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Gli "opposti" nella filosofia di Romano Guardini

Presentation · November 2018

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Paolo Bellavite
Homeopathic Medicine School of Verona
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L’Opposizione Polare
di Romano Guardini

Saggio per una filosofia del concreto vivente

Sintesi concettuale a cura di Paolo Bellavite (paolo.bellavite@univr.it – www.paolobellavite.it )


Nota del curatore
Perché mi ha interessato l’Opposizione Polare di
Guardini?
Non solo perché Guardini è nato a Verona
Non solo per una curiosità filosofica
Non solo perché so che ha ispirato Luigi Giussani e Papa Francesco
Non solo perché hanno appena aperto il processo di beatificazione
Anche per questo

Ma soprattutto perché sono un medico, patologo generale (studio cause e


meccanismi delle malattie del corpo, della mente e della società)
E per capire la PATO-LOGIA bisogna capire prima la BIO-LOGIA

So tantissime cose in dettaglio della BIO-LOGIA, so poco delle «REGOLE


FONDAMENTALI» dell’essere vivente. Guardini ha riflettuto su queste regole
fondamentali e le ha descritte in questo libro.
Nota del curatore
Perché l’Opposizione Polare di Guardini può interessare
chiunque?
Non solo per una erudizione filosofica
Non solo per capire le radici del pensiero e delle azioni di Papa Francesco
Non solo perché hanno appena aperto il processo di beatificazione
Anche per questo

Ma soprattutto perché le opposizioni sono regole fondamentali della vita e


simultaneamente costituiscono problemi per la vita. Non conoscere la loro
esistenza e la loro attività rischia di far prendere strade sbagliate, contrarie alla
vita e quindi fonte di patologia. Conoscerle aiuta a vivere meglio.

La conoscenza delle opposizioni polari aiuta a pensare meglio, a rapportarsi


meglio con gli altri, ad essere «centrati» sul corpo, la mente e lo spirito senza
lasciarsi deviare da false credenze, tentazioni illusorie, ideologie assolutistiche
o estremismi deleteri.
«Ci affascinava ciò che
non avevamo mai
percepito prima e
quanto quest’uomo
sapeva dirci, con un
modo di parlare quasi
incredibilmente
semplice.

«Ma ciò che veramente ci trascinava era il fatto che, nelle parole
chiare e tuttavia del tutto oggettive e sobrie di Guardini, ci si
rivelava una dimensione del mondo che fino a quel momento
non sospettavamo neppure, ma che poi afferrammo subito con
passione».
(Josef Pieper, cit. in Hanna Barbara Gerl - Romano Guardini. La vita e l’opera,
Morcelliana, 1988, p. 195)
L’Opposizione Polare
di Romano Guardini

INTRODUZIONE
Sintesi concettuale di Paolo Bellavite (paolo.bellavite@univr.it – www.paolobellavite.it )
Tutta l’estensione della vita umana sembra dominata dal
dato di fatto degli opposti. In ogni suo contenuto sembra di
poterli indicare.
Probabilmente non soltanto nella vita umana; essi stanno,
forse, alla base di ogni realtà viva e forse d’ogni realtà concreta.
Vi si trovano innumerevoli processi, dati, atti e rapporti, tutti
costruiti in opposizione. Le scienze arrecano dimostrazioni
sempre nuove di ciò dal campo fisico, sociale, etico, ecc.
Poniamo a questo punto la domanda: questi fenomeni
oppositivamente atteggiati, numerosi come sono, si possono
ricondurre a forme fondamentali specificabili di opposizione
polare?
L’osservazione e la riflessione di lunghi
anni mi hanno fatto scoprire un certo numero
di opposti ultimi. Io credo che essi siano
quelli che cercavo.
Molte altre prove retrospettive da vari
campi dell’autoesperienza sembrano
confermare che qui si tratta veramente degli
opposti fondamentali dell’umano-vivente.
Se noi ci osserviamo e dentro e fuori, troviamo forme,
membra, organi corporei, strutture e ordini psicologici; troviamo
processi di natura interiore o esteriore, impulsi, atti, mutamenti di
stati.
Ma tutto ciò che là esiste e avviene noi lo vediamo come
un’unità. E non solo ci appare uno, ma è uno.
Questa unità è costruita. Di nuovo l’osservazione più
immediata mostra che essa è costruita secondo un piano. Non è
accumulo casuale di materiale d’ogni specie o incrocio di forze e
di influenze esteriori, anche se ciò pure può succedere.
Per l’essenziale, si tratta d’un divenire ordinato, dominato da
un progetto costruttivo, da una forma operante, presente
nell’unità del vivente.
Si potrebbe andare avanti a dire ancora parecchio di questo
dato di fatto: che io non mi esperisco come un frammento
d’esistenza, ma come un tutto costruito dall’interno; non come
un succedere senza un proprio senso, ma come una linea di
divenire ben conclusa; non come un’alluvione casuale di
qualità, ma come forma con un’essenza propria.
Tutto ciò però significa: io mi esperisco come qualcosa di
concreto.
E questo concreto sta in sé; dall’esterno verso l’interno e
viceversa; si costruisce da sé e opera da una sorgente sua
propria.
Ciò significa: esso è un vivente.
Questo concreto vivente
può essere afferrato dalla conoscenza?
Per il pensiero razionalistico-meccanico il
conoscere è identico al conoscere scientifico.
Quale tipo originario d’ogni conoscere
concettuale era, in questa mentalità, la matematica.

