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UB
10 , 91000
C I U L LE CELE LE
FAN BRI
E L'INFANZIA
DELLE DONNE ILLUSTRI
D'ITALIA
OPERA ORIGINALE
del prof.
FRANCESCO BERLAN
LIBRO
di lettura e premio
2.° EDIZ.
See ( 1445
ET
LI
MILANO
Stabilimento Tipografico Ditta Giacomo Agnelli , nell' Orfanotrofio Maschile . Us
LOTTO
ANTICHE E MODERNE
FRANCESCO BERLAN
NA
LE
ku
MILANO
Stabilimento Tipografico Ditta Giacomo Agnelli
nell'Orfanotrofio maschile
1878
Proprietà letteraria .
.9 0
-
AI LETTORI
MEMORATE NELL'OPERA
ADEL ARDI (degli) Marchesella pag. 194. BATTISTOTTI Luigia , pag. 468.
AGLAJA Anassillide, 394. BEBBI-SASSATELLI Lucrezia , 318.
AGNESI Maria Gaetana , 285 , 313 , 324, BECCHESINI Anna , 353 .
>
NOVELLA Andrea , pag. 305. REGGIANINI Eleonora , pag. 327 , 356 ,9 >
-81
0
CAMILLA, REGINA DEI VOLSCI.
( Anni del mondo 2700) .
I.
II.
Non più corona ,> non più scettro d'oro , non più vesti gemmate
non più sudditi, non più soldati, non più cortigiani.
Cessato nel re il rispetto alle leggi ed a ' diritti altrui, è pure ces
sato nel popolo ogni dovere verso di esso.
Fuggiasco va Metabo dalla reggia , e l'accompagnano gli scherni,
>
V.
VII .
vezzava col proprio esempio Camilla alle armi, nè d' altro ragionava
con lei, nè altro magnificava, nè da altro faceva dipendere la gloria
e la fortuna degli uomini. Consacrata a Diana , ella doveva essere
perfetta cacciatrice ; figlia di re, si ribadisse bene in mente che non
avrebbe potuto acquistarsi un regno che colla spada.
.
6 CAMILLA
VIJI .
ne' suoi buoni propositi. Pensiero men che puro non era in lei; nes
suno odiava , neppure coloro che avevano spinto in esilio lei ed il
padre, perchè il padre dicevale che quelli avevano obbedito a un
prepotente bisogno di libertà ; solo odiava il vizio , l'ozio ed ogni
mollezza. Ogni sua parola, ogni suo atto erano adorni di onestà : ed
era un'onestà gentile senza ruvidezza. Se i pastori privernati, o altra
gente di quella città, passavano per que' luoghi , e lei vedevano, e
qualche volta trovavano ospitalità nella sua capanna, tornati a casa
riferivano non di aver veduta una fanciulla , ma tale che avea
l'aspetto e le qualità di dea.
XI.
milla giunse fino ai più cospicui cittadini di Piperno, che non vol
lero più oltre tollerare che tanto lodata virtù rimanesse nascosa fra '
boschi.
- Poniamo, - essi dissero - questo nuovo sole sopra di noi perchè
utilmente risplenda. Quando avremo donna di tanta gagliardia , di
tanto animo e di tanta virtù che ci regga , quale tra noi potrà es
sere fiacco e pusillanime ? Metabo è già vecchio ; Metabo ha scon
tato i suoi falli; Metabo non corse a brigare nelle corti dei prin
cipi per essere colle forze straniere riposto sul trono, ma si ritrasse
a educare virilmente la figliuola e l'ha educata virtuosissima : per
doniamogli adunque in grazia della figlia.
E Camilla fu regina dei Volsci.
Una figlia virtuosa riacquistava co' propri meriti ciò che co' de
meriti suoi aveva perduto il padre, ed il padre vecchio salvava .
Non fu mai giustizia di popolo più degna e più illustre di que
sta (1 ).
LA FANCIULLEZZA DI CAMILLA.
Metabo, il padre
Di lei , fu per invidia e per soverchia
Potenza da Priverno , antica terra ,
Da' suoi stessi cacciato ; e , da l'insulto
Che gli fece il suo popolo fuggendo,
Nel suo misero esiglio ebbe in compagna
Questa sola bambina, che , mutato
Di Casmilla, sua madre, il nome in parte ,
Fu Camilla nomata. Andava il padre
Con essa in braccio per li monti errando
E per le selve ; e de' nemici Volsci
Sempre dintorno avea l'insidie e l'armi.
Ecco un giorno assalito con la caccia
Dietro , fuggendo all'Amaseno arriva.
Per pioggia questo fiume era cresciuto ,
E , rapido spumando , infino al sommo
Se ne gia de le ripe ondoso e gonfio :
Tal che , per tema dell'amato peso ,
Non s'arrischiando di passarlo a nuoto ,
Fermossi, e poichè a tutto ebbe pensato ,
Con un súbito avviso , entro una scorza
Di salvatico súvero rinchiuse
La pargoletta figlia ; e poscia in mezzo
maestrate in ogni fatta d'arme, le quali la servivano in ciò che si richiede
a battaglia. E specialmente erano intorno ad essa quattro nobili vergini, de
putate alla sua persona e guardia, colle scuri in mano , le quali erano La
rina, Tullia, Acca e Tarpea. Ma una volta , in battaglia , dando la caccia a
Corebo, sacerdote di Cibele, per cupidità di avere le sue ricche armi (e solo
in questo fu femmina), yenne con una freccia ferita in un fianco da un ca
yaliere chiamato Arunte, per la quale ferita , datagli a tradimento , cadde in
terra, spegnendosi fra quegli esercizi ch'ella avea tanto amati . (Boccaccio ,
Frate Guido da Pisa, Virgilio ).
1.
Fuori della mura di Roma, sull'altra riva del Tevere, sono atten
date le agguerrite schiere di Porsenna, re di Chiusi.
Perchè egli è re, combatte pei re; perchè re , teme della repub
plica ; ma nulladimeno è umano, giusto, generoso e apprezzator dei
generosi.
Avendo in sua mano Muzio Scévola, egli non lo sacriica alla ven
detta, non lo vuole vittima della propria paura, ma lo rimanda per
donato e libero .
.
Che posso io contro a quest'uomo, dic'egli - contro que
st'uomo ch'è tanto forte contro a sè stesso ; contro costui che se non
iscusa, ma accusa me, e che mi viene inanzi, in vista di essere temuto ,
più che d'uom che tema? Egli non è uno scellerato omicida, ma il ven
dicatore de'suoi concittadini travagliati o periti per cagion mia ; ese
cutore della giustizia di un popolo, e' si punisce per non averla sa
puta compiere . Ma egli voleva uccidermi perchè mi credeva un re
(1) Scévola , quasi ex vola, cioè senza la palma della mano .
( %) Publicola . Anche qaesto è titolo d'onore, e suona quanto amatore , anzi
cultore, ossequiatore del pubblico, del popolo .
14 CLELIA
VI.
Mentre avea luogo questo dialogo tra le due scolte, una testolina
bionda e ricciuta sporgeva fuori da una tenda vicina , nascondendo
dietro le larghe falde di essa il resto della persona. Se la luna li
beravasi dalle nubi, quella piccola testa ritraevasi subitamente.
Colei era Clelia; un sole di notte, direbbero i poeti, un sole che
non degnava mostrarsi al sopragiungere della luna, direbbe qualche
imitatore dei secentisti.
Che si fa qui ? ha detto la scolta ; e noi fanciulle , e noi Ro
mane possiamo alla nostra volta ripetere il medesimo. Che si fa qui ?
Porsenna ci ha vedute, ci ha squadrate, ci ha interrogate ; ha detto
ch'era contento di noi, ma col viso serio , e col viso serio è pas
sato oltre. Se ha guardato e se ha udito bene , avrà pur ricono
sciuto ch'eravamo donzelle di garbo. Dunque la nostra missione è
terminata. Rimanendo più oltre si può correre qualche rischio co'
suoi soldati , che sono piuttosto capi scarichi. E guai se vacilla la
virtù di una sola, perchè allora ne va di mezzo nell'opinione pub
blica anche quella di tutte le altre. Nel sospetto e per la paura di
costoro le mie compagne tremano tutte, poverette, come foglie; alla
presenza di Porsenna si sforzano di far le coraggiose,> ma nel loro
coricino tremano, e desiderano tornare a casa. E se io mi provassi
ad accontentarle ? Ma che direbbe mio padre ? Oh il padre ha pur
detto che noi dobbiamo dar a questi Etruschi saggio non di una ,
nè di due, nè di tre, ma di tutte le virtù nostre ; e noi non abbiamo
ancora dato a costoro prova alcuna di coraggio e d'ardimento. Ep
pure sono virtù romane. L'ho trovato : ecco , ecco, quello che la
patria, il padre e tutti s'aspettano ancora da no
Questi pensieri balenarono d'un tratto alla mente di Clelia, ed ella
subito gli accolse e subito attese a mandarli ad effetto .
Dicesi che i fanciulli amano il pericolo quando si presenta loro
come piacere , ma che, se è imposto loro come dovere, si mettono
subito a piangere per sottrarsene.
CLELIA 19
IX.
vero , dopo l'esperienza dei molti giorni passati nel tuo campo , io
non so che cosa ci sia da imparare tra voi , nè vedo che siate di
sposti a imparar gentilezza da noi , nè capisco perchè vi debbano
essere affidate donzelle bennate. Quale avevate bisogno di noi ? Non
hastava la parola de' padri nostri ? Ma da noi gli uomini , appren
dilo, mancherebbero alle voci della natura piuttosto che alla data
parola. Bella gloria l'operare come gli usurai e pretendere da gente
onesta, oltre la scritta, anche il pegao ! Non dar molestia, o re, alle
mie compagne ; solo di questo io ti prego : fui io che le indussi a
fuggire, ed una per una le trassi, passando a cavallo il Tebro, a
salvamento. Su di me riversa dunque la tua collera ; e, se appo voi,
tale è l'uso dei prodi, inveisсi pure contro un' inerme fanciulla .
Tu se' molto brusca, spedita e franca nel dire.... e nel fare ;
ma vedremo se a lungo saprai serbare la tua audacia.
E volgendosi a ' soldati : Conducete alla mia presenza i giovi
netti e gli altri Romani che rimasero nel campo. Costoro sì, furono
savi; essi non violarono la santità del giuramento de' loro padri, essi
non fuggirono.
Ma sai perchè rimasero ? Rimasero perchè avevano ragione
vole speranza, essendo uomini e in verde età, d'incontrarti un giorno
o l'altro nel campo di battaglia e di farti sentire come abbiano pe
santi le destre ed affilati i ferri. A noi non sorrideva la speranza
di opportunità si felice ed abbiamo afferrata questa prima, furse que
22 CLELIA
X.
LA FUGA DI CLELIA ( 1 ),
ne(1) Dal
l 179 9. saggio di versi estemporanei stampato la prima volta in Pisa
(2) Monte famoso di Roma sopra uno de'cui fianchi sorge il Campidoglio. .
( 3) Dio dei sogni.
21 CLELIA
I.
e della libertà ; per causa tanto santa non ti sia grave che noi com
battiamo, o Giove, colle armi sacre !
E i sacerdoti univano le loro preghiere a quelle del popolo ; i sa
cerdoti, che intendevano alla gloria del loro dio, nè s'occupavano di
sostenere i tiranni .
IV.
donzella, altri essere stata moglie d'un certo Temistio . Tolgasi quello che di
questi due più piace, non si levando per la contrarietà delle opinioni niente
della pia sua fortezza » . E più innanzi : 6 facendosi tumuliuoso impeto
dalla moltitudine con l'aime in mano contro Damarata ed Eraclia , figliuole
di Jerone, e Armonia di Gelone, ecc. ».
(2) Il Fazello, Slorie Siciliane : « povera fanciulla »
E LE FIGLIE D'ERACLIA 29
VI.
VII.
Non diresti ch'ella abbia tolto per breve ora a prestanza quel
grado, ma che in quel grado sia nata ; tanta è la sua nobile fierezza
anche nel dolore supremo e in faccia alla morte.
I crudeli le sono sopra, la percuotono con coltella , e dalle molte
ferite esce in copia l'innocente sangue; ma in lei non un gemito,
non una parola che faccia neanco sospettar dello scambio.
-
Vattene tu pure, a raggiungere nei regni della morte le cruc
ciose ombre degli scellerati tuoi padri ; alzando il ferro , gron
dante del sangue dell'uccisa, grida uno di quegli omicidi.
Ma la bàlia, la troppo fedel serva , poco lunge mirando il crudel
fato e la straordinaria fede della donzella, sente già rimorso, e non
può rattenere le lagrime.
VIII.
Vieni, o figlia di re, vieni a mirare quale sia il prezzo della tua
vita ; vieni a vedere a che altri soggiaćcia per serbarti una debole
e lontana speranza di regno ; vieni a contemplare quanta virtù sia
necessaria perchè tu possa forse un giorno essere sovranamente
malvagia !
Armonia dal suo nascondiglio spinge l'atterrita faccia, vuole farsi
innanzi ma con altri pensieri. La vista di una straordinaria virtù
l'ha purificata da ogni viltà ; ella, figlia di principe, si vergogna d'es.
sere stata vinta da una figlia del popolo.
- Costei, sì , era propriamente degna del nome e del grado di
>
tono le ali qua e là, esterrefatti; e invano la madre tenta far loro
scudo col suo petto e colle sue ali.
Eraclia, ai primi romori, indovina tosto a che vengano coloro ; e,
scapigliata, in semplice e bruna veste, ripara colle figliuole all'ombra
dei domestici altari, sotto la protezione degli dèi Penati.
« O Mani (1) di Gerone e di Gelone, ombre del padre e del marito,
proteggete la pia donna ! Se vi tocca pietà di coloro che avete la
sciati nel mondo, non permettete che qui, dove ogni sera siete ono
rati ed invocati da lei e dalle sue figliuole, per mano di crudeli
uomini, esse, qui rifuggite , periscano. Tonate contro i crudeli, ri
cordate ad essi i meriti vostri ; ed in nome de' vostri meriti esigete
che siano rispettate e salve queste derelitte. Perchè, gridate loro ,
voler involgere in una stessa fine i rei e gl'innocenti ? Se per la
giustizia siete insorti, com'è che inaugurate la libertà vostra colla
maggiore delle ingiustizie ? »
La voce eterna della giustizia avrà forse parlato in cuore ad al
cuno di que' furibondi; ma i più, accecati e fatti sordi dall'ira non
videro gli altari che contaminavano, non udirono le preghiere delle
infelici e le minacce del cielo.
--
( Anni di Ro na 6.0).
I.
II.
( 1 ) Sesterzio, moneta d'argento degli antichi Romani,> che valeva circa due
crazie toscane, cioè dieci centesimi,
CLAUDIA , VERGINE VESTALE 37
-
Non trascurò egli, il console, prima di venire alle mani coi
Salassi, il solito sacrifizio agli dèi di Roma sulle frontiere del ne
mico ? Come poteva egli averli propizi, se col suo disprezzo gli offen
deva ? E , cacciatosi inconsideratamente fra burroni e monti scoscesi,
non vi perdeva egli nella prima battaglia cinquemila uomini, il fiore
della gioventù romana ? Quante madri non piansero i loro cari per
la dappocaggine di costui ? Che se vinse nella seconda battaglia, e
se i Romani fecero alla lor volta mordere la polvere ad altrettanti
nemici, che fece egli altro mai se non riparare il primo fallo ? E per
ciò si sprecheranno le corone romane ? e per ciò si vorrà invilire
l' altissimo onor del trionfo ?
VI .
farmi credere ed operare come voi. Col mio buon senso arrivo ben
io a comprendere lo scopo delle argomentazioni, anzi de' sofismi vo
stri. Vorreste che collo zampino del gatto si levassero le castagne
dal fuoco, e questo grullo di gatto dovrebbe essere il popolo per ser
vire alle vostre private passioni. Che mi venite a cianciare di pro
digi che si sarebbero veduti dopo la prima battaglia perduta dal
console ? Che colpa ha il console se ad Amiterno una madre ha
messo al mondo un figlio con tre piedi ed una mano ? Che c'entran
le nostre vittorie con tale mostruosità ? Un tripede ! Ma c'è da ri
dere, non da affliggersi. Che sì che il bambino avrebbe dovuto na
scere con quattro piedi,per iniziare così l'èra dei popoli quadrupedi ?
E sono i quadrupedi che vi abbisognano, perchè quelli si , possono
imbrigliarsi, ferrarsi e condursi a mano come e dove si vuole .
Quanto poi a'ruscelli che , secondo voi , furono veduti correr sangue,
non la darete ad intendere a me , che non sono una femminetta . Che
se Appio Claudio fu vinto la prima volta, riparò anche prestamente
quella disfaita e fu doppiamente valoroso e doppiamente lodevole, per
chè non solamente vinse i nemici, ma vinse ancora quello sbigottimento
e quella sfiducia che dopo un rovescio s'impadroniscono facilmente
dell'animo dei soldati. Cinquemila morti dalla nostra parte, e cinque.
mila da quella dei nemici ! E che vuol dir ciò ? Rimasero forse per
questo vincitori i Salassi e vinti i Romani ? Ride bene chi ride l'ul
timo, e gli ultimi a ridere siamo stati noi. Se avete dunque voglia
di gittare il disordine e lo scompiglio nella festa, di cambiar questo
giorno fasto in nefasto , fatelo da per voi, chè lo fate per conto
vostro .
VIII.
I.
(1) Élia Sejana ; cosi chiama anche il Catrou la figlia di Élio Sejano.
42 ÉLIA SEJANA
t'agutò egli stesso ad ottenerli, tollerò , anzi compiacquesi , che tu
dividessi con lui le noje, le fatiche ed i pericoli del supremo potere ,
non s' irritò perchè in teatro i cittadini portassero anche per te ,
come per lui , le sedie dorate ( ! ) , e gli piacque che ivi tu fossi
quasi re di commedia ; ma quando vide che da strumento eri per
cambiarti in ostacolo, e che, in luogo di tenergli su lo strascico della
t
porpora , t'ingegnavi di tirarla a te per ammantarti sempre più con
essa, egli fini d'essere volpe e cominciò ad essere jena.
Stoltol tu giojsci perchè Tiberio s’ è allontanato da Roma e per
chò nell' isola di Capri fa le viste di non pensare ad altro che a
tuffarsi nel piacere e nello stravizzo !
Malaccorto ! egli ti guata, egli ti sorveglia coi cento e cento occhi
di coloro che invidiano alla tua potenza, e t'aspetta al varco .
La fiera spiccò un salto indietro, non per fuggire ma per buttarsi
improvvisa e con maggior impeto sopra di te e con tutto il suo
peso schiacciarti.
III.
Chi è quel brutto vecchio, che, calvo , lungo, sottile , curvo della
persona e col viso chiazzato di margini e di spesse schianze, sale
sulla più alta rupe dell'isola di Capri (2)?
È l'imperatore Tiberio , che , coll'animo tutto in tempesta , ha quasi
>
(1) Eraro otto anni dacchè Sejano avea ripudiata la moglie sua Apicata,
da cui aveva avuto tre figliuoli, per convivere con Livia, detta anche Lavilla
moglie di Druso, sorella di Germanico. Tacito , Annali IV , 3 , e Dione , Sto.
rie, LVIII.
(2 ) - Tutti s'interessavano per Sejano, é v'era sempre alle porte della sua
casa un concorso grande di persone , le quali a vicenda s'urtavano per es.
sere le prime ad entrare ; imperocchè ognuno temeva non solo di non esser
visto da lui, ma anche di esser vedulo dopo gli altri ». Dione, Storie , l. c,
44 ÉLIA SEJANA
Sejano li guardava, e al loro parlare e al loro chiedere non ri
spondeva. Gli occhi suoi ora si rapguvolavano, ora splendevano di
vivissima luce.
C
alcuno .
boja , da lui morto e gettato solle Gemonie , scolpo gli dèi per la prosperità
de' suoi eccessi , tanto odiati, pel suo rovescio più per la fortun famoson,
(3) « Gemonii gradus, o Gemonice scalæ, o Gemoniæ assolutamente , dicevasi
66
si, il padre vostro, che sognava archi, templi ed apoteosi , ed ora >
XII.
blici . Nel foro sia eretta una statua alla Libertà. Ogni anni
-
Non sono le gravi notizie d'Asia e d’Acaja (2) che facciano pen
soso il console Memmio Régolo : egli studia il modo di dar forma le
gale ad un assassinio.
Gli stanno dinanzi Macrone e Lacone ; gli hanno esposta la bisogna,
ed ora aspettano le sue decisioni .
Che ne facciamo dunque di Élia ? dice Macrone. Ella è fan
ciulla, e non s'è mai udito dare a pulzella il supplizio dello stran
( 1 ) Metodo d'educazione in uso anche a que' tempi : e si vede dalle parole
di Tacito che non era ignoto agli stessi figli delle principali famiglie.
( 2 ) Tacito , lib . V degli Annali , cap IV , scrive che l' Asia e l'Acaja erano
in procinto di far qualche moto per essersi alle Cicladi, e poi in terraferma,
vedulo un falso Druso di Germanico ; e fu un giovane di quella taglia , il
quale certi liberti di Cesare ( Tiberio), quasi riconosciuto , seguitavano ad in
ganno . Il vero Druso era carcerato , essendo stato da Sejano tirato nella
congiura.
ÉLIA SEJANA 51
golo. Ma pur ella debbe correre la sorte del piccolo Si-jano. Tiberio
lo vuole, che ha giurato lo sterminio di tutta questa razza.
Che farne ? Gli esempi non mancano , o Lacone , di fanciulli
legalmente giustiziati ; e voi dovreste ricordarvi che i triumviri >, per
abilitare un giovinetto al supplizio, il vestirono di toga virile (1) . Tro
visi un'industria qualunque, che ci liberi presto e senza scandalo
anche di costei .
- Insolito sarebbe che a fanciulla condannata si stringesse la gola ;
ciò è vero ; ma, se la faremo sposa, ogni legalità sarà osservata.
E chi, o console, vorrà disposarsi a lei ? non comprendo. Era
già fidanzata a Pompeo Druso ; ma il giovanotto colla pera in gola
pensò bene di andarla ad aspettare all' altro moudo (2) .
Non è ella già del carnefice ? A che tanti indugi e tanti par
lari ? A lui si dica sposata !
XVI.
Che fa Amore delle sue freccie ee della fiaccola ? Si tolga la sua benda,
vegga l'infame insulto e lo punisca col ferro e col fuoco. E Diana,
che si vanta protettrice e vendicatrice della virtù pudica, che fa ella
vagabonda pei boschi, e che aspetta per dirizzare l'arco infallibile ?
Amore, Diana, Venere , Giove e tutti gli dèi di Roma, perchè pieni
di turpitudini anch'essi, non ponno difendere l'innocenza così vil
mente schernita.
Di tali numi ha fatto scelta Roma pagana o per coonestare, se vi
ziosa, le proprie bassezze coll' esempio de' suoi medesimi numi, o per
esaltarsi sopra gli stessi dei, se virtuosa !
XVII.
I.
III.
IV.
Lilia Fundana non avea ancora due lustri, ch'era già l'ammira
zione de' parenti, de'propinqui e degli amici della sua casa. Nè erano
i genitori che, come al solito, buccinassero le sue rare qualità e le
amplificassero ; nè erano gli amici di casa che per piacenteria o per
altri più ignobili motivi la esaltassero ; si veramente le rare qua
lità del cuore e della mente , manifestatesi in lei con ineffabile
spontaneità, che le valevano gli elogi anche de' più difficili o in
differenti.
Ella non conosceva le virtù soltanto per teoria, nè discorrevane,
1
LILIA FUNDANA 57
come altre fanno, per libri letti o per insegnamenti avuti da'geni
tori o da' maestri ; ma le conosceva come amicizia intima e dome
stica, perchè bastava che per praticarle ella seguisse i suggerimenti
del proprio cuore e gli esempi del padre e della genitrice. Onde, per
non essere collerica, stizzosa, volubile, per non avere, in una parola,
tutti i difetti propri di tante e tante fanciulle, avresti detto non fa
cesse sforzo alcuno : nessuna lotta, almeno apparente, era in lei tra
la volontà e il dovere. Il buono era in Lilia come nei grandi artisti
è il bello , cioè senza stento o fatica visibile. Pareva che fossero in
>
si chiama cuore umano , che non mai si riempie , non rare volte
s'attrista senza saperné il perchè e senza poter dire a sè medesimo
ciò che gli manchi o di che si dolga.
Il buon Minucio è côlto anch'egli talvolta da quelle tristezze ; egli
ch'è pur buono, sapiente, ricco, onorato e felice per virtuosissima
prole : ma a dissipargli ogni tristezza ,> a rimetterlo in calma , tosto
viene amorosa l'industre figlia col dolce suono della sua voce o della
sua lira. La queta armonia di un'anima innocente si versa nel
l'anima turbata e ristabilisce l'equilibrio ; scompariscono i nugoli, e
ritorna il sereno .
VII.
Altro che fiori per la festa ! dice tra sè. — Il padre ha una
febbre che l'arde, e la madre, ahi poveretta ! è pallida, pallida, ste
nuata, ed ha appena un filo di vita. Oh Morte, che t'aggiri per questa
casa e cerchi una vittima , vieni a me , piglia me : non sono io più
>
X.
tenne in vita il pensiero della figliuola , ora più che mai bisognosa
di tutte le sue cure e di tutto il suo affetto .
Perdere la madrel ma questa è la peggiore delle* sventure, della
quale non sa spiegarsi tutto il danno fuorchè chi l'ha perduta.
· Vivrò per Lilia, – disse Minucio vivrò per questa creaturina ,
che senza di me , come fior senza rugiada , appassirebbe. Io le de
dicherò tutta la vita mia e mi presterò anche a quello che avrebbe
fatto per lei la mia povera Manilia. Anche per la mia povera Ma
nilia io obo erle memore e grato della mirabile sua virtù e
tenerezza filiale . Noi le abbiamo dato la vita, ma se fosse dipeso da
lei, ella ce l'avrebbe ridonata a tutti due. Dal luogo della tua bea
titudine (1), o dolce, o santa Manilia , ispirami: tu, ottima madre, tu ,
affettuosissima sposa, mandami de' buoni pensieri, perchè m' ajutino
a far della figliuola quel modello di possibile perfezione umana che
tu vagheggiavi nella tua mente . Devo all'educazione, che le hai data,
le sue virtù precoci e le amabili e rare qualità della sua fanciul
lezza ; ma fa ch' io debba alla tua memoria ed alla possente efficacia
delle tue ispirazioni ch'ella , progredendo negli anni , si mantenga
in virtù e progredisca eziandio nella perfezione. Ora ella è una vi
vente imagine di te ; dehi non avvenga che gli anni sopravegnenti
àlterino e deformino la delicata bellezza dell'anima sua !
XII.
Minució, rendendo sempre più virtuosa e più cara la figlia , non >
solo fa un gran bene allo Stato , perchè gli Stati vengono in onore
pe' buoni cittadini , e i buoni cittadini sono lo specchio e la regola
degli altri; ma procaccia a lei stessa l'intima e soave gioja della,
coscienza , non che l'amore e l'ammirazione di tutti i suoi concit
tadini.
Se qualche virtuoso cittadino , degno di Lilia, venga a chiederla
in isposa, il padre non contradirà. A che altro mai tendono i buoni
padri se non alla felicità dei figli ?
XIII.
vero che non ti sia ancora dovuto pe' meriti tuoi; abbilo come una
anticipazione. Mi sarai debitrice : io ti posso accordare una qualche
mora al pagamento .
- No , no , padre , quell'anello non fa per me. Io prescelgo un
fiore che mi venga da te , un tuo sorriso ,> un bacio. A che portar
sempre in dito un oggetto tanto prezioso ? Io lo perderei ; poi mi
sarebbe di continuo rimprovero dopo le tue parole. Me lo porrò in
dito il giorno che, superati gli studi pericolosi della vita , potrò dire
d'aver imitato mia madre , di aver trionfato delle tentazioni e dei
pericoli.... ma adesso no .
In somma , ti dico ch'è roba tua ; ponilo o no in dito , usane
ora o serbalo per quando sarai vecchia , cio poco m'importa : la
conclusione si è che puoi farne quel che vuoi ; t'ho detto che è
tuo, e sia tuo .
Mio, propriamente mio , e ne posso fare quel che più mi piace ?
Allora felice me ! perchè ti prego subito di portarlo a quel povero
LILIA FUNDANA 65
nostro vicino, vedovo, cieco ed infermiccio , che ha tanti figliuoletti
da mantenere. Vada, signor diamante, vada un poco a brillare negli
abituri dove non è solito andar mai ; vada nella cameruccia di un
povero, dabbene e sfortunato operajo !
XV.
Giacchè colla lettura se'giunta alla felice età de' miei spon
sali con Manilia, e stai per ammirarla come sposa e come madre,
e in ciò ella fu veramente un modello a tutte le altre , io ti pre
gherò di leggere con ancora maggior attenzione quel libretto. Quella
della madre e della sposa è una vita, è una condizione che non an.
cora puoi apprezzare, ma che forse conoscerai tra breve , e im
porta grandemente che con ispeciale cura ed impegno venga da te
considerata. La donna, divenuta sposa e poi madre, non è più la gio
vinetta che vive per sè, la quale, poichè ha atteso ad essere virtuosa
per sè medesima, ha finito il compito suo ; divenuta moglie e madre,
ella, invece, debbe vivere anche per gli altri, e consacrare la propria
esistenza al marito ed alla prole ; ed a nuovi doveri nuove virtù oc
corrono. La pianta che ha dato 'bellissimi fiori, è chiamata a dare
anche saporitissimi frutti. Or dunque l'esempio della madre sia la
tua scuola ; e scolpisci bene in mente com'ella abbia saputo adem
piere ai molti doveri del suo nuovo stato , e che abbia fatto per
adempiervi con lode. Guai a quella giovane che, andata a marito ,
ha ancora bisogno dei consigli o delle rampogne del compagno, per
conoscere ed esercitare i propri doveri ! Ella è la sua compagna ,
ella è la sua eguale; e non sarebbe ne compagna nè eguale, se en
trasse nella nuova casa come alunna ed apprendizia. Non iscolara,
ma deve entrare maestra già istrutta e preparata della prole vegnente.
Ciò che ella fa di bene e di male, tutte le sue azioni non rimangono
più chiuse e circoscritte entro le mura paterne, ma escono fuori e
soggiacciono al sindacato di tutti. Fa male la fanciulla che non
adempie scrupolosamente a tutti i doveri della sua età e del suo
stato, e dovrà renderne conto a Dio ed ai genitori, ma dalle sue
scappatelle la società risente poco danno ; laddove questa riceve
danno immenso, se la giovane sia divenuta cattiva sposa e cattiva
madre. Ella può pervertire il marito, ella può guastare e trarre a
perdizione i figliuoli, dar allo Stato disutili o cattivi cittadini; quindi
anche lo Stato ha diritto di vegliare su di lei, e, se ella non disim
pegna i suoi doveri, chiedergliene strettissimo conto . Delle cattive
spose delle cattive madri ognuno parla con disprezzo ; la loro me .
moria perisce maledetta , o, per maggior castigo, di generazione in
generazione si tramanda coperta d'infamia ; laddove il nome delle
1 5
BERLAN. Le fanciulle celebri.
66 LILIA FUNDANA
ottime spose e delle ottime madri non teme ingiuria di tempo , e >
come quello dei più celebri eroi, valica i secoli, ricordato con vene 1
C
LILIA FUNDANA 67
XVI.
(2) . Essendo andato una volta Pompeo nei comizi, quando si creavano gli
edili, per sacrificare, tenendo nelle mani una vittima che, per essere allora
LILIA FUNDANA 69
Hai ragione, papà : questa donna pel suo squisito sentimento
merita tutta la nostra ammirazione. In questo modo si, amasi dav
vero ! Anch'io, sai, papà, morrei di crepacuore, se pur mi venisse
il crudele sospetto che tu mi dovessi essere tolto ; e, se non morii
per la mamma, deve esser stato un miracolo di quell'amore im
menso che portavo anche a te. Morendo ti avrei fatto doppiamente
infelice ! Ma, se la perdita dell'adorata genitrice non mi diè morte
pronta , súbita, sento però che mi ha lasciata nel cuore una piaga
insanabile. Oh come stavo bene quando vivevate tutti e due !
Se veramente vuoi bene alla mamma, se ti ricordi con pietoso
e incancellabile affetto di lei, non devi affliggerti, perchè non ignori
che ciò mi fa male, e dispiaceva e faceva male anche alla mamma .
Serbiamo una cara memoria dei nostri che più non sono ; ma il
dolore della loro perdita non sia tale che ci faccia troncare a mezzo
e, peggio, troncare sino dal principio la nostra carriera, ch'è tutta
piena di doveri verso i nostri simili e verso la società. Abbiamo
ognuno il nostro compito ; perchè interromperlo, se quelli che ama
vamo hanno già finito il loro ? Altro è ando il dolore ci assale
improvviso e non lascia tempo alla ragione di accorrere in nostro
ajuto; ma, quando esso formasi per gradi, non bisogna permettergli
che a mano a mano ed a sua posta si aggravi e ci covi in seno
la morte. Di’al tuo cuore : « Io voglio essere una donna forte anche
a tuo dispetto : taci dunque quando si tratta di rendermi debole,
quando, per troppo amare ad una volta, mi togli il modo di amar
utilmente e lungamente ») .
Hai ragione, papà : mi ci proverò ; ma questo benedetto cuore ,
che ordinariamente cosi poco ascolta e consulta la ragione , vuole
assolutamente fare a modo suo quando senz'altro crede lui essere
e lui aver la ragione, quando, tutto acceso ed infiammato per ciò
che gli si presenta come vero bene e come virtù, a tutt'altro bada
che a richiedere od ascoltare consigli di chicchessia . I suoi sospiri,
i suoi palpiti sono generosi : ecco la sua ragione ; a che cercar oltre ?
Mia cara fanciulla, questi sono concettini e nulla più ; perchè
è lo stesso che dire : La fiamma fa un bel chiarore, diamo dunque
fuoco alla casa : illumineremo chi passa; che importa se vi bruce
remo tutti ?
(1) Il Boccaccio : - Veramente tal giudicio d'una generosa mente, che piut.
tosto ha odore di grand’uomo che di donna. Non è sempre tempo da risplendere
in oro e in gemme: non sempre da compiacere agli appetiti : non sempre da
fuggire l'estivo sole nè le piogge del verno; non è sempre da star nelle ca
mere nè sempre da aversi rispetto, ma co' mariti , secondo le occasioni , da
pigliar le fatiche, seguir gli esili, patir povertà, sopportare con forte animo i
pericoli. Questa è la milizia che s'appartiene alle mogli , queste sono le guerre,
queste le vittorie ; e i chiari trionfi delle vittorie sono aver vinto con costanza
e pudicamente le delizie e ozio , e con onestà le famigliari doglien .
LILIA FUNDANA 73
tezza erano obbediti; perchè il principe aveva per sè migliaja e mi
gliaja di satelliti, e i cittadini, sospettosi gli uni degli altri, nel co
mune pericolo non sapevano nè osavano far causa comune. E poi,
quando al tiranno sfuggiva la vittima , e' vendicavasi coi figliuoli e
co' parenti del condannato ; laddove obbedendo non si schiantava
la casa. Seneca, per amor alla moglie e per tedio della vita servile
non cercò di sottrarsi all'iniquo comando ; e, apprestata una gran
vasca di acqua tepida, segatesi le vene, vi si immerse , aspettando
tranquillo la morte. Anzi nella lunga agonia e' filosofava; ed uscendo
dalla spoglia mortale, il suo spirito ragionava della virtù e delle ve
rità eterne. La moglie non fu intorno a lui con lagrime e con la
menti , nè lo infastidi con inutili conforti, di cui egli , filosofo, non
2 >
XVII.
XVIII.
Questa paura di non poter adempiere con lode agli obblighi che
le saranno imposti dal nuovo stato questa quasi sfiducia di sè me
desima non sono effetto soltanto della sua modestia e riflessione.
-
Porta con te il santo tesoro delle tue virtù, ed esse ti faranno
buona sposa e buona madre, come ti hanno fatto buona figliuola ;
-
cosi qualche volta le dice una voce interna per rialzarle lo
spirito.
Perchè le virtù sono come l'oro , e a diversi valori possono per
così dire , esser coniate.
Ma Lilia non sa dare ascolto a quella voce e non può seguirla.
Non è sanato in lei il profondo dolore della perdita della genitrice,
non sono rimarginate ancora le ferite aperte nel suo cuore dalle
sofferenze durate dal padre. Ella lo occultò a tutti', ma quelle pene
si riflessero in lei : ella pati ne'patimenti de'suoi genitori ; oltrechè
le istancabili e affannate sue cure durante la loro malattia le logo
rarono la salute. Un sottil malore s'impossesso delle delicate sue
membra; esso serpeggia e lentamente le strugge : le rose dalle guancie
di Lilia sono già sparite.
Avresti detto che la morte si vendicasse di quelle cure, che le
disputavano la doppia preda, e che, mentre la fanciulla versava ge
nerosa il balsamo del proprio affetto per supplire a quel tanto di vita
che veniva sottratto a'suoi genitori, morte stizzita le gittasse in seno
i velenosi semi della distruzione.
