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Esercizio 1:

Il testo tratta dell'incapacità nell'elaborare la solitudine nel mondo moderno. Un momento di


riflessione indispensabile per poter costruire al meglio la nostra quotidianità. Nei tempi
antichi la solitudine si elogiava: Leopardi figurava spazi infiniti al di là della siepe. Petrarca
con la poesia "Solo et pensoso", celebrava il suo momento di solitudine associandolo allo
spazio che lo circondava. Gli aggettivi "deserti" e "lenti" mettono a fuoco il bisogno di
solitudine e tempo per riflettere, due elementi dai quali oggi tendiamo a scappare. La
domanda dunque è se l'elogio di Petrarca resta così attuale.
Da un lato no, in quanto la solitudine è diventata una malattia "cronica" che ci affligge e dalla
quale cerchiamo di evadere.
Dall'altro lato si, perchè abbiamo comunque bisogno di riflettere e pensare, in quanto questa
società ci offre sempre meno momenti di pausa.
Aldo Rovatti ci invita per tanto a cercare la nostra solitudine, creando un "deserto tascabile",
cioè uno spazio individuale in cui poter riflettere. Un bisogno che sovente risolviamo con
l'utilizzo di dispositivi moderni, infatti l'accesso a internet e un click ci portano all'evasione, in
una solitudine perfezionabile e rinnovabile. Un concetto che l'autore chiama "solitudine
pret-a-porter”.
La nostra solitudine artificiale in realtà è una vera fuga dalle ansie, ma anche un ritiro
spirituale, protetto dai morsi della solitudine stessa, cioè la paura di confrontarsi con i nostri
errori e le nostre debolezze. Ecco che ci circondiamo di socialità virtuale, ci ripariamo
nell’illusione di essere presenti ovunque e sempre.
La nostra quotidianità è caratterizzata da un dialogo “asfittico”, cioè spento, dove le pause
spesso vengono riempite da contatti virtuali, ai quali affidiamo distensione e rilassamento.
Questo è un sistema statico e comodo per contrastare la solitudine esistenziale. Perciò le
parole “solitudine” - “deserto” - “lentezza”, sono diventate irriconoscibili e non appartengono
più alla nostra realtà. Non cerchiamo più nessuna solitudine, anzi, cerchiamo di evadere da
essa per non trovarci soli di fronte a noi stessi. Soli e senza pensiero diversamente da
quanto scriveva Petrarca nel suo “Solo et pensoso”, dove la complicità dei due aggettivi
riempiva lo spazio con la riflessione individuale.
Sarebbe opportuno cercare di abbandonare la nostra comoda solitudine fatta di ipocrisia e
utilizzare invece il pensiero cercando di liberare noi stessi avvalendosi della pausa e della
distanza; esattamente quello che Petrarca attraverso “lentezza” e “deserto” ci narrava.
Bisogna dunque liberarsi attraverso il pensiero e non riempirsi avidamente per non
ascoltarsi; non correre, ma rallentare per salvare il pensiero dal suo naufragio o almeno per
riscoprire il senso della pensosità che abbiamo perduto.
Quindi per contrastare l’incapacità di riflessione, non dovremmo “riempire” ma “svuotare” il
sacco del nostro “Io” e garantire una solitudine dal senso più opportuno.

Esercizio 2:

L’autore riferendosi ai versi “Solo et pensoso” di Petrarca, fa un confronto al concetto di


solitudine tra tempi antichi e moderni. La solitudine al tempo di Petrarca era elogiata e
celebrata con il pensiero, oggi la solitudine è un sentimento legato alla paura del confronto
con se stessi senza il bisogno di pensare. Spesso si evade dal pensiero riempiendosi di
socialità virtuale.
Esercizio 3:

Con l’espressione “deserti tascabili” intende esprimere il concetto di uno spazio individuale
nel quale poter riflettere in piena solitudine distanti dal resto del mondo.

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