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1,2,3,4 Don Chisciotte

¿Con cuantos arboles se hace una selva ?


Josè Ortega y Gasset

Scriveva Josè Ortega y Gasset nel 1914: Un’opera del rango del Don Chisciotte
deve essere presa come Gerico. In ampi giri, le nostre riflessioni e le nostre
emozioni devono circondarla lentamente e sempre più strettamente, dando
all’aria il suono di trombe ideali.1
Noi, nel 2011, abbiamo tutt’al più una vuvuzela, e ciò nonostante proviamo a
soffiarci, convinti che qualche nota – magari stridula, magari troppo breve, perché
il fiato è corto – ne uscirà; e ci aiuterà nello sforzo un primo riferimento ad un
recentissimo lavoro di una coppia singolare, costituita da padre e figlia, entrambi
giuristi, che si sono dedicati all’esame di due autori (uno, appunto, Cervantes:
l’altro Philip K.Dick) nella prospettiva dei rapporti tra diritto e letteratura2.
Tra i tanti profili che il Don Chisciotte offre al giurista - è ancora Ortega y Gasset
che parla dell’opera come di una “giungla ideale”3, della quale mi appresto a
cogliere un rametto – Michele Salazar ha colto quello del “diritto d’autore”4, che
ai nostri fini vorremmo condensare in una domanda: ma chi l’ha scritta mai
quest’opera, “canonica” in un duplice senso: quello ormai classico di Harold
Bloom5, e quello più adatto a questa rubrica: se c’è un libro che chiama libro è
questo… ? Non mancano diverse opinioni.

La versione di Cervantes (secondo Cervantes)


Come sappiamo, l’autore scrive di aver ritrovato il manoscritto arabo del Moro
Cide Hamete Benengeli che descriveva vita e imprese dell’hidalgo Alonso
Quijano, di averlo fatto tradurre, e di averne difeso l’identità con un espediente
letterario destinato a rimanere famoso. Quando infatti era stata pubblicata la
spuria Seconda parte del fantasioso nobiluomo Don Chisciotte della Mancia, ad
opera di tal Alonso Fernández de Avellaneda, il nostro si era sentito colpito sul
vivo, ed aveva ideato l’incontro nell’osteria con uno dei personaggi di
quell’apocrifo sequel, per smentire direttamente all’interessato l’autenticità di
quel resoconto6; e com’è andata a finire, lo sappiamo tutti, se ho or ora scritto “di
tal Alonso…”, e se la cosa più interessante che ci si chiede di quell’autore è… se
fosse in realtà qualcun altro, da Lope de Vega a Tirso de Molina, da Jeronimo de
Pasamonte a Francisco de Quevedo7.