Minucio non se ne accorge ancora, Minucio che ad eccessiva sen
sibilità attribuisce la pallidezza di lei; ma Lilia è gravemente malata .
XXI .
da essere invitato tra i primi e non dall' ultimo de' vostri servi: perciò
mi recai io stesso da lui jeri mattina.
V'ha detto che verrebbe ?
- Me n'ha dato grandi speranze. All'udire degli sponsali e' si
rallegrò assai: perchè egli stima ed ammira grandemente la figliuola
vostra. Disse ch'ella si meritava un Marco Tullio Cicerone, ma che
gli uomini di lettere non pajono destinati a cosi gran fortuna.
Ha veduto la figliuola i primi doni ?
– Si, ma ciò che parve piacerle più , fa quel semplice qua
dretto in cui voi stesso di vostro pugno avete scritto alcune sen
tenze morali.
Ne lesse nulla ?
Si, e al primo verso che dice : Donna buona vale una corona,
parve che la sua faccia pallida si trasfigurasse e colorisse : la com
piacenza dell'animo le si versava fuori per gli occhi scintillanti: ma
durò breve momento , perchè, come si pentisse di quella compiacenza
e si correggesse, si fece seria con se stessa.
Ella è modesta all'eccesso, com'era sua madre; e, cosa singo
lare, direbbesi trovarsi in lei due persone : l'una gentile ch'esercita
la virtù ; l'altra rigida, che la sorveglia. Tali donne non hanno bi
sogno de' riguardi umani per esser virtuose .
Fortunatissimo l'uomo a cui si associerà tanta virtù !
Oh sì, fortunatissimo luil ma egli seppe badare al proverbio,
che dice : Di buona terra to'la vigna, di buona madre to’la figlia.
XXII.
Oh non sarà nulla, non sarà nulla, o padre; sono deliquî che
mi capitano sovente, ma passeggieri. Non te n'ho avvertito mai, ap
punto perchè non sogliono lasciarmi nessuna grave conseguenza : il
calore della sala, i troppo acuti profumi dei fiori e il molto frastuono
spiegano benissimo questa mia improvvisa indisposizione. Perchè mi
avete posta a giacere ? Da qui a poche ore vedrai come starò bene
e come sarò allegra !
- Per troppo affetto , o figliuola , m'inganneresti tu ? Starestu cosi
bene, come dicevi della madre tua ?
E come la madre deve star bene ! Non m'hai tu detto che
a'buoni è riserbata in un mondo migliore altissima ricompensa ? Oh
come desidererei vedere la madre mia , che brillerà di vivissima luce
in que'luoghi, ove è un sole eterno ed ove le stelle servono di ghir
landa agli spiriti beati ! Ma no, le stelle sono altri mondi, di materia
peritura come il nostro ; mentre la luce che cinge quelle anime deve
78 LILIA FUNDANA
essere, come i loro spiriti, eterna. Padre, io sono curiosa di vedere
da me stessa quelle beatitudini ; e, quand' io giungerò là con in testa
la mia corona di bianche rose, vo'correre per quei giardini, e mi .
rare, que'fiori e confrontarli con quelli, di cui sarò inghirlaudata.
Dammi quà quella corona. Ahl deve servire per gli sponsali di do
mani ! Ma non vedi come il corpicino di ognuno di questi esseri
affretta ad esalare l'anima sua in effluvî, come ella gli facesse fretta
di lasciarla uscire ? E dove andranno tutti questi dolci odori che si
sperdono ? e dove la vivezza e la freschezza di questi colori che in
breve ora sparisce ? Si sollevano essi a tingerci, a profumarci, a rin
frescarci gli spazi eterni ? Io non sarò già egoista, o padre ; e, finchè
starai qui abbasso, non mancherò di venire di tratto in tratto a sa
lutarti per me e per la mamma9, ed a portarti novelle della nostra
beatitudine. Io t'avvezzerò alle gioje de'celesti, ti farò pregustare
quella vita, primachè tu ci arrivi.... Dammi , o padre , la tua mano ;
mi par già di mettermi in cammino.... Che strade di luce.... che lunga
fila di spiriti celesti!
La destra di Minucio è nella destra di Lilia, ed ella , appressan
dosela al cuore, ricade svenuta.
XXIII.
Al ritornarle dei sensi, Lilia gira gli occhi intorno, e vede padre,
sorelle e parenti intorno al suo letto tutti lagrimosi.
Che è ciò, papà ? -- gli dice. - Perchè piangi ? Mi sono io lagnata ,
t'ho detto io mai di star male ? Se lo credi, dove è il tuo coraggio ?
e perchè il tuo coraggio è minore di quello di tua figlia ? Ma io sto
bene ; molto bene ; credi a me : anzi dopo questo breve riposo mi
sento tutta ristorata. Non so se mi troverò spesso cosi bene come
adesso : anzi, se tu volessi darmi retta, non dovresti lasciar passare
quest'occasione per farmi fare quel ritratto di cui mi hai parlato
tante volte. Se mai la morte venisse per staccarmi da te, venuta per
una, troverà due Lilie, una delle quali che non si può rubare, e che
rende esattamente la prima, ed anzi aggiunge ai pochi pregi di lei
i molti dell'artel Alla peggio ; non mi prenderesti tutta intera ; e poi
m'avresti sempre giovane e sempre buona....
Lilia fa forza sè stessa ; nel suo dolore s'affatica e si spossa a
trovar argomenti da lenire quello del padre.
XXIV.
XXV.
1
nefattore. Egli non ha più sposa, egli non avrà tra breve più figlia :
non gli restate che voi. Consolatelo nel suo dolore, e tale e tanto sia
il vostro affetto che, non soltanto lo compensi largamente della per
dita di me , povera fanciulla , ma gli faccia eziandio parer meno
grave quella della sempre lagrimata consorte. Io mi ci ero provata,
io, ma non ci sono riuscita ; voi, migliori di me, l'otterrete. Padre,
ricordami alle mie piccole amiche, e di' loro che fui sempre obbe
diente, rispettosa ed amante del lavoro e dello studio : così almeno
la mia vita sarà stata di qualche utilità a' piccoli fanciulli.
Al giovane, che m'avevi destinata in isposa , dirai.... Oh ! non dirgli
nulla.... se m'ama; non dirgli nulla di quel po'di buono che ho po
tuto avere in me stessa.... perchè ne sarebbe più desolato. Digli piut
tosto che quel giorno che mi sono promessa a lui , ho tremato pen
sando alla mia insufficienza ed ai gravi doveri dello stato in cui
ero per entrare. Oh padre , la tela della mia vita rimane incom
piuta ; io non potei tesservi tutte quelle virtù che avrei voluto ; monda,
ma troppo semplice fu la veste dell'anima mia ; e, quando mi pre
senterò alla madre, che si parti di quaggiù rivestita delle più belle
qualità, ella forse non mi riconoscerà neppure. La tua benedizione,
o padre, perchè a questo segno ella mi riconosca come figliuola. E
tu che la invochi continuamente, tu le parla per me e dille che non
mi è mancata mai l'operosa volontà di esser migliore. E se glielo
dici, ella mi verrà incontro, mi abbraccerà e mi bacerà , e quegli
amplessi e quei baci mi purificheranno dell'ultima polve terrena.
Oh la madre tua non ha bisogno, o figliuola, delle mie parole
per conoscere tutta la bontà del tuo animo; ma non dirmi che tu
morrai. Questa parola è coltello acuto al mio cuore ; non dirla ! No,
non morrai ; non sei no condannata a sparire per sempre, ma dopo
questa crisi, dopo questa notte di dolore, come fa il sole e come fa
la stella della sera , ti mostrerai più bella , più vivida, più lucente .
Non è mortale la tua malattia ; l'arte medica me l'ha fatto sperare;
ti ristabilirai in salute, raddoppierai la mia gioja, la mia felicità .
.
XXVI .
« Ella visse come il giglio, il garofano, la rosa, dilettosi a vedere
e pieni di fragranza ; gli áliti buoni della sua anima erano i suoi splen
didi ornamenti, e, dopo estinta, passò il buon odore delle sue virtù
in altre anime che trassero gli esempi da lei. Non evaporò il suo
profumo; fu conservato, come quello dei fiori,> in boccette di cristallo
finissimo e d'oro lavorato. Oh Manilia, Manilia, possa l’olezzo delle
tue virtù serbarsi a lungo nell'elegante anima della mia Lilia ! »
Al capezzale della morente sta la fedel bália, leggendole, come ella
ha desiderato, qualche pagina della vita di Manilia.
Il padre si scioglie in lagrime, perchè quella lettura gli esulcera
la recente ferita e gli riapre l'antica.
« Ella trapassò, ella si separò da me, quando io sperava rivederla
risanata, e gli spiriti eterni che l'accompagnavano lassù rattennero
i canti perchè io non mi destassi dalla mia illusione. Quel bacio che
tu mi recavi, o Lilia, in quel dì che ti sforzasti d' essere più lieta del
solito, era il suo ultimo addio ! »
Rialzando lentamente la testa e rianimando d'un tratto gli occhi,
Lilia, stesa la mano, cercò quella del padre suo, e la strinse e se
l'avvicinò al cuore. E , poi, con uno sforzo supremo : Un bacio
disse o padre, un bacio, ch'io riporto alla madre mia !
E fu l'ultima parola, l'ultimo bacio !
XXVII.
Nel meditare la vita di Lilia Fundana ho dovuto dire a me stesso
che non è infelice la condizione della rosa , che vive un sol mat
tino, nè quella dell'usignuolo , di cui sono contate le primavere ,
nè quella dell'incenso, che vive morendo ; poichè tutte queste cose
1
hanno allargata e diffusa al di fuori di sè medesime. l'esistenza
propria.
La brevità della vita ha il suo complemento e la sua compensa
zione nel bene ch'essa ha fatto e nella cara memoria che di sè
lascia. È una voce ripercossa , che due volte risuona . Chi visse
più , il ricco, sia egli pure avaro od epulone , che senza curarsi di
6
BERLAN. Le fanciulle celebri.
82 LILIA FUNDANA
(1) Cajo Minucio Fandano, quel medesimo a cui è indirizzata la lettera nona
del libro I, fu console non già nell'anno 804, come scrisse il Panvinio, ma nel
l'anno 855 (di G. C. 102) come ritiene il Tillemont, e come ha provato con un
marmo sincero ed autentico dello Smezio, e molto più coi Fasti delle ferie la
tine il Marini ( Fr. Ary . 129 , 14 ?) . Vedi il dotto Labus (Di una epigrafe an
tica, ecc., f. 24), il quale fa bresciano questo Fundano, e lo chiama Minicio,
è non già Minucio, come reca il testo . PARAVIA.
MARCILLA EUFROSINE .
(Nata in Roma l'anno 116 di Cristo ).
I.
IV .
VI .
fica appuntino nella gente alla buona, ma non sempre, anzi di rado
nelle persone di grande affare. Quel naufragio della ragione in esse
non è mai completo ; vi sopranuotano , vi si tengono a galla , o vi
trovano sempre qualche palischermo o qualche tavola di salvezza ,
l'idea del proprio interesse , la servilità , la simulazione e le altre arti
cortigianesche .
In uno di quei momenti ne' quali l'imperatore vinse in ebrezza il
suo favorito, è lecito supporre che costui gli strappasseun decreto
ch'esiliò Apollodoro.
E come credere diversamente ?
Nè facciamo troppa ingiuria a Trajano. Perché si ha grande mi
sericordia a' principi, quando dei gravi torti e delle spietate ingiu
VII.
Finchè Apollodoro stette in esilio attese con gran cura all' edu
cazione artistica di Eufrosine, che alla scuola del padre succhiava
ad un tempo l'amore all'arte e l'odio contro Adriano.
E perchè il padre la vide di prontissimo ingegno , volle che di
venisse eccellente anche nelle lettere.
Arti, lettere e scienze si danno la mano ; si giovano , si comple
tano e si abbelliscono a vicenda.
Per questo le Muse furono imaginate sorelle, vanno unite ed in
trecciano insieme carole.
Eufrosine a dieci anni , dotta nel greco e nel latino , gusta già
Omero e Bione, Virgilio ed Ovidio ; e sa ren der ragione a sè stessa
e ad altrui dei pregi di questi eccellentissimi autori. Ella vi spiega
con perspicace discernimento come siasi da essi ottenuta dove la
forza , dove la soavità del dire , perchè qui convenga sia stata
studiata la brevità, mentre in altro luogo si è voluta ed ottenuta la
magniloquenza ; e perchè questa descrizione sia scadente in con
fronto di quell' altra ; e che cosa manchi a quella figura , a quel
personaggio per produrre in voi quell'effetto ch'era pur nella mente
dell' autore ; in una parola ella vi mostra i traviamenti o i progressi
fatti dall'arte per tener dietro fedele alla natura. A produrre in noi
i tali effetti, la natura si vale di tali mezzi ; e degli stessi mezzi più
o meno si valsero quei grandi per destare in noi la maraviglia , il
piacere, il terrore e simili. E non solamente nella letteratura ella è
saputa, ma anche, come dicemmo, espertissima nelle arti e princi
palmente nell'architettura .
Apollodoro pregia tanto i giudizi di lei che ne' propri lavori non
isdegna consultarla.
Vieni quà, piccolo folletto, – le disse un giorno – dimmi un
po' se ti piace questo prospetto che ho ideato di una scuola pubblica.
-
XI .
Un pretoriano. Sta qui maestro Apollodoro ?
Apollodoro. Si, e son io ; che domandate ?
Il pretoriano. Il sempre angusto nostro imperatore Adriano vi
manda questo rotolo di disegni perchè vogliate esaminarli ; quanto
più presto possiate, gliene farete sapere l'opinion vostra .
Apollodoro. Dite al vostro angusto padrone che sarà obbedito ; e
voi tornate per la risposta fra qualche ora .
Marcilla . Che vuol dir ciò, papà ? che cosa hai fatto per ritornar
nelle grazie dell'augustissimo ? Lælius Adrianus Apollodoro suo sa
lutem dicit ? Corbezzoli ! ci si manda a consultare, a chiedere il
nostro giudizio !
La madre di Marcilla . Tu scherzi , ragazza , ma io ho un triste
presentimento ; il cuore mi dice che qui gatta ci cova.
XII.
Altro che cocomeri, che zucche e che poponi! Adriano ha di
sertato il regno vegetale cocurbitaceo, per buttarsi alla grande ar
chitettura . Vedi quà : è il disegno d'un tempio. .
XIV.
mai fatto ?
XV .
Madre ! madrel noi siamo infelici: per eredità non ci resta che
il pianto! Chi lo fa spargere non deve più vivere.
Un orribile pensiero ti passa per la mente , o figliuola ; hai
perduto il padre, e perderesti anche il tuo buon nome. Odii l'omi
cida, e corri ad un omicidio ? E quale poi ? Diranno, se riesci nel
l'opra scellerata, che hai ucciso l'uomo di non altro reo che d'aver
fatto eseguire la legge. È una calunnia che tuo padre cospirasse
contro l'imperatore ; ma come cospiratore fu condannato dai giudici,
nè un delitto può scancellare un giudizio. Oh ! piuttosto preghiamo.
La destra della donna non è fatta per brandire pugnali , nè il suo
cuore per albergare sentimenti così feroci. Tu ti crederai un'eroina,
uccidendo un tiranno ; ma le moltitudini applaudono a questo ti
ranno, lo celebrano, lo lodano, inneggiano a lui : tu il sai, tu il ve
desti ; tu , percossa nel padre, saresti creduta vendicatrice di lui, non
della patria. Restiamo pure, restiamo innocenti ; non ci rimane che
pregare e piangere. Preghiamo che sia lieve la terra al padre tuo ,
BERLAN. Le fanciulle celebri. 7
98 MARCILLA EUFROSINE
XX .
XXIII.
XXV.
Perdono ?
Perdono sì , perdono dalla madre , perdono anche dal genitore ,
>
1.
Delle sante ?
Si, care lettrici ; proprio delle sante nell'epoca dei lumi e del pro
gresso . Ned è fuor di proposito,
Perchè, credete voi che per nulla, durante secoli e secoli , la so
cietà, quasi un sol uomo, innanzi ad esse siasi tenuta a mani giunte
ed a ginocchia piegate ?
Al vederle erano pur donne anch'esse, della medesima creta che
le altre.
Quella posizione incomoda all' amor proprio , durata per sì lunga
età, debbe far ragionevolmente supporre che in quelle anime privi
legiate fosse qualcosa di ammirabile, di straordinario e di utile al
l'umanità medesima.
L'orgoglio umano non si piega all' altrui riverenza se non vinto
dalla irresistibile forza del merito altrui e quando vi trova il suo conto.
Nè s'inganna il mondo tante volte e per sì gran tempo.
II .
III .
bene altrui; quella carità che in ogni tempo è la base della vera
ed illustre grandezza.
San Paolo avea parlato; egli avea detto in che consistesse la per
fezione vera : « Il parlare le lingue degli uoniini e degli angeli, il
dono della profezia, il penetrare tutti i misteri, l'avere la scienza di
tutte le cose, a nulla giova, se non si ha la carità » .
Santi e sante non erano e non doveano essere possibili che a que
sta condizione.
IV.
Quando alcuni sfogliettano de' leggendari e delle vite de' santi com
pilate dall'ingenua pietà degli antichi, par loro di visitare un museo
dove si trovino vecchi usberghi, vecchi scudi e vecchie spade irrog 0
ginite.
Oh quelle armi non si usano più !
Certamente non si (isano più ; e poi la generazione presente non
saprebbe reggere al loro péso.
Ma molte di quelle spade, di quelle lance, di quelle frecce, anche
senza badare al loro pregio , perocchè sono capolavori dell'arte di
quelle età, voi le potete abbrunire ed affilare, ed abbrunite ed affi
late vi servirebbero pure oggigiorno.
E così vi hanno in que' leggendarî, in quelle vite, esempi che pos
sono farsi utili anche a ' nostri tempi.
Quando Davide, fuggiasco dalle persecuzioni di Saule, riparava in
Nob, nella città de' sacerdoti, vide nel tempio la ben nota a lui spada
pesantissima di Goliat appesa in voto alle sacre pareti. Egli era
inerme ed affamato, frammezzo a pericoli ed insidie : cibo ed armi
gli erano necessari. Ricusò egli i pani di proposizione e il brando
votato a Dio offertigli dal vecchio sacerdote Abimelec ?
T:
(1) Pene infans parentibus orbata, canta la Chiesa nel giorno della sua festa
(lezione IV ). Il Cavaccio , nella sua opera intorno al cenobio di Santa Giu
stina : Vix puellares annos excedebiit. Secondo l'Orsato ( Historia di Padova,
lib . I ), nacque nel 53 e mori nel 70 dell'era cristiana . Giustina, vergine e
martire , fu figliola di Vitaliano Giustino e di Prepedigna, ambedue d'illustre
e nobile schiatta . I parenti la educarono colla parola e coll'esempio alla fede
ed alle virtù del cristianesimo ; e fu battezzata da san Prosdocimo, discepolo
di san Pietro . Viveva dunque ai tempi di Nerone , che imperó dall'anno 54
al 70 di Cristo. Ella attese a superare colla nobiltà delle azioni la chiarezza
dei natali , a tener più conto della bellezza dell'anima che di quella del corpo,
ed a considerarsi ognora non altro che dispensiera al povero delle cospicuo
ricchezze eredate . Dove si soffriva, dove si gemeva ell' era come un'appari
zione inaspettata di beneficenza e di conforto. Pati il martirio in verde età,
come attestano queste parole della lezione V , che si canta dalla Chiesa nel
>
bisogno di lei, ella scancella i loro nomi , perocchè non crede che
nessuno abbia contratto debito con lei , ma si unicamente di avere
essa adempito al proprio dovere. Si sussidi la memoria a fin di bene,
ella dice, non a scopo di vanità. Chi pensa al prossimo al suo ben
s'approssima : il servizio torna sempre a casa con guadagno ; ma a
lei basta che delle buone azioni che fa sia pago il suo cuore ; le
basta sapere che , s' ella scancella que' nomi , v'è un potente , v'è
Iddio che li registra indelebilmente a fianco del suo dare e avere
nel libro della vita.
Con le sue chiavi d'oro oh quante volte ella dischiuse la prigione
al debitore ; oh quante volte riscatto dalla pena colpevoli che si di
cevano ravveduti e pronti a cambiar vita ; ed oh quante volte corse
a somministrare all'infermo e porse colle sue stesse mani i farmachi
salutari ! Se le tenete dietro, quand'esce di casa, voi la vedete pal
lida, sbigottita, affrettata ; ma, quando ritorna, sebbene stanca, ha le
rose sulle guance , è ilare e contenta. Perchè ? Perchè quand' esce
ella teme che i suoi soccorsi giungano troppo tardi ; e quando ri
torna è sicura, è lieta del bene che recato ad altrui.
Care fanciulle, non vi par bello, santo e delicato il pensiero della
nostra Giustina, che col suo libretto costringeva la memoria a non
far torto al cuore ?
Ditemi, se sapete, il nome di qualche eroina che facesse altrettanto.
VII.
Sant' Agata
Forsechè la Chiesa ha sofferto tante e così accanite persecuzioni
perchè gl'idolatri tenessero molto a' loro iddii, e perché il politeismo
greco - romano fosse radicato nel loro cuore ?
Nol crediate; l'antica religione di Roma era giunta a quello stadio
da cui ogni istituzione volge a decadenza non solo, ma anche a pros
sima ruina; e quello stadio era l'indifferenza e le sprezzo quasi ge
nerale dei dogmi e delle cose del culto. Per alcuni queste non erano
più che abitudine, per altri riposo nelle commozioni e ne' tumulti
profani, per altri divagamento e sollazzo nella monotonia della vita.
Quella religione aveva finito il suo compito; se ne vedeva l'insuf
ficienza , se ne sindacavano le dottrine, se ne criticavano gli errori ;
poca o nessuna considerazione godevano i suoi ministri ; essa avea 1
VIII.
Agata nella curia , guidata dal liberto . Trilustre appena (1) , è per
fettamente bella, alta della persona e di leggiadre forme, ma nei li
neamenti e nelle movenze nulla ha di leggiero. Il suo incedere, al
suo guardare, il modo con cui erge la testa ha qualche cosa che ri
vela la giovane altamente compresa della propria dignità. Non è vana
superbia, ma santo decoro ; tutto mostra in lei, anche nel dire, che
ella pensa che ognuno le debba rispetto, non per i suoi natali, non
per le sue ricchezze, ma per la nobiltà del costume e del contegno.
I suoi grandi occhi sono ornati di due sopraciglia delicatamente ar
cuate, che aggrottansi ad ogni altrui minima sconvenienza di parole
o di sguardi, quasi archi che si restringono alquanto, mentre gli occhi
saettano sguardi di santo sdegno. Ma quando una tenera e benigna
impressione viene a rasserenare, a raddolcire quegli sguardi, irre
sistibile è il loro potere. Il liberto lascia per un istante Agata, giunta
a pochi passi di distanza da Quinziano ; ed a costui s' avvicina ,
parlandogli con voce sommessa. Intanto Agata , volgendo le spalle
a' soldati, butta un'occhiata sprezzante sulla vecchia statua di Giove,
di cui è riparato alla meglio il fulmine, Quinziano accenna al li
berto di far che Agata yli s'accosti. Patrizi e popolani, quali sono
già entrati e quali entrano nella curia. Il proconsole, in gran sus
siego, va ad occupare sotto alla statua di Giove un alto seggio di ala
bastro forito con teste di tigre ne' bracciuoli.
Quinziano. Di che gente sei, o fanciulla ?
Agata . Tutti sanno chi io mi sia e in Palermo e in Catania, e tu
per il primo, che, incontratami non è gran tempo in Palermo, cu
rioso del mio essere e del mio stato, assiduo t'eri messo a frequen
tar la mia casa.
Quinziano. T'interroga il magistrato ; rispondi. Di che schiatta sei ?
Agata. Che importa ch' io sia di nobile lignaggio ? Vuoi ch'io lo
ripeta in pubblico , per avvilirmi forse , e perchè , ricordando quale
io fossi, ognuno vegga a che condizione infelice tu m'hai ridotta ?
T'inganni però ; nella forte sicurezza della coscienza, la mia anima
gode combattendo le battaglie a cui l'hai disfidata.
Quinziano. Tu stessa confessi di avere sortito nobili natali ; or
com' è che, nobile, fai opere da schiava ?
( 1) . Sono chiari al mondo cattolico i martiri catanesi , fra i quali primeg
gia la patrona sant'Agata, che in età appena di quindici anni, seppe resi
stere ai più crudeli tormenti e confondere l'orgoglio dell'empioQuinziano ,
in quel tempo proconsole solto Decio, uno dei più ostinati perseculori della
Chiesa, ( Descrizione di Catania , Catania , Giuntini, 1841 , in -8 ). La santa
mori nel 251, essendo Decio console per la terza volta. Sant' Isidoro ' di Sivi
glia , cantando di lei, in due suoi inni la chiama Chris i puella, nobilis puella,
fortis puella . (cristiana fanciulla, nobil fanciulla , forte funciulla ).
118 SANT'AGATA
Agata. E quali sono codeste opere servili ?
Quinziano. Il non sacrificare agli dèi e tenere la superstizione dei
cristiani sono ben opere da servi.
Agata. Io non giudico opera da servi il servire la fede che più
ci piace. Opere da servi chiami tu l'esercitare quel naturale diritto
che ha ognuno di professare quelle credenze che più crede conformi
al retto modo di vedere di ragionare ?
Quinziano. Si, opere da servi ; il tuo cristianesimo ha i suoi pro
seliti nella vile moltitudine.
Agata. E sai perchè ? Perchè la moltitudine è oppressa ; ed alla
moltitudine oppressa s'affaccia ee conviene una religione consolatrice ,
di amore, di giustizia, e di eguaglianza .
Quinziano. Ti ribelli allo Stato ed alle sue leggi; lo Stato non $
palermitano, valente dipintore e scultore del secolo XVI . Nelle sale della
Biblioteca Ambrosiana di Milano si conserva una tavola del celebre pittore
Ercole Procaccino, milanese (n . 1596 , m. 1676). Essa esprime il martirio di
Agata. Mentre un aguzzino con una tanaglia dilacera la vergine cristiana ,
l'altro si sporge a guardarla in viso . Commovente è l'espressione della sanſa
maestosa e ispirata Certo Maniace trasporto il corpo di Agata da Catania
a Costantinopoli ; ma nel 1027 da un calabrese, detto Giliberto , e da un fran.
cese, chiamato Goselino, fu involato e riportato in Catania Le loro immagini
si veggono dipinte a fresco nell'interno della Santa Cameretta , nel duomo
della predetla città. Anche il pittore veneziano G. B. Tiepolo (0. 1692 ,
m. 1796 ), ai Santo di Padova , espresse mirabilmente in una tela il martirio
di sant'Agata .
126 SANT'AGATA
Quinziano. E , certamente , senza guaire, senza imprecare, pre
gando anzi pe' suoi uccisori, chè cosi sogliono morire i cristiani;
io lo so che la fede li fa eroi.
Liberto . Vi confessate vinto ?
Quinziano. Stolto ! è il vinto o il vincitore che rimane padrone
del campo nemico de' suoi tesori ? È il vinto o il vincitore che
entra a cavallo (monta sul destriero) nelle tende nemiche per por
tarvi il saccheggio ed il fuoco ?
Liberto. V'intendo .... gl'immensi suoi beni....
Quinziano. E chi non capisce che fra breve ora saranno miei ?
( Sprona il cavallo ; poco dopo una folta macchia lo toglie alla vista
del liberto ).
Sito boscoso a poche miglia da Catania. È notte buja , di quando
in quando rischiarata da lampi. In quegli intervalli di momenta
nea luce veggonsi due grigi lupi, sulla riva di gonfio e spumoso
torrente, affrontati e intenti a disputarsi un curcame di quadru
pede. Di tratto in tratto i loro ululati rompono que' tristi silenzi.
Comincia a cadere la pioggia , fischiando tra le foglie degli alberi.
In questo s’ode il lontano scalpito d'un cavallo ; poi più distinta
mente se ne distinguono i passi. Un lampo di luce rossastra illu
mina improvviso la figura di Quinziano , che , scoperto il capo e
coi capelli sparsi sulla faccia , a mala pena può reggere le briglie
al destriero che , aombrato , s' impenna. La faccia del proconsole
è pallida ; egli fa gli estremi sforzi per non essere gittato di sella.
Un tuono fragoroso copre il calpestio del cavallo, lo scroscio della
pioggia e il mugghiar del torrente . Poi un grido. Nella direzione
da cui è venuto Quinziano, ad un tratto cominciano a scorgersi,
in lontananza , molte faci, che , agitandosi nel nero aere , lo ri
>
che, correndo, le portano. Uomini e faci sono presso alla riva del
torrente ; si fermano ; chi è loro capo , tenendo alla colla sinistra
una fiaccola , addita colla destra il mezzo del torrente vorticoso ,
e dentro una massa che s'agita. Quella guida è il liberto ; egli
accenna a'suoi compagni Quinziano che, sbalzato dal cavallo ,
affoga fra quelle onde spumose.
Liberto. Noi c'eravamo affrettati al suo soccorso , ma una ineso
rabile divinità ci ha prevenuti. A chi basta il coraggio di strap-
parle la propria vittima ? Vedete come s'accavallano que' flutti, udite
come mugghiano ! Pajono orsi dai lunghi e bianchi velli che, azzan
nata la preda, ululano di gioja feroce ! 0 Quinziano, ti vantavi d'an
dare al possesso delle immense ricchezze di Agata ! I suoi avanzi
mortali avranno altari e templi ; mentre il tuo cadavere sarà ribut
tato tra breve da quelle stesse onde, che ora avide lo inghiottiscono.
SANTA LUCIA 127
IX .
Santa Lucia .
Lucia , giovinetta siracusana , è nata di nobili e doviziosi parenti.
Fanciulla, non l'allettano i trastulli , i passatempi e le vanità, ma
ama i poverelli.
Ella è così potentemente inclinata a far altrui del bene, che sti
mola a ciò la stessa sua madre, ch'è pur caritatevole.
Padre non ha ; egli in età verdi ima lasciolla orfana sotto la tu
tela amorosa della genitrice.
Lucia cresce negli anni, e cogli anni in leggiadria, grazia e spi
rito, ma, più che in altra cosa , nella carità verso il prossimo.
Questo è il suo amore, tutto il suo amore, dopo l'affetto ingenuo,
obbediente e rispettoso verso la genitrice.
Madre mia, io non isposerò mai quel giovane pagano a cui in
età ancora acerbissima mi prometteva il padre. Non siamo più pa
gani noi. Inoltre, perchè arricchire co' miei beni un uomo già ricco
e che non pensa a me se non per le mie ricchezze ? Con la dote
compererei la infelicità della mia vita; dispensiamola invece ai po
veri , ristoriamo con essa tanti afflitti e tanti tribolati. Rimarremo
forse per questo meno agiati ? Non rimarrai tu , madre mia , abba
stanza ricca ? Perchè è a te ch'io penso, essendo a me più che suf
ficiente un rozzo sajo e un tozzo di pane.
E la madre : Figliuola mia, lasciami prima chiudere gli occhi
all'eterno sonno ; poscia farai quel che ti piace.
Madre mia, desidererei che le elemosine che voglio fare fos
sero profittevoli non solo a me, ma a te pure, e che non solamente
io, ma tutte due fossimo benedette. Chi dà al povero, non dà forse
al Signore, e il Signore non è egli generoso così da renderci il cento
per uno ? Quando mai andarono perdute per l'eredità eterna le be
neficenze fatte in questa vita ?
Si >, figliuola, farai il bene, lo farai anche per me, ma dopo la
mia morte. Mi dorrebbe vederti , anche per quel po' di tempo che
mi resta a vivere, priva della considerazione del mondo : e sai bene
da che il mondo faccia dipendere la propria considerazione.
No, no, mamma ; quelle elemosine, se si facciano dopo la tua
morte, non ti gioveranno più cosi efficacemente. Le elemosine sono
come torce accese, le quali ci rischiarano il cammino acciocchè
non inciampiamo; bisogna dunque portare la torcia avanti, e non
farla venire dietro a noi. Perocchè, quantunque sia bene lasciar la
limosina ai poveri dopo la morte, è meglio e più meritorio darla
mentre si è in vita. Dopo morte la ci casca da sè quasi di mano ;
128 SANTA LUCIA
morte .
- V'hanno peggiori tormenti, o figliuola , appetto a' quali sono
un nonnulla quelli che torturano il corpo. Quell' uomo, per vitupe
rarti non rifuggirà neppure dalla calunnia. Se, in luogo della gloria ,
ti toccasse, o figliuola, l'infamia dinanzi agli occhi del mondo ?...
Madre , il mondo ? Ma nulla chieggo da esso , e tutto gli do ,
se bisognosa, senza pretendere ch'egli mi sia grato o che non si
mostri meco sconoscente .
Dunque sull'altare della carità vuoi che si consumino i nostri
beni , la nostra vita e forse anche il nostro buon nome ?...
No , non si consumeranno , cara madre, si convertiranno in
soave incenso, grato all'umanità e a Dio (1).
X.
Sant'Eugenia .
La vanità d'un titolo inebria certe zitelle per siffatto modo che
nè la bruttezza , nè la tarda età , nè la miseria e neppure la non
>
(1 ) Il giovane a cui Lucia era stata destinata era pagano. Com'egli seppe
ch'ella volea rimaner vergine e che vendeva i suoi beni per distribuirli ai
poveri , montò in furore e accusolla per cristiana al governatore Pascasio. La
persecuzione di Diocleziano infieriva allora contro i seguaci di Gesù Cristo.
Il giudice con pensiero infernale la espose alle più pericolose tentazioni; ma
Iddio vegliò sopra di lei e nessuno ebbe ardimento di farle sfregio. I tor
menti usati per vincere la sua costanza furono egualmente senza successo ;
dopo di che venne rimessa in prigione , tutta coperta di piaghe , ove morì
5
presso Varese, nel 1626. Il suo pregiato dipinto conservasi nella R. Galleria
di Torino. Sono due mezze figure : un manigoldo che con fredda crudeltà im
merge il coltello nel petto della vergine. « Le arti , scrive il ch. sig. Filippo
De Boni , trassero molte ispirazioni dalla storia di questa santa ; la bellezza
delle membra e dell'anima , il coraggio degli eroi e la gracilità femminile
infiammò la splendida fantasia del Tinioretto (Giacomo Robusti, an. 1512, in
1594) e l'anima soave del Domenichino n.
( 1 ) Agnese seppe trionfare della fralezza di sua età , com'anco della cru
delià del tiranno, e coronò la gloria della castità con quella del martirio ....
Roma fu il teatro di sue vittorie, poco tempo dopo il cominciamento della per
secuzione di Diocleziano riaccesa nel 303. Non aveva che tredici anni quando
soggiacque a'tormenti . Le ricchezze e l'avvenenza d'Agnese trassero molti
giovani delle primarie famiglie di Roma a domandarla in isposa , ma ella si
ricusò a tutti costantemente. Quindi , veggendo vani i reiterati loro sforzi, la
denunziarono al giudice come cristiana ; con ciò speravano che la sua riso
luzione non istarebbe ferma contro le minacce, e l'apparecchio de' tormenti .
Il giudice adoperó, innanzi tutto, le carezze e le promesse più lusinghiere;
ma, avendo essa ripetuto che non voleva sposo terreno , egli si pose in sul
minacciare credendo di spaventarla. Ma s'inganno ; imperocchè Agnese fe'
mostra , in un corpo debole e delicato , di an animo intrepido il quale non
agognava che al martirio. Finalmente si accese un terribile fuoco, si recarono le
unghie di ferro , i cavalletti e tutti gli strumenti che servivano a' supplizi . La
verginella si fe ' a mirare questo spaventevole apparecchio senza esserne punto
scossa ; in mezzo ai carnefici che le erano d'attorno conservò sereno il volto.
Ella non istava aspettando che l'ordine del magistrato per darsi loro in balia .
Questo non fa ancora tutto : ella diede in segni manifesti di gioja al veder
le torture che stavanle preparate e si presentò da sè stessa per sofferirle . Ale
lora fu tratta innanzi agli idoli per isforzarla ad offrire loro incensi , ma ella
non alzo le mani che per fare il segno della croce. Il governatore , vodendo
tornare inutili i suoi disegni , minacció Agnese di esporla, in mala compagnia,
agli insoli di una gioventù libertina. E perchè ella non si spavento , ma ripose
la sua fiducia nell'ajuto divino, il giudice corracciato fece eseguir la minaccia.
Ma i più dissoluti furono compresi da tal rispetto alla vista della giovane
donzella che non osarono neppure farsele presso. Frattanto il principale ac
cusatore d'Agnese aizzava sempre più il magistrato contro di lei e, infuriato
perchè la sua preda gli era uscita dalle agne , non dava ad altro retta che ai
trasporti della più impetuosa vendetta. Ma il giudice non aveva bisogno di
stimoli : indispettito egli stesso di vedersi sprezzato e provocato da una gio
vinetta, la condanno ad esser decapitata. La vista del carnefice incaricato
dell'esecuzione di questa sentenza riempi di gioja Agnese. Il carnefice tento
egli pure di farla rimotar dal suo proponimento, secondo le secretė istru
zioni ayute : ella rispose costantemente che non avrebbe mai tradito la fede
giurata a Dio. Dopo ciò si pose per poco ad ora re , indi chinò la testa , si
per adorar Dio , come per ricevere il colpo che compì il suo martirio . Gli
spettatori non poterono rattenere le lagrime, veggendo una tenera giovinetta
carica di catene spirare intrepida sotto il ferro del carnefice. -
(Estr . dal
BUTLER ).
