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Acquistato da Luca Benci su Bookrepublic Store il 2012-04-01 10:12 Numero Ordine Libreria: b218039-9788838690440 Copyright © 2012, McGraw-Hill Companies
sviluppatosi negli ultimi trent’anni del secolo
scorso, quelli inerenti al biodiritto sono esplosi
in questi ultimi anni in modo assolutamente
rilevante, grazie ai progressi tecnici e all’incontro
tra medicina e biologia che hanno aperto
scenari assolutamente impensabili fino
a poco tempo fa.
Nella legislazione, nella giurisprudenza, nel
dibattito dottrinario, professionale e bioetico
assistiamo spesso a uno scontro contrapposto
tra posizioni di fondo e diverse scuole di
pensiero. Per prevenire possibili obiezioni si è
deciso dunque di riportare le posizioni sia della
bioetica laica, con il suo richiamo alla “qualità
della vita”, sia della bioetica cattolica, che
privilegia invece la “sacralità della vita”, ossia i
due grandi modelli teorici di riferimento della
nostra società.
Luca Benci
www.biomedica.mcgraw-hill.it
€ 21,00 (i.i.)
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ELEMENTI DI LEGISLAZIONE SANITARIA
E DI BIODIRITTO
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NOTA
Gli autori, i curatori, l’editore e tutti coloro in qualche modo coinvolti
nella preparazione o pubblicazione di quest’opera hanno posto ogni
attenzione per garantire che le informazioni ivi contenute siano accu-
rate e complete in ogni loro parte, compatibilmente con le conoscenze
disponibili al momento della stampa; essi, tuttavia, non possono essere
ritenuti responsabili dei risultati ottenuti dall’utilizzo di tali informazioni.
ELEMENTI
DI LEGISLAZIONE
SANITARIA
E DI BIODIRITTO
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Luca Benci
McGraw-Hill
McGraw-Hill
A Division of the McGraw-Hill Companies
ISBN 978-88-386-9044-0
Indice
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L’Autore IX
Prefazione XI
Capitolo 1
La legislazione sanitaria: aspetto storico-evolutivo.
Dai primi del Novecento al Servizio sanitario nazionale 3
Aspetto storico 3
La riforma ospedaliera 5
L’istituzione delle regioni 5
L’organizzazione mutualistica 6
Verso la riforma sanitaria 6
Istituzione del servizio sanitario nazionale 7
I principi del servizio sanitario nazionale 8
Gli obiettivi del servizio sanitario nazionale 8
Competenze statali in materia di sanità 10
Competenze regionali in materia di sanità 10
Le unità sanitarie locali (USL) 11
Capitolo 2
Organi e competenze statali in materia di sanità 15
La devoluzione in ambito sanitario:
ridistribuzione delle competenze tra stato e regioni 15
Indice
Capitolo 3
L’aziendalizzazione del servizio sanitario nazionale 27
Tutela del diritto alla salute e programmazione sanitaria 28
Competenze regionali 30
Le aziende USL e le aziende ospedaliere 31
Organi e organismi delle aziende USL e delle aziende ospedaliere 32
Il sindaco e la conferenza dei sindaci 35
I distretti 35
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L’integrazione socio-sanitaria 36
L’accreditamento 37
Fondi integrativi del servizio sanitario nazionale 39
Il collegio di direzione 40
I dipartimenti 40
Il controllo di qualità e la carta dei servizi 41
Capitolo 4
La normativa sui trapianti 45
Trapianti da vivente 46
Trapianti da cadavere 48
Informazione sui trapianti 48
Il consenso alla donazione di organi 49
Organizzazione dei prelievi e dei trapianti 50
Norme sul personale 51
Divieti e sanzioni 51
Capitolo 5
La normativa sulla malattia mentale 53
Aspetto storico e culturale 53
Procedimento per il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) 54
Capitolo 6
La contraccezione 59
La contraccezione nel nostro ordinamento 59
VI
Indice
Capitolo 7
L’interruzione volontaria della gravidanza 77
L’evoluzione del dibattito sull’interruzione volontaria
della gravidanza 77
Le tipologie di interruzione della gravidanza 83
Obiezione di coscienza 87
Aborto clandestino 94
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Capitolo 8
La procreazione medicalmente assistita 97
Le cause di infertilità e sterilità e le tecniche
di fecondazione assistita 97
La normazione legislativa e le linee guida 100
Obiezione di coscienza 114
Capitolo 9
Il dibattito sulla rianimazione e sulle cure intensive
dei “grandi prematuri” 117
Il concetto di vitalità 119
I documenti italiani sulle cure dei “grandi prematuri” 121
Profili giuridici della rianimazione dei “gradi prematuri” 126
Capitolo 10
Le mutilazioni genitali femminili 129
La normativa italiana sulle mutilazioni genitali femminili 132
La possibilità di un rito alternativo:
la cosiddetta sunna lievissima 136
Capitolo 11
Il consenso informato 139
Premessa 139
L’informazione 142
Il consenso 143
La forma del consenso 149
La modulistica nella routine 157
VII
Indice
Capitolo 12
L’accanimento terapeutico 163
Definizioni di accanimento terapeutico 165
I pazienti in stato vegetativo 168
La nutrizione e l’idratazione artificiali 169
Il caso di Eluana Englaro 174
Il caso di Piergiorgio Welby 178
Capitolo 13
Le direttive anticipate 183
Le diverse definizioni delle direttive anticipate 183
L’autore e gli altri soggetti delle direttive anticipate 185
Il contenuto delle direttive anticipate 185
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La vincolatività e la cogenza delle direttive anticipate 187
La forma e l’implementazione delle direttive anticipate 189
Un esempio di testamento biologico:
la proposta della Fondazione Veronesi 190
Capitolo 14
L’eutanasia 193
Il concetto giuridico di morte 193
La tutela penale della soppressione della vita 196
Figure speciali di omicidio: infanticidio e omicidio del consenziente 199
Eutanasia 201
Le problematiche giuridiche dell’eutanasia volontaria 204
Le esperienze internazionali di legalizzazione dell’eutanasia:
la legge olandese 206
Allegato 1
Legge 22 maggio 1978, n. 194 “Norme per la tutela sociale della
maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” 211
Allegato 2
Legge 19 febbraio 2004, n. 40 “Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita” 221
Bibliografia 231
VIII
L’Autore
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Giurista, direttore dal 1998 al 2004 della Rivista di diritto delle professioni
sanitarie (Lauri edizioni) di cui è, a tutt’oggi, membro della redazione.
Autore di pubblicazioni sul diritto sanitario e sulle professioni sanitarie
tra cui Aspetti giuridici della professione infermieristica, McGraw-Hill,
5a ed., 2008; La prescrizione e la somministrazione di farmaci: responsa-
bilità giuridica e deontologica, McGraw-Hill, 2007; Le professioni sanitarie
non mediche: aspetti giuridici, deontologici e medico legali, McGraw-
Hill, 2002; Manuale giuridico professionale per l’esercizio del nursing,
McGraw-Hill, 2a ed., 2001; 118 Un servizio integrato per l’emergenza
territoriale (coautore insieme a Cunial e Cipolotti), McGraw-Hill, 1999; Il
medico e l’infermiere a giudizio (a cura di) Atti del convegno nazionale
sulle responsabilità condivise, Siena, 1997, Lauri edizioni. È compo-
nente della redazione della Rivista Italiana di Emergenza – Urgenza
Pediatrica.
È coordinatore del Comitato scientifico del convegno annuale “Il
medico e l’infermiere a giudizio”.
Svolge attività di consulenza e docenza presso Aziende USL e
ospedaliere, società di formazione, Università degli Studi, Associazioni,
Collegi e Ordini professionali in materia di diritto sanitario, responsabi-
lità professionale e biodiritto.
È professore a contratto presso l’Università degli Studi di Firenze
per i corsi di laurea specialistica delle classi di laurea delle professioni
sanitarie e membro del Comitato ordinatore del master di primo livello
sulla metodologia della responsabilità professionale.
IX
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Prefazione
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Questo volume nasce per contemperare più esigenze. In primo luogo la
necessità di riportare in un unico testo una serie di questioni legate al
diritto sanitario e al cosiddetto biodiritto, intendendosi come tale il diritto
delle questioni inerenti alle tematiche dell’inizio e della fine della vita.
In questo intento il lavoro risulta decisamente sbilanciato, come
approfondimento, più sulla seconda parte che non sulla prima.
Le tematiche relative alla legislazione sanitaria generale, con par-
ticolare riferimento alla nascita e all’evoluzione del Servizio sanitario
nazionale sono in gran parte collegate al dibattito degli anni Settanta – la
nascita – e degli anni Novanta – l’aziendalizzazione – dello scorso secolo.
Diversamente invece il dibattito e le novità sulle problematiche
dell’inizio e della fine della vita sono esplose in questi anni in modo
assolutamente rilevante, complici l’esplosione della tecnicalità medica
e l’incontro tra medicina e biologia che hanno aperto scenari assoluta-
mente impensabili fino a pochi anni orsono.
Alcune sono questioni antiche, che si ripropongono nel dibatti-
to con nuove motivazioni. Si pensi alle polemiche che si rinnovano
costantemente in particolare sulla contraccezione e sulla interruzione
volontaria della gravidanza. Altre sono nuove, o relativamente nuove,
come la procreazione assistita, la rianimazione dei grandi prematuri, il
testamento biologico e, più in generale, tutte le decisioni di fine vita.
XI
Prefazione
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filosofie: una di matrice religiosa e una di matrice laica.”1
Il modello della bioetica cattolica, come è largamente noto, è
sostanzialmente rappresentato dal principio della “sacralità della vita”
che si contrappone sostanzialmente al modello di bioetica laica deno-
minato della “qualità della vita”. Non vi è dubbio che, nonostante sia
una contrapposizione talvolta negata, siano due concezioni ben pre-
senti nella società e nel dibattito.
È un’impostazione che può essere accusata di schematismo, ma
riporta fedelmente le diverse posizioni in campo.
Questo lavoro non vuole dichiaratamente – da qui il titolo che
inizia con “Elementi” – essere esaustivo delle tematiche che tratta. La
ricchezza del dibattito, una parte del quale in costante divenire, rende
impossibile riportare in questa sede tutte le posizioni e le argomenta-
zioni che sono state prodotte negli ultimi anni.
Luca Benci
www.lucabenci.it
1 Fornero G., Bioetica cattolica e bioetica laica, Bruno Mondadori, Milano, 2005, p. 15.
XII
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LEGISLAZIONE SANITARIA
Parte I
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Capitolo
1
La legislazione sanitaria:
aspetto storico-evolutivo
Dai primi del Novecento
al Servizio sanitario nazionale
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Aspetto storico
Subito dopo l’Unità d’Italia (1861), venne varata la legge 20 marzo 1865,
n. 2248, in cui si stabiliva che l’azione sanitaria dello stato era limitata
alla difesa della salute della popolazione da cause morbose esterne,
e affidando ai prefetti unicamente la profilassi delle malattie infettive.
L’assistenza sanitaria veniva lasciata alla solidarietà privata, soprattutto
religiosa.
L’ente competente a occuparsi di sanità era il Ministero dell’in-
terno.
Nel 1888 venne approvata la legge 22 dicembre 1888, n. 5849, deno-
minata “Per la tutela dell’igiene e della sanità pubblica”, che istituiva in
seno al Ministero dell’interno la Direzione generale della sanità pubblica
con a capo un medico igienista.
L’organizzazione periferica era così strutturata:
• l’ufficiale sanitario in ogni provincia;
• il medico condotto;
• l’Ufficio di igiene nei comuni con più di 25 000 abitanti.
Parte I • Legislazione sanitaria
Gli ospedali erano in gran parte gestiti da Opere pie create dall’azione
caritatevole motivata da ragioni di ordine religioso, che intervenivano a
favore degli indigenti e dei non abbienti. Il concetto di salute come diritto
era ancora lontano dall’essere considerato come diritto fondamentale.
Durante il regime fascista viene affermandosi il concetto di assistenza:
vengono emanati il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del Testo
Unico delle leggi sanitarie”, e il R.D. 30 settembre 1938, n. 1631 recante
“Norme generali per l’ordinamento dei servizi sanitari e del personale
sanitario degli ospedali”.
Si regolamentano così per la prima volta in modo organico gli ospe-
dali, operando una prima distinzione tra ospedali “generali” e “specializ-
zati” e individuando gli elementi per l’organizzazione ospedaliera come
la “sezione” e il “reparto”. Questa organizzazione resse sostanzialmente
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fino al 1945.
Dopo la Seconda Guerra mondiale la Direzione generale della sanità
pubblica venne sostituita dall’Alto Commissario per l’igiene e la sanità
pubblica alle dirette dipendenze della Presidenza del consiglio. L’orga-
nizzazione periferica rimase immutata.
Nel 1948 entrò in vigore la Costituzione Repubblicana che all’art. 32
disponeva:
La legislazione sanitaria: aspetto storico-evolutivo • Capitolo 1
La riforma ospedaliera
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e gli ospedali vengono costituiti in enti autonomi.
Ciascun ente ospedaliero comprende uno o più ospedali. Gli organi
dell’ente ospedaliero sono:
• il Consiglio di amministrazione;
• il Presidente;
• il Collegio dei revisori;
• il Consiglio dei sanitari.
Nel 1970 vengono istituite le regioni e negli anni successivi, dal 1972 al
1977, viene trasferita alle stesse una serie di funzioni amministrative di
competenza dello stato.
Parte I • Legislazione sanitaria
L’organizzazione mutualistica
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Tutti gli appartenenti a una determinata categoria di lavoratori mette-
vano in comune il rischio di malattia e costituivano un fondo gestito dalla
Cassa mutua finanziato con i loro salari. Quando un lavoratore o un suo fa-
miliare si ammalavano, interveniva la Cassa mutua, coprendo le spese.
Era, sia pure con qualche differenza, un regime di tipo assicurativo.
Successivamente molte Casse mutue si fusero tra di loro dando ori-
gine a grandi enti come l’INAM, l’ENPAS, l’INADEL, l’ENPDEP.
Alcuni di questi enti praticavano un’assistenza diretta (al verificarsi
della malattia e delle spese a essa conseguenti interveniva direttamente
l’ente mutualistico), altri un’assistenza indiretta (al verificarsi della ma-
lattia il lavoratore sosteneva direttamente le spese e poi si faceva rim-
borsare dall’ente).
I contributi per l’assistenza mutualistica erano versati sia dai lavora-
tori sia, in forma più cospicua, dai datori di lavoro.
Il progresso che si ebbe con il sistema mutualistico rispetto al pre-
cedente sistema, che riconosceva solo ai “poveri” e agli “indigenti” l’as-
sistenza, fu evidente.
Il sistema non era, e non aveva la pretesa di essere, un sistema com-
pleto.
Erano escluse dalla copertura assicurata dalle mutue alcuni tipi di pa-
tologie che godevano di altre coperture assicurative. Tra di esse spiccava
la tubercolosi, coperta dall’INPS, le malattie e gli infortuni professionali,
coperti dall’INAIL, le malattie infettive e diffusive e le malattie veneree.
La legislazione sanitaria: aspetto storico-evolutivo • Capitolo 1
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importanti leggi:
Parte I • Legislazione sanitaria
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I princIpi DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
Legge 833/1978
Art. 1
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse
della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale.
La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e
della libertà della persona umana. Il Servizio sanitario nazionale è costituito dal
complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla
promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la
popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità
che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L’attuazione
del Servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle Regioni e agli enti locali
territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini.
Nel Servizio sanitario nazionale è assicurato il collegamento e il coordinamento
con le attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi,
che svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute
degli individui e della collettività.
Le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del Servizio
sanitario nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge.
La legislazione sanitaria: aspetto storico-evolutivo • Capitolo 1
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e il controllo della loro alimentazione integrata e medicata;
7. una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in com-
mercio e distribuzione dei farmaci e dell’informazione scientifica sugli
stessi diretta ad assicurare l’efficacia terapeutica, la non nocività e la
economicità del prodotto;
8. la formazione professionale e permanente nonché l’aggiornamento
scientifico-culturale del personale del Servizio sanitario nazionale.
Parte I • Legislazione sanitaria
Era prevista dalla legge 833 anche una competenza in tema di inqui-
namento, ma la disposizione è stata abrogata dal referendum popolare
del 18-19 aprile 1993.
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Secondo la legge n. 833/1978, la funzione di indirizzo e coordinamento
delle attività amministrative delle regioni in materia sanitaria spetta
allo stato e viene esercitata mediante deliberazioni del Consiglio dei
ministri.
Al Ministero della sanità sono devoluti compiti di programmazione,
di determinazione dei livelli delle prestazioni sanitarie, la fissazione dei
requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori
sanitari ecc.
Il Ministero della sanità si avvale di due organi: il Consiglio superiore
di sanità, che è un organo consultivo, e l’Istituto superiore di sanità che è
un organo tecnico-scientifico.
Il Consiglio superiore di sanità esprime pareri obbligatori sui rego-
lamenti generali e sulle convenzioni internazionali riguardanti la salute
pubblica, sui progetti per la costruzione di ospedali, sulla determinazione
dei lavori pericolosi, sulle norme igieniche del lavoro ecc.
L’Istituto superiore di sanità ha compiti di consulenza e di ricerca
tecnico-scientifica. Organizza in collaborazione con l’università, con le
regioni e con le altre istituzioni scientifiche a carattere pubblico, corsi di
specializzazione e aggiornamento in materia di sanità pubblica per gli ope-
ratori sanitari, con esclusione del personale tecnico-infermieristico (art. 9).
Le competenze attuali del Ministero della salute (ex Ministero della
sanità), del Consiglio superiore di sanità e dell’Istituto superiore di sanità
sono stare riformulate e ridefinite (vedi cap. 2).
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La legislazione sanitaria: aspetto storico-evolutivo • Capitolo 1
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Le Unità sanitarie locali (USL)
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Parte I • Legislazione sanitaria
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i ) all’assistenza medico-specialistica e infermieristica, ambulatoriale e
domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche;
l ) all’assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche;
m) alla riabilitazione;
n) all’assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie;
o) all’igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio
degli alimenti e delle bevande;
p) alla profilassi e alla polizia veterinaria; all’ispezione e alla vigilanza ve-
terinaria sugli animali destinati ad alimentazione umana, sugli impianti
di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale,
sull’alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili dagli animali
all’uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci
di uso veterinario;
q) agli accertamenti, alle certificazioni e a ogni altra prestazione medico-
legale spettanti al Servizio sanitario nazionale, con esclusione di quelle
relative ai servizi di cui alla lettera z) dell’articolo 6 (art. 14).
L’Unità sanitaria locale, secondo la legge n. 833, era una struttura opera-
tiva dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane.
Gli organi dell’Unità sanitaria locale (USL) previsti dalla legge
833/1978 erano:
1. l’Assemblea generale;
2. il Comitato di gestione e il suo presidente;
3. il Collegio dei revisori, composto di tre membri, uno dei quali desi-
gnato dal Ministro del tesoro e uno dalla regione.
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La legislazione sanitaria: aspetto storico-evolutivo • Capitolo 1
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L’Assemblea generale eleggeva, con voto limitato, il Comitato di ge-
stione, il quale nominava il proprio presidente. Il Comitato di gestione
compiva tutti gli atti di amministrazione dell’Unità sanitaria locale.
Era inoltre previsto e operante un Ufficio di direzione dell’Unità sani-
taria locale, articolato distintamente per le responsabilità sanitaria e am-
ministrativa e collegiale, preposto all’organizzazione, al coordinamento
e al funzionamento di tutti i servizi e alla direzione del personale.
• l’Assemblea generale;
• il Comitato di gestione e il suo presidente;
• il Collegio dei revisori dei conti (introdotto con la legge 26 aprile 1982,
n. 181).
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Parte I • Legislazione sanitaria
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Capitolo
2
organi e competenze statali
in materia di sanità
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La devoluzione in ambito sanitario:
rIdistribuzione delle competenze
tra Stato e Regioni
1 Il termine inglese devolution è ormai entrato nel lessico politico e giuridico ita-
liano e viene utilizzato per indicare il decentramento a organi periferici dei poteri
usualmente spettanti allo Stato.
2 Si tratta di tre provvedimenti legislativi emanati tra il 1997 e il 1998. Sono: la
15
Parte I • Legislazione sanitaria
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stato (ovvero solo lo stato può emanare leggi in queste materie) che
provvediamo a elencare:
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Organi e competenze statali in materia di sanità • Capitolo 2
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mia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della
formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica
e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute;
alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del ter-
ritorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione;
ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armo-
nizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica
e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali
e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio,
casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fon-
diario e agrario a carattere regionale.
