Sei sulla pagina 1di 18

Partito Comunista Cinese

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il Partito Comunista Cinese (PCC) ( 中國共產黨 中国共产 T,

党 S , Zhōngguó Gòngchǎndǎng P ) è un partito politico cinese Partito Comunista Cinese


fondato nel 1921, una delle istituzioni che più hanno determinato (ZH) 中國共產黨
la storia e la politica della Cina nel XX secolo. (ZH ) 中国共产党
(Zhōngguó Gòngchǎndǎng)
È il partito che nel 1949 fondò la Repubblica Popolare Cinese e
che a partire da tale data è stato de facto il detentore esclusivo del
potere politico all'interno del Paese. Al 2013 contava oltre 85
milioni di membri[16] ed è il secondo partito più grande del
mondo per numero di iscritti dopo il Bharatiya Janata Party.[17]

Indice
Storia Segretario Xi Jinping
Le origini: il movimento del 4 maggio 1919 Stato Cina
Nascita del partito e primi congressi nazionali
Sede Zhongnanhai,
Alleanza con Sun Yat-sen
Pechino
Guerra civile
Abbreviazione PCC
Rivoluzione
Prima fase del potere e rivoluzione culturale Fondazione 1º luglio 1921
Breve leadership di Hua Goufeng Ideologia Comunismo[1][2][3]
Deng Xiaoping e il Socialismo con caratteristiche Marxismo-
cinesi leninismo[1][4]
Jiang Zemin e Hu Jintao Maoismo[5]
Ascesa di Xi Jinping e scandalo "Bo Xilai" Socialismo con
Socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova caratteristiche
era cinesi[1][6]
Struttura Nazionalismo di
Congresso nazionale sinistra[7][8]
Comitato centrale Collocazione Estrema
Organizzazioni locali e a livello primario sinistra[9][10]
Commissioni per l'ispezione disciplinare Coalizione Fronte Unito[12][13]
Organizzazioni giovanili
Affiliazione Incontro
Dirigenti del partito internazionale Internazionale dei
Presidenti del Comitato centrale Partiti Comunisti e
Segretari generali Operai[11]
Ideologia Seggi 2 103 / 2 980
Attività Assemblea
Controversie nazionale del
Note popolo

Bibliografia Testata Quotidiano del


Voci correlate Popolo
Qiushi
Altri progetti
Organizzazione Lega della Gioventù
Collegamenti esterni
giovanile Comunista Cinese
Giovani pionieri
della Cina
Storia
Iscritti 90,59 milioni
(2019)[14]
Le origini: il movimento del 4 maggio 1919 Slogan (ZH) 为⼈⺠服务
(IT) "Servendo il
Il PCC nacque in uno dei momenti più difficili per la Cina,
messa in ginocchio dall'imperialismo occidentale e giapponese e popolo"[15]
minacciata dalla disgregazione politica e dal potere di vari Sito web cpc.people.com.cn/
"signori della guerra". Proprio nella protesta che si sviluppò (http://cpc.people.co
contro l'imperialismo giapponese possiamo vedere la nascita di m.cn/)
quei fermenti politici che avrebbero portato alla sua costituzione.

Nel 1915 l'Impero giapponese aveva infatti presentato le sue


"Ventuno richieste" alla Cina, che rompevano definitivamente
con la politica della porta aperta e miravano a trasformare la Cina
in una colonia di fatto. Il 4 maggio 1919, dopo che il trattato di
Versailles aveva stabilito che gli ex-diritti tedeschi passassero ai
giapponesi, manifestazioni scoppiarono in tutte le principali città
della Cina. Questo Movimento del 4 maggio 1919 si spinse
molto oltre i precedenti movimenti anti-imperialisti e si sviluppò
su una linea indipendente dall'elaborazione politica che negli Bandiera del partito
stessi anni veniva condotta da Sun Yat-sen, leader della
rivoluzione Xinhai e fondatore della Repubblica di Cina
contrapposta al governo giapponese.[18] Sun riuscì inoltre a rivitalizzare il partito nazionalista del Kuomintang
(KMT), da lui fondato nel 1912 assieme a Song Jiaoren.

In questo periodo la più grande organizzazione marxista in Cina era il Partito Socialista Cinese fondato a
Shanghai nel 1911 da Jiang Kanghu e con l'accademico e bibliotecario Li Dazhao tra i suoi principali
esponenti, a Tientsin. Il Partito Socialista aveva aderito all'Internazionale Comunista ma a causa dei contrasti fu
espulso.

Tra i principali animatori delle proteste c'era il giornalista Chen Duxiu, che nel 1915 aveva fondato il periodico
Gioventù nuova. Sulla sua onda all'interno delle università si affermava un movimento di rinnovamento
culturale che predicava l'eguaglianza, promuoveva l'istruzione di massa, aggrediva la morale confuciana su cui
aveva poggiato per millenni l'organizzazione sociale della Cina, il culto della gerarchia, dell'autorità e della
famiglia. Intellettuali e nuovo proletariato urbano trovarono il loro punto di riferimento non tanto nella
democrazia europea e americana e nella modernizzazione giapponese, che erano state la fonte d'ispirazione di
Sun Yat-sen, quanto piuttosto nella rivoluzione d'ottobre scoppiata nella Repubblica russa di Kerenskij nel
1917.

A differenza di quanto avvenuto in Occidente e in Russia, il movimento comunista cinese non nacque da una
scissione e dalla frattura con una precedente tradizione socialdemocratica, ma direttamente sotto l'influenza
dell'Unione Sovietica.
A seguito del crescente sentimento antimperialista tra i giovani cinesi, Li Dazhao fondò a Pechino la "Società
della Cina giovane" e nell'ottobre del 1918 organizzò la "Società per lo studio del marxismo" all'interno della
biblioteca universitaria della capitale cinese, dove un giovane Mao Zedong si era trasferito da poco per
lavorare come assistente bibliotecario.[19][20][21]

Li Dazhao ebbe un ruolo importante nel Movimento del 4 maggio 1919 e sfruttò le dimostrazioni studentesche
per diffondere gli ideali marxisti e della rivoluzione d'ottobre.[20] A seguito dei moti di protesta, cominciarono a
comparire in Cina nuovi circoli operai, associazioni per lo studio del marxismo e leghe sindacali.

Grazie al suo interesse per le lotte operaie al suo giornale Meizhou Pinglun ("Critica settimanale"), Li Dazhao
riuscì a ottenere abbastanza consensi per fondare il primo gruppo politico di marxisti nel maggio del 1920 e a
creare così le fondamenta del Partito Comunista Cinese.[20]

Nascita del partito e primi congressi nazionali

Nel 1921, il PCC venne fondato nella Concessione francese di Shanghai da Li Dazhao e Chen Duxiu sulla
base della teoria avanguardista di Lenin.[22]

Tra il 23 e il 31 luglio dello stesso anno si tenne il I Congresso


nazionale del Partito Comunista Cinese, al quale parteciparono dodici
delegati e la cui sede fu spostata da Shanghai in un'imbarcazione sul
lago Nan Hu nello Jiaxing.[23] Durante il congresso, fu stilata la prima
Costituzione del partito[24] e furono fissati gli obiettivi principali da
raggiungere: il rovesciamento della borghesia e l'eliminazione delle
distinzioni classiste attraverso l'esercito rivoluzionario del proletariato
e la lotta di classe, l'istituzione della dittatura del proletariato e la
nazionalizzazione dei mezzi di produzione.[23] Il Partito elesse inoltre
il primo Comitato centrale e nominò Chen Duxiu alla segreteria.[23]
Sito del I Congresso nazionale del
PCC a Shanghai, oggi sede di un
Tra il 16 e il 23 luglio 1922, il PCC organizzò il suo II Congresso
museo
nazionale a Shanghai:[25] fu approvata l'iscrizione all'Internazionale
Comunista e fu redatta una dichiarazione nella quale si analizzava la
natura semi-coloniale e semi-feudale della società cinese e si
rafforzavano gli ideali leninisti.[25] Al termine dei lavori, Chen Duxiu fu riconfermato segretario del Comitato
centrale.[25]

