Per comprendere il pensiero di Spinoza non si può ignorare il contesto storico-sociale in cui questo
personaggio crebbe e da cui fu certamente in uenzato. Questo periodo, infatti, è ricordato in Europa
perché caratterizzato da vari avvenimenti: assolutismo monarchico in politica, rivoluzione
scienti ca nella scienza e Barocco nelle arti e nella letteratura.
Nacque il 24 novembre 1632 ad Amsterdam da una famiglia di ebrei sefarditi1 che era stata costretta
ad abbandonare la Spagna per l'intolleranza religiosa di quel paese. In Olanda, a capo della
comunità ebraica, vi erano gli ebrei aschenaziti2 i quali, a causa del loro odio nei confronti delle
persone di cultura, disprezzavano Spinoza. Il 27 luglio 1656 accadde l’evento determinante per la
vita del losofo: la comunità ebraica di Amsterdam pronunciò contro Spinoza un atto di scomunica
1 Ebrei residenti nella Penisola Iberica sino alla ne del 15º sec., gli esuli da quella regione (insediatisi in molti paesi del bacino
mediterraneo e altrove) e i loro discendenti. Rappresentano uno dei due gruppi principali in cui è diviso l’ebraismo, distinto per tradizioni
liturgiche e rituali, usi e lingua. Gruppo di ebrei più acculturati.
2 Ebrei dell’Europa centro-orientale. Nel giudaismo medievale Ashkanaz identi cava la Germania, mentre nella “tavola dei popoli”
(Genesi) e in un passo di Geremia (51, 27) è il nome della popolazione discendente da Iafet, stanziata a Nord della Siria. Le loro
tradizioni sono diverse da quelle dei sefarditi di Spagna. Gruppo di ebrei meni colti.
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(in ebraico, cherem), probabilmente connesso all’eterodossia del pensiero spinoziano e alla sua
interpretazione lologica della Bibbia (il losofo andava contro la Bibbia poiché non credeva
all’immortalità dell’anima). Spinoza si ritirò quindi prima presso Leida3 e poi nei dintorni de
L’Aia4, dove si guadagnò da vivere come ottico e tornitore di lenti. Ri utò una cattedra presso
l’Università di Heidelberg5 - sia per ri utare la vita mondana, sia per mantenere la propria libertà
intellettuale - e morì all’età di quarantacinque anni nel febbraio del 1677.
Mechoulan, Henry
H. Mechoulan
«I Signori del ma'amad [consiglio degli anziani] comunicano alle vostre Grazie che, essendo venuti
a conoscenza da qualche tempo delle cattive opinioni e della condotta di Baruch de Spinoza, si
sforzarono in diversi modi e promesse di distoglierlo dalla cattiva strada. Non potendo porre
rimedio a ciò e ricevendo per contro ogni giorno le più ampie informazioni sulle orribili eresie che
praticava e sugli atti mostruosi che commetteva, e avendo di ciò numerosi testimoni degni di fede
che deposero e testimoniarono soprattutto alla presenza del suddetto Spinoza, egli è stato
riconosciuto colpevole; esaminato tutto ciò alla presenza dei Signori rabbini, i Signori del ma'amad
hanno deciso, con l'accordo dei rabbini, che il suddetto Spinoza sia messo al bando ed escluso
dalla Nazione d'Israele a seguito del cherem che pronunciamo ora in questi termini: Con l'aiuto del
giudizio dei santi e degli angeli, noi escludiamo, cacciamo, malediciamo ed esecriamo Baruch de
Spinoza con il consenso di tutta la santa comunità, in presenza dei nostri libri sacri e dei
seicentotredici precetti in essi racchiusi. Formuliamo questo cherem come Giosuè lo formulò contro
Gerico. Lo malediciamo come Elia maledisse i gli e con tutte le maledizioni che si trovano nella
Legge. Che sia maledetto di giorno, che sia maledetto di notte; che egli sia maledetto durante il
sonno e durante la veglia, che sia maledetto quando entra e che sia maledetto quando esce. Voglia
l'Eterno accendere contro quest'uomo tutta la Sua collera e riversare su di lui tutti i mali
menzionati nel libro della Legge. E voi restiate legati all'Eterno, vostro Dio, che Egli vi conservi in
vita. Sappiate che non dovete avere con (Spinoza) alcuna relazione né scritta né verbale. Che non
gli sia reso alcun servizio e che nessuno l'avvicini a meno di quattro cubiti. Che nessuno viva sotto
lo stesso tetto con lui e che nessuno legga alcuno dei suoi scritti.»
