dello scher-
vicino; a sei settimane, la visione è ferma e selettiva: lo mo. Si può dire: è la gallina che li guardava.
sguardo è formato. Non si può dire, forse, che queste sei
settimane sono quelle in cui nasce l' «anima» umana? Massacro in Cambogia: i morti sono scaraventati dal-
la scala di una casa semidemolita; in alto, seduto su un
Come luogo di significanza, lo sguardo provoca una ooradino ' un ooiovane oouarda il fotogr
......afo. I morti hanno
sinestesia, una indivisione dei sensi (psicologici), che ac- delegato al vivo l'incarico di guardarmi; ed è nello sguar-
comunano le loro impressioni in modo tale da poter attri- do del giovane che li vedo morti.
buire all'uno, poeticamente, quanto accade ali' altro («Vi
sono profumi freschi come carni di bambino»): tutti i Al Rijksmuseum di Amsterdam, c'è una serie di qua-
sensi possono dunque «guardare», e, inversamente , lo dri dipinti da un anonimo detto «il Maestro di Alk-
IN APPENDICE ALLA PRIMA PARTE
DRITTO NEGLI OCCHI
maar». Sono scene della vita quotidiana, persone che si
sa che lo vedo - il che mi disalienerebbe: mi vedo cieco
uniscono per una qualche ragione, che muta di quadro
davanti a lui.
in quadro; in ogni gruppo, c'è un personaggio, sempre
lo stesso, perso tra la folla, e, mentre tutti gli altri sono
«Vi guardo come si guarda l'impossibile» .
raffigurati a loro insaputa, egli solo, ogni volta, guarda
il pittore (e dunque me) dritto negli occhi. Questo per-
La zecca può restare per mesi inerte su un albero,
sonaggio è il Cristo.
aspettando che un animale a san~ue caldo (p_e~ora,cane )
passi sotto il ramo; allora si lascia ca?ere,, s1 mc~lla alla
L'arte incomparabile del fotografo Richard Avedon
pelle, succhia il sangue: la sua percezione e selettiva: del
dipende (tra le altre cose) da questo: tutti i soggetti che
mondo non conosce che il sangue caldo. Analogamente,
egli fotografa, posti davanti a me, mi guardano in viso'.
un tempo, lo schiavo era percepito solo come strumento,
dritto negli occhi. Ciò produce forse un effetto d1
non come individuo umano. Quanti sguardi sono cosi
«franchezza»? No, la posa è artificiale (tanto che es.sa
oli strumenti di una sola finalità: guardo ciò che cerco,
appare come una posa), la situazione non è psicologi-
ca. L'effetto prodotto è di «verità»: il personaggio è
~ poi, se possiamo azzardare questo paradoss_o, v~do
solo ciò che guardo. Nondimeno, in casi eccezionali, e
«vero» - di una verità spesso insopportabile. Perché
per questo stimolanti, lo sguardo può p~s~a~~ senza pre -