Ci interessano in particolare la tutela e la sicurezza del lavoro, le
professioni e la tutela della salute. Nel testo previgente e in vigore fino
al 2001 competeva alle regioni la potestà legislativa concorrente “nei
limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello stato, sempre-
ché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale
e con quello di altre Regioni”. Come si può notare, il passo in avanti
verso la devoluzione è stato rilevante. Nelle materie sopra elencate le
regioni concorrono con lo stato nella formazione di dettati legislativi in
“settori di marcato rilievo politico-istituzionale nel rispetto dei principi
fondamentali che vengono determinati con legge dello Stato”. Le regioni,
inoltre, hanno una competenza esclusiva – art. 117, comma 4 – che si
caratterizza “per essere individuata in via residuale rispetto a ciò che
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Parte I • Legislazione sanitaria
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provocando un notevole contenzioso di fronte alla Corte costituzionale
sulle attribuzioni tra stato e regioni, e che per funzionare necessita di un
ruolo preminente – che non sempre si è realizzato – del luogo pattizio
per eccellenza nel sistema attuale che è costituito dalla Conferenza
Stato-Regioni.5
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Organi e competenze statali in materia di sanità • Capitolo 2
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sottosegretari, non può essere superiore a sessanta e la composizione
del Governo deve essere coerente con il principio stabilito dal secondo
periodo del primo comma dell’articolo 51 della Costituzione”.
Nel momento in cui scriviamo8 il Ministero della salute è quindi accor-
pato al ministero del lavoro e ha assunto la denominazione di “Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali”. Si può ragionevolmente
prevedere – senza necessariamente avere ragione della previsione – che
si arriverà allo “spacchettamento” delle competenze e alla ricostituzione
zione del Governo, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59” sono i
seguenti:
1) Ministero degli affari esteri
2) Ministero dell’interno
3) Ministero della giustizia
4) Ministero della difesa
5) Ministero dell’economia e delle finanze
6) Ministero dello sviluppo economico
7) Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali
8) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
9) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
10) Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali
11) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
12) Ministero per i beni e le attività culturali.
8 Gennaio, 2009.
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Parte I • Legislazione sanitaria
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indirizzo, coordinamento e monitoraggio delle attività regionali; rap-
porti con le organizzazioni internazionali e l’Unione europea; ricerca
scientifica in materia sanitaria;
b) tutela della salute umana e sanità veterinaria: tutela della sa-
lute umana anche sotto il profilo ambientale, controllo e vigilanza
sui farmaci, sostanze e prodotti destinati all’impiego in medicina
e sull’applicazione delle biotecnologie; adozione di norme, linee
guida e prescrizioni tecniche di natura igienico-sanitaria, relative
anche a prodotti alimentari; organizzazione dei servizi sanitari;
professioni sanitarie; concorsi e stato giuridico del personale del
Servizio sanitario nazionale; polizia veterinaria; tutela della salute
nei luoghi di lavoro.
1. qualità;
2. innovazione;
3. prevenzione e comunicazione;
4. sanità pubblica veterinaria, nutrizione e sicurezza degli alimenti.
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Organi e competenze statali in materia di sanità • Capitolo 2
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lanza per lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica in materia
sanitaria e a sostegno di azioni di studio e creazione di reti integrate di
servizi sanitari e sociali per l’assistenza a malati acuti, cronici, terminali,
ai disabili, agli anziani. Comprende tre Direzioni generali:
a) prevenzione sanitaria;
b) comunicazione e relazioni istituzionali;
c) rapporti con l’Unione Europea e rapporti internazionali.
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Parte I • Legislazione sanitaria
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materie di competenza.
sanitari regionali”.
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Organi e competenze statali in materia di sanità • Capitolo 2
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sono scelti dal Ministro della salute tra docenti universitari, dirigenti di
secondo livello del Servizio Sanitario Regionale, soggetti particolarmente
qualificati nelle materie attinenti le competenze istituzionali del Consiglio
e, limitatamente a due unità, appartenenti alla magistratura ordinaria,
amministrativa, contabile o agli avvocati dello stato.
Sono componenti di diritto i dirigenti generali preposti ai diparti-
menti e servizi del Ministero della sanità, il direttore dell’Agenzia per
i servizi sanitari regionali, il direttore dell’Istituto superiore di sanità,
i1 direttore dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
del lavoro.
Le competenze del Consiglio superiore di sanità sono determinate
dal D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 266 12 e sono:
norma dell’art. 1, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
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scoperte concernenti generi commestibili di qualsiasi natura;
h) sulle modificazioni da introdursi negli elenchi degli stupefacenti;
i) sul diniego e sulla revoca di registrazione delle specialità medicinali;
l) sui servizi diretti a prevenire ed eliminare i danni delle emanazioni
radioattive e delle contaminazioni atmosferiche in genere, che non
siano di competenza delle unità sanitarie locali.
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Organi e competenze statali in materia di sanità • Capitolo 2
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tifica;
d) promuove lo svolgimento di sperimentazioni cliniche e sviluppi tec-
nologici di avanguardia di interesse nazionale, in collaborazione con
gli istituti di ricovero e di cura a carattere scientifico e con le aziende
ospedaliere;
e) partecipa a progetti di attività nazionali e internazionali finalizzati alla
tutela della salute pubblica, ovvero a programmi di studio e ricerca di
amministrazioni, enti, istituti, associazioni e organismi, anche inter-
nazionali, pubblici e privati.
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Parte I • Legislazione sanitaria
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analisi elaborati e in generale la documentazione scientifica prodotta
o raccolta nell’interesse della sanità pubblica;
e) esplica attività di consulenza per la tutela della salute pubblica in colla-
borazione con l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro (ISPESL) e con gli altri enti o amministrazioni che si occupano
di produzione e impiego dell’energia termoelettrica, nucleare e delle
sostanze radioattive e di qualunque forma di energia usata a scopi
diagnostici e terapeutici;
f) esercita, nei casi previsti dalla legge, attività di formazione, perfezio-
namento e aggiornamento sulla salute pubblica e l’organizzazione
sanitaria, rivolte al personale del Servizio sanitario nazionale e degli
altri organi ed enti di promozione e tutela della salute.
26
Capitolo
3
L’aziendalizzazione
del Servizio
sanitario nazionale
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I decreti legislativi 30 dicembre 1992, n. 502 1 e 7 dicembre 1993, n.
517,2 emanati in seguito alla legge delega 23 ottobre 1992, n. 421,3
hanno attivato una profonda riforma del sistema istituzionale del Ser-
vizio sanitario nazionale, tale da assumere la denominazione di “ri-
forma bis”, pur confermando i principi fondamentali introdotti dalla
legge 833/1978 istitutrice del Servizio sanitario nazionale. In particolare,
hanno infatti trovato conferma i concetti di globalità degli interventi,
uguaglianza dei cittadini, tutela della salute come da disposto costitu-
zionale (art. 32), unitarietà strutturale del Servizio sanitario nazionale,
programmazione nazionale delle attività sanitarie e necessario coin-
volgimento dei cittadini.
A questo complesso legislativo ha fatto seguito, a distanza di pochis-
simi anni, la “riforma ter” attuata con D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 4
27
Parte I • Legislazione sanitaria
che ha fatto seguito seguito alla legge delega 30 novembre 1998, n. 419.5
Da questo complesso legislativo l’assetto del Servizio sanitario nazio-
nale ha subìto una radicale trasformazione che andiamo a esaminare.
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nale, nell’ambito dei conferimenti previsti dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112,
nonché delle funzioni conservate allo Stato dal medesimo decreto.
Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finan-
ziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3 e in coerenza con i
princìpi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre
1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza (LEA) definiti
dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei princìpi della dignità della
persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assi-
stenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle
specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse.
Sono quindi ribaditi i principi e gli obiettivi della legge istitutiva del Servi-
zio sanitario nazionale, la legge 833/1978. La legge prevede l’indicazione
da parte dello stato dei livelli essenziali e uniformi di assistenza tenendo
conto “delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale,
nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l’intero sistema di
finanza pubblica nel Documento di programmazione economico-finan-
ziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza
sono garantite dal Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con
partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste
dalla legislazione vigente”. I LEA sono stati regolamentati dal decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) 29 novembre 2001.6
Sono stati completamente esclusi dai livelli essenziali di assistenza
le prestazioni di chirurgia estetica non conseguenti a incidenti, tutti i far-
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L’aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale • Capitolo 3
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Piano e la sua disaggregazione per livelli di assistenza;
d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso
il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza, anche attra-
verso la realizzazione di progetti di interesse sovraregionale;
e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante l’integrazione fun-
zionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali
degli enti locali;
f) le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sa-
nitaria, prevedendo altresì il relativo programma di ricerca;
g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi
alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla
valorizzazione delle risorse umane;
h) le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo
di favorire, all’interno di ciascuna struttura sanitaria, lo sviluppo di
modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica
e assistenziale e di assicurare l’applicazione dei livelli essenziali di
assistenza;
i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati
in rapporto a quelli previsti.
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Parte I • Legislazione sanitaria
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disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non
corrispondono alle indicazioni raccomandate;
c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le me-
desime esigenze, non soddisfano il principio dell’economicità nel-
l’impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente
delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione
dell’assistenza”.
competenze regionali
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L’aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale • Capitolo 3
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Dato il dibattito e le determinazioni operate anche con la recente
riforma costituzionale, il Servizio sanitario presenta sempre di più ca-
ratteri di regionalizzazione. Il riferimento è, in particolare, alla riforma
dell’art. 117 della Costituzione, che ha ampliato i poteri regionali in tema
di legislazione concorrente con lo Stato.
Le unità sanitarie locali della legge 833/1978 sono oggi costituite “in
aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”.
La loro organizzazione e il funzionamento sono disciplinati con atto
aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e dei criteri previsti
dalle disposizioni regionali. L’atto aziendale individua le strutture ope-
rative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette
a rendicontazione analitica.
Le aziende agiscono nella propria attività con criteri di efficacia, effi-
cienza ed economicità, e sono tenute al “rispetto del vincolo di bilancio,
attraverso l’equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse
finanziarie”.
Per specifiche ragioni di carattere assistenziale e di ricerca o di di-
dattica, possono essere costituite in aziende ospedaliere se in possesso
dei seguenti requisiti:
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Parte I • Legislazione sanitaria
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per pazienti residenti in regioni diverse, superiore di almeno il dieci
per cento rispetto al valore medio regionale, salvo che per le aziende
ubicate in Sicilia e in Sardegna;
g) indice di complessità della casistica dei pazienti trattati in ricovero
ordinario, nel corso dell’ultimo triennio, superiore ad almeno il venti
per cento rispetto al valore medio regionale;
h) disponibilità di un proprio patrimonio immobiliare adeguato e suffi-
ciente per consentire lo svolgimento delle attività istituzionali di tutela
della salute e di erogazione di prestazioni sanitarie.
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L’aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale • Capitolo 3
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generale, esse definiscono e assegnano, aggiornandoli periodicamente,
gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, con riferimento
alle relative risorse, ferma restando la piena autonomia gestionale dei
direttori stessi”.
Il direttore generale è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie fun-
zioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario. Il direttore
amministrativo e il direttore sanitario sono nominati dal direttore ge-
nerale. Essi partecipano, unitamente al direttore generale che ne ha la
responsabilità, alla direzione dell’azienda, assumono diretta responsa-
bilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con
la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni
della direzione generale.
Il direttore sanitario è un medico che non abbia compiuto il ses-
santacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni
qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sa-
nitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il direttore
sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi e igienico-sanitari
e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle
materie di competenza.
Il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o
economiche che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età
e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di di-
rezione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o
private, di media o grande dimensione. Il direttore amministrativo dirige
i servizi amministrativi dell’unità sanitaria locale.
Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in
difformità dal parere reso dal direttore sanitario, dal direttore ammini-
strativo e dal Consiglio dei sanitari.
Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministra-
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Parte I • Legislazione sanitaria
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quest’ultima, sui risultati del riscontro eseguito, denunciando imme-
diatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità; tra-
smette periodicamente, e comunque con cadenza almeno semestrale,
una propria relazione sull’andamento dell’attività dell’unità sanitaria
locale o dell’azienda ospedaliera rispettivamente alla Conferenza dei
sindaci o al sindaco del comune capoluogo della provincia dove è
situata l’azienda stessa.
34
L’aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale • Capitolo 3
Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del
comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della
popolazione, provvede alla definizione, nell’ambito della programma-
zione regionale, delle linee di indirizzo per l’impostazione programmatica
dell’attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio di
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esercizio e rimette alla regione le relative osservazioni, verifica l’an-
damento generale dell’attività e contribuisce alla definizione dei piani
programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore
generale e alla regione.
Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il
territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla Conferenza
dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale,
tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque
componenti nominati dalla stessa Conferenza con modalità di esercizio
delle funzioni dettate con normativa regionale.
I distretti
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Parte I • Legislazione sanitaria
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Il distretto garantisce:
L’integrazione socio-sanitaria
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degenerative.
Le prestazioni socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria sono
assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di
assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente nor-
mativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo
nazionali e regionali.
Sul punto si segnala la legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge qua-
dro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali”.
L’accreditamento
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Parte I • Legislazione sanitaria
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strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche
a favore di soggetti terzi.
L’esercizio delle attività sanitarie e socio-sanitarie da parte di strut-
ture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti minimi,
strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto di indirizzo e
coordinamento.
Le regioni hanno il compito di disciplinare le modalità e il rilascio
dell’autorizzazione all’esercizio delle attività sanitarie.
L’accreditamento istituzionale
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L’aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale • Capitolo 3
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L’atto di indirizzo e di coordinamento deve tenere presente che le
strutture accreditate dovranno assicurare condizioni di organizzazione
interna atte a garantire un’adeguata dotazione professionale qualitativa e
quantitativa e prevedere la partecipazione della struttura a programmi
di accreditamento professionale tra pari. All’interno dell’atto di indi-
rizzo si dovrà inoltre prevedere, tra gli altri requisiti, la partecipazione
degli operatori a programmi di valutazione sistematica e continuativa
dell’appropriatezza delle prestazioni erogate e della loro qualità, interni
alla struttura e interaziendali, e indicare i requisiti per l’accreditamento
istituzionale dei professionisti, anche in relazione alla specifica espe-
rienza professionale maturata e ai crediti formativi acquisiti nell’ambito
del programma di formazione continua. Per quanto riguarda l’accredi-
tamento dei professionisti la legge prevede un’adeguata partecipazione
degli Ordini e dei Collegi professionali.
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Parte I • Legislazione sanitaria
Il Collegio di direzione
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Il Collegio di direzione concorre alla formulazione dei programmi di
formazione delle soluzioni organizzative per l’attuazione dell’attività li-
bero-professionale intramuraria, e alla valutazione dei risultati conseguiti
rispetto agli obiettivi clinici. Il direttore generale si avvale del Collegio di
direzione per l’elaborazione del programma di attività dell’azienda, l’or-
ganizzazione dei servizi, anche in attuazione del modello dipartimentale
e dell’utilizzo delle risorse umane, e lo sviluppo dei servizi.
La regione disciplina l’attività e la composizione del Collegio di di-
rezione, prevedendo la partecipazione del direttore sanitario e ammini-
strativo, di direttori di distretto, di dipartimento e di presidio.
I dipartimenti
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L’aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale • Capitolo 3
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vi era la previsione di organizzare strutture di carattere dipartimentale al
fine di migliorare l’efficienza operativa delle divisioni e dei servizi.
Nella normativa aziendalistica si afferma in modo definitivo il modello
dipartimentale, con specifiche attribuzioni alle regioni di riorganizzare
tutti i presidi ospedalieri in dipartimenti e con la previsione di esportare
il modello dipartimentale anche fuori dell’ambito ospedaliero.
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Parte I • Legislazione sanitaria
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tità e di qualità del servizio di cui assicura il rispetto”. Questo punto viene
specificamente definito come “il principio cardine della carta dei servizi”.
Una volta adottati gli standard, le aziende e gli enti del Servizio sani-
tario nazionale devono pubblicizzarli idoneamente e verificarne il rispetto
e il grado di soddisfazione da parte dell’utente. Devono inoltre garantire
il rispetto dello standard adottato, “assicurando al cittadino la specifica
tutela rappresentata da forme di rimborso nei casi in cui sia possibile
dimostrare che il servizio reso è inferiore, per qualità e tempestività, allo
standard pubblicato”.
È bene precisare che il D.P.C.M. fornisce solamente uno “schema di
riferimento” che dovrà servire a ogni singola azienda o ente per adottare
una propria Carta dei servizi con gli opportuni adattamenti.
In attuazione della normativa vigente e della stessa Carta, ogni
azienda o ente dovrà garantire agli utenti le seguenti funzioni:
1. informazione;
2. accoglienza;
3. tutela;
4. partecipazione.
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L’aziendalizzazione del Servizio sanitario nazionale • Capitolo 3
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Capitolo
4
la normativa sui trapianti
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I trapianti possono essere classificati in base alla diversa identità tra
donatore e ricevente in:
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Parte I • Legislazione sanitaria
TRAPIANTI DA VIVENTE
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oggettivi di salvaguardia della vita, della salute e della integrità fisica del
donatore “in base ai quali sono leciti i prelievi che non comportano una
menomazione permanente della integrità fisica” (di tessuti, di sangue,
di pelle ecc.) e, pertanto, sono vietati i prelievi non solo di organi unici
(cuore, pancreas, milza ecc.), ma anche di organi doppi (di un occhio, di
un polmone, di una ghiandola sessuale ecc.).
Le eccezioni a questo principio sono due: il trapianto di rene e il
trapianto parziale di fegato. Il trapianto di rene è stato il primo a essere
regolamentato con la legge 26 giugno 1967, n. 458 “Trapianto del rene
tra persone viventi”, che stabilisce testualmente:
Art. 1
In deroga al divieto di cui all’art. 5 del Codice civile, è ammesso disporre a titolo
gratuito del rene al fine del trapianto tra persone viventi.
La deroga è consentita ai genitori, ai figli, ai fratelli germani o non germani del
paziente che siano maggiorenni, purché siano rispettate le modalità previste dalla
presente legge.
Solo nel caso che il paziente non abbia i consanguinei di cui al precedente comma
o nessuno di essi sia idoneo o disponibile, la deroga può essere consentita anche
per altri parenti e per donatori estranei.
Art. 2
L’atto di disposizione e destinazione del rene in favore di un determinato paziente
è ricevuto dal pretore del luogo in cui risiede il donatore o ha sede l’Istituto auto-
rizzato al trapianto.
La donazione di un rene può essere autorizzata, a condizione che il donatore
abbia raggiunto la maggiore età, sia in possesso della capacità di intendere e di
volere, sia a conoscenza dei limiti della terapia del trapianto del rene tra viventi e
sia consapevole delle conseguenze personali che il suo sacrificio comporta.
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La normativa sui trapianti • Capitolo 4
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Contro tale decreto si può proporre reclamo con ricorso al Tribunale, che si pro-
nuncia in Camera di consiglio.
Tutti gli atti del procedimento davanti al pretore e al tribunale non sono soggetti
alle disposizioni della legge sulle tasse di registro e bollo.
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Parte I • Legislazione sanitaria
trapianti DA CADAVERE
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trapianti.
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La normativa sui trapianti • Capitolo 4
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È stato cioè introdotto il principio del silenzio-assenso.
I soggetti che non hanno dichiarato alcuna volontà in ordine alla do-
nazione di organi e di tessuti dovranno essere “sollecitati periodicamente
a rendere tale dichiarazione di volontà anche attraverso l’azione dei
medici di medicina generale e degli uffici della pubblica amministrazione
nei casi di richiesta dei documenti personali di identità”.
I cittadini ai quali non sia stata notificata la richiesta di manifestazione
di volontà sono considerati non donatori.
Per i minori la dichiarazione “è manifestata dai genitori esercenti la
potestà. In caso di non accordo tra i due genitori non è possibile procedere
alla manifestazione di disponibilità alla donazione”.
Non è consentita la manifestazione di volontà in ordine alla dona-
zione per le seguenti categorie:
• i nascituri;
• i soggetti non aventi la capacità di agire;
• i minori affidati o ricoverati presso istituti di assistenza pubblici o
privati.
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Parte I • Legislazione sanitaria
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• dalle strutture per i trapianti;
• dalle aziende sanitarie locali.
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La normativa sui trapianti • Capitolo 4
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prelievo degli organi deve essere effettuato in modo da evitare mutila-
zioni o dissezioni non necessarie e il cadavere, dopo il prelievo, deve
essere ricomposto con la massima cura. Le regioni devono individuare
le strutture sanitarie per la conservazione dei prelievi, che hanno
il compito di conservare e distribuire i tessuti prelevati, certificandone
l’idoneità e la sicurezza, e le strutture per i prelievi.