Alleanza con Sun Yat-sen

La posizione dell'Internazionale Comunista per quanto riguarda i Paesi colonizzati, che fu fatta propria dai
cinesi, chiedeva ai nascenti partiti comunisti di cercare l'alleanza con la borghesia nazionale per affrontare la
lotta per l'indipendenza.[26][27] Si pensava che la rivoluzione comunista doveva essere preceduta da una
rivoluzione democratico-borghese, che avrebbe spazzato via ogni residuo di feudalismo e gettato le basi di
un'economia moderna.[26][27]

Inevitabilmente questa posizione portò alla ricerca di un accordo con Sun Yat-sen. L'autorità centrale andava
infatti scomparendo dopo la morte di Yuan Shikai, il secondo presidente della Repubblica di Cina che aveva
cercato con un colpo di mano di farsi proclamare imperatore, ma aveva fallito. Le stesse potenze straniere si
trovarono in difficoltà, in quanto era impossibile imporre la propria volontà a un governo che non esisteva più.
La Cina cadeva a poco a poco nelle mani di banditi e signori della guerra, tanto i comunisti che Sun Yat-sen
volevano porre fine a questo stato di cose.
Nel gennaio 1923 Sun Yat-sen si decise a incontrare il delegato sovietico Adol'f Ioffe e ne scaturì la
dichiarazione Sun-Ioffe: i sovietici ammettevano l'impossibilità di instaurare per il momento un governo
comunista in Cina e si impegnavano a dare tutto il loro appoggio alla realizzazione dell'indipendenza e
dell'unità nazionale del Paese. Poco dopo il Manifesto programmatico del Congresso del Kuomintang
affermava tre indirizzi politici: alleanza con l'Unione Sovietica, cooperazione con i comunisti e aiuto ai
contadini e agli operai.[28] Di conseguenza, nel 1924, il KMT e il Partito Comunista Cinese formarono il Primo
Fronte Unito.[29]

Guerra civile

Finché fu in vita Sun Yat-sen, comunisti e nazionalisti lavorarono


assieme per portare a termine quella che l'Internazionale comunista
giudicava una "rivoluzione democratico-borghese". Nel 1926 il
Kuomintang e il Partito Comunista iniziarono insieme la Spedizione
del Nord per riunificare la Cina contro i signori della guerra del
Governo Beiyang. Con l'appoggio dell'Unione Sovietica, il Fronte
riuscì a sconfiggere i nemici avanzando da Canton verso il fiume
Azzurro, e successivamente si schierò contro i colonialisti
Bandiera dell'Armata Rossa Cinese
britannici.[30] Questi ultimi cedettero le loro concessioni a Hankou e dei Contadini e dei Lavoratori
Jiujiang ma si prepararono a difendere il loro settore a Shanghai.[30]
Tuttavia nel 1927 il militare Chiang Kai-shek prese il potere sul
governo di Canton e sul KMT e dopo aver usato i militanti del PCC per conquistare Shanghai, Chiang attuò
un sistematico massacro dei comunisti e dei militanti della sinistra del suo stesso partito.[30] Il costo in termine
di materiale e di vite umane pagato dal PCC fu assai elevato e il nuovo governo nazionalista di Chiang a
Nanchino continuò a perseguire epurazioni. Il primo fronte unito si sciolse definitivamente nel 1927 e subito
dopo i comunisti diedero vita alla rivolta di Nanchang, uno dei primi scontri armati tra il KMT di Chiang Kai-
shek e il PCC che vide la nascita dell'Armata Rossa Cinese. A settembre Mao Zedong guidò la rivolta del
raccolto autunnale nello Hunan e nel Jiangxi, mentre l'11 dicembre 1927, i comunisti scatenarono
un'insurrezione a Canton, rapidamente repressa nel sangue.

Il declino dell'apparato organizzativo urbano del PCC portò a cambiamenti istituzionali interni:[31] all'indomani
del V Congresso nazionale del 1927, il partito adottò il centralismo democratico come metodo per organizzare
i partiti rivoluzionari e istituì un Politburo.[31] Il risultato fu un incremento della centralizzazione del potere
all'interno del PCC e a ogni livello i comitati permanenti ottennero il controllo effettivo.[31]Il V Congresso
criticò Chen Duxiu per i suoi errori deviazionisti di destra ma non propose alcuna misura correttiva.[32] Tra gli
obiettivi fissati, vi erano l'avvio di una rivoluzione agricola e l'istituzione del potere democratico rurale
rivoluzionario, ma il Congresso non fu in grado di avanzare programmi specifici per soddisfare la richiesta di
terreni da parte dei contadini.[32]

Il PCC fu attraversato da un'intensa lotta fra due linee mentre Mao Zedong, allora un membro del Comitato
centrale, cercava di far prevalere la propria linea militare della "guerra popolare" su quella giudicata "di destra"
e su quella degli esponenti comunisti più o meno vicini al trotskismo.

Benché fosse stato riconfermato segretario generale al termine del V Congresso del partito, Chen Duxiu venne
deposto da una turbolenta riunione del Comitato centrale per la sua inadeguatezza al comando delle forze
militari comuniste nell'affrontare il Kuomintang.

Il VI Congresso nazionale, tenutosi a Mosca nel 1928 con il sostegno del Comintern, vide l'elezione di Xiang
Zhongfa alla segreteria[33] e la crescente influenza dell'amico Li Lisan. Dopo le dimissioni di Chen Duxiu, Li
Lisan fu in grado di assumere de facto il controllo del partito, ma la sua leadership portò il PCC verso lo
scioglimento.[31] L'Internazionale comunista intervenne per fermare le politiche di Li e, verso la fine del 1930,
fu espulso dal Partito.[31]
Nel 1934, in piena guerra civile, l'Armata Rossa Cinese fu costretta a ritirarsi dallo Jiangxi per sfuggire alle
truppe del KMT di Chiang Kai-shek. Mao Zedong guidò l'esercito comunista in una "lunga marcia" verso lo
Shaanxi, dove a Yan'an il PCC poté riorganizzarsi e riprendere le forze.

Nel 1935, Mao Zedong divenne membro del Comitato permanente del Politburo e leader informale del PCC,
con Zhou Enlai e Zhang Wentian, il capo formale del partito, come suoi deputati informali.[31] Il conflitto con il
KMT portò alla riorganizzazione dell'Armata Rossa e al controllo totale di essa da parte del PCC attraverso
appositi dipartimenti politici.[31]Nel 1937, il PCC e il KMT si trovarono costretti a collaborare nella seconda
guerra sino-giapponese,[34] formando il Secondo Fronte Unito[35] che rimase formalmente attivo cinque anni
dopo il termine della collaborazione nel 1940.[35] Nonostante la loro alleanza formale, il PCC colse l'occasione
per espandersi e prepararsi a uno scontro con il KMT,[36] che nel 1939 iniziò a ostacolare l'espansione
comunista in Cina.[36] Tale situazione portò a frequenti scontri tra le forze comuniste e nazionaliste, placati però
dal rifiuto di entrambe le parti di far scoppiare una guerra civile.[36] Nel 1943, il PCC stava nuovamente
espandendo il proprio territorio a spese del KMT.[36]L'Impero giapponese fu sconfitto nel 1945 e, nel
medesimo anno, l'Esercito Popolare di Liberazione aiutò l'Armata Rossa sovietica a liberare l'area
settentrionale della Corea.