questa verità? Di fatto, il ritratto non guarda nessuno
meditazione da un fine all'altro; due cod1c1s1mtrecciano
e lo so; non guarda che l'obiettivo, cioè un altro oc-
allora inconsapevolmente nel campo chiuso dello sguar-
chio, enigmatico: l'occhio della verità (come se a Vene-
do, e si produce una lettura conturbante. Cosi, m~ntre
zia ci fossero, per deporvi delle denunce anonime, del-
cammino in un souk marocchino, guardo un venditore
le Bocche della Verità). Lo sguardo, reso dal fotografo
dl. 00-0-ettiartio-ianali mi accorgo che quel venditore leg-
in modo enfatico (un tempo ciò era reso dal pittore ), oo ::, ' - . .
o-enei miei occhi solo lo so-uardo d1 un eventuale acqu1-
agisce come l'organo stesso della verità: il suo spazio
;ente, perché , come la zec"'ca , egli non vede i pass~nti se
di azione si situa al di là dell'apparenza:implica comun-
non come di un solo o-enere, quello del partner d1 com-
que che questo al di là esista, che quanto è «percepito»
mercio. Ma se,il mio ~guardo insistesse (quanti secondi
(guardato) sia piu vero di quanto semplicemente si of-
fre alla vista. supp lementari? sarebbe un I?roblema di ,~emantic~ inte-
ressante ), la sua lettura vacillerebbe ali 1mprow_1s~:se
fossi interessato a lui e non alla sua merce? Se usc1ss1dal
In un certo punto lo psicanalista (Lacan, SeminarioI)
primo codice (quello della trattazione ) per entrare nel
definisce l'intersoggettività immaginaria come una strut-
secondo (quello della complicità )? Ora , questo sfiora-
tura a tre termini: r) io vedo l'altro; 2) lo vedo veder-
mento dei due codici li leo-o-o a mia volta nel suo sguardo.
..
mi; 3) egli sa che lo vedo. Nella relazione d'amore, lo ::,::,
Tutto ciò forma un marezzo fuggitivo di sensi success1v1.
sguardo, non è mai cosi ritorto; manca un percorso. Cer-
E per uno studioso di semantica , anche solo in ur~apas-
to, in questa relazione, da un lato vedo l'altro, con inten-
seggiata nel souk , nulla è piu ~ccitante del vedere m uno
sità; non vedo che lui, lo scruto, voglio cogliere il segreto
so-uardo
,:, lo schiudersi muto d1 un senso.
di questo corpo che desidero; e d'altro lato , lo vedo ve-
dermi; sono intimidito, stupito, costituito passivamente
Come si è visto a propos ito di Avedon, non è escluso
dal suo sguardo onnipotente; e lo smarrimento è cosi
che un soo-o-ettofotoo-rafato vi guardi - cioè guardi l'o-
grande che non posso (o non voglio) riconoscere che egli
biettivo: l;direzione "'dello sguardo (si potrebbe dire: la
IN APPENDICE ALLA PRIMA PARTE