Non appena la conoscenza fu concepita in questo modo, il vivente


concreto dovette scomparire dal campo degli oggetti conoscibili.
Il procedimento scientifico essenzialmente si rivolge al puro
universale, astratto, formale. Afferra bensì realtà concrete, ma
mediante l’universale ad esse comune.
L’individuale invece sta bensì in rapporto con l’universale, ma
significa più che soltanto questo universale; è più che il mero «caso»
particolare.
Di fronte all’individuale il pensiero puramente concettuale,
formalistico deve perciò necessariamente sentirsi insicuro. Il vivente in
sé, come tale, gli rimane inaccessibile.
«L’arte sono io,
la scienza siamo noi»

Claude Bernard (1813-1878)

In un documento sulla Medicina del Comitato Nazionale di Bioetica si legge questo


passo: “La scienza è, per sua natura, un sapere universale, un sapere cioè sul quale, in
via di principio tutti debbono convenire. Obiettività e intersoggettività nella scienza
sono dunque sinonimi e sono essenziali per costruire una conoscenza che
non dipenda dal singolo scienziato ma che sia patrimonio di tutti, concetto che si
ritrova nell’affermazione di Claude Bernard: “L’arte sono io, la scienza siamo noi”.

Qui si enuclea in modo esemplare la diversità fondamentale ed apparentemente


irriducibile tra i due approcci, artistico-intuitivo e scientifico-razionalistico. La polarità
tra arte e scienza è ricondotta a quella tra soggettivo-individuale e oggettivo-
universale.
http://www.paolobellavite.it/files/218_2006_medicinaartescienzajmp.pdf
Simile unilateralità chiama
necessariamente l’opposta: Il concreto vivente
viene sottratto a questo distruttivo processo
scientifico razionalistico, e affidato a uno
speciale organo conoscitivo: alla conoscenza
irrazionale.

La concezione più decisa cerca di staccare del tutto l’atto di conoscenza


vitale da tutto ciò che è intellettivo e lo definisce come «sentimento», come
«istinto».
Da questa concezione, la più lontana dal razionale, si forma la
rappresentazione di fondo e via via si illumina.
L’oggetto non è appreso per concetti, giudizi e conclusioni, bensì per
mezzo d’un atto di carattere immaginativo; una intuizione (Anschauung) che
si fa evidente non per mezzo di motivi ma attraverso l’intrinseca autenticità e
chiarezza. Quest’atto, la cui descrizione dal punto limite d’un sentire
immediato, vitale si spinge fino all’«intuizione intellettuale», viene riferito al
concreto-vivente.
Manifestamente esiste un processo
conoscitivo che qui viene detto un
«sentire».
Evidentemente si dà anche un processo
conoscitivo che è stato definito un
«vedere».

Ma fintantoché questi atti conoscitivi vengono messi in contrasto con


il conoscere razionale – concetto, giudizio, dimostrazione; fintantoché
restano abbandonati alle oscillazioni incontrollate dell’interna
ispirazione, e conseguentemente si respingono come inessenziali lo
svolgimento consapevole, l’esame razionale e il collegamento logico,
quei processi conoscitivi hanno per la scienza unicamente il valore di
fenomeni psicologici o di storia del pensare. Restano invece senza
significato come sorgente di conoscenza.

Ora domandiamoci: c’è un’altra strada aperta?


È possibile che conoscenza razionale e
intuitiva, a ben guardare, non si escludano
l’una l’altra?
O forse addirittura si presuppongano, si
postulino a vicenda?
Anzitutto dobbiamo chiarire
il concetto di «razionale».
Esso non è così
inequivocabile come potrebbe
sembrare.

Noi incliniamo a pensare che intuizione (Intuition) vicina alla


vita e formazione astratta di concetti siano contraddittorie, che il
pensiero concettuale debba distruggere l’intuizione vivente; e
questa a sua volta falsare il pensiero. Ma non è così.
Che cosa succedeva sotto questo punto di vista nel pensiero
greco? Esso ha valorizzato il concetto e condotto l’astrazione
all’estremo. Ma come erano forti nella Grecia antica le forze
dell’esperienza vissuta mistica e dell’intuizione simbolica!
Una linea corre dai
culti orfici alle religioni
misteriche ellenistiche;
le feste eleusine
culminavano
manifestamente in una
conoscenza simbolica
sostenuta da una
trasmutazione religiosa.

"Scuola di Atene", di Raffaello Sanzio (part)


Stanza della Segnatura, Vaticano

Tuttavia questi «misteri» non venivano considerati superstizione in


contraddizione con la serietà scientifica; essi stavano invece nel quadro
complessivo di ciò che costituiva una personalità compiuta.
E lo stesso popolo greco non si è sentito intralciato dall’intelletto nel
suo creare artistico.
La stessa cosa nel
Medioevo: un
pensare fiducioso
che né da
stanchezza dei
concetti era
indebolito né la forza
d’intuizione mistica
disturbava.
Dante e il suo poema, di Domenico di Michelino
Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze (1465)

Del resto noi vediamo il lavoro concettuale degli scolastici collegato


alla contemplazione delle personalità religiose e dei mistici; e non meno
collegato con la potenza creatrice dell’artista e con la visione simbolica
dell’uomo che vive la liturgia.
I grandi mistici erano anche scolastici.
Poi, è vero, subentrò un
mutamento. Il pensiero
scientifico e il suo strumento,
il concetto, si sono separati
dalla vita e dalla creazione di
forme e proprio per questo
hanno assunto una speciale
configurazione. Voltaire (1694-1778)

Come in tutti i campi del vivere umano, anche qui i piani dei valori
spirituali e i relativi atti fondamentali si sono reciprocamente staccati,
fondandosi nell’essenza loro propria, e poi hanno spinto fino
all’estremo questa loro fondazione autonoma.
Con questo è andata perduta l’unità del vivente soggetto della
cultura e l’ordine dei valori che si sostengono reciprocamente.
Il razionalismo come
l’intuizionismo, sua controparte,
sembrano atteggiamenti
specificamente moderni. Essi
derivano dal processo centrale
dell’età moderna: la distinzione e
l’autonoma fondazione dei Voltaire (1694-1778)
singoli campi dello spirito.