Sempre nel 1945, dopo essere stato per lungo tempo spogliato di tutte le funzioni, trionfò definitivamente la
linea di Mao Zedong, il quale venne eletto presidente del Comitato centrale dal VII Congresso del partito
tenutosi a Yan'an.[37]

Rivoluzione

Nel 1946, il Secondo fronte unito si sciolse e ripresero le tensioni tra il


PCC e il KMT. L'Esercito Rivoluzionario Nazionale di Chiang Kai-
shek era militarmente superiore grazie al sostegno degli Stati Uniti
d'America, ma i comunisti potevano avvalersi dell'appoggio
popolare.[18]

Il 14 gennaio 1949, Mao Zedong propose un negoziato di pace


mentre la sua armata stava avanzando verso Tianjin. Intanto, Chiang Mao Zedong proclama la nascita
della Repubblica Popolare Cinese
si dimise da presidente della Cina il 21 gennaio e fu sostituito dal
generale Li Zongren, che accettò la proposta di Mao e annunciò il
ritiro delle forze nazionaliste da Pechino.[38]

Nell'aprile dello stesso anno, fu organizzata una conferenza di pace che tuttavia non ebbe i risultati sperati. Il
governo di Li rifiutò le richieste di Mao e i comunisti risposero conquistando Nanchino, roccaforte
nazionalista.[38]

L'influenza comunista riuscì a espandersi velocemente nel territorio cinese e il 1º ottobre 1949, Mao Zedong
proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese.[38] La guerra civile non terminò fino all'anno
successivo, quando i nazionalisti furono costretti a ritirarsi nell'isola di Formosa dove istituirono una nuova
Repubblica di Cina, con capitale Taipei.

Prima fase del potere e rivoluzione culturale

Verso la fine del 1949, il Partito Comunista Cinese divenne il maggior partito politico al potere della Cina.[39] Il
PCC veniva chiamato "Kungchantang di Cina", il nome ufficiale standard con la traslitterazione Wade-Giles,
prima dell'adozione del Pinyin nel 1958.[40]Il PCC mantenne rapporti amichevoli con tutti i partiti comunisti
del mondo, in particolare con l'URSS di Stalin. Tuttavia, dopo la morte del dittatore sovietico nel 1953 e
l'elezione di Nikita Chruščëv alla segreteria del PCUS, fu avviato in Unione Sovietica un processo di
destalinizzazione volto a rivalutare e criticare il periodo stalinista. Il Partito Comunista Cinese, aiutato da Stalin
durante la guerra civile, fu contrario a ciò che fu definito come un "Revisionismo del marxismo" e considerò lo
stalinismo come un modello ideale per applicare il socialismo in Cina.[41] In seguito all'intervento sovietico
nella rivoluzione ungherese del 1956, alle nuove politiche ideologiche e internazionali dell'URSS, i rapporti
con la Cina divennero sempre più tesi e portarono a una vera e propria crisi sino-sovietica.

Mentre i principali partiti comunisti si allinearono con Mosca, altri si


schierarono con la Cina criticando il "revisionismo sovietico". Tra i
partiti al potere che ebbero rapporti amichevoli con il PCC vi erano il
Partito del Lavoro d'Albania,[42] il Partito Comunista della Birmania, il
Partito Comunista del Vietnam,[43] il Partito Rivoluzionario del Popolo
Lao, il Partito Comunista di Kampuchea e il Partito del Lavoro di
Corea.[44] Inoltre, in questo periodo nel mondo sorsero diversi partiti
di matrice maoista, come il Partito Marxista-Leninista Italiano e il
Partito Comunista di Spagna (ricostituito). "Il presidente Mao è il Sole rosso nei
nostri cuori", manifesto di
Per le sue politiche, il Partito Comunista Cinese si ispirò al modello
propaganda del 1968
sovietico, in particolare quello stalinista, introducendo i piani
quinquennali e un'economia pianificata. Tra il 1958 e il 1961, il PCC
attuò il "grande balzò in avanti" per trasformare rapidamente la Cina agricola in una potenza industriale, ma
tali riforme si rivelarono disastrose e furono une delle cause della Grande carestia cinese. Mao rinunciò alla
carica di Presidente della Repubblica nel 1959, conservando quella di Presidente del Partito,[21] e al suo posto
fu eletto il moderato Liu Shaoqi.[45] Il piano fu bloccato nel 1961 dal IX Plenum dell'VIII Comitato centrale e
fu ripristinata la situazione precedente al 1958.[46] All'interno del PCC avvenne una spaccatura: alcuni leader
accusavano la burocrazia di essere stata troppo zelante nell'applicare le riforme, mentre altri vedevano il
fallimento come una prova della necessità di avvalersi maggiormente degli incentivi materiali e degli esperti
per lo sviluppo economico, fattori che non erano stati considerati da Mao.[46] Intanto, Liu Shaoqi e Deng
Xiaoping (Segretario Generale del Partito) si occuparono di restaurare l'economia con politiche meno radicali.

Mao Zedong vide il suo ruolo ridimensionato e iniziò a temere la perdita del proprio controllo sul PCC e la
Cina.[47] Nell'agosto 1966, Mao annunciò quindi la Grande rivoluzione culturale proletaria "contro i borghesi
infiltrati nel partito e nello Stato" all'XI Plenum dell'VIII Comitato centrale e iniziò a sostituire i quadri del
PCC con persone più vicine al suo pensiero.[47] I giovani maoisti di tutto il paese formarono le Guardie rosse e
si mobilitarono contro le vecchie idee, i vecchi costumi, le vecchie abitudini e la vecchia cultura.[48] Il Libretto
Rosso con le principali citazioni di Mao Zedong divenne uno dei simboli della rivoluzione culturale e
numerosi accademici furono uccisi.[47][48] Gli stessi quadri e dirigenti del PCC mutarono, mentre tutto il partito
si lanciava nella critica del revisionismo interno e dell'Unione Sovietica. Nel 1967, Liu Shaoqi e Deng
Xiaoping furono rimossi dal Politburo mentre i comitati locali di partito vennero disciolti e restaurati più
volte.[47] Nel 1968, Mao riunì il Comitato centrale per rifondare il PCC e ottenere un maggiore controllo sul
partito.[47] Intanto, la situazione interna divenne sempre più instabile e sanguinosa e nel 1969 il IX Congresso
nazionale del partito cercò di ristabilire l'ordine.[47][49] Nel 1976, Mao morì e fu sostituito da Hua Guofeng
come premier della Repubblica Popolare Cinese e presidente del Partito Comunista Cinese.[50]

Breve leadership di Hua Goufeng

Il 6 ottobre 1976, Hua ordinò l'arresto della "Banda dei Quattro" con l'accusa di aver orchestrato un colpo di
Stato. Il gruppo era formato da quattro politici del PCC che erano diventati molto potenti durante gli anni della
rivoluzione culturale e che furono i principali mandanti delle devastazioni compiute in quel decennio.

L'XI Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese del 1977 vide la riconferma di Hua Guofeng alla
presidenza del partito e il ritorno di Deng Xiaoping nel Comitato centrale. Durante i lavori, fu dichiarata
conclusa l'esperienza della rivoluzione culturale con la critica alla "Banda dei Quattro" e fu attuata una politica
di revisione.[51] Il Congresso ribadì inoltre che l'obiettivo principale del PCC post-Mao era quello di rendere la
Cina uno stato socialista potente e moderno entro la fine del XX secolo.[51]

Hua Guofeng seguì il principio dei "Due qualunque" ("sosterremo risolutamente qualunque politica di Mao,
seguiremo decisi qualunque istruzione data da Mao")[51][52] e nei luoghi pubblici il suo ritratto cominciò a
essere affiancato a quello di Mao Zedong.[52] Tuttavia, Deng Xiaoping iniziò ad assumere sempre più
influenza all'interno del PCC e nel 1980 cedette la carica di premier a Zhao Ziyang, sostenitore di Deng. Nel
1981, Hua fu sostituito come presidente del partito da Hu Yaobang, vicino a Deng, e rimase all'interno del
Comitato centrale.[50]