4 Città costiera sul Mare del Nord nei Paesi Bassi occidentali.
L’intero sistema del pensiero meta sico segue un metodo geometrico e il concetto fondamentale da
cui Spinoza parte per dedurlo è quello di sostanza. Quest’ultima, infatti, è un ordine geometrico del
cosmo che regola le cose secondo immutabili concatenazioni, da questo ne consegue le scelta di
questo tipo di metodo espositivo (appunto, geometrico).
Il concetto di sostanza è stato elaborato per la prima volta da Aristotele, in particolare nella sua
Meta sica, come prima e fondamentale delle sue dieci categorie. Per il losofo Stagirita, la sostanza
è l'elemento permanente e uni cato di un'ente, sinolo di forma e materia. Spinoza, invece, elimina
ogni aspetto materialistico di essa e la concepisce come realtà autosussisente e autosuf ciente,
infatti per esistere non ha bisogno di altri esseri e per essere pensata non ha bisogno di altri concetti.
Essa dunque è l'unica realtà, di cui pensiero ed estensione non sono che due tra gli in niti attributi
(sono gli attributi ai quali noi esseri umani possiamo arrivare). Oltre agli attributi della sostanza, vi
sono i modi, nonché le manifestazioni o concretizzazioni particolari di quest’ultima. Come tali, essi
esistono e possono essere pensati solo nella sostanza e in virtù della sostanza. Spinoza distingue due
tipi di modi: quelli in niti, che coincidono con le proprietà strutturali degli attributi e quelli niti,
che sono i singoli corpi e le singole menti.
In conclusione, si può dire che la sostanza gode di una totale autonomia dal punto di vista sia
ontologico che concettuale e si identi ca con Dio. Questa visione geometrica di Dio, però, porta il
losofo a de nire il proprio pensiero anti- nalistico poiché, se Dio facesse le cose per un ne, ad
esempio creare il mondo, ciò entrerebbe in contrasto con la perfezione che Egli possiede. Secondo
Spinoza, Dio, come tutto il resto, si attiene all'ordine geometrico che regna nel mondo.6
Inoltre, la sostanza deve avere le seguenti caratteristiche:
-increata;
-eterna;
-unica;
-in nita.
«…mostrerò che alla natura di Dio non appartengono né l’intelletto, né la volontà.[…] dalla somma potenza di Dio, ossia dalla sua
in nita natura sono uite necessariamente… tutte le cose.»
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In ne, in diversi passaggi della quarta parte de l’Etica, Spinoza conia l’espressione latina Deus sive
Natura (letteralmente "Dio ossia la Natura") che, nell'ambito della ri essione meta sica,
cosmologica, teologica ed etica del losofo, sta a signi care l'identità di Dio, inteso come la
sostanza in nita da cui tutti gli enti dipendono per la loro esistenza e per la loro essenza. La Natura
é intesa come unica realtà che tutto comprende e nulla lascia al di fuori di sè. Per quanto riguarda il
Dio-Natura di cui si è parlato no ad ora, ci possiamo collegare alla “somma beatitudine” della
quale parlavamo inizialmente: essa implica, per Spinoza, la de nizione di una teoria della
conoscenza, al cui vertice vi è, quindi, la contemplazione loso ca del Dio-Natura. Questo stato di
conoscenza totalizzante si raggiunge mediante alcuni gradi successivi:
-Ragione;
-Intelletto.