SANT'AGNESE 133
Ella pugnò contro spietati e potenti uomini per la libertà del suo
cuore e per la sua libertà di coscienza e di culto ; ella , spinta a
battaglia contro i sensi, pugnò contro sè stessa, battaglia più ardua
e pericolosa d'ogni altra ; ed i più atroci tormenti non fiaccarono e
neppure smossero la sua ferrea volontà, la sua virtù ,.il suo eroismo.
Mostri umani, quali sono la feroce idolatria e l'empia avarizia,
hanno reso freddo e dilaniato cadavere una leggiadra e vivace fan
ciulla ; ma a che pro ? Stanchi e svergognati, fremettero di rabbia ,
stringendo vuote ed inutilmente insanguinate le loro ugne.
Dove e qual è la vostra preda, o persecutori delle credenze ee della
virtù d'Agnese ?
Ella, cogli occhi levati al cielo, vi lascia confusi e con un nuovo
ed orrendo delitto , e corre beata alla santa estasi delle armonie
eterne.
O voi , la cui intelligenza non arriva a comprendere i sublimi
concetti del grande maestro sant'Ambrogio (1), accostatevi almeno
alla tela ammirabile del Domenichino ( 2 ).
L'istruzione non sarà scompagnata dal delitto, il buono dal bello.
Esamivate, e dite poi se l'arte moderna sa darvi opera più espres
siva e compita.
Un cortile dominato da una gran loggia , nella quale a vedere
stanno molte persone , è il luogo delle ultime battaglie e della vita
9
toria di Agnese .
Beata Panacea .
Nell'immagine bellissima di una giovinetta della Valsesia , il gran
pittore Gaudenzio Ferrari (1) glorificò il lavoro e la preghiera,
( 1) Gaudenzio Ferrari, celebre pittore e plastificatore , nacque in Valduggia
nel 1484 , mori nel 1550 circa. Il Lomazzo non dubito di annoverarlo fra i sette
principali pittori del mondo, omettendo , con troppa manifesta ingiustizia , il
Coreggio. Volle sempre dipingere argomenti sacri ; parve unico in esprimere
la Maestà dell'Essere supremo, gli affetti religiosi e talvolta anche l'ira di
vina. Sono di una sublime eleganza i suoi angeli. Nel convento dei Minori
Osservanti a Varallo viene mostrato un suo fresco esprimente la Pieta ( Cristo
morto, in grembo alla Madre). È tradizione che Gaudenzio facesse questo la
voro a quattordici anni , quando aveva appena aitinto i primi elementi del
l'arte da Girolamo Giovenone di Vercelli. Quand ' anche si considerasse come
un'imitazione di qualche disegno del maestro, reca però meraviglia che l'ese
136 BEATA PANACEA
ghiamo Dio per lei ; facciam quel che possiamo ,> concambiando con
auguri cordiali e con preghiere fervorose il pane che ci dà in ele
mosina.
-
Ella vi dà del pane ? -
facendosi di bragia in viso, grida la
matrigna . E s'alza da sedere, e gli urta , e li caccia fuori dal cor
tile, esclamando : Via di qua, gente inutile ed oziosa ; via di qua,
gente senza principi , che colle vostre finzioni sorprendete la pietà
dei figli di famiglia e li spingete a metter le mani sulla roba di
casa ....
E dice cosi, perchè ha subito pensato : Come può mai la ragazza
far elemosina del pane che dò a lei, s' è tanto poco ?
I cattivi non pensano che male, e sono ben lontani dal supporre
capaci gli altri di generose azioni.
Cavarsi un tozzo di pane dalla bocca per isfamare il povero ? Ma
essi piuttosto lo caverebbero di bocca al misero e gli trarrebbero
perfino i denti, se potessero venderli.
La fanciulla si levåva proprio di bocca il cibo per darlo altrui ;
povera ella pure, soccorreva un povero.
La giovinetta non si ristabilisce mai perfettamente in salute : è
sempre in lei un alternarsi della sanità e della malattia, perchè ella
continua ad essere bersaglio degli stessi maltrattamenti.
Dove sono, o sventurata fanciulla, i gigli e le rose delle tue guance ?
dove il corallo delle tue labbra ? dove l'oro de' tuoi capelli ?
La poveretta è tutta una lividura.
Ella più di qualche volta lascia tra le scarne palme della matrigna
i propri capelli ; ella più di qualche volta fa rosse del proprio san
gue le mani di quella furia ; ed una volta, ahi sventura ! vi abban
dona la vita (1).
(1 ) Mori nel 1383; aveva 15 anni come scrive il Bascapè, nella sua Novaria ,
seu de Ecclesia Novariensi, libri duo. Novariæ , apud Sessalam, 1612 , nel li
bro I , a pag. 103.
BEATA PANACEA 139
Ma perchè la conocchia non le sta invece nella sinistra e il de
voto libro nella destra ?
Non è più nobile, non è più santa del lavoro la preghiera ?
Dite piuttosto ch'è santissimo e per ii bisognosi più meritorio il
lavoro ; dite che l'uomo non fu condannato ma destinato da Dio a
lavorare, a sviluppo e perfezionamento maggiore delle sue forze e
delle sue facoltà (1) ; dite che non il lavoro ma il sudore, cioè la fa
tica venne data in punizione ; dite che chi lavora si santifica (2) ;
dite che chi prega e sta inerte e non provvede a sè ed alla famiglia,
non può dire al Signore ed alla società : « Ho tentato ogni mezzo, ho
cercato ogni via di salvezza, ma inutilmente : ora ajutatemi voi (3) » ;
dite che costui non merita e non avrà le benedizioni degli uomini
e del cielo ( 4) .
XIII.
Santa Cristina.
La Pinacoteca dell'Accademia di Belle Arti in Venezia serba tre
magnifici quadri di Paolo Veronese (1) esprimenti il martirio di santa
Cristina .
Colla scorta de' migliori scrittori di cose d'arte (2), daremo a co
noscere due delle predette pitture , quella cioè che rappresenta la
santa vergine mentre nega d'adorare gli idoli, e quella che ce l'ad
dita spinta nel lago di Bolsena.
Il soggetto del terzo quadro è la stessa vergine confortata dagli
angeli nella prigione.
Ma, prima di tutto dobbiamo dire in che tempo la giovinetta visse,
di che patria fu , quali genitori ebbe, quali vicende la trassero al
>
se facessi
torto a’miei convincimenti, se, corsa volontaria tra le file dei cristiani,
al primo allarme, al primo pericolo le disertassi. Il bell'esempio che
darebbe la fanciulla istruita, ricca e patrizia ! M'avevano pur detto,
essere la religione loro quella de' forti. E non solo detto, ma l'hanno
anche confermato splendidamente colla loro intrepidezza incontro
a morte. Io stessa co' miei occhi vidi cadenti vegliardi e teneri fan
ciulli bravare i tormenti. Sarò io debole, e la sola debole, in mezzo
a tanti gagliardi ? Può cogliermi, può ferirmi una scheggia dell' al
bero decrepito che stiamo abbattendo. Ma che perciò ? Non dobbiamo
noi abbatterlo per affidar quindi alla terra, di cui esso è ingombro
e danno, un'inutile semente ? Or se prevale in me la paura del mio
pericolo alla speranza dell'utile comune , perchè mi son messa in- .
sieme agli altri operai, e perchè mi son fatta credere com'essi, ge
nerosa ? Oh no , non sarò vile a tal segno. I genitori.... Oh Dio ! i
genitori ! Ma se con serena fronte m'assoggetterò alle pene che m'in
fliggeranno , ciò varrà a persuaderli che sono profondamente con
vinta di seguire l'unico vero, e forse sospetteranno finalmente e si
pentiranno di errar nelle tenebre. O Giustina, e voi altre sante gio
vinette, che m'avete preceduta nelle battaglie per la fede di Cristo,
guardatemi, guardate se io sono abbastanza forte e generosa ; pre
cingetemi della vostra costanza e del vostro coraggio.
Era nella ricca casa d'Urbano una stanza piena di preziosi simu
lacri, quali d'oro, quali d'argento, che rappresentavano i principali
numi del paganesimo.
Il pregio di quelle divinità era nella materia; per isplendere, per
valere qualche cosa avevano bisogno dell'oro e dell'argento.
Era passato il tempo che Giove era rispettato e temuto nella sua
figura di creta e col fulmine di legno.
Non potendosi parlare alla ragione, si parlava ai sensi; abbarba
gliavasi la vista.
SANTA CRISTINA 143
XV.
Sant'Agnese da Montepulciano.
Il proverbio dice che « bisognerebbe essere prima vecchi e poi
giovani » per poter avere i vantaggi delle due età, l'allegro gaudio
e la forte esperienza.
Ma tutte le regole hanno la loro eccezione , ed anche questa ha
la sua .
Uomini si videro in verdissima età , maturi per senno , come se
ne videro altri rimbambiti in tarda età .
Allora il comando appartiene ai primi, non agli ultimi : perchè la
senile ipettezza , danneggiando gli altri , fa sì che sia vergogna in
sopportabile la dignità di colui che non la merita.
I vecchi, perchè maggiori di età, voi li rispetterete , gli onore
rete anzi , perchè chi sa per quante dure prove dovettero passare
prima di giungere a quella loro vecchiezza ?
Ed è mai a supporsi che dalla lunga pratica della vita nulla ab
biano appreso più di voi ?
Ma , per rispettare e onorare gli uni , non vorrete far torto col
vostro giudizio ai giovani, a quelli cioè dotati di precoce senno.
Ogni età ha le qualità sue ; e quell' età è doppiamente rispettabile
e degna d'onore che aggiunge alle qualità proprie anche le buone
dell' altra .
Come anco in fanciullezza si possa avere l'utile senno, ch'è pro
prio generalmente dell'età matura, fu veduto in non pochi, e lumi
nosamente nella giovinetta Agnese da Montepulciano.
Leggete , e stupirete a quel che ne dice un suo biografo , Raf
faello delle Colombe .
Agnese da Montepulciano nacque nel 1268.
Le date giovano per potersi trasportare alle idee, agli usi, ai fatti
ed anche ai pregiudizi di altri tempi : senza di ciò il soggetto di cui
si tratta rimarrebbe al bujo o come una dipintura senza i chiaro
scuri.
di corpo e più sana dell'anima , aveva la solitudine per delizie e nella lor
bida città trovò un eremo di monaci .
Niuna cosa era più gioconda della severità di lei , niuna più santa
della giocondità, niuna più trista della soavità, nè niana più soave della tri
stezza . La pallidezza del volto è si fatta che mostra continenza, ma non per
tutto ciò si vede ostentazione. Il parlare tace, e il silenzio favella. L'andare
non è nè presto nè tardo ; e il medesimo abito sempre. Negletta mondezza e
incalta veste è il culto senza culto . Sola, ha meritato per le qualità della sua
vila che nella citlá , tutta piena di pompe , di lascivie e di delizie , e nella
quale è miseria essere umile, i buoni la predichino ei cattivi non ardiscano
biasimarla, che le vedove la imitino , le maritate l'onorino, le cattive la le
>
quella tanto giovanile età, i più abbienti del luogo gliela impetra
rono dal papa .
Martino IV per carità la diede , come la verginella dovette per
umiltà riceverla . 1
XVI.
Santa Francesca Romana.
Disse l'Aretino (2) che la carità senza roba è un tizzone verde e
spento.
Or come possono gli assiderati riscaldarsi al vostro fuoco, se non
l'accendete e se non dà fiamma ?
La carità a parole è uno scherno.
Voi mandate con Dio la povera gente che vi domanda soccorso ;
ma che strana confidenza avete voi col cielo , ma che libertà è la
vostra con Dio, come s' egli fosse un pagatore al vostro ordine ?
Nè voi, nè alcun altro ha conti d'avere con Dio.
Pregare è dolore , dice il proverbio ; e se sapeste quanto soffre
(1) Sant'Agnese da Montepulciano morì nel 1317. Il sopracitato suo biografo
Raffaello delle Colombe ( Firenze , Giunti 1603) : Sono stimate mollo in un
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giardino quelle piante fruttifere che crescono in alto, che distendono per l'a
ria intorno intorno i gran rami , e par che , quanto si solleva il tronco, ianto
vogliano allargar le braccia : nondimeno sono più ammirali quei frutti che
nani si appellano ; imperciocchè son piccioli di statura e grandi di perfezione,
ma tutti eguali e aggiustati e dirilti , di ordinarie frondi ma di pregiatissimi
pomi ; onorevoli presenti di principi e re. Lodinsi pur quelle che di anni molti,
di esperienza grande, di presenza autorevole son preposte al governo , ma >
colui che stende la mano, forse per la prima volta , in atto suppli
chevole !
Se egli, innocente, domandasse a Dio, non patirebbe , non vergo
gnerebbesi, ma leverebbe in alto gli occhi fiduciosi, perchè Dio è il
padre di tutti , perchè Dio non ha la vostra superbia e durezza di
cuore .
Ma, uomo, colle debolezze e coi difetti degli altri uomini, egli, il
meschino, si rivolge a voi, perchè non siete suoi giudici , perché
avete dei doveri da compiere verso i vostri simili : e voi perchè lo
respingete e perchè vi ricusate al debito vostro ?
Peggio , quando non date , ma sindacate severamente la povertà
altrui ( 1 ) .
Fanciulle, alla carità , e meglio alla beneficenza, quanto sta in voi,
siate pronte .
Perchè l'avere non è solamente di chi l'ha ;
Perchè la limosina, dice il proverbio, è fatta bene anche al diavolo ;
Perchè nega a sè l'ajuto chi ad altri il nega ;
Perchè la limosina non fa impoverire ;
Perchè chi fa al povero la limosina presta ad usura e non dona ;
Perchè quel che si dona luce, e quel che si mangia pute.
La carità è la sovrana delle virtù; essa è come il calore nell'u
niverso, senza di cui non v'ha né moto nè vita .
Onde non vi dispiaccia, o fanciulle, che agli altri esempi di filan
tropia s'aggiunga per noi anche quello di Francesca Romana.
Ella è modello appropriato a tutte le età ; essendo stata benefica
del pari fanciulla e sposa, cosi nel mattino come nel meriggio e nel
tramonto della sua vita .
Teniamo dietro ai passi di lei, fanciulla e donna.
Francesca Romana, della nobile e ricca casa de' Bussi , fanciulla ,
è cara a' parenti per le sue belle doti , fra le quali sono specialis
sime l'umiltà e la carità.
Non tocchi per anco i tre lustri d'età >, andata sposa a Lorenzo
de' Ponzani, di cospicuo e facoltoso legnaggio, ella non è cúpida di
ornamenti di seta e d'oro, ma vuole ed ha l'animo ornato di soavi
costumi.
Ella non cerca le allegre, spensierate e leggiere compagnie , ma
vestita di poveri panni di lana, va in cerca del povero.
Acqua lontana non ispegne il fuoco, dice fra sè ; e perciò non si
fa desiderare da lunge, ma s'avvicina al bisognoso.
(1 ) Santa Caterina da Siena : Spesse volte gli uomini del mondo, sotto co
lore di compassione, caggiono nella mormorazione.
SANTA FRANCESCA ROMANA 153
Ecco, ella va alla sua vigna fuori di porta san Paolo a raccogliere
fasci di legna, e, raccolti, in testa li porta a distribuire ai meschini
e se, per la quantità della legna, il peso eccede le deboli forze fem
minili, caricatone un somarello , gli va dietro per la città a piedi ,
scaricandole alle porte di quei miseri che lottano non solo colla fame,
ma anche col freddo .
Ecco che, per sovvenire ai meschini, ella s'unisce a Vanozza, sua
cognata, donna molto principale e prudente, e insieme va per Roma
questuando, acciocchè, oltre quello che dà del suo, più largamente
possa soccorrere i bisognosi .
Ecco ch' ella visita gli spedali e dispensa a ' malati quel che di nu
trimento o di medicine ha seco portato , esortandoli con dolci ma
niere a sopportare il male, con paziente costanza.
Eccola, finalmente , che, per sedare i litigi >, per acchetare le dis
sensioni, per comporre le controversie , per rimettere sulla buona
strada i traviati, non perdona a fatica.
E iu tutte queste opere di beneficenza, Francesca Romana fa da
sè ; non si affida a' servigi ed al ministero altrui , perchè sa bene
che troppe volte chi è delegato a far la carità al povero comincia
a considerarsi poverissimo fra i poveri e finisce col fare la prima
carità a sè stesso. Inoltre Francesca è sempre ilare, perchè « chi dà
per cortesia dà con allegria » (1).
Dar di mal garbo è offrire un fiore che puzza.
La carità, la beneficenza sono medicine al dolore fisico e morale ;
ed oh come è benedetto quel medico che porge un farmaco che, non
soltanto giova, ma anche solletica soavemente i sensi (2) !
( 1) Socrate disse che più allegrezza era il dare che il ricevere , perciocchè
il dare viene da benavventuranza : cosi un trecen:ista ; ma anche i poveri
sogliono avere quest'allegrezza , chè, quando danno , danno di cuore .
( 2) Santa FRANCESCA ROMANA, quadro di Francesco Barbieri detto il Guer
cino , nella Reale Galleria di Torino, descritta dal marchese Roberto d'Azeglio .
“ Questa insigne matrona , che fioriva in Roma nel secolo XIV , apparisce
nella storia fra quegli esseri eletti , i quali sembrarono suscitati dal cielo a
consolazione dell'umanità. La beneficenza di lei fu ingegnosa ad accrescere
colle proprie privazioni la dote degl'indigenti, contracambiando sovente i cibi
di sua mensa col tozzo di pane de' mendici, del quale faceva poi il suo ali
mento. La più sublime fra le viriù dettate da un a religione, cui è base l' a.
more , il cui Dio è carità , ha ispirato il Guercino nel presentarci l'immagine
di questa venerabile benefattrice del misero, della quale egli si era mostrato
sovente non solo ammiratore ma imitatore .
» Le ruvide lane che l'ammantano sono le vesti prescelte per elezione da
quella, a cui le avite ricchezze potevano largamente fornire il bisso , la seta
e l'oro. La cesta di pane situata a' suoi piedi è ivi come l'emblema della ca
rità, la quale fu il carattere dell'intera sua vita . Nel libro dei Salmi , che ha
fra le mani, è indicato un passo in cui con umile affetto ella attribuisce a Dio
i più generosi di lei sacrifici. Infatti , nell'accennare a tali parole , il volto di
lei, ov'è trasfuso un raggio di gioja , si volge al cielo e sembra penetrato di
154 SANTA MICHELINA DA PESARO
XVII.
( 1 ) Cosi Pietro Ridolfi nella vita della santa Michelina da Pesaro. Rimini ,
Simbeni , 1585. E soggiunge : « Le lingue venivano meno e mutole , gl'intel
letti confusi, le memorie languide e quasi fuori di sè stesse ; per il che mo
veva tutti gli occhi umani a rimirarla , ed i voleri ad amarla ed onorarla **
E toccando di lei già adulta : « Stava per lo più in mezzo de ' poveri ed ella
curava le piaghe loro con le proprie mani , e li soccorreva in tutti i bisogni
loro, ed era convalso tanto il nome di Michelina per queste nove e pellegrine
imprese , che, sentendo il plauso del volgo, ne prendeva dispiacere, non vo
lendo in ciò onore alcuno di mondana lode , ecc. » . Il Butler, più brevemente
ma anche più insufficientemente , così parla di lei :
« La beata Michelina, nata a Pesaro , di una illustre famiglia, fa maritata in
elà di anni dodici ad un signore della casa Malatesta, una delle più antiche
d'Italia. Ella non avea che vent'anni allorchè perdelte lo sposo e , poco dopo,
l'unico figlio. Questa doppia pérdita, che la commosse vivamente, la distacco
affatto dal mondo e la spinse ad entrare nel terzo ordine di san Francesco . La
sua pietà parve tosto una follia a'suoi genitori , i quali la fecero rinchiudere
in una torre e caricar di catene . Ma, rimessa in libertà, Michelina se ne giovo
per darsi alla pratica delle opere di misericordia e per fare un viaggio in
Terra Santa. Mori nella sua patria, in età di 56 anni , li 19 giugno 1356 » ,
( 2 ) . All'ammirazione che desta l'opera (soggiunge il marchese Roberto
d'Azeglio ) è giusto che in caor di chi la considera s'aggiunga senso di pietà.
verso il pittore, pensando che in mezzo alle più crudeli angosce (di un av
156 SANTA ROSA DA VITERBO
XVIII .
Santa Rosa da Viterbo.
Fuori della collegiata di sant'Angelo in Spata, nella città di Vi
terbo, giace un sarcofago etrusco a bassi rilievi , in cui si dice se
polta una celebre fanciulla .
Essa è la bella, l'avvenente Galiana, decantata dalle cronache ro
mantiche del duodecimo secolo .
Nuova Elena, la dicono stata cagione di guerra tra Roma e Viterbo.
E additasi tuttora la finestra di una semidiruta torre presso l'an
tica porta di sant' Antonio , da cui vuolsi che la contrastata bellezza
fosse mostra per l'ultima volta agli assedianti.
Vederla un'ultima volta, e poi andarcene !
A questa condizione i Romani avrebbero acconsentito di riti
rarsi (1 ),
sempre sulle guardie non cozza con essi , non gli irrita , ma anzi
colla propria mansuetudine li sorprende e talvolta gli ammansa (1).
Come spiace e come indispettisce la superbia e l'immodestia di
taluni che si credono e si proclamano superiori agli altri , lodando
a cielo i propri fatti e deprimendo gli altrui !
Raro è il merito in essi, ed a lodarsi rimangono soli ; che è ve
rissima quella sentenza che l'orgoglio non ha nè padre, nè madre.
Ma se non ha nè padre nè madre, ha però in tutti quelli, ch'egli
disprezza e tratta con insolente dispregio, altrettanti nemici, perchè
siffatti superbi e immodesti lottano contro quel legittimo amor pro
prio che è innato in ogni uomo , non essendo altro che la dignità
della sua coscienza .
Volete proprio essere considerati dal mondo ?
Fategli del bene .
La fiaccola della carità illuminerà il viso di chi la porta .
E Rosa anche fanciulla era senza pari nel soccorrere l'altrui mi
seria, e caritativa a tal segno verso i poveri che, non il superfluo,
ma tutto il suo faceva comune con essi.
Ed oh come le doleva di non esser ricca per poter sovvenire a
tutti !
I suoi genitori l'amavano teneramente ; perocchè vedevano ger
mogliare in lei rigogliose quelle virtù che avevano seminate ; ma,
parendo loro che fosse troppo liberale , e temendo danno dalle non
troppo misurate elemosine della figliuola, la riprendevano non già
del dare, ma del dar troppo ed a troppi.
Che fece allora la fanciulla per obbedire nel tempo stesso a'geni
tori e soccorrere ai meschinelli senza recar danno alla casa ?
Dimezzò quel po' di cibo che le toccava di sua parte, serbandone
appena la metà per sè stessa, e l'altra distribuendola di nascosto a’
mendici .
Rosa sale i pulpiti delle chiese, ascende i seggi nelle piazze pub
bliche, infiammando i popoli all'esercizio delle virtù cristiane e cit
tadine, e smascherando le ipocrisie degli eretici, che, mentre si van
tano di emancipare il pensiero dell'uomo, fanno forza alle libere
credenze coll'autorità e coi mezzi che dà un supremo potere abu
sato ; e così assoggettano a indegna servitù anime e corpi. Ella spa
venta le moltitudini coll' idea dei castighi preparati agli empi, e degli
amari pentimenti, che aspettano anche quaggiù coloro che si lasciano
adescare dalle proteiformi arti dello straniero .
Che vi dà costui ? ella esclama, alludendo a Federico.
Costui vi dà parole di riforma, di libertà religiosa; ma guardate un
poco a' suoi fatti,> che sono di servitù e d'oppressione. È arte di
regnare come un'altra ; ma egli non deve regnare nè a questo nè
ad altro modo su di noi, egli straniero, egli barbaro. Ecco chi vuol
riformare la Chiesa : uno scomunicato che mostra più che propen
sione verso i seguaci dell'islamismo e verso i costumi orientali (1) ;
ecco chi vuol imperare su di noi: un alleato, anzi il patrono di quel
furibondo mostro, che si chiama Ezzelino. Sapete voi chi vuol darci
la libertà, chi dice che la Chiesa ora non rappresenta bene la de
>
mocrazia ? Un uomo che accatta ajuto dai Saraceni della bassa Italia,
un uomo che minaccia ai Lombardi, se non rinunzino ai loro diritti,
di rinnovare le stragi di Barbarossa. Codesti barbari si copiano e
si emulano fra loro , e par ad essi una gran cosa quando abbiano
detto : « Noi vogliamo pareggiare in iscellerata crudeltà questo o quel
l'altro predecessore » . Ma perchè Federico II, che con tanto orgoglio
rinnova la memoria e la minaccia della distruzione della metropoli
lombarda, perchè non ricorda pure la rotta toccata ne' campi di Le
gnano all' avolo suo ? Per vantamenti codesti barbari non hanno chi
li pareggi; basta lasciarli dire, ed a parole conquisteranno il mondo .
E Federico II a parole sarà papa re, se gli piaccia, da un polo al
l'altro ; ma quando verremo ai fatti, quando egli trovi resistenza ,
quando abbia di fronte popoli e non greggie, sfumeranno i vanta
menti suoi e non resteranno che le sconfitte. Chi mi sa dire dove
trovisi il suo braccio destro, quell'Enzo , suo illegittimo figliuolo e
Costoro fanno come certi serpenti che dormono lungo tratto del
l'anno, e intanto condensano quel veleno che si va formando in essi
e che perciò sarà più fatale.
-
O lei o noi ? Ma lei e tutti i suoi, perchè i padri sono respon
sabili per i figliuoli, ed i figliuoli per i padri ; cosi fu, cosi è, e cosi
sarà la giustizia dell'impero. Autorità paterna , sommissione filiale,
tutti gli affetti, tutte le passioni umane, buone o cattive , devono es
sere agli ordini nostri, tutte servirci, tutte cospirare con noi e per
2
(1) Il p . Ercolani (nelle sue Eroine della solitudine sacra , parte II) dice che
il governatore ordinò pure che si prendesse la parte più alpestre e difficile
della montagna .
170 SANTA ROSA DA VITERBO
mingando fuori di casa propria , possono ben dire quante volte, senza
finir di penare, si muoja nell'esilio.
Può durare uno stato che si fondi sulla negazione della naziona
lità e dei diritti dei popoli, e che sia così odiato da tutti da temere
persino delle donne e dei fanciulli ?
Esso deve cadere , e chi lo rappresenta , scomparire dalla faccia
della terra.
( 1) Il prof. Fabio Nannarelli dettava in onore di santa Rosa un' Ode che
con altre sue poesie venne pubblicata dal Le Monnier di Firenze ; egli accom
pagnavala colla seguente nota :
“ Una delle più ammirabili donne che fossero mai . La tradizione ce la pre
senta vergine parissima , ricca di fortezza e d'amore ; splendida figura che
grandeggia e si spicca dalla plebe onde nacque e che vivifico del suo spirito.
Nel predicare a questa >, si dice che la pietra, su cui era ritta , si alzasse dal
.
suolo per elevarla alla vista di tutti, A Viterbo si sente ancora qualcosa del
l'anima sua ; nè la sua memoria per volger d'anni è men viva e cara ai cit
tadini . I seguaci di Federico II, contro cui adoprò la spada della parola , la
spinsero in esilio , dove le fu rivelata in visione la morte del tiranno , che
prenunzió . Ritornata in patria, vi mori giovine ; e il suo corpo incorrotto, che
ha resistito anche ad un incendio , è esposto alla venerazione di tutti nella
chiesa che da lei ha nome ».
SANTA CATERINA DA SIENA 173
XIX .
Non è raro che si lodino ad una madre i suoi figli; ma è più raro
che le s'invidino ; rarissimo poi che i parenti e i vicini facciano
gara di averli seco e di portarseli a casa per godere lungamente
della loro compagnia.
La vivacità dei ragazzi piace fino a un dato segno ; sarà un buon
odore, ma anche il buon odore alla lunga cagiona il mal di testa.
Ed ogni padre ed ogni madre , in generale , s'accontenta dei tesori
che possiede , cioè ne ha abbastanza dei propri figli.
Ma cosi non avveniva di Caterina , i cui genitori si rammaricavano
di poterla tenere poco in casa , perchè i parenti e gli amici se la di
sputavano continuamente.
Ella era la compiacenza , la gioja, l'ammirazione di tutti ; ed en-
trata dove fossero altri fanciulli, era una maestra che piaceva, che
tornava graditissima.
Ed era la maestra più utile di qualunque altra .
Perchè coi fanciulli, piucchè le lezioni degli adulti, ponno gli esempi
di altri fanciulli, come quelli che fanno nascere l'emulazione.
Al dolce solfeggiare d'un usignuolo, gli uccelletti che l'odono s'in
gegnano anch'essi di cantare.
SANTA CATERINA DA SIENA 178
monte isolato.
Un labirinto da perdervisi entro le pareva il mondo ; falsi i suoi
amori , livide le sue carezze (1) , prevaricatrici le sue gioje; la sola
schietta natura essere scala per salire fino a Dio.
Nella solitudine ella sperava abbandonarsi tutta ai piaceri d'un
regno invisibile e farne imperturbata la sua delizia.
Ma gli eventi e quella che chiamano predestinazione non permi
sero ch'ella facesse paghi i suoi desideri.
Senz'accorgerci, noi giriamo col mondo, ed a quel moto non pos
siamo resistere .
O innocente fanciulla , le città frequenti di popolo reclamano la
potenza della tua parola e del tuo esempio.
Tu sei uno di quegli esseri privilegiati che di tratto in tratto su
scita la Provvidenza e manda quaggiù per risollevarci se abbattuti , e
per dirigerci a buon cammino se traviati.
Frati e monaci del tuo tempo non sempre hanno quelle virtù , non
sono sempre di quel bello ideale che ti sei formato conversando in
ispirito cogli antichi Padri del deserto.
La Sede romana trasportata ad Avignone è di pericolo a sè stessa,
d'impedimento alle fede, di perturbazione all'Italia .
E le inimicizie delle città italiane, rinfocolate dalle malvage am
bizioni dello straniero , trarranno la comune patria a rovina.
La Chiesa, la patria, l'umanità aspettano dunque chi la soccorra,
e tu sei destinata ad essere il loro ajuto.
Tu nol comprendi ancora , e , se lo comprendessi , non te lo lasce
rebbe credere la modestia ; ma , per segni che non potrai nè fran
tendere nè revocare in dubbio , ti sarà noto.
Quello stesso misticismo, che ora ti fa tanto desiosa della solitu
dine, ti ravvierà esso stesso in mezzo alle moltitudini.
(1 ) Santa Caterina da Siena nelle Lettere : « Il misero uomo servo del mondo
rode il prossimo co' denti dell'invidia e dell'odio, e con ira e dispiacere di
vora le carni sue ( proprie) con appetito di vendetta ».
176 SANTA CATERINA DA SIENA
rimise la spada nel fodero per non isguainarla mai più, per non con
· Vertire che coll'arma della parola ; cioè , che lo soccorresse la sa
pienza delle cose divine ed umane ; e che finalmente il Vangelo
fosse portato innanzi a lui da san Giovanni , cioè dalla carità , dal
>
l'amore .
giamo le tentazioni.
Cosi dice fra sè la vergine, e torna ai primi pensieri, ai primi de
sideri dell'eremo, perchè questo la salvi non solamente dal mondo,
ma anche dal troppo alto sentire di sè stessa,
Guidata da quell'ardente aspirazione, ella, sola , soletta, esce una
>
mattina fuori della porta d'Arsano (1) col proposito deliberato di non
più ritornare in città, e null'altro portando seco che un sol pane.
Avendo alquanto camminato, nè vedendo più intorno aa sè nè abi
tazioni nè persone, ella arguisce essere arrivata nel deserto bramato
o in parte vicina ad esso ; e, andando alquanto più oltre, per esserne
più sicura e per addentrarsi bene nella solitudine, trova finalmente
una grotta sotto una rupe .
Tatta allegra ella vi entra allora; e, veduto il sito riposto e fatto
più occulto da alberi frondosi che, come sentinelle, sorgono dinanzi
all'entrata, coi rami e colle foglie coprendola quasi affatto, quivi si
propone di passare in preghiere , in mortificazioni e in santa con
templazione tutta la vita.
Piegate le ginocchia, ella ringrazia Dio che dopo così breve cam
mino abbia fatti paghi i suoi desideri.
Ma, mentre ella sta in orazione, si narra che, una nuvola candida
la solleva di terra , la toglie come in braccio e la depone a quella
porta della città donde poco fa è uscita.
Quella nube era il pensiero dell'improvviso abbandono dei pro
pri cari , del dolore che, ingrata, avrebbe ad essi recato colla pro
pria lontananza, e del dovere che la richiamava al lavoro, ai peri
coli ed alle lotte comuni.
Pensare alla propria salute sta bene , ma non fuggendo quando
la battaglia ferve o sta per cominciare , si bene armandosi e com
battendo virilmente.
( 1 ) Cosi nelle sue Lettere . In altro luogo : « La reale virtù della pazirnza ,
virtù dolce, non si scandalizza, non si turba , nè då a terra per alcun vento
contrario, nè per alcuna molestia d'uomini " .
186 SANTA CATERINA DA SIENA
si dicevano i bagnanti ,
Costei , è cosa venuta di cielo ;
nulla ha di comune con noi .
E, per dimostrare alla madre la fermezza della propria volontà ,
ella più e più volte tuffossi nelle acque calde solfuree.
( 1 ) Anni 1347-54 .
( 2 ) 1356-1359.
(3) Il Petrarca in uno de'sonetti contro la corte romana :
L'avara Babilonia ha colmo ' l sacco
D'ira di Dio e di vizii eupi e rei ,
Tanto che scoppia ; ed ha fatti suoi déi
Non Giove e Palla, ma Venere e Bacco.
190 SANTA CATERINA DA SIENA
dunque, santissimo Padre, che siete in mezzo di questi due così grandi mali ,
dovete eleggere il minore , e , eleggendo il minore per fuggire il maggiore,
perderete l'uno male e l'altro; e ambidue torneranno in bene;cioè che avrete
in pace racquistati i figliuoli, e avrete il debito vostro. Mia .colpa ! chè io non
dico questo per insegnarvi , ma son costretta dalla prima dolce Verità , dal
desiderio ch'io ho, babbo mio dolce, di vedervi pacificato e , in quiete l'a
nima o il corpo . Perocchè con queste guerre e malavventure non veggo che
possiate avere un'ora di bene. Distruggesi quello dei poverelli ne' soldati ,
i quali sono mangiatori della carne e degli uomini . E veggo che impedisce
il santo vostro desiderio , il quale avete della riformazione della Sposa vostra .
Riformarla, dico, di buoni pastori e rettori. E voi sapete che con la guerra
malagevolmente il potete fare ; chè, parendovi aver bisogno di principi e di
signori, la necessità vi parrà che vi stringa di fare i pastori a modo loro e
non a modo vostro ... Oh quanto sarà beata l'anima vostra e mia , che io
vexga voi essere cominciatore di tanto bene, che alle vostre mani quello che
Dio permette per forza, si faccia per amore ! ... Chè sono due cose perché la
Chiesa perde e ha perduto i beni temporali ; cioè per la guerra e per lo man.
camento delle virtù » .
In altra lettera allo stesso pontefice ..., . Non ci manca se non virtù e fame
della salute dell'anima. Ma a questo c'è il rimedio, Padre : cioè che noi le
viamo l'amore detto di sopra da noi e da ogni creatura faori di Dio. Non
s'attenda più ad amici , nè a parenti , nè a sua necessità temporale, ma solo
alla virtù e alla esaltazione delle cose spirituali . Che per altro non vi ven
gono meno le temporali , se non per abbandonare la cura delle spirituali m .
( 1) Egli attaccava a un tempo il dogma e la disciplina.
(2 ) Frase di sunta Caterina nelle sue Lettere. Nola il Tommaséo : « Bello
che la pietà verso i poveri li faccian degai d' essere sacerdoti ».
(3) Tommaséo.
(4) Nella lettera diretta a Bernabò Visconti cosi s'esprime Caterina : « Oh
quanto sarebbe sconvenevole che il servo volesse torre la signoria di mano
al giudice, volendo fare giustizia del malfattore ! molto sarebbe spiacevole ,
192 SANTA CATERINA DA SIENA
perocchè non tocca a lui : e'l giudice è quello che l'ha a fare . E se dices .
simo : « Il giudice nol fa ; è beo fáttu che il faccia io ? " ; no. Chè ogni volta
ne sarei ripresu : Dė più pè meno ti caderà la sentenza addosso ( se iu ucci
derai ) d'essere murio lu Non iseuserà la legge la tu- buona intenzione , che
hai fatto per levare il malfattore di terra » . Quest'argomento del servo e del
giudice, dice il Tommaséu , vale eziandio contro la pena di morte.
( 1 ) Nelle Letture : “ La verità è quella cosa che ci libere à ».