L’antichità e il Medioevo non sanno nulla di tutto ciò. Se non si tien


conto di questo, si giungerà necessariamente a giudizi assai distorti
sull’antichità e sul Medioevo. Nel nostro caso: se si fa coincidere il
concetto antico e medioevale con il moderno. Il pensiero d’allora era
intellettuale, ma non razionalistico. Esso valorizzava pensiero e
concetto, ma si sentiva legato alla vita, alle facoltà visiva e
immaginativa.
È dunque ben possibile che, in
essenza, concetto e intuizione siano
tra loro in più profonda relazione.
Che l’aut-aut, da cui nacque
l’aporia nel problema gnoseologico
del concreto, non sia disperato.

Detto in altri termini: è forse possibile che l’atto dell’intuizione resti


intatto nella sua essenza e che concetti chiari, scientificamente affinati,
gli prescrivano la strada? E si possono riferire così sia intuizione sia
concetto ad un fattore autentico definitivo?
Accettiamolo come possibile e domandiamoci: quali concetti sono in
grado di attuare questa impresa?
Dovrà essere una struttura di concetti tutta speciale.
Che cosa vuol dire il
termine «opposto»?

Pensiamo alla forma rotonda d’un membro, della punta d’un dito. Questa
superficie è un insieme che scorre senza interrompersi, d’un solo tratto, così che la
figura si realizza in continuità? Senza dubbio si tratta di questo.
Ma è vero anche quanto segue: se io osservo la mia mano più da vicino, vedo
che la superficie unita si articola in gruppi di forme, in rilievi e solchi, in pieghe ora
più larghe ora più sottili. Quel contesto, per chi guarda più da vicino, viene sminuito,
compromesso.
Un altro esempio: noi
apprendiamo un atto
particolare, poniamo
l’emissione d’un suono,
come qualcosa di
connesso, un contesto.

Un impulso unitario lo regge; un moto combinato dei polmoni, una tensione


continuata dei muscoli giugulari e delle corde vocali.
Si tratta dunque d’una continuità dinamica, allo stesso modo che la superficie
della mano era una continuità statica.
Ma notiamo anche qui delle articolazioni. Il processo perdurante del respiro si
articola in inspirazione ed espirazione, e anzi così nettamente che si può
interrompere a piacere.
Il moto delle corde vocali si divide in vibrazioni, come ogni moto vivente e
perdurante tende a configurarsi in ritmi…
Un altro ancora: La
teoria dinamica della
struttura della materia
concepisce lo stesso
atomo come un sistema
di unità energetiche
rotanti.

Ciononostante, con eguale inoppugnabile certezza, noi ci esperiamo come


costruzione solida, come forma duratura. Ci pensiamo come sistema statico, a
cominciare dalla struttura esterna del corpo fino all’atomo. Che quest’ultimo
semplicemente «consti di energia» è evidentemente falso.
Costruire l’essere con unità energetiche può essere di utilità funzionale per
l’osservazione fisica della realtà; ma non appena il pensiero si pone l’esigenza
di esprimere il dato di fatto interamente, diventa cosa falsa.
Ma come può una cosa,
un atto, un dato di fatto
essere continuo e
insieme disgregato?
Qui deve dominare
certamente un rapporto
particolare.

Come può una cosa essere insieme atto e struttura? Flusso coerente
e rottura del flusso?
A prima vista le due espressioni si eliminano a vicenda. Se si
intendono nel loro significato specifico, l’una non tollera l’altra.
Ma questa esclusione non arriva fino alle radici. Non è assoluta, ma
relativa. E precisamente quando le prendiamo non in astratto, ma le
pensiamo compiute nella cosa concreta.
Perché la «cosa»
è manifestamente
l’uno e l’altra
insieme: atto e
struttura.

Non per mescolanza dei due significati specifici; non per


compromesso o sintesi in un terzo superiore. Siamo davanti a
un’unità, ma di natura manifestamente particolare.
Questo rapporto peculiare in cui due momenti si escludono
l’un l’altro e tuttavia si collegano l’un l’altro, questo rapporto che
compare in ogni determinazione quantitativa, qualitativa e di
forma, lo chiamo «opposizione».
L’Opposizione Polare
di Romano Guardini

Cap. 2. Il SISTEMA DEGLI OPPOSTI


Sintesi concettuale di Paolo Bellavite (paolo.bellavite@univr.it – www.paolobellavite.it )
L’Opposizione Polare di Romano Guardini

Gli opposti intraempirici e transempirici

Ora, gli opposti non formano un accumulo caotico, ma ordini e gruppi distinti, tanto
che sarà lecito parlare, in un senso che dovremmo specificare, d’un sistema degli
opposti.
Vi distinguo un primo gruppo e lo chiamo degli opposti INTRAEMPIRICI. Essi si
sviluppano nell’ambito dell’umano in quanto è sperimentato, o sperimentabile. Ad
essi appartengono il piano corporeo e quello psichico, quello in quanto accessibile
alle percezioni esterne, questo alle percezioni interne.