1
J.ORTEGA Y GASSET, Meditaciones del Quijote, in Obras Completas, 7° ed., Madrid, Revista
de Occidente, 1966, 327 (questa e tutte le altre traduzioni ove non diversamente indicato sono
nostre).
2
M. e M.SALAZAR, Scritti sfaccendati su diritto e letteratura, Milano, Giuffrè, 2011.
3
J.ORTEGA Y GASSET, op.cit., 337.
4
M. e M.SALAZAR, op.cit., 85.
5
H.BLOOM, Il canone occidentale (1994) Milano, Bompiani, 2005, 115 ss.
6
M.CERVANTES SAAVEDRA, Don Chisciotte della Mancia, (trad.L.Falzone) Milano,
Garzanti, 1982, vol.II, 909 ss.
7
A.M.JIMENEZ, Cervantes versus Pasamonte (“Avellaneda”): crónica de una venganza
literaria, in TONOS, Revista electrónica de estudios filologicos, dic.2004,
http://www.um.es/tonosdigital/znum8/portada/tritonos/CervantesPasamonte.htm.
La versione di Borges8
Verrebbe da dire, se non fosse una contraddizione, che lo scrittore argentino
adotta consapevolmente un’ottica interpretativa che non avrebbe potuto esser sua,
perché sviluppata dal movimento post-moderno solo dopo qualche decennio:
quella del punto di vista del lettore che leggendo “riscrive” il testo 9.
“Cervantes si compiace di confondere l’oggettivo e il soggettivo, il mondo del
lettore ed il mondo del libro” scrive Borges 10.
E’ uno spunto che Carlos Fuentes in particolare, sulla scia di Ortega y Gasset, ha
elaborato esaltando i “tempi nuovi” della stampa, manifestati dalla visita di Don
Chisciotte alla stamperia di Barcellona 11. Così Pierre Menard, scrittore francese
del ‘900 creato da Borges, non riscrive il Don Chisciotte, ma lo reinventa; la sua
opera è quindi diversa e più ricca dell’ “originale”, anche se letteralmente
identica, e il “vero” Don Chisciotte è quello più recente 12.
Lasciamo la parola a Borges stesso, quando opera una comparazione tra due brani
(e lasciamo il testo di riferimento in spagnolo, chiedendo un piccolo sforzo al
lettore per verificarne l’assoluta identità).
Dal Don Chisciotte, prima parte, cap.9:
... la verdad cuya madre es la historia, émula del tiempo, depósito de las
acciones, testigo de lo pasado, ejemplo y aviso de lo presente, advertencia de lo
por venir.
Prosegue quindi l’argentino: “scritto nel XVII secolo, scritto dal “genio laico”
Cervantes, questa enumerazione è un mero elogio retorico della storia. Menard,
però [però ! così tradurremmo “en cambio”] scrive:
... la verdad, cuya madre es la historia, émula del tiempo, depósito de las
acciones, testigo de lo pasado, ejemplo y aviso de lo presente, advertencia de lo
por venir.
La storia, “madre” della verità: l’idea è sorprendente. Menard, contemporaneo
di William James, non definisce la storia come un’inchiesta sulla realtà ma come
la sua origine. Verità storica, per lui, non è quello che è successo, è quello che
noi giudichiamo sia successo. Le frasi finali -«ejemplo y aviso de lo presente,
advertencia de lo por venir»- sono dichiaratamente pragmatiche”.