Divieti e Sanzioni
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Parte I • Legislazione sanitaria
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da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna conse-
gue l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.
Nel caso in cui la persona che procura un organo o un tessuto prele-
vato agisca senza scopo di lucro, le sanzioni sono minori, con la reclu-
sione fino a due anni, mentre se il soggetto che agisce è un professionista
sanitario, alla condanna consegue l’interdizione temporanea fino a un
massimo di cinque anni dall’esercizio della professione.
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Capitolo
5
la normativa
sulla malattia mentale
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Aspetto storico e culturale
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Parte I • Legislazione sanitaria
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fosse oggetto di una legge “speciale”, ma poteva tranquillamente essere
riconducibile all’assistenza sanitaria in generale, come qualsiasi altra
malattia.
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La normativa sulla malattia mentale • Capitolo 5
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Un’ulteriore tutela si ha con la facoltà concessa a colui che è sotto-
posto a TSO e “a chiunque vi abbia interesse” a proporre al Tribunale
competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato
dal giudice tutelare.
Il ricovero per un TSO può essere autorizzato solo nelle sezioni di
psichiatria degli ospedali generali.
Come è possibile rilevare con il procedimento ora esaminato, la legge
ha voluto circondare di tutela e di diritti il paziente che venga sottoposto a
un trattamento sanitario obbligatorio tentando di “depurare” dagli eccessi
del passato la possibilità che il ricovero, contro la volontà del malato,
possa ricordare gli aspetti più propriamente custodialistici e carcerari
dell’istituzione manicomiale.
In quest’ottica va visto il complesso procedimento autorizzativo di un
TSO, l’intervento del sindaco e l’intervento del giudice tutelare.
La legge però lascia una lacuna non facilmente colmabile.
Che cosa succede in un caso di necessità di un ricovero urgente
nelle 48 ore in cui non sia ancora arrivata la convalida da parte del
secondo medico?
L’unica risposta possibile, stante la non dilazionabilità dei tempi del
ricovero, è la legittimità del ricovero stesso, pur in mancanza del prov-
vedimento del sindaco.
Da un punto di vista giuridico la legittimità del ricovero si basa sull’art.
54 del c.p. che prevede lo stato di necessità, cioè dall’avere agito per pre-
servare il paziente “dal pericolo attuale di un danno grave alla persona”.
55
Parte I • Legislazione sanitaria
entro 48 ore
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entro 48 ore
entro 48 ore
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Elementi di biodiritto
Parte II
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Capitolo
6
LA CONTRACCEZIONE
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La contraccezione nel nostro ordinamento
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Parte II • Elementi di biodiritto
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va in modo lieve l’uomo che uccideva la moglie, la figlia e la sorella nel
momento in cui ne scopriva la “illegittima relazione carnale”. Anche
questo tutto a carico della componente femminile, e in questo caso l’in-
tervento del legislatore per l’abrogazione della “rilevanza penale della
causa d’onore” è arrivato addirittura negli anni ’80 del secolo scorso.
Anche l’ordinamento del codice civile – che è originario del 1942 –
sposa una ideologia autoritaria tipica dell’epoca: “il padre marito è il ca-
La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno. Con la stessa pena
è punito il correo dell’adultera. La pena è della reclusione fino a due anni nel caso
di relazione adulterina. Il delitto è punibile a querela del marito.
A titolo esemplificativo i termini sono questi: a) in caso di rapporto tra una
Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui
ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa
recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della perso-
na che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.
Legge 5 agosto 1981, n. 442 “Abrogazione della rilevanza penale della causa
d’onore”.
60
La contraccezione • Capitolo 6
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formazioni “idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consi-
gliando i metodi e i farmaci adatti a ciascun caso”. La legge 405/1975 lan-
cia quindi in grande stile la contraccezione lasciando un margine di incer-
tezza sulle prerogative dei minorenni. Con l’approvazione della legge 22
maggio 1974, n. 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’in-
terruzione volontaria della gravidanza” viene chiarito definitivamente que-
sto aspetto. Si legge infatti all’ultimo comma dell’art. 2 che “la sommini-
strazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori,
dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine
alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori”. Il legislatore
quindi, in deroga al generale principio del consenso che devono esprime-
re coloro che esercitano la potestà genitoriale, consente ai minori di acce-
dere alle pratiche contraccettive liberamente e su loro richiesta. La gestio-
ne dell’affettività e della sessualità viene attribuita direttamente ai soggetti
interessati, indipendentemente dal raggiungimento della capacità di agire.
Sul significato di minore vi sono stati – soprattutto in passato – di-
battiti e interrogativi, se minore età significasse comunque un’età il cui
limite fosse comunque individuabile anche da altre norme dell’ordina-
mento oppure no. La migliore dottrina giuridica ci avverte che in ma-
teria di atti di disposizione del proprio corpo “non vale il principio della
maggiore età civile, ma il principio realistico dell’età variabile a secon-
da dell’oggetto dell’atto dispositivo”.12 Nel silenzio della legge dev’esse-
re quindi trovata una soluzione analogica.
10 Santosuosso A., Corpo e libertà – Una storia tra diritto e scienza, Raffaello Corti-
na, Milano, 2001, p. 215.
11 Legge 29 luglio 1975, n. 405 “Istituzione dei consultori familiari”.
12 Mantovani F., Problemi giuridici della contraccezione dei minori, Adolescenza e
sessualità, 270,1985; riproposto anche nel volume Umanità e razionalità nel diritto
penale, Cedam, Padova, 2008, p. 1324.
61
Parte II • Elementi di biodiritto
Le ipotesi erano relative al limite minimo dei 14 anni visto che il co-
dice penale riconosce tale limite come età presuntiva per il consenso va-
lido ai rapporti sessuali. Secondo questo orientamento, quindi, il mino-
re con età inferiore ai 14 anni non può prestare un valido consenso. Vi è
stato chi,13 in passato, ha proposto un abbassamento del limite a 12 an-
ni in prospettiva di un adeguamento legislativo che poi non è arrivato.
Non si può non condividere l’orientamento di chi non vede in alcun mo-
do la possibilità di stabilire un’età minima che non sia quella della don-
na già in grado di concepire.14
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etiche, deontologiche, giuridiche e medico-legali – riportiamo un elenco
dei diversi tipi di contraccettivi, rimandando al paragrafo successivo per
una più compiuta classificazione.
Billings
Metodo di regolazione naturale della fertilità che trae il nome dal meto-
do messo a punto dai coniugi australiani Billings basato sull’astensio-
ne dei rapporti sessuali nei giorni in cui la donna osserva la fuoriuscita
di muco vaginale fluido. Il muco vaginale diventa più fluido proprio nei
giorni dell’ovulazione.
Coito interrotto
Diaframma
13 Vimercati F., Vinci F., La contraccezione nel minore: problemi sociali e medico-
legali, Rivista italiana di medicina legale, 9, 72-87, 1987.
14 Benciolini P., Aprile A. L’interruzione volontaria della gravidanza – compiti, pro-
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La contraccezione • Capitolo 6
IUD o spirale
Metodo Ogino-Knauss
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co giapponese Kiusaku Ogino e dal medico austriaco Hermann Knauss,
basato sul calcolo presuntivo e approssimativo del giorno dell’ovula-
zione, che oggi sappiamo essere quattordici giorni dopo la fine del ciclo
mestruale. Secondo i calcoli di questi due medici – parzialmente diver-
si in realtà – il periodo fertile della donna era compreso tra diciannove
e dodici giorni prima di ogni mestruazione (in un ciclo di ventotto gior-
ni). Il metodo nel tempo si è arricchito di maggiori conoscenze relative
alla fisiologia ed è stato associato ad altre metodiche come il rilievo del-
la temperatura basale – che aumenta durante l’ovulazione – e l’osserva-
zione del muco cervicale che diventa filante e fluido durante l’ovulazio-
ne o nel periodo immediatamente precedente.
Pillola estroprogestinica
Goodman & Gilman, Le basi farmacologiche della terapia, XIa ed., McGraw-Hill,
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63
Parte II • Elementi di biodiritto
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La pillola del giorno dopo è una combinazione ormonale – il cui princi-
pio attivo è il levonorgestrel – in compressa unica da assumere entro 72
ore dal rapporto sessuale non protetto; ha un effetto antiannidamento
agendo sulla modificazione endometriale. Nasce come farmaco post-
stupro e viene oggi generalmente ricondotta alla cosiddetta contracce-
zione di emergenza. Si basa sull’esistenza di un periodo progestaziona-
le che va dal rapporto sessuale all’impianto dell’embrione in utero e che
viene generalmente calcolato in 5-6 giorni;17 durante tale periodo l’ovulo
fecondato è libero nelle vie genitali e inizia il suo viaggio verso la cavità
uterina. Il meccanismo di azione contraccettivo consiste nell’impedire –
intercettare – il trasporto tubarico, rendendo l’endometrio inadatto al-
l’annidamento. È inefficace in caso di gravidanza accertata.
16 Goodman & Gilman, Le basi farmacologiche della terapia, op. cit., p. 1564.
17 Flamigni C., Il controllo della fertilità – Storia, metodi e problemi dall’antico Egitto
ad oggi, Utet, Torino, 2006, p. 891.
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La contraccezione • Capitolo 6
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dispersione del seme durante il rapporto sessuale. Viene spesso usato
anche con finalità di prevenzione di malattie. Ha tra le sue complican-
ze la rottura durante il rapporto sessuale dovuta in genere a errato po-
sizionamento dello stesso.
Spermicidi
Non è ben chiara l’origine del termine condom. Secondo alcuni autori, condom
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Parte II • Elementi di biodiritto
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fa “temere che l’uomo, abituandosi all’uso delle pratiche anticoncezio-
nali, finisca per perdere il rispetto della donna e, senza più curarsi del
suo equilibrio fisico e psicologico, arrivi a considerarla come semplice
strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna, ri-
spettata e amata”.21
Il magistero della Chiesa cattolica si spinge a comparare la contrac-
cezione con l’aborto, pur riconoscendo che “contraccezione e aborto, dal
punto di vista morale, sono mali specificamente diversi: l’una contrad-
dice all’integra verità dell’atto sessuale come espressione propria del-
l’amore coniugale, l’altro distrugge la vita di un essere umano; la prima
si oppone alla virtù della castità matrimoniale, il secondo si oppone al-
la virtù della giustizia e viola direttamente il precetto divino «non ucci-
dere»”. Ancora, il magistero cattolico precisa che la pratica contraccetti-
va affonda “le radici in una mentalità edonistica e deresponsabilizzante
nei confronti della sessualità e suppone un concetto egoistico di libertà
che vede nella procreazione un ostacolo al dispiegarsi della propria per-
sonalità”. Condanna quindi senza appello, che ovviamente si ripercuote
sulle diverse classificazioni che stiamo per proporre.
a) contraccettivi di barriera;
b) contraccettivi ormonali;
c) metodi naturali di contraccezione.
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La contraccezione • Capitolo 6
Coito interrotto
Billings
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a) contraccettivi di barriera;
b) contraccettivi ormonali;
c) intercettivi;
d) contragestativi;
e) metodi naturali.
Billings
Coito interrotto
Ogino-Knauss
22 Sgreccia E., Manuale di bioetica, vol. I, Vita e Pensiero, Roma, 1999, p. 415; Di
Pietro M.L., Minatori L., Sull’abortività della pillola estroprogestinica e di altri
contraccettivi, Medicina e Morale, 1996, 5, 63-900.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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tologica.
Il recente codice del 2006 contiene una modifica sul punto. L’origi-
naria rubrica “Rifiuto d’opera professionale” è stata cambiata in “Auto-
nomia e responsabilità diagnostico-terapeutica”. Riportiamo, nello sche-
ma che segue, il previgente e l’attuale articolo, evidenziando in neret-
to i cambiamenti.
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La contraccezione • Capitolo 6
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orale di emergenza”. Deve essere assunta, come abbiamo visto, entro 72
23 Legge 22 maggio 1978, n. 194 ”Norme per la tutela sociale della maternità e
sull’interruzione volontaria della gravidanza”.
Art. 9 – Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a pren-
dere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 e agli interventi per l’interruzione
della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiara-
zione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provin-
ciale e, nel caso di personale dipendente dell’ospedale o della casa di cura, anche
al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o
dal conseguimento dell’abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a for-
nire prestazioni dirette all’interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una
convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.
L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei
termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce
effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività
ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e neces-
sariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assi-
stenza antecedente e conseguente all’intervento.
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad as-
sicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione
degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità
previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione
anche attraverso la mobilità del personale.
L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario ed
esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il
loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in im-
minente pericolo.
L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto immediato, se chi l’ha
sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravi-
danza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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me commerciale del levonorgestrel) “non contrasta con la legge
194/1978, poiché il farmaco autorizzato agisce con effetti contrac-
cettivi in un momento anteriore all’innesto dell’ovulo nell’utero ma-
terno”;
• il Norlevo “esplica effetti di prevenzione della gestazione al pari di al-
tri usuali metodi contraccettivi, quali lo IUD o spirale, che parimenti
mirano a inibire l’impianto dell’ovulo fecondato, e in ordine ai qua-
li non si pone questione circa la qualificazione come pratiche abor-
tive…”.26
La sentenza del TAR del Lazio è del tutto coerente con la nota presa di
posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce gravi-
danza solo il momento successivo all’impianto dell’embrione in utero.
Il tutto sembrerebbe quindi chiaro. Invece è intervenuto il Comitato
Nazionale di Bioetica con una “Nota sulla contraccezione di emergen-
za”27 in cui si legge che: “…il medico il quale non intenda prescrivere o
somministrare il levonorgestrel in riferimento ai suoi possibili effetti post-
fertilizzazione abbia comunque il diritto di appellarsi alla «clausola di co-
scienza», dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela
del concepito che motiva l’astensione, e dunque a prescindere da dispo-
sizioni normative specificamente riferite al quesito in esame”.
24 Goodman & Gilman, Le basi farmacologiche della terapia, op. cit., p. 1565.
25 Corriere della Sera, Negli Stati Uniti pillola del giorno dopo senza ricetta medica,
25 agosto 2006, p. 15.
26 TAR Lazio, sez. I Bis, 12 ottobre 2001, n. 8465.
27 Comitato Nazionale di Bioetica, Nota sulla contraccezione di emergenza, 28
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La contraccezione • Capitolo 6
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Ai Presidenti degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri.
Oggetto: Pillola del giorno dopo e obiezione di coscienza.
Sono pervenute alla Federazione numerose richieste di informazioni in meri-
to alla problematica dell’obiezione di coscienza relativamente alla prescrizione
della “pillola del giorno dopo” con particolare attenzione alla posizione dei me-
dici che prestano il servizio di continuità assistenziale.
Si ritiene pertanto opportuno fornire a tutti gli Ordini provinciali chiarimenti in
proposito considerando anche l’aspetto della responsabilità civile del medico in
merito alla questione specifica.
La Commissione Nazionale di Bioetica si è pronunciata con una nota del 28 mag-
gio 2004 sulla contraccezione di emergenza sostenendo il diritto del medico di
appellarsi alla “clausola di coscienza” nel caso di prescrizione e somministrazio-
ne della pillola del giorno dopo.
Pur essendo tale “clausola di coscienza” concetto più sfumato rispetto all’obie-
zione di coscienza (riconosciuta nel nostro ordinamento solo nei casi di aborto
e servizio militare, cioè nei casi in cui l’azione del singolo è diretta alla soppres-
sione della vita), tuttavia trova la sua consacrazione nell’art. 19 del Codice di
Deontologia Medica del 1998.
Tale norma, prevedendo che il medico al quale vengano richieste prestazioni
che contrastino con la sua coscienza o il suo convincimento clinico può rifiu-
tare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e
immediato nocumento alla salute della persona assistita, è stata correttamente
letta come disposizione che attribuisce alla coscienza uno spazio di espressione
maggiore rispetto a quello che risulta esplicitamente attribuito dalle disposizioni
di legge.
Il diritto del medico all’obiezione di coscienza non può comunque, in alcun
modo, ledere il diritto del paziente a una prestazione che l’ordinamento giuri-
dico riconosce come dovuta (art. 1, Legge 405/1975 “Istituzione dei consultori
familiari”).
È necessario pertanto individuare un punto di equilibrio che consenta a tutti i
soggetti coinvolti di potere esercitare i loro diritti senza che ciò implichi difficoltà
rilevanti e restrizione di fatto delle libertà e dei diritti civili e sociali riconosciuti
che porterebbero a inevitabili contenziosi.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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Considerando, inoltre, il caso specifico dei medici che forniscono servizio di con-
tinuità assistenziale bisogna considerare che i medesimi all’interno dello stesso
possono intervenire in situazioni di urgenza con relativa prescrizione di farmaci
ed è in questa veste che, verosimilmente, sono tra i più interessati dalla pro-
blematica e tra i più esposti a eventuali denunce per omissione di atti di ufficio
conseguenti alla mancata prescrizione.
La Federazione ritiene, per quanto evidenziato, che nel caso in cui al medico
obiettore di coscienza sia richiesta la prescrizione di cui trattasi, lo stesso non
può limitarsi a esprimere la propria obiezione ma debba provvedere nell’ambito
delle proprie responsabilità affinché la richiedente possa accedere con tempi e
modalità appropriati alla prescrizione.
Tale posizione trova riscontro nella postilla alla nota del Comitato di Bioetica
che, prendendo atto che l’ampliamento della libertà riconosciuto al medico nel
caso di prescrizione della pillola del giorno dopo comporta come conseguenza
la possibilità di disagi aggiuntivi all’accesso al principio farmacologico, invita le
Autorità e le Istituzioni competenti a vigilare e provvedere affinché l’esercizio
della clausola di coscienza non si traduca di fatto nella restrizione delle libertà e
diritti riconosciuti dall’ordinamento giuridico.
La FNOMCeO ritiene, inoltre, che trovando la legittimazione a esercitare la clau-
sola di coscienza la sua ragione d’essere nella disposizione di cui all’art. 9 del-
la Legge 194/1978 (legge sull’interruzione della gravidanza), i medici debbano
adottare le modalità prescritte nell’articolato medesimo e pertanto debbano in-
viare la dichiarazione relativa all’obiezione di coscienza al direttore generale
della ASL e al direttore sanitario nel caso di dipendente dall’ospedale.
Ciò significa che, per il caso della “pillola del giorno dopo”, il medico non può
limitarsi a esprimere la propria obiezione, ma deve provvedere, nell’ambito delle
proprie responsabilità, affinché la richiedente possa accedere con tempi e moda-
lità appropriati alla prescrizione.
Questo perché l’esercizio della “clausola di coscienza” non si traduca di fatto
nella restrizione delle libertà e dei diritti riconosciuti alle donne dall’ordinamento
giuridico.
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La contraccezione • Capitolo 6
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dente, tanto che si propone addirittura l’istituzionalizzazione dell’obie-
zione di coscienza deontologica sulla pillola del giorno dopo invitando i
medici e dichiarare nei modi e nei tempi previsti l’obiezione di coscien-
za prevista dalla legge sull’interruzione della gravidanza.
Si arriva al paradosso di un farmaco che, introdotto in commercio
con specifica autorizzazione come farmaco contraccettivo, viene tra-
sformato di fatto in abortivo.
Deve essere anche specificato che la tematica della contraccezione
e della contraccezione di emergenza trova spesso, nel mondo cattolico,
voci fortemente contrarie alla natura contraccettiva.29
Forse la soluzione del problema si può trovare nella derubricazio-
ne dei farmaci della contraccezione di emergenza da farmaci soggetti a
prescrizione medica a farmaci non soggetti a prescrizione medica come
previsto ormai in molte legislazioni di Paesi esteri.30
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Parte II • Elementi di biodiritto
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l’accesso alla cellula uovo da parte degli spermatozoi; l’intervento vie-
ne effettuato per via laparoscopica o laparotomica. L’ovulazione e il flus-
so mestruale si svolgono regolarmente e il quadro ormonale non viene
modificato.
La sterilizzazione maschile consiste invece nella legatura dei dotti
deferenti con conseguente emissione di sperma senza spermatozoi. Non
presenta effetti collaterali e non influisce sul desiderio sessuale.
La sterilizzazione nella storia ha assunto spesso inquietanti aspet-
ti legati alla selezione della razza (eugenetica) o ad altro comunque non
commendevole motivo.31 Come abbiamo visto, non crea problemi di sor-
ta la sterilizzazione terapeutica, mentre si discute ancora oggi sulla licei-
tà della sterilizzazione non terapeutica attuata con evidenti finalità con-
traccettive.
