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Paolo Bellavite
Homeopathic Medicine School of Verona
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All content following this page was uploaded by Paolo Bellavite on 30 November 2018.
«Ma ciò che veramente ci trascinava era il fatto che, nelle parole
chiare e tuttavia del tutto oggettive e sobrie di Guardini, ci si
rivelava una dimensione del mondo che fino a quel momento
non sospettavamo neppure, ma che poi afferrammo subito con
passione».
(Josef Pieper, cit. in Hanna Barbara Gerl - Romano Guardini. La vita e l’opera,
Morcelliana, 1988, p. 195)
L’Opposizione Polare
di Romano Guardini
INTRODUZIONE
Sintesi concettuale di Paolo Bellavite (paolo.bellavite@univr.it – www.paolobellavite.it )
Tutta l’estensione della vita umana sembra dominata dal
dato di fatto degli opposti. In ogni suo contenuto sembra di
poterli indicare.
Probabilmente non soltanto nella vita umana; essi stanno,
forse, alla base di ogni realtà viva e forse d’ogni realtà concreta.
Vi si trovano innumerevoli processi, dati, atti e rapporti, tutti
costruiti in opposizione. Le scienze arrecano dimostrazioni
sempre nuove di ciò dal campo fisico, sociale, etico, ecc.
Poniamo a questo punto la domanda: questi fenomeni
oppositivamente atteggiati, numerosi come sono, si possono
ricondurre a forme fondamentali specificabili di opposizione
polare?
L’osservazione e la riflessione di lunghi
anni mi hanno fatto scoprire un certo numero
di opposti ultimi. Io credo che essi siano
quelli che cercavo.
Molte altre prove retrospettive da vari
campi dell’autoesperienza sembrano
confermare che qui si tratta veramente degli
opposti fondamentali dell’umano-vivente.
Se noi ci osserviamo e dentro e fuori, troviamo forme,
membra, organi corporei, strutture e ordini psicologici; troviamo
processi di natura interiore o esteriore, impulsi, atti, mutamenti di
stati.
Ma tutto ciò che là esiste e avviene noi lo vediamo come
un’unità. E non solo ci appare uno, ma è uno.
Questa unità è costruita. Di nuovo l’osservazione più
immediata mostra che essa è costruita secondo un piano. Non è
accumulo casuale di materiale d’ogni specie o incrocio di forze e
di influenze esteriori, anche se ciò pure può succedere.
Per l’essenziale, si tratta d’un divenire ordinato, dominato da
un progetto costruttivo, da una forma operante, presente
nell’unità del vivente.
Si potrebbe andare avanti a dire ancora parecchio di questo
dato di fatto: che io non mi esperisco come un frammento
d’esistenza, ma come un tutto costruito dall’interno; non come
un succedere senza un proprio senso, ma come una linea di
divenire ben conclusa; non come un’alluvione casuale di
qualità, ma come forma con un’essenza propria.
Tutto ciò però significa: io mi esperisco come qualcosa di
concreto.
E questo concreto sta in sé; dall’esterno verso l’interno e
viceversa; si costruisce da sé e opera da una sorgente sua
propria.
Ciò significa: esso è un vivente.
Questo concreto vivente
può essere afferrato dalla conoscenza?
Per il pensiero razionalistico-meccanico il
conoscere è identico al conoscere scientifico.
Quale tipo originario d’ogni conoscere
concettuale era, in questa mentalità, la matematica.
Come in tutti i campi del vivere umano, anche qui i piani dei valori
spirituali e i relativi atti fondamentali si sono reciprocamente staccati,
fondandosi nell’essenza loro propria, e poi hanno spinto fino
all’estremo questa loro fondazione autonoma.
Con questo è andata perduta l’unità del vivente soggetto della
cultura e l’ordine dei valori che si sostengono reciprocamente.
Il razionalismo come
l’intuizionismo, sua controparte,
sembrano atteggiamenti
specificamente moderni. Essi
derivano dal processo centrale
dell’età moderna: la distinzione e
l’autonoma fondazione dei Voltaire (1694-1778)
singoli campi dello spirito.