Il regno dello sperimentabile umano risulta conformato in modo che mi obbliga a


porlo in relazione con una zona di profondità, a sua volta non sperimentabile.
Il problema qui è in qual modo dal punto di vista degli opposti l’esteriore e l’interiore
si richiamino e si rapportino. A tale domanda risponde il secondo gruppo degli
opposti: chiamiamoli i TRANSEMPIRICI.
L’Opposizione Polare di Romano Guardini

Gli opposti intraempirici

1.ATTO  STRUTTURA
2.FORMA  «PIENEZZA»
3.TOTALITA’  PARTICOLARITA’
Gli opposti intraempirici 1:
Atto e struttura
Troviamo un primo rapporto
oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» [ATTO]
e «statico» [STRUTTURA]
C. D. Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818
Noi sperimentiamo la nostra vita come atto. A tal punto che essere vivi ci sembra lo
stesso che essere attivi, operanti. La vita stessa è sentita come atto o processo. Ci
sappiamo vivi nella misura che ci sentiamo attivi; e la complessità del nostro vivere è
sentita come continuo mutamento. Sperimentiamo la vita come un fiume. La vita stessa
è mutamento continuo; un continuo diventar diverso, e perciò un continuo passare.
Ma poi l’autoesperienza della vita si muove anche in un secondo senso. Scopriamo
d’essere qualcosa di costruito; una struttura stabile. Non esiste un «puro» atto. Se deve
essere atto, esso deve avere almeno un punto di partenza fisso. Il nostro essere e la
nostra coscienza contengono innegabilmente il dato dell’esser costruito, della figura
solida, della struttura capace di affermarsi e di resistere.
Siamo dunque davanti al seguente risultato: la vita esperisce se stessa come energia,
flusso e mutamento. Si esperisce però anche come struttura e quiete, stato e durata.
Gli opposti intraempirici 1:
Atto e struttura
Troviamo un primo rapporto
oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» e «statico».
C. D. Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818

Quanto più intensa è la vita, tanto più rapido «se ne va il tempo». Ciò è qualcosa di più
che solo avvertire che ci lasciamo assorbire dalla densità della vita, e che poi, tornati a
noi, restiamo sorpresi delle ore che sono passate. La vita stessa è mutamento continuo;
un continuo diventar diverso, e perciò un continuo passare.

Eppure abbiamo un’esperienza di noi come di qualcosa che dura; come identità
quiescente nel moto; come fissità permanente nel flusso; come figura di fondo
perdurante in ogni alterazione. Questa appunto è forza e garanzia vitale: non alterarsi,
vincere la transitorietà della vita; affermarsi nel flusso; essere eguali a se stessi nel
cambiamento. Quanto più forte è l’energia vitale, tanto più pienamente la vita si
conserva.
Troviamo un primo rapporto oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» e «statico».

«La figura del fiume appartiene alla modalità


d’esperienza vissuta (Erlebnis) della nostra esistenza»
(R.Guardini, L’Opposizione Polare)
Gli opposti intraempirici 1:
Atto e struttura

Troviamo un primo rapporto


oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» e «statico».

Ora, ogni concreta forma di vita è certo segnata in maniera particolare da uno
dei due modi. E tende sempre ad imporre il proprio modo.
Ma sempre questa particolare direzione di senso giunge a una crisi: quella
dinamica alla crisi d’un disordinato dinamismo o relativismo; quella statica alla
crisi del duro e raggelante conservatorismo.
Tali crisi vengono superate solo in quanto all’interno delle singole direzioni di
senso viene fatta affiorare, liberare ed espandere la direzione di senso opposta:
il fluire nella durata; il perdurare nel mutamento; lo stato nell’atto; l’agire nella
fissità.
Anzi, la vita si esperisce come qualcosa che racchiude in sé tanto l’uno che
l’altro: entrambi devono esistere insieme.
Gli opposti intraempirici 1:
Atto e struttura

Troviamo un primo rapporto


oppositivo, che chiamiamo
«dinamico» e «statico».

Questa proposizione verrà a tutta prima sentita come un paradosso che confonde. Lo è
anche: la vita è per essenza paradossale; e nella relazione di cui qui si tratta sta una sua
ragione.
Struttura e atto, durata e flusso, stato e mutamento si rapportano reciprocamente in
modo tale che ognuno secondo il suo significato essenziale si stacca dall’altro, esclude
l’altro, ed urta tuttavia nell’assurdo se non riconosce in se stesso l’esistenza di quell’altro
e non la fa emergere; il dato di questa vicendevole esclusione e inclusione a un tempo è
l’opposizione.
Non dunque «sintesi» di due momenti in un terzo. E neppure un intero di cui i due
rappresentino le «parti». Meno ancora mescolanza in vista di qualche compromesso. Si
tratta al contrario d’un rapporto originario, in tutto e per tutto particolare; d’un
fenomeno originario (Urphänomen).
Troviamo un primo rapporto oppositivo, che
chiamiamo «dinamico» e «statico».