(2 ) - L'anima del dolore gi de eu esulia, perocchè tra le spine sento l'odore
della rosa che è per apriren,
SANTA CATERINA DA SIENA 193
Mori nel 1380. Molti pittori fecero soggetto de’loro quadri la vita di
questa santa. Non sappiamo citarli tutti , nè qui sarebbe il luogo . Nell'altar
inaggiore della chiesa di Santa Caterina in Venezia , ammirabile è la tavola
5
Autori consultati : Adami , Anonimo ( Vite dei santi Padri, edite dal
Manni), Bascapè, Bollandisti, Bussi, Butler, Capecelatro, Cavaccio, D'Azeglio
Roberto , De Boni , Delle Colombe , Dell'Uva, Ercolani, Giordani Gaetano , Mu
ratori, Noël , Orsato, Razzi, Ridolfi Pietro , Rosaspina, Sacchi Giuseppe , santa
Caterina , sant'Ambrogio , san Girolamo , sant' Isidoro di Siviglia, Tommaséo
Zannoni, Zanotto, Ville Weber, Zuccagni-Orlandini, ecc,
DIALOGO ,
Ausonio . Adagio , adagio , figliuole mie ; non istà bene che trattiate
con tanta severità gli uomini e le cose del passato. Esaminate , o ter
ribili giudichesse , prima di condannare.
Lucia . È il signor maestro che c'insegnò, o papà, ad essere senza
misericordia coi Guelfi e coi Ghibellini.
Ausonio. E il signor maestro ha fatto benissimo a dipingerveli con
tetri colori , perchè infatti quelle fazioni non riuscirono ad altro che
a mistificare per assai tempo l'umanità e trassero a mali passi questa
povera Italia .
Teresa . Dunque convieni anche tu , o papà , nel nostro giudizio ,
ch'erano ben dissennati o cattivi quegli uomini, nel fare per tanto
tempo così gran male ?
Ausonio . Qui appunto vi volevo , o figliuole ; aspettavo appunto
che accennaste ai funestissimi effetti di quelle divisioni , per soggiun
gere alla mia volta che il male, che noi vediamo essere provenuto da
quei partiti, si mostrò in quelle età sotto ben altro aspetto , e preci
samente in sembianza di bene e di gran bene. Vi dirò di più che
non tutto il male viene per nuocere , e che nella vita dei popoli vi
hanno de' mali che sono come gli uragani, le procelle e le nevate
nell'ordine fisico, le quali finiscono coll'essere utili. Ma perchè , o
Lucia , di sottecchi guardi la sorella , come per ispiare nella sua fi
sionomia s'ella , come te , dubiti delle mie parole ? Stammi attenta ,
e verrai anche tu nella mia opinione.
Teresa . Oh ! si, spiegaci ,> papà , interamente il tuo pensiero: tutto
non si può imparare alla scuola , nè tutto può essere insegnato
e sviluppato dal signor maestro , ch'è costretto ad accomodare le
sue lezioni a tante scolare, le une diverse dalle altre per intelli
genza e profitto. Vedi , sorella,> da quel poco che ha già detto, papà
MARCHESELLA DEGLI ADELARDI 195
e'mi pare di cominciar anch'io a capire che , appunto perchè er
rarono tanti uomini e per tanto tempo , vi doveva essere una grande
illusione ne' loro intelletti, e che il male di quelle divisioni non fu
un male assoluto , ma relativo. Dice bene papà che esso fu come
il vento e l'uragano , i quali danno molestia momentanea , ma la
sciano purificata l'aria e distruggono tanti miasmi e tanti insetti
nocivi .
Ausonio . Teresa comincia ad aver ragione , perchè usa del suo
buon senso ; e tu , Lucia , come puoi ostinarti a supporre che uomini
di gran sapere , gente di toga e di spada , artisti valentissimi non
in una sola ma in più arti diverse , e letterati di gran conto fossero
così goffi da ostinarsi nell'errore, e in errore cosi funesto, se come
tale si fosse subito manifestato ad essi ? E' fecero una prova, che pel
bene dell'umanità doveva essere fatta; si doveva passare per essa,
prima di giungere all'esperienza presente. Non malediciamo l'in
verno, ch'è benefico ne'suoi stessi rigori e che è il necessario pre
cursore della primavera.
Lucia. Giacchè Teresa è più avanti di me in questa materia , mi
spieghi ella un po'qual sia stata l'illusione potentissima che s'im
padroni di quelle generazioni e valse a tenerle divise e nemiche.
Vorrei io vedere le poma le frutta di quell'inverno.
Ausonio. Teresa non s'incomodi a mondarti quelle poma e quelle
pere ; ti dirò io qualche cosa , e spero che crederai a me più che
a Teresa.
Lucia . Quanto a te , o papà , io ti credo sulla parola >, nè ti chieggo
dimostrazioni. Anzi ricordati che ci hai promesso un raccontino. Chi
era quella ingenua giovinetta, nomata Marchesella degli Adelardi, la
cui imagine è in uno dei quadri della nostra sala ? Te ne ho do
mandato pure un'altra volta , e tu m'hai delto che a suo tempo
avresti soddisfatto al mio desiderio .
Ausonio. E il tempo è venuto , e il tempo è questo : poche parole
ancora di preambolo, e poi ti farò paga . Bisogna montar le scale per
giungere agli appartamenti. Non vorresti certamente ricevere una
gran signora , come è la Marchesella degli Adelardi,> al piano ter
reno o nel bugigattolo del portinajo . Capisco che, in luogo di
queste idee preliminari , ameresti piuttosto ch'io saltassi a piè pari
entro il racconto , ma un po'di pazienza , cara figliuola , e sarà me.
glio. Io vi faccio a tutte due come il lampionajo del teatro , prima
che cominci la rappresentazione: v'illumino l'entrata , le scale, i cor
ridoi, la sala e il palco scenico , la quale illuminazione aggiungerà
molto all'effetto ed all'illusione. Che cosa godresle al bujo ?
Lucia. Si, bene , papà , ma fa presto , ti prego , a fare l'illumi
196 MARCHESELLA DEGLI ADELARDI
nazione ; ti sono tenuta de’lumi , ma non illuminare più del bisogno , >
perchè....
Ausonio . Perchè la troppa luce ti farebbe male alla vista ? perchè
quei tuoi occhietti ne soffrirebbero ? Ma farò l'illuminazione che
più mi piacerà , e ,> se sei tanto debole di vista , Teresa andrà a pren
derti i miei occhiali verdi.
Lucia. Papà , buon papà , papà mio , vieni alla Marchesella il più
presto possibile. Gli esordi troppo lunghi non mi dispongono all'at
tenzione .
Ausonio. Se non garbano a te , non dispiacciono forse a Teresa
( o lettore) . Perchè gli esordi sono lunghi , non crediate che vi sia sem
pre sproporzione tra essi e il resto del componimento. Hai tu veduto
le famose Cene del Caliari e di altri famosi pittori ? hai fatto atten
zione ai paggi ed ai nani che servono a quelle mense ? Ebbene, quei
paggi dalle teste grosse e colla personcina piccola sono gli esordi
e i preliminari che ministrano al convito della storia.
Teresa . Cara Lucia , lascia fare a papà : s'egli vuole darci un'il
luminazione a giorno e i paggi colla esta grossa , noi dobbiamo ac
contentarcene , perchè solo a questa condizione egli poi ci divertirà
co' suoi racconti.
Ausonio. I raccontil i racconti ! Ma che cosa sono essi , e che cosa
>
volta il grido di « Welf ! Waibling! » che diede origine alle due setle dei
Welfen ( in Italia Guelfi) e dei Waiblinger (Ghibellini). Il castello doveite ar
rendersi all'imperatore, ma il presidio fu salvo per astuzia e fedellà delle
donne ſanno 141 ?) . 19 -- Waibling era il luogo dove corrado aveva avuto i natali .
198 MARCHESELLA DEGLI ADELARDI
potere al papato , essi stessi perdettero partigiani e diminuirono d'in
fluenza. Non fecero che spaventare le timide coscienze , cioè i più ,
che allora credevano fermamente.
Teresa . Sta tutto bene , o papà ; ma , quando le moltitudini s'ac
corsero che non v'era più antagonismo fra i due partiti , quando vi
dero che il campione dell'umanità era divenuto signor temporale (1)
ed alleavası talvolta coll'antico suo emulo per mantenere soggetta al
proprio dominio questa o quella città che lo aveva invocato custode
o protettore delle libertà proprie , perchè continuare esse a mante
nersi divise ? I Guelfi dovevano ben vedere che allora non ispal
leggiavano più la causa della giustizia , ed i Ghibellini accorgersi
che la ristaurazione dell'impero romano era un'utopia , un inganno.
Perchè ci vollero tanti secoli prima che quei nomi di Guelfi e di
Ghibellini sparissero ?
Ausonio . Perchè ....
Lucia. Papà , per conto mio la illuminazione è più che sufficiente:
veniamo al dramma , manda fuori i tuoi personaggi.... La Marche
selli aspetta ....
Ausonio. Che aspetti un altro poco. Bisogna pur fare i preparativi
per accoglier bene una signora della sua qualità. Dunque, cara Te
resa , ci volle tanto tempo , perchè le moltitudini sono lente a disil
ludersi , e perchè non s'accorsero che tardi, che s'erano raddoppiate
le loro catene , e perchè intorno all'impero ed al papato , divenuto po
tenza anche temporale, s'erano formati ed aggruppati molti interessi,
nati dalle divisioni, ed aventi bisogno delle divisioni per sussistere. Ed
a conservare ed a mantenere più lungamente in vita quei partiti e le
illusioni delle maggioranze valsero non poco i dissidi che di quando in
quando nascevano tra gli antichi due emuli, che, incontrandosi sul ter
reno degli interessi materiali , s'urtavano e collidevano ; onde allora,
per avere vittoria l'uno dell'altro , il papato tornava in nome del cielo
a predicare la libertà de' popoli , e l'altro a risuscitare gli antichi diritti
e prestigi dell'impero. Ballottata a questo modo, ne andò di mezzo l'u
manità ; ma i furbi ed i prepotenti , senza fede a nessuno dei due partiti
e in nessuno dei due principi , non attesero che a trarre profitto per
sè medesimi dalle lotte , dalle paci e dalle alleanze di quelli. Ora pos
siamo ordinare al macchinista di alzare la tela , perchè l'illumina
zione è compiuta .
( 1 ) Ai papi Costantino I , eletto nel 708 , e Gregorio, nel 715, una sola corona
attorniava la berretta d'argento ; Bonifacio VIII, nel 1300, ne volle due a di
mostrare anche la sua potestà temporale ; Benedetto XII, nel 1334, tre , per sia
gnificare la sua autorità sulle Chiese militante, sofferente e trionfante. Questa ,
in breve , è la storia del triregno.
MARCHESELLA DEGLI ADELARDI 199
Lucia . Bravo , papà, finalmente ....
Teresa . Ma un po'di sinfonia ....
Lucia. Adesso anche la sinfonia !...
Ausonio. Non bisogna far torto a'buoni usi : Teresa ha ragione ;
una la musica sarà breve. Per sinfonia abbiatevi queste due ottave :
Era nel tempo che l'Etruria bella
Aveva in verità troppi padroni ;
E tutto il giorno in questa parte e in quella
V'eran da disputar giurisdizioni:
Allor tutte le terre e le castella
Armavan baloardi e torrioni :
E ogni porta sconnessa e rovinata
Scriveva Libertà sulla facciata.
E da Pisa a Firenze erano allora
Più piazze che non son nell' Ungheria ,
Armate tutte di dentro e di fuora ,
Che facean magistrato e signoria :
Onde in quel tempo in manco di mezz'ora
Ogni bandito fuor di Stato uscia :
Si vedeva il confin dalla finestra ,
E passar si potea colla balestra (1 ).
Lucia. Siamo dunque in una città della Toscana , e l'azione ha
luogo nell'anno....
Ausonio. No veramente , non siamo in Toscana , ma ciò che il
poeta dice di quella regione può applicarsi a tutte le altre d'Italia :
perocchè dappertutto v'erano repubblichette in sessantaquattresimo.
Quanto all'epoca , corre il periodo dall'anno 1178 al 1190 circa.
È una rappresentazione scenica alla moderna : non c'è unità di
tempo.
Lucia. S'alza la tela; è vietato al pubblico di parlare,
Ausonio. Spero che non vorrai imporre silenzio al suggeritore, che
sono io, senza del quale i personaggi rimarrebbero muti e non fa
rebbero che una pantomima. Attente dunque,, o ragazze.
Teresa. Ma , papà , questo brano di storia avrà esso la forma pro
pria del racconto o quella del dramma ? Bisogna decidersi o per
l'una o per l'altra.
Ausonio. Per me è indifferente ; come volete voi.
Teresa. È più semplice e men lunga la forma del racconto.
scere in superbia ; più sarà alto e grosso l'albero della sua potenza,
e più , una volta reciso, sarà romorosa la sua caduta.
Lucili . Dunque, atto terzo, scena prima....
Ausonio. V'ho detto che questo dramma non ha unità di tempo ;
ora soggiungo che gli manca pure quella di luogo : da Ferrara dob
biamo passare a Ravenna ; ma sarà poco disagio per noi, perocchè
in un teatro gli è affare del macchinista. E col pensiero noi giun
giamo ancora più presto nell'antichissima città degli esarchi. Qui
si presenta un personaggio nuovo ; nientemeno che Pietro da Tra
versara, cittadino potentissimo e capo de' Guelfi. Eccolo in una delle
sale del suo palazzo, che ragiona coi principali della sua fazione.
« Ma bravissimo messer Torello ! voi ce l'avete accoccata , e coi
mezzi de' Guelfi , siete arrivato a farvi potente sui Ghibellini ed a
combattere i Guelfi: ben pensata, bene eseguita ; e fate benissimo a
scorazzare in armi di quando in quando fino entro ai nostri confini.
Le frequenti visite sono come i regali che intrattengono le amicizie.
Voi siete maestro d'astuzie e meritate che le vostre lezioni non va
dano perdute. Che se gli scolari giungessero a superare il maestro,
non abbiatevelo a male , anzi attribuitelo alla eccellenza dei vostri
insegnamenti ed alla buona volontà dei vostri discepoli . Ma fate
buona guardia, messer Salinguerra alla vostra Marchesella, chè ella è
tutta per voi e voi senza di lei non siete nulla » . Cosi in un accesso
di rabbiosa invidia esclama Pietro da Traversara, e non si limita già
ad esclamazioni, ma studia tutte le vie per nuocere all'avversario.
Quando gli parve che i suoi disegni avessero probabilità di riuscita,
egli spedi secreti messi al marchese Obizzo d'Este e ad Almerigo
de' Giocoli. All'uno mandò a dire : « Signor marchese; sareste con
tento d'acquistare pel figliuolo Azzo V la signoria, che sopra Fer
rara avete perduta ? Io ve ne offro l'unico mezzo ,> purchè accon
sentiate che il figliuolo vostro impalmi la Marchesella. Ne posso
disporre io : non cercate altro. S'intende da sè che vi dovrete far
capo del partito guelfo , al quale per lo passato i marchesi d' Este
furono contrari. Ciò ch'è passato è passato ; io non me ne ricordo
più: anzi, come vedete , pel bene della buona causa, non dubito di
>
LETTERE .
Dunque voi altre, piccoli folletti, avete proprio deciso ch' io non
lasci in pace questo buon vecchietto di nostro zio, e che ogni giorno,
ogni santo giorno gli faccia scartabellar volumi sopra volumi ed
empiere fogli sopra fogli per soddisfare alla vostra interminabile cu
riosità ? Oh ! care signore, noi siamo in campagna , e venimmo per
divertirci, non già per isgobbare ; ci siam fatte contadine, ma non
per far comparire le signore cittadine e le gran dame della metro
poli. Se vi premono tanto le ricerche storiche e bibliografiche, fate
vele voi, e andate a Brera od all'Ambrosiana, chè vi sarete le ben
vedute e le bene accolte. Perchè non ci andate ? Vi vergognereste
forse ? Le biblioteche non sono stabilimenti soltanto maschili , veh ,
ma anche femminili. Vergognarsil ma' di che ? Forse di andare ad
imparare o di essere vedute ? Paura di essere vedute ? Oh ! questa ·
poi dico di no ; perchè non vi vergognate d' andare a' teatri, e fram
mezzo ad un'abbagliante illuminazione godete anzi nel vedervi fatte
segno di curiosi occhialetti e di più indiscreti cannocchiali. Alle bi .
blioteche non v'ha questo pericolo : non regoano che microscopi ed
occhiali adagiati sopra nasi piuttosto rispettabili. Oh ! allora , direte
voi, vi sarebbe un gran concorso di giovani, disertati dai caffè e dai
bigliardi, per istudiare proprio Dante e Petrarca ! Ma chi vi ha detto
ch' io non griderei tanto da farmi sentire sino a Roma , perchè i
conservatori delle biblioteche pubbliche avessero a preparare per le
giovani una bella stanza a parte ? Insomma bisogna far qualche cosa,
e le figlie di mio padre dovrebbero darne esse l'esempio. Si ciarla
tanto di emancipare la donna , e poi è la donna stessa che schiva
d'emanciparsi dall'ignoranza , e si fa schiava di certi sciocchi ri
guardi o di più sciocchi pregiudizi . Lo dice anche lo zio.
Finora il buon vecchio appagò prontamente le vostre domande,
ma ho l'onore di dirvi che voi abusate un po' troppo della sua com
LE ISPIRATRICI 213
Il .
Cecilia alle sorelle Angelica ed Ernestina .
Scrivi, dice lo zio, e non lasciar fuori nulla ; scrivi à tue sorelle
che non voglio impicciarmi nè punto nè poco dei fatti di quelle
giovani, che ne' tempi passati, e massime nel medio evo, non ispira
vano ma ispiritavano i loro amanti, inducendoli ad attaccar briga con
mezzo mondo, a dare e pigliare botte da orbi. Que' cavalieri erranti,
che per amore cercavano imprese guerresche, duelli e bastonature,
oggi , anche se scansassero le pene statuite dal codice criminale
contro i malviventi e gli accattabrigbe, sarebbero però certamente
interdetti e passerebbero per don Chisciotti. La donna fu dotata di
bellezza eе di grazia perchè potesse spingere facilmente e soavemente
l'uomo ad ingentilirsi, a perfezionarsi, non a fare per ogni nonnulla
il gradasso. Ella debbe essere come la Beatrice di Dante , e come
lei essergli compagna e scorta nel cammino verso al cielo , che è
quello della virtù . La donna fu detta la metà dell'uomo ; e sta bene,
perchè lo compie . Nel Paradiso perduto del Milton, accennandosi ai
primi giorni della creazione, è tratteggiato un leone la cui creazione
non è ancora terminata : si vede uscire mezzo dalla terra che lo parto
risce : l'occhio scintilla, la giubba s'agita, ma il corpo è una massa
inerte, immobile , che fa 'ancora parte del suolo e aspetta con impa
zienza l'ultima scintilla di vita per islanciarsi. Ebbene, questa, anche
se non è, può essere una bella immagine, un bel simbolo dell'uomo,
che da sè ha viva soltanto la testa, ed ha bisogno che amore di donna
gli scaldi il cuore e gli dia moto . Scrivi, soggiunge lo zio, scrivi a 7
tue sorelle che la Beatrice Portinari fu al cuore del divino poeta
codesta animatrice favilla, e che s' egli potè 'stamparé orme' gigan-
tesche nel mondo , lo dovette, com ' egli medesimo confessa , a quel
sublime amore. Ora le tue sorelle, fermandosi dinanzi al quadro di
Hary -Scheffer (1 ) sapranno chi sia quella bella fanciulla — Bianco
vestita, e nella faccia quale - Par tremolando mattutina stella
che ritta leva gli occhi al cielo ; e chi sia ancora quell' altra figura
che, più al basso ritta essa pure, fissa gli occhi in lei. Quella dipin
tura, a due sole figure, è sublime nella sua semplicità, come quella
che m' ostra la ' spiritualità , la procedenza divina del vero amore , e
come le ' virtuose bellezze della donna siano proprio la scala che
dalla terra conduce a Dio. È vero che molti a' primi gradini sdruc
ciolano giù, ma non fu cosi dell'amore di Beatrice. Anzi-le mie ni
potine faranno un inchino a quella cara signora e la ringrazierando.
Si, dobbiamo ringraziare la Beatrice , perchè, riflettendosi la luce
(1 ) Pittura grandemente diffusa per incisioni e fotografie .
BEATRICE PORTINARI 215
delle sue virtù sopra l'Alighieri, questi divenne poi quel fulgido
sole che ammirato c'illumina e ci scalda anche oggi. La sua Divina
Commedia è come una rivelazione per noi, e quella rivelazione venne
a lui dall' amore puro , santo , sublime. Scrivi, Cecilia, alle tue so
> >
relle anche questo , e poi fa punto . Che differenza tra l'amore della
Beatrice e quello della maggior parte delle nostre donnel Per l'uno
si diventava più che uomini, per l'altro s'imbarbogisce.
Fin qui ho scritto quel che ha voluto lo zio : è poco, ma per ora
accontentatevene, anzi rallegratevi che sia così poco ; perocchè voi
stesse vi sarete già accorte che il buon vecchio era lì lì per montar
in pulpito a predicare.
Dato a Milano , li tanti del mese tale dell'anno tale. Io Cecilia
scrissi sotto dettatura e poi copiai fedelmente il dettato dello zio, e
mi sottoscrissi.
E il bollo ?
Eccolo : esso è formato dal sigillo delle labbra che ricevono più
che non danno, e consiste in dieci baci che vi mando, otto per papà
e mamma, e due per voi. Anzi all'Angelica dovrebbe darsene meno,
perchè mi tiene celato un secreto , che tu , o Ernestina, sai. E io ,
buona ragazza, vi debbo mandare notizie de' fatti altrui, persino di
quelli de' morti , per essere poi tenuta al bujo anche delle cose di
mia famiglia ? Ma me la lego a un dito. Addio, sorelline.
III. Cecilia alle sorelle Angelica ed Ernestina . '
Il barba andò sulle furie per quella pappolata che, per parere dotte,
gli avete scritta, piena affatto di cose comuni é, come dice lui, vera
polenta da contadini. Per tre capi d'accusa egli vuole trarvi davanti
alle sue Assise e farvi condannare : 1.º perchè non vi dichiarate
apertamente contro le male lingue, che osano far materia di dispu
tazione la somma virtù di Beatrice; 2. perchè inchinate a supporre
quasi un sogno , una fantasia , una cosa non mai esistita , l'amore
di Dante; 3.9 perchè a proposito di Dante e della Portinari , vale a
dire a sproposito e fuori di luogo e con un fare da dottoresse lau
reate in politica, ve la pigliate con Firenze e in generale con tutti
i vecchi Comuni d'Italia. Ante omnia , dice lo zio (ed io questa
volta per sua espressa volontà, non deggio farvi compendi o rias
sunti, ma ripetervi testualmente le sue parole) ; ante omnia , vediamo
un po' che moralità ci sia nel cercar d abbattere gli splendidi mo
delli di virtù, che l'antichità ci ha lasciati ? Si ha forse bisogno di
credere che non vi siano stati e non vi siano dei tipi reali di per
fezione, per non avere a vergognarsi de' propri difetti ? O vuolsi
216 BEATRICE PORTINARI
distruggere i modelli per poter dire che non si sapeva come fusse
fatto il bene ? Mettiamo in ridicolo le Lucrezie ed i Catoni ; ma chi
resterà ? resteremo noi a farci ammirare, noi poveri nani e figure
da ventagli ? Ma questo è l'andazzo e il vanto di alcuni tra' mo
derni ; i quali , non contenti di scrollare gli antichi prototipi della
perfezione morale, s'adoprano eziandio a confondere ed a falsare le
idee del giusto e dell'ingiusto. L'antichità aveva lodato, essi biasi
mano; l'antichità aveva punito colla sua riprovazione: essi assolvono.
In barba ai vecchi oggi si fa l'apoteosi di Giulio Cesare perchè di
strusse la repubblica romana e le libertà della sua patria, e Catilina
stesso diventa un fior di galantuomo : laddove , secondo i medesimi
signori , Pompeo , Cicerone e Bruto non sono che de' mariuoli. Ma
sapete voi quando Bruto fu un vero mariuolo ? Quando negli ultimi .
suoi momenti , vedendosi abbandonato nella lotta generosa ch'egli
>
blime fanciulla amata di purissimo amore dal suo maestro (1) Dante
Alighieri. Ecco le parole del Certaldese. Vedrete che i suoi periodi
sono piuttosto rotondi e voluminosi , ma allora era moda di farli col
guardinfanti. L'epoca dell'innamoramento di Dante , come vi dissi ,
fu circa l'anno 1274. Così dunque scrive il Boccaccio : « Nel tempo
nel quale la dolcezza del cielo riveste di suoi ornamenti la terra e
tutta per la varietà dei fiori mescolati tra le verdi frondi la fa ridente,
era usanza nella nostra città e degli uomini e delle donne nelle loro
contrade >, ciascuno indistintamente e in distinte compagnie festeg
giare ; per la qualcosa , infra gli altri , per avventura Folco Porti
>
( 1) Non maestro di scuola ; maestro come sono tutti gli scrittori che vissero
prima di noi e ci lasciarono ammaestramenti di varia indole nelle loro opere .
BERLAN . Le fanciulle celebri . 15
226 BEATRICE PORTINARI
godo che fin d'ora ti sii messa nell'impegno, senza dirlo punto a
9
LA BEATRICE DI DANTE
Versi di Giannina Milli.
(1 ) Queste ottaye furono dettate dalla Milli in Roma nel maggio del 1857
BEATRICE PORTINARI 231
Prega che quell'amore ond'arse tutto
Dante , de' nostri cor si tenga il regno ;
Ch'ove gentile e verecondo è amore ,
Ivi tornan le genti al prisco onore .
VI . Cecilia alle sorelle Angelica ed Ernestina.
Eravamo intese che vi sarebbe bastata la Beatrice, ed ora mi sal
tate fuori colla Laura, colla Eleonora, colla Alessandra e colla For
narina ! No, care gioje, questi non sono cibi per voi, non sono roba
per i vostri denti ; ed io non ho nè tempo nè voglia di ridurvela in
panatella per accomodarla ai vostri stomachi. Lo potrebbe forse lo
zio, ma nol vuole, almeno per ora; giacchè , prescindendo pure da
altre considerazioni di assai momento , egli dice che tutti abbiamo
bisogno di meditare sulle cose lette più che di leggere continua
mente. Vedete, in mezz'ora voi avete desinato ; ma la natura im
piega ben più del triplo di questo tempo per separare quei cibi, per
lavorarli nello stomaco, per trasmutarli in sostanza di sangue, carne,
ossa , ecc. A quest'ora v'ho già date notizie di molte brave ragazze :
adesso avete la Beatrice su cui meditare. Dovrò io disturbare nei
loro eterni riposi tanti morti, perchè i loro esempi non tornino poi
in vostro vantaggio ed anzi ne facciate una flogosi o una gastrite
morale ? Prima digerite, poi discorreremo.
E prima della Beatrice, seguendo l'ordine de' tempi, non vi porsi
io contezza di quella fanciulla romana chiamata Tuzia (1) ch'era di
tanta bontà ed onestà di costumi da meritare di essere contro la
calunnia miracolosamente protetta dal cielo ? Voi non m'avete detto
se credevate o no che il miracolo fosse realmente avvenuto a quel
)
1
(
TUZIA .
Sonello di Faustina Maratli -Zappi.
Questa che in bianco ammanto e, in bianco velo
Pinse il mio genitor modesta e bella ,
È la casta romana verginella
Che il gran prodigio meritò del cielo .
Vibró contr' essa aspra calunnia il telo
Per trarla a morte inonorata ; ond' ella
L'acqua nel cribro a prova toise, e quella
Vi s'arresto, come conversa in gelo .
Di fuor traluce il bel candido core ,
E dir sembra l'immago in questi accenti
A chi la mira e il parlar mnto intende :
Gli eroi latini forza di valore
Difenda pur ; che a forza di portenti
Le vergini romane il ciel difende.
232 LE ISPIRATRICI
( 1) S. Chiara d'Assisi nacque nel ( 193 e mori nel 12 :2 . Vedi la sua vita
scritta da fra Valerio Veneziano (Venezia, 1590) .
LA MORTE DI SANTA CHIARA D'Assisi . Tuvola di Murillo , nella collezione
del marchese Aguado de las Marismas a Parigi . Murillo , a cui fu commessa
questa tavola pel convento di s . Francesco d'Assisi di Siviglia ( Spagna) , vi
ha spiegato tutta la fecondità del suo genio, tutti i tesori del suo sapere. La
tavola ha due parti ben distinte : nell' una si riflettono tutti gli splendori ,
tutte le beatitudini celesti ; nell' alira l'umanità si mostra sotto il suo più
triste aspetto , quello della morte . Là è un corteo di belle giovinette 9, d'una
leggerezza quasi aerea, portanti in testa una corona e nella destra una palma,
che s'avanzano condolte da Gesù Cristo e dalla Vergine Madre coronata di
regal diadema , per assistere alla suprema ora di santa Chiara , raccogliere
la sua anima e trasportarla in cielo ; quà i pii religiosi del convento di san Da .
miano che recitano preghiere. V'ha tutta la pompa divina é sacerdotale ,
terrestre da una parte , sopranaturale dall'altra ; in quella è un misto perfetto
di esseri che appartengono alla terra , in questa di altri che abitano ne' cieli ;
gli uni colle lagrime al ciglio , gli altri col sorriso de'beati sulle labbra.
(2) Santa Chiara di Pisa nacque nel 4362, mori nel 1420. Servivasi delle ric
chezze di cui sovrabbondava la sua casa per essere liberalissima coi poveri,
ben sapendo che non merita lode chi possiede le ricchezze , ma chi ben le usa ;
e che i poveri , se mancbi loro il mezzo di onesti guarlagni , hanno diritto al
nostro superfluo. Godeva conversare con innocenti fanciulle , intrattenendosi
con le quali in utili esercizi di studio e di pietà, dava a divedere che anche
le case de'secola :i ponno convertirsi in iscuole di costumi e di sapere e che
la casa è veramente un santuario. Non aveva che quindici anni quando le
nori il marito ; e quando, per seguire la sua inclinazione, ella abbandono il
mondo e si chiase in un convento , l'accompagno il rispetto e la venerazione
d'ognuno, né la società potè rimproverarla di essersi esonerata dai pesi co
muni a talli , perchè ella generosamente gli aveva come gli altri e meglio
degli altri portati . E bench'ella si fosse rinchiusa , non tolse però altrui gli
effetti della sua carità , continuando a spargere anche al di fuori le sue be
234 LE ISPIRATRICI
amplissima lode ? Vi sentireste voi il coraggio all'occasione, di far
come lei ? Vi ricorderete avervi io scritto che ancora fanciulla, cioè
nel suo duodecimo anno, uscita dalla casa paterna dei Gambacorti
per andare sposa al nobile Simone da Massa, ella non fu donna che
di nome ed angelo in tutto il resto. Come stiamo a carità ? Avete
voi spinto la vostra fino a vincere , come lei , il naturale ribrezzo
che viene dal curare piaghe schifose negli spedali ? Voi invece fate
le smorfiose quando la povera nonna sbruffa o sbava più dell'or
dinario.
E santa Caterina di Bologna (9) come la trovaste ? Vi par egli che
ne siano molte delle ragazze come lei , che , piuttosto bruttine, non
invidiino alla bellezza delle loro compagne, e non se ne vendichino
coll'essere fastidiose, brontolone e mordaci ? Se non poteva dirsi di
Caterina che ell'era la più bella, dicevasi però ch'era la più brava
ed anche la più buona , perocchè mostravasi con tutti piacevole e
di graziose maniere. Dal contatto coi grandi ella non contrasse la
loro albagia; fu modesta, fu umile ; ed amò la obbedienza, sebbene .
convivesse con gente usa a comandare.
Libere da pregiudizi, avete voi dato ragione in tutto e per tutto
alla Cecilia Gonzaga di Mantova (2), che, fanciulla, abbandona padre,
madre e fratelli, e, contro il loro espresso volere , si chiude in un
monastero ? Ella sapeva molto: aveva studiato lettere italiane e la
tine da Vittorino da Feltre , ma le mancava d'imparare un'altra
cosa importantissima, cioè che per diventare santi non occorre niente
affatto abbandonare il mondo, e ch'esso vi dà modo di esercitare
qualunque virtù, e, gli viene il ghiribizzo, oltre che santi vi fa an
che martiri. Il proverbio che dice : « È meglio obbedire che santifi
care » , quello si ha ragione.
Trattandosi d'una nostra concittadina, della brava ragazza Emi
lia Lampugnani, speravo che m'avreste almeno ringraziata di aver vi
Darrato il suo eroismo, grande in vero, se per salvare il fratello non
dubitò di chiudersi in prigione e di essere tratta al patibolo in sua
vece (3).
neficenze col mezzo di un suo fedel servitore, a cui era permesso di visitarla
ed a cui dava di quando in quando qualcheduno de' suoi giojelli perchè li
vendesse e ne dispensasse il prezzo a'poveri . Veggasi il Villegas.
(1 ) Nacque nel 1413, mori nel 1463. Suo padre fu Giovanni Negri di Ferrara ,
lettore nell'università bolognese : sua madre , Bonaventura Mammolini . Il
Negri fu agente, poi ambasciatore del marchese di Ferrara presso i Veneziani .
(2) Visse dai 1425 ai 1451. Vedi Vespasiano Bisticci , Frammenti d'un trat
tato storico-morale , e notizia d' alcune illustri donne del secolo XV.
(3) Nel secolo XVI, poco tempo dopo che Giangiacomo Trivulzio era stato
governatore di Milano, avvenne che Filippo Lampugnani , giovane ventenne , di
spiriti bollenti e piattosto rissoso, accidesse in duello an amico del nuovo
LE ISPIRATRICI 235
pur troppo nella collera il suo temperamento, doveva ben anche in lei essere
di tal indole indomita ed orgogliosa qaelia parte delle nostre viscere dove
essa collera fa le sue principali funzioni; onde gli autori del greco favellare ,
che fa la lingua dei filosofanii, con voce eroica e presso che naturale, chia
marono stomaco l'iracondia ; quindi come di si fatto morbo ammalata , non
potendo indursi in sua casa a patto veruno neppur a gustare alcune vivande,
quantungue delicate e laute, che non l'annojassero, i genitori commisero la
guarigione alla maestra della fanciulla : la quale perciò o a desinare o a cena
236 LE ISPIRATRICI
ponendole non altro innanzi che alcune delle mal viste vivande, la fanciulla,
trista ed in grave mestizia rassegnata e composta, non d'altro che di abbon .
danti lagrime si cibava, disposta di morir dalla fame piuttosto che di legger
mente assaggiarle . Così ella , quantunque con vano effetto di emeudare siffatto
vezzo, che cagionolle poi gravissimi dolori e finalmenie la mo le , cominció
con penitenze si gravi a rompere l'orgoglio di quel fiero leone che pascono
dentro i loro petti i collerici, e molto più il fiacco e vinse con gli studi delle
letiere e sopratutto con gli esercizi della cristiana pietà : co' quali a tal segno
addimesticollo che, divenuto donna , chiunque non l'avesse innanzi mai cono
sciuta, se non fosse egli stato sperto filosofo de ' caratteri degli umani costumi,
il quale dagli agili e presti movimenti del capo di lei e dallo svelto e spedito
por amento avvertito avesse un certo spirito e fuoco, alle piacevolissime e non
mai in suono alterate, non mai in tempo affretlate parole, ed a’sensi altera
mente umili e pieni di sigaorile mansuetudine , l'avrebbe ce·tamente creduta
flemmatica anzi che no " .