Il testo originario del codice penale prevedeva un autonomo Titolo X
relativo ai “Delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe” comprensivo,
tra gli altri, all’art. 552, del delitto di “Procurata impotenza alla procrea-
zione”, in base al quale era punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni
“chiunque compisse su una persona, dell’uno o dell’altro sesso, col con-
senso di questa, atti diretti a renderla impotente alla procreazione”. Era
pertanto sancita l’indisponibilità assoluta della potentia generandi, la cui
offesa era punita, anche nella semplice ipotesi del tentativo, nonostan-
te il consenso dell’interessato. Tale titolo è stato in seguito interamen-
te abrogato dall’art. 22 della legge 194/1978 in materia di disciplina del-
l’interruzione volontaria di gravidanza.
Le posizioni giuridiche e bioetiche sull’attuale liceità della sterilizza-
zione volontaria, come anche in altri campi consimili, divergono forte-
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La contraccezione • Capitolo 6
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fetti contraccettivi, si affiancano, in quanto si lede l’integrità fisica e la
possibilità di procreare nel matrimonio.35
Di diverso avviso la Suprema Corte di Cassazione che ha invece ri-
tenuto che tra le due norme non vi fosse un rapporto di specialità, ar-
gomentando, tra l’altro, sulla base della differente oggettività giuridica
tutelata dalle disposizioni in esame: in un caso l’integrità della stirpe, e
nell’altro l’integrità fisica della persona.
Pertanto l’abrogazione dell’art. 552 del codice penale avrebbe deter-
minato l’eliminazione per l’ordinamento giuridico di qualsiasi disvalo-
re rispetto alla pratica della sterilizzazione consensuale cosiddetta edo-
nistica, sancendone la piena liceità attraverso una vera e propria abo-
litio criminis.
75
Parte II • Elementi di biodiritto
Non può invero negarsi che lo sterilizzando tende a una maggiore distensione nei
rapporti con il coniuge o con il partner, per finalità di norma socialmente rilevanti
(come l’evitare un numero eccessivo di figli o la trasmissione a essi di malattie) o
anche socialmente indifferenti, non autorizzando l’attuale sistema normativo l’esclu-
sione della sterilizzazione cosiddetta edonistica.
Non si vede infatti come possa essere leso l’interesse della collettività alla salute
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da interventi come la “sterilizzazione”, che possono giovare all’equilibrio psichico
dell’individuo che volontariamente vi si sottopone, senza nocumento per la collet-
tività medesima, una volta preso atto dell’assenza di pericolose contrazioni demo-
grafiche, constatata nei principali Paesi del mondo occidentali e orientali, in cui
da decenni è ammessa di diritto o di fatto tale pratica.
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Capitolo
7
L’interruzione volontaria
della gravidanza
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L’EVOLUZIONE DEL DIBATTITO
SULL’INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA
77
Parte II • Elementi di biodiritto
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alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre,
e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare”.
La strada a questo punto era spianata e il Parlamento intervenne
con la legge 22 maggio 1978, n. 194 “Norme per la tutela sociale della
maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”: con tale legge
si è passati da un principio di illiceità penale a un principio di sostanziale
legalizzazione dell’aborto, sia pure con i limiti e le forme stabilite dalla
legge. In realtà, l’intervento del legislatore andò oltre il riconoscimento
dell’aborto terapeutico legalizzando l’aborto volontario.
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
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l’interruzione della gravidanza. Il quesito, sempre del Movimento per la
vita, cosiddetto massimale, non fu ammesso per il contrasto con il diritto
alla salute della donna, già oggetto della sentenza 27/1975.3
Nel 1997 inoltre, la Corte costituzionale ha avuto modo di rigettare
un’altra richiesta di referendum radicale, anch’essa tesa a una maggiore
liberalizzazione dell’interruzione di gravidanza, “facendo cadere i proce-
dimenti e i controlli amministrativi e giurisdizionali attualmente previsti,
nonché le connesse fattispecie incriminatrici”. Le motivazioni per l’inam-
missibilità sono state giustificate dal fatto che l’abrogazione “travolge-
rebbe disposizioni a contenuto normativo costituzionalmente vincolato
sotto più aspetti, in quanto renderebbe nullo il livello minimo di tutela
necessaria dei diritti costituzionali inviolabili alla vita, alla salute, nonché
di tutela necessaria della maternità, dell’infanzia e della gioventù”.4
La necessità della liceità dell’interruzione di gravidanza è stata og-
getto anche di una presa di posizione dell’Unione europea che ha rac-
comandato che “al fine di salvaguardare la salute e i diritti riproduttivi
femminili, l’aborto debba essere legale, sicuro e accessibile a tutti”.5
Più recentemente il Consiglio d’Europa ha approvato una risoluzione
dove si specifica che l’aborto deve essere considerato un vero e proprio
diritto.6 A questo proposito le posizioni come al solito divergono: da un
lato si sostiene che l’aborto al massimo potrebbe essere depenalizzato
n. 2001/2128 (INI).
6 Risoluzione 1607/2008 “Access to safe and legal abortion in Europe”; As-
sembly debate on 16 April 2008 (15th Sitting) (vedi Doc. 11537 rev., report of the
Committee on Equal Opportunities for Women and Men, rapporteur: Mrs Gisela
Wurm; e Doc. 11576, opinion of the Social, Health and Family Affairs Committee,
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Parte II • Elementi di biodiritto
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anche alle donne extracomunitarie non in regola con il permesso di
soggiorno, come precisato dalla legge 6 marzo 1998, n. 40 “Disciplina
dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero”.10, 11
Le polemiche sulla liceità dell’interruzione volontaria della gravidanza
sono costanti, con uno schema di riferimento ripetitivo: lo schieramento
pro life che combatte per la sua abrogazione e lo schieramento pro choice
teso a difendere la legge 194/1978. Il dibattito si arricchisce continua-
mente con prese di posizione da una parte e dell’altra.12 Inoltre per la
lommei S., Aborto da “deprecabile rimedio” a “diritto civile della persona”, Bioetica
– Rivista interdisciplinare, 2008, 3, 462-470; Viale S., Risoluzione del Consiglio
d’Europa sull’aborto: si può essere insieme “pro choice” e “pro life”?, Bioetica
– Rivista interdisciplinare, 2008, 3, 471-486.
9 Per l’analisi della differenza tra legalizzazione e liberalizzazione dell’aborto,
vedi Mori M., Aborto e morale – capire un nuovo diritto, op. cit., pp. 23-24.
10 Vedi D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti
80
L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
prima volta alle elezioni politiche della XVI Legislatura si è presentata una
lista elettorale cosiddetta di scopo, con al centro del suo programma la
problematica dell’interruzione volontaria della gravidanza. Il programma
prevedeva una serie di misure.13 La normativa sull’interruzione della
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• Promuovere legislativamente il dovere di seppellire tutti i bambini abortiti nel
territorio nazionale, in qualunque fase della gestazione e per qualunque motivo.
Le spese sono a carico del pubblico erario.
• Vietare per decreto legge l’introduzione in Italia della pillola abortiva RU 486 e si-
mili veleni capaci di reintrodurre la convenzione dell’aborto solitario e clandestino
contro lo spirito e la lettera della legge 194 di tutela sociale della maternità.
• Stabilire per via di legge che accoglienza, rianimazione e cura dei neonati sono
un compito deontologico dei medici a prescindere da qualunque autorizzazione
di terzi.
• Emendare l’articolo 3 della Costituzione, comma 1. Dove è scritto “tutti i cittadini
hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” aggiungere una virgola
e la frase “dal concepimento fino alla morte naturale”.
• Impegnare il governo della Repubblica a costruire un’alleanza capace di emen-
dare la “Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite” all’ar-
ticolo 3. Dove è scritto “ogni individuo ha diritto alla vita” aggiungere una virgola
e la frase “dal concepimento fino alla morte naturale”.
• Difendere la legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita, escludendo
per via di legge e linee guida interpretative ogni possibilità, adombrata in recenti
sentenze giudiziarie, di introdurre la pratica eugenetica della selezione per an-
nientamento dell’embrione umano al posto della cura e della relativa diagnostica
terapeutica. Introdurre nei primi cento giorni una moratoria per la ricerca sulle
cellule staminali embrionali, sulla falsariga di quella europea abbandonata dal
governo Prodi, e rafforzare la ricerca sulle staminali adulte o etiche.
• Fondare in ogni regione italiana una Agenzia per le adozioni il cui compito spe-
cifico sia quello di favorire l’adozione, con procedura riservata e urgente, di quei
bambini che possono essere sottratti a una decisione abortiva di qualunque tipo.
• Adottare le modalità del “Progetto Gemma” sul sostegno materiale alle gestanti
in difficoltà e alle giovani madri di ogni nazionalità e status giuridico per la prima
accoglienza ed educazione dei bambini, con l’erogazione di consistenti somme
per i primi trentasei mesi di vita dei figli.
• Applicare la parte preventiva e di tutela della maternità della legge 194. Po-
tenziare in termini di risorse disponibili e di formazione del personale pubblico,
valorizzando il volontariato pro vita, la rete insufficiente dei consultori e dei Centri
di aiuto alla vita in ogni regione e provincia italiana.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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mente tra le donne con più elevato grado di istruzione, che hanno un
lavoro, e tra le coniugate.
Si registrano ancora casi di aborto clandestino, stimati in circa 15 000
l’anno (contro una stima di 100 000 nel 1983). La diminuzione dell’abor-
tività clandestina si associa alla diminuzione dell’abortività legale.16
La maggior parte degli aborti – 91% dei casi – comporta una degenza
di durata inferiore al giorno con la metodologia abortiva di isterosuzione
secondo Karman. Permane elevato il ricorso all’anestesia generale (84%)
• Triplicare i fondi per la ricerca sulle disabilità e istituire una Agenzia di tutela e
integrazione del disabile in ogni regione italiana.
• Sostenere con sovvenzioni pubbliche adeguate l’attività dell’associazione di
promozione sociale denominata Movimento per la vita.
• Le risorse per il programma elettorale sono da fissare nella misura di mezzo
punto calcolato sul prodotto interno lordo e verranno rese disponibili attraverso
lo stanziamento di 7 miliardi di euro attualmente giacenti presso i conti correnti
dormienti in via di smobilitazione e altri cespiti di entrata.
14 Il riferimento è alla vicenda della Regione Lombardia che è intervenuta con
legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione
volontaria della gravidanza, 21 aprile 2008.
16 I dati sull’abortività clandestina, sono stimati e sono riferiti solo ed esclusiva-
mente alle donne italiane in quanto, precisa la relazione ministeriale del 2008,
non si dispongono di cifre affidabili per le donne clandestine.
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
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basa sulla somministrazione della cosiddetta RU 486 (dove RU è l’acro-
nimo dell’azienda produttrice francese Roussel Uclaf), farmaco com-
posto da mifepristone e prostaglandine, nelle prime sette settimane di
gravidanza.18 Come già specificato nel capitolo 6 sulla contraccezione,
la RU 486 non deve essere in alcun modo confusa con la cosiddetta
pillola del giorno dopo, stante la sua natura di contraccettivo.
La pillola abortiva interviene quindi come metodo di interruzione della
gravidanza che non necessita di una modificazione legislativa della legge
194, inserendosi appunto come metodica in un quadro giuridico di liceità
dell’aborto volontario. Lo scontro sulla sua adozione segue ancora una
volta il classico schema di contrapposizione laici-cattolici.19
Dal 2005 alcune regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Mar-
che, Puglia) hanno introdotto – mediante l’importazione del farmaco
– la metodica dell’aborto farmacologico mediante la somministrazione
del mifepristone (RU 486). La relazione ministeriale sottolinea come in
altri Paesi europei (Francia, Gran Bretagna, Svezia) questa metodica è
utilizzata dagli anni ’90 e nel 2006 più di un quarto di donne ha utilizzato
17 Ministero della salute, Relazione del Ministro della salute sull’attuazione della
legge, cit.
18 Al momento della stesura di questo capitolo (gennaio 2009) il metodo abortivo
facile – Miti e realtà della pillola RU 486, Franco Angeli, Milano, 2006, e anche alle
parole del cardinale Camillo Ruini, Presidente della Conferenza episcopale italiana,
contenute nella prolusione alla 55a Conferenza Episcopale tenuta ad Assisi il 15
novembre 2005, dove si accusa la pillola RU 486 di banalizzare l’atto abortivo
in quanto “tende a non fare percepire la reale natura dell’aborto, che è e rimane
soppressione di una vita umana innocente”.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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la metodologia di interruzione di gravidanza meno invasiva. Anche in questo caso
non si può che concordare con chi ritiene che questa impostazione rivelerebbe una
“considerazione davvero ingenerosa delle scelte delle donne”.22
Art. 4
Può essere richiesta quando la prosecuzione della gravidanza, il parto o la mater-
nità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica, in relazione
al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche, sociali o familiari, o alle
circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o mal-
formazioni del concepito.
20 Ministero della salute, relazione del Ministro della salute sull’attuazione della
legge, cit.
21 Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO),
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
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Particolare discussione è sorta in relazione al problema del coinvolgi-
mento del partner della donna, sentito solo se “la donna lo consente”.
Il ruolo del partner della donna è stato anche oggetto di discussione
di legittimità costituzionale dell’impianto legislativo “nella parte in cui
non riconosce rilevanza alla volontà del padre del concepito, marito
della donna, che chiede di interrompere la gravidanza per violazione
degli articoli 29 e 30 della Costituzione”. La Corte costituzionale, investita
del problema, ha dichiarato la questione prospettata “manifestamente
inammissibile […] in quanto implica scelte discrezionali riservate al le-
gislatore”. La suprema Corte ha avuto modo di sottolineare che la scelta
legislativa “di lasciare la donna unica responsabile della decisione di in-
terrompere la gravidanza, […] non può considerarsi irrazionale in quanto
coerente al disegno dell’intera normativa e, in particolare, all’incidenza,
se non esclusiva sicuramente prevalente, dello stato di gravidanza sulla
salute sia fisica che psichica della donna”.24
Superati questi iter, il medico di fiducia o del consultorio, se riscon-
tra l’esistenza di una situazione di urgenza, rilascia immediatamente
un certificato attestante tale condizione, altrimenti rilascia copia di un
documento, sottoscritto anche dalla donna, attestante lo stato di gravi-
danza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni.
Trascorso tale periodo, la donna può presentarsi presso una delle strutture
autorizzate per sottoporsi a interruzione della gravidanza.
Dunque la legge distingue il “documento” dal “certificato”. Il primo
viene sottoscritto anche dalla donna e attesta lo stato di gravidanza e la
richiesta di interruzione. Il secondo ha natura di vero e proprio certificato
medico in cui devono essere motivate le condizioni cliniche di urgenza. Nel
documento non sono invece previste la specificazioni delle motivazioni.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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praticata nei seguenti casi:
Risulta evidente che l’ambito della norma che disciplina l’aborto oltre
il terzo mese di gravidanza restringe notevolmente i casi in cui la donna
può richiederlo, delimitando la situazione ai casi in cui la prosecuzione
della gravidanza o il parto comportino un “grave pericolo per la vita della
donna” o quando il feto presenti “anomalie o malformazioni” pericolose
per “la salute fisica e psichica della donna”. Quando, in seguito alla pro-
cedura abortiva, vi sia la possibilità di vita autonoma del feto, il medico
“ha l’obbligo di adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del
feto”. Grandi polemiche e dibattito sono sorti intorno a questo punto. Per
gli approfondimenti del caso si rimanda al capitolo 9 sulla rianimazione
dei grandi prematuri.
Abbiamo già precisato che la fonte di riferimento è solo statale e non
possono intervenire le regioni a stabilire limiti non previsti dalla legge
194/1978.27
25 Benciolini P., Aprile A., L’interruzione volontaria della gravidanza, Liviana, Padova,
bardia 22 gennaio 2008, n. 327 Atto di indirizzo per l’attuazione della legge 22
maggio 1978 n. 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
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donna può richiedere l’autorizzazione del giudice tutelare. Questo può
avvenire anche in caso di dissenso dei genitori o di non accordo. Il giu-
dice tutelare, entro cinque giorni dalla richiesta, sentita la donna e tenuto
conto della sua volontà e delle motivazioni addotte, può autorizzare l’in-
terruzione volontaria della gravidanza (art. 12). Invece, dopo i primi 90
giorni, alla donna minore si applicano le stesse procedure previste per le
maggiorenni, senza alcun intervento del giudice tutelare.28
Obiezione di coscienza
su una legge che ha quasi trenta anni, Rivista di diritto delle professioni sanitarie,
2005, 28-32.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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persona possa far prevalere i propri valori rispetto all’osservanza di leggi
dello Stato.
Si può concordare con la presente definizione di obiezione di co-
scienza: “il rifiuto di un comportamento imposto da una norma fonda-
mentale e legittima dello Stato e motivato sulla base di una norma, di
contenuto opposto, interiorizzata dalla coscienza dell’obiettore”.30
Il diritto all’obiezione di coscienza alle procedure abortive è previsto
dall’art. 9 della legge 194/1978.
Data l’importanza e la delicatezza dell’argomento, riteniamo utile
riportare per esteso l’articolo in questione.
Legge 194/1978
Art. 9 – Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a pren-
dere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 e agli interventi per l’interruzione
della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiara-
zione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale
e, nel caso di personale dipendente dall’ospedale o dalla casa di cura, anche al
direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal
conseguimento dell’abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire
prestazioni dirette all’interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una
convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.
L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei
termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce
effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale.
1979, p. 539.
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
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Nel nostro ordinamento la possibilità di non adempiere al precetto legi-
slativo è consentita, attraverso l’istituto dell’obiezione di coscienza, solo in
due casi: il servizio militare e l’interruzione volontaria della gravidanza.
Come è stato notato, però, la differenza tra le due situazioni è note-
vole. Nel servizio militare l’obiezione veniva concessa, nel caso dell’in-
terruzione volontaria della gravidanza viene invece -dichiarata. Inoltre
nella prima era richiesta una prestazione sostitutiva dell’obbligo non
soddisfatto, nella seconda no. Queste considerazioni hanno fatto parlare
più che di vera e propria obiezione di coscienza, di “facoltà di scelta”31
e di “cosiddetta obiezione di coscienza”.32
La motivazione di tale differenza risiede, secondo alcuni autori, nel
fatto che l’obiezione al servizio militare incide su un dovere previsto dal-
l’art. 52 della Costituzione, mentre l’obiezione all’interruzione volontaria
di gravidanza “consente di sottrarsi a un dovere professionale scaturente
da una legge ordinaria”.33
Diverso, di conseguenza, è stato il ruolo della giurisprudenza, in
quanto nel caso del servizio militare, essa “si è sforzata di sviluppare e,
talora, correggere le originarie previsioni normative (molto guardinghe
e preoccupate di contenere il fenomeno) in direzione di un sempre più
ampio e incondizionato riconoscimento delle esigenze della coscienza in-
un’eventuale revisione della legge n. 194. Un dibattito connesso alle nuove fron-
tiere della bioetica, Micromega, 1997, 2, 67 e ss.
33 Zanchetti M., La legge sull’interruzione della gravidanza – Commentario sistematico
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Parte II • Elementi di biodiritto
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1934 che divideva le professioni sanitarie principali (medico, farmacista,
veterinario) dalle professioni sanitarie ausiliarie (ostetrica, infermiere
diplomato) e dalle arti delle professioni sanitarie. Sull’interpretazione
da dare all’espressione in questione la dottrina si è divisa in quanto vi
è chi ricomprende tra i soggetti autorizzati alla richiesta dell’obiezione
di coscienza non soltanto i professionisti sanitari, siano essi laureati
o diplomati, e gli esercenti le arti ausiliarie (infermieri generici), bensì
anche gli esercenti le attività ausiliarie in quanto coinvolti “in qualche
modo in una procedura o un intervento previsto dalla legge 194 (per
esempio, il portantino)”.35 Contraria all’estensione a quest’ultima figura
e a tutte le altre figure che non siano “specificamente e necessariamente”
coinvolte nella pratica abortiva, altra parte della dottrina medico-legale.36
Parte della dottrina include nell’espressione del personale esercente le
attività ausiliarie anche “gli allievi tirocinanti delle scuole per infermieri
professionali e per ostetriche”37 (oggi studenti di corso di laurea). Oggi la
situazione viene riletta alla luce di quanto disposto dall’art. 1 della legge
26 febbraio 1999, n. 42 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”
che pone fine all’anacronistica distinzione tra le professioni sanitarie non
più suddivise tra “principali” e “ausiliarie”. Per espressa disposizione della
F., La nuova disciplina sull’aborto. Commento alla legge 22 maggio 1978, n. 194,
Cedam, Padova, 1978.