Pensiamo alla forma rotonda d’un membro, della punta d’un dito. Questa
superficie è un insieme che scorre senza interrompersi, d’un solo tratto, così che la
figura si realizza in continuità? Senza dubbio si tratta di questo.
Ma è vero anche quanto segue: se io osservo la mia mano più da vicino, vedo
che la superficie unita si articola in gruppi di forme, in rilievi e solchi, in pieghe ora
più larghe ora più sottili. Quel contesto, per chi guarda più da vicino, viene sminuito,
compromesso.
Un altro esempio: noi
apprendiamo un atto
particolare, poniamo
l’emissione d’un suono,
come qualcosa di
connesso, un contesto.
Come può una cosa essere insieme atto e struttura? Flusso coerente
e rottura del flusso?
A prima vista le due espressioni si eliminano a vicenda. Se si
intendono nel loro significato specifico, l’una non tollera l’altra.
Ma questa esclusione non arriva fino alle radici. Non è assoluta, ma
relativa. E precisamente quando le prendiamo non in astratto, ma le
pensiamo compiute nella cosa concreta.
Perché la «cosa»
è manifestamente
l’uno e l’altra
insieme: atto e
struttura.
Ora, gli opposti non formano un accumulo caotico, ma ordini e gruppi distinti, tanto
che sarà lecito parlare, in un senso che dovremmo specificare, d’un sistema degli
opposti.
Vi distinguo un primo gruppo e lo chiamo degli opposti INTRAEMPIRICI. Essi si
sviluppano nell’ambito dell’umano in quanto è sperimentato, o sperimentabile. Ad
essi appartengono il piano corporeo e quello psichico, quello in quanto accessibile
alle percezioni esterne, questo alle percezioni interne.
1.ATTO STRUTTURA
2.FORMA «PIENEZZA»
3.TOTALITA’ PARTICOLARITA’
Gli opposti intraempirici 1:
Atto e struttura
Troviamo un primo rapporto
oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» [ATTO]
e «statico» [STRUTTURA]
C. D. Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818
Noi sperimentiamo la nostra vita come atto. A tal punto che essere vivi ci sembra lo
stesso che essere attivi, operanti. La vita stessa è sentita come atto o processo. Ci
sappiamo vivi nella misura che ci sentiamo attivi; e la complessità del nostro vivere è
sentita come continuo mutamento. Sperimentiamo la vita come un fiume. La vita stessa
è mutamento continuo; un continuo diventar diverso, e perciò un continuo passare.
Ma poi l’autoesperienza della vita si muove anche in un secondo senso. Scopriamo
d’essere qualcosa di costruito; una struttura stabile. Non esiste un «puro» atto. Se deve
essere atto, esso deve avere almeno un punto di partenza fisso. Il nostro essere e la
nostra coscienza contengono innegabilmente il dato dell’esser costruito, della figura
solida, della struttura capace di affermarsi e di resistere.
Siamo dunque davanti al seguente risultato: la vita esperisce se stessa come energia,
flusso e mutamento. Si esperisce però anche come struttura e quiete, stato e durata.
Gli opposti intraempirici 1:
Atto e struttura
Troviamo un primo rapporto
oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» e «statico».
C. D. Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818
Quanto più intensa è la vita, tanto più rapido «se ne va il tempo». Ciò è qualcosa di più
che solo avvertire che ci lasciamo assorbire dalla densità della vita, e che poi, tornati a
noi, restiamo sorpresi delle ore che sono passate. La vita stessa è mutamento continuo;
un continuo diventar diverso, e perciò un continuo passare.
Eppure abbiamo un’esperienza di noi come di qualcosa che dura; come identità
quiescente nel moto; come fissità permanente nel flusso; come figura di fondo
perdurante in ogni alterazione. Questa appunto è forza e garanzia vitale: non alterarsi,
vincere la transitorietà della vita; affermarsi nel flusso; essere eguali a se stessi nel
cambiamento. Quanto più forte è l’energia vitale, tanto più pienamente la vita si
conserva.
Troviamo un primo rapporto oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» e «statico».