LE ISPIRATRICI 237
meno italiane: perocchè ci sta di mezzo la suddetta Madonna Laura ,
ch'è di nascita francese ;
Considerando che il padre delle medesime postulanti, signor Paolo
degli Italici, ne sa in proposito di ciò nulla più delle figliuole , de
dito com'è totalmente alle speculazioni di borsa , all'alzare e all'ab
bassare dei fondi ed alla coltivazione dei bachi da seta ;
Considerando che le ragazze sopradette, figliuole del detto Paolo
e nostre amatissime nipoti, si struggono della gran voglia di saperne
qualcosa per far buona figura in società, ove correrebbero risico di
essere messe io canzone, se, interrogate, non ne sapessero dir verbo ;
Considerando che la curiosità del sesso femminino è ne' suoi ef
fetti come il fuoco sotto una caldaja vuota ;
Considerando ch'è meglio dire le cose come stanno anzichè ta
cendo stuzzicare la detta curiosità , che fantasticando sogna ed in
venta sempre il peggio :
La quale cusiosità data sino dai tempi di Eva, quando questa no
stra buona arcavola piantavasi sotto gli alberi onde udir quel che
dicevano le bestie per farsi poi infinocchiare da quell'indiavolato
serpente -papagallo ;
Considerando che anche al giorno d'oggi le bestie parlano, non
più fra le foglie degli alberi, ma si coi fogli e coi libri cattivi e li
cenziosi, che rivolgono a male, a scandalo ed a perdizione della in
cauta gioventù anche le cose più pure ed innocenti;
Per togliere di mezzo questo pericolo ;
Per soddisfare al sopradetto bisogno ;
Per esaudire benignamente le umili supplicazioni sporte dalle so
pranominate petenti;
Di nostra piena autorità e certa scienza ;
Abbiamo ordinato ed ordiniamo :
Art. I. Le sopradette signore Laura, Eleonora, Alessandra e For
narina, ciascheduna per la propria parte, sono invitate a dar buon
conto di sè alle nominate Angelica ed Ernestina;
Art. II. Le sopradette signore Laura, Eleonora, Alessandra, e For
narina, avendo a parlare della Beatrice, la chiameranno sempre col
nome di nostra principessa e di nostra imperatrice, e non conside
reranno sè stesse che come ispiratrici di secondo ordine;
Art. III. Le medesime signore Laura , Eleonora, Alessandra e For
narina non saranno ammesse a far pomposi elogi della loro bellezza,
e si ricorderanno sempre e poi sempre che sono famose soltanto pel
gran bene che della loro virtù hanno detto i rispettivi loro amanti,
poeti , pittori od artisti;
Art. IV. Madama Laura de Sade, già amante del Petrarca na
238 LE ISPIRATRICI
tiva d'Avignone, olim città pontificia, parlando della sua patria non
si darà l'incomodo di sprezzare la nostra , e si risparmierà i chez
nous che ci regalano al solito i suoi connazionali ; tenendosi bene a
mente che per giungere all' immortalità nessuno del suo paese l'ha
ajutata, e ch'ella ha avuto bisogno delle ali di un Italiano ;
Art. V. La signora Cecilia , nostra amatissima nipote , segretaria
>
( 1 ) Cosi in una descrizione del Levati, a cui le rime del Petrarca diedero
i colori per formare questo ritratto. Nel sonetto LX il poela cosi dipinge le
celestiali
bellezze della sua donna :
proprio vero disse Laura, che il vostro gran poeta rappresentò coi
suoi amori le simpatie degl'Italiani per la nazione francese. Nessuno
dei grandi italiani si vantò d'amare donne tedesche. Torquato Tasso
non usci d'Italia ma dalla sua condizione, amando una principessa.
Dante amò un'italiana , una sua eguale , ed anche per questo , se
2
forzando i miei sguardi a più nobile meta. Non vi fu lingua cotanto spieta
tamente mordace che abbia avuto ardimento di addentare la fama e trovare ,
non dico negli atti , ma nelle stesse parole di lei la menoma cosa a ripren
dersi . Anche laluni , dalla cui maldicenza non campò mai nessuno , furono
costretti ad ammirare e riverire quest'una . Dopo ciò, è ella maraviglia se una
fama sì bella mi accendes se in petto il desiderio d'innalzarmi anch'io a più
illustre rinomanza e mi rendesse meno dure le durissime fatiche a conseguirla ?
Negli anni miei verdi quale altro pensiero ebbi mai se non quello di piacere
a lei sola, a lei, che fra tutte mi era sola piaciuta ? E, a fare ciò, tu sai come
io spregiassi mille lusinghieri diletti, ed a quante cure, a quanti travagli anzi
tempo mi sottoponessi . Debbo io dunque dimenticare non che amar meno colei
che mi trasse dalla volgare schiera e, fattasi guida a tutti i miei passi , libero
il mio ingegno dal pondo che l'opprimeva e desiò il sonnacchioso mio spi
rilo ?... Che più ? quando anche ella mi precedesse al sepolcro , vivrei inna
morato della virtù sua, la quale non fia estinta giammai . Ma ripeto , e giuro
in nome della verità che m'ispira , e chiamo in testimonio la mia coscienza ,
che non amai il corpo di Laura al pari dell'anima sua . Già il vedi , ella pro
gredisce negli anni, e il tempo , fatale alla bellezza corporea , la incalza ; non
per ciò il fuoco d'amore mi arde meno vivo nel seno : e come quel fiore che
splendeva sì bello nella primavera de' giorni suoi va mancando , la beltà dela
l'animo si accresce . E perchè questa , non quello , mi fu cagione ad amare , così
m'insegnò a perseverare . Che se mi fossi invaghito del corpo , avrei già da
lungo tempo mutato proposito .... Però neanco straziato dalla tortura dirò mai
del mio amore che fosse stato meno che puro ».
LE ISPIRATRICI 245
non ero più nel salotto , ma mi trovavo al medesimo portone di
prima, alla medesima grata, sotto la medesima gabbia , e dalla in.
ferriata dello sportello vedevo come prima e come se mai non mi
fossi staccata di là , il carro della Morte colle stesse figure , collo
stesso corteo, cogli stessi cavalli. Ma la figura della Laura, che era
tornata ancora presso al ciglio del carro, non mi faceva più segni;
ridivenuta pallida all'estremo, ma bellissima e lo stesso suo pal
lore aveva dell'argenteo chiaror della luna ell'andava buttando
corone di fiori a questa ed a quella finestra. A quali finestre, o so
relle ? A quelle nell'abituro della povera Lucia, morta di crepacuore
l'anno scorso, quando seppe ucciso nelle battaglie dell' indipendenza
il proprio fidanzato , ch'ella stessa aveva eccitato ad arrolarsi tra i
volontarî ; alle finestre della Teresa , povera ma affettuosa moglie ,
che a forza di pazienza, d'affetto e di cure aveva ritratto dalla vita
scapestrata il giovane e troppo giovane marito, e poi per lento morbo
cessava di vivere ; ed alle finestre di Guglielmina, che, quando era
viva, compiacevasi d'istruire ne' giorni festivi le ragazzine del po
vero, tantochè era chiamata la maestrina del villaggio. Voi le avete
conosciute queste tre buone creature , che abitavano poco lungi da
questa villetta dello zio e precisamente nel punto dove la strada si
restringe e misura appena dai quattro ai cinque metri. Quando erano
vive e si affacciavano alla finestra, le parevano tante madonnine
dentro la loro nicchia, perocchè ogni contadino passando si scopriva
il capo dinanzi ad esse e con grande riverenza e, dirò quasi , con
grande venerazione le salutava. Sotto a’ loro balconi cessavano gli
acuti canti ed i soliti poco graziosi urli de' villani. Ma il carro della
Morte andava lentamente sì, ma andava ; e quando ebbe fatti pochi
passi e fu presso al cimitero, vidi o parvemi vedere al rastrello di
questo, accalcata una folla di scheletri che venivano a prestare omag
gio alla loro sovrana, alla Morte che passava. Tutti tacevano, nessuno
chiedeva nulla , perchè tutti sapevano ella essere una regina che
non ha il diritto di grazia. Ma, cosa che a me parve strana, quella
regina, la Morte , qua e colà fermavasi, smontava dalla sua caval
catura e coglieva ella stessa de' fiori e ne faceva di quelle corone
che, come ho detto, erano gittate ora a destra, ora a sinistra della
strada. Che è ciò ? perchè ciò ? dicevo fra me. Ma poi, pensatoci su,
rispondevo a me stessa : Perchè è pur troppo vero che il più delle
volte bisogna che avvenga la morte di questo o di quell' uomo, af
finchè ne sia riconosciuto ed apprezzato il merito. L'invidia scom
parisce quando quella falciatrice sdegnata si presenta.
Parmi, e questo non è sogno, che Angelica dica a te, o Ernestina :
Va a svegliare la Cecilia che dorme e sogna già da un pezzo. Ne
246 LE ISPIRATRICI
abbiamo abbastanza de' suoi sogni per cavarne un terno secco. Che
numero fa usignuolo che canta di notte ? Che numero morto risu
scitato ? Che numero zio che al bujo , cioè prima della trasforma
zione di un'ombra in luce elettrica , guarda la nipote attraverso di
grandi occhiali ? Morte fioraja debbe poi fare un gran bel numero,
e vuolsi mettere a parte e primo estratto.
Oh crudelaccel mi porreste anche in ridicolo ?
Che cosa si deve fare per indovinarla , per andarvi a versi ? Pel
vostro bene poteva io fare di più che imitare parecchi istitutori chia
rissimi, mettermi cioè a dormire e far de' bei sogni ?
E, sfregandomi con una mano gli occhi per convincermi di es
sere ben desta nel supporre in voi tanta ingratitudine , con questo
dubbio orrendo passo.... in sala a far la colazione. -
Poscia più
che il dolor potè il digiuno !
Care sorelle, addio.
P. S. Mi raccomando di non parlare colla vecchia Apollonia di
questo mio sogno, perchè ella sarebbe capace di prenderlo sul serio
e di giocarvi sopra mezzo il suo salario. Oh la povera gente è pro
prio povera perchè spera dalla fortuna ciò che dovrebb' essere frutto
del suo lavoro !
FRANCESCO PETRARCA
CHE VEDE PER LA PRIMA VOLTA LAURA .
Versi di Giannina Milli .
che spande i suoi odori negli orti di Armida. Avvezzo a volare co'
suoi cavalli alati dove lo trae la fantasia , egli entra alle volte per
la finestra in casa di certe femmine che non sono specchi di pudi
cizia e con un fare da pazzerello strombazza fuori tutto quello che
vede e ode. Egli fa il male forse senz'avvedersene : ha questa cir
costanza attenuante. E senz'avvedersene, perchè va soggetto ad astra
zioni e distrazioni straordinarie. Figuratevi che una mattina uscendo
dalla sua camera per fare un po' di moto su e giù per le stanze
vicine, discese invece le scale, venne in istrada e da Carpi, indovi
nate mo, care sorelle,... andò fino a Ferrara senz'accorgersi che era
ancora in pianelle. Ce lo attesta il suo figliuolo Virgilio, il quale poi
si è dimenticato di schiarirci sopra un altro punto, se cioè egli fosse
ancora in berretta da notte. Fra l'Ariosto e gli altri due grandi poeti
che lo precedettero, cioè Dante e Petrarca, c'è un gran punto fermo ;
egli appartiene ad un altro periodo , ad un altro senso : il soggetto
della sua proposizione non è amor platonico ; e s'egli, per contra
dirmi, ve lo asseverasse, state un poco prima di credergli sulla pa
rola. Il fatto si è, e da qui non ci si scappa, che mentre la Divina
LE ISPIRATRICI 251
Commedia dell'Alighieri e il Canzoniere del Petrarca ,> questi capi
d'opera poetici , mostrano a chiare note di essere ispirati dal più
puro e dal più santo amore, l'Orlando Furioso invece, che è il vero
capolavoro dell'Ariosto, quello per cui lo conoscono tutti, non rivela
ciò e potrebbe anzi far supporre il contrario. Bisogna rivolgersi ad
altre rime del poeta ferrarese per vedere l'amore incensato da lui
con puri profumi; ma queste altre poesie non sono quelle che l'hanno
fatto immortale. E poi si finge tanto e tanto bene a questo mondo,
e l'Ariosto, fino diplomatico, oltre che poeta fantastico, era peritis
simo anche nell'arte di darla ad intendere al prossimo ! Sfido io a
non credere di trovarsi proprio in que' suoi palagi incantati e in
tutte le imprese de' suoi paladini ! Il signor Lodovico ha un bel
cantare :
La verginella è simile alla rosa
Che, in bel giardin su la nativa spina
Mentre sola e sicura si riposa ,
Nè gregge nè pastor se le avvicina :
L'aura soave e l'alba rugiadosa ,
L'acqua, la terra al suo favor s'inchina :
Giovani vaghe e donne innamorate
Amano averne e seni tempie ornate ;
egli, ripeto, ha un bel cantare tutto ciò, ma questo pudore verginale
delicatissimo non fu la sua passione. E poi gli piacque la pluralità
delle amanti ; perocchè non trattasi soltanto di un'Alessandra, ma
anche d'una Ginevra, cioè d'amori di città e di campagna. E quelli
di campagna furono i primi. Non è ben certo se la Ginevra fosse
fiorentina della famiglia Lapi e dimorasse nei dintorni di Mantova,
ma egli è ben certo che l'amò non solamente in età assai giovanile
e per quattro anni consecutivi (1), ma che anche dappoi gli si aper
(1 ) Rivolto all'amica, così le dice in una canzone che non è delle sue più
belle :
Ginevra mia , dolce mio ben , che tale ,
Ov'io sia 'n poggio o 'n riva ,
Mi stai nel core , oggi ha la quarta estate ,
Poichè ballando al crotalo e alla piva
Vincesti il speglio alle Nozze d'Iole,
Di che l'Alba ne pianse più fiate ;
Ta fanciulletta allora
Eri , ed io tal che ancora
Non sapea quasi gire alla cittate ;
Poss'io morir or qui se tu non sei
Cara vieppiù che l' alma agli occhi miei .
E in un suo madrigale edito da monsignor Beccadelli :
Quel foco ch'io pensai che fosse estinto
Dal tempo , da gli affanại, ed il star lunge,
Signor, pur arde, e cosa tai yi aggiunge
252 LE ISPIRATRICI
sero quelle care antiche piaghe , vale a dire nel tempo che amava
già l'Alessandra. L'una sul Mincio, l'altra sul Po ! Ma pare che la 1
rosa con lui, ella fece il suo dovere ; e rigorose furono la Beatrice
e la Laura. - Rigorose si, care sorelle, ma non vane, ma non capric
ciose, ma non crudeli. E poi la bella differenza fra due maritate ed
una zitellona che o non doveva amare alcuno o amare chi avesse
ad esserle marito ! Ma voi non vi date per vinte e soggiungete :
– Non aveva forse Eleonora delle bellissime qualità ? Mentirebbero
forse lo stesso Torquato e gli altri illustri contemporanei che dopo
averla avvicinata, la portarono a' sette cieli ? - Chi vi dice, care mie,
ch'ella non avesse i suoi pregi ? (2) Io no : Io non le nego altro che ·
(1) Deh ! sarà mai quel giorno
Che in que' begli occhi le lor fiamme prime
Raccese jo veggia ? e che arda il mondo in loro ?
Anch'io purgherò l'alma e le mie rime
Foran d'augel canoro ,
Che or son vili e neglette, se non quanto
Costei le onora col bel nome santo .
(2) Così il Tasso pennelleggiava le bellezze della sua amata :
Sull'ampia fronte il crespo oro lucente
Sparso ondeggiava, e de' begli occhi il raggio
Al terreno adducea fiorito maggio
E luglio ai cori oltre misura ardente.
250 LE TRE ELEONORE
sionato il nostro poeta, anzi inchinevole molto a questo accidente , per allri
soggetti in più m . tura età e massimamente , dopo il suo esilio , dimorando
in Lucca , per una giovane (la Gentucca ? ) la quale egli nomina Pargoletta ;
ed oltre a ciò, vicino allo siremo di sua vita, neil'alpe di Casentino, per una
alpigiana , la quale , se mentito non m'è , quantunque bel viso avesse , era
>
paura. Negli occhi d'esta bella pargolelta . L'Oliimo qui vede Alagia , di
cui nel XIX del Purgatorio " . Alagia dei Fieschi fu moglie di un Malaspina .
262 LE TRE ELEONORE
C'è una gradazione, come vedete : prima una principessa , cioè due
principesse, e prima la principessa regnante, quindi una gentildonna .
Ora in questa scala discendente viene quarta pel numero delle amanti,
e terza pel nome di Eleonora, una damigella. A lei sono dedicati i
seguenti versi, ne' quali egli si professa non solamente apprezzatore
delle sue bellezze , ma anche sempre dispostissimo a'suoi comandi
ed umilissimo ed ossequiosissimo servitore :
O colle grazie eletta >, e con gli amori
Fanciulla avventurosa
A servire colei , che dea somiglia 9,
Perchè 'l mio sguardo in lei mirar non osa
I raggi e gli splendori
E il bel seren degli occhi e delle ciglia ,
Nè l'alta meraviglia
Che ne discopre il lampeggiar del riso ,
Nè quanto ha di celeste il petto e'l volto ,
Io gli occhi a te rivolto ,
E nel tuo vezzosetto e lieto viso
Dolcemente m'affiso.
Bruna sei tu , ma bella
Qual vergine viola ; e del tuo vago
Sembiante io sì m'appago,
Che non disdegno signoria d'ancella.
Chiudiamo un occhio, direte voi ; passi la signoria : nel resto siamo
in pienissima regola. – In pienissima regola ? No, vi rispondo: anzi,
sorelle mie , io casco dalle nuvole al leggere un sonetto scritto da
Torquato per questa terza Eleonora , il quale con tutti i piedi di
ciascheduno de' suoi versi dà calci quanti mai ne può dare ai primi
santi propositi del nostro poeta. Udite, udite :
Pera il mondo e rovini : a me non cale
Se non di quel che più piace e diletta ;
Chè , se terra sarò , terra ancor fui.
Se l'acqua parlasse così , non diventerebbe mai perla o diamante.
Oh ! faccia come il sole che passa sopra il fango e non s'imbratta .
Ma credete voi che questi veramente fossero i pensieri e i senti
menti del nostro buon Torquato ? Oh no certamente ! erano null'al
tro che l'espressione del suo animo disilluso , esulcerato ed irritato
a ragione contro l'altéra insensibilità della principessa Eleonora (1 ) .
(1 ) Il Bembo, ch'era pur cardinale : Non vi mando quaggiù l'eterna cura
Affinchè senz'amor tra noi viveste : - Non vi diè si spiacevole figura - Per
C.
LE TRE ELEONORE 263
Altro che ispiratrice ! Quelle sue qualità negative ad altro non riu
scivano che a disamorarlo delle sante delizie del puro amore ed a
spingerlo a volgari affetti. Perchè passa egli da una ad altra amante,
e perchè d'una sola non si compiace ? Perchè nè quell'una nè tutte
le altre insieme compiono il vuoto del suo gran cuore. Eccellentis
sima principessa, voi volete per amante un grand' uomo , e poi vi
divertite quando a negargli e quando a concedergli in dosi omeo
patiche l’ affetto vostro e dargli anche quel poco e poi toglierglielo,
come si fa lle ciambelle bambini. Ma voi si pazza ! E voi
altre siete ben corte d'intelletto se co'vezzi e colle vostre frali bel
lezze credete di far breccia in quell'anima sublime , di riempierla e
di appagarla . Ci vuol altro, mie care ! Vi troverete nel vostro ele
mento con qualche incettatore di grano turco e con qualche ciam
bellano della corte ducale , ma non con Torquato Tasso, che ha anima
per tutte voi.
Care sorelle, così la penso io degli amori dell'illustre poeta di Sor
rento ; la mia opinione è questa, ma voi siete libere di pensare di
versamente. Io ho giudicato, ma in prima istanza ; e poi non ho il
potere esecutivo a ' miei comandi per far eseguire la sentenza pro
nunciata contro la signora Eleonora d'Este. Che se volete far rive
dere il processo o intercedere per lei, ricorrete al barba, ch'è il tri
bunale supremo di cassazione. Qui abbiamo tutti i ministeri, e senza
la più piccola confusione immaginabile. Il signor barba potrà assol
vere lei da tutte le imputazioni che io le ho date ed eziandio con
dannare me nei danni e nelle spese del processo. Basta che non mi
condanni ad imitarla ; questo poi no : voglio aver cuore io , nè lu
singare chicchessia a cui non possa corrispondere o cui io non vo
glia o non mi sia dato avere in marito. E in questo è convenuto
che voi, buone e gentili, siate dell'avviso di questa onorevole, anzi
onorevolissima preopinante.
Finis coronat opus ; fo punto. I soliti baci, ma i più cordiali che
potete a mamma e papà, ed una bella riverenza, alla debita distanza,
anche alla signora nonna.
Ma sospendete i baci , sospendete gl’inchini , care sorelle ; e per
donate alla mia smemorataggine. Vi avevo promesso di darvi no
tizia anche d'un quinto innamoramento di Torquato Tasso ; ed ogni
promessa è debito. Manco male che non ve n'ho promesso anche
un sesto, che del resto non mi sarebbe niente affatto difficile scovar
fuori. Difficile ? Ma anzi eccovelo quà : e questa sesta amante è la
chè in tormento altrui la possedeste. Pompeo Litta scrisse che l'Eleonora
mori ( nel 19 agosto 1581 ) per sanomarico delle disgrazie del poeta. Quel ram
marico potrebbe rassomigliare un poco al rimorso.
64 LE TRE ELEONORE
XI . -
di Torquaro Tasso e sulle cause della sua prigionia . Pisa, Capurro , 1832.
( 3 ) Così scrivevamo nei Fanciulli celebri : “ Fu detto che nella sua epopea
della Gerusalemme liberala non parla mai o raro dell'Italia ; ma Torquato
fece più, onorò l'Italia colla sua epopea meravigliosa , e lenió volgere la sua
patria e i principi cristiani delle corti italiane a santa ed utile impresi : pe
rocchè gli è poco o nulla parlare o ciarlare della patria , se non la si illu
stri colle opere , e se non si cerchi la gloria e il giovamento di lei . A' tempi
cantati dal poeta la religione animava e ispirava il valore ; trattar di reli
gione, consociata a viriú militare , era lo stesso che rimproverare alle stirpi
degenerate la mancata fede e il dimenticato od abusato valore . Grande scopo
morale e politico aveva il poeta ; e lo dichiara egli stesso fin da principio ,
ove dice che gli occorre l'a monia e il lenocinio del verso per significar ve
rità amare ma salutari , assomigliando . la generazione tra cui vive a quei
bimbi che, ingannati dalla madre affettuosa, bevono succhi amari , se il vaso
che li contiene abbia gli orli aspersi di licor soave. Egli diceva poeticamente
ciò che i pubblicisti , anche dei nostri di , proclamarono in umile prosa, e rio
che i Veneziani più volte tentarono mandar ad effetto , che ci è per la salute
e la gloria della patria nostra bisogna ritorre al Turco la grande ingiusta
preda, e cacciarlo d'Europa, e rivendicare l'allo imperio dei mori . Dal lato
religioso il suo poema era universale, cattolico ; dal lato politico, italiano.
LA FORNARINA 265
innamorare di sè qualche gran letterato o scienziato od artista. Da
quel momento , s'ella capisce la sua fortuna, quella fanciulla può
compiacersi d'una vittoria , che conseguirà sulla stessa Morte ; pe
rocchè costei non potrà condannarla all'oblio, non potrà più distrug
gere il suo nome. Chè il letterato o lo scienziato o l'artista lo cinge
tosto dell' aureola dell'immortalità , associandolo alle proprie opere
sublimi , o chiamando con esso qualche utile invenzione , qualche
nuova pianta o qualche astro nuovamente scoperto, od effigiando la
cara immagine di colei che lo porta in qualche pittura o scultura
di squisito lavoro. Vedete, la Morte ha sì messo sotterra la fanciulla
amata da un grand’uomo ; già i mortali avanzi della giovinetta giac
ciono senza moto nell'umida fossa : ma ecco un di una locomotiva;
a cui è dato il nome di lei, passar vicina al cimitero, trasportar ra
pidissima migliaja di persone e col suo fischio mandare un saluto
a quelle ossa e beffarsi nel tempo stesso della Morte !
Ma v'ha fama e gloria, care sorelle ; ed una buona fanciulla bi
sogna che non s'accontenti dell'una , ma voglia l'altra. E perciò è
necessario ch'ella non sia soltanto bella e brava, ma anche savia. La
bellezza , l'ingegno , la bravura sono doni gratuitamente dati : non
possono recare che fama e celebrità ; laddove la sola saviezza , che
dipende da noi , ch'è merito nostro , può dar gloria. Chè la gloria
non è altro che una fama di cui uno può onestamente legittima
mente vantarsi.
Ha gloria o fama la Fornarina ?
Quando abbiate letto le promessevi notizie intorno a lei , vedrete
che a questa simpatica ragazza, a malgrado di tutte le nostre buone
intenzioni , non possiamo accordare altro che fama.
Non c'è bisogno ch'io vi ricordi a che tempi ella visse , perchè
scorgo dalla vostra letterà che voi già sapete che ella era coetanea
o di qualche anno minore di Raffaello d'Urbino, suo innamorato ( 1),
Onde vi son noti benissimo gli anni che aveva. Anzi, perchè le bio
grafie non precisano la sua età, farete bene a supporla più giovane
che sia possibile: così sarà meglio scusata la sua debolezza. La quale
debolezza , come vi si farà evidente dalle cose che andrò dicendo,
non si manifestò in lei sulle prime, ma fu effetto, pare, dell'abban
dono a cui si lasciò andare dopochè si convinse d'essere propria
mente amata. O troppo rigore o troppa accondiscendenza , ecco
come siam fatte noi : e l'uno e l'altro estremo ha i suoi inconve
nienti ; l' uno specialmente per chi ci ama, l'altro per noi.
Non credo che quella che noi chiamiamo Fornarina ricevesse al
(1 ) Raffaello nacque in Urbino nel 1483 ; suo padre fu Giovanni de Santi.
Mori di trentasette anni.
266 LA FORNARINA
zato così che colui che guarda domina tutto l'interno. Che non
sia nè più alto , nè più basso il muro , ve lo assicura il Missirini ,
>
Una volta per sempre, grazie, o Cecilia, delle tue lettere ; grazie
in nome dell'Angelica che ti scrive, e dell'Ernestina che rivede la
presente. Chè quelle lettere non furono trovate così lunghe come tu
temevi, perchè non è veramente lungo che ciò che annoja. E come
avremmo potuto annojarci noi delle parole affettuose di una buona
sorella che toglie a sè stessa la libertà ed i piaceri della campagna
o per raddrizzare i nostri torti giudizi o per arricchirci di nuove
cognizioni ? Cosi potessimo far noi e concambiare alla tua cortesia,
mandandoti le biografie che desideri intorno all'Onorata Orsini, alla
Laura Ciceri, alla Rosa Govone, ed alla Tornielli-Bellinil D’una no
stra visita alla Biblioteca nazionale, son frutto i magri cenni che ti
mandiamo in fretta, cavati di qua e di là, che troverai qui acchiusi
in altrettanti pezzettini di carta ; perchè già sai bene che qui in casa
non abbiamo neppure ombra di libreria. Qualche ufficio della setti
mana santa, il libro delle sette trombe, Paris e Vienna e la cabala
del lotto, e quest'ultima proprietà dell' Apollonia ; ecco tutti i nostri
libri .
Si, credimi, cara sorella, che papà, mamma, nonna, il cugino Carlo
e tutta la conversazione, abbiamo letto con piacere le tue lettere ; e,
se ti accontenti dell'approvazione di questo cosi ristretto ma scelto
pubblico, tu l'hai. Non vi fu che uno solo che facesse qualche smorfia,
e tu indovini bene ch'egli è quell'ex-chericone del tempo degli
austriaci che si crede il più bello, il più amabile e il più dotto uomo
del nostro stivale. Una volta tutti lo ritenevano per un gran coso ,
ma ora ha perduto le penne di pavone. Bazzica in casa nostra per
certe convenienze sociali a cui papà e mamma sono legati; ma Er
nestina ed io non lo possiamo digerire , prima per il suo orgoglio
da Lucifero e poi perchè con quella sua smorta faccia si dà aria
di bel Narciso. Immaginarsi che s'era messo a fare il cascamorti
anche coll'Ernestina ! Ma tu gliene devi aver fatta qualcheduna di
grossa, tu, perchè questo gallo di monna Fiore, quando può ti becca.
LE BENEFATTRICI 277
Adesso, per esempio, dice che da' tuoi giudizi sulla Eleonora si vede
bene che inclini alla demagogia ed al disprezzo delle autorità, e ciò
ch'è peggio, che non rispetti neanco le fosse. A' morti egli non per
mette che si dica le verità, quando e' siano principi e colle antiche
code. Vedi che esagerazioni e che idee sono le sue ! Ma già tu sai
che questo è il suo modo di ragionare e di criticare. In passato noi
gli davamo sulla voce, ma ora abbiamo smesso ; e ci troviamo gusto
a ridere tra noi della sua goffa presunzione, ed anzi lo secondiamo
per burla quando dice male di tutti e di tutto e persino del paese
che gli dà i mezzi di farla grassa. Io vorrei che avesse il doppio
di quello che ha, ma non so spiegare a me stessa come vi possano
essere paesi che siano ricchi sfondolati quando si tratta di tenere
ben pasciuti i propri nemici, e poveri quando viene la volta di dare
un pane agli amici. Ma questi saranno segreti di politica ed alte ra
gioni di Stato, che noi donne, col nostro cuore, non arriveremo mai
a comprendere e spiegarci.
Ma a te importerà poco di conoscere gli oracoli di quest'ipercri
tico de' miei stivali. Si dà peso al giudizio d'un uomo qualunque
se non è conosciuto ; ma una volta che lo si sappia una nullità , è
da pazzi scaldarsi il fegato.
Vengo a qualche cosa di meglio, ed è ciò appunto che mi fece
prendere la penna in mano. Gran novità in casa , e buone no
vità, anzi gran fortuna ! – Abbiamo forse guadagnato il premio di
-
Oh ! Angelica, li sei
sposata .... senza neanco avvisarmi delle tue nozze.... si capisce su
bito D.
Oh no, cara mia, non si fanno di queste cose dalla figlia
di tuo padre. Ecco di che si tratta. Tu sai che babbo attende tutto
il giorno agli affari, e che non gli avanza tempo da stare intorno
a noi. Mamma, pensa all'ordine ed all'economia della casa , ed ha
per giunta l'amministrazione di quel po' di bene che, col lavoro e
co'risparmi abbiamo potuto acquistarci in campagna . Il babbo, quando
sposò la mamma, era asciutto come la palma della mano : nè suo
padre nè suo zio nè suo nonno avevano lavorato o rubato per la
sciarlo ricco. Or bene , papà e mamma , trovandosi al presente in
qualche larghezza pecuniaria, da que' buoni genitori che sono , per
compiere la nostra educazione, ch'era abbozzata piucchè altro, tira
rono in casa una buona donna , d'un'età di mezzo , sui trenta , se
non li ha passati. Essa da poco tempo è vedova d'un maestro di
278 LE BENEFATTRICI
che vi si veda la faccia (perchè è una bella faccia ); noi invece siamo
degni che ci si vedano anche gli stivali » . E per la storia della moda,
che correva quando vennero scolpiti, avrebbero forse ragione.
Io non perdo di vista il mio soggetto , o cara Cecilia ; nè mi di
mentico che ti devo degli appunti sopra alcune benefattrici dell'u
manità. E, per tornare subito a bomba, dico che la nostra istitutrice
ha ragione di affermare che , se noi donne non promoveremo una
286 LE BENEFATTRICI
.
giovane! - Ma questo non è il profitto che si dee cavare dai monu
menti pubblici, esposti non solo al guardo dei dotti, ma eziandio degli
indotti, che sono la massima parte.
Nell'atrio dell'ospedale dei Fate-Bene-Fratelli, posto nello stradone
di S. Vittore, vedemmo due monumenti, l'uno in onore della vec
chia marchesa Luigia Castelli Visconti-Modrone , l' altro della gio
vane Maria Sacchini. Ecco due signore che amarono i figli del po
polo, e di cospicue rendite provvidero quello spedale. Brave ! elle
mostrarono non essere sempre vero ciò che dice il proverbio , che :
« Martello d'oro non rompe le porte del cielo ; > 0, per dir meglio,
che bisogna saper interpretare bene quel proverbio. Infatti, se esse
non avranno rotte quelle porte tanto da entrare per la breccia e
non ne abbisognavano avranno però con quel martello che non
si spezza, picchiato così forte da farsi udire dal portinajo celeste
anche s' egli si fosse trovato alquanto lontano ad accompagnare ne'
più eccelsi luoghi del paradiso altre anime più sublimi arrivate poco
prima alla sua porta. Benedetto chi si ricorda del povero ! benedetto
chi, spogliandosi del manto della ricchezza per comparire quale usci
dalle mani della natura , lascia caderne lo strascico sulla povertà
nuda e vergognosa! Egli avrà forse più mite o più munifico il giu
dizio di Dio.
Ma'il monumento della Laura Ciceri , che trovasi nell'atrio del
>
l'ospedale delle Fate - Bene- Sorelle, più che ogni altro ci riempi di
ammirazione e di santa gioja. Chi era Laura ? Se la consideriamo
nell'età giovinetta, la vediamo struggersi di carità e rammaricarsi
perchè, sebbene ricca, non potesse disporre che di qualche soldo in
elemosina al povero. Il suo bel cuore la spingeva in traccia de' bi
sognosi , e poi come s'affliggeva, come diventava rossa , neldover
d
dire : « Perdonatemi, non ho di più » , o nel dover ritrarsi da quella
miseria a cui s'era avvicinata per soccorrerla dimenticando di non
averne i mezzi ! Oh se avessi uno scudo o un napoleone d'oro !
dicono i ragazzi, e credono che con quello scudo o con quel napo
leone d'oro potrebbero comperare mezza la città ! Ma , se avessi
-
( 1) La Ciceri, nel tempo ch'era giovinetta, abitava nella parrocchia del Car
mine. Mori li 29 ottobre del 1841, di 74 anni. Altri monumenti di benefattrici
del pio luogo stanno nell'atrio medesimo .
288 LE BENEFATTRICI
onorata , e perchè il titolo di madre dei poveri è maggiore di quello
di reginà e d'imperatrice (1).
Per giungere al monumento della Ciceri bisogna entrare nell'atrio
dell' ospedale, o bisogna contentarsi di vederne qualcosa dai cancelli,
sempre per quella benedetta ragione che dicevo poc'anzi, che cioè
si vuole che paja quasi contrabbando la giustizia resa al nostro
sesso .
e delle donne illustri non pretendiamo già farne degli dei o de' beati,
ma intendiamo che la società si decida finalmente a mostrare ch'ella
piglia sul serio il grande affare dell'educazione delle moltitudini, e
che almeno dopo morte renda giustizia a'suoi benemeriti. Finora
non ha concesso loro che una sepoltura comune. E la maestra vor
rebbe che le glorie raccolte nel suddetto panteon non fossero esclu
sivamente municipali ma italiane, onde anche in questo sentimento
di doverosa riconoscenza fosse unificata tutta la penisola. Nello stesso
tempio dell'Agnesi e della Ciceri avrebbero onorata e ispiratrice si
cordanza la Rosa Govona di Mondovì, donna del popolo, benemerita
istitutrice di ritiri di abbandonate fanciulle, che da lei si appellarono
mi conti i passi. E poi e poi, ognun può far della sua pasta gnocchi .
Che se i critici dell'avvenire non sono contenti, e se dicono ch'io
comincio a fare un orciuolo e poi n'esce un'anfora , all' opposto di
quell'artefice censurato da Orazio , tanto meglio per chi l'ha ordi
nata, e tanto meglio per chi deve servirsene , perchè l'anfora tiene
più che l’orciuolo . Ma sento che tu mi dici all'orecchio : Non cer
car d'infinocchiare il colto pubblico : sei lunga, perchè non hai tempo
d'esser breve . Piano , sorella , che non t'oda neppur l'aria. Starei
fresca io, se t'udisse l'ex -chericone !
Ernestina, papà , mamma , la nonna , la maestra e Carlo , nostro
cugino, m'incaricarono de'loro più cordiali saluti per te e lo zio, ai
quali Ernestina ed io aggiungiamo i nostri ; e ti preghiamo tutti ad
una voce , in coro , di tornare il più presto possibile tra noi. Non
dire come Dante : « Se io vo, chi rimane ? Se rimango, chi va ? - Se
vieni, rimarrà Carlo, che parte quest'oggi stesso per tenere compa
gnia alcuni giorni allo zio ; e se rimani, verremo noi colle corde e
colle catene per istrascinarti via da codesta benedetta biblioteca, che
va scolorando le belle rose delle tue guance. Le sappiamo le tue
lunghe e troppo lunghe conversazioni con quei libracci ; ed è tempo
di finirla . Domandavamo qualche breve notizia , ma tu ci mandavi
dei trattati. D'ora in poi, se vorremo qualche cosa, ci servirà Carlo,
il brevissimo, il laconico Carlo , che potrebbe scrivere cento lettere
al giorno , e non ne scrive una. Accetta il cambio , dagli la parola
d'ordine, e rientra in quartiere, cara sorella.
6
LE SCIENZIATE .
Autore. Capisco che avete ragione , molto più che vi sono alberi
che danno frutti come le quercie , cioè delle ghiande , buone quasi
unicamente per ingrassare gli animali immondi.
Scienziato. Lasciate le ghiande, e di eletti fiori componete invece
corone per inghirlandare le illustri scienziate che io ora vi mostro.
Ma facciam presto, perchè siamo ancora nella provincia della Filo
solia.
Autore. Perdonate una domanda ; qual'è la capitale di questo va
stissimo impero ?
Scienziato. La capitale chiamasi con doppio nome, come Costanti
nopoli, che dicesi pure Stambul ; ora la chiamano Logica ; ora Ra
gionamento ; del resto è una vastissima città con due gran sobbor
ghi denominati l'uno Buonsenso , l' altro Senso comune. Però gli
>
cantava sulla lira versi latini con singolare bravura da lei medesima
improvvisati, e che in giovanissima età formava co' suoi versi can
tati la delizia dei festini del doge e l'ammirazione dei patrizi e degli
illustri forestieri ammessi alle feste del palazzo ducale ; ma io , per
la parte mia, non posso tacervi ch'ella con maraviglia di tutti attese
pure alla filosofia ed alla teologia e , per mostrare , come dice il
Domenichi , più chiaro testimone del valore e della dottrina sua ,
compose un libro dell'ordine delle scienze. Il Poliziano si recò a
bella posta a Venezia per conoscerla di persona e , vedutala e udi
tala, dovette confessare ch' egli rimanevasi in dubbio se a confronto
di Pico della Mirandola che nell'infanzia era stato un prodigio di
sapere , dovesse concederle il primo seggio. E Giulio Scaligero in
uno de' suoi epigrammi latini non dubitò di cosi esaltarla : Nunquam
tu fueras femina, sed vir eras ( 2).