36 Norelli G.A., Riflessioni medico legali sull’esperienza della legge 22 maggio
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
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obiezione di coscienza ai sensi dell’art. 9 della legge 22 maggio 1978,
n. 194 l’esecuzione di esami di laboratorio preordinati – per indicazione
dello stesso provvedimento – all’interruzione volontaria della gravi-
danza”.39 I giudici penali40 invece hanno condannato un’ostetrica per
omissione o rifiuto di atti d’ufficio, ex art. 328 c.p., che si rifiutava di
preparare il campo sterile per l’esecuzione di un aborto e di procedere
“all’apposizione di una candeletta di laminaria avente la funzione di dila-
tare con gradualità il canale cervicale”, tenendo presente che l’intervento
abortivo sarebbe stato operato all’indomani. La motivazione ha precisato
che per individuare la mansione che può essere oggetto di obiezione
“deve trattarsi di un atto non meramente preparatorio o accessorio, bensì
strettamente attinente al processo propriamente chirurgico con il quale si
determina l’interruzione della gravidanza nelle varie tecniche in uso”.41
Questo perché non deve essere dimenticato che la norma sull’obiezione
di coscienza “è nata per salvaguardare la coscienza e la sensibilità di chi
reputi l’aborto incompatibile con le proprie convinzioni morali, e non
certo per consentire, come pure è notoriamente avvenuto, disoneste
forme di boicottaggio tendenti a perpetuare il ben più remunerativo
mercato degli aborti clandestini”.42
859-867.
41 Pretura di Penne, loc. cit.
42 Pretura di Penne, loc. cit.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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cesso di interruzione della gravidanza”.44
La dottrina giuridica ha avuto modo di dire tutto e il contrario di tutto. Vi
è infatti chi ha ritenuto esclusi dall’obiezione di coscienza gli esami clinici
e l’assistenza ospedaliera generica, come in genere qualsiasi prestazione
che possa riferirsi anche a un altro intervento. La dichiarazione di obie-
zione di coscienza viene presentata direttamente dal soggetto interessato
e senza specifica motivazione. La dichiarazione deve essere presentata
entro un mese “dal conseguimento dell’abilitazione o dall’assunzione
presso un ente tenuto a fornire prestazioni” di carattere abortivo.
Può inoltre essere proposta anche fuori dai termini indicati, “ma in tal
caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presenta-
zione”. In tale periodo si ritiene che il personale sanitario abbia l’obbligo
di partecipare all’evento interruttivo della gravidanza.
Il quinto comma dell’art. 9 della legge 194/1978 opportunamente
esclude dalle attività di esonero all’obiettore i casi in cui “data la parti-
colarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile
per salvare la vita della donna in imminente pericolo”.
L’obiezione di coscienza si intende revocata se chi l’ha sollevata
prende parte alle procedure abortive. Ferma restando la libertà del per-
sonale sanitario di sollevare obiezione di coscienza, i centri autorizzati,
precisa la legge, “sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento”
delle procedure abortive. La regione in questo caso “controlla e garantisce
l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”. Quest’ultima
disposizione, nonostante numerose critiche ricevute, è in realtà estre-
mamente chiara e attribuisce il potere-dovere da parte degli enti, oggi in
genere aziende, di spostare il personale obiettore per garantire “comun-
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
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di obiezione di coscienza con modalità e toni diversi. Riportiamo per
esteso i codici deontologici della Federazione dei medici, degli infermieri
e delle ostetriche.
Si può notare che mentre i codici dei medici e delle ostetriche con-
tengono norme specifiche sull’obiezione di coscienza in merito all’in-
terruzione di gravidanza, il codice degli infermieri utilizza l’espressione
45 Pretura di Milano, sentenza 27 gennaio 1981, Foro italiano, 1981, II, 311.
93
Parte II • Elementi di biodiritto
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aborto clandestino
La legge 194/1978 al suo varo aveva come obiettivo, tra gli altri, quello di
eliminare la piaga dell’aborto clandestino, cioè di quei procedimenti di
interruzione della gravidanza illeciti o che addirittura la donna si “auto-
procurava”.
I mezzi abortivi vengono distinti, dalla letteratura medico-legale, a
seconda del meccanismo di azione, in psichici, chimici e fisici .47
I mezzi psichici sono considerati inefficaci e consistono nel provo-
care uno stimolo emozionale che, in donne predisposte, può dare luogo
a contrazioni uterine.
I mezzi chimici, di vario tipo, provocano l’interruzione della gravi-
danza tramite l’aumento del flusso mestruale e la congestione dell’endo-
metrio tale da provocare “il distacco, per emorragia, dell’uovo annidato”.
Altri si caratterizzano per la capacità di stimolo della contrattilità uterina,
provocando l’espulsione dell’uovo. Sono mezzi chimici la cantaride, il
solfato di magnesio, gli estratti di ruta, di rosmarino, di tabacco, di bella-
donna, di prezzemolo. Molti di questi mezzi hanno effetti tossici a livello
epatico e renale. Più fisiologici come abortivi sono gli ormoni, come
l’ossitocina e la prostaglandina.
Tra i mezzi fisici si distinguono i mezzi indiretti, non considerati
efficaci, come gli strapazzi fisici e sessuali, gli sforzi ripetuti, la com-
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L’interruzione volontaria della gravidanza • Capitolo 7
Procedimento
per L’interruzione volontaria della gravidanza (IVG)
di una donna maggiorenne richiesta entro 90 giorni
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Se il medico riscontra una situazione Se il medico non riscontra una situa-
di urgenza, rilascia immediatamente il zione di urgenza, rilascia una copia
certificato valido per l’IVG di un documento firmato anche dalla
donna e la invita a soprassedere per
sette giorni. Dopo sette giorni la donna
può presentarsi in una delle strutture
autorizzate per l’IVG
Procedimento
per L’interruzione volontaria della gravidanza (IVG)
di una donna minore di anni 18
entro 5 giorni
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Parte II • Elementi di biodiritto
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b) chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso
della donna;
c) chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza a seguito di lesioni
personali dolose.
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Capitolo
8
La procreazione
medicalmente assistita
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Le cause di infertilità e sterilità
e le tecniche di fecondazione assistita
97
Parte II • Elementi di biodiritto
Altre fonti danno dati diversi: sterilità maschile 35%, sterilità femminile
meccanica 40%, sterilità femminile ormonale 15%, sterilità immunologica
e di coppia 2% e sterilità da cause ignote 8%.1
Nella letteratura medica si suole distinguere i concetti di infertilità e di
sterilità. Generalmente – riferendosi alla coppia e non ai singoli componenti
di essa – per infertilità si intende la situazione nella quale una coppia “non
è stata in grado di concepire e procreare un bambino dopo un anno o più
di rapporti sessuali non protetti”; per sterilità si intende invece la situazione
nella quale “uno o entrambi i coniugi sono affetti da una condizione fisica
permanente che non rende possibile la procreazione”. Nelle linee guida
ministeriali i due termini sono stati usati come sinonimi e la definizione
ministeriale omnicomprensiva recita testualmente: “viene definita sterilità
(infertilità) l’assenza di concepimento, oltre ai casi di patologia riconosciuta,
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dopo 12/24 mesi di regolari rapporti sessuali”.
Dopo una discussione durata molti anni, il Parlamento ha varato una
legge che non ha fatto cessare le polemiche già esistenti sulla questione.
D’altra parte, ogni qualvolta si tenti di regolare una materia legata a
questioni biogiuridiche – quali l’interruzione volontaria della gravidanza,
la procreazione assistita, l’accanimento terapeutico, l’eutanasia ecc. – le
posizioni si radicalizzano in uno schema ormai consolidato nel nostro
Paese. Da un lato, la posizione sostanzialmente riconducibile agli inse-
gnamenti della religione cattolica – che sostiene l’intangibilità della vita
sin dall’inizio, il riconoscimento del diritto naturale e il non intervento
dell’uomo – dall’altro, la scuola laica che invece difende la liceità di
questo intervento.
Sono ben note le tradizionali avversità della chiesa cattolica in mate-
ria. Non si tratta soltanto di obiettare le posizioni legate alla fecondazione
di tipo eterologo, ma di avanzare riserve anche rispetto alla fecondazione
omologa,2 con particolare riguardo alla dissociazione tra raccolta del
seme e atto sessuale.
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La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
Tecniche di I livello
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tecniche di preparazione del liquido seminale;
• induzione dell’ovulazione multipla associata a inseminazione sopra-
cervicale eseguita utilizzando tecniche di preparazione del liquido
seminale;
• eventuale crioconservazione dei gameti maschili.
Tecniche di II livello
(procedure eseguibili in anestesia locale e/o sedazione profonda)
come Tettamanzi L., Dizionario di bioetica, Piemme, Casale Monferrato, 2002, pp.
232-234; e Sgreccia E., Manuale di bioetica, Vita e Pensiero, Milano, 1999, pp. 515-
520. Queste preoccupazioni di ordine etico, morale e religioso sono state frutto
anche di un Parere del Comitato Nazionale di Bioetica, Problemi della raccolta e
trattamento del liquido seminale umano per finalità diagnostiche, 5 maggio 1991,
in http://www.governo.it/bioetica.
3 Ferrando G., Libertà, responsabilità e procreazione, Giuffrè, Milano, 1999, p. 309.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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procedure di fecondazione in Italia. La legge prevede, all’art. 7, l’ema-
nazione da parte del Ministero della salute, con la forma del decreto
ministeriale, di linee guida “contenenti l’indicazione delle procedure e
delle tecniche di procreazione medicalmente assistita”. Le linee guida, di
durata triennale, precisa la legge, “sono vincolanti per tutte le strutture
autorizzate” e vengono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni,
in relazione all’evoluzione tecnico-scientifica.
Le prime linee guida furono approvate immediatamente dopo la legge
e recepite con il D.M. 16 dicembre 2004, n. 336 “Regolamento recante
norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. Recentemente
sono state rinnovate attraverso il D.M. 11 aprile 2008 denominato “Linee
guida in materia di procreazione medicalmente assistita”.
Come vedremo, si sono create delle discrepanze tra il testo legislativo
e le linee guida, su cui si è espressa più volte la giurisprudenza. Ricor-
diamo che la legge è stata – in alcune sue parti – sottoposta a referendum
abrogativo che non ha avuto effetto per il mancato raggiungimento del
quorum del 50% dei votanti.4
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La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
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dottrina giuridica che lo ritiene privo di costituzionalità laddove parifica
“i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”. Il riferimento è
alla storica sentenza della Corte cosituzionale che non ammise l’equiva-
lenza tra “il diritto non solo alla vita, ma anche alla salute proprio di chi
è persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona
deve ancora diventare”.5 Una stretta equivalenza tra la salute e la vita
di chi è già persona e chi persona non è, pone problemi di violazione
dell’art. 2 della Costituzione.
L’art. 4 disciplina, invece, l’accesso alle tecniche di procreazione
precisando che il ricorso a tali tecniche è consentito solo “quando sia
accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della
procreazione, ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infer-
tilità inspiegate documentate da atto medico, nonché ai casi di sterilità
o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico”.6 Le linee
guida del 2008, diversamente da quelle emanate nel 2004, precisano
che la certificazione dello stato di infertilità deve essere effettuata da
specialisti competenti – in genetica, ginecologia, endocrinologia e uro-
logia – “tenendo anche conto di quelle peculiari condizioni”, quali essere
portatori di malattie virali sessualmente trasmissibili (come per esempio
le infezioni da HIV, HBV o HCV) che comportano – dato l’elevato rischio
per la madre o per il feto – una condizione di infecondità.
Le tecniche di procreazione devono essere attuate in base ai principi di
gradualità, di minore invasività e al consenso informato della coppia.
101
Parte II • Elementi di biodiritto
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nati in costanza di matrimonio: non si vede pertanto quale giustificazione
possa essere data per la negazione di accesso a una terapia.8
Precedenti disegni di legge stabilivano il requisito della stabilità della
convivenza, requisito oggi non presente nelle lettera della legge. Anche
il codice di deontologia medica fa specifico riferimento alla stabilità della
convivenza.9
Rimane invece fermo il divieto per l’accesso alle tecniche di procrea-
zione medicalmente assistita per le donne single e le coppie omosessuali.
In questo caso vi è da registrare una differenza tra la procreazione naturale
e la procreazione artificiale. È stato infatti osservato che “uomini e donne
7 Naddeo F., Accesso alle tecniche, in Stanzione P., Sciancalepore G., Procreazione
assistita – commento alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, Giuffrè, Milano, 2004, p.
57.
8 I timori sono stati giustificati dalla possibile “degiuridizzazione del matrimonio
legale” in contrasto con l’art. 29 della Costituzione. Vedi Palazzani L., La legge
italiana sulla procreazione assistita: aspetti filosofico-giuridici, Diritto di famiglia
e delle persone, 1999, p. 746 e ss.
9 FNOMCeO, Codice di deontologia medica, 1998, art. 42 “Fecondazione assistita”:
102
La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
single, quale che sia il loro orientamento sessuale, possono avere figli in
relazioni stabili o in incontri occasionali”.10 Questo principio di libertà nella
procreazione viene di fatto negato quando il concepimento non sia frutto
di una relazione sessuale, ma avvenga grazie all’intervento medico.
L’ultimo comma dell’art. 4 pone il divieto a tecniche di procreazione
medicalmente assistita di tipo eterologo.
La diagnosi pre-impianto
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della legge naturale e, di contro, la bioetica laica favorevole in base al
principio di autodeterminazione.
La legge 40/2004, all’art. 13 dispone:
103
Parte II • Elementi di biodiritto
Sin dall’inizio, le linee guida del 2004 apparvero come più restrittive
del dettato legislativo. D’altra parte l’espressione “diagnosi pre-impianto”
fa la sua comparsa solo nelle linee guida e non nel testo legislativo. Que-
sto ha provocato l’intervento della magistratura amministrativa11 che ha
annullato le linee guida per illegittimità rispetto alla legge 40 in quanto,
mentre la legge consente la ricerca clinica e sperimentale su ciascun
embrione umano, sia pure per finalità esclusivamente terapeutiche e
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diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione
stesso, e si consentono interventi aventi finalità diagnostiche e terapeu-
tiche, sempre al medesimo scopo, nelle linee guida tale possibilità viene
contratta al punto di essere limitata alla sola osservazione dell’embrione.
La contrazione operata dalle linee guida del 2004 contrasta con la legge
40 perché è solo il legislatore, e non il ministero con un regolamento,
a dovere eventualmente contrarre tale possibilità, del resto ammessa
dall’attuale testo della legge stessa.
Anche la magistratura ordinaria è intervenuta sul punto12 censurando
le linee guida del 2004 in quanto all’art. 14 della legge stessa si dà la pos-
sibilità ai genitori di conoscere “lo stato di salute degli embrioni prodotti”.
Argomenta il Tribunale di Firenze che tale “informazione non può essere
collegata a una fatua curiosità dei futuri genitori, ma deve evidentemente
essere posta in relazione alla necessità che i trattamenti terapeutici siano
accompagnati dalla informazione necessaria a esprimere il necessario
consenso” arrivando a richiamare la legge 194/1978 sull’interruzione
della gravidanza che consente la diagnosi prenatale. Se esami invasivi
sul feto vengono riconosciuti e praticati, sottolinea la giurisprudenza, a
maggiore ragione dev’essere riconosciuta la diagnosi “alla donna alla
quale l’impianto non è stato ancora praticato”. Conclude il Tribunale di
Firenze che è da considerarsi “irrazionale, ma addirittura fuori dal senso
morale è semplicemente pensare che si debba procedere all’impianto per
poi, successivamente, alla valutazione clinica del feto, procedere a un
aborto, che questa sarebbe la conseguenza del riconoscere l’esistenza
di un divieto di diagnosi preimpianto nella legge 2004”.13
11 TAR del Lazio, sede di Roma, sezione III quater, sentenza 31 ottobre 2007.
12 Tribunale di Cagliari, 22 settembre 2007; Tribunale di Firenze, 17 dicembre 2007.
13 Tribunale di Firenze, sentenza 17 settembre 2007, cit.
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La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
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2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecnico-
scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, non devono creare
un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario a un unico
e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre.
3. Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave
e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna
non prevedibile al momento della fecondazione, è consentita la crioconserva-
zione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non
appena possibile.
4. Ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita è vietata
la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla
legge 22 maggio 1978, n. 194.
5. I soggetti di cui all’articolo 5 sono informati sul numero e, su loro richiesta,
sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero.
6. La violazione di uno dei divieti e degli obblighi di cui ai commi precedenti
è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50 000 a 150 000
euro.
7. È disposta la sospensione fino a un anno dall’esercizio professionale nei con-
fronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno dei reati di
cui al presente articolo.
8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo
consenso informato e scritto.
9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 5 000 a 50 000 euro.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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embrione, già negata trent’anni orsono dalla Corte costituzionale nella
già citata storica sentenza.
Non vi può essere in effetti uguaglianza tra la posizione dell’embrione
– che può essere fecondato anche solo in provetta – e la posizione della
madre. Queste preoccupazioni sono state fatte proprie dal TAR del Lazio
che ha rimandato la questione alla Corte Costituzionale con le seguenti
argomentazioni:
[…….]
Ed invero, nel caso di impianto contemporaneo di due o tre embrioni, la legge
ammette implicitamente che nel caso in cui un solo embrione dia luogo a una
gravidanza, gli altri possano disperdersi.
Ora, l’ammissione di tale implicita possibilità non può che trovare la sua giustifi-
cazione, come prima accennato, nella necessità di assicurare concrete attese di
gravidanza della donna che si sottopone al procedimento di procreazione medi-
calmente assistita.
Si consente un impianto di embrioni fino a tre nella speranza che almeno uno
vada a buon fine.
Se fosse stata riconosciuta, all’embrione, una tutela estesa fino alla sua latitudine
massima, allora la disposizione contenuta nel comma 2 dell’articolo 14 avrebbe
dovuto consentire la produzione e l’impianto di un solo embrione alla volta al fine
di evitare il sacrificio degli altri contemporaneamente impiantati.
Ammettere, come ha fatto la legge n. 40 del 2004, all’articolo 14, comma 2, la
possibilità di un impianto di più embrioni (fino a un massimo di tre) nella consa-
pevolezza che alcuni di essi potranno disperdersi significa accettare che per una
concreta aspettativa di gravidanza è necessario procedere a un impianto superiore
all’unità e accettare, altresì, che alcuni di essi o anche uno solo oltre a quello che
dà luogo a una gravidanza, possano andare dispersi.
Del resto, nel caso di totale insuccesso di un tentativo, la tutela piena e incon-
dizionata dell’embrione avrebbe dovuto comportare il divieto di ripetizione del
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La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
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possibile l’effettuazione di un unico impianto e comunque in numero non superiore
a tre e la ragione del sostanziale divieto di crioconservazione, ammessa nella sola
ipotesi di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna insorto successi-
vamente alle fecondazione.
Si tratta di norme, quelle contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo 14 nella parte
sopra esaminata, che non sembrano collocarsi nella scia del fine che la stessa
legge afferma di voler perseguire nella misura in cui appaiono svincolate da ogni
valutazione sulla concreta possibilità di successo della pratica da effettuare, ma
si preoccupano, eminentemente, di evitare che attraverso la produzione di un
numero di embrioni superiore a tre – come massimo impiantabile anche alla luce
della pratica seguita prima della legge n. 40 del 2004 – si possa rendere necessario
il ricorso alla crioconservazione.
Se la tutela dell’embrione non è assoluta ma si spinge fino al punto di assicurare
concrete aspettative di gravidanza secondo quanto è stato esposto finora, allora
la legge n. 40 del 2004 con le norme che si commentano non avrebbe dovuto
escludere la possibilità di consentire l’accertamento delle molte variabili che ac-
compagnano la vicenda della procreazione assistita, quali per esempio la salute
e l’età della donna interessata e la possibilità che la donna produca embrioni
non forti intendendo con ciò non quelli che sono capaci di produrre una “razza
migliore” – espressamente e giustamente vietata dalla legge n. 40 del 2004 –, ma
semplicemente quelli che si possono rivelare più idonei a realizzare il risultato della
gravidanza e della procreazione.
In tali ipotesi, venendo meno la correlazione necessaria tra affievolimento e concrete
aspettative di gravidanza, pur ricorrendosi a un impianto degli embrioni nel numero
consentito dalla legge, l’impianto degli embrioni in un numero predeterminato dalla
legge può rivelarsi un inutile sacrificio dei primi proprio a causa delle fortemente di-
minuite probabilità di successo della tecnica di procreazione medicalmente assistita.
Si ammette, insomma, non un affievolimento della tutela dell’embrione in presenza
di un risultato possibile, ma un sostanziale sacrificio di esso a fronte di un risultato
fortemente improbabile.
In ciò, sembra al Collegio, che le due disposizioni rivelino la loro intrinseca irra-
gionevolezza.
107
Parte II • Elementi di biodiritto
Né tale situazione può ritenersi insussistente a causa del numero variabile da uno
a tre degli embrioni impiantabili sulla scorta del comma 2, dell’articolo 14 della
legge n. 40 del 2004, i quali consentirebbero quella variabilità indispensabile per
tener conto nella giusta misura della diversità di condizioni della donna.