Questa è l’«opposizione»: che due momenti, ciascuno dei quali


sta in se stesso inconfondibile, inderivabile, inamovibile, sono
tuttavia indissolubilmente legati l’un l’altro; si possono anzi
pensare solo l’uno per mezzo dell’altro.
L’Opposizione Polare di Romano Guardini

Gli opposti intraempirici

2. FORMA  «PIENEZZA»
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»

La vita si esperisce
come forma e forza
formatrice

Essa plasma l’insieme del corpo, le membra, gli organi, i tessuti fino alle unità estreme.
Anche la nostra vita psichica è formata: sentimenti, rappresentazioni, pensieri e serie di
pensieri, creare interno ed esterno, tutto l’essere psichico nel suo insieme; fino alla trama
delle abitudini, alla costruzione della immagine intima, al tipo particolare del carattere,
dell’innato come dell’acquisito.
Queste strutture e queste leggi ci portano oltre il nostro essere individuale a imporci
nell’ambiente. Ed hanno forma precisamente non solo l’essere strutturato, ma anche
l’atto: quello forma quiescente, questo direzione, misura e ritmo. Là forma di struttura,
qui di azione.
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»

La vita si esperisce
come forma e forza
formatrice

[In-formazione]

Anche la tecnica moderna ripone ogni significato nella


forma. Precisione, elaborazione formale la più fine,
chiarezza, ordine, metodo, processo di lavorazione,
esame e dominio sono per essa i valori positivi
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»

Qualcosa» sfugge alla


forma, difficile da
definire. Chiamiamolo
con un termine assai
privo di colore: Fülle,
«pienezza»

Non esiste una forma «pura». Essa non può verificarsi; non possiamo neppure
pensarla. Una forma vivente è sempre modo d’essere, comportamento attivo
di qualcosa d’altro (un «quid»), che non è esso stesso forma.
Qui s’inserisce nell’autoesperienza la direzione opposta. La vi si coglie come
qualcosa che appunto non è forma. Come quel «qualcosa» che sgorga, fluisce,
si evolve. Quel qualcosa che sfugge alla forma, la scioglie, la spezza.
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»

Qualcosa» sfugge alla


forma, difficile da
definire. Chiamiamolo
con un termine assai
privo di colore: Fülle,
«pienezza»

Quanto più profonda è la vita, tanto meno vincolata è questa pienezza.


Come tale, la vita contrasta la forma; vuole rimanere sempre sorgiva,
liberamente zampillante. Impossibile da prendere, da legare, da sigillare.
Sempre sfuggente, perennemente straripante, debordante oltre ogni forma e
figura. Inesprimibile, inspiegabile.
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»

Ma non esiste una


pienezza pura. Non è
possibile neppure
pensarla.

Per essere pienezza vivente e per essere concepita come tale – e la vita è altra
cosa non solo dalla formale rigidità, ma anche dal caos che appaia come
pienezza; perché il caos è morte! – deve possedere almeno un minimo di
forma; un minimo di decisione, di chiarezza, di definizione.
Ora il caos non è più pienezza vivente ma la sua contraffazione: la confusione
«dove ordine non è». A essa corrisponde anche una particolare forma
d’esperienza vissuta (Erlebnis): l’angoscia.
Gli opposti intraempirici 2:
Forma e «pienezza»

La vita dunque deve


concepirsi e affermarsi
simultaneamente come
forma e come «pienezza».

La pura forma non è più forma pensabile o realizzabile, che di


continuo «vivendo si evolve», ma la sua contraffazione: la
formalità. Ma questo vuol dire morte.
Anche il caos era morte; quella morte cioè consistente nel fatto
che non esiste più consistenza né ordine, né figura, né nome. Ma
è morte anche lo schema; gelo e rigidezza. Se la vita vuole
rimanere forma vivente, è necessario che emerga sempre in essa
la pienezza.
La vita dunque deve concepirsi e affermarsi
simultaneamente come forma e come «pienezza».

La vita non è la sintesi di queste differenze; non la loro


mescolanza; non la loro identità. Ma è quell’unum, che
consiste proprio di tale duplicità legata.
L’Opposizione Polare di Romano Guardini

Gli opposti intraempirici

3. TOTALITA’  PARTICOLARITA’
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità

La vita si esperisce
come qualcosa che
tende al tutto,
all’intero.

L'Universo a bolle: immagine concettuale (Focus-Scienza)

La vita esperisce, nella propria struttura, azione ed operazione, la direzione verso il


tutto. Essa mira a realizzare la totalità della sua propria costruzione; la totalità degli
atti e dei complessi d’atti.
L’elemento singolo viene inserito e subordinato al tutto. Il significato del membro sta
nel corpo intero; della singola forma nella linea intera; dell’organo nell’apparato intero.
Il senso del singolo qui sta nel tutto; il senso del particolare in ciò che lo comprende.
Dovunque in tale direzione vitale il singolo è membro d’un contesto complessivo di
struttura o d’azione.
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità
Se la totalità vuol essere
viva, nel suo proprio
campo polare deve
emergere anche l’opposto:
l’orientamento verso il
particolare.

La vita si esperisce come collocata – atto e struttura – nella direzione di senso della
totalità. Forza vitale è qui forza universale, forza del tendersi attorno, dell’inserirsi nella
costruzione.
La vita tuttavia sente che, avanzando in questo senso, giunge a una zona di pericolo, in cui
il particolare muore, e l’universalità passa da una totalità complessiva concreta di vita a
una morta astrazione.
L’accento è posto sull’individuale, e la vita appare tanto più piena, quanto più forte è la
sua energia del proiettarsi nel presente e nella particolarità.
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità

Ogni organo, ogni


funzione parziale
tende a formarsi
secondo un senso
specifico suo proprio

Già nella vita corporea si manifesta questa tendenza. A tal punto che c’è pericolo che il
tutto venga subordinato al servizio della tendenza particolarizzante (come nel caso
dell’ipertrofia di organi).
L’accento e il fine sono posti, qui, sul singolo. Il tutto appare come quello che lo regge;
come ambiente, terreno nutritivo per l’organo singolo; come piano per il decorso del
processo; come punto d’appoggio statico o come sorgente dinamica per l’atto singolo.
Processi, azioni, strutture particolari attirano su di sé l’orientamento della vita, ne
assorbono le forze.
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità

La singola forma nella


sua particolarità
rappresenta
l’autentico

Rembrandt. Il cavaliere polacco (1655)

Pensiamo all’arte di Rembrandt di contro a quella dei Greci.