Autore. Va tutto bene, ed anch'io ammiro questa illustre filosofa
e poetessa ; ma come stiamo a ' costumi ? perchè alle volte il sole
o la luna del sapere ha certe macchie, massimamente se brilla dentro
le corti, e non vorrei....
Scienziato. Ma che andate fantasticando ? Costei, ottimamente edu
(1 ) Agostino Barbarigo.
(2) Non ti mostrasti mai femmina, ma eri uomo.
298 ELENA CORNARO PISCOPIA
cata da' suoi nobili parenti e andata sposa a Giovanni Maria Mapelli
medico , dopochè nel 1524 perdè il marito , rimasta sola e senza
prole , non in altro pose il suo conforto e le sue delizie che nello
studio e nelle opere di pietà. Credete forse che sia morta ballando
o giocando ? No, mie care signore, ella mori superiora delle ospita
liere di san Domenico in Venezia ( 1 ) . Ora inchinatevi a lei insino a
terra .
Autore. E con molto piacere, garbatissimo signor Scienziato, perchè
è giorno di festa per me quello in cui ritrovo qualche grande virtuoso .
Scienziato. Se la è cosi, ed avendo io il mezzo di porgervi notizia
di tre o quattro centinaja di scienziate virtuose, rallegratevi, peroc
chè potete far festa tutti i giorni dell'anno , anche se bisestile.
Autore. Per uno scienziato io vi credevo più ruvido ,> col bel
sesso .
Scienziato. Che idee strambe avete voi mai ? Io non so perchè
debba far ruvidi e misantropi.
Autore. Avete ragione da vendere , ma non mi negherete che
anche voi propendete più per le giovani che per le vecchie ; peroc
che dovevate presentare anzi tutto i vostri omaggi a quelle, e siete
andato invece a trovarne una di sedici anni .
Scienziato . Bella ! una giovinetta di 93 anni....
Autore. Non se ne impatta una con voi ! Oh come sapete far bene
le conversioni a destra ed a sinistra ! Via.... vorrei vederne qualche
altra .... vecchia, già s'intende.
Scienziato. Non avete che l'imbarazzo della scelta ; e per farvi
piacere e per ricordarvi la vostra bella patria, eccovi qua una no
bile , gentile , eloquente e dottissima signora , che viene anch'essa
dalle lagune per salutarvi. Ella è l'illustre Lucrezia Elena Cornaro
Piscopia, onore del secolo XVII. E perché voi, pesce d'acqua salsa ,
diguazziate nel vostro elemento, eccovi qua l'elogio che fa di lei un
altro veneziano, Bartolomeo Gamba. Cito a memoria, ma, spero, con
esattezza : « Nobilissima schiatta , molta avvenenza, vastità di sapere,
non fucata modestia, irreprensibil costume, pietà singolare resero
questa giovane la maraviglia delle donne del suo tempo. Nella più
( 1 ) Cassandra Fedele nacque in Venezia nel 1405 , vi morì nel 1558 : visse
novantatre anni; esempio, scrive il Levati , che lo studio non abbrevia la vita
ma la fa gloriosa.
Maria Petrettini , corcirese , scrisse la Vita di Cassandra Fedele ( Venezia ,
1814) . Le epistole e le orazioni della Cassandra sono citate nella Biblioteca
femminile italiana, raccolta, posseduta e descritta dal conte Pietro Leopoldo
Ferri padovano, Padova, Crescini, 1842. Alla stampa delle lettere ed orazioni
postame di lei, edizione curata da monsignor Filippo Tommasini (Padova ,
Pasquati
cenne .
, 1636), è premesso il ritratto dell'autrice quand' era appena sedi
LAURA BASSI 299
tenera età le erano famigliari, oltre ad alcuni idiomi viventi, l'ebraico,
il greco e il latino ; ed il gran numismatico Carlo Patin , nel dedi
>
( 1 ) Mori nel 1787. Le sue Tesi, stampate nel suddetto anno 1777 , stanno
alla pag. 1 del libro intitolato : Laurea della signora M. Pellegrina Amoretti,
cittadina d ' Oneglia. Pavia , presso gli stampatori Forro e Bianchi , in -4.
Oltre le Tesi, si leggono in detto libro lulte le rime in onore dell'Amoretti ,
dai più distinti poeti dei nostri giorni dettate , fra guali brillano quelle di
Gian Carlo Passeroni , di Giuseppe Maria Pagnini , di Giuliano Cassiani, del
cav. D'Elci , di Giuseppe Parini e del latinista cardinale Angelo Maria Due
rini , Il ritratto di Maria P. Amoretti orna da principio la bella raccolta. -
FERRI .
L'Amoretti & pure autrice dell'opera : De jure dotium apud Romanos Liber
singularis ( Milano , Galeazzo , 1788). Quest'opera postuma venne pubblicata
per cura dei cugino di lei Carlo Amorelli , il quale la dedicò al commendatore
Nicolò Pesci , aggiungendovi un discorso ai lettori, nel quale dà brevemente
le nolizie degli studi e delle opere della cugina sua. In principio vi sta il
ritratto dell'autrice . FERRI .
302 MARIA PELLEGRINA AMORETTI
Lo Scienziato. E ben a ragione foste detta la Bassi genovese.
Autore. Mi vien detto , pregiatissima signora , che ella non abbia
domicilio legale unicamente in questa provincia, ma anche in altra.
L'Amoretti. Foste bene informato, dappoichè ho casa e poderi an
che nella provincia delle scienze legali ; e se nella vostra escursione
filosofica passerete anche di là, mi ci troverete e vi farò lieta acco
glienza. Ma non posso trattenermi più oltre con voi ; addio .
Autore. Ella monta in carrozza , e non potremmo, caro Scienziato,
approfittare dello stesso veicolo per trasportarci anche noi in quella
provincia ? Dicono che la regione delle leggi abbia strade poco pra
ticabili, campagne molte aride , e molti boschi : andarci con troppo
disagio mi peserebbe.
Scienziato. Se c'è un posto disponibile nella diligenza, noi ci ono
reremo della vostra compagnia, illustre signora Amoretti, perchè an
che noi siamo diretti alla volta di quella gran metropoli che chia
masi Giure o Diritto.
L'Amoretti. Fate pure il piacer vostro, ma licenziatevi prima con
bel garbo da queste altre brave signore filosofesse , che già s'avvi
cinano per salutarvi. Così v'augureranno anche il buon viaggio.
Scienziato . Oh le conosco tutte io ....
Autore. Chi sono ?
Scienziato. La più vicina a noi è la Giuseppa Eleonora Barbapic
cola di Napoli, che divolgò, da lei tradotti , i principi della filosofia
di Renato Des Cartes (1) ; la seconda, che le sta quasi presso, è l'Anna
Gentile Gagliani di Palermo, autrice lodata di alcune Lettere filoso
fiche (2); la terza è la famosa Cecilia Folliero de Luna , la quale ,
meglio che alla filosofia speculativa attese alla pratica, ed all'educa
zione morale dei giovani delle donne. Ve lo dicano i seguenti ti
toli di alcune sue opere : Mezzi onde far contribuire anche le donne
alla pubblica felicità ed al loro individuale benessere (3) ► Saggio
filosofico sopra il mezzo di migliorare i giovani, ragionato sugl'in
timi rapporti fra la sapienza, la religione, la morale ee la felicità (4)
La vita è un bene ; uopo è di saperne usare (5) I benefizi del
dolore congiunti a quelli della filosofia (6).
(1 ) Furono stampati in Torino , pel Mairesse , nel 1722. V'ha il ritratto della
traduttrice inciso dal napoletano F. de Grado . Nella prefazione la Barbapiccola
mostra come in ogni tempo le donne italiane non solo coltivarono con onore
gli ameni studi ma anche le più gravi scienze.
(2) Napoli , stamperia della Società Letteraria e Tipografica; 1780 .
(3 ) Napoli , presso Marotta e Vanspandoce, 1826 .
(4) Napoli, stamperia del Fibreno, 1834.
(5) Nel giornale la Favilla . Trieste, Marenghi , 1837.
(6) La Folliero de Luna è autrice di bellissimi versi recitati da lei nell'Ac
cademia Pontaniana e pubblicati colle stampe.
MARIA ANGELA ARDINGHELLI- CRISPO 303
Autore. Brava, bene, signora Cecilia ! così devono essere le donne,
se vogliono insegnarci qualche cosa, e possono insegnarcene molte ;
ma non perdersi in astruserie, nelle quali assai spesso gli stessi uo
mini perdono la bussola. La vostra missione, o donne , è di educare
il cuore, più che istruire di peregrine cognizioni la mente, ed ella,
illustre signora Cecilia, lo ha ben compreso, e ne la ringrazio tanto
e poi tanto.
Scienziato. Adagio , mio caro , con queste espansioni : non allar
mate l'Amoretti, con cui dobbiamo viaggiare in compagnia.
Autore. Mi credete pazzo o libertino ? So distinguere io. Adesso
che queste tre ultime signore ci hanno riverito, e sono andate via,
posso dirvi liberamente che a baciare la Folliero s'acquistava in
dulgenza , perchè ella è vecchia come le altre sue due compagne.
>
Autore. Mi piace questa donna che scherza, per così dire , col
fulmine e che insegna alle altre donne di non aver paura della
elettricità e di farla servire agli usi della scienza e della vita. In
quegli uffizi telegrafici in cui si preferisce l'opera delle femmine a
quella degli uomini , la Ardinghelli dovrebbe avere un busto , un
ricordo.
Scienziato. Io non dico di no, ma sapete quante cave di marmo
ci vorrebbero per innalzare una sola lapida od un busto in onore
di tutte le donne che si segnalarono nelle scienze ? Volete voi ve
dere una donna egregia con le mani impiastricciate nei cerotti e
negli unguenti delle farmacie ? Ebbene , quando saremo nella pro
>
(1 ) Ben lunga sarebbe la lista delle scienziate, anche limitandoci alle prin
cipali . Fra le rinomate nella giurisprudenza non citammo la Battista Gozza
dini , addottorata in legge nel 1236, i cui pareri erano cercati dai più valenti
leggisti ; nelle matematiche, la romana Maria Pizzelli (nata nel 1735) ; -
nella medicina, la Dorotea figlia del celebre medico bolognese Giovanni Bucco .
nell'anatomia , l' Anna Morandi di Bologna ( nata nel 1717 , morta nel
4774 ) , ecc.
Canzone.
( 1 ) Bacco , dio del vino ; insubre Atene, Pavia, per la sua università ;
Pallade, dea della guerra e del sapere : -
colei che dell'umana prole, ecc. ,
la Giustizia ; Saffo e Corinna , antiche poetesse greche ; · Pindo , monte
della Tessaglia, ove convenivano le Muse ; Termodonte, fiume della Cap
padocia ; Tesino, Ticino : qui nel senso di Pavia ; - palladi ulivi, perchè
dell'ulivo si facevano corone pe' vincitori ne' pubblici spettacoli o per gli
illustri nelle arti belle ; Temide o Temi , dea della giustizia ;
5 il gran
Doria, Andrea Doria , ammiraglio genovese nel secolo XVI , detto il padre
della patria ; - l'erudito senato, il consesso dei professori dell'università di
Pavia ; sul forte Russo estendi, ecc, allude con lode alle sovrane allora re
gnanti di Russia, Portogallo, Lombardia, Austria, ecc.; Olimpia, città del
Peloponneso nella Grecia, ove si celebravano i famosi giuochi olimpici ;
Pindaro , celebre poeta tebano.
MARIA GAETANA AGNESI.
(1718-1799 ).
I.
le sue maggiori feste sono pe' suoi maestri, a cui, dopo Dio e i ge
nitori, sa di dovere osservanza e gratitudine.
Che saresti, o caduco fiore, se non ti avessero educato le rugiade
e i miti zefiri benefici ? Or faresti mai così leggiadra pompa di te
stesso ?
JII .
VII.
VIII .
quello che viene dalla famiglia, il padre dell'Agnesi intese fino dal
primo ad erudirla egli stesso nella lingua italiana , ed a mano a
mano che la mente della fanciulletta aprivasi a nuove idee , avea
cura di rendergliele ben chiare e distinte e di suggerirle i vocaboli
più acconci e propri ad esprimerle.
Poche regole bastano quando è continuo l'esercizio, quando il pre
cettore non debbe faticare a distruggere ciò che per un lungo mal
uso ha messo già profonde radici.
I maestri hanno quasi sempre doppia fatica : quella di sbarbicare
le male erbe e quella di seminarvi il buon grano. Infatti, quanto è
mai diverso il dialetto municipale dalla lingua nazionale !
Perchè l'Agnesi non avea mai parlato male la propria lingua, fu
facile al padre suo d'insegnargliela prestamente e bene.
IX .
XV.
XVI .
Quando una legione d'angeli , scelti tra coloro che avevano ispi
rata santa Caterina da Siena e Caterina Fieschi-Adorni ( 1), fu man
data da Dio per condurla al gaudio eterno dei giusti , trovolla in
tenta a dar consigli e ordinamenti, suggeriti dalla sua grande espe
rienza e carità a pro' dell'ospizio. Quell'anima fra una spalliera di
spiriti celesti saliva a Dio , beata , ma pur supplicante. Perchè nel
l'atto stesso che drizzava e fissava gli occhi in cielo , colla destra
abbassata accennava e raccomandava a Dio quelle povere creature
ch'ella abbandonava in questa valle di lagrime (2) ! '
( 1 ) Scrisse alcune opere spiritu li .. Madonna Catarinetta Adorna fu figlioula
66
poichè la benignità divina le toccò il cuore negli anni della sua gioventù, è
stata tutta carità, mansueludine , benignità , pazienza , astinenza ndicibile e
specchio d'ogni virtù , tal che si può comparare a santa Caterina da Siena »
Giustiniani , Annali di Genova . Caltaneo Marabotto ed Ettore Vernazza ne
scrissero la vita .
(2 ) Un bel ritratto ad olio dell'Agnesi è posseduto da casa Verri di Milano.
III .
( 1) Stampato in Milano , presso i fratelli Sirtori nel 1723. Vale come testimo
nianza , non come poesia .
(2) Petrarca .
326 MARIA GAETANA AGNESI
IV .
Il merito delle donne. Scritto da Moderata Fonte ( Modesta Zorzi dal Pozzo ,
di Venezia) , in due Giornate , ove chiaramente s scuopre quanto siano elle
degne e più perfette degli uomini. Venezia , 1600, presso Domenico Imberti , in-4.
Opera postuma .
La nobiltà e l'eccellenza delle donne e i difetti e mancamenti degli uomini .
Discorso di Lucrezia Marinelia , di Venezia, in due parti diviso, Venezia, 1600,
per Giovanni Battista Ciotti , Sanese, in-4 .
Lettera di Lucrezia Pico -Rangoni, di Mirandola , a Violante Galassone in
difesa del suo sesso . Neli' opera : Dignità e nobiltà delle donne , di Cristoforo
Bronzino . Firenze, 1624. Settim . I, Giorn . IV, pag. 69.
Arcangela Tarabotti , di Venezia. Antisatira in risposta al Lusso donnesco,
satira menippea del signor Francesco Buoninsegni , ecc. Venezia , 1644 , per
Francesco Valvasense , in-12. Difesa delle donne, contro Orazio Plata . No
rimberga , per Cherchenbergher, 1651 , in - 12. L'autrice pubblicò questa difesa
sotto il finto nome di Galerana Baratotti .
La galleria delle donne forti, del P. Pietro Le Moyne, della compagnia di
Gesù , trasportata dalla lingua francese nell'italiana dalla M. L. M. F. (Laura
Maria Montecuccoli-Foschiero , di Modena). Modena , 1701 , per Antonio Cap- ,
poni , stampatore vescovile , in -4 .
Aretalla Savina de'Rossi , di Siena . Apologia in favore degli studi delle
donne, contro il discorso del signor Giovanni Antonio Volpi: Che non deb
MARIA GAETANA AGNESI 327
bono ammettersi le donne allo studio delle scienze e delle belle lettere . Siena
20 dicembre 1723. Leggesi a pag. 50 dei Discorsi accademici di vari autor
viventi, intorno agli studi delle donne, ecc . Padova , 1729, nella stamperia del
Seminario. Questi discorsi furono la maggior parte recitati nell'Accademia
de ' Ricoverati di Padova .
Posteriormente all'Agnesi , scrissero sullo stesso argomento, fra le altre : La
Marchesa di Sanival . La difesa delle donne , ovvero Risposta apologelica al
libro intitolato : Lo scoglio dell'umanità di Diunilgo Valdecio , falta dalla
marchesa di Sinival, detta fra gli Arcadi Africa Melpea. Livorno, 1786, presso
Carlo Giorgi, in - 12 .
Rosa Califronia, d'Assisi . Breve difesa delle donne. Assisi , 1794, in -8.
Camilla Paltrinieri- Triulzi . Le illustri Camille italiane. Narrazioni storiche .
Verona, 1818, tip . Pietro Bisesti , in-8.
Ginevra Canonici - Facchini , di Ferrara. Prospetto biografico delle donne ita.
liane rinomate in letteratura del secolo decimoquarto fino ai nostri giorni,
con una risposta a lady Morgan , risguardante alcune accuse da lei date alle
donne italiane nella sua opera : L'Italia. Venezia , dalla tip . di Alvisopoli ,
1824 , in -8.
Cittadina Discorso agli italiani. La causa delle donne, 1797, per Giu
seppe Zorzi , in - 8 (stamp . in Venezia).
Anna Pepoli -Sampieri, di Bologna. In ogni età le donne italiane hanno col
tivato le scienze. Nell'Antologia femminile, Anno I, Torino , 1840, presso Gian .
nini e Fiore , lip . Canfari , e nel vol . I del Florilegio femminile, compilato di
Emmanuele Rossi . Genova, 1840, presso G. B. Ferrando, in- 8.
Isabella Rossi- Gabardi, di Firenze. Le donne fiorentine. Le donne sanesi.
Le donne pisane . Le donne aretine . Nel vol . II e III del Florilegio femmi.
nile , compilato da Emmanuele Rossi , Genova , 1840-44 , presso G. B. Fer
rando , in-8.
Teresa Pozzoni-Perversi , che può mai fare una donna ? Ivi , vol . I.
Eleonora Reggianini , di Modena. Delle lettere italiane. ( Poemetto in canti
tre ). Modena, 1826, presso G. Vincenzi e Comp . , in -8.
Cecilia de Luna-Folliero , di Napoli . A' dispregiatori del sesso femmineo ;
libero sunto poetico della lettera di Melchiorre Delfico : Salla preferenza dei
sessi . Nell'Iride , Napoli , 1836 , tip . nella Pielà de' Turchini , in-12. Mezzi
onde far contribuire le donne alla pubblica felicità ed al loro individuale
ben essere . Napoli , 1826, presso R. Marotia e Vaspandoce , in -8.
Livia Comi . Il trionfo delle donne . Discorso accademico , traduzione dal
francese. Bergamo, 1839, Mazzoleni , in-8.
La Donna. Ottave. Padova, 1835, coi tipi della Minerva , in -8.
In questi ultimi tempi a rivendicare i diritti della donna sorse la egregia
signora A. Maria Mozzoni coll'opera : La donna e i suoi rapporti sociali,
in occasione della revisione del codice civile italiano , Milano , 1864, tip. So
ciale.
Nella prefazione vi è detto : La donna , per vieto costume esclusa dai
consigli delle nazioni , ha sempre subito la legge senza concorrere a farla , ha
sempre colla sua proprietà e col suo lavoro contribuito alla pubhlica biso
gna , e sempre senza compenso .
» Per lei imposie , ma non per lei l'istruzione ; per lei i sacrifizi, ma non
9
per lei gl'impieghi ; per lei la severa virtù , ma non per lei gli onori ; per lei
la concorrenza alle spese nella famiglia, ma non per lei neppure il possesso
di sè medesima ; per lei la capacità che la fa punire , ma non per lei la ca
pacità che la fa indipendente ; forte abbastanza per essere oppressa sotto un
cumulo di penosi doveri, abbastanza debole per non potersi reggere da se
stessa .
" Ora, se la donna è impossibilitata dalle vigenti istituzioni a rivendicare
il suo diritto in quel parlamento che in qualità di rappresentanza nazionale
taita dovrebbe rappresentar la nazione ne' suoi indispensabili e reali elementi ,
essa lenta almeno di farlo per quella via che non lo può essere preclusa, per
guella cioè della stampa ; e possa la sua voce, che chiede uguaglianza vera
323 MARIA GAETANA AGNESI
di tutti i cittadini innanzi alla legge , esser raccolta colà dove il solenne
mandato dalla nazione impone o ni equità ed ogni giustizia.
9
Strappare all'oscurantismo uno de ' suoi più poderosi elementi, generaliz
zare l'istruzione donde un potente movimento alle libere istituzioni , creare
un nuovo impulso alle scienze ed alle arti , duplicare le forze della nazione
duplicando il numero de'suoi cittadini e raccogliendo tutti gi'interessi nel
reggimento di un unico scopo , crearsi fama d'illuminaio e generoso sopra
ogni popolo civile, ecco i vantaggi che debbono naturalmente scaturire dalla
redenzione della donna nella nostra Italia , ecc . " .
LE EROINE DELLA CASTITÀ.
(1) Fioriva nella prima metà del secolo XIV . Vedi Fulgos , Egnazio e Belussi .
SUFRONIA ROMANA 337
ritorceli contro sè stessa : ella non aspetta la morte dell'anima sua
e, come la fenice, per risorgere in un mondo migliore abbruciasi da
sè stessa. Ecco mutata in poca e fredda cenere quella leggiadra
bellezza che inconsapevole aveva destato ardenti pensieri ; e l'uomo
che stava per profanare una cosa tutta santa è costretto a chinarsi,
rinsavire forse, dinanzi a una tomba ! La storia è piena di così il
lustri esempi ; e tra le molte che , poste in un bivio inevitabile, tra
una morte volontaria e il disonore, si gittarono in braccio a quella ,
ricorderemo una Sofronia romana, una Bianca de' Rossi, una Lucre
zia Mazzanti ed una Belisandra Meraviglia.
Chiamiamo le cose col loro nome : la via di salvezza prescelta da
tali eroine fu il suicidio, che ordinariamente non è che un'ostenta
zione di forza che fa la debolezza in un momento di delirio ; ed in
tal caso esso è riprovato dalle leggi divine ed umane : ma noi non
oseremmo dire il medesimo dell'azione di quelle pudiche che affret
tarono la propria fine per non bruttarsi d'infamia. Saremmo noi più
rigorosi degli stessi Padri della Chiesa , degli stessi teologi e dottori,
che non vollero su tale argomento portare decisivo e inappellabile
giudizio ? Presentandosi al tribunale di Dio, esse diranno : Ecco l'a
nima nostra quale uscì dalle tue mani : e questo corpo , che c'era
d'inciampo, eccolo là, che l'abbiamo gittato da noi : non poteva se
guirci a volo per giungere sino a te, e noi l'abbiamo lasciato sulla
via : tu, o Cristo, che volesti per madre una vergine, tu ne giudica .
Sofronia romana viveva a' tempi dell'imperatore Massenzio. Sol
lecitolla costui a tradire i suoi doveri di sposa, e talmente astrinsela
ch'ella ben vide che le sarebbe stato impossibile di resistergli più
a lungo. Il marito di lei, prefetto e cortigiano, per vigliacca paura e
per altro non meno abbietto motivo, non osò, e non tentò neppure,
com'era suo dovere , di sottrarla in qualche modo al pericolo. On
d'ella, vedendosi nell'imminente rischio di perdere quella virtù che
con tanta gelosa cura guardava , dopo essersi con breve orazione
scusata presso Dio perchè uscisse di questa vita anzi il giorno or
dinato, bella, giovane e piena ancora di vita s’uccise da sè stessa ( 1 ).
Bianca della Porta , figliuola di un Antonio Rossi di Bassano, era
giovane non solo bellissima di corpo e d'animo, ma dotata pure di
straordinario coraggio. A persuasione di suo marito Battista della
Porta , i Bassanesi avevano chiuso le porte della città al crudelissimo
Ezzelino da Romano, parati a difendersi o piuttosto a far pagar caro
( i ) Il Domenichi: “ In una cosa merila ella d'essere preposta a Lucrezia
romana ; perchè essa , per non imbraltar d'alcuna macchia il corpo nè l'animo ,
i quali risplendevano ambidue di chiarissimo candore d'onestà, s'accise di
propria mano . Ma quella per iscusare la già offesa pudicizia volle spandere
il sangue insieme con vita » .
chè, entrando nel regno della Morte, io non m'accosti troppo a lei.
Saresti geloso anche d'un cadavere ? » . Concede Ezzelino, e falla
scortare da'suoi cagnotti , in ora tarda , ne' sotterranei , ove fu se
polto lo sposo di lei. Dov'ella , appena giunta , furiosa battendosi il
petto , e graffiandosi il volto e stracciandosi i capelli , si mette a
chiamarlo per nome. - O Battista, o Battista, dove sei ? - ella grida ;
e le sue voci sotto le volte di quel bujo luogo tristamente si ri
percotono . Una tomba si scoperchia ; la grave pietra che la copriva
è rialzata , e tenuta su con puntelli . Bianca afferra allora la torcia
di mano a una delle sue guide , e per brevi istanti contempla im
mobile e silenziosa quelle inanimate spoglie ; poi ad un tratto , gittata
da sè la face, si slancia dentro la fossa, e s'abbranca al morto corpo
e, come se fosse vivo, toccandogli carezzevolmente il viso e bacian
dolo e bagnandolo di lacrime , lo supplicà a volerle permettere di
venir a posare accanto ad esso.
La innocente colomha trovò sul suo cammino il rapace nibbio ;
ella subi il danno, non ebbe la colpa ; grazia, o sposo ! — iteratamente
ella grida ; non mi avrai tu pietà ? — continua a dire : e voi da
.
cesca Bentivoglio (1 ), per non citar che questi due, era quello di una
giovinetta morta difendendo il suo onore nelle grotte di San Seha
stiano in Roma, la quale, non col proprio nome, ma con quello ge
nerico di giovane o donzella romana è menzionata dal Castiglioni.
Quelle , perchè gran signore , vennero celebrate co' loro nomi da
gravi storici , e, perchè gran signore , fu anzi esagerata la loro
virtù, se tale anche può dirsi ; laddove questa, perchè popolana, seb
bene veramente virtuosa, anzi vera eroina dalla virtù , dovette ac
contentarsi anonima degli elogi d' un precettore di cortigiani (2).
Defraudata della gloria d'un nome immortale fu pure quella con
tadinella di Gazzuolo mantovano, di cui parla il medesimo Casti
glioni . Essendo costei andata con sua sorella a raccörre spiche ne®
campi, spinta dalla sete, entrò in una casa per ber dell' acqua, dove
il padrone del luogo, giovane libertino, vedendola assai bella e sola,
prima usò le buone parole, poi le minacce, e da ultimo la violenza.
Lucrezia . Alfonso aveva per assai tempo sperato di sposare Lucrezia d'Alagna
ed aveva perciò domandato a Calisto III un breve che gli desse facoltà di
far divorzio da Maria di Castiglia, a cagione della sterilità di lei ; ma il papa,
benchè fosse stato primo ambasciatore di Alfonso, ajo di Ferdinando, suo figlio
e suo confidente, mai non volle concedere al re quella domanda » .
( 1 ) Dice il Domenichi che fu senza dubbio animoso studio di pudicizia
quello che a'tempi di lui usò Francesca Bentivoglio , la quale, avendo saputo
che Galeotto Manfredi prima di sposarla aveva contratto un altro matrimonio
e glielo teneva occulto , per disperazione del suo onore offeso, mandò in ca
mera al marito due sicari perchè lo uccidessero, e , vedendo ch'egli si difen
deva con gran forza , armatosi di acuto pugaale con animo piuttosto virile
che donnesco s'aggiunse terza agli assassini e lo uccise.
( 2) Baldassare Castiglioni, che scrisse il libro del Cortigiano , nacque nel
66
1478 e mori nel 1529. · A' miei di ancora in Roma, " egli dice , intervenne un
simil caso : e fu che una bella e nobil giovane romana, essendo lungamente
seguitata da uno che molto mostrava amarla , non volle mai, non che d'altro,
ma d’uno sguardo solo compiacergli; di modo che costui per forza di denaro
corruppe una sua fante : la quale .... la condusse in una di quelle oscure groue
M
che sogliono visitar quasi tutti quei che vanno a San Sebastiano ; e in questa
lacitamente s'era nascosto prima il giovane ; il quale, ritrovandosi solo con
quella che amava tanto, cominciò con tutti i modi a pregarla più dolcemente
che seppe che volesse avergli compassione e mutar la sua passata durezza
in amore ; ma , poi che vide tulli i preghi esser vani , si volse alle minacce.
Non giovando ancora queste , cominciò a batterla fieramente ; ma non potè
tanto fare ch'essa consentisse ; anzi e con parole e con falti , benchè poche
forze avesse , la meschina giovane si difendeva , quanto le era possibile , di
modo che tra per lo sdegno conceputo , tra per la paura che non forse i pa
renti di lei , se risapevano la cosa , ne gli facessero portar la pena , questo
scellerato, ajutato dalla fante, la qual del medesimo dubitava, affogo la mal
avventurata giovane e quivi la lasciò . La fante, dall'error suo medesimo ac
cecata , non seppe fuggire; e , presa per alcuni indizi , confessò ogni cosa ;
onde ne fu, come meritava, castigata . Il corpo della costante e nobil donna
con grandissimo onore fa levato di quella grotta e portato alla sepoltura in
Roma con una corona in testa di lauro , accompagnata da un numero infinito
d'uomini e di donne . Tra' quali non fu alcuno che a casa riportasse gli occhi
senza lacrime : e cosi universalmente da tutto il popolo fu quella cara anima
non men pianta che laudata ..
UNA CONTADINELLA DI CAZZUOLO 347
«
« Ella, scapigliata e piangendo , » dice il Castiglioni, « ritornò nel
campo alla sorella, nè mai, per molto ch'ella le facesse istanza, dir
volle che dispiacere avesse ricevuto in quella casa ; ma tuttavia cam
minando verso l'albergo e mostrando di racchetarsi a poco a poco
e parlar senza perturbazione alcuna , le diede certe commissioni:
>
poi, giunta che fu sopra Oglio, ch'è il fiume che passa accanto Gaz.
zuolo, allontanatasi un poco dalla sorella, la qual non sapea nè im
maginava ciò ch'ella si volesse fare , subito vi si gittò dentro. La
sorella dolente e piangendo l'andava secondando, quanto più poteva ,
lungo la riva del fiume, che assai velocemente la portava all'ingiù ;
ed ogni volta che la meschina risorgeva sopra l'acqua, la sorella
le gittava una corda che seco avea recata per legar le spiche e, ben
chè la corda più d'una volta le pervenisse alle mani , perchè era
pur vicina alla ripa, la costaute deliberata fanciulla sempre la ri
fiutava e dilungava da sè : e così, fuggendo ogni soccorso che darle
poteva vita, in poco spazio ebbe la morte ( 1 ) » .
Nè la storia fu più giusta con quelle donzelle capuane ricordate
dal Sabellico, da Leandro Alberti e dal Serdonati come martiri vo
lontarie della propria virtù. In seguito ai perfidi accordi tra Luigi XII
re di Francia e Ferdinando il Cattolico di Spagna , truppe francesi
assalirono ed invasero nel 1301 il regno di Napoli, mentre gli Spa
gnuoli facevano le viste di difenderlo. Capua, non osando resistere,
nè potendo contro le armi da una parte e contro il tradimento dal
l'altra, aperse le porte agli invasori, sperando per tal modo di an
dar immune dal furore della soldatesca. Ma, entrati i soldati in città
senza aver riguardo alcuno all' amorevolezza degli abitanti, si fecero
lecito ogni libito e s'abbandonarono al saccheggio, agli incendi ed
alle uccisioni. Visto in pericolo il loro onore, alquante nobili donzelle
insieme si raccolsero e, ritrattesi alle mura della città verso il fiume
Volturno, si consigliarono insieme di quello che in tanto caso do
vessero fare. Giudicavano immenso male e superiore a qualsivoglia
altro, quello di perdere il tesoro del loro onore, ma quale il rimedio ,
quale la via di scampo ? Come e dove fuggire, se que' ribaldi dentro
e fuori della città scorazzavano spargendo dappertutto la desolazione
ed il vitupero ? Breve momento stettero perplesse, silenziose ; quando
una voce si fe' udire alta, sonora, di mezzo ad esse. « E non c'è il
fiume? » disse. Non fu posto il partito , non si richiese il voto di
ciascuna ; e non l'una dopo l'altra, non le une vinte dall'esempio
delle altre, ma tutte insieme si gittarono nel fiume.
La verità, la verità l ecco lo scopo della critica , degno scopo ia
( 1 ) Anche questo fatto è dei tempi del Castiglioni, poichè egli scrive : Non
molli mesi fa .
318 MARIA PÉDENA
vero ! ma ella per la verità non bada se gl'idoli che distrugge sono
quelli della virtù. Ma i personaggi che voi scancellate dalla storia
v'erano furse stati per sè stessi e perchè noi sapessimo che anche
essi furono di passaggio in questo mondo ? Che c'importava ciò ? E
che c'importerebbe se si fosse tenuta nota dei frutti caduti da un
albero dacchè fu piantato ? Quei personaggi erano nella storia per
chè servissero di lezione e d'esempio altrui. Noi non neghiamo i
suoi diritti alla critica ; solo prendiamo nota de' suoi effetti. Ed alla
critica dobbiamo se la bella figura di Anna Erizzo fu sbandita dai
regni della storia e condannata a vagare senza lume di sole nei
campi immaginari della tradizione (1) .
Ma non sono mito, viva Diol o simbolo di forte e pugnace pudicizia
nè la Piccarda Donati, nè la Maria Pédena, ne tante altre che ser
barono e difesero , anche a costo della loro vita , il fiore purissimo
dell'innocenza. Seppelliscasi pure nell'oblio questa o quella fra le
grandi figure , ed altre siano pure abbattute dalla critica ; ma elle
sono tante e tante che il mondo morale ne rimarrà sempre popo
latissimo. I simulacri della virtù, che sorgono sparsi qua e colà, non
permetteranno al vizio di percorrere senza impedimento , dal prin
cipio alla fine, la sua carriera, senza dover piegare quando a destra
quando a sinistra per non dar del capo , a così dire , in qualcuno
che lo rimproveri e svergogni delle sue ribalderie.
Maria Pédena ! Eccovi una santa giovinetta trilustre , di cui con
pia riverenza si ricordano ancora i nostri padri . Del suo caso infe
ella già col pensiero volava, ed a cui ora volontieri la ridonerei. Che
felicità può aspettare costei che mi fu imposta ? Questi quindici giorni
di matrimonio che sono passati mi pajono quindici anni ; mi par di
essere diventato già vecchio. Come mi dà fastidio questa vita di con
tinua finzione ! Io ipocrital io bacchettone ! io in adorazione davanti
alla moglie ! Sei ben stolta, o donna, se credi e speri ch'io non mi
abbia occhi che per te sola ! » Ma non dimostrare -
gli sugge
riva un cattivo démone, questa indifferenza per lei, anzi ostentale
affetto : se la trascuri , sarà gelosa , e con lei gelosa come andrà il
tuo amore per la Maria ? , Per la Maria ? - pensava Malagoli .
OS -
PICCARDA DONATI ( 1 ).
BELISANDRA MERAVIGLIA .
Romanza storica di Giovanni Peruzzini .
E Belisandra ell'era.
Fulminei gli occhi; come
Ala di corvo avea
Nerissime le chiome.
356 BELISANDRA MERAVIGLIA
La fronte imperturbata
Dai prodi la dicea
Di Negroponte nata.
Alta la notte ; in fondo
Al vïaggiante legno
Silenzio era profondo.
E Belisandra un fiero
Magnanimo disegno
Medita nel pensiero.
Sorge ed in cor sicura ,
Le sue raccolte intorno
Compagne di sventara ,
- Quale (prorompe), quale
Onta ci attende e scorno
A voi ridir non vale.
Figlie agli stessi eroi
Fra vituperio e morte
Che sceglieremo noi ?
Represso ma feroce
Il grido alzâr di morte
Sei voci in una voce.
E Belisaudra al petto
Strinse le generose ,
E lagrimò d'affetto.
Come ispirata parve ,
Parola non rispose,....
Un bacio a tutte..... e sparve .
Passò un istante ; rôco
Scoppio s'intese , e l'onde
Brillar d'immenso foco.
Sonetto .
ode .
Al bel viaggio .
Fra crudi strazi e angosciosa morte
T'ebbe una furia il vago fral diviso ;
Monda salisti alle superne porte
Del paradiso.
Monda salisti al ciel , cara angioletta ,
E i vergin spirti e la Donna superna
Sorella d'opra ti chiamar , sorella
Di vita eterna.
Intra i festanti suon d'ogni vaghezza
Con loro avesti glorioso scanno ,
E ringraziavi per tanta dolcezza
Lo scorso danno .
Godi or colà della perpetua pace ,
Di quella pace che senno mortale
Pur lieve parte di corne è incapace ,
Perocchè frale.