La previsione del comma 2 dell’articolo 14 della legge n. 40 del 2004, sulla base
della pratica seguita fino alla sua introduzione, tende ad assicurare concrete pos-
sibilità di gravidanza alle persone di medie condizioni fisiche, mentre non fornisce
la medesima possibilità, nel senso che non la assicura nei confronti delle donne
non giovani o di quelle che non riescono a produrre contestualmente tre embrioni
di buona qualità nei sensi prima precisati. E in ciò si rivela, inoltre, la disparità di
trattamento dovuta alla circostanza che situazioni diverse debbono soggiacere allo
stesso trattamento predeterminato per legge.
La predeterminazione del numero degli embrioni producibili e successivamente
impiantabili, imposta dalla norma in modo aprioristico e a prescindere da ogni
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concreta valutazione del medico curante, sulla persona che intende sottoporsi al
procedimento di procreazione medicalmente assistita, appare rivelarsi non in linea
con quel bilanciamento di interessi (tutela dell’embrione – procreazione) che la
legge n. 40 del 2004 sembra voler perseguire.
E ancora, non tiene in nessuna considerazione la circostanza che nel caso della
procreazione medicalmente assistita, la cui peculiarità e delicatezza non vogliono
essere disconosciute, si è in presenza di un trattamento sanitario, vale a dire di
una “pratica terapeutica tesa a sopperire ad alterazioni dell’organismo” per la cui
somministrazione dovrebbe essere riconosciuta, al medico curante, la possibilità
di una valutazione del singolo caso sottoposto al trattamento.
Ma le disposizioni di cui si discute sembrano incorrere anche in un contrasto con
il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione.
Infatti, la limitazione del numero degli embrioni producibili e contestualmente im-
piantabili e il divieto della loro crioconservazione – se non nella circoscritta ipotesi
prima descritta – comporta che nell’ipotesi, tutt’altro che improbabile, di un tentativo
non andato a buon fine è necessario assoggettare la donna a un successivo tratta-
mento ovarico, a una pratica medica che comporta in sé il rischio della sindrome
da iperstimolazione ovarica e che trova nella legge, e non in esigenze di carattere
medico il suo fondamento. Pratica che, oltre a prescindere da ogni valutazione sulle
conseguenze sul piano fisico e psicologico della paziente a essa sottoposta, appare
addirittura in contrasto con i principi ai quali la legge n. 40 del 2004 dichiara di vo-
lersi ispirare, e che risultano espressamente enunciati nell’articolo 4, comma 2, lettera
a) nella parte in cui si afferma che uno dei principi di applicazione delle tecniche di
procreazione medicalmente assistita è quello della “minore invasività”.
Non sembra che possa ritenersi tale la limitazione della produzione del numero
degli embrioni e il divieto di crioconservazione di quelli eventualmente non im-
piantati che può comportare, nelle ipotesi tutt’altro che infrequenti di insuccesso del
tentativo, la ripetizione del procedimento a partire proprio dal trattamento ovarico
secondo quanto è stato appena esposto.
Tutto questo in presenza, peraltro, di una garanzia di tutela dell’embrione che la
stessa legge n. 40 del 2004 non riconosce in via assoluta.
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La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
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bile”. In tale caso l’embrione viene mantenuto in vita in vitro fino al suo
estinguersi. Anche in questo caso nessun possibile uso ai fini di ricerca
dell’embrione stesso.
È infine vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, anche
in questo caso fatto salvo quanto previsto dalla legge 194/1978.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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si creerebbero due figure di genitori: quelli biologici che forniscono il
materiale genetico e quelli legali che alleveranno il bambino”.16
Sul fronte laico si replica da un lato che il rapporto di procreazione
può avvenire anche al di fuori del matrimonio in una coppia di fatto o
in una donna single, dall’altro che non si può parlare di “dissociazione
generativa” tra i genitori genetici e biologici in quanto nel nostro or-
dinamento già esiste questa dissociazione ed è data dall’adozione. La
genitorialità, quindi, lungi dall’essere un fenomeno biologico, può anche
essere adottiva e procreativa.17
La legge, comunque, sul punto è chiara e pone uno specifico divieto
alla fecondazione di carattere eterologo.
16 Forum delle Associazioni familiari, Manifesto in difesa del valore della vita
umana, Bioetica – Rivista interdisciplinare, 1998, VI, 330.
17 Vedi tra gli altri contributi, Mori M., La fecondazione eterologa in uno stato laico,
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La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
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Il principio del consenso informato
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Parte II • Elementi di biodiritto
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prima dell’impianto in utero dell’ovulo fecondato. La legge non parla
di trattamento sanitario obbligatorio, ma l’irrevocabilità del consenso
sembra prefigurare una situazione nella quale il medico sia obbligato a
procedere comunque, a prescindere dal consenso e in palese violazione
del principio di volontarietà delle cure sancito dall’art. 32 della Costitu-
zione. Se si prefigurasse, invece, nella volontà della legge l’esistenza di
un trattamento sanitario obbligatorio, la più puntuale dottrina giuridica
ha comunque precisato che l’incostituzionalità della norma non verrebbe
salvata, dato che la seconda parte dell’art. 32 della Costituzione precisa
che la “legge non può in nessun modo violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana”. D’altra parte la ratio della norma è del tutto oscura
visto che la donna può procedere, una volta impiantato l’embrione e questi
diventato feto, all’interruzione volontaria della gravidanza.19 Laddove
invece fosse l’uomo a revocare il consenso, e questo non avrebbe esito
se la donna si facesse comunque fecondare, egli acquisirebbe comunque
la paternità del figlio nato senza possibilità alcuna di disconoscimento.
In realtà la norma avrebbe fatto bene a distinguere – come ha da
anni deciso anche il codice di deontologia medica – tra informazione al
paziente (in questo caso alla coppia) e relativa successiva acqusizione del
consenso. Anche perché l’informazione e il relativo consenso che deve
fornire la donna presenta profili diversi rispetto all’uomo. Alla donna si
prospetta un intervento medico e l’assunzione di responsabilità sull’even-
tuale figlio nato; all’uomo rileva soltanto quest’ultimo punto. Nulla infatti
vieta – anzi può essere auspicabile – l’opportunità di arrivare a “colloqui
individuali diretti ad approfondire questo o quel profilo”.20
19 Naddeo F., Accesso alle tecniche, in Stanzione P., Sciancalepore G., Procreazione
assistita – commento alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, Giuffrè, Milano, 2004, p. 114.
20 Ferrando G., Libertà, responsabilità e procreazione, op. cit.
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La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
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donna e dell’uomo.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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OBIEZIONE DI COSCIENZA
114
La procreazione medicalmente assistita • Capitolo 8
2. L’obiezione può essere sempre revocata o proposta anche al di fuori dei termini
di cui al comma 1, ma in tal caso la dichiarazione produce effetto dopo un
mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.
3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività
sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specifica-
mente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di procreazione
medicalmente assistita, e non dall’assistenza antecedente e conseguente l’in-
tervento.
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della coscienza di ognuno, qualche interprete propone un riconosci-
mento generale dell’obiezione di coscienza, quantomeno per tutte le
situazioni costituzionalmente tutelate. Il Comitato Nazionale di Bioetica
sembra avere sposato questa impostazione,23 mentre il legislatore pare
riconoscere solo i casi determinati tassativamente dalla legge: obiezione
di coscienza alle procedure abortive e alle procedure di procreazione
medicalmente assistita.
Per il resto, la regolamentazione dell’obiezione, ivi comprese le at-
tività escluse, ricalca le norme già viste sulle procedure abortive (vedi
Cap. 7).
23 Il
riferimento è al documento “Nota sulla contraccezione di emergenza” del
28 maggio 2004 (http://www.governo.it/bioetica/mozioni/index.html) in cui si
invoca il riconoscimento della cosiddetta “clausola di coscienza” in merito alla
contraccezione di emergenza, dato il riconosciuto “rango costituzionale dello
scopo di tutela del concepito che motiva l’astensione e, dunque, a prescindere da
disposizioni normative specificamente riferite”.
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Capitolo
9
IL DIBATTITO
SULLA RIANIMAZIONE
E SULLE CURE INTENSIVE
DEI “GRANDI PREMATURI”
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Com’è noto la gravidanza ha convenzionalmente un indice di misura-
zione in settimane. Le settimane di cui si compone una gravidanza so-
no 40, ma rientra comunque nei parametri di normalità una gravidanza
che dura da 38 a 42 settimane.
Quando una gravidanza si interrompe prima della 37a settimana la
donna partorisce un bambino pretermine. Una gravidanza che si inter-
rompe tra la 33a e la 37a settimana viene definita “lievemente pretermi-
ne”. La sorte di questi bambini è ormai percentualmente simile a quel-
la dei nati a termine.
Quando la gravidanza si interrompe tra la 28a e la 32a settimana si
parla di gravidanza “molto pretermine”. In questi casi, ai giorni nostri,
le possibilità di sopravvivenza sono elevate – intorno al 95% – soprat-
tutto dopo l’avvento di cure importanti come le terapie cortisoniche e a
base di surfattante.
Quando la gravidanza si interrompe prima della 28a settimana si par-
la di gravidanze “estremamente pretermine” e di conseguenza di bam-
bini “grandi prematuri” o di “età gestazionale estremamente bassa”.1 In
questa fascia bisogna ulteriormente distinguere tra bambini nati tra la
26a e la 27a settimana, in cui generalmente si ritiene che le cure, pur se
117
Parte II • Elementi di biodiritto
<22
– 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43
Neonato
di incerta
vitalità
Post-
Pretermine A termine
termine
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complesse e di difficile gestione, siano assolutamente opportune e con
possibilità di successo, e la fascia di gravidanze che si interrompono tra
le 22a e le 25a settimana di gestazione, i cui bambini vengono definiti di
“incerta vitalità” e la cui sopravvivenza o la sopravvivenza senza esiti
risultano a percentuali bassissime (Fig. 9.1).
Si registra una incertezza all’interno della fascia di età in cui si defi-
nisce il neonato di incerta vitalità. Nella letteratura internazionale vi sono
classificazioni più ampie (comprese tra ventidue a ventotto settimane) e
classificazioni più ristrette (comprese tra ventidue e venticinque settima-
ne); nella letteratura italiana vi è la tendenza a sposare la classificazio-
ne più ristretta.
Il bambino nato tra la 22a e la 25a settimana di età gestazionale na-
sce con un peso compreso tra i 400 e i 600 g, con organi e sistemi im-
maturi a fortissimo rischio di episodi settici e di emorragie.2
Le motivazioni di ordine clinico che portano all’anticipazione del
parto a epoche così immature sono di vario tipo e di vario ordine: gravi-
danza multipla o spontanea o da superstimolazione farmacologica del-
l’ovulazione, trasferimento di embrioni nelle tecniche di procreazione
assistita, malformazioni uterine, insufficienza cervicale ecc., fino ad ar-
rivare all’interruzione volontaria della gravidanza di tipo terapeutico al
limite delle 22-24 settimane.
Si pone in questi casi il problema della liceità e dell’opportunità etica
di rianimare e di sottoporre a cure intensive questa tipologia di neonati.
2 Pignotti S.M., All’alba della vita – gli incerti confini delle cure intensive neonatali,
Le Lettere, Firenze, 2008, p. 66.
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Il dibattito sulla rianimazione e sulle cure intensive dei “grandi prematuri” • Capitolo 9
IL CONCETTO DI VITALITÀ
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stato reciso oppure no”. Di conseguenza, sempre secondo l’OMS è nato
morto “il prodotto del concepimento di 28 settimane di gestazione (196
giorni) o più, completamente espulso o estratto dalla madre che non mo-
stri una qualunque presenza di vitalità come: respiro spontaneo o dopo
stimolazioni, pulsazioni cardiache o del cordone ombelicale”.
Nella legislazione italiana la definizione di aborto – e quindi non di
“nato vivo” – è piuttosto datata, in quanto risale agli anni ’70. Si defini-
sce aborto “l’interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza che
si verifica prima del 180° giorno dall’inizio della gestazione”.3 Di conse-
guenza “è considerata invece come parto, a tutti gli effetti, l’interruzio-
ne spontanea, o terapeutica, della gravidanza successiva al 180° giorno
dall’inizio della gestazione”. In una interpretazione letterale della nor-
ma si considera quindi aborto ogni nato prima delle 25 settimane di ge-
stazione. La giurisprudenza ha precisato che tale norma “fa riferimen-
to a una nozione di evento interruttivo diversa da quella propria della
scienza medica, facendo coincidere tale evento – per evidenti esigenze
di certezza e in armonia con le finalità di tutela perseguite dalla legge –
non con la morte del prodotto del concepimento (non sempre accerta-
bile con facilità e sicurezza) ma con il dato certo dell’espulsione del fe-
to, rapportato all’altro dato, certo e legislativamente stabilito, costituito
dai 180 giorni dall’inizio della gravidanza”.4 Esigenze di certezza legate
ai diritti delle lavoratrici madri hanno portato alla definizione di aborto,
che non ci è granché utile in questa sede.
Peraltro di questi nati non viene nemmeno fatta la denuncia di na-
scita, ma “i prodotti abortivi” vengono seppelliti e “a richiesta dei geni-
119
Parte II • Elementi di biodiritto
tori, nel cimitero possono essere raccolti con la stessa procedura anche
prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane”.
In questi casi “i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24
ore dall’espulsione o estrazione del feto, domanda di seppellimento al-
l’unità sanitaria locale accompagnata da certificato medico che indichi
la presunta età di gestazione e il peso del feto”.
Come abbiamo visto nel capitolo 7 dedicato all’interruzione volon-
taria della gravidanza, l’art. 7 della legge 194/1978 specifica che “quan-
do sussiste possibilità di vita autonoma del feto”, l’interruzione volon-
taria della gravidanza “può essere praticata solo nel caso in cui la gra-
vidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna”
e “il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea
a salvaguardare la vita del feto”. Il legislatore quindi non fa alcun riferi-
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mento all’età gestazionale, ma alla possibilità di vita autonoma del fe-
to. Le posizioni in campo – sull’interpretazione da dare al disposto legi-
slativo della legge sull’interruzione della gravidanza – divergono, come
spesso accade, fortemente.
In una prospettiva che potremmo definire di tipo laico, ma anche di
tipo professionale, si sostiene che il criterio sposato dal legislatore è di
tipo clinico e l’accertamento della vitalità viene fatto con giudizi medici
che possono spostare il limite legale dei 180 giorni. Ovviamente la pos-
sibilità di vita autonoma del feto e la sua capacità di sopravvivenza so-
no legate all’età gestazionale, alle evidenze scientifiche disponibili e al-
la reale possibilità di vita autonoma5 tenendo quindi conto che la na-
scita da una “terminazione di gravidanza” fa sì che si debbano consi-
derare due fattori “importantissimi e pesantissimi: l’estrema prematuri-
tà e la grave patologia da cui è affetto”. Da una prospettiva che potrem-
mo definire di tipo cattolico si sostiene invece che la “possibilità di vita
autonoma” di cui parla la legge deve essere “sottolineata perché indica
qualcosa di assai diverso dalla probabilità e prende perciò in considera-
zione anche ipotesi assolutamente rare”.6 Da un lato quindi si sostiene
che bisogna seriamente valutare le possibilità di successo di vita auto-
noma e la qualità della vita residua tenendo conto dei gravi handicap a
cui può andare incontro, dall’altro invece si sostiene sempre l’interven-
to medico. Quest’ultima posizione appare in effetti difficilmente soste-
nibile nell’era della medicina basata sull’evidenza scientifica, in quanto
le cure comunque devono sottostare al principio etico della beneficiali-
tà e non si possono giustificare trattamenti che non siano improntati a
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Il dibattito sulla rianimazione e sulle cure intensive dei “grandi prematuri” • Capitolo 9
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porta a non intraprendere trattamenti in quelle condizioni nelle qua-
li vi siano dati statistici di prognosi infausta;
2. un approccio prognostico-individualistico, tipico del mondo britan-
nico, consistente nella propensione a sospendere ogni trattamento
di fronte a un deterioramento della situazione clinica;
3. un approccio di attivismo terapeutico, definito anche dell’attesa, ti-
pico del mondo statunitense, caratterizzato dall’intervento intensivi-
stico in ogni caso del neonato prematuro, che viene continuato solo
fino a che si sia certi della imminente morte del bambino.8
7 Adamo M., Infanticidio e vitalità, Atti del X Congresso di Medicina Legale e delle
Assicurazioni, Parma, 1949, citato in Pignotti S.M., All’alba della vita, op. cit.
8 Questa classificazione è stata ricostruita all’interno del parere del Comitato
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Parte II • Elementi di biodiritto
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dico deve prendere in considerazione l’opportunità di non iniziare o
continuare le cure straordinarie che sarebbero “sproporzionate” al-
l’obiettivo di operare sempre nel migliore interesse del paziente. Ov-
viamente, tali opportunità devono essere partecipate e valutate con
i genitori. A questi bambini devono sempre essere assicurate le cure
ordinarie, cioè l’assistenza confortevole.
3. Età gestazionale 24 settimane (168-174 giorni). Il taglio cesareo
può eccezionalmente essere preso in considerazione per motivi fe-
tali. Il trattamento intensivo del neonato è più indicato che a 23 setti-
mane, sempre però sulla base di criteri clinici obiettivi favorevoli che
suggeriscano di procedere con le cure straordinarie, come la presen-
za di sforzi respiratori spontanei, la presenza di una frequenza car-
diaca valida, la ripresa del colorito cutaneo.
4. Età gestazionale 25 settimane (175-180 giorni). Il taglio cesareo
può essere effettuato anche per indicazione fetale. I neonati devo-
no essere rianimati e sottoposti a cure intensive, straordinarie, sal-
vo che non presentino condizioni cliniche gravemente compromes-
se che suggeriscano una impossibilità alla sopravvivenza.
9 Consiglio Superiore di Sanità, Raccomandazioni per le cure perinatali nelle età gesta-
zionali estremamente basse (22-25 settimane) http://www.ministerosalute.it/imgs/
C_17_minpag_549_documenti_documento_0_fileAllegatoDoc.pdf. Il gruppo, coordi-
nato dal presidente del Consiglio Superiore di Sanità Prof. Franco Cuccurullo e dalla
Dott.sa Maura Cossutta, ha messo a punto un documento conclusivo condiviso all’una-
nimità dai rappresentanti dell’ISS, delle Società scientifiche e delle associazioni di gi-
necologia e ostetricia, pediatria, neonatologia, medicina perinatale e medicina legale.
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Il dibattito sulla rianimazione e sulle cure intensive dei “grandi prematuri” • Capitolo 9
• tra 22+0 e 22+6 settimane “al neonato devono essere offerte solo le
cure compassionevoli, salvo in quei casi, del tutto eccezionali, che
mostrassero capacità vitali”;
• tra 23+0 e 23+6 settimane “quando sussistano condizioni di vitalità, il
neonatologo, coinvolgendo i genitori nel processo decisionale, deve
attuare adeguata assistenza, che sarà proseguita solo se efficace”;
• tra le 24+0 e 24+6 settimane “il trattamento intensivo è sempre indi-
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cato e va proseguito in relazione alla sua efficacia”;
• a partire dalle 25+0 settimane di età gestazionale vi è elevata proba-
bilità di sopravvivenza, anche se dipendente da cure intensive.
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Parte II • Elementi di biodiritto
alla nascita dei parametri vitali non può avere un rigoroso valore progno-
stico e non può giustificare una aprioristica decisione di desistenza tera-
peutica”; inoltre, specifica , non si deve sottovalutare il fatto che il danno
cerebrale acuto maggiore, ovvero l’emorragia cerebrale di quarto grado,
“può dare esito a normalità neurologica in circa il 10-15% dei casi” e infi-
ne “il mero fatto che la vita del neonato, dopo le prime cure rianimatorie,
possa continuare con un handicap dovuto alla sua prematurità e ai dan-
ni cerebrali che possono in certi casi conseguirne, non dimostra la futilità
del trattamento cui sia stato sottoposto”. Secondo il Comitato Nazionale
di Bioetica interrompere un trattamento gravoso non è bioeticamente ac-
cettabile solo per il fatto di evitare “la gravosità di una vita con handicap”.