Ora, ogni concreta forma di vita è certo segnata in maniera particolare da uno
dei due modi. E tende sempre ad imporre il proprio modo.
Ma sempre questa particolare direzione di senso giunge a una crisi: quella
dinamica alla crisi d’un disordinato dinamismo o relativismo; quella statica alla
crisi del duro e raggelante conservatorismo.
Tali crisi vengono superate solo in quanto all’interno delle singole direzioni di
senso viene fatta affiorare, liberare ed espandere la direzione di senso opposta:
il fluire nella durata; il perdurare nel mutamento; lo stato nell’atto; l’agire nella
fissità.
Anzi, la vita si esperisce come qualcosa che racchiude in sé tanto l’uno che
l’altro: entrambi devono esistere insieme.
Gli opposti intraempirici 1:
Atto e struttura
Questa proposizione verrà a tutta prima sentita come un paradosso che confonde. Lo è
anche: la vita è per essenza paradossale; e nella relazione di cui qui si tratta sta una sua
ragione.
Struttura e atto, durata e flusso, stato e mutamento si rapportano reciprocamente in
modo tale che ognuno secondo il suo significato essenziale si stacca dall’altro, esclude
l’altro, ed urta tuttavia nell’assurdo se non riconosce in se stesso l’esistenza di quell’altro
e non la fa emergere; il dato di questa vicendevole esclusione e inclusione a un tempo è
l’opposizione.
Non dunque «sintesi» di due momenti in un terzo. E neppure un intero di cui i due
rappresentino le «parti». Meno ancora mescolanza in vista di qualche compromesso. Si
tratta al contrario d’un rapporto originario, in tutto e per tutto particolare; d’un
fenomeno originario (Urphänomen).
Troviamo un primo rapporto oppositivo, che
chiamiamo «dinamico» e «statico».
2. FORMA «PIENEZZA»
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»
La vita si esperisce
come forma e forza
formatrice
Essa plasma l’insieme del corpo, le membra, gli organi, i tessuti fino alle unità estreme.
Anche la nostra vita psichica è formata: sentimenti, rappresentazioni, pensieri e serie di
pensieri, creare interno ed esterno, tutto l’essere psichico nel suo insieme; fino alla trama
delle abitudini, alla costruzione della immagine intima, al tipo particolare del carattere,
dell’innato come dell’acquisito.
Queste strutture e queste leggi ci portano oltre il nostro essere individuale a imporci
nell’ambiente. Ed hanno forma precisamente non solo l’essere strutturato, ma anche
l’atto: quello forma quiescente, questo direzione, misura e ritmo. Là forma di struttura,
qui di azione.
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»
La vita si esperisce
come forma e forza
formatrice
[In-formazione]
Non esiste una forma «pura». Essa non può verificarsi; non possiamo neppure
pensarla. Una forma vivente è sempre modo d’essere, comportamento attivo
di qualcosa d’altro (un «quid»), che non è esso stesso forma.
Qui s’inserisce nell’autoesperienza la direzione opposta. La vi si coglie come
qualcosa che appunto non è forma. Come quel «qualcosa» che sgorga, fluisce,
si evolve. Quel qualcosa che sfugge alla forma, la scioglie, la spezza.
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»
Per essere pienezza vivente e per essere concepita come tale – e la vita è altra
cosa non solo dalla formale rigidità, ma anche dal caos che appaia come
pienezza; perché il caos è morte! – deve possedere almeno un minimo di
forma; un minimo di decisione, di chiarezza, di definizione.
Ora il caos non è più pienezza vivente ma la sua contraffazione: la confusione
«dove ordine non è». A essa corrisponde anche una particolare forma
d’esperienza vissuta (Erlebnis): l’angoscia.
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»
3. TOTALITA’ PARTICOLARITA’
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità
La vita si esperisce
come qualcosa che
tende al tutto,
all’intero.
La vita si esperisce come collocata – atto e struttura – nella direzione di senso della
totalità. Forza vitale è qui forza universale, forza del tendersi attorno, dell’inserirsi nella
costruzione.