C’è chi ha sottolineato al riguardo l’importanza dell’anonimo e sconosciuto
critico letterario, voce narrante del Pierre Menard; un tipo di lettore
“professionale” che richiama in un gioco di specchi i due autori ed il loro
medesimo protagonista. La “rilettura” dei romanzi cavallereschi è condotta da
parte di Alonso Quijano/Cervantes in un modo tale da annullare le differenze tra
giganti e mulini e vento, tra burattini e demoni moreschi, tra osterie e castelli; al

8 J.L.BORGES, Pierre Menard, autor del Quijote, in Ficciones, El jardín de senderos que se
bifurcan (1941); Finzioni, tradotto da F. Lucentini nel 1955 per Einaudi e da A. Melis nel 2003
per Adelphi.
9
Mi riferisco ovviamente alla teoria del reader-response, preferendo usare la definizione inglese
nonostante vengano spontanei i riferimenti a Barthes e Derrida: v. S.FISH, Surprised by Sin: The
Reader in Paradise Lost, Cambridge, MA, Harvard UP, 1967.
10
J.L.BORGES, Magias parciales del Quijote, in Otras inquisiciones (1952), in Obras completas
1923-1972, Buenos Aires, Emecè ed., 1984, 667 (trad.italiana Altre inquisizioni, Milano, Adelphi,
2000)
11
C. FUENTES, nell’introduzione all’edizione italiana di L’ingegnoso Don Chisciotte. Cervantes,
o la critica della lettura, Roma, Donzelli, 2005.
12
Ed, incidentalmente, è divertente che il traduttore italiano di Borges più recente – Melis –
critichi il precedente - Lucentini – con qualche considerazione non dissimile: A.MELIS, Pierre
Menard, Traductor de Borges, in Vanderbilt e-Journal of Luso-Hispanic Studies, Vol. 3, 2006,
Department of Spanish & Portuguese.
contrario, Menard ed il suo critico scoprono – come si è visto poco sopra –
differenze dove non ce ne sono 13.
Altri – e tra di loro ancora uno dei maggiori cultori contemporanei dell’opera di
Cervantes, Roberto Gonzáles Echevarrìa – hanno cercato di scoprire quanto
intensa fosse l’influenza del diritto sulla nascita della letteratura moderna (e si sa
che il Don Chisciotte è reputato come il primo dei romanzi occidentali14), fino ad
affermare proprio che con “l’avvento dello Stato moderno, aiutato dall’invenzione
della stampa, un nuovo tipo di narrativa è emerso – il romanzo – e questo genere
concerne i conflitti giuridici e la loro soluzione, perché le nuove condizioni
sociali sono instabili e portano a cambiamenti radicali che non si realizzeranno
appieno fino al XVIII secolo”, e ad individuare alcuni snodi-chiave come lo stile,
le trame, la presenza di giudici ed avvocati, l’uso di generi provenienti dal modo
legale (come le confessioni e le deposizioni) 15.
Sottoscriviamo quindi, in conclusione, l’opinione di questo critico secondo il
quale “Menard è il Cervantes che Cervantes sarebbe stato nel ventesimo secolo,
se fosse stato in grado di saltare i secoli XVIII e XIX spagnoli; un Cervantes che
avrebbe potuto essere un argentino educato a Ginevra e che lavorasse in una
biblioteca di Buenos Aires”16.