L’impostazione pro life di matrice cattolica è evidente nelle parole del
Comitato di Bioetica. Altro motivo di dissenso con la “Carta di Firenze” è
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rappresentato dal ruolo dei genitori. La “Carta di Firenze” infatti, nel ca-
so di cure sperimentali prevede sempre il coinvolgimento dei genitori nel
processo decisionale. Tale posizione si basa sui principi generali del con-
senso informato11 e sulla necessità che proprio i genitori devono avere
l’ultima parola su terapie sperimentali che possono anche non essere di
alcun beneficio per quel bambino o che possono mantenerlo vivo al costo
di gravissime disabilità. Su tutt’altro pianeta si pone invece il Comitato Na-
zionale di Bioetica laddove specifica che “il criterio bioetico fondamentale
che deve orientare ogni decisione in materia debba essere la tutela della
vita del neonato, che non può ricevere pregiudizi per il solo fatto della sua
nascita prematura”, quindi prescindendo da un eventuale dissenso dei ge-
nitori. Conclude il Comitato Nazionale di Bioetica che in generale si devo-
no adottare per la rianimazione dei neonati criteri “non differenti da quelli
che vengono adottati per rianimare un bambino uscito dalla fase neonata-
le o un adulto”. Infine appare “eticamente inaccettabile, oltre che scientifi-
camente opinabile, la pretesa di individuare una soglia temporale a parti-
re dalla quale rifiutare, a priori, ogni tentativo di rianimazione”.
Il dissenso con la “Carta di Firenze” non poteva essere più netto, l’im-
postazione culturale agli antipodi.
Sul punto della critica a un’età gestazionale minima per rianimare si
obietta che “l’età gestazionale è un parametro serio, attendibile, scienti-
ficamente provato, che testimonia una maturità fetale acquisita o da ac-
quisire, pur con tutta la variabilità biologica che esiste tra un individuo e
un altro. L’età gestazionale è il parametro valutato come statisticamen-
te significativo per la prognosi in tutto il mondo”.12
11 Vedi
capitolo 11.
12 Pignotti
S., Il dovere del medico e i cinici della sopravvivenza a oltranza, Mi-
cromega, 2008, 2.
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materna
Carta
No RCP No RCP RCP + TIN indicate RCP + TIN indicate
di
solo se è presente salvo situazioni
Firenze Sì cure palliative Sì cure palliative attività vitale incompatibili
con la vita
CSS No RCP (salvo casi Sì RCP RCP + TIN sempre RCP + TIN sempre
eccezionali) indicate indicate
CNB RCP + TIN sono RCP + TIN sono RCP + TIN sono RCP + TIN sono
sempre indicate sempre indicate sempre indicate sempre indicate
Legenda: CSS = Consiglio Superiore di Sanità; CNB = Comitato Nazionale di Bioetica; RCP =
Rianimazione Cardiopolmonare; TIN = Terapia Intensiva Neonatale.
13 Ilriferimento è alla “Lettera aperta al Ministro del lavoro, della salute e delle
politiche sociali” inviata nel giugno 2008 dai Consigli direttivi della società di
anestesia, rianimazione neonatale e pediatria italiana (SARNePI), di Italian Re-
suscitation Council (IRC) e del Club italiano degli anestesisti di ostetricia (CIAO).
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Parte II • Elementi di biodiritto
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a) la “Carta di Firenze” elaborata da un gruppo di ostetrici, bioeticisti e
giuristi nel 2006;
b) il documento del Consiglio superiore di sanità – organo consultivo
del ministero della salute (oggi del welfare) – che ha preso come ba-
se di lavoro proprio la “Carta di Firenze”;
c) il parere del Comitato Nazionale di Bioetica sulla “Carta di Firenze”.
14 Intervento al convegno “Le sfide della neonatologia alla bioetica e alla società:
le buone ragioni della Carta di Firenze” tenuto presso l’azienda ospedaliera Meyer
a Firenze il 30 e 31 ottobre 2008 e organizzato dalla Consulta di Bioetica.
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Il dibattito sulla rianimazione e sulle cure intensive dei “grandi prematuri” • Capitolo 9
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Supponiamo di essere nel primo caso, quello delle cure sperimen-
tali: prescindere dal consenso dei genitori contrasta con i principi co-
stituzionali, con i principi delle leggi ordinarie e sopratutto con i prin-
cipi di civiltà. Soprattutto laddove (è il Comitato Nazionale di Bioetica
che lo scrive) “la previsione di una disabilità anche grave, ma compati-
bile con la vita, destinata a colpire il neonato prematuro, non può giu-
stificare la desistenza delle cure a suo favore”. Un intervento di caratte-
re sanitario che rischia di provocare, con altissime probabilità, una di-
sabilità grave non è un intervento che possa prescindere dal consen-
so dei genitori.
Intervenire comunque a prescindere dal consenso e quindi dalla vo-
lontà configura grave violazione del secondo comma dell’art. 32 della
Costituzione che limita i trattamenti sanitari obbligatori alla previsione
di specifici testi di legge che li prevedano.
Il secondo punto da affrontare è relativo al valore normativo delle
raccomandazioni ministeriali e del Comitato Nazionale di Bioetica. L’Ita-
lia è verosimilmente l’unico Paese in cui le linee guida vengono pub-
blicate addirittura nella Gazzetta Ufficiale. è ben curioso che compor-
tamenti clinici, suscettibili di ricerca, aggiornamenti e sperimentazioni
possano essere cristallizzati in una sorta di atto normativo.
Vi sono inoltre confusioni semantiche su questi documenti, che ven-
gono chiamati di volta in volta linee guida, job descriptions, protocolli,
raccomandazioni ecc. Lo stesso Ministero fino al 2005 era propenso a
chiamarli linee guida, mentre oggi parla di raccomandazioni, salvo poi
specificare che sono delle linee guida. Ricordiamo la recente ordinanza
del Consiglio di Stato (5311/2008) sulla limitazione posta dalla Regio-
ne Lombardia alla eseguibilità dell’interruzione volontaria della gravi-
danza alle 22 settimane anziché alle 24 con la motivazione, tra l’altro,
che non si possono normare, da parte dell’autorità amministrativa, at-
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Parte II • Elementi di biodiritto
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Capitolo
10
Le mutilazioni
genitali femminili
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Le ondate migratorie hanno portato il nostro Paese a confrontarsi con
fenomeni nuovi, quali le mutilazioni genitali femminili (MGF, dette an-
che FGM, female genital mutilation), che hanno trovato, dopo ampio di-
battito, la risposta del nostro legislatore.
Un fenomeno di tale ampiezza e di tale gravità coinvolge non sol-
tanto i problemi giuridici ma anche la riflessione bioetica, deontologica
e psicologica del problema.
In primo luogo c’è da chiarire con esattezza cosa si intende per muti-
lazioni genitali, termine che è da preferire al più blando e tranquillizzante
“circoncisione femminile” e che echeggia la “circoncisione maschile”, fe-
nomeno che solo lontanamente assomiglia alle mutilazioni femminili.
Per mutilazioni genitali femminili si intendono tutte quelle procedure
che comportano la rimozione totale o parziale dei genitali esterni fem-
minili o altri interventi dannosi sugli organi genitali per ragioni culturali
o religiose e sicuramente non terapeutiche.
Le MGF si suddividono convenzionalmente in quattro distinte tipolo-
gie, anche se è bene precisare che le varietà che si incontrano possono
essere ben più numerose:
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Parte II • Elementi di biodiritto
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Fig. 10.1 Sunna. Fig. 10.2 Escissione del clitoride
e delle piccole labbra.
Fig. 10.3 Infibulazione con sutura. Fig. 10.4 Infibulazione senza sutura.
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Le mutilazioni genitali femminili • Capitolo 10
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minuzione della libido femminile. Il mondo islamico è diviso riguardo le
MGF, e vi è anche una corrente di oppositori che contesta che tale pratica
sia realmente islamica, dato che era preesistente all’islam; inoltre, sosten-
gono gli oppositori, non sembra assolutamente possibile pensare che “Dio
ordini alla donna di mutilare un organo sano frutto della sua creazione”.
Ben gravi possono essere i danni che vengono causati dalle MGF, che
possiamo distinguere in danni a breve termine e danni a lungo termine.
Rientrano tra i primi episodi emorragici, shock, infezioni, lacerazioni di altri
organi come vescica, uretra e pareti vaginali, ritenzione urinaria. Rientrano
nei danni a lungo termine gli esiti cicatriziali che possono complicare il
parto e i rapporti sessuali, il ristagno di urine e sangue mestruale, la forma-
zione di fistole, frigidità, assenza di orgasmo, depressione, psicosi ecc.
Da un punto di vista bioetico è intervenuto il Comitato Nazionale di
Bioetica (CNB) dichiarando l’inaccettabilità della pratica delle mutila-
zioni genitali femminili con le testuali motivazioni che seguono:
La legge islamica, o Shari’a, si fonda su “quattro radici del diritto”, o fonti, che
sono rappresentate:
a) dal Corano che è la fonte suprema della religione e del diritto;
b) dalla Sunna, o tradizione, che è l’insieme delle regole fondate sulle parole, le
azioni e gli assensi del Profeta;
c) dal consenso unanime, o Igma: il consenso dei fedeli, quando è ininterrotto e
unanime, è riconosciuto come autentica parola di Dio;
d) dal ragionamento analogico, o Qiyas, a cui si accede solo quando le prime
tre fonti non forniscono una chiara regola di comportamento. A differenza delle
prime tre fonti, questa non è di origine divina.
Dariusch Atighetchi, Islam, musulmani e bioetica, Armando Editore, Roma,
2002, p. 211.
Dariusch Atighetchi, Islam, musulmani e bioetica, op. cit.
Comitato Nazionale di Bioetica, La circoncisione: Profili bioetici, 25 settembre
1998, in http://www.governo.it/bioetica/testi/250998.html
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Parte II • Elementi di biodiritto
Il CNB è ben consapevole del rispetto che è doveroso prestare alla pluralità delle
culture, anche quando queste si manifestino in forme estremamente lontane da
quelle della tradizione occidentale, e del gran valore del giusto confronto con la
diversità culturale, che è oggetto di continuo studio. Ritiene non di meno – e con-
sapevolmente contro il parere di pur illustri antropologi – che nessun rispetto sia
dovuto a pratiche, ancorché ancestrali, volte non solo a mutilare irreversibilmente
le persone, ma soprattutto ad alterarne violentemente l’identità psicofisica, quando
ciò non trovi una inequivocabile giustificazione nello stretto interesse della salute
della persona in questione. È evidente che le pratiche di circoncisione femminile
non sono poste in essere per ovviare a problemi di salute né fisica, né psichica delle
donne che le subiscono, anzi esse comportano gravi conseguenze negative sulla
salute delle donne che a esse vengono sottoposte. Il CNB non può quindi che ri-
tenerle eticamente inammissibili sotto ogni profilo e auspicare che vengano espli-
citamente combattute e proscritte, anche con l’introduzione di nuove, specifiche
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norme di carattere penale.
La normativa italiana
sulle mutilazioni genitali femminili
Gli auspici del Comitato Nazionale di Bioetica sono stati recepiti dal legi-
slatore con la legge 9 gennaio 2006, n. 7 “Disposizioni concernenti la pre-
venzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”.
La legge, oltre a contenere norme sanzionatorie severe, prevede una
serie di attività dirette “alla prevenzione, all’assistenza alle vittime e alla
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Le mutilazioni genitali femminili • Capitolo 10
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Art. 583 bis – Pratiche di mutilazione genitale femminile
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli or-
gani genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini
del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi geni-
tali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pra-
tica che cagioni effetti dello stesso tipo.
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le
funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate
al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con
la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione
è di lieve entità.
La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo
comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per
fini di lucro.
Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso
all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di
cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito
a richiesta del Ministro della giustizia.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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mina, stante il limite previsto dall’art. 5 del codice civile, rispetto agli
interventi nel corpo umano, quelli che non comportano una menoma-
zione permanente dell’integrità fisica” e i genitori possono validamente
consentire agli interventi sul corpo delle figlie minori solo in quanto si
presentino utili per le stesse, e quindi siamo al di fuori delle ipotesi pre-
viste per le mutilazioni genitali.
Né tantomeno può essere scriminato il fatto sulla base dell’art. 51,
in quanto “non è rinvenibile nel nostro ordinamento a favore dei geni-
Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona
che può validamente disporne.
Art. 51 c.p. – Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere
Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una dimi-
nuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla
legge, all’ordine pubblico o al buon costume.
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Le mutilazioni genitali femminili • Capitolo 10
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escissione e infibulazione) e da cui derivi una malattia nel corpo e nella
mente. La riconducibilità delle mutilazioni genitali – di qualunque tipolo-
gia – nella categoria delle lesioni personali volontarie era stata già ope-
rata dalla dottrina giuridica e medico-legale.11
Vi è inoltre un aggravante se il fatto viene commesso nei danni di un
minore o se il fatto viene commesso per fini di lucro.
Interessante è anche l’ultimo comma dell’art. 583 bis, laddove si de-
roga al generale principio del locus commissi delicti previsto dall’art. 6
del codice penale,12 che sancisce, come è noto, la punibilità nel territorio
dello Stato italiano di fatti costituenti reato, e andando ad aggiungersi di
fatto alle fattispecie previste dall’art. 7 del codice penale.13
Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge
italiana.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato quando l’azione o l’omis-
sione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato
l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione.
13 Art. 7 c.p. – Reati commessi all’estero
135
Parte II • Elementi di biodiritto
Per gli esercenti una professione sanitaria – quindi non soltanto me-
dica – è prevista, in caso di condanna, la pena accessoria per l’interdi-
zione della professione da tre a dieci anni. L’ultimo periodo dell’art. 583
ter recita che della sentenza di condanna viene data comunicazione al-
l’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Stante le innovazioni
apportate anche per le altre professioni sanitarie e la istituzione di albi
professionali con relativi ordini, quest’ultima disposizione deve inten-
dersi valida anche per le altre professioni.14
Sono infine previste sanzioni severe anche per la struttura in cui si
praticano le mutilazioni genitali femminili. L’art. 8 della legge 7/2006 in-
troduce infatti una modifica al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 “Disciplina
della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle so-
cietà e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma
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dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” e introduce a tale
fonte l’art. 25 quater, che riportiamo per esteso:
Nel 2003 si aprì un dibattito nazionale su proposta del Dott. Omar Abdul-
cadir, ginecologo del Centro di riferimento regionale per la prevenzione
5. ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni inter-
nazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana.
14 Il riferimento è alla legge 1 febbraio 2006, n. 43 “Disposizioni in materia di
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Le mutilazioni genitali femminili • Capitolo 10
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– pur forte come quello che è stato poi recepito con la legge 7/2006
– difficilmente può cambiare la mentalità e i principi religiosi radicati
nel tempo. Data l’importanza del rito, questo viene conservato, ma
si evitano gli effetti mutilanti. Queste sono state le motivazioni eti-
che favorevoli che sono emerse. Tra le motivazioni etiche contrarie vi
è quella che sostiene che la pratica sostitutiva delle infibulazioni è la
sostanziale accettazione dei disvalori che sono alla base delle muti-
lazioni genitali.
Da un punto di vista deontologico, la Commissione regionale di bioe-
tica della Regione Toscana afferma che tale rito alternativo, non essendo
mutilante né doloroso (vista la previa applicazione della crema ane-
stetica), può essere considerato come atto da inserire nella globale at-
tività di prevenzione dei danni da infibulazione. Esso non deve essere
considerato un atto strettamente medico, ma rientra nella più generale
categoria degli “atti sanitari” e può essere assimilato alla circoncisione
rituale maschile, anch’essa caratterizzata da ritualità e mancanza di
terapeuticità, e che in realtà è maggiormente foriera di rischi rispetto
alla sunna lievissima, ma accettata come rito. La Commissione regio-
nale toscana dà inoltre indicazioni al personale sotto il duplice profilo
della opportunità e della coercitività della partecipazione delle profes-
sioni della salute a tale pratica. Riportiamo testualmente:
137
Parte II • Elementi di biodiritto
Da uno stretto punto di vista giuridico tale pratica – pur potendo con-
tenere quanto meno come ipotesi di scuola ipotesi di reato15 – può essere
tutto sommato considerata lecita o quanto meno da tollerare visti i rischi
“pressoché inconsistenti” di azioni giudiziarie con medici e genitori.
Infine, sotto il profilo della possibilità di effettuazione nelle strutture
pubbliche, la sunna lievissima è da considerarsi non praticabile, e stante
l’assenza di terapeuticità non è consentito quindi l’utilizzo di risorse fi-
nanziarie pubbliche che “può dare luogo al delitto di peculato per distra-
zione (art. 314 codice penale)”.16
Non vi è dubbio che la sunna lievissima rappresenta una delle stra-
tegie che si prefigge la diminuzione della pratica delle mutilazioni. Non
possiamo quindi non concordare con il suo ideatore, che auspica che
questa pratica porti almeno ad evitare a una bambina la tragedia della
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mutilazione.
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Capitolo
11
il consenso informato
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Premessa
1 Spinsanti S., Sul buono e sul cattivo uso, Panorama della Sanità, 20, 25 maggio
1998.
2 Santosuosso A. (a cura di), Il consenso informato, tra giustificazione del medico
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Parte II • Elementi di biodiritto
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il fondamento della liceità dell’atto medico e come tale deve diventare
prassi”.4
Sul punto è intervenuta la giurisprudenza della suprema Corte di
Cassazione, la quale ha stabilito che il consenso costituisce l’essenziale
e imprescindibile legittimazione giuridica dell’atto medico, altrimenti
passibile d’essere valutato come reato.5
Il codice di deontologia medica (2006) all’art. 35 stabilisce che “il
medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza
l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente”.
Il consenso, per essere validamente prestato, deve essere informato.
Il consenso informato non può considerarsi implicito o automaticamente
desumibile dal fatto che l’attività del medico sia preordinata al bene del
paziente. Nell’etica medica attuale, il consenso informato ha assunto un
ruolo chiave, consentendo la piena valorizzazione delle scelte compiute
dal paziente competente, sulla base del principio di autonomia.6
La tematica del consenso informato si è imposta per le elaborazioni
dottrinali, giurisprudenziali e bioetiche. Brillava per assenza la regola-
mentazione normativa, a parte alcune leggi di settore. A questa lacuna
stanno ovviando due importanti fonti normative che devono ancora però
avere piena attuazione nel nostro Paese: la cosiddetta “Carta di Nizza” e
la cosiddetta “Convenzione di Oviedo”.
La “Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea”, detta “Carta
di Nizza”, in quanto ivi ratificata il 7-9 dicembre 2000 – una sorta di em-
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Il consenso informato • Capitolo 11
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dell’informazione e del consenso. Riportiamo qui di seguito l’art. 5 che
delinea una “regola generale”, mentre nei paragrafi successivi verranno
discussi gli altri articoli. L’art. 5 della “Convenzione di Oviedo” recita:
Qualsiasi intervento in campo sanitario non può essere effettuato se non dopo
che la persona interessata abbia dato il proprio consenso libero e informato.
Questa persona riceve preventivamente un’informazione adeguata in merito
allo scopo e alla natura dell’intervento nonché alle sue conseguenze e ai suoi
rischi.
La persona interessata può liberamente ritirare il proprio consenso in qualsiasi
momento.
141
Parte II • Elementi di biodiritto
L’informazione
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Assumono quindi rilevanza l’informazione e i caratteri della stessa. Il
medico viene riconosciuto come il soggetto a cui è demandato il dovere
di informare,9 di dare un’informazione.
Il medico ha il dovere di informare e il paziente ha il diritto di essere in-
formato, ma non può essere obbligato a essere informato. Correttamente,
il Codice di deontologia medica 2006 ha stabilito che “la documentata vo-
lontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro
soggetto l’informazione deve essere rispettata”. “Documentata volontà”
significa quindi espressione del paziente in forma scritta o espressa per
testimoni. Analogamente il Codice di deontologia infermieristica (1999)
precisa che l’infermiere riconosce al paziente “il diritto alla scelta di non
essere informato”, oltreché adoperarsi affinché lo stesso paziente “di-
sponga di informazioni globali e non solo cliniche” (art. 4.5 C.D.I. 1999).
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Il consenso informato • Capitolo 11
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c) completa, il contenuto dell’informazione deve avere per oggetto “i
dati essenziali, attinenti alla diagnosi, alla prognosi, alla terapia me-
dica e chirurgica, alle alternative terapeutiche, ai benefici e rischi della
medesima, al decorso postoperatorio, ai tempi di degenza, all’inci-
denza dell’intervento sulla vita futura, dovendo il livello di informa-
zione essere proporzionato anche alla gravità dell’intervento e altresì
adeguato alla volontà di conoscenza, espressa dalle richieste del sog-
getto”. Anche su questo punto è intervenuto l’art. 33 del Codice di
deontologia medica il quale precisa che “ogni ulteriore richiesta di in-
formazione da parte del paziente deve essere comunque soddisfatta”.
IL CONSENSO
• il maggiorenne;
• il maggiorenne incosciente;
• il minore;
• il paziente inabilitato e interdetto.