Mentre alla nostra mente innamorata
Spesso verrai gradita rimembranza ,
E pregheremo all'anima beata
Che in cielo ha stanza ;
Al tumulo verran lo madri amanti ,
A mano a man guidando le figliuole ,
Tributo ti daran di fiori e pianti
E di parole.
MARIA PÉDESA 359
Esse diran : Mirate alla virtude ,
O giovinette , al tumulo mirate ,
E, prima che restar d'onore ignude ,
Laggiù posate.
ELEONORA REGGIANINI .
Terzine.
CORPOXOEPOSTO
di Maria Pedena, vergine modenese, per castità
in perpetuo memoranda.
« Questa ebbe i natali in Modena nel vigesimo di luglio dell'anno
MDCCCXII da Felice Pédena, neofito modonese, e da Barbara Gigli
di Castellino di Brocco nel territorio N. Tiburzio Cortese , vescovo
N. la lavò al sacro fonte, e fosse alla pietade e ad ogni virtù edu
cata studiosamente curò ; il quale volere dell'ottimo e piissimo pre
lato, bene in lei collocato, fiorendo per continente innocenza di co
stume, a bellissimo aspetto congiunta , sin presso al compiere del
l'anno quindicesimo giustificò; fornita d'ingegno prontissimo e d'in
dolė soavissima, nei donneschi lavori per l'eccellenza sua lodatissima,
le maestre e le compagne con uuica amorevolezza fece sue ; Dio ,
sempre presente fra sè stessa rimembrando , datagliene occasione, 9
FANCIULLE
O. MENO , TRILUSTRI
PIU '
ACCORRETE . AL . TEMPIO
A. INGHIRLANDARE . DI . FIORI
L'ESTINTA . VOSTRA COMPAGNA
MARIA . PÉDENA
CHE.SANTAMENTE . MAGNANIMA
GITTANDO . LA , DOLCE . VITA . AL . SUO . TRADITORE
•
Inritatoria seconda :
0
CUORI . BENIGNI
AMICI .. DELLE . RARITA' . DELLA . VIRTU'
AFFRETTATEVI . AL , TEMPIO .
Frontali al catafalco :
A VERGINI . DEL . PÅNARU
IL . PRIMO . DI . LUGLIO
.
B FORTE . SESSO
IMPARA . DAL . DEBOLE
.
C CORTESE . STRANIERO
RACCONTA . ALLA . TUA . PATRIA
L'AMMIRABILE . ESEMPIO
() . MADRI
FATE . OSSEQUIO
DI , LAGRIME . E. DI , SOSPIRI .
Sepolcrale :
QUI . GIACE
.
MARIA , PÉDENA
L'INVITTISSIMA
PER . DIFESA . DI . SUA , TRILUSTRE ,. C'ERGINITA'
UCCISA LE . CAL . . DI . LUGLIO . DEL . MDCCCXXVII
.
ETERNALMENTE . VIVA
NEGLI , ONORI . DEDICATI
A. TANTA . VIRTU '.
NON . LA . PUDICIZIA
ONORATE . L'ALTISSIMA , EROINA .
MARIA PÉDENA 365
Il simulacro :
MARIA . PÉDENA
MODANESE
PER , VIRGINALE . RIFIUTO
UCCISA . TRILUSTRE
NEL . VENTISETTESIMO
ANNO DEL . SEC. XIX .
Le rime :
ALLA . MEMORIA
DI
MARIA PÉDENA
VERGINE , MODANESE
FATTA . IMMORTALE
TER ALTISSIMA . VIRTU '
NELLA . CORRUTTELA . DE' TEMPI
.
INASPETTABILE
QUESTE . PIETOSE . RIME
ALCUNI . ITALIANI
DEVOTAMENTE . CONSACRANO .
LE ARTISTE.
I. .
Ebbe ragione chi disse che il bel sesso con grande facilità comu
nica all'arte quelle grazie delle quali natura lo ha largamente for
nito. E come potrebbe essere altrimenti ? come la più bella e gentile
opera della creazione non avrebb' ella una simpatia, una disposizione
ed una attitudine particolare per le arti, se le arti non sono che
una manifestazione appunto del bello ?
E in tutte le arti a cui pose mano fu la donna eccellente : nella
pittura, nella scultura, nell'architettura, nell'incisione, nel ricamo,
ne' suoni, nel canto, nella drammatica nella danza .
Non domanderemo ai templi , ai palagi , ai teatri ed agli stahili
menti pubblici del nostro paese e degli estrani contezza di tutte le
gloriose cultrici delle arti belle ; perocchè sarebbero in tanto numero
da riempiere coi soli nomi più di qualche volume, mentre noi non
abbiamo che poche pagine e queste da consacrare alle più giovani
artiste (1). E nelle artiste non comprendiamo per ora nè le letterate
nè le poetesse, a cui daremo un capitolo a parte.
O ragazze , che per farvi più avvenenti seguite un po' troppo il
proverbio che dice : Ove manca natura, arte procura, vedete come
in vece molte e molte altre della vostra età venissero esse medesime
in ajuto ed ornamento dell' arte vera. Quelle davano, non ricevevano
bellezza, chè non ne avevano bisogno ; e l'arte, riconoscente, le ri
meritava col premio dell'imperitura stima degli uomini.
Quanto dura la bellezza del corpo ? Pochi anni, e per molti casi
è soggetta a perdersi anche in età giovanissima. Ma quanto dura la
bellezza d'un quadro , d'una scultura e di qualsivoglia eccellente
opera d'arte ? Quanto la materia di cui è formata, quanto nell'uomo
il sentimento del bello, quanto la storia delle arti, quanto il mondo .
Ecco come la donna può perpetuare l'interiore sua bellezza ,
( 1 ) Per le donne che si segnalarono nelle arti veggansi il Levati , il Vasari ,
il Rovani , la D'Alirantés, il Vaperau, e un riepilogo nelle Donne illustri d'l
talia . Milano, Ubicini , 1827 , e nelle Gesta delle donne . Milano, Trufli, 1828.
MARZIA 367
mentre quella del corpo le dura sì poco, ed ella è incapace d'arre
starla.
E la donna artista , nell'atto che immortala sè stessa , aggiunge
pure una vita senza fine a quei fatti egregi od a quegli uomini e
donne illustri che col pennello o collo scalpello o col bulino o col
l'ago ha rappresentati. Nè solo i fatti egregi o le persone degne di
memoria , ma anche le cose più leggiere e caduche , che per sè
stesse non avrebbero che poche ore di esistenza 2, sono da lei pre
servate dall'oblio.
L'angelo dagli splendidi colori non è più , ma dove i suoi piedi
impressero un'orma o dove le sue ali profumate agitarono l'aria
son nati de' fiori, che non appassiranno mai. Il sole s’ è nascosto
dietro ai monti , ma la luna è il suo grande specchio in cui , du
rante la notte , farà vedere riflessa la propria luce.
II .
pingere che niuno l'ebbe mai simili. « Presto e bene tardi avviene » ,
dice il proverbio , ma ciò significa che a giungere a felice prontezza
nell'operare vuolsi lungo esercizio. E Marzia l'aveva.
II .-
Onorata Rodiani, cremonese, per valentia nell'arte pittorica e
per grande studio di pudicizia merita di venire lodata. Ebbe i natali
in Castelleone verso il principio del XV secolo. Giovane e bella e
d'assai nella sua arte, ella fu chiamata a dipingere nel palazzo di
Gabrino Fondulo , tiranno di quella città ; dove , perchè donna ed
artista, taluno di quella corte osò offenderla con disonesti propositi.
Era un cortigiano che non rispettava nè il gentil sesso nè l'arte,
e che, non avendo egli stesso dignità, credeva che tutte le donne
fossero Messaline e tutti gli artisti saltimbanchi. Ma la giovane per
propria difesa gittava il pennello e brandiva un ferro. Il temerario
cortigiano è ucciso. Costretto a fuggire , ella non si rimpiatta, ma ,
raccolta la bella capigliatura sotto rilucente elmetto, milita come ca
valiere nella compagnia di Oldrado Lampugnani, e poi dello Sforza .
Dicono gli storici che tanto era valorosa che capitani e soldati l'am
miravano. Per difesa del proprio onore ella aveva impugnato un'ar
ma, e per difesa della propria vita e per vaghezza di gloria poi non
la deposé. Saputo che per le vicende della guerra Castelleone peri
gliava , quando lo Sforza corse co' suoi prodi in difesa di quella
terra , ella fu tra' i primi, e benedisse quasi il suo crudo destino
che le avesse strappato di mano i pennelli per porle in pugno l'ac
ciaro. Onde , se prima come pittrice è stata d'ornamento alla sua
patria, ora come guerriera le vuol essere di difesa . E questo è ben
più utile. Ai pericoli non bada : vola ov'è più micidiale la mischia ;
ma rimane mortalmente ferita. Toltale l' armatura, è riconosciuta ;
e a tal vista non si può dire se sia maggiore il compianto o l'am
mirazione de' suoi conterranei. « Onorata vissi, onorata muojo » ; fu
rono gli estremi suoi detti .
III. -- Sofonisba Anguisciola (1 ) fu un'altra pittrice cremonese, vanto
( 1) A lode di Sofonisba Anguisciola il Vasari scrive : - Sofonisba , cremo
nese,... ha con più studio e con miglior grazia che altra donna de' tempi
nostri faticalo dietro alle cose del disegno ; perciocchè ha saputo non pure
disegnare , colorire e ritrarre di naturale , e copiare eccellentemente cose
d'altri; ma da sè sola ha fatto cose rarissime e bellissime di pittura , onde
ha meritato che Filippo re di Spagna, avendo inteso dal signor dura d'Alba
la virtù e meriti suoi , abbia mandato per lei e fatiala condurre onoratissi
mamente in Ispagna, dove la tiene appresso la reina con grossa proyvisione
e con istupor di tutta quella corte , che ammira come cosa meravigliosa
l'eccellenza di Sofonisba. E non è molto che M. Tommaso Cavalieri , genti
Juomo romano , mandò al signor duca Cosimo , oltre una carta di mano del
divino Michelagnolo , dove è una Cleopatra, un'altra carta di mano di so
fonisba , nella quale è una fanciulina che si ride di un putto che piagne per
chè, avendogli ella messo dinanzi un canestrino pieno di gamberi , uno di
SOFONISBA ANGUISCIOLA 369
ed onore del secolo XVI. Bella d ' aspetto , graziosa nelle maniere ,
abilissima nella pittura e nell'arte dei suoni, impreziosi maggior
mente tutto ciò coll'animo grandemente virtuoso. Il Lami poetica
mente, ma senza esagerazione, cantò che in lei scese la più onorata
alma del cielo . Ma la sua fu virtù che si compiacque delle gioje
domestiche e delle tranquille delizie dell'arte. Ed alla famiglia s' i
spirò giovinetta : una delle sue prime opere fu un quadro in cui
ritrasse al vivo Asdrubale, suo fratellino, e Minerva, sua sorella, e,
fra l'uno e l'altra, suo padre. Com'è bello che le primizie dell’in
gegno siano date in onore di quelli che hanno avuto il merito di
educarlo 0o di spargere qualche fiore sui primi suoi passi ! Quell'opera
piacque tanto e le diè tanto nome che i principali cittadini vollero
di sua mano il proprio ritratto. Mosso dal desiderio di conoscerla
da vicino, Annihal Caro si recò a Cremona nel 1558, nè seppe stac
carsi da lei - prima d'averla pregata di accordargli la sua effigie
.
ein modo da essere udito anche dalla pittrice, gli disse : - Bertolimio ,
sarà valente questa tua pittrice, ma ella è pur brutta ! - Ma l'anti
quario non ebbe il coraggio di rispondere : - Sire, non v'ho creduto
un sultano e non ve l'ho presentata come un'odalisca ! Tacque la
povera Rosalba ; ma, come quelle parole dovessero trafiggerle il cuore ,
più che ogni altro lo indovineranno le donne. Un'altra forse avrebbe
riso in sè stessa ; non lei , che da natura matrigna aveva ricevuto
un grande ingegno >, ma sempre chiuso dentro una fosca nube di
(1 ) Nel Trattato della veneziana pittura.
CAMILLA LAUTERI -
ANGELA AIROLA ELEONORA MONTI 375
mestizia. Essendo in preda a tetre melanconie, quando prese i pen
nelli per fare il proprio ritratto , effigið sè stessa col capo coronato
di scure foglie. Domandata che ciò significasse , rispose che quella
era una tragedia , e che ella doveva terminare i suoi giorni tragi
camente (1). E fu pur troppo cosi ; chè non sappiamo concepire per
un'artista più tragica fine di quella di diventar cieca e maniaca.
Colla ragione stravolta, senza il lume degli occhi, che solo le davano
il modo di rivelare la bellezza dell'anima sua , allora soltanto era
brutta. Ma la cecità e la pazzia durarono pochi mesi : morte la to
glieva alle miserie insopportabili della vita nel 1747.
IX . Camilla Lauteri, bolognese, non ebbe che soli ventidue anni,
di vita, ma anche così pochi le bastarono per lasciare un nome im
perituro. Trattò argomenti sacri : Un transito di san Giuseppe nella
chiesa di San Gregorio dei padri del ben morire in Bologna (2) e
un sant'Antonio di Padova in altra chiesa della stessa città. Mori
nel 1681 .
X. - Angela Airola, genovese di nobile schiatta, dal principio alla
fine della lunga sua mortale carriera si dedicò interamente alle cose
della . religione ed a quelle dell'arte. Prima ancora che di questa
conoscesse le regole e potesse pur sospettare le grandi difficoltà che
incontra in suo cammino chi vuole diventare perfetto artista, corac
giosa , se non sempre felice, trattava la matita ed i pennelli. Ebbe
poi a maestro Domenico Fiasella , il quale , non perchè fosse donna
e ricca, ma perchè in vero avea ingegno mirabilmente operoso, non
dubitò d'affermare ch' ell era tra' suoi allievi la più capace di so
stenere il decoro della sua scuola. Fatta monaca, riempi ed ornò
de' pregevoli suoi dipinti il suo convento di San Bartolomeo del
l'Oliveto ed alcune chiese di Genova . Fini di vivere ottuagenaria
nel 1760.
XI. - Eleonora Monti, figlia al pittore Francesco, nacque in Bologna
nel 1727. Esercitandosi anco nei lavori donneschi, ne' quali era pure
abilissima, mostrò fino da' più teneri anni un'inclinazione speciale
ed irresistibile alla pittura ; e in tutto il tempo consentito a' suoi
trastulli vedevasi qua e colà scarabocchiare , ora col gesso ora col
carbone , teste e figure. Nessuno della sua famiglia potè cansare di
vedersi rappresentato da lei in millefogge , proporzioni e spropor
zioni. Ebbe maestri, ma dovette la propria educazione piuttosto a sè
stessa ; perchè a formare il sentimento del bello ed il gusto non ba
stano i precetti altrui. Lesse molti e buoni libri; osservò e medito
(1 ) Le donne illustri. Milano , Ubicini, 1827.
( 2) Questo quadro fu descritto nel Passaggiero disingannato, Bologna, 1866 ,
pag. 113.
376 LE SCULTRICI
III .
dove non era che informe materia, per miracolo dell'arte sopraviene
lo spirito , che ne invade tutta la superficie e perpetuamente vi si
aggira dintorno. Dal seno dei monti fu cavata e destata quella ch'è
fra le più inerti e dormigliose opere della creazione e venne obbli
gata a rappresentare le passioni più ardenti . Ma che costanza di
lavoro e che continuità d'ispirazione fu necessaria nell'artista ! Pe
rocchè quella dura materia non obbedisce pronta, e pronta non ri
ceve, come la tavola o come la tela, le creazioni dello scultore. L'ar
tista non è Decaulione o Pirra : non gli basta gittarsi dietro alle
spalle i sassi per convertirli in uomini , bisogna che prima li batta
o poi li lisci e quasi li accarezzi e , sebbene potente mago , evochi
pazientemente molte e molte volte lo spirito prima che se lo vegga
comparire davanti.
Non ritesseremo gli elogi della giovinetta Marcilla Eufrosine (2) ,
che, ispirata dall' amore filiale, mostrò ai romani quanto ella potesse
nell'architettura e nella scultura ; ma, quasi colle parole d' uno che
( 1 ) Non possiamo fare nè un trattato, nè un dizionario di tutte le donne che
si segnalarono nell'arte pittorica : non è questo il nostro compito. Qui, per
an di più , accenniamo l'Anna Piccardi , di Venezia , ch'era giudicata da' suoi
contemporanei pictura ac moribus incomparabilis, come dice la sua lapide
sepolcrale . Mori nel 1794 ; aveva ventitrè anni . Sarebbe poi scortesia ed in
giustizia imperdonabile in concittadino , se , accennando alle donne ch'ebbero
fama di valenti anche nella loro verde età , non ricordassimo la gentile si
gnora Leopoldina Zanelli , veneziana , da molti anni artista ed ora donna
provetta.
( 2) Vedi pag . 84-104 .
PROPERZIA DE'ROSSI 377
quale fu posta nel tempio di Venere per maraviglia delle sue tante virtù una
bellissima statua. E per lasciar tant'altre versificatrici, non leggiamo noi che
Arete nelle difficoltà di filosofia fu maestra del dotto Aristippo ? E Lastenia
ed Assiotea , discepole del divinissimo Platone ? E nell'arte oratoria Sempro
nia ed Ortensia , femmine romane , furono molte famose. Nella grammatica ,
Angallide (come dice Ateneo) fu rarissima , e nel predir delle cose future, o
9
diasi questo all'astrologia o alla magica, basta che Temi e Cassandra e Manto
ebbero nei tempi loro grandissimo nome : come ancora Iside e Cerere nella
necessità dell'agricoltura , ed in tutte le scienze universalmente le figliuole
di Tespio . Ma certo in nessun'altra età s'è ciò meglio potuto conoscere
che nella nostra, dove le donne hanno acquistato grandissima fama non so.
lamente nello studio delle lettere , com' ha fatto la signora Vittoria del Vasto,
la signora Veronica Gambara, la signora Caterina Anguisciola , la Schioppa,
9
amarezze dell infelice Properzia , ed ella ne' suoi affetti e nelle sue
ambizioni d'artista venisse ferita crudelmente , tale , che il Vasari
chiama ' maestro Amico (Aspertino), con sì reo accanimento la per
seguito da non lasciarle mai requie , con velenose censure scredi
tando lei e le sue opere presso gli operai e presso coloro che le
commettevano i lavori. Fu per cagione di costui che del basso ri
lievo rappresentante la detta figura del Vecchio Testamento le fu
dato un vilissimo prezzo. Offesa nell'anima ed esulcerata nel cuore,
ella voleva gittare lungi da sè gli scalpelli ; ma la trattenne il pen
siero, non si credesse che lo sfortunato suo amore terreno le avesse
tarpate fiaccate le ali così da non potersi più levare alle bellezze
immortali, e fece due grandi angioli di bella proporzione , che fu
>
rono, sebbene contro sua voglia, posti nella medesima fabbrica . Poi
si diede ad intagliare stampe di rame, forse perchè quel paziente e
minuzioso esercizio la distraesse da'suoi atri pensieri. « Ciò fece » ,
soggiunge il Vasari, « fuor d'ogni biasimo e con grandissima lode....
Alla povera innamorata giovane ogni cosa riuscì perfettissimamente,
eccetto il suo infelicissimo amore » . Che cosa ella avea avuto nella
sua vita ? qual bene ? quale felicità ? Nessuna. E quando la fortuna
parve accostarsele, quando papa Clemente VII ricercò di lei per im
piegare ed onorare la stupenda sua abilità, ell'era morta, ell'era stata
seppellita nello spedale della Morte, com'ella aveva ordinato per te
stamento. Nel 1529 fini di crepacuore quella ch'era stata « grandis
simo miracolo della natura ne' suoi tempi » .
IV .
Ben pochi artisti teatrali de' tempi greci e romani, massime del
bel sesso , sopravissero all'oblio ; i superstiti giunsero insino a noi
con nome piuttosto equivoco, con quello d'istrioni.
Lascieremo ad altri dar ragione perchè gli uomini cerchino con
tanta avidità il diletto nelle finzioni teatrali , senza indagare se ciò
dipenda, per avventura, dall'arida e monotona e spesso ingrata realtà
della vita, ovvero sia dal bisogno che ha l'anima umana di spaziare
in mondi imaginarî dove possa creare od assistere a nuove crea
zioni. Tali studi ci dilungherebbero troppo dallo scopo e dall'indole
della presente operetta.
Ma, senza tema di errare fantasticando , possiam dire che fra le
arti che hanno per loro tempio la scena, la drammatica è certamente
quella che per utilità morale di gran lunga sopravanza tutte le altre.
È una storia che assume carne, che s'atteggia al riso od al pianto,
che dà corpo visibile a tutte le passioni , buone o cattive , che le
mette in movimento, in azione ed in contrasto , per farci amare la
virtù ed abborrire il vizio. Le altre, non com'essa educatrici, ponno.
dirsi sue ancelle. Ma codeste ancelle come vestono splendidi e ric
chi mantil Senza contrasto l'aquila è la regina degli uccelli , ma i
pavoni ed i pappagalli hanno più belle piume.
I veri artisti drammatici, quelli cioè che, dando opera alla com
media, al dramma od alla tragedia , considerarono la propria arte
come mezzo di civiltà e si persuasero d'avere una missione educa-
trice, quelli si non furono indegni del nome già troppo usurpato ed
abusato, di virtuosi..
Non bastò ad essi lo avere da natura doti rare d'ingegno , ma
con lunghi studi, con attenta osservazione e con diligente esercizio
e' dovettero compiersi e perfezionarsi, sotto pena di una mediocrità
povera ed oscura. Pochissime cantanti seppero di lettere ; laddove
delle artiste drammatiche molte, tra le maggiori, furono letterate. Era
letterata Vincenza Armani (sec. XVI) , l'Antonia Isola (sec. XVII),
l'Elena Balletti, soprannominata Flaminia (sec. XVIII), e letteratis
sima la Elisabetta Caminer-Turra (sec. XVIII).
Se tanto costa diventare eccellenti nell'arte drammatica, se tanti
studi richieggonsi, e se, oltre a ciò, domandasi un'esperienza della
vita ed un'età ,che possa sentire le passioni che deve esprimere, ri
nunzieremo noi alla speranza di trovare delle artiste, che, anco ado
lescenti, suscitino l'ammirazione delle moltitudini ? Se discreti ci ac
contenteremo di un merito relativo, di un merito pure straordinario
per la poca età, per la poca esperienza e per i pochi o nessuni studi,
ci sarà fatto d'incontrarne un'eletta schiera. Non sarà oro lavorato
e monetato, ma sarà oro .
ISABELLA ANDREINI 381
Isabella Andreini, nata in Padova nel 1562, fu una di quelle ar
tiste drammatiche che aggiunsero pregio all'arte cogli studi poetici e
filosofici e con una maravigliosa bontà di costume ( 1 ), « Ella » , scrive
il De Boni, « fino dall'infanzia mostrò quell'amore allo studio, quella
verecondia negli atti, quella vivacità nel parlare, che produssero la
celebre artista , l' illibata donna e la riverita poetessa. Dicesi che ,
udendo sempre parlare della Sofonisba Anguisciola , siasi accesa
di tanto amore per la gloria e per il bello che non sognasse se non
il modo di sorgere e di dimostrarsi rara al suo secolo. Quindi sa
peva appena leggere che concepi il disegno della sua favola pasto
rale la Mirtilla (2). Poco dopo, capitato a Padova Francesco Andreini,
celebre comico e, vista la Isabella, ch'era fanciulla di sembianze ol
tremodo leggiadra, se ne innamorò perdutamente , e tanto fece che
vinse la ripugnanza che i genitori di lei aveano di darla cosi gio
vinetta a marito. E nel 1577 si celebrò il matrimonio ; poi l'An.
dreini seco condusse la sposa a Firenze e ammaestrolla nell'arte
comica. Nella quale subito riuscì meravigliosa ; e, siccome tanta ec
cellenza accompagnava, per così dire, il profumo de' suoi innocenti
costumi, il vederla fu un vanto per molti, e il Chiabrera tra i primi
lodolla. Bella di persona, soave nella voce, dotta nel canto, profonda
nel recitare e nel gesto, ogni suo passo era un nuovo trionfo. Par
tita di Firenze, s'applicò alla filosofia, che poi abbandonò per darsi
tutta a poetar volgarmente (3). Mori a Lione nel 1604 nel dar alla
luce un figlio. Fu lungo il compianto per la sua morte ; e nel 1606
comparve a Milano un volume che raccoglieva l'ultimo saluto dei
poeti all' Andreini, intitolato il Pianto d' Apollo (4) » .
23
BERLAN . Le fanciulle celebri .
386 MARIA BRIZZI GIORGI
nell'arte de' suoni , alcune pure fanciulle. Noi non parleremo che
>
udito nella chiesa del suo paese natale , per innamorarla della mu
sica : que' suoni furono un invito all'anima sua di destarsi, di spa.
ziare per gl'immensi campi dell'armonia , pe' quali ella era stata
creata. Ed appena entratavi , ne indovinò e ne scorse i più riposti
secreti. Ad otto o nove anni, sonando in pubblico , strappava gli ap
plausi anche alle anime più sorde. Ed alla sua scuola si formò la
sorella ; ed angeli appajati, tra breve camminarono insieme più liete
e più sicure, e poi si avvezzarono a sfere più sublimi. E come ne'
loro suoni, così era celestiale armonia ne' voleri di queste due anime.
Nelle loro musicali peregrinazioni in Italia, nella Francia, nel Belgio
e nella Germania, Teresa e Maria non dissero mai : Oh come siamo
giunte a grande altezzal ora possiamo fermarci ; chè tale è già la
distanza che ci separa dalla comune degli artisti, e tanto siamo in
nanzi che nessuno potrà più giudicare se continuiamo ad andare o
se stiam ferme: ma, in quella vece, si esortarono sempre l'una
l' altra ad innalzarsi vieppiù, e diventar sempre più perfette. Ma la
infelice Teresa di ventun anno era arrestata nel suo glorioso cam
mino ( 1). La simpatica Teresa era, si può dire, più spirito che materia,
e spirito mesto soavemente ; ma la morte non vide che l' eleganti
forme, e volle la propria preda. La sorella Maria, continuò, angelo
solitario, la sua via, e coll'impetuoso ed ardente suo ingegno non la
sciatasi piegare dalla sventura, trasse dallo stesso dolore nuova forza.
Eccovi due altre fanciulle a cui pareva che il bisogno avesse or
dinato di rader terra. Ma solo le anime volgari dal bisogno si la
sciano comandare ed arrestare. Trovato sul loro cammino questo
mostro , che per le sue qualità può ben dirsi ippogrifo o centauro ,
e visto che si proponeva di barricar loro la strada , le fanciulle di
cui ora vogliamo parlare, gli saltarono prestamente in groppa e, co
mandate, gli comandarono alla loro volta di condurle molto avanti,
di portarle molto alto. Elle sono le sorelle Ferni (2) , che si dedica
rono all'arte nei giorni delle più dure necessità , ed anzichè com
passione, destarono entusiasmo co' suoni che ancora fanciulle trae
vano dal violino. Primi ad applaudire a' loro talenti non furono i
grandi maestri di musica , ma il popolo , da cui erano uscite ; e i
>
e bellissimi quadri si vede le beate virtù dei santi più austeri starsi
fra canti e suoni angelici : e Davide ballava pure dinanzi all' arca.
Noi siam fortunati perchè, dovendo parlare di note e di salti , ci >
ali, come voi, non ha nulla a temere dagli elementi : l'aria è il vostro
regno, ed io sarò il vostro suddito » . La sua danza era piena di fa
scino e di poesia ; il suo ingegno precipuamente splendeva per gra
zia, leggerezza e spontaneità. Danzava come la rondine vola e come
la gazzella salta, perchè natura avevala creata per danzare (1) » .
( 1) È degna di menzione anche la Carolina Rosati , bolognese, nata nel 1827,
che nel 1836 esordi a Firenze , raffigurando Amore fanciullo , in un ballo mi
tologico .
I.
II.
Sonetto.
LETTERE .
Quando dall' Alpi all'ullima punta della Sicilia non s'incontrasse altro che
Mase , Muse anco le lavandaje, potremmo dire d'aver donne migliori delle ol
tramontane ? Dio ce ne liberii lo credo che la donna italiana , anco com'è,
abbia poco o nulla da invidiare alle forestiere , ma in ogni caso qui non si
tratta neppure di saper leggere , ma di sapere essere prima figlie , poi madri
e spose , e per questo sono più necessari i ferri da calze che l'alfabeto ....
Che importa che onorino la cosidetta repubblica delle lettere , che arricchiscano
le biblioteche, se disonorano o impoveriscono il marito ? Se per aver saputo
lisciare un sonnettuccio, non si degnano di pulire i figlioli, se a conto di un
diploma di Arcadia ti mettono il diavolo per la casa ? Sappiano infilare le
rime se la natura ce l'ha chiamate, ma non cessino d'infilar l'ago : e, delle
due, meglio l'ago che le rime.
» Il biasimo nel quale incorrerebbe quel padre di famiglia che , invece di
badare ai suoi beni , stesse chiuso nel suo stanzino a belare delle canzoni ( fosa
sero anco all ' Italia ) è comune alle versificatrici abili a tavolino, monche alla
calla . Ecco (gridano ) il solito orgoglio, le solite tirannie , le gelosie solite di
questi uomini ! Vogliono arrogarsi tutto , toglierci tutto, essere tutto e noi nulla.
No , l'impero delle cose gentili , degli affetti soavi, è vostro, e nessuno VA
To loglie . Dio stesso intese ad innalzare nel nostro cuore il trono della vostra
potenza quando vi formò della costa d'Adamo . Che credete voi che sia mi .
gliore, la bravura o la bontà ? Eh tenete conto di questa , che è pace beata
dell'animo, e lasciate a chi la pretende l'altra , piena di gravi sollecitudini .
Dov'è al mondo una cosa più bella, più commovente , più solenne , d'una sposa
iutta occupata nella cura dei figli e delle più minule faccende di casa ; o d'un
marito che non muove passo che non sia in pro della famiglia , non ha pen
siero che lo svii dalle persone partecipi delle cose e dell'essere suo ? Venga
il poeta , il filosofo solitario a vantare le sue glorie ! glorie grandi senza dub
bio, ma di luce pallida e sbiadita a petto al raggio sereno che mandano le
domestiche virtù n.
BERLAN . Le fanciulle celebri . 26
402 LETTERATE E POETESSE
che una donna possa fare ciò che è negato all' immensa maggio
ranza degli uomini ? Se aveste di queste idee, comunicatecele , svi >
VI. - Passo dal noi all'io, perchè voglio farmi più umano con voi.
Capisco, capisco che non parlavate per voi stesse, le quali non am
bite d' essere che buone massaje e brave donne di famiglia ; e l'a
vevo già indovinato che tutte le vostre domande, dubitazioni ed ob
biezioni erano per una terza persona, cioè per quella benedetta fi
gliuola della portipaja, che crede di poter mandare a spasso il giu -
dizio perchè ha un po' d'ingegno. Dove si va a cacciar l'ira , cioè
z fisime letterariel nella figlia della portinaja. Disgustata , non so
perchè, della scuola magistrale, ella s'è fitta in capo d' essere una
Sand, e invece di far la calzetta, invece di soccorrere la sua povera
madre e di aver cura dei fratellini , sta assidua lavorando intorno
ad un romanzo alla Cooper. Che mare vide io non so , a che peri
coli ed a che fatti navali ell'assistesse io ignoro : a Bergamo, di cui
è nativa, non è ancora giunto il mare : e casa vostra non ha nè laghi,
nè canali, ed appena appena c'è il pozzo. Non dico che in ogni con
( 1 ) Saffo, celebre poetessa lisica di Eresso , città dell'isola di Lesbo , che
.
l'unico soggetto delle sue rime.... Dopo di messer Cino e di Petrarca , cam
pioni e maestri presso di noi in questo genere di cayalleria o piuttosto ga.
lanteria poetica , niun poeta nostro seppe quasi far versi se gli sdegni , gli
SELVAGGIA DE'VERGIOLESI 413
rie letterarie possiamo rilevare dalle rime dello stesso Cino quanto
cara e quanto buona fosse questa giovinetta.
Udite com ' ei la celebra in una canzone :
Quando Amor gli occhi rilucenti e belli ,
C'han d'alto foco la sembianza vera ,
Volge nè' miei, si dentro arder mi fanno
>
TESORO . DI . DOTTRINA
FIORE . CANDIDISSIMO . DI . VIRTU '
CHIARA . IN . TUTTA . EUROPA
QUI'
DOVE . RIPUDIATI . GLI , AGI . E. GLI . ONORI , DEL . MONDO
. .
QUESTA . MEMORIA
ERGEVA , UN , CONCITTADINO
L'ANNO M. DCCC . XXXIII .
(2 ) Orlando Furioso , c. I.
DOMITILLA TRIVULZI TULLIA D'ARAGONA 419
uomini che scrissero di lei (1) tutti ad una voce attestano che, sem
pre dedita a coltivarsi ne'diletti suoi studi letterari e scientifici, non
trascuro, siccome a saggia e prudente donna conviensi , l'economia
famigliare e la sollecita educazione dell'unico figliuolo avuto dal suo
matrimonio con Francesco Torello di Montechiarugolo . E , perchè
nulla mancasse ad una lode piena, si aggiunge ancora dai medesimi
scrittori ch'erasi fatta vero esempio e modello delle più splendide
virtù religiose , morali e sociali. Eccovi la letterata come la voglio
io; e questa volta, senza far torto alla consegna datavi colla mia let
tera che porta il numero XIII, potete dir Amen e per omnia sæcula
sæculorum . Ora posso ben felicitarmi dell'ideato matrimonio della
Domitilla col Parini, avvegnachè, per quanto sia questo scrittore de
mocratico ed abate, nè la democrazia , nè l'abazia in partibus infi
delium gli torrà il discernimento dei meriti rari della nobile lette
rata Domitilla Trivulzi. V'hanno individui e famiglie patrizie cui non
possono ferire i versi che il lombardo pungean Sardanapalo.
XXIII . Voi mi avete fatto chiacchierone e prolisso più del bi
sogno. Dov'è lo bello stile stringato che mi faceva tanto onore ? Par
lando con femmine e di femmine sono diventato anche più verboso
di esse. Cosi bisogna, care cugine, ch'io dica per salvare, in qual
che modo, quella riputazione di laconico che, non so perchè e con
quali prove, la cugina Angelica si compiacque di farmi nel mandare
alla Cecilia i suoi scartabelli sulle donne benefattrici. Altro che la
conismo ! Anzi io non l'ho amato mai e meno l'ho seguito scri
vendo a donne o per donne, perocchè so che ad esse non garbano
certe stiracchiature e che per intrattenerle senza noja ci vuole fa
condia ed espansione. Dirò che voi amate piuttosto il superfluo, e
che la vostra figura prediletta è il pleonasmo , non l’ellissi. Oggi do
vrei far da cavalier servente alla nobile letterata Tullia d'Aragona,
ma non mi so decidere alla gita di piacere che con questa ardente
canicola avrei a fare con lei, e sapete dove ? Non già sino alla Tre
mezzina , ma sino agli alberi del sole !
9
che ella fece con tanto bel garbo che da quel punto, dice lo storico
delle repubbliche italiane, il re credette di non dover accudire a mi
glior faccende che a quella di convertire l'ortensia in una camelia.
Andava perciò e veniva del continuo da Torino a Chieri senza cu
rarsi delle angustie in cui trovavasi il duca d'Orléans, il quale, per
giunta, batteva i denti sì per la febbre e si per la rabbia di veder
crescere ogni di più il numero dei nemici che lo assediayano. Ora,
che di costei conoscete qualche cosa , scommetto che , come buone
cittadine e brave ragazze, esclamerete in coro : Magari che ella non
fosse stata nè due , nè una , nè mezza ! Meglio che ella non fosse
nata , piuttosto che compiacersi delle smorfie di un re straniero !
Stolta ! dopo che Pier Capponi aveva minacciato a Carlo VIII di far
gli più che di fretta alzare i tacchi al suono delle campane di Fi
renze, perchè ella tratteneva costui in Asti o in Chieri e lo ninnava
co' suoi canti ?