Deng Xiaoping e il Socialismo con caratteristiche cinesi

Nel 1981, Deng Xiaoping prese de facto le redini del PCC e della
Cina, un paese devastato dal Grande balzo in avanti, ancora
sostanzialmente agricolo e arretrato, distante dai traguardi raggiunti
dalle economie occidentali.[53] Deng decise quindi di attuare delle
riforme strutturali nel Paese e varare un nuovo sistema economico
all'interno del solco socialista: il cosiddetto "Socialismo con
caratteristiche cinesi",[53][54][55] raggiungibile attraverso le "Quattro
modernizzazioni" (agricoltura, industria, scienza e tecnologia,
apparato militare).[56] La nuova ideologia fu annunciata nel 1982 da
Deng nel XII Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese[57][58]
e prevedeva il passaggio dall'economia pianificata a un sistema ibrido
che lasciasse spazio anche all'iniziativa privata, mantenendo
comunque la leadership del partito. Nel 1984, Deng affermò che la
Cina si trovava nella prima fase verso il comunismo, ovvero il
socialismo, e doveva quindi sviluppare le proprie forze produttive e Deng Xiaoping
accumulare denaro, applicando però le teorie marxiste al contesto
cinese e al mondo globalizzato del XX secolo.[59][60] Inoltre, Deng
individuò l'arretratezza della Cina nella sua chiusura verso gli altri paesi e perciò decise di aprire l'economia
cinese a investimenti stranieri.[59] Per quanto riguarda l'apertura al mercato, il leader cinese affermò che era
capitalista se aveva fini capitalisti; mentre era socialista, se veniva utilizzato per affermare successivamente il
comunismo.[60]

La nuova linea dettata da Deng portò a una rapida crescita economica e a migliori relazioni diplomatiche con
gli stati occidentali. Ciò comunque incontrò una certa ostilità all'interno del PCC stesso; la linea di Deng risultò
definitivamente vincente al Comitato centrale dell'ottobre 1984 e nel 1985 circa 60 000 oppositori del "nuovo
corso" vennero espulsi.L'ideologia di Deng, tuttavia, continuò a essere contestata sia dai maoisti sia da coloro
che sostenevano la liberalizzazione politica. Assieme ad altri fattori sociali, come l'Autunno delle Nazioni e le
richieste di democrazia da parte degli studenti universitari, i conflitti culminarono nella protesta di piazza
Tienanmen del 1989.[61] Le manifestazioni furono represse con violenza e Deng affermò nuovamente la
propria leadership sul Partito e sulla nazione.

Jiang Zemin e Hu Jintao

Nel 1992, il segretario generale Jiang Zemin elogiò i risultati ottenuti con la "teoria di Deng Xiaoping" e
introdusse il concetto di "economia socialista di mercato" in occasione del XIV Congresso nazionale del
Partito Comunista Cinese.[62][63] In seguito alle dimissioni e all'uscita dalla scena politica di Deng Xiaoping, nel
1993 Jiang divenne il nuovo leader della Cina e continuò la maggior parte delle politiche avviate dal
predecessore.[64] Nel 1997, il XV Congresso nazionale incluse il pensiero di Deng tra le ideologie ufficiali del
PCC citate all'interno della Costituzione del Partito.[65][66]
La nuova direzione di Jiang Zemin favorì un'apertura ancora maggiore al libero mercato, provocando al
contempo una forte crescita economica, ma anche nuovi e sempre più acuti squilibri sociali. In particolare
l'elaborazione teorica di Jiang delle "tre rappresentanze" incoraggiò il Partito a rappresentare "le direzioni e le
richieste di sviluppo delle forze produttive avanzate, gli orientamenti di una cultura avanzata e gli interessi
fondamentali della maggior parte del popolo cinese". La teoria legittimò inoltre l'ingresso di imprenditori
privati ed elementi borghesi all'interno del Partito.[67] La dottrina di Jiang fu introdotta nel Costituzione del
Partito durante il XVI Congresso nazionale del 2002 come una "ideologia guida".[67] Durante i primi anni del
nuovo millennio avvenne anche una sorta di "alleggerimento" ideologico che permise di riaprire stabili e, per
certi aspetti, proficui contatti con il Kuomintang a partire dal 2003.

Nel 2002, a Jiang successe Hu Jintao. Al contrario dei predecessori, Hu pose l'enfasi sulla leadership collettiva
e si oppose alla dominanza di un solo uomo all'interno del sistema politico.[68] Tuttavia, il nuovo leader cinese
si trovò davanti un'economia in impetuosa crescita, la cui gestione caotica aveva però dato vita agli squilibri e
alle tensioni sociali di cui sopra. Al XVII Congresso del partito tenutosi nel 2007 Hu fece includere nella
Costituzione del PCC la propria "prospettiva scientifica dello sviluppo",[69] volta a creare una "società
socialista armoniosa" e che mira quindi a mantenere le riforme pro-capitaliste, ma in modo più ordinato del
passato.

Ascesa di Xi Jinping e scandalo "Bo Xilai"

Tra l'8 e il 15 novembre 2012, si tenne a Pechino il XVIII Congresso


nazionale, durante il quale furono discussi gli esiti delle politiche di
Hu Jintao e fu inclusa la prospettiva scientifica dello sviluppo tra le
ideologie ufficiali del Partito.[70] In seguito al rinnovo dei vertici dei
principali organi del Partito, il vicepresidente della Repubblica
Popolare Cinese Xi Jinping fu eletto segretario generale del nuovo
Comitato centrale e divenne capo della Commissione militare
centrale.[71][72][73] Subito dopo la chiusura del congresso, il segretario
iniziò a delineare la nuova linea politica che avrebbe seguito il PCC
durante la sua leadership, basata sulla valorizzazione dell'esercito e la
storia del Paese nonché alla realizzazione del "sogno cinese", ovvero
quello del "grande ringiovanimento della nazione" e dell'affermazione
della Cina come superpotenza mondiale.[74][75]

Nel 2013, Xi fu eletto Presidente della Repubblica dall'Assemblea


nazionale[73][76] e iniziò così a consolidare il proprio potere. Il PCC
accentuò i propri ideali nazionalisti, intensificò la campagna contro la Xi Jinping nel 2017
[77]
corruzione e i nemici del partito ma si aprì maggiormente al
mercato: il Comitato centrale permise infatti a Xi Jinping di varare una
serie di riforme economiche importanti che, nel contesto del socialismo con caratteristiche cinesi, enfatizzarono
il ruolo del settore privato dell'economia per la realizzazione del sogno cinese.[78][79]

Una delle prime questioni affrontate dalla nuova leadership del Partito è stato il processo di Bo Xilai, membro
di spicco del PCC e presidente della sezione di Chongqing. Condannato all'ergastolo, fu accusato di
corruzione e abuso di potere per aver protetto la moglie accusata dell'omicidio di un importante uomo d'affari
britannico, dopo che Wang Lijun, capo della polizia di Chongqing, si era rifugiato nel consolato americano e
aveva raccontato del coinvolgimento della moglie di Bo nell'omicidio.[80] Si sospettò che Bo fosse stato vittima
di una lotta di potere all'interno del Partito, dovuto alla sua forte influenza e dal consenso popolare a
Chongqing a seguito delle sue politiche contro la corruzione che lo resero un rivale per la carriera di Xi
Jinping,[81][82] ma le sfere più alte del potere avevano già iniziato a criticare l'operato di Bo Xilai nella gestione
del "caso Wang Lijun".[83] Il 15 marzo 2012, Bo fu quindi sollevato dal suo incarico di capo del Partito a
Chongqing e sospeso dal Comitato centrale e dal suo ufficio politico nell'aprile successivo.[84] Con il
proseguirsi delle indagini, fu espulso definitivamente dal PCC il 28 settembre successivo.[83][85] Il 26 settembre
2013, Bo Xilai fu ufficialmente condannato all'ergastolo.[80][86]

Socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era

Tra il 18 e il 24 ottobre 2017, si tenne a Pechino il XIX Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese[87]
e in tale occasione Xi Jinping delineò ciò che sarebbero state le basi del suo "Socialismo con caratteristiche
cinesi per una nuova era". La nuova linea politica arricchisce e continua l'applicazione del marxismo e delle
ideologie ufficiali del PCC al contesto cinese,[88][89] aprendo sempre di più la Cina al mondo al mercato ma allo
stesso tempo valorizzando le proprie tradizioni, mantenendo il sistema socialista e aumentando il controllo sul
settore privato.[90][91]
Xi Jinping fissò inoltre i due "obiettivi centenari": la conclusione dell'edificazione di una società
moderatamente prospera entro il centenario del PCC nel 2021, e la trasformazione della Cina in un moderno
stato socialista, democratico, prospero, avanzato e armonioso entro il centenario dalla nascita della Repubblica
Popolare Cinese.[89] Per raggiungere tali obiettivi, Xi propose il rafforzamento della leadership del Partito
tramite un maggior controllo sull'Esercito Popolare di Liberazione e l'eliminazione degli ufficiali corrotti.[91]
Grande enfasi, inoltre, fu data al progetto di connessione infrastrutturale e commerciale della "Nuova via della
seta"[92][93].