sua direzione) non è pertinente in fotografia. Lo è al ci-


nema, dove è proibito all'attore guardare la cinepresa,
cioè lo spettatore. Non sono lontano dal considerare
questo divieto come il tratto distintivo del cinema. Que-
st'arte taglia lo sguardo in due: uno dei due guarda l'al-
tro, non fa che questo: ha il diritto e il dovere di guarda-
re: l'altro non guarda mai; guarda tutto , eccetto me. Un
solo sguardo proveniente dallo schermo e posato su di Nota ai testi.
me, tutto il film sarebbe perduto. Ma questa non è che
la lettera. Perché può darsi che, a un altro livello, invisi- Il messaggiofotografico, 1961, in «Communications». (Trad. G.
bile, come la gallina africana, lo schermo non cessi di Bottiroli ).
guardarmi. R etorica dell'immagine, 1964, ivi. (Trad. G. Bottiroli).
Il terzo senso, 1970, in «Cahiers du cinéma». (Trad. G. Bottiroli).
Il teatro greco, 1965, in Hist oire des spectacles, a cura di Gu y
Dumur , «Encyclopédie de la Pléiade», Gallimard , Paris.
(Trad. G. Bottiroli ).
Diderot, Brecht, Ejzenstejn, 1973, in «Revue d'esthétique».
(Trad. G. Bortiroli).
L o spirito della lettera, 1970, in «La Quinzaine littéra ire» .
(Trad. G. Bottiroli).
Erté o Alla lettera, 1970, in Erté (Rom ain de Tirto//), testo di
R. Barthes, seguito dai ricordi di Erté, Franco Maria Ricci,
Parma. (Trad. G. Mariotti; per gentile concessione di Fran-
co Maria Ricci editore ).
Arcimboldo ovvero Retore e mago, 1978, in Arcimboldo, testo
di R. Barthes, con un saggio di A. Bonito Oliva, Franc o Ma-
ria Ricci, Parm a. (Trad. G. Mariotti; per gentile concessione
di Franco Maria Ricci editore).
La pittura è un linguaggio?, 1969, in «La Quinzaine !ittéraire».
(Trad. D. De Agostini) .
Semiografia d'André Masson, 1973, in catalogo personale di
Masson alla Galerie Davidson di Tours. (Trad. L. Lonzi;
per gentile concessione di Carmine Benin casa).
Cy Twombly o «Non multa sed multum», 1979, in Cy Twombly:
catalogue raisonné des ceuvres sur papier, a cura di Y. Lam-
bert, Mu!thipla edizioni, Milano. (Trad. D. De Agostini).
Saggezza dell'arte, 1979, in catalogo della mostra Cy Twombly .
Paintings and Drawings 54-77, al Whitney Museum of Ame-
rican Art a New York. (Trad. D. De Agostini).
L 'arte, questa vecchia cosa... , 1980, in catalogo della mostra Pop
Art, a Palazzo Grassi di Venezia, Electa edizioni, Milano.
NOTA AI TESTI
Réquichot e il suo corpo, 1973, in R. Barthes, M. Billot e A. Pac-
quement, Bernard Réquichot, Éditions de La Connaissance,
Bruxelles. (Trad. D. De Agostini).
Ascolto, 1976, in collaborazione con R. Havas, in Enciclopedia
Einaudi, Torino . (Trad. G. P. Caprettini).
Musica practica, 1970, in «L'Are>>.(Trad. D. De Agostini).
La grana della voce, 1972, in «Musique en jeu». (Trad. D. De
Agostini).
La musica, la voce, la lingua, inedito, datato Roma, 20 maggio
1977. (Trad . D. De Agostini).
Il canto romantico, 1976, per «France-Culture», 12 maggio
1976 e poi in «Gramma», 1977. (Trad . D. De Agostini).
Amare Schumann, 1979, prefazione a M. Beaufils,Musique pour
piano de Schumann, Phébus, Paris. (Trad. D. De Agostini).
Rasch, 1975, in aa.w., Langue, discours, ;ociété. Pour Émile
Benveniste, Seuil, Paris. (Trad. D. De Agostini).
Dritto negli occhi, 1977, inedito, scritto per un'opera collettiva
in preparazione sul tema dello Sguardo. Copyright La Re-
cherche Audiovisuelle du Centre Georges-Pompidou, Pa-
ris. (Trad. D. De Agostini).

Nota alle illustrazioni.

S. M. Ejzenstejn, Fotogrammi, collezione Vincent Pinell: pp.


42, 47 (II, IV), 51 (vn), 52, 53. Da «Cah iers du cinéma», 222,
luglio 1970: pp. 47 (m), 48, 51 (vm, IX, x), 54.
Erté, E, F, M, O, R, Z, da Erté, Franco Maria Ricci editore,
Parma 1972: pp. no, III, 123, 124, 126.
Arcimboldo. L'ortolano, olio su tavola, Cremona, Museo Civi-
co: p. 132; L'autunno, olio su tavola, Parigi, Museo del Lou-
vre: p. 142; L'estate, olio su tela, Bergamo, collezione priva-
ta: p. 142.
Cy Twombly. Da Cy Twombly, catalogue raisonné des ceuvres
sur papier, a cura di Yvon Lambert, voi. VI, 1973-76. Virgil,
olio, gesso, matita su carta, Berlino, collezione privata: p.
159; Mars et /'artiste, collage, olio, carboncino, matita su
carta, collezione Alessandro Twombly: p . 167; 24 short pie-
ces, matita su carta, Berlino, collezione privata: p. 174.
Réquichot. Nokto kéda takta/oni, «reliquario», 1960, agglome-
rati di pittura a olio, ossa e materiali vari, collezione privata:
p. 207; «Spirale», 1960, penna su cartone, collezione priva-
ta: p. 217.
Stampatoper contodella CasaeditriceEinaudi
dallaFantonigra/ìca
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