L’accento è posto sul destino individuale più che sopra qualsiasi processo complessivo:
pensiamo alla concezione individualistica della società e della storia.
Il significato non consiste nella linea d’insieme del fatto storico, ma nella singola
persona e nella sua momentanea azione; non nello Stato, ma nell’individuo.
Gli opposti intraempirici 3:
Totalità e particolarità
Se la totalità vuol essere
viva, nel suo proprio
campo polare deve
emergere anche l’altro:
l’orientamento verso il
particolare.

Entrambi questi atteggiamenti si trovano nell’essere e nel fare vivo dell’uomo; la loro forza
e anche il loro pericolo.
Siamo perciò obbligati a riconoscerli entrambi. Tendenza integratrice e differenziatrice;
orientamento verso il tutto e verso il singolo, verso il generale e verso il particolare.
Ognuno dapprima esclude dalla linea del proprio significato l’altro; s’impone; giunge però
poi al confine dove esso comincia a diventare impossibile, se l’altro non affiora in esso dal
suo senso opposto.
Vita non è la sintesi di tutt’e due, meno ancora la loro mescolanza – i due momenti non si
lasciano «congiungere», né «mescolare» – ma consiste in entrambi, come l’uno e l’altro
insieme.
Interno ed esterno
Nell’ambito corporeo noi
distinguiamo parti interne ed
esterne, collocate in
maggiore o minore
profondità.
Ogni atto vivente si mostra
come qualcosa che emerge
da un «interno».

Ildegarda di Bingen, L’uomo nell’Universo (Lucca)

La materia costruttiva viene assunta sotto forma di nutrimento in un interno che


l’elabora; di là viene edificato il complesso corporeo.
Le impressioni sensibili del mondo esterno vengono afferrate da organi mediatori
situati alla superficie del corpo, ed avviate verso l’interno in un punto sensoriale
centrale; e viceversa gli impulsi di movimento vengono condotti verso l’esterno
da un punto motorio centrale.
Interno ed esterno
Il piano psichico, nel suo
insieme, viene concepito,
rispetto a quello fisico, come
interiorità.
Ma a sua volta in esso sono
esperibili vari strati di
profondità.
Matisse, Icaro (Part)
Il nostro vivo essere perciò è distribuito in strati, ordinato, orientato verso
l’interno, e si danno vari gradi di profondità, certo non delimitabili tra loro.
Tutto ciò ci indirizza verso un ultimo definitivo «interno», rispetto al quale tutto il
resto è «al di fuori». Esso stesso non è esperibile. Sta entro ogni altra realtà, fisica
o psichica, sperimentabile. Tuttavia ogni realtà sperimentabile nell’essere umano
rimanda ad esso, o deriva da esso.
Il dato che si chiama «vita» significa che essa ha un punto sorgivo verso l’interno,
«al di là» dell’ambito sperimentabile.
L’Opposizione Polare di Romano Guardini

Gli opposti Transempirici

1. CREARE  ORGANIZZARE
2. ORIGINALITA’  REGOLA
3. IMMANENZA  TRASCENDENZA
Il regno dello sperimentabile umano risulta conformato in modo che mi obbliga a porlo in
relazione con una zona di profondità, a sua volta non sperimentabile.
A tale problema risponde il secondo gruppo degli opposti: chiamiamoli i TRANSEMPIRICI.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Vita come processo


produttivo

Leonardo Da Vinci, L’Uomo vitruviano (1490 ca)


La realtà nel suo complesso è formata dalla materia e dalle sue forme
fisiche, da energie e da gruppi d’energie; da processi, atti, stati e strutture
psichiche.
In tale complesso la vita si esperisce come un processo produttivo.
Nascono pensieri, immagini, azioni, opere in tal modo che il loro autore sa
che esse emergono dal suo intimo.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Vita come pensiero


creativo

Van Gogh, Ramo di mandorlo fiorito (1890)

Un pensiero creativo non viene esperito come elaborazione di dati, ma come un intimo
emergere, affiorare; un’azione creatrice come qualcosa che sgorga dall’interno; una
opera creata come qualcosa di presentato a nuovo.
I risultati d’un simile generare – pensieri, forme, azioni – portano il carattere del nuovo.
Essi, prima, «non c’erano»; non si possono derivare da quanto preesisteva. Osservandoli,
sentiamo che qualcosa è cominciato.
Una sorgente è entrata in azione. Imbattendoci in essa, restiamo stupefatti; ci si domanda
che cosa sia; da dove venga.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Non ordinamento di
materiale
preesistente, ma
emissione di novità.

Matthias Grünewald (1480-1528)


Studio di Giovanni Battista (autoritratto?)