La versione di Auster
Paul Auster nel primo romanzo della Trilogia di New York (Città di vetro)
introduce il personaggio principale Daniel Quinn (D.C. !), che si finge il detective
Paul Auster (già…) finchè non è costretto a cercarlo davvero: ma l’Auster che
trova è uno scrittore, e non un detective; uno scrittore intento a capire chi abbia
davvero scritto il Don Chisciotte. Nel saggio che sta scrivendo il Paul Auster
scrittore - personaggio creato da Paul Auster - presenta la sua teoria. Cide Hamete
Benengeli è una combinazione di quattro caratteri: Sancio Panza, il testimone
delle imprese del Caballero de la Triste Figura, dal fluente seppur non sempre
corretto scilinguagnolo, avrebbe dettato la storia ai due amici dell’hidalgo, il
barbiere Mastro Nicola ed il curato Pietro Perez, che, stesolo in spagnolo,
avrebbero consegnato il manoscritto allo studente di Salamanca Sansone
Carrasco, per tradurlo in arabo. Questa quindi l’opera rinvenuta da Cervantes al
mercato di Toledo, e fatta prontamente e nuovamente ri-tradurre in spagnolo da

13
N.LIE, Who is the Reader of Pierre Menard ? Borges on Cervantes revisited, in T.D’HAEN-
R.DHONDT (a cura di) International Don Quixote, Amsterdam-New York, Rodopi, 2009, 89 ss.;
R. GONZÁLES ECHEVARRÌA, Love and the Law in Cervantes, Yale University Press, New
Haven & London, 2005, 240.
14
G.LUKACS, Teoria del romanzo (1920), Milano, SE, 1999; M.FOUCAULT, Le parole e le
cose, Milano, Rizzoli, 1998. Naturalmente c’è chi assegna il primato – piuttosto irrilevante,
diciamoci la verità – agli inglesi del ‘700 (Richardson, Smollet, Fielding) e chi (Andrè Malraux)
addirittura alla Principessa di Clèves: ce lo ricorda anche FUENTES, op. e loc. cit. Di sicuro
possiamo dire che senza Cervantes non sarebbe comprensibile il c.d. realismo magico degli
scrittori sudamericani del ‘900 (da Carpentier a Garcia Marquez, da Lezama Lima a Cortazar):
ammesso e non concesso che si possa parlare del realismo magico come di un movimento
letterario omogeneo. Non lo concede, ad es. Jorge Volpi, il brillante autore di In cerca di Klingsor
(Milano, Mondadori, 2001) nel suo blog su www.elboomeran.com del 4.9.2011 Breve guía de la
narrativa hispánica de América a principios del siglo XXI (en más de 100 aforismos, casi tuits)
dove riassume in oltre 100 aforismi le sue opinioni sullo stato della letteratura di lingua spagnola
(e non solo).
15
R.GONZÁLES ECHEVARRÌA, op.cit., 231; sul quadro giuridico spagnolo dell’epoca e le
origini del romanzo v. il cap.2, 17 ss. Sull’opera del professore di Yale (anche criticamente) cfr.
C.B.JOHNSON, Cervantes and the Law, at Yale, in Bullettin of the Cervantes Society of America,
n.2/2005, 137 ss.
16
R.GONZÁLES ECHEVARRÌA, op.cit., 240.
un morisco. E tutto ciò avrebbero fatto Sancio e gli altri amici solo per curare
Alonso Quijano della sua pazzia; ma non è così semplice. In realtà Don
Chisciottte non era pazzo, ma voleva soltanto farlo intendere: è lui ad aver
orchestrato tutto, nella sua smania di procurarsi un posto nella storia; è lui a
travestirsi da morisco e a presentarsi come per caso a Cervantes a Toledo; è lui,
infine, a farsi incaricare dallo scrittore della nuova traduzione in spagnolo. In
effetti, l’intenzione di Don Chisciotte è qualcosa di più del desiderio di
immortalità; vuole piuttosto condurre un esperimento: fino a qual punto si
possono convincere gli altri della possibilità delle più insensate mattane ?
“In altre parole, fino a qual punto la gente può tollerare assurdità se procurano
divertimento ? La risposta è ovvia, no ? fino al punto più estremo. E la prova è
che ancora oggi leggiamo quel libro. Rimane molto divertente - ed è qui che il
“nostro” Paul Auster distilla una verità tanto ben nota ai lettori di questa Rivista
che si può lasciarla nella lingua originale - And that’s finally all anyone wants out
of a book—to be amused 17.

La versione di Cervantes (secondo Unamuno)


Alla fine, ci affidiamo alla versione dell’Autore, che se avesse potuto precorrere i
tempi avrebbe tolto a Flaubert il diritto di primogenitura di una celebre
espressione, esclamando prima ed a maggior diritto di lui “Don Chisciotte c’est
moi !” (o meglio “¡Yo soi Don Quijote !”); è Cervantes infatti – e lo nota Salazar
– che parla del cavaliere come di un figlio, nella prefazione, e fa dire allo storico
arabo, concludendo l’opera, che solo per la sua penna “nacque Don Chisciotte ed
io per lui. Egli seppe operare e io scrivere. Noi due soli formiamo un tutto
unico”18.
Ha scritto Miguel de Unamuno: “affinchè il Cervantes narrasse la loro vita e io la
illustrassi e commentassi, nacquero don Chisciotte Sancio; il Cervantes nacque
per narrarla; per illustrarla e commentarla nacqui io”19.
E noi forse per leggerla ogni volta di nuovo, a diverse età della nostra vita, sempre
diversamente (a conferma della caratteristica di ogni classico, di essere sempre
attuale) senza cader preda dei timori di Borges, che si chiedeva il perché
dell’inquietudine che ci prende a vedere Don Chisciotte lettore del Chisciotte, ed
Amleto spettatore dell’Amleto: perché “quelle inversioni suggeriscono che se i
caratteri di un’opera della fantasia possono essere lettori o spettatori, noi, i loro
lettori o spettatori, possiamo essere fittizi”20.
.

17
P.AUSTER, City of Glass, in New York Trilogy, London, Penguin Books, 2006, 99; trad.it.
Città di vetro, in Trilogia di New York, Milano, Bompiani, 1998. V. di U.MUSARRA-SCHØDER,
Cervantes in Paul Auster’s New York Trilogy, in T.D’HAEN-R.DHONDT, op.cit., 219 ss.
18
M.CERVANTES SAAVEDRA, op.cit., vol.I 3, vol.II 923.
19
M.DE UNAMUNO, Commento alla vita di Don Chisciotte, Milano, Dall’Oglio, 1964, 326.
20
J.L.BORGES, Magias parciales cit., 669.

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