La vita tuttavia sente che, avanzando in questo senso, giunge a una zona di pericolo, in cui
il particolare muore, e l’universalità passa da una totalità complessiva concreta di vita a
una morta astrazione.
L’accento è posto sull’individuale, e la vita appare tanto più piena, quanto più forte è la
sua energia del proiettarsi nel presente e nella particolarità.
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità
Già nella vita corporea si manifesta questa tendenza. A tal punto che c’è pericolo che il
tutto venga subordinato al servizio della tendenza particolarizzante (come nel caso
dell’ipertrofia di organi).
L’accento e il fine sono posti, qui, sul singolo. Il tutto appare come quello che lo regge;
come ambiente, terreno nutritivo per l’organo singolo; come piano per il decorso del
processo; come punto d’appoggio statico o come sorgente dinamica per l’atto singolo.
Processi, azioni, strutture particolari attirano su di sé l’orientamento della vita, ne
assorbono le forze.
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità
Entrambi questi atteggiamenti si trovano nell’essere e nel fare vivo dell’uomo; la loro forza
e anche il loro pericolo.
Siamo perciò obbligati a riconoscerli entrambi. Tendenza integratrice e differenziatrice;
orientamento verso il tutto e verso il singolo, verso il generale e verso il particolare.
Ognuno dapprima esclude dalla linea del proprio significato l’altro; s’impone; giunge però
poi al confine dove esso comincia a diventare impossibile, se l’altro non affiora in esso dal
suo senso opposto.
Vita non è la sintesi di tutt’e due, meno ancora la loro mescolanza – i due momenti non si
lasciano «congiungere», né «mescolare» – ma consiste in entrambi, come l’uno e l’altro
insieme.
Interno ed esterno
Nell’ambito corporeo noi
distinguiamo parti interne ed
esterne, collocate in
maggiore o minore
profondità.
Ogni atto vivente si mostra
come qualcosa che emerge
da un «interno».
1. CREARE ORGANIZZARE
2. ORIGINALITA’ REGOLA
3. IMMANENZA TRASCENDENZA
Il regno dello sperimentabile umano risulta conformato in modo che mi obbliga a porlo in
relazione con una zona di profondità, a sua volta non sperimentabile.
A tale problema risponde il secondo gruppo degli opposti: chiamiamoli i TRANSEMPIRICI.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare
Un pensiero creativo non viene esperito come elaborazione di dati, ma come un intimo
emergere, affiorare; un’azione creatrice come qualcosa che sgorga dall’interno; una
opera creata come qualcosa di presentato a nuovo.
I risultati d’un simile generare – pensieri, forme, azioni – portano il carattere del nuovo.
Essi, prima, «non c’erano»; non si possono derivare da quanto preesisteva. Osservandoli,
sentiamo che qualcosa è cominciato.
Una sorgente è entrata in azione. Imbattendoci in essa, restiamo stupefatti; ci si domanda
che cosa sia; da dove venga.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare
Non ordinamento di
materiale
preesistente, ma
emissione di novità.
Una volta che i nostri occhi si siano fatti acuti, troveremo cose analoghe in tutti i piani
della vita umana.
Ogni cosa viva, essere od opera o azione, è in ultima analisi cosa nuova. In essa non è
stato adattato qualcosa di preesistente, ma generato qualcosa di nuovo. Essa non realizza
schemi dati, ma ci mette davanti ciò che non era mai esistito.
Vivere significa creare. E tanto più viva è la vita, quanto più è creatrice. Tanto più
originale, quanto più c’è di sorgivo in essa, di primitività zampillante dal fondo creativo.
Vita è fecondità.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare
Un fare vivente contiene sempre anche qualcosa di dato: materia che viene
assunta, stimoli che vengono ricevuti, ambiente che sostiene.
Non esiste l’atto del fare puro. Questo è senz’altro chiaro quanto alla vita fisica;
ma le cose stanno a questo modo anche nella vita spirituale.