XXVI. A consolarci della leggerezza della Solari presentasi la
Veronica Gambara , uscita da stanze principesche tutte parate a nero,
vestita d'abiti neri, e che viene in carrozza verniciata di nero e con
cavalli tutti neri. Che cosa è questo mortorio ? Se nol sapete , ella
scelse questo estremo de'colori per le sue tappezzerie , per le sue
vesti e per la sua carrozza , onde far solenne e pubblica dimostra
zione dell' immenso dolore da cui fu soprafatta alla morte del pro
prio consorte, Giberto principe di Correggio, da lei tenerissimamente
amato. Tutta intenta alla felicità de' suoi sudditi , a cui non dava
già belle e ben sonanti parole ma procacciava i preziosi e veri
beni della tranquillità e dell'abbondanza, tutta dedita all'educa
zione de' suoi due figli, ella fu una chiara prova della grande in
fluenza che hanno sulla vita i buoni esempi e la buona istituzione
VERONICA GAMBARA 423
ricevuti nella fanciullezza. La bontà dell'indole e la perspicacia del
l'ingegno in lei fecero il resto. Anche fanciulla ell'era in fama, e
in fama non solo per le belle sue doti morali, ma anche per mira
bili progressi negli studi della filosofia , della letteratura e della poe
sia. Non leggeva romanzi , care cugine; ma prediletta sua lettura
erano le opere dei Santi Padri greci e latini, che ella gustava assai
non in dimessi volgarizzamenti ma nella loro potente originalità. A
diciotto anni circa fu degna de' più grandi elogi del Bembo, col quale
poi mantenne una continua corrispondenza letteraria. Al sonetto
ch'ella per la prima volta gli scrisse e che comincia : S’a voi da me
non pur veduto mai, egli rispose colle stesse rime, lodando la virtù
di lei, che dal volgo la dipartiva, e commendando i suoi nobili sensi,
che potevano di mille alme scacciar fora Desir vili e ingombrar
d'alti e cortesi. E che grandi virtù fossero veramente in lei chiaro
si manifesta alla lettura delle sue rime, dalle quali apparisce il suo
grande amore al marito ed ai figliuoli, ed un ardente zelo pel bene
della religione , della umanità e della patria. I suoi versi possono
con diletto e utilità essere letti da voi. Troverete, fra l'altre sue belle
cose, una viva esortazione ai due rivali Carlo V e Francesco I re
di Francia perchè cessassero dal tenere in pianto Non pur ľ Ita
lia ma l'Europa, ed un eccitamento a' Fiorentini a mantenersi colle
armi degni degli avi gloriosi. Di belle apparenze non l'aveva dotata
natura , ma sì compensata largamente co' doni più eletti dello spi
rito ( 1)
( 1) Era nata in Pratalboino, nella Bresciana , nel 1485 : mori nel 1550.
SONETTI DI VERONICA GAMBARA ,
IN MORTE DEL BEMBO.
XXVIII. -
Ecco un'altra sfortunata in amore come la Properzia
de' Rossi, ma di lei più prudente e savia. Questa infelice giovinetta
nomasi Gaspara Stampa, nata in Padova nel 1523 da nobili genitori.
Dal suo ritratto dipinto dal famoso Quercino si vede ch'ell'era assai
avvenente e leggiadra . Sino da fanciulla con maestria sonava il liuto
e la vivuola, e con grande amore attendeva allo studio della poesia
e delle lingue latina e greca. Affettuosa ingenuità e dolce mestizia
spirano i suoi versi : ne' quali la sua bell'anima non mostrasi ca
pace di fele peppur allora che rimprovera il crudo amante Collal
tino de' conti di Collalto di averla abbandonata . Derelitta, fa un fa
scio di tutti i suoi componimenti in prosa e in verso, e glieli manda,
· scrivendogli : « Perchè le mie lettere e rime non han potuto una per
una non pur farvi pietoso verso di me, ma farvi nè anco cortese
di scrivermi una parola, vedrò se io possa per tutte insieme otte
nere almeno un sospiro, il quale rinfreschi la memoria della vostra
Movo la penna , mossa dall'amore
Interno , e, senza ch'io stessa m'avveggia
Di quel ch'io dico, le sue lodi scrivo .
cui protestano due buoni terzi delle donne vedove se loro si offra
opportunità di rimaritarsi. Sua divisa era un amaranto col motto :
Non moritura ; alludendo forse, più che al suo primo amore, al fermo
proposito di meritarsi un nome immortale. Anche i lontani furono
presi alla ridente sua giovinezza ed alle altre sue belle doti, e l'im
peratore dei Turchi , come uom per fama s' innamora, senz'averla
veduta ma soltanto udendola celebrare per la sua rara bellezza e
pe' suoi talenti s’invaghi siffattamente di lei che per amore o per
forza la volle in sua mano. Ella era per diventare proprio una tur
chese da fregiare la mezza luna ; perocchè quel sultano, saputo che
ella trovavasi a Fondi, non guardata che dal rispetto e dalla stima
universale, mandò una flottiglia di notte tempo per rapirla e con
durla a Costantinopoli. Que' pirati s'erano già impadroniti di Fondi
già stavano per irrompere entro al palazzo della principessa, quando,
avvisata al loro schiamazzo , del pericolo che le soprastava , senza
porre tempo in mezzo e in un costume che non era da ballo, si getto
da una finestra. Un vecchio sì, ma un sultano no ; perchè il vecchio
era suo sposo e l'amava e se l'erà presentato pregando, laddove
l'altro, temerario avventuriere, le s'imponeva. – La seconda Gon
zaga è l'Ippolita, nata nel 1531 ; ella a undici anni mandava al pa
dre don Ferrante, duca d'Ariano, lettere così gentili e sensate, quali
pochi scolari delle nostre università saprebbero comporre. Quindi
cenne ebbe l'onore di una medaglia, da una parte della quale ve
devasi la sua effigie, e sul rovescio Urania con un libro in mano e
varî strumenti di matematica e musica , col motto : Nec tempus
nec ætas. E bene stava, chè , giovanissima, era dotta nella musica,
nelle scienze esatte , ed oltre ciò ricamatrice eccellente . Fu lodata
da Bernardo Tasso, da Giulio Bidelli e dal Crescimbeni. Quante me
ritano l'elogio che di lei fece Bernardo Tasso : la bella Gonzaga
Ippolita , d'onor , non d'altro vaga ? Mori poco più che trentenne.
.
XXXI. -
Scorgo dalle vostre lettere , ma non dal vostro modo di
scrivere, che voi andate in visibilio per lo stile di parecchi tra’mo
derni. Ma, con vostra buona grazia, io non sono del vostro parere,
e mi meraviglio che voi, dotate di buon gusto, non l'appelliate piut
tosto, anzichè stile, contrafazione e scimiotteria . E doppia e tripla e
quadrupla scimiotteria ell'è, perciocchè una volta si toglieva almeno
ad imitare uno scrittore solo, il Petrarca, p. es., 0 il Boccaccio ; ma
ora se ne imitano dozzine per volta, tanto che un periodo, un solo
periodo, si può dire una vera olla podrida, non avente un odore e
un sapore a sè, ma tutti insieme gli odori ed i sapori. Ne'quali pa
sticci sono tutte le droghe , ma non il sale. E perchè ciò ? Perchè
non si vuol accogliere parola o frase che non sia bella o luccicante
in tutti i suoi lati ; e perciò si va alla questua di qua e di là , da
questo scrittore ee da quello, di vocaboli e maniere di dire tra le più
ricercate e peregrine : onde ciò che parcamente usato era ornamento
e fregio negli antichi, diventa ne' moderni barocchismo . Perchè poi
le parole, quali più, quali meno, coloriscono le idee, avviene perciò
che lo scrivere de' medesimi signori sia una vera tavolozza, un con
trasto di colori smaglianti che abbarbagliano e quindi stancano . Ne
risulta eziandio , per lo sforzo che si fa di chiudere molte idee in po
che parole, che regni negli scritti medesimi un'irrequietezza continua
d'immagini , che bene spesso cozzano insieme. Tali scrittori non ri
posano essi , nè lasciano riposar noi, ma sono sempre in convulsione.
Non è il mormorante rivo che a suo tempo si faccia grosso torrente
è poi real fiume; non v'è sorgente o foce : non v' ha distanza fra
le alpi e il mare ; tutto è flutto e cavalloni, e sopra vi passeggia con
molta prosopopea una pazza, che ha la sfrontatezza di chiamarsi arte.
Che se questi sono gli effetti del genere di scrivere che piace a voi,
genere che vive tutto di piccoli furti , e se dal più al meno tali
effetti s'incontrano in tutti gli scrittori di tale fatta , direte voi che
hanno stile, cioè un modo proprio di vestire e di presentare le loro
idee ? Sfido io a vedere l'anima di questa gente quand' ella scrive ;
sfido io a conoscere che hanno un'anima propria e a distinguere
l'un'anima dall'altra ! Bisognerebbe ammettere la metempsicosi, in
senso non del passaggio di anime intere ne' corpi , ma dell'incontrarsi
delle molecole d'infinite anime in un corpo solo . Per sorprendere
l'anima di tal gente, per vedere le vie che corre il loro pensiero e
come la parola lo segue, sapete voi ciò che rendesi necessario ? È
436 CLOTILDE TAMBRONI
necessario che sieno vinti dalla stanchezza o che non diano grande
importanza a ciò che fanno ; perocchè allora si lasciano andare se
guendo non gli altri ma la propria natura, ed allora, solamente al
lora, siatene certe, sebbene essi non l' ammettano, valgono qualche
cosa. Che ha da far tutto questo colla vita e coi meriti delle donne
e fanciulle letterate ? Ci ha da fare benissimo, se le signore donne
e fanciulle letterate desiderano dare alle cose loro un carattere pro
prio, un'originalità, piuttosto che fare esse pure, alla loro volta, delle
stentate contraffazioni. Se non isbaglio, le donne, forse a motivo della
loro grande loquela che bene spesso le trae a parlare senza consi
derazione alle conseguenze di quel che dicono , se non isbaglio, dico,
le donne sono assai meno adulatrici degli uomini e parlando ma
scherano assai meno il loro pensiero : ora perchè vorrebbero masche
rarsi scrivendo ? Voi dunque se siete persuase che la parola non fu
data all'uomo per nascondersi o per farsi pigliare in iscambio, par
late e scrivete come la vostra anima vi detta , e gridate con me :
Giù l'abito tutto a pezzetti di diversi colori che vi siete composto
colla roba altrui, o signori arlecchini od arlecchine !
XXXII . La Clotilde Tambroni è una Vittoria Colonna d'altro
genere : anch'ella aveva il suo modo di pensare e di agire negli af.
fari della così detta politica. Ma, se chiedeste il mio parere, con tutto
il rispetto che professo per quella signora professoressa di lingua e
letteratura greca nell'università di Bologna, direi che ella ha fatto
malissimo a ricusare nel 1797 di prestar giuramento d'odio alle de
crepite e tiranniche monarchie che erano state rovesciate, e che operò
benissimo andando in Ispagna a cercarvi le beatitudini dell'assolu
tismo. Per ingegno e studi che uomo o donna abbia, e' non può im
porsi alla volontà nazionale e chiamar ordine ciò che gli altri di
cono disordine e viceversa. La libertà ! ma chi la deve amare più
del letterato ? So che pur nell'età sua fanciullesca era valentissima
nei lavori donneschi, so che sapeva condurli a perfezione ammirata,
so pure che in quei verdi suoi anni seppe di matematiche, di lettere
e di filosofia ; ma se questo importa grandemente a voi, è per me
affatto secondario. Anche quando parlo di femmina letterata penso
sempre alla donna ed alla cittadina. Questa è de' retti giudizi, care
mie, una condizione sine qua non (1).
XXXIII . Ancora di altre due o tre letterate e poetesse, e poi 1
mi ritiro ; perchè , a dirvela schietta, mi pare che ci resti a dir ben
poco di nuovo su questa materia e che le cose da imparare siano
( 1 ) La Tambroni nacque in Bologna nel 1768, morì nel 1817. D'Anse affermo
che tre soli erano capaci in Europa di scrivere come lei , e quindici soli ca
paci di ben intendere i suoi scritti !
LA MANZONI, LA MORELLI -FERNANDEZ E LA BANDETTINI-LANDUCCI 437
ancora meno. Per compiere dunque questi fuochi artificiali, accendo
un triangolo luminoso, composto degli splendori poetici della Manzoni,
della Corilla Olimpica e della Bandettini-Landucci : e , signore mie
attente perchè dura più la detonazione che la luce. La Francesca
-
Quando avessi detto di ciascuna che nacque, visse e morì, che nac
que e crebbe poetando, che fu la meraviglia del suo tempo, su per
giù parlando di una avrei parlato di tutte le altre. Che solco lu
minoso lasciarono ? dalle loro poesie e dalle loro prose che beneficio
ha ricavato il mondo ?
( 1 ) Clemente Bondi : LA DOTTORESSA .
un'altra pisana , nata nel 1770, morta nel 1794 : scrisse versi prima
dell'età legale dell'uso della ragione , e tanta fu la sua inclinazione
ed il suo amore alla poesia che dagli acini dell'uva seppe cavare
penna e calamaio; da ciò ch'era venuto a Noè la vergogna e la de
risione di Cam, a lei venne la prima gloria (2). Numero tre : la
(2) Luigia Cicci, nala in Pisa il 4770, passionata del bello , vinse i divieti
del padre che le interdicevano i libri; e scriveva versi con penna di legno
intinta in un chicco d'uva. Di dieci anni sapeva il Dante a memoria. Poi si
diede alla filosofia , alla fisica e ad altro . Fu nondimeno accademica. Visse
nubile ed amorosa de' suoi. Mori nel 1794 e s'involo in tempo ai clamori e
alle sozzure del secolo moribondo. ( Dizionario esteticu di N. Tommaseo ,
parte antica).
Aglaja Anassillide , cioè Angela Veronese , nata nel finire del secolo XVIII
nel castello di Biadene ( Veneto ), scrive di sè che verso i quallordici anni si
destò in lei la brama d'imparare assolutamente a scrivere. Una vecchia ta
bacchiera dismessa da suo padre fu il suo primo calamajo. E soggiunge :
Li primi versi ch'io modulai ( di tredici anni, senz'aurea cetra , a col solo
entusiasmo dell'età prossima a svilupparsi , furono diretti all'Aurora e inco
minciayano cosi :
442 ELISABETTA CAMINER -TURRA
Elisabetta Caminer-Turra, veneziana, nacque nel 1751 , usci di que
sta vita nel 1796, dopo essersi imbrattate le mani, non l'anima, d'in
chiostro da scrivere e da stampa. Sino all'età di quattordici anni
compose le cuflie, poi divenne compositrice di stamperia , copista, >
Foste lodate dal Tasso, dal Bembo, dal Chiabrera, dal Parini, ecc., ecc.,
ma chi di voi li superò nell'alto volo ? – Oh adesso non ci saranno
più letterate nè poetesse per far piacere a voi , garbatissimo cugino ?
-- Non adulatemi, nè calunniatemi ; ma io so quel che mi dico , e
.
I.
- Perchè era entrata nella mia casa col padre e col marito la
carità della patria, io, Porzia, non volli ch'ella venisse meno o si
dipartisse da me quando rimasi orfana e vedova (3 ). Bruto , il mio
( 1 ) Di Camilla e Clelia fu già discorso a pag. 1 e 12 .
(2 ) Tito Livio e Boccaccio.
(3) Porzia fu figliuola di Catone Uticense e moglie di Bruto.
QUINTILIA 447
raccontare ch'io lessi nel libro di Benedetto Mastiano della guerra di Pisa , il
quale mi fa mostrato dal molto eccellente M. Pietro Orsilago, dicui era avola
la donna di cui son per ricordarvi .... Si presentó al senato e promise di vo
lere salvare la città con le ceste , se l'erano dale mille asine simili alle sue
mostrando loro Ginevra e Lucrezia , figliuole sue » .
(2) Nardi , Sismondı ; anno 1499 .
Soggiunge il Sismondi che , avendo il Vitelli perduta l'opportunità di dare
un nuovo assalto, i cittadini , de ' quali un grandissimo numero erano andati
a nascondersi nelle proprie case, furono dalle loro mogli confortati a tornare
contro il nemico e corsero di nuovo a difendere la breccia ; tanto che il Vi
telli poco dopo dovelle levare l'as -edio .
E il Domenichi : « Il conte Baldassar Castiglione racconta nel suo Corlegiano
di molte singolari e valorose donne antiche e de' suoi tempi, e fa lor grande
onore. Egli fece un bellissimo epigramma latino per una giovane pisana, la
quale difese la sua patria ; che, iradotto in lingua nostra , dice cosi :
Mentre abbracciava la pisana madre
La valorosa e quasi morta figlia,
E l'ampia piaga il tener petto apriva
or Questa le nozze fian, questo il marito » ,
66
Diss'ella, “ che tu avrai da queste mura
Difese col valor della tua mano ? " ,
Cui la donzella : - Ed altre già non voglio
Pompe o marito aver dal patrio nido.
sola io ' l difesi col mio proprio sangue :
Copra ei , difeso, dunque il corpo mio .
Che se mai torneranno a queste mura
I nimici Francesi , un'altra volta
L'ossa mie prenderan l'arme per lui » .
LUIGIA SANFELICE 451
lorosamente combattuto in Nizza ? I gigli di Francia s'erano alleati
colla mezzaluna ottomana per rapire questa perla del mare , questo
giojello della corona d'Italia ; e, soprafatti, sbigottiti pel numero im
menso e ognora crescente de' nemici, gli scarsi difensori, non ve
dendo altra via di salute , fuggivano ; ma io riunii , coll'autorità di
chi comanda il dovere, tutti i fuggitivi , li riannodai, e non più pa
vidi conigli ma terribili leoni gli spinsi contro il nemico. Ecco il
barbaro Mussulmano colle sue assordanti urla sul parapetto ; ma io
impugnata una scure, sono sopra a que’ feroci, mi gitto sul primo
che fa sventolare l'abborrita insegna, gliela strappo di mano ed esa
nime lo rovescio giù dalle mura ( 1 ).
XI . All'aspetto marziale, allo sprezzo delle fatiche e dei pericoli,
.
cia di Dio, che ha promesso di far beati coloro che patiscono per
secuzione per la giustizia. Molti piangevano : io domandai e bevvi
caffè; quindi m'avviai in sembianza di chi è maggiore della sven
tura. Dall'alto della scala fatale, negli estremi momenti, tra la terra
e il cielo, io volevo parlare : ma i carnefici, temendo che le mie pa
role potessero sommuovere la moltitudine, con le loro corde, prima
di decollarmi, strinsermi la gola. Non le ha udite il popolo, ma quelle
parole le ha udite ed esaudite Iddio ( 1).
( 1 ) Noël, Fanciulle celebri ; Bolta , Storia d'Italia ; anno 1799.
ELEONORA FONSECA-PIMENTEL.
Versi di Luigia Grace.
Nel giardin di natura appena un fiore
Vergine si dischiude, invido nembo
L'agita, lo percuote, e di squallore
Tristo lo abbatte sul materno grembo.
Ahil chi d’un raggio non ombrato un lampo
Godè lunga stagion ? Chiuse le porte
Stanno dei fati , all'uom strepita in campo
Con l'iono trïonfal grido di morte.
Anco fra gli agi d'una vita imbelle
Surse il genio talor che l'uom solleva :
Ma la scure percuole, e sulle belle
Nascenti rose il turbine si aggreva.
Là sul Sebeto vedi Elionora ,
Angiol di cor, di mente e di favella,
Che generosa il popolo ristora
Con aurei detti , a libertà novella .
Ma virtule che val se dei tiranni
Al barbaro furor la sorte arride ,
E al ciel rivolge Libertade i vanni
Da quelle rive sanguinose , infide ?
Oh Fonseca, Fonseca ! la melode
Che lu beesti nell'età precoce,
Ti sunò mai la nota della frode
Ond'eri sacra a tirannia feroce ?
No : che i fervidi voti disvelavi
Con ingenuo candor, ferma e sicura
Di fabbricar sul cenere degli api
Di libere città libere mura .
E quando il piede incatenato all'ora
Del tuo martirio trascinavi in gola ,
Tornar li fece la bipenne avara
Una solenne ed ultima parola .
Di lontano avvenir forse presaga,
Vaticinar volevi i dì che sono ;
Sorge dal sangue degli eroi la vaga
Pianta di libertà che aduggia il trono.
So dicesti ch'esempio era di vita
La tua morte a' nipoti, allor che l'alma
Nuda rifulse di gloria infinita
U ' già di Corradin cadeo la salma ,
454 ALCUNE MONACHELLE NAPOLETANE
XIV . -
( 1 ) La Farina .
( 2) Aito Vannucci.
456 ALBINA DE' BERNARDI LE FANCIULLE MILANESI
io, fioraja, che non compongo più lassù corone di fiori caduchi ma
aureole di luce immortale (1). Di me vi parrà poco se vi dica che
da' barbari venni spietatamente e per sola feroce avidità di sangue
trafitta a morte nelle cinque giornate ; ma che potevo io più, debole
fanciulla ? Anch'io colla mia acerba e dura fine attestai della rab.
bia austriaca (2) ; anch'io vi debbo rimanere perpetuo ricordo che non
vi può essere nè patto nè conciliazione giammai tra l'un popolo e l'al
tro. Su noi, popolane, esposte come i fiori del prato al nembo nemico,
imperversò maggiormente quella rea bufera : noi dunque più che le
altre abbiamo diritto di raccomandarvi e comandarvi quel santo odio.
Vi sarà chi con occhi di lince possa trovare in quegli stranieri de'
rari pregi, ma noi non vi trovammo e subimmo che le più ree e
brutali qualità : non vedemmo gli uomini ma le fiere. Se il bisogno
ne venga, oh! imitate , care fanciulle, la Giuseppina Lazzaroni, che
nel petto delicato racchiudeva anima fortissima. Arde micidiale la
mischia, ed ella imbraccia un fucile, s'accompagna al fratello , sola
alla porta Comasina affronta le fucilate nemiche e con altre fucilate
risponde (3) . Il patriotismo e il dolore, irritato dalle stragi , traevano
a vendetta anche le anime le più miti . Ecco a San Marcellino due
giovani donne che in una delle più esposte barricate bersagliano il
nemico (4), ed ecco, altrove, un' egregia donzella , emula dell'antica
( 1 ) Alto Vannucci . « Ecco i benefizi fatti a noi dal tedesco : madri che scen
dono nel sepolcro uccise dagli sgherri che rapiscono loro i figliuoli : spose
che nel fiore degli anni e della bellezza uccide il dolore dei mariti perduti e
della patria oppressa da schiavitù ignominiosa ! » Per una strana aberrazione
che speriamo non si tradurrà in troppi fatti , si proclama e si pretende per al.
cono che gli antichi nostri carnefici diventino oggi nostri precettori ! Ma i nuovi
Dionigi , fatti maestri di scuola, c'insegneranno a disprezzare il nostro paese ,
a perdere la dignità di noi stessi , a proclamarci con insensata tracotanza
l'ultima delle nazioni . Per maturare i nostri frutti ci basta il nostro sole ; non
abbiamo bisogno dei calori dell'inferno !
Nell'opera dell'egregio signor Felice Venosta 1 martiri dell'indipendenza
lombarda, a pag. 377 ci è dato un lungo elenco dei morli nelle cinque gior
nale di Milano, ma non sempre vi è indicata l'età delle gloriose vittime. Noi
ne caviamo i nomi di quelle la cui età non è indicato superare i venti anni ,
e che furono ferite nelle cinque giornate e morte subito o nei di successivi : Al
bonio Maria , cucitrice, d'anni 12 ; Bernardi Alcina (?), fioraja , d'anni 17 ; -
Cagnoni Francesca , cucitrice, d'anni 17 ; – Cagnoni Teresa, d'anni 6 ; Can
diani Maria , d'anni 12 ; Fiocchi Maria, contadina, d'anni 12 ; Scott: Ma
rianna, cucitrice d'anni 20 ; Vigo Agnese, cucitrice, d'anni 19 ; Viganò
Teresa, d'anni 8. Sono nove sopra le cinquantatré donne nominate dal sullo
dato sig. Venosia. E minor vumero , cioè sole trenta , la nota che ne dà il
ch. sig. Alto Vannucci . Con patriotico divisamento il Municipio milanese fece
fondere in bronzo alcune lapidi con suvvi i nomi de ' morti delle cinque gior
nate , fregiandone la colonna che sorge nella piazza del Verziere .
(2) Venne ferita in via di Brisa ; ne morì il 16 agosto .
( 3) Venosta, pag. 92-93.
( 4 ) Ivi , pag. 115.
LE FANCIULLE MILANESI 457
ANIMOSE DONNE
NEL VOSTRO CUORE DI MADRI
NELL'ESEMPIO DELLE VOSTRE SORELLE
CHE POSERO PER LA PATRIA LA VITA
VOI TROVERETE IL CORAGGIO
DELLE FORTI VIRTU ' CITTADINE
EMULATRICI DELLE SICILIANE
101 CANCELLERETE TRE SECOLI
DI C ) DARDA MOLLEZZA
E RITEMPRATE A SEVERI DOLORI
A GIOJE SEVERE
VI FARETE DEGNE COMPAGNE D'UOJINI LIBERI .
PARGOLETTI INNOCENTI
MARTIRI DELLA PATRIA
IGNARI ANCORA
DEL SUO NOME DOLCISSIMO
IL VOSTRO SANGUE
LAVACRO ALLE NOSTRE VITTORIE
È PEI BARBARI MACHIA NON CANCELLABILE .
EROINE E PATRIOTE 459
cogli occhi che, anche morti , erano rivolti al cielo , mostrando che
nel punto stesso pugnavo e pregavo per la patria (1 ) !
XX. - Giovine sposa appena di vent'anni, io, Colomba Antonietti,
di Fuligno, col dolce compagno de' miei giorni per la patria indi
pendenza affrontai i rischi delle battaglie a Velletri ed a Roma. A
chi mi voleva allontanare da que' pericoli ho sempre risposto all'I
talia essere da gran tempo consacrata la mia vita e non aver que
sta prezzo per me se non potesse giovare alla patria sventurata. Oh
quanta era la mia gioja vedendomi vicino lo sposo , tutto intento a
riparare le breccie fatte dai projettili nemici alle mura dell'eterna
città, e com'egli mi pareva bello in quell'atto e come sentivo orgo
glio di esser sua ! Una fiamma di contento mi saliva al viso quando
per le sue cure miravo rinnovarsi e rinforzarsi le difese. Non ero
serbata a vedere i nuovi fati di Roma e il sangue italiano finalmente
vendicato : una palla di cannone mi percosse : caddi inginocchiata ,
e, levando le mani e gli occhi al cielo, l'ultimo ed unico mio grido
fu : Viva l'Italia (2 ) !
XXI . Il bastone ! Ecco lo scettro del selvaggio e dell' Austria
finchè non fu vinta ! E a colpi di bastone, come si trattasse dei più
abietti animali, i proconsoli austriaci punivano le donne e le giovi
nette che liberamente biasimavano gli stomachevoli omaggi che gente
perduta tributava all'aquila grifagna. Per aver biasimata una ita
liana rinegata che faceva pompa, sul davanzale d'una sua finestra,
dei colori giallo-Deri , noi due , giovinette , l'una cremonese , di 20,
l'altra fiorentina, di 18 anni , fummo pubblicamente sulla piazza Ca
stello di Milano condannate a' colpi di bastone . All'esecuzione sorri
deva non la plebaglia , ma tutto ciò che di più insigne vantavasi tra
gli ufficiali austriaci . E , per maggiore scherno , i bastoni con cui
fummo torturate vennero fatti pagare alla città di Milano (3) !
XXII . Per ispergiurare la costituzione data, il Borbone aveva
bisogno di mutare le dimostrazioni legittime del popolo napolitano
in carnificine; onde sguinza gliò contro di esso la furia soldatesca.
Il mio povero fratello, Angelo Santili , era a letto, preso da febbre
ardentissima , mentre la città rintronava delle cannonate e tutta lin
gevasi di sangue. Egli era solito per le vie di Napoli erudire la povera
ed ignorante plebe nella vera dottrina di Cristo, dottrina di libertà ;
questa davanti agli oppressori fu la sua colpa , e nella sua colpa e
nella vendetta di quei feroci fui involta anch'io. Gli assassini attér.
rano la porta, irrompono furiosi nelle stanze , spianano i loro fucili
( 1 ) Li 31 marzo 149 ; Venosta , pag . 459 .
( 2 ) Li 13 giugno 1849, Venosta : I martiri di Roma.
( 3 ) Li 22 agosto 1849. Venosa, pag . 481 .
460 EROINE E PATRIOTE
pra Bologna, e che non la lascerà senza avervi insanguinati gli ar.
tigli. Per respingere i barbari s’armano i cittadini, tutte le campane
suonano a stormo, si disselciano lo strade, dappertutto sorgono bar
ricate. Alla fucilata , in mezzo al fischiare delle mitraglie ed allo
scoppiar delle bombe, a que' baleni, a quella luce sinistra, vedi com
misti uomini, donne e fanciulli, che tutti mandano all'aggressore,
unite alle fucilate , delle maledizioni per esso e dei viva all'Italia !
Sull'alto delle case stanno fanciulli e vecchi e donne pronti a get
tare sull'abborrito invasore sassi, tegole e masserizie. Oh ! l'aquila
>
O fanciulle, noi fummo sino ad ora tra giovani eroine, non poche in
vero e più che bastanti ad illustrare ed onorare una gran nazione.
Ma credete voi che non siasene per noi dimenticata veruna ? Oh
quante ne abbiamo omesse, e di quante la storia medesima non ha
fatto esplicita menzione ! Assai volte questa notaja della posterità nel
nome generico di donne ha insieme comprese fanciulle , giovani e
vecchi, perocchè ella non dovea parlare di una o due, ma di cen .
tinaja e centinaja di femmine dello stesso paese. Onde quando la
storia favella di donne gloriose e di fatti eroici compiti collettiva
mente da esse, possiamo noi supporre che la metà almeno di quelle
non si componesse di fanciulle e di giovani ? Dell'età verde , fresca
( 1 ) Gennarelli .
( 2 ) Lo stesso .
( 3 ) La Farina .
462 EROINE E PATRIOTE
donne di Vigevano , nel 1273, contro i proscritti milanesi e loro alleati , Giu
Jini , Memorie ; - le donne messinesi , nel Vespro Siciliano , a . 1282, Boccaccio,
Fazello, Belussi ; - le donne milanesi , quando fu minacciata la città dalle
armi del marchese di Monferrato , a . 1289 , Giulini ; -- una seconda volta , le
5
donne messinesi , per avere dal re , che la ricusava , giustizia de'nemici e tra.
ditori del paese , a. 1352, Fazello , Serdonati; - le donne di Mugello, contro
i Fiorentini , a . 1352, Villani , Serdonati ; – le donne di Signa, contro le genti
di Giovanni Galeazzo Visconti , a. 1396 , Serdonati ; le donne di Forli , per
levarsi di dosso l'oppressione del governatore pontificio , a . 1433, Marchesi ;
Je donne di Longiano , cootro il Piccinino, a 1442, Marchesi ; -le donne di Piom.
bino nell'assedio posto da Alfonso e suoi Catalani , a. 1448, Sismondi e Poema
dell'assedio di Piombino , nel Muratori ; – una seconda volta le donne di Vi
-
quel Marco Bronchi il quale aveva ruinato Biracchio . Il quale veggendo Mar.
zia, sua moglie, lanciare un'asta, fattasigli incontro, gli disse : -
Che c'è , dol
cissimo marito ? - Ed egli, appena potendo trarre il fiato, le rispose : - Gl'ini
mici hanno preso le mura : noi siamo tutti morti . Ma se tutti siamo morti
diss'ella, – perchè cerchi tu fuggendo ni sali arti la vita , essendo cosa da Pi
sani il saper morire ? Misera me , chè ben voglio morire io , acciocchè il mio
onor non ne muoja , e sforzerommi ancora di non lasciar morir senza vendetta
con esso meco la patria e i figliuoli ». - Dette queste parole e lasciatisi an.
dare i capegli giù dalle spalle, si mise in testa l'elmo del marito, cinsesi la
spada , prese un'asta in mano e furiosa passò fra i nemici .... Allora molti al.
tri soprapresi da vergogna, si diedero a seguirla.... Altaccossi una crudelis.
sima battaglia , dove i Liguri erano molto malconci dei sassi tratti dalle fi
nestre , unde , già tolti in mezzo da ogni parte , furono forzati fuggirsi.... Il
EROINE E PATRIOTE 463
certo pericolo , in quanto che a pochi passi da lei scoppiò un obizzo .. ( lui,
pag . 115) .
470 EROINE E PATRIOTE
VII .
IX .
X.
ELEONORA D'ARBOREA .
mento sociale dal quale allora erano ancor lontane le più vaste con
trade del continente italiano. Le genti dell'isola non soggette all'im
pero d'Eleonora lo vollero anch'esse adottare, di modo che diventò
la carta generale del paese, ad eccezione di poche città rette da sta
tuti speciali.
» Ma ad accrescere la maestosa figura di questa principessa non
hasta la duplice aureola di strenua propugnatrice dei diritti nazio
nali sul campo di battaglia e di sapiente legislatrice del suo popolo !
conviene aggiungere altresì il serto della carità, di quella carità di
cui fu vittima compianta. Nel 1404 infatti una fiera pestilenza deso
lava la sua terra, la moría ne mieteva terribilmente gli atterriti abi
tanti. Eleonora però in queste scene di lutto rivela tutto quanto di
adorabile si contiene nella missione della donna. Moltiplica sè stessa
soccorrendo i miseri appestati , ne ricovera i derelitti figli nel suo
palagio, è l'angelo che terge ogni lacrima , che lenisce ogni dolore,
finchè non la colpisce il fiero morbo, e spira fra il generale com
pianto. La sua salma ebbe un glorioso lenzuolo funerario le tante
bandiere da essa conquistate agli Aragonesi » .
( Da lettera di un Oristanese).
(
VARIETÀ
TERESINA PRUDENZANO .
gono te nel tormento del male, ma con gli occhi della fede amorosa
ti contemplano beata ; e nelle lagrime loro la luce degli occhi tuoi
si rinfrange.
Vegli sulle tue sorelline : che certo sarebbero state dalla voce di
te viva, non meno che dalla voce materna educate ; perchè gli af
fetti e gli esempi fraterni s'imprimono potenti nell'anima e memo
randi. Ma le tue ispirazioni dal cielo , e le ricordanze pie che sul
labbro de' tuoi genitori soneranno di te a temperare colla mestizia
armonicamente ogni gioja , a santificare colla religione il dolore, le
educheranno.
Dio buono t'assunse a sè ; e la Grazia che t'ha nel battesimo fatta
consorte ai redenti nella libertà dello spirito, l'Amico dei parvoli e
degli afflitti volle che fosse a te confermata nel secondo de' suoi sa
cramenti. Sublime società che fa essere partecipi d'una comune vita
il vecchio e l'infante, il dotto e il semplice, il potente e il mendico
la donna fiorente di giovanile bellezza e l'epilettico, a cui la vita è
fitta di rinnovate agonie, il mortale che piange pentito delle sue in
numerabili colpe e l'immortale che ascende di quaggiù per aggiungere
alle stelle la luce della sua immacolata innocenza !
Or chi sa quanto in culla quest'anima novella sentisse ne' suoi
pensieri ? quanto avvertisse delle cose e di sè ? Se nel germe invisi
bile è il vivente intero , nell'infante non è egli già tutto l' uomo ?
Chi conosce l'infanzia, altri che quel Dio che l'ha creata si bella ?
La madre un poco : e anche perciò la madre ama tanto. Chi penetra
negli arcani d'un anima ? Chi può tener dietro a' suoi svolgimenti ,
come l'occhio, acuito dal microscopio, segue nella tenera pianticella
il palpitare incessante e il succrescere della vita ?
Quand'ella aveva lo sguardo lungamente intento nella lampada ap
pesa dinanzi al Redentore bambino, badava ella soltanto al lucicare
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di quella fiammella ; e nessuna impressione spirituale da quell'ima
gine le veniva ? Di sottilissime quasi fila componesi la gran tela de
gli affetti e delle idee onde s'intesse la vita.
Se non all'infante, sarebbero le ispiratrici le imagini sante a chi
circonda di quelle la culla di lui, che , posando in esse lo sguardo
innocente, v'imprime, più che una memoria, un vivente ritratto di
sè ; come il raggio della luce di Dio, raccolte in un foglio, vi disegna
in un tratto i lineamenti di quelle sembianze che gli anni muteranno ,
che il dolore e la morte sfigurerà .
Come la rondinella, invigorita dall'amore le gracili penne, racco
glie le piume più morbide e le filolina più fine per assettare a' suoi
piccini provvida il nido ; e cosi voi raccogliete, o genitori, pe' vostri
figlioletti le più pure imagini, i suoni più miti, le parole più elette,
i più belli esempi e più generosi. Raccoglieteli sin dalle prime; che
non sapete quand'eglino incominceranno a giovarsene ; e l'anima in
nanzi ancora che il corpo esca dal grembo materno, principia il suo
divino lavoro.
La madre vive nel dolce peso affidato alle sue viscere; la madre
e il padre nell'infanzia del loro bambino sentiranno com'alito di pri
mavera rinnovellato lo spirito degli anni innocenti ; ringiovaniranno
nel figlio giovinetto, ne' primi virginei affetti di lui risentiranno l'a
more forse più puramente che mai ; a' nati dalla propria figliuola sa
ranno genitori più esperti e forse più teneri che lei stessa ; mori
ranno benedicendo , consolati di vivere nelle generazioni superstiti ,9
che conservino il nome loro le memorie e le fattezze ; e i lontani
nepoti rappresenteranno il ritratto e risoneranno l'idioma degli an
tenati le cui spoglie il sepolcro da secoli chiude.
Pensiero consolatore e tremendo ! Riviviamo, e, come piapte mol
tiplicate dal germe, dal tallo, dal frutto, moltiplichino gli esempi de
gni; i men degni siano come nuvola che dilegua e si converte in
rugiada o in pioggia quieta .
Il tesoro dei figli confidatoci da Dio e dalla patria , temiamo di
perderlo ; ma del non lo saper degnamente custodire e far che frut
tifichi, ancora più, o genitori, temiamo.
N. TOMMASÉO.
FINE.
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