Grazie ai risultati positivi ottenuti durante il primo mandato e alla crescente influenza politica, Xi Jinping riuscì
non soltanto a essere rieletto alla segreteria del Partito ma anche a far includere il proprio pensiero tra le
ideologie ufficiali del PCC,[94][95] divenendo così uno dei leader più potenti e influenti dopo Mao Zedong e
Deng Xiaoping.

Struttura
Le competenze, la composizione e la durata in carica di ciascun organo sono definiti dalla Costituzione del
Partito Comunista Cinese. Il funzionamento del Partito è regolato dal principio leninista del centralismo
democratico,[96] e le elezioni dei principali organi avvengono con il voto segreto.[97]

Congresso nazionale

Il Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese è il più


importante organo del PCC e viene organizzato ogni cinque anni[98]
nella Grande Sala del Popolo di Pechino. Tra i compiti principali vi
sono la revisione della Costituzione del Partito, l'elezione del
Comitato centrale e della Commissione centrale per l'ispezione
disciplinare, la discussione e la presa di decisioni riguardanti le più
importanti problematiche interne del PCC.[99] Dal 1921, il Congresso
nazionale si è riunito per 19 volte, con l'ultimo tenutosi nel 2017.
Seduta del XVIII Congresso
nazionale del PCC, 2012
Comitato centrale

Quando il Congresso nazionale non è in sessione, il Comitato centrale (CC) rappresenta l'organo più
potente[100] ed è incaricato di applicare le risoluzioni congressuali, di dirigere il lavoro del PCC e di
rappresentarlo nelle relazioni internazionali.[101]

All'interno del CC sono presenti ulteriori organi che vengono eletti nelle sessioni plenarie,[102] tra i quali:
l'Ufficio politico, o Politburo, che esercita le funzioni del CC tra una sessione plenaria e un'altra
e il cui potere si concentra nel Comitato permanente.[102] Ogni decisione significativa per il
Paese viene presa dai membri del Politburo[103] che possiedono un potere equivalente a quello
del vice primo ministro cinese.[104]
Il Segretariato del Comitato Centrale, con il compito di eseguire il lavoro del Politburo e i cui
membri sono nominati dal Comitato permanente e approvati in una sessione plenaria del
CC.[102] È sotto la responsabilità del Segretario generale del Comitato centrale che presiede le
riunioni del CC.[105]
La Commissione militare centrale, con il compito di dirigere l'Esercito Popolare di Liberazione
e il lavoro politico del Partito all'interno delle forze armate.[105][106]

Organizzazioni locali e a livello primario

Il Partito possiede delle proprie sezioni in ogni suddivisione amministrativa della Cina: ciascuna di esse è
organizzata internamente come al livello nazionale e rispetta una gerarchia stabilita dalla Costituzione del
PCC.[107]

Esistono delle organizzazioni di Partito anche all'interno di ogni azienda, comitato di villaggio, organo di
governo, scuola, istituti di ricerca, organizzazioni sociali, compagnie dell'esercito e in ogni altra organizzazione
dove sono presenti dei lavoratori.[108] Ogni organizzazione a livello primario deve possedere almeno tre iscritti
al PCC e possedere un proprio comitato.[108] Le funzioni principali riguardano il contatto diretto tra il Partito e i
lavoratori, la propaganda ideologica, il reclutamento di nuovi iscritti e la garanzia dell'applicazione delle
direttive centrali.[109]

Commissioni per l'ispezione disciplinare

Il Partito Comunista Cinese è dotato a ogni livello di Commissioni per l'ispezione disciplinare che fungono da
garanti della Costituzione del PCC.[110] Hanno il compito di supervisionare il lavoro delle organizzazioni e
degli iscritti del Partito, accogliere denunce ed esaminare casi di presunte violazioni e imporre sanzioni
disciplinari.[110]

Organizzazioni giovanili

La Lega della Gioventù Comunista Cinese è il principale ramo giovanile del


Partito e le relazioni con esso sono stabilite dallo Statuto del PCC. Viene definita
come "una scuola per un grande numero di giovani dove si apprende, tramite la
pratica, riguardo al socialismo con caratteristiche cinesi e al comunismo".[111]
L'organizzazione interna rispecchia quella del Partito e presenta quindi organi
come il Comitato centrale e il Congresso nazionale.[111] Fa parte della Federazione
mondiale della gioventù democratica ed è aperta ai ragazzi di età compresa tra i 14
e i 25 anni che desiderano intraprendere una futura carriera all'interno del Partito.
Simbolo della Lega
L'organizzazione dei Giovani pionieri della Cina è subordinata alla Lega della
Gioventù Comunista e prevede la partecipazione di bambini tra i 7 e i 14 anni.[112]

Entrambe le organizzazioni sono state fondate sui modelli sovietici del Komsomol e dell'Organizzazione dei
pionieri di tutta l'Unione.

Dirigenti del partito


Presidenti del Comitato centrale
Chen Duxiu (1921-1927)
Mao Zedong (1945-1976)
Hua Guofeng (1976-1981)
Hu Yaobang (1981-1982)

La carica di Presidente è stata abolita nel 1982 e i poteri riservati al presidente sono passati al segretario
generale.

Segretari generali
Deng Xiaoping (1956-1966)
Hu Yaobang (1980-1987)
Zhao Ziyang (1987-1989)
Jiang Zemin (1989-2002)
Hu Jintao (2002-2012)
Xi Jinping (dal 2012)[113]

Ideologia
Nel corso della sua esistenza, il Partito ha spesso corretto il suo indirizzo politico e la sua struttura
organizzativa per adattarsi ai mutamenti della società cinese. Tuttavia, il Partito non ha mai formalmente
abbandonato l'ideologia del marxismo-leninismo, ma tale ideologia è stata "adattata" alle condizioni politiche,
economiche, sociali e storiche del paese, divenendo di fatto qualcosa di molto diverso da quel che si potrebbe
considerare un'ideologia marxista ortodossa.

La Costituzione del PCC definisce nel "Programma generale" le ideologie ufficiali che guidano l'azione
politica del Partito e che sono state introdotte nel corso dei Congressi nazionali.[1]

Marxismo-leninismo: è considerato come ciò che ha rivelato "le leggi che governano lo
sviluppo storico della società umana" e che guiderà la Cina verso la vittoria della propria causa
socialista.[1]
Pensiero di Mao Zedong: noto anche come "maoismo", combina le basi teoriche del marxismo-
leninismo con la situazione della Cina prima e dopo la Rivoluzione.[1]
Teoria di Deng Xiaoping: viene definita come una continuazione del maoismo e ha portato il
PCC a concentrarsi maggiormente sullo sviluppo economico e sull'apertura al mondo.[114] Essa
ha portato allo sviluppo del socialismo con caratteristiche cinesi ed è la guida principale del
PCC.
Teoria delle tre rappresentanze: amplia la Teoria di Deng Xiaoping e adatta il socialismo
cinese alla situazione del nuovo millennio in modo da rafforzare il potere del Partito.[114]
Prospettiva scientifica dello sviluppo: secondo la Costituzione del PCC, l'ideologia di Hu
Jintao è una teoria scientifica che "incarna completamente la visione globale e il metodo di
sviluppo marxista e rappresenta una conquista importante nell'adattamento del marxismo al
contesto cinese".[114]
Pensiero di Xi Jinping: rappresenta il "Socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era"
ed è considerato come "l'ultima conquista nell'adattamento del marxismo al contesto
cinese".[115]
Attività
Dal 1949 e fino al 2015 il PCC è de facto l'unico soggetto dotato di potere politico e l'unico partito al governo.
Sebbene infatti la Repubblica Popolare Cinese sia formalmente una repubblica – e sebbene esistano altri otto
partiti autorizzati dalla legge – al 2015 il PCC occupa 2.157 seggi su 2.987 dell'Assemblea nazionale del
popolo, l'assemblea legislativa della Repubblica Popolare Cinese. Il Consiglio di Stato (l'organo che esercita il
potere esecutivo, corrispondente al Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana) è composto interamente da
membri di alto livello nella gerarchia del PCC. Lo stesso si può dire per tutte le cariche chiave in ambito
politico, come il presidente della repubblica o il primo ministro.[116]

Controlla diversi enti e organi, come ad esempio l'"All-China Federation of Trade Unions", federazione che
raggruppa le organizzazioni sindacali dello Stato. L'apparato del partito politico a qualsiasi livello
amministrativo controlla le organizzazioni sindacali al medesimo livello e i sindacati sono di fatto organi di
governo. I funzionari sindacali, pur non essendo tecnicamente dipendenti pubblici, sono trattati come
dipendenti statali, soggetti alle stesse regole amministrative e tabelle salariali, e con le loro retribuzioni e gli
stipendi pagati dalla tesoreria dello Stato.