Con il primo livello di conoscenza, cioè la percezione sensibile o immaginazione, Spinoza ci vuole
far capire come la nostra mente colga la realtà in modo slegato ed esistenzialistico, tramite idee che
vengono “subite” in maniera generale senza essere comprese. Si tratta di una forma di conoscenza
pre-scienti ca del mondo, che coglie solamente aspetti parziali della realtà e li unisce in “classi”
etichettate da nomi comuni (i cosiddetti universali: “uomo”, “cavallo” etc.) collegandoli non in
modo causale. Il corrispondente etico di questa forma di conoscenza è la schiavitù delle passioni,
ovvero quando l’uomo si lascia sopraffare dalle proprie emozioni, sfuggendo alla necessità
dell’ordine naturale.
Con il secondo livello di conoscenza, cioè la ragione, Spinoza ha una visione scienti ca e razionale
del mondo che si fonda sulle “idee comuni”, ovvero nozioni che riproducono le caratteristiche
strutturali delle cose (estensione, gure, movimento). La cognizione di secondo genere connette le
cose tra loro tramite un rapporto di causa-effetto e nel loro ordine necessario. Il corrispondente etico
di questa forma di conoscenza è la tendenza a vivere secondo la ragione o virtù che controlla le
passioni riuscendo a prevalere sugli istinti egoistici.
Con il terzo livello di conoscenza si parla di intelletto, il quale coincide con l’amore intellettuale
verso Dio. Questa è considerata una conoscenza intelligibile, intellettuale ed intuitiva della
meta sica e della realtà; si fonda sull’intelletto e arriva a cogliere l’Uno nei molti e i molti
nell’Uno. Il terzo grado di conoscenza si identi ca con la meta sica stessa spinoziana, ovvero la
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visione delle cose nel loro scaturire da Dio. Il culmine di questo stadio conoscitivo è l’amore
intellettuale di Dio. Esso è eterno ed è parte dell’amore in nito con cui Dio ama sé stesso. 7
Al centro dell’etica spinoziana vi è la tesi della naturalità dell’uomo, che, al contrario della loso a
tradizionale, sottopone la specie umana alle leggi dell’universo al pari di tutte le altre specie animali
senza quindi fare di essa un’eccezione. Non essendo più una creatura favorita, l’uomo è sottoposto a
quelle regole dell’universo che sono uniche ed identiche per tutti; alla base della morale, c’è per
Spinoza quella che viene de nita “conoscenza adeguata”, ovvero quella conoscenza che,
implicando l’idea di Dio, supera la sensibilità e l’immaginazione, giunge alle proprietà oggettive dei
corpi, e non al modo e alle maniere in cui noi le percepiamo.
Secondo Spinoza, le passioni umane hanno origine dalla potenza della Natura, necessaria e
geometrica. Le passioni non possono essere quindi detestate e biasimate, ma vanno capite, come
tutte le altre realtà della Natura.