Nei quadri di Matthias Grünewald emergono figure da un certo fondo


generativo. Esse non realizzano tipi già disponibili, ma ne pongono di nuovi;
aprono nuovi domini dell’essere. Essi hanno la sovranità dell’essere. Anche
l’architettura gotica talvolta è così, ed anche la scultura gotica; così gli uomini di
Shakespeare, la musica di Beethoven, la politica di Napoleone.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Tutto in tali processi


creativi sale dall’interno; si
genera nel punto
profondo, nel grembo
della vita.

Una volta che i nostri occhi si siano fatti acuti, troveremo cose analoghe in tutti i piani
della vita umana.
Ogni cosa viva, essere od opera o azione, è in ultima analisi cosa nuova. In essa non è
stato adattato qualcosa di preesistente, ma generato qualcosa di nuovo. Essa non realizza
schemi dati, ma ci mette davanti ciò che non era mai esistito.
Vivere significa creare. E tanto più viva è la vita, quanto più è creatrice. Tanto più
originale, quanto più c’è di sorgivo in essa, di primitività zampillante dal fondo creativo.
Vita è fecondità.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Ma ogni vita finita


ha bisogno di
materia.

Un fare vivente contiene sempre anche qualcosa di dato: materia che viene
assunta, stimoli che vengono ricevuti, ambiente che sostiene.
Non esiste l’atto del fare puro. Questo è senz’altro chiaro quanto alla vita fisica;
ma le cose stanno a questo modo anche nella vita spirituale.
Qui sta il vero pericolo dell’uomo creativo: che il mondo da lui generato cessi di
nutrirsi dalle forze della realtà circostante. Oppure: che egli non possa più
incarnare nella realtà presente l’opera che da lui è nata.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Ci troviamo così nel


campo opposto all’atto
creativo.
Vivere significa
ordinare.

Qui la vita si esperisce in modo che c’è sempre qualcosa di dato dinanzi a essa;
che essa entra in rapporto con questo dato, lo afferra, lo cambia, lo elabora. Vita
qui significa: dominare sui dati, trarli in un ordine nuovo, sotto l’impero di nuovi
fini, piani, strutture.
Vivere qui significa: ordinare, elaborare, costruire, padroneggiare e dominare.
Dunque un’attività ordinatrice nel senso più esatto del termine; un disporre di
energie e di materia date per mezzo d’una forza superiore e dominatrice.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Non si tratta di creare


nulla di nuovo, ma di
ordinare, mutare,
applicare quanto è già
presente

In corrispondenza troviamo un sistema d’auto-dominio anche sul piano psichico:


pensieri, decisioni, operazioni vengono ordinati e guidati, a cominciare dal
concentramento iniziale di energia psichica o attenzione fino alla guida cosciente
degli avvenimenti interiori.
Accenno soltanto a ciò che significa metodo e ordine di lavoro; al campo delle
attività «amministranti» in senso vasto: tutto l’ordinare, il dare forma, l’inserire
in sintesi, attuati nella tecnica, nell’economia, nel diritto e nello Stato.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Da questo angolo
visuale la vita si
presenta come
ordine razionale.

Sempre dunque un imporsi e un dominare.


Nulla di sorprendente o di impreveduto vi può succedere, ma vi vengono
raggiunti effetti calcolati secondo un piano razionale, sulla base di ben
dimostrabili, o addirittura ripetibili, connessioni di mezzi e di fini.
Chiara intuizione, esatta differenziazione di scopi, distinti nessi di mezzi e
fini; un afferrare e un servirsi di materie e d’energie; osservare, misurare,
pensare, padroneggiare.
Gli opposti transempirici -1
Creare o Organizzare

Abbiamo dunque
l’opposizione:
creare e
organizzare.
Entrambe le cose si postulano a vicenda. L’atto del generare svanisce se non reca
in se stesso una certa misura di disciplina, di forza ordinatrice.
L’atto del dominio a sua volta s’irrigidisce e si agita nel vuoto se non c’è anche in
esso un minimo di potenza creativa.
La vita abbraccia ambedue gli estremi della tensione. Nessuno dei due è
derivabile dall’altro. Ciascuno è qualcosa di originale in se stesso. Tuttavia è
capace d’essere solo in rapporto all’altro; e la vita è sempre quell’«uno» che ha
possibilità d’esistere in ambedue.
L’Opposizione Polare di Romano Guardini

Gli opposti Transempirici

2. ORIGINALITA’  REGOLA
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola

La vita non si lega;


ma si pone leggi
sempre nuove.

La vita non si ripete; ma si pone un inizio sempre nuovo. Non concede mai
all’esperienza il diritto di dire: le cose stavano così e così, d’ora in poi saranno allo
stesso modo.
Finché la vita è davvero viva, essa si sente come qualcosa di profondamente
rivoluzionario, preso il termine in un senso essenziale.
La vita è pericolosa. Non ce ne si può fidare.
Non esistono nemmeno sicurezze durevoli che assicurino che in seguito si
verificheranno cose in determinate maniere.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola

C’è in tutto questo


una ricchezza e una
potenza particolari

E tanto più viva si sperimenta la vita, quanto più libera sgorga da se stessa;
quanto più essa è audacia e avventura; quanto più decisamente essa si
regge su ciò ch’è sempre nuovo e mai prevedibile, libero da schema e da
regola.
Nemica al «borghese», che pretende sicurezze e ferme tradizioni e vie già
percorse. E quanto egli definisce infedeltà, è per il forte appunto la più
possente attrattiva della vita, la sua magia più profonda, certo la più
pericolosa: il fatto che può vivere davvero solo chi ama l’avventura.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola

C’è tuttavia
qualcosa di
deleterio.