Controversie
Il PCC è stato criticato da giornali, governi, politici ed associazioni no profit per il trattamento e la detenzione
di massa degli uiguri (condannata anche dal Parlamento Europeo)[117] nello Xinjiang (vedi genocidio culturale
degli uiguri e campi di rieducazione dello Xinjiang)[118][119][120][121][122][123][124][125][126] e per la persecuzione
del Falun Gong,[127][128][129][130][131] con anche accuse di violazione dei diritti umani.[120][132][133]

Fra le molte altre controversie a carico del PCC quella su Liu Xiaobo, vincitore del premio Nobel per la Pace
nel 2010: appena saputo del premio, le autorità cinesi hanno posto agli arresti domiciliari la moglie di Liu, allo
scopo di non permetterle contatti con i giornalisti stranieri[134][135][136].

Note
1. 2017 CPC Constitution, p. 1.
2. ^ Thomas Kane, China's Foundations: Guiding Principles of Chinese Foreign Policy, in
Comparative Strategy, vol. 20, 2001, pp. 45–55, DOI:10.1080/01495930150501106.
«Leaders see maintaining their distinct political ideology as being integral to maintaining
their distinct political identity. Although "socialism with Chinese characteristics" may have
evolved into something quite different from the communism Mao envisioned».
3. ^ James Hsiung, Ideology & Practice: The Evolution of Chinese Communism, 1970.
4. ^ (EN) Ideological and theoretical basis of CPC, su China Daily, 10 luglio 2007. URL consultato il
26 ottobre 2019.
5. ^ Dal 1978 solo de iure
6. ^ (EN) Infographic: The Thought on Socialism with Chinese Characteristics for a New Era, su
Xinhua. URL consultato il 26 ottobre 2019.
7. ^ Zheng Wang, Never Forget National Humiliation: Historical Memory in Chinese Politics and
Foreign Relations, 2012, p. 119, ISBN 978-0-231-14891-7. URL consultato il 21 agosto 2019.
8. ^ (EN) Nationalism in China, su Council on Foreign Relations. URL consultato il 21 agosto 2019.
9. ^ (EN) Andrew Watson, The tenth national congress of the Chinese communist party, in Journal
of Socialist Theory, vol. 2, n. 1, 8 novembre 2007, p. 83–88, DOI:10.1080/03017607408413122.
URL consultato il 17 ottobre 2020.
10. ^ Peter Kien-Hong Yu, The Dialectical Relationship of the Chinese Communist Party and the
PLA, in Defence Analysis, vol. 16, n. 2, 2 luglio 2010, pp. 255–264,
DOI:10.1080/07430170050116348. URL consultato il 17 ottobre 2020.
11. ^ (EN) China, Communist Party of China, su SolidNet.org. URL consultato il 27 ottobre 2019.
12. ^ (EN) China's Overseas United Front Work: Background and Implications for the United States,
su U.S.-China Economic and Security Review Commission. URL consultato il 27 ottobre 2019.
13. ^ (EN) Top political advisor stresses consolidating, developing patriotic united front, su Xinhua.
URL consultato il 27 ottobre 2019.
14. ^ (EN) Zhang Yi, Membership of CPC tops 90 million, su China Daily, 1º luglio 2019. URL
consultato il 9 gennaio 2020.
15. ^ (EN) Serving the people -- unswerving mission of CPC, su Xinhua. URL consultato il 9 gennaio
2020.
16. ^ (EN) China Focus: China's Communist Party membership exceeds 85 million, Xinhua, 30
giugno 2013. URL consultato il 1º giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2013).
17. ^ (EN) Manu Balachandran e Saptarishi Dutta, Here’s how the BJP surpassed China’s
Communists to become the largest political party in the world, in Quartz India, 31 marzo 2015
(archiviato il 26 febbraio 2021).
18. Rivoluzione cinese, su Enciclopedia Treccani. URL consultato il 6 gennaio 2020 (archiviato dall'url
originale il 7 settembre 2019).
19. ^ Li Dazhao, su Enciclopedia Treccani. URL consultato il 6 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 5
luglio 2019).
20. (EN) Liu Nung-chao, Li Ta-chao, a Founder of the Chinese Communist Party, in People's China,
n. 13, pp. 24-29.
21. Mao Zedong in "Dizionario di Storia", su Treccani. URL consultato il 6 gennaio 2020.
22. ^ Hans J. Van de Ven, From friend to comrade : the founding of the Chinese Communist Party,
1920-1927, University of California Press, 1991, pp. 34-38, ISBN 978-0-520-91087-4.
23. (EN) The 1st National Congress, su News of the Communist Party of China, 29 marzo 2013
(archiviato dall'url originale il 28 maggio 2016).
24. ^ (EN) Timeline: Major amendments to CPC Constitution [4], su China Daily, 24 ottobre 2017.
URL consultato il 6 gennaio 2020.
25. (EN) The 2nd National Congress of the Communist Party of China, su China Today. URL
consultato il 6 gennaio 2020.
26. Aldo Agosti (a cura di), Tesi del IV Congresso sulla questione orientale, in La Terza
Internazionale - Storia documentaria, I, 2, pp. 789-801.
27. Thesen und Resolutionen des IV. Weltkongresses der Kommunistischen Internationale, 1923,
pp. 45-52.
28. ^ Partito comunista cinese, su pbmstoria.it. URL consultato il 1º giugno 2016 (archiviato dall'url originale il
26 ottobre 2017).
29. ^ (EN) United Front - Chinese history [1937-1945], su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 6
gennaio 2020.
30. (EN) Northern Expedition, su Encyclopaedia Britannica. URL consultato il 7 gennaio 2020.
31. Leung, p. 72.
32. (EN) The 5th National Congress, su News of the Communist Party of China, 29 marzo 2013. URL
consultato il 7 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 1º aprile 2014).
33. ^ (EN) The 6th National Congress, su News of the Communist Party of China, 29 marzo 2013.
URL consultato il 7 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 1º aprile 2014).
34. ^ Leung, p. 370.
35. Leung, p. 354.
36. Leung, p. 355.
37. ^ (EN) The 7th National Congress, su News of the Communist Party of China, 2013-03- 29. URL
consultato il 7 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 1º aprile 2014).
38. (EN) Chinese Civil War - Nationalist collapse and the establishment of the People’s Republic of
China (1949), su Encyclopaedia Britannica. URL consultato l'8 gennaio 2020.
39. ^ Michael Hunt, The World Transformed 1945 to the present, 2nd edition, Oxford University
Press, 2014, p. 118.
40. ^ (EN) The Ambassador in China (Hurley) to the Secretary of State, su Office of the Historian.
41. ^ Lorenz M. Lüthi, The Collapse of Socialist Unity, 1956–57, in The Sino-Soviet Split: Cold War
in the Communist World, 2008.
42. ^ Fino alla crisi sino-albanese degli anni settanta.
43. ^ Fino agli anni settanta, quando si schierò con l'Unione Sovietica.
44. ^ Quest'ultimo si riavvicinò all'Unione Sovietica negli anni sessanta, per poi posizionarsi in una
ambigua "non belligeranza".
45. ^ Liu Shaoqi nel Dizionario di Storia, su Treccani, 9 gennaio 2020.
46. (EN) Great Leap Forward, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 9 gennaio 2020.
47. (EN) Cultural Revolution, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 9 gennaio 2020.
48. 16 maggio 1966 - 50 anni fa la Rivoluzione culturale cinese, su Rai News, 16 maggio 2016.
URL consultato il 9 gennaio 2020.
49. ^ (EN) The 9th National Congress of Chinese Communist Party, su China Today. URL consultato il
9 gennaio 2020.
50. (EN) Hua Guofeng, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 9 gennaio 2020.
51. (EN) The 11th National Congress, su News of the Communist Party of China, People's Daily
Online. URL consultato il 9 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale l'11 gennaio 2019).
52. Marco Del Corona, Hua Guofeng, il leader rimosso (ovvero: la memoria selettiva della Cina), su
Corriere della Sera, 1º agosto 2013. URL consultato il 9 gennaio 2020.
53. Niccolò Bianconi, Cina. La voce del potere: I testi cruciali di Mao Zedong, Deng Xiaping, Zhao
Ziyang e Xi Jinping, goWare, 16 marzo 2018, ISBN 978-88-6797-944-8. URL consultato il 14 maggio
2019.
54. ^ Giancarlo Dall'Ara, Il mercato turistico cinese. Marketing, casi e buone prassi, FrancoAngeli,
2013, ISBN 978-88-204-2147-2. URL consultato il 14 maggio 2019.
55. ^ (EN) John Gittings, The Changing Face of China: From Mao to Market, OUP Oxford, 6 luglio
2006, ISBN 978-0-19-162237-3. URL consultato il 14 maggio 2019.
«Pianificazione e forze di mercato non rappresentano l'essenziale differenza che sussiste
tra socialismo e capitalismo. Economia pianificata non è la definizione di socialismo, perché
c'è una pianificazione anche nel capitalismo; l'economia di mercato si attua anche nel
socialismo. Pianificazione e forze di mercato sono entrambe strumenti di controllo dell'attività
economica.».
56. ^ Deng Xiaoping in "Dizionario di Storia", su Treccani. URL consultato il 10 gennaio 2020 (archiviato
dall'url originale il 5 luglio 2019).
57. ^ Deng Xiaoping, Selected works of Deng Xiaoping. Volume III, 1982-1992, vol. 3, 1st ed,
Foreign Languages Press, 1994, p. 2, ISBN 7-119-01690-3.
58. ^ (EN) The 12th National Congress, su News of the Communist Party of China. URL consultato il 10
gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2014).
59. (EN) Deng Xiaoping, Build Socialism With Chinese Characteristics, su Wellesley College, 30
giugno 1984. URL consultato il 10 gennaio 2020.
60. Rocco Colonna, Cos’è il socialismo con caratteristiche cinesi?, su Geopolitica, 17 luglio 2018.