Con la parola “affetti”, Spinoza de nisce quelle che noi chiameremmo genericamente “emozioni” o
“passioni”. Il losofo distingue poi gli affetti tra “azioni” e “passioni”. Le azioni sono gli affetti di
cui siamo la causa, che provengono dal nostro cuore, le passioni sono gli affetti che subiamo, cioè
di cui non siamo causa adeguata. L’analisi spinoziana delle passioni muove dal principio di inerzia,
cioè che secondo il losofo l’impulso fondamentale di ogni agire dell’uomo è lo sforzo di
autoconservarsi e accrescere la propria potenza. Se riferito alla sola mente, questo sforzo è detto
“Volontà”, se invece è riferito alla mente e al corpo insieme, si chiama “Appetito”. L’Appetito,
quando è cosciente di sé, si chiama “Cupidità”, ma questo non è considerato un difetto poiché ne
autoconserva e ne costituisce l’essenza stessa. Alla Cupidità, nonché il primo e più fondamentale
degli affetti, ne “seguono” la “Letizia”, che è l’emozione per cui l’uomo passa da una perfezione
minore ad una maggiore, e la “Tristezza”, per cui invece l’uomo passa da una perfezione maggiore
ad una minore. Quando Letizia, Tristezza e Cupidità sono causate da qualcosa di esterno, danno
origine ai due principali affetti secondari, cioè l’”Amore” e l’”Odio”, da cui derivano tutti gli altri
affetti. Ogni tentativo di sottrarsi alla forza delle passioni si rileva illusorio, in quanto equivale al
tentativo di sottrarsi alle leggi deterministiche che sostengono l’intero mondo naturale. Con questa
prospettiva, Spinoza anticipa di quasi tre secoli la risposta ad una domanda che ci poniamo
tutt’oggi: da cosa deriva la nostra presunzione o illusione di essere liberi? La risposta del losofo è
ovvia, e cioè che, in questo senso, il libero arbitrio non è che un’illusione della mente, che deriva
dal fatto che gli uomini sono consapevoli delle loro passioni e delle loro azioni ma ignorano le
cause che li conducono a questi. Per Spinoza il funzionamento del nostro corpo è complesso e
dif cile da comprendere, ma se fosse possibile un’osservazione precisa dei meccanismi naturali
Altro punto fondamentale per Spinoza è la politica. A questo proposito, potremmo parlarne
confrontandoci anche con un altro grande pensatore, Machiavelli. Entrambi infatti, anche se distanti
nel tempo (Machivelli nacque circa cento anni prima, nel 1527), cercano nello stato di natura
umana, la giusti cazione dei diritti dell’uomo. Questi ultimi sono, in generale: il diritto alla felicità,
il diritto alla convivenza paci ca e il diritto a leggi razionali. Per Spinoza, esiste uno stato di natura,
nel quale il diritto di ciascun essere umano coincide con la propria Potenza. A questo punto, quindi,
la libertà di un uomo si divide in “diritto altrui”, ovvero la sua libertà nché è sotto il potere di
qualcuno, e “diritto naturale” o “proprio”, che rappresenta la sua libertà nel momento in cui si rende
totalmente autonomo. Per Spinoza, ottenere il diritto naturale è quasi impossibile, poiché tutti, in un
modo o nell’altro, devono aiutare tutti per convivere. Sorge dunque il “diritto comune”, che sfocia
nella realizzazione di un governo. Di conseguenza, si può notare come il pensiero di Spinoza sia
concordante con quello di Machiavelli, il quale sostiene che la politica, per diventare scienza,
debba aderire alla realtà delle situazioni, e non a come si vorrebbe che fossero.
Secondo il parere del gruppo, Spinoza incarna uno dei loso più moderni e originali studiati no
ad ora. Le sue teorie rispecchiano aspetti fondamentali della vita dell'uomo, spesso tralasciati o
dimenticati ancora oggi, come ad esempio la libertà di pensiero, tema da lui affrontato nel “Trattato
teologico-politico”, nel quale considera la libertà di pensiero un diritto naturale del quale l'uomo
non può essere privato (“Nessuno può alienare a favore d'altri il proprio diritto naturale, inteso qui
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come facoltà di pensare liberamente.”) . Siamo rimaste colpite dal suo pensiero moderno sulla
politica, anche perché Spinoza è uno dei primi rappresentanti della democrazia.
SITOGRAFIA/BIBLIOGRAFIA:
http://www.gliscritti.it/antologia/entry/706 [visitato il 22 ];
https://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/ludovico-ristori/con ne-tra-neuroscienze-e-libero-
arbitrio/marzo-2013 [visitato il 26 Marzo];
http://www.academia.edu/34202994/Spinoza_Vermeer_e_Rembrandt_immaginazione_ed_estetica
[visitato il 26 Marzo];