Qui sta il vero pericolo dell’uomo creativo: che il mondo da lui generato cessi di
nutrirsi dalle forze della realtà circostante. Oppure: che egli non possa più
incarnare nella realtà presente l’opera che da lui è nata.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare
Qui la vita si esperisce in modo che c’è sempre qualcosa di dato dinanzi a essa;
che essa entra in rapporto con questo dato, lo afferra, lo cambia, lo elabora. Vita
qui significa: dominare sui dati, trarli in un ordine nuovo, sotto l’impero di nuovi
fini, piani, strutture.
Vivere qui significa: ordinare, elaborare, costruire, padroneggiare e dominare.
Dunque un’attività ordinatrice nel senso più esatto del termine; un disporre di
energie e di materia date per mezzo d’una forza superiore e dominatrice.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare
Da questo angolo
visuale la vita si
presenta come
ordine razionale.
Abbiamo dunque
l’opposizione:
creare e
organizzare.
Entrambe le cose si postulano a vicenda. L’atto del generare svanisce se non reca
in se stesso una certa misura di disciplina, di forza ordinatrice.
L’atto del dominio a sua volta s’irrigidisce e si agita nel vuoto se non c’è anche in
esso un minimo di potenza creativa.
La vita abbraccia ambedue gli estremi della tensione. Nessuno dei due è
derivabile dall’altro. Ciascuno è qualcosa di originale in se stesso. Tuttavia è
capace d’essere solo in rapporto all’altro; e la vita è sempre quell’«uno» che ha
possibilità d’esistere in ambedue.
L’Opposizione Polare di Romano Guardini
2. ORIGINALITA’ REGOLA
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola
La vita non si ripete; ma si pone un inizio sempre nuovo. Non concede mai
all’esperienza il diritto di dire: le cose stavano così e così, d’ora in poi saranno allo
stesso modo.
Finché la vita è davvero viva, essa si sente come qualcosa di profondamente
rivoluzionario, preso il termine in un senso essenziale.
La vita è pericolosa. Non ce ne si può fidare.
Non esistono nemmeno sicurezze durevoli che assicurino che in seguito si
verificheranno cose in determinate maniere.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola
E tanto più viva si sperimenta la vita, quanto più libera sgorga da se stessa;
quanto più essa è audacia e avventura; quanto più decisamente essa si
regge su ciò ch’è sempre nuovo e mai prevedibile, libero da schema e da
regola.
Nemica al «borghese», che pretende sicurezze e ferme tradizioni e vie già
percorse. E quanto egli definisce infedeltà, è per il forte appunto la più
possente attrattiva della vita, la sua magia più profonda, certo la più
pericolosa: il fatto che può vivere davvero solo chi ama l’avventura.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola
C’è tuttavia
qualcosa di
deleterio.
C’è tuttavia
qualcosa di
deleterio.
La dottrina sulla malattia sa molte cose circa l’essenza della vita sana;
spesso le malattie sono solo delle accentuazioni eccessive di processi
normali.
E un segno di malattia è il fatto che l’originalità degli atti e fatti psichici
degeneri in una vera incapacità di calcolo; che la vita creativa diventi vita
irregolare.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola
La regola è legata al
compimento di
esigenze essenziali,
come il mangiare e il
dormire.
3. IMMANENZA TRASCENDENZA
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza
Ed eccoci all’ultimo
degli opposti
transempirici; anche
essi sono tre
Colui che vive è interiore a se stesso; vede sé da dentro; si sente,
si possiede dall’interno.
L’intimità (Innigkeit) appartiene all’essenza della vita.
In tale interiorità (Innerlichkeit) la vita si sente sicura.
L’autopossesso della vita riposa in questo esistere dentro se
stessa. E quanto più profondo è questo «dentro», tanto più la vita
possiede se stessa.
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza
È essenziale alla vita che essa debba avere un «centro». Che ogni
suo avvertimento sia rivolto a questo centro e derivi da esso; che
ogni sua forma sia costruita in ordine, di causa e di fine, ad esso.
Risultato d’un tale ordine è l’essere armonico. L’essere armonico,
per distinzione dall’aggressivo, è legato al dato del centro.
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza
Ma subito noi
avvertiamo il limite