URL consultato il 10 gennaio 2020.
61. ^ Sullivan, p. 25.
62. ^ (EN) Full Text of Jiang Zemin's Report at 14th Party Congress, su Beijing Review. URL
consultato il 13 gennaio 2020.
63. ^ Vogel, p. 729.
64. ^ Sullivan, p. 100.
65. ^ Vogel, p. 684.
66. ^ (EN) Timeline: Major amendments to CPC Constitution [2], su China Daily. URL consultato il 13
gennaio 2020.
67. Sullivan, p. 238.
68. ^ Sullivan, p. 317.
69. ^ (EN) Timeline: Major amendments to CPC Constitution [1], su China Daily. URL consultato il 13
gennaio 2020.
70. ^ (EN) Scientific Outlook on Development written into CPC Constitution, su The 18th National
Congress of CPC, China.org, 14 novembre 2012. URL consultato il 4 gennaio 2020.
71. ^ Chiuso il congresso del Pcc Xi Jinping alla guida della Cina, su La Repubblica, 14 novembre
2012. URL consultato il 4 gennaio 2020.
72. ^ (EN) Xi Jinping elected general secretary of CPC Central Committee, su The 18th National
Congress of CPC, China.org, 15 novembre 2012.
73. (EN) Timeline - The rise of Chinese leader Xi Jinping, in Reuters, 16 marzo 2018. URL consultato il
4 gennaio 2020.
74. ^ (EN) Background: Connotations of Chinese Dream, su China Daily, 5 marzo 2014. URL
consultato il 4 gennaio 2020.
75. ^ Timothy Garton Ash, La scommessa di Xi Jinping, ultimo imperatore di Pechino, su la
Repubblica, 2 aprile 2014. URL consultato il 4 gennaio 2020.
76. ^ Cina, Xi Jinping eletto presidente della Repubblica, su La Repubblica, 14 marzo 2013. URL
consultato il 4 gennaio 2020.
77. ^ Giampaolo Visetti, Pechino, ergastolo a Bo Xilai avvertimento ai nemici del Partito, su La
Repubblica, 23 settembre 2013. URL consultato il 4 gennaio 2020.
78. ^ Giampaolo Visetti, Cina, la rivoluzione del libero mercato; Xi Jinping lancia una task force per
le riforme., su la Repubblica, 13 novembre 2013. URL consultato il 4 gennaio 2020.
79. ^ Giampaolo Visetti, Cina, l'ultimo esperimento: imprese statali in concorrenza, su la
Repubblica, 25 novembre 2013. URL consultato il 4 gennaio 2020.
80. Guido Santevecchi, Cina, carcere a vita per Bo Xilai, su Corriere della Sera, 22 settembre
2013. URL consultato il 4 gennaio 2020.
81. ^ (EN) David Stanway e Tom Hogue, China's Liaoning vows to eradicate 'bad influence' of Bo
Xilai, in Reuters, 22 settembre 2018. URL consultato il 4 gennaio 2020.
82. ^ Wang Zhicheng, Jinan, inizia il processo contro Bo Xilai. Per molti è una farsa, su Asianews,
22 agosto 2013. URL consultato il 4 gennaio 2020.
83. (EN) Bo Xilai scandal: Timeline, 11 novembre 2013. URL consultato il 4 gennaio 2020.
84. ^ (EN) Xinhua, CPC Central Committee to investigate into Bo Xilai's serious violations, su
People's Daily Online, 10 aprile 2012. URL consultato il 4 gennaio 2020.
85. ^ Xinhua, Bo Xilai espulso dal Partito Comunista Cinese, su AGI China 24, 28 settembre 2012
(archiviato dall'url originale il 26 settembre 2013).
86. ^ È finito il processo a Bo Xilai, su Il Post, 26 agosto 2013. URL consultato il 4 gennaio 2020.
87. ^ È iniziato il Congresso del Partito comunista cinese, su Il Post, 18 ottobre 2017. URL consultato
il 5 gennaio 2020.
88. ^ (EN) Hou Qiang, CPC creates Xi Jinping Thought on Socialism with Chinese Characteristics
for a New Era, su 19th CPC National Congress, Xinhua, 19 ottobre 2017.
89. (EN) Xi Jinping, Secure a Decisive Victory in Building a Moderately Prosperous Society in All
Respects and Strive for the Great Success of Socialism with Chinese Characteristics for a New
Era (PDF), su Xinhua, 18 ottobre 2017.
90. ^ Giulia Belardelli, "Apriremo la nostra economia al mondo, senza tradire il nostro sistema". Xi
apre il Congresso del Partito, su L'HuffPost, 18 ottobre 2017. URL consultato il 5 gennaio 2020.
91. Guido Santevecchi, Xi Jinping disegna la Cina fino all’anno 2049, su Corriere della Sera, 18
ottobre 2017. URL consultato il 5 gennaio 2020.
92. ^ Sulle rotte della Nuova via della seta (http://osservatorioglobalizzazione.it/interviste/sulle-rotte
-della-nuova-via-della-seta/), Osservatorio Globalizzazione, 25 settembre 2019
93. ^ Andrea Muratore, Cina-Usa: la battaglia dei giganti (http://osservatorioglobalizzazione.it/osser
vatorio/cina-usa-battaglia-giganti/?fbclid=IwAR11uRQlUpHk8blW9tl1GaiFg89xaJlflEVyLsaWx
E0hOV5lCnHTafzL898), Osservatorio Globalizzazione, 6 febbraio 2020
94. ^ (EN) Mu Xuequan, Inclusion of Xi's thought highlight of amendment to CPC Constitution, su
19th CPC National Congress, Xinhua. URL consultato il 5 gennaio 2020.
95. ^ Si è concluso il XIX Congresso Nazionale del PCC, su Radio Cina Internazionale, 24 ottobre
2017. URL consultato il 5 gennaio 2020.
96. ^ 2017 CPC Constitution, p. 14, art. 10.
97. ^ 2017 CPC Constitution, p. 15, art. 11.
98. ^ 2017 CPC Constitution, p. 17, art. 19.
99. ^ 2017 CPC Constitution, p. 17, artt. 20-21.
00. ^ Il Partito Comunista Cinese, su China ABC, Radio Cina Internazionale. URL consultato il 14
gennaio 2020.
01. ^ 2017 CPC Constitution, pp. 17-18, art. 22.
02. 2017 CPC Constitution, p. 18, art. 23.
03. ^ (EN) How China is ruled: Politburo, in BBC News, 8 ottobre 2012. URL consultato il 14 gennaio
2020.
04. ^ (EN) Katsuji Nakazawa, Power relationships in Xi Jinping's China, su Nikkei Asian Review.
URL consultato il 14 gennaio 2020.
05. 2017 CPC Constitution, p. 18, art. 24.
06. ^ La Commissione Militare Centrale, su China ABC, Radio Cina Internazionale. URL consultato il
14 gennaio 2020.
07. ^ 2017 CPC Constitution, pp. 18-19, Chapter IV. Local Party Organizations.
08. 2017 CPC Constitution, p. 20, art. 30.
09. ^ 2017 CPC Constitution, p. 20-21, art. 32.
10. 2017 CPC Constitution, p. 26-27, art. 46.
11. 2017 CPC Constitution, p. 28, art. 51.
12. ^ (EN) Hunter Hunt, Joining the Party: Youth Recruitment in the Chinese Communist Party, su
US-China Today, 7 novembre 2011. URL consultato il 17 gennaio 2020.
13. ^ Cina. Le sfide interne, Enciclopedia Treccani. URL consultato il 1º giugno 2016.
14. 2017 CPC Constitution, p. 2.
15. ^ 2017 CPC Constitution, pp. 2-3.
16. ^ Partito comunista cinese, Enciclopedia Treccani. URL consultato il 1º giugno 2016.
17. ^ La Cina deve chiudere i "campi di rieducazione" per gli uiguri nello Xinjiang | Attualità |
Parlamento europeo, su www.europarl.europa.eu, 19 dicembre 2019. URL consultato il 17 settembre
2020.
18. ^ (EN) World Report 2020: Rights Trends in China’s Global Threat to Human Rights, su Human
Rights Watch, 3 gennaio 2020. URL consultato il 17 settembre 2020.
19. ^ (EN) Byline Times <info@bylinetimes.com> (https://bylinetimes.com/), Consulate Cables
Leak: Documents Show Chinese Communist Party Justifying Brutality Against Uyghurs, su
Byline Times, 10 luglio 2020. URL consultato il 17 settembre 2020.
20. (EN) The Chinese Communist Party's Human Rights Abuses in Xinjiang, su United States
Department of State. URL consultato il 17 settembre 2020.
21. ^ (EN) Austin Ramzy e Chris Buckley, ‘Absolutely No Mercy’: Leaked Files Expose How China
Organized Mass Detentions of Muslims, in The New York Times, 16 novembre 2019. URL
consultato il 17 settembre 2020.
22. ^ Dipanjan Roy Chaudhury, Genocide in Xinjiang by Chinese Communist Party akin to Nazi
Germany: Report, in The Economic Times. URL consultato il 17 settembre 2020.
23. ^ (EN) Marie Delph, How the Chinese Communist Party is persecuting Uyghur Muslims - ERLC,
su https://erlc.com/, 17 agosto 2020. URL consultato il 17 settembre 2020.
24. ^ House of Commons - Foreign Affairs - Minutes of Evidence, su publications.parliament.uk.
URL consultato il 17 settembre 2020.
25. ^ Uyghur Muslims Rights Abuse: US Sanctions Highest-Ranking Chinese Official Yet, su The
Wire. URL consultato il 17 settembre 2020.
26. ^ Cina, Europarlamento: "Contro uiguri è genocidio", su Adnkronos. URL consultato il 17 settembre
2020.
27. ^ Dillon, Michael (2001). Religious Minorities and China. Minority Rights Group International.
28. ^ (EN) United Nations High Commissioner for Refugees, Refworld | China: The crackdown on
Falun Gong and other so-called "heretical organizations", su Refworld. URL consultato il 17
settembre 2020.
29. ^ Human Rights Watch (Organization), From the household to the factory, Human Rights
Watch, 2002, ISBN 978-1-56432-269-2. URL consultato il 17 settembre 2020.
30. ^ David A. Palmer, Qigong fever : body, science, and utopia in China, New York : Columbia
University Press, 2007, ISBN 978-0-231-14066-9. URL consultato il 17 settembre 2020.
31. ^ (EN) Falun Gong’s Secrets for Surviving in China, su Freedom House. URL consultato il 17
settembre 2020.
32. ^ (EN) World Report 2020: Rights Trends in China’s Global Threat to Human Rights, su Human
Rights Watch, 3 gennaio 2020. URL consultato il 17 settembre 2020.
33. ^ (EN) The Chinese Communist Party’s Dangerous Bid for the U.N. Human Rights Council, su
National Review, 13 settembre 2020. URL consultato il 17 settembre 2020.
34. ^ Vedi articolo 1, su archiviostorico.corriere.it.
35. ^ Vedi articolo 1, su archiviostorico.corriere.it (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2016).
36. ^ Articolo 2, su archiviostorico.corriere.it.