M. Chagall, La caduta di Icaro (part) (1955)


Che la vita non si leghi; che essa erompa di continuo dalle profondità creative,
debordi oltre ordinamenti, ne faccia sorgere di nuovi, s’imponga per se stessa:
tutto questo diventa intollerabile non-senso non appena si spinge la linea al di là
di «ciò che è lecito».
Allora la originalità della vita diventa un disvalore. Diventa instabilità,
irrequietezza, negligenza. Nessuna continuità sarebbe allora possibile; nessuna
durata; nessun adempimento.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola

C’è tuttavia
qualcosa di
deleterio.

La dottrina sulla malattia sa molte cose circa l’essenza della vita sana;
spesso le malattie sono solo delle accentuazioni eccessive di processi
normali.
E un segno di malattia è il fatto che l’originalità degli atti e fatti psichici
degeneri in una vera incapacità di calcolo; che la vita creativa diventi vita
irregolare.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola

La forza della vita consiste


appunto nel fatto che essa
è capace d’avere una legge
e di conservarla.

Forza di vita è la forza d’avere una legge. Forza di mantenere fedeltà,


indipendente dal mutarsi dei rapporti, delle situazioni e degli impulsi.
Vita significa creare e mantenere l’ordine.
Vita significa portare responsabilità. Ma responsabilità esige ordine chiaro,
ragionevolezza, padronanza, poter essere consapevoli di quanto avviene e
poter decidere di ciò che deve avvenire.
Vita è possibilità di muoversi nella consapevolezza di un senso. Quindi ogni vita,
noi lo vediamo, è anche ricca di regole
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola

La regola è legata al
compimento di
esigenze essenziali,
come il mangiare e il
dormire.

Di numerosi processi noi sappiamo, per esperienza ed intuizione


delle leggi che li determinano, che essi intervengono
periodicamente.
Così, ad esempio, le regolarità del metabolismo biologico, i
tempi alterni del respiro e del sangue, l’alternativa della veglia e
del riposo, i ritmi viventi nella curva del giorno e dell’anno.
Gli opposti transempirici -2
Originalità o Regola

Siamo arrivati così


ad un’altra
opposizione: regola
e originalità.

La vita è dunque per essenza regola. La sua regolarità può


però divenire tanto forte da irrigidirsi.
Se la regola vuol essere sana e non morbosa coazione;
regola viva e non meccanismo morto, allora la sicurezza
d’un decorso fenomenico dev’essere attraversata da un
minimo di originalità creativa.
L’Opposizione Polare di Romano Guardini

Gli opposti Transempirici

3. IMMANENZA  TRASCENDENZA
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza

Ed eccoci all’ultimo
degli opposti
transempirici; anche
essi sono tre
Colui che vive è interiore a se stesso; vede sé da dentro; si sente,
si possiede dall’interno.
L’intimità (Innigkeit) appartiene all’essenza della vita.
In tale interiorità (Innerlichkeit) la vita si sente sicura.
L’autopossesso della vita riposa in questo esistere dentro se
stessa. E quanto più profondo è questo «dentro», tanto più la vita
possiede se stessa.
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza

E tanto più la vita è


forte, quanto più
intensa è la
presenza interiore

È essenziale alla vita che essa debba avere un «centro». Che ogni
suo avvertimento sia rivolto a questo centro e derivi da esso; che
ogni sua forma sia costruita in ordine, di causa e di fine, ad esso.
Risultato d’un tale ordine è l’essere armonico. L’essere armonico,
per distinzione dall’aggressivo, è legato al dato del centro.
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza

Ma subito noi
avvertiamo il limite

Questo stare-in se-stessi, questo orientamento verso l’interno può


condurre la vita alla paralisi. Anche a questo riguardo la psico-
patologia sa qualcosa.
Se la vita si svolge troppo verso l’interno, essa sprofonda in se
stessa; non trova più la via verso l’esterno, anzi neppure più verso
il proprio sé intero.
Diventa muta, bloccata, come inghiottita dall’abisso senza fondo.
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza
Giungiamo così, da direzioni
varie, alla stessa realtà di
fatto: la vita si protende
oltre se stessa, si sorpassa,
sta fuori di se stessa.
La vita è tanto più forte e più libera, quanto meno resta in sé chiusa;
quanto più sovranamente dispone di sé; quanto più riesce ad abbracciare
di passato e ad anticipare di futuro; quanto più sono grandi i nessi e i ritmi
della storia in cui essa è inserita e che essa attualmente vive; quanto più
vasto il tessuto degli scopi e dei mezzi; quanto più lungo il respiro del suo
creare; quanto più ampia la sfera degli ambienti, dei possedimenti, della
comunione umana, quanto più larga la terra e il mondo che essa giunge
ad afferrare per sé e fare suo operando oltre la propria pura interiorità.
Gli opposti transempirici -3
Immanenza
o trascendenza
Una visione d’insieme su di
sé e un’autodecisione
vitalmente possibili devono
possedere un minimo
d’interiorità e di legame col
centro
Questi due atteggiamenti dell’inabitazione e dello stare al di sopra,
dall’al di qua e dell’al di là, dell’immanenza e della trascendenza
della vita in quanto opposte tra loro, o più esattamente del punto
d’interiorità vivente di contro al complesso del mondo sperimentale,
formano una volta ancora un’opposizione.
Se vuol essere autotrascendenza vivente, la vita deve almeno un po’
essere interiore a se stessa.
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