Bibliografia
Leung Pak-Wah, Historical dictionary of revolutionary China, 1839-1976, Greenwood Press,
1992, ISBN 0-313-26457-0.
Lawrence R. Sullivan, Historical dictionary of the Chinese Communist Party, Scarecrow Press,
2012, ISBN 978-0-8108-7470-1.
Ezra F. Vogel, Deng Xiaoping and the transformation of China, Belknap Press of Harvard
University Press, 2011, ISBN 978-0-674-06283-2.
(EN) Constitution of the Communist Party of China (PDF), su Xinhua, 24 ottobre 2017.

Voci correlate
Commissione militare centrale (Cina)
Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese
Presidente del Partito Comunista Cinese
Segretario generale del Partito Comunista Cinese
Ufficio politico del Partito Comunista Cinese
Alleviamento mirato della povertà

Altri progetti
Wikimedia Commons (https://commons.wikimedia.org/wiki/?uselang=it) contiene immagini
o altri file su Partito Comunista Cinese (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Co
mmunist_Party_of_China?uselang=it)

Collegamenti esterni

(ZH) Sito ufficiale, su cpc.people.com.cn.


Partito Comunista Cinese, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
(EN) Partito Comunista Cinese, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
VIAF (EN ) 132098431 (https://viaf.org/viaf/132098431) · ISNI (EN ) 0000 0001 2159
9241 (http://isni.org/isni/0000000121599241) · LCCN (EN ) n79090028 (http://id.loc.go
v/authorities/names/n79090028) · GND (DE) 4564-0 (https://d-nb.info/gnd/4564-0) ·
Controllo di
BNF (FR ) cb11877851x (https://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb11877851x) (data) (http
autorità
s://data.bnf.fr/ark:/12148/cb11877851x) · NDL (EN, JA ) 00307772 (https://id.ndl.go.jp/a
uth/ndlna/00307772) · WorldCat Identities (EN ) lccn-n79090028 (https://www.worldcat.
org/identities/lccn-n79090028)

Estratto da "https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Partito_Comunista_Cinese&oldid=121051217"

Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 3 giu 2021 alle 12:35.

Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono applicarsi
condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d'uso per i dettagli.

Potrebbero piacerti anche