143
Parte II • Elementi di biodiritto
È ormai assodato che il consenso deve essere prestato dallo stesso sog-
getto destinatario del trattamento sanitario. Questo è un principio sancito
dal Codice di deontologia medica, dalla giurisprudenza e dal principio
personalistico desumibile dal nostro ordinamento giuridico. Il soggetto
deve essere maggiorenne e capace di intendere e volere, e il suo consenso
informato deve essere attuale e reale.
Il consenso nell’emergenza
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prestare il suo consenso perché non cosciente, si fa riferimento alla teoria
del consenso presunto o presumibile.11 In questo caso si ricorre alla
presunzione che il soggetto agisca secondo l’id quod plerumque accidit,
cioè si agisce come se ci fosse il consenso, in quanto si presume che il
paziente avrebbe prestato, se avesse potuto, il proprio consenso al tratta-
mento sanitario. In questo caso non si riconosce alcun potere ai familiari
o ai prossimi congiunti. Il termine prossimo congiunto non è chiaro ed è
indeterminato; inoltre bisogna tenere presente che il familiare può avere
un interesse contrapposto a quello del paziente, poiché ne è l’erede. Il
codice di deontologia medica, al riguardo, specifica che “l’informazione
ai congiunti è ammessa solo se il paziente consente”.
Vi possono essere situazioni in cui il soggetto abbia, da cosciente,
lasciato disposizioni per i trattamenti sanitari futuri proprio in previsione
di casi in cui non avesse potuto prestare il consenso.
Non essendoci riferimenti normativi in proposito, la dottrina giuri-
dica prevalente richiede però che il consenso e il mancato consenso o
addirittura, come in questo caso, il dissenso, debbano essere attuali. In
mancanza di tale requisito e in mancanza della possibilità di adottare in
Italia il living will 12 o testamento biologico, il medico può intervenire. È
utile precisare però che, sul punto, le opinioni non sono concordi.
11 La teoria del consenso presunto non è l’unica teoria sul punto. La dottrina giu-
ridica ne ha elaborate altre quali “la teoria dell’atipicità del fatto per la socialità
del trattamento medico, la teoria della scriminante non codificata detta anche
necessità medica, ricorrenza dello stato di necessità ex art. 54 c.p.” Per una rico-
struzione puntuale delle varie teorie, vedi Iadecola G., Potestà di curare e consenso
del paziente, Cedam, Padova, 1998, p. 90.
12 Il living will è un “documento redatto da soggetto competente prima del futuro
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Il consenso informato • Capitolo 11
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di posizione (per esempio, in tema di rifiuto alle cure) e delle conseguenze
di tale rifiuto. In mancanza di una reale e consapevole presa di posizione
del paziente deve valere la regola del consenso presunto, non essendo
accettabile un consenso che non presenti i requisiti dell’attualità. Diverso
si presenta invece un documento di direttive anticipate sull’accanimento
terapeutico rispetto al rifiuto del trattamento salvavita per le implicazioni
etiche che comporta.
Il paziente minore
nel soggetto stesso, per ragioni cliniche, venga meno la possibilità di prendere
un’autonoma decisione”. Barni M., I testamenti biologici: un dibattito aperto, Rivista
italiana di medicina legale, 835, 4, 1994.
13 Art. 316 c.c. (così sostituito dall’art. 137, legge 19 maggio 1975, n. 151 “Riforma
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Parte II • Elementi di biodiritto
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regolato, in questi casi, secondo quanto disposto dall’art. 155.
Art. 317 bis c.c.– Esercizio della potestà
Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui.
Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l’esercizio della potestà spetta
congiuntamente a entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni
dell’art. 316. Se i genitori non convivono, l’esercizio della potestà spetta al genitore
con il quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo
che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell’esclusivo interesse del figlio, può
disporre diversamente; può anche escludere dall’esercizio della potestà entrambi
i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore.
Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull’istruzione, sul-
l’educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.
Art. 155 c.c. – Provvedimenti riguardo ai figli
Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di
mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere
cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi
con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la
finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione perso-
nale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento
all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che
i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi
i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso
ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve
contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli.
Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i
genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale
è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli
relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo
tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei
figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle
decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i
genitori esercitino la potestà separatamente. …Omissis…
146
Il consenso informato • Capitolo 11
• è presente uno solo dei genitori: l’altro genitore cioè, non può
esercitare la potestà per motivi di “lontananza, incapacità o altro
impedimento”. Il codice civile in questo caso stabilisce che la potestà
deve essere esercitata “in modo esclusivo” dal genitore presente; di
conseguenza ogni decisione spetta a lui;
• i genitori sono divorziati o separati: in questo caso la recente rifor-
mulazione dell’art. 155 c.c. stabilisce che “il figlio minore ha il diritto
di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di
essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi” i geni-
tori. Se il giudice affida i figli a entrambi i genitori – situazione che è
da considerarsi ordinaria – i diritti-doveri dei genitori sono identici;
altrimenti se stabilisce che i figli sono affidati a uno dei genitori deve
fissare le misure con cui ciascun genitore deve contribuire alla cura,
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al mantenimento e alla istruzione dei figli;
• i genitori non sono in accordo sul trattamento sanitario da porre
in essere: in questo caso entrambi i genitori possono ricorrere al Tribu-
nale per i minorenni che deciderà in base all’interesse per il minore;
• incombente pericolo di un grave pregiudizio per il minore: in
questo caso l’art. 316 c.c. stabilisce che “il padre può adottare i prov-
vedimenti urgenti e indifferibili”.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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porta una limitazione completa della capacità di agire e il soggetto viene
sostituito da un tutore negli atti da compiere.15 L’inabilitazione16 è una
misura intermedia e viene applicata quando non vi siano le condizioni
di gravità per l’interdizione e il soggetto viene affiancato da un curatore.
È comunque una misura gravosa.
La figura dell’amministratore di sostegno – ultima nata – punta a
tutelare le persone prive dell’autonomia nell’espletamento delle funzioni
della vita quotidiana, intervenendo con il minore grado di limitazione di
capacità di agire. Al contrario dell’interdizione è una misura a carattere
particolare e l’amministratore di sostegno riceve direttamente, nel decreto
di nomina, “l’oggetto dell’incarico e degli atti che [l’amministratore di
14 Legge 9 gennaio 2004, n. 6 “Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice
civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica
degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di
interdizioni e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordina-
mento e finali”.
15 Art. 414 c.c. – Persone che possono essere interdette
Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da
dar luogo all’interdizione, può essere inabilitato.
Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità o per abuso abituale
di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi
pregiudizi economici.
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima
infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, salva l’applicazione
dell’articolo 414 quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai
propri interessi.
148
Il consenso informato • Capitolo 11
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prie condizioni psichiche – di percepire appieno la gravità della situazione.17
149
Parte II • Elementi di biodiritto
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dell’informazione e della richiesta del consenso di forma orale.
Essendo vigente il principio della libertà della forma, scritta od orale,
anche il consenso può essere revocato in qualsiasi momento dal paziente.
È del tutto irrilevante la forma del recesso, essendo sufficiente una qual-
siasi manifestazione di volontà espressa dal paziente. Di conseguenza, un
consenso prestato in forma scritta può essere annullato da un “semplice”
dissenso orale.
Sia la dottrina che la giurisprudenza hanno sempre tenuto a precisare
che il consenso dev’essere sempre “espresso”. Conseguentemente, la
dottrina precisa che il consenso non può essere né tacito né implicito.20
Per la giurisprudenza, invece, l’avvenuta prestazione del consenso in-
formato non può desumersi per facta concludentia, cioè per il solo fatto
che il paziente si affidi al medico e si faccia eseguire le prestazioni,
in quanto tali situazioni non costituiscono “comportamenti presuppo-
nenti e indicativi che il consenso fosse stato richiesto e ottenuto né,
soprattutto, che fosse intervenuta una perfetta e adeguata informazione
sulla natura delle prestazioni che sarebbero state eseguite e sui rischi
a essa connessi”.21 Mancano in questo caso i requisiti della certezza
e della trasparenza nel rapporto medico-paziente per trasformarlo in
un assenso.22
D’altra parte l’avvenuta informazione del tipo di intervento, da parte
del chirurgo, anche se modificato all’atto dell’esecuzione, ma debitamente
firmato dal paziente in una modulistica che contenga l’informazione, è
stato ritenuto valido e non opponibile a fronte di una prova testimoniale
150
Il consenso informato • Capitolo 11
Non può ritenersi fondata la contestazione di non esaustività del consenso infor
mato sottoscritto anche nel caso in cui la struttura sanitaria abbia successivamente
sostituito il modulo con uno più dettagliato, ciò allorquando il paziente sia stato
reso edotto oralmente di particolari evenienze che avrebbero potuto verificarsi a
seguito dell’intervento.24
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Vi sono alcuni casi in cui il consenso è obbligatoriamente richiesto in
forma scritta.
151
Parte II • Elementi di biodiritto
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contrasta con il principio personalistico oggi prevalente che attribui-
sce al paziente, e solo al paziente, la decisione sul trattamento.26
Nei casi che comportano trattamenti trasfusionali ripetuti, il consenso
si presume formulato per tutta la durata della terapia salvo esplicita
revoca da parte del paziente.
Al di là delle considerazioni che si possono fare sul consenso e sulle
modalità del consenso scritto, il testo di dichiarazione del consenso
allegato al decreto ministeriale è senza dubbio un modulo reale di
consenso informato. Il sottoscrittore è reso edotto dei rischi infettivi
e trasfusionali che tale pratica comporta, e dei rischi derivanti dalla
mancata trasfusione. In linea con questo, ovviamente, il consenso al-
l’atto trasfusionale deve essere espresso direttamente dal paziente.
Data l’importanza delle innovazioni introdotte dal decreto sul buon
uso del sangue, riportiamo qui di seguito gli allegati pubblicati in
Gazzetta Ufficiale sul consenso informato alla trasfusione di sangue
e di emoderivati. Una notazione si impone, in quanto il modulo deve
essere necessariamente modificato in caso, e solo in questo caso,
di paziente minore, in quanto il decreto stabilisce che a firmarlo
devono essere entrambi i genitori e il modulo non prevede questa
modalità.
nei trattamenti sanitari”. Sul punto, vedi anche Battaglino F., Ravioli A., Consenso
informato nell’attività medico terapeutica, Federazione Medica, 1993, 10, 356.
26 Vedi le argomentazioni poste dalla dottrina giuridica e medico-legale: Bilan-
cetti M., Fineschi V., Le ambiguità medico-legali della normativa sul buon uso del
sangue, Sanità pubblica e medicina pratica, 3, 1998; Santacroce G., Trasfusioni di
sangue, somministrazione di emoderivati e consenso informato del paziente, La
Giustizia Penale, 1997, 112.
152
Il consenso informato • Capitolo 11
Allegato 1
Io sottoscritto/a...............................................................................................
nato/a ................................................................il ............/............/.............
sono stato informato dal dott. ............................... che per le mie condizioni
cliniche potrebbe essere necessario ricevere trasfusione di sangue omologo/
emocomponenti (*), che tale pratica terapeutica non è completamente esente da
rischi (inclusa la trasmissione di virus dell’immunodeficenza, dell’epatite ecc.).
Ho ben compreso quanto mi è stato spiegato dal dott. ................................ sia in
ordine alle mie condizioni cliniche, sia ai rischi connessi alla trasfusione come a
quelli che potrebbero derivarmi se non mi sottoponessi alla trasfusione. Quindi
acconsento/non acconsento (*) a essere sottoposto presso codesta struttura al
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trattamento trasfusionale necessario per tutto il decorso della mia malattia.
Data ................................
Firma ...................................................
Allegato 2
Io sottoscritto/a...............................................................................................
nato/a ................................................................il ............/............/.............
sono stato informato dal dott. ............................... che per le mie condizioni
cliniche devo essere sottoposto a un trattamento terapeutico con emoderivati,
che tale pratica terapeutica non è completamente esente da rischi (inclusa la
trasmissione di virus dell’immunodeficenza, dell’epatite ecc.). Ho ben compreso
quanto mi è stato spiegato dal dott. ................................ in ordine alle mie
condizioni cliniche, ai rischi connessi alla terapia e a quelli che potrebbero
derivare non sottoponendomi al trattamento. Quindi acconsento/non accon
sento (*) a essere sottoposto al trattamento terapeutico necessario per tutto il
decorso della mia malattia.
Data ................................
Firma ...................................................
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Parte II • Elementi di biodiritto
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non germani del paziente che siano maggiorenni, “purché siano state
rispettate le modalità previste dalla presente legge”. La legge prevede
che in caso di assenza di “consanguinei” o di loro inidoneità “la deroga
può essere consentita anche per altri parenti e per donatori estranei”.
Fatta questa necessaria premessa, assume importanza la modalità
prevista dalla legge sulla forma del consenso. L’art. 2 prevede una
particolare forma dell’atto di disposizione che deve essere “ricevuto
dal pretore del luogo in cui risiede il donatore o ha sede l’istituto auto-
rizzato al trapianto”. “La donazione di un rene può essere autorizzata,
a condizione che il donatore abbia raggiunto la maggiore età, sia in
possesso della capacità di intendere e di volere, sia a conoscenza dei
limiti della terapia del trapianto del rene tra viventi e sia consapevole
delle conseguenze personali che il suo sacrificio comporta”. Il pretore
(oggi il giudice del tribunale), una volta accertate le condizioni appena
elencate, “cura la redazione per iscritto delle relative dichiarazioni”.
L’atto non tollera, per espressa previsione di legge, l’apposizione di
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Il consenso informato • Capitolo 11
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Rimane il divieto di donazione per i minori, sia perché la legge richiede
espressamente la maggiore età, sia perché per obbligo costituzionale i
genitori hanno il dovere di “mantenere” i figli, espressione che non può
che essere intesa quanto meno con l’obbligo di mantenerli in salute.
Lo stesso procedimento viene applicato anche per il trapianto par-
ziale di fegato, secondo quanto stabilito dalla legge 16 dicembre
1999, n. 483 “Norme per consentire il trapianto parziale di fegato”.
All’art. 1 si legge infatti che “in deroga al divieto di cui all’art. 5 c.c. è
ammesso disporre a titolo gratuito di parti di fegato al fine esclusivo
del trapianto tra persone viventi.”
In conseguenza di questo si applicano le disposizioni della legge
458/1967 “in quanto applicabili”.
4. Terapia elettroconvulsivante (elettroshock – TEC). La terapia con
elettroshock è stata oggetto di numerosi dibattiti in ordine alla sua ef-
ficacia in ambito psichiatrico. Sul punto ha avuto modo di intervenire
il Ministero della sanità28 che ha posto una serie di limiti, indicazioni
e controindicazioni all’uso di questo tipo di terapia, anche sulla scorta
di un parere del Comitato Nazionale di Bioetica29 che ha osservato
che “la psichiatria attualmente dispone di ben altri mezzi per alleviare
la sofferenza mentale”.
Comunque può essere utilizzata in determinati casi, per specifi-
che indicazioni e con determinate precauzioni e solo in strutture
“di ricovero pubbliche e private accreditate, in anestesia generale
e miorisoluzione, alla presenza dello psichiatra e dell’anestesista”.
1999.
29 Parere del Comitato Nazionale di Bioetica sulla terapia elettroconvulsivante,
1995, p. 7.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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può essere praticato con il consenso del tutore legale, e tramite la
procedura del Tso”.
5. Sperimentazione clinica di farmaci. L’obbligo del consenso in-
formato scritto deriva dalle linee guida di good clinical practice del-
l’Unione europea recepite in Italia con il D.M. del 15 luglio 199730 in
cui si precisa che il linguaggio usato nel modulo deve essere il più pos-
sibile pratico, non tecnico, e comprensibile per il paziente. Il modulo
deve essere datato e firmato personalmente dal soggetto o dal suo
rappresentante legale. Se il paziente non è in grado di leggere, deve
essere presente un testimone imparziale che deve firmare e datare
per lui il modulo. Né lo sperimentatore né il personale che partecipa
allo studio devono esercitare alcuna coercizione o influenza indebita
sul soggetto per indurlo a partecipare o continuare a partecipare allo
studio.
Il punto 4.8.10 delle linee guida indica infine tutti i punti che devono
essere contenuti nel modulo di consenso informato scritto.
6. Procreazione medicalmente assistita. L’obbligo di procedere all’in-
formazione e all’acquisizione del consenso in forma scritta è stato
introdotto dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40 “Norme in materia di
procreazione medicalmente assistita” e successivamente regolamen-
tato dal D.M. 11 aprile 2008 “Linee guida in materia di procreazione
medicalmente assistita”. Per l’approfondimento di questo aspetto si
rimanda al capitolo 8.
30 D.M. 15 luglio 1997 “Recepimento delle linee guida dell’Unione europea di buona
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Il consenso informato • Capitolo 11
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in alcuni atti medici di particolare rilevanza, come va pure consigliato per il parto
a domicilio.
Nei moduli del consenso informato debbono essere presenti i seguenti requisiti:
Di ogni modulo firmato deve essere obbligatoriamente consegnata una copia (anche
fotostatica) al paziente.
La formulazione delle tipologie di modulistica va opportunamente affidata agli
organismi deontologici competenti ad assicurare adeguatezza e uniformità.
31 Il
riferimento è al documento sul consenso informato approvato dalla Commis-
sione regionale di bioetica nella riunione del 12/10/1994. Pur essendo il docu-
mento di una regione, è da considerarsi di una certa autorevolezza dato il valore
professionale di alcuni suoi componenti, tra i quali ricordiamo i professori Mauro
Barni, Paolo Cattorini, Carlo Fazzari, Ferrando Mantovani e Sandro Spinsanti.
157
Parte II • Elementi di biodiritto
Nel diritto di ciascuno di disporre, lui e lui solo, della propria salute e integrità
personale, pur nei limiti previsti dall’ordinamento, non può che essere ricom
preso il diritto di rifiutare le cure mediche lasciando che la malattia segua il suo
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corso anche fino alle estreme conseguenze: il che non può essere considerato il
riconoscimento di un diritto positivo al suicidio, ma è invece la riaffermazione
che la salute non è un bene che possa essere imposto coattivamente al soggetto
interessato dal volere o, peggio, dall’arbitrio altrui, ma deve fondarsi esclusiva
mente sulla volontà dell’avente diritto, trattandosi di una scelta che riguarda la
qualità della vita, e che pertanto lui, e lui solo, può legittimamente fare.
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Il consenso informato • Capitolo 11
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Il rifiuto alle cure si è manifestato in questi anni anche fuori dal
tradizionale caso dei testimoni di Geova e ha introdotto il dibattito sulle
cure alternative e quelle tradizionali (il riferimento è al cosiddetto caso
Di Bella). In quest’ultima situazione, pur sostenendo che il consenso
alle cure è atto fondamentale per la liceità di qualsiasi trattamento sa-
nitario, è anche vero che non ogni trattamento medico diventa lecito
per la sola richiesta del paziente,37 come avvenuto durante il periodo
della sperimentazione Di Bella. Infatti, in caso di una pluralità di tec-
niche terapeutiche il medico non ha libertà di scelta secondo l’abusata
affermazione “secondo scienza e coscienza”, “ma ha il preciso dovere
di praticare il trattamento che presenta la maggiore idoneità terapeutica
complessiva secondo la migliore scienza ed esperienza del momento
storico, restando egli libero di scegliere secondo la propria scienza e
coscienza solo nei casi in cui i diversi trattamenti siano tutti scientifi-
camente seri e non risulti ancora comprovata la superiorità terapeutica
dell’uno rispetto all’altro”.38
ometta di eseguire una trasfusione di sangue salvavita a un paziente che per mo-
tivi religiosi la rifiuti, perché il medesimo, in mancanza di consenso del paziente,
non è destinatario di un obbligo giuridico di intervento coattivo”, in Rivista italiana
di medicina legale, 1998, 4-5, 836 (massima e sentenza); vedi anche Cassazione
penale, 387, 605, 1998, con commento di Iadecola G., La responsabilità penale del
medico tra posizione di garanzia e rispetto della volontà del paziente.
36 Vedi tra gli ultimi, Tribunale per i minorenni di Trento, decreto n. 214 del 30
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Parte II • Elementi di biodiritto
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diritto alla vita e alla integrità fisica, con il quale concorre a creare la ma-
trice prima di ogni altro diritto costituzionale protetto dalla persona”.39
Un deciso passo avanti nel pieno riconoscimento del principio del
consenso informato si è avuto nel “caso Englaro” di cui parleremo ap-
profonditamente nel capitolo 12.
Nella vicenda giudiziaria che lo riguarda, la Corte di Cassazione ha
avuto modo di stabilire che “non è attribuibile al medico un generale diritto
di curare, a fronte del quale non avrebbe alcun rilievo la volontà dell’am-
malato che si troverebbe in una posizione di soggezione su cui il medico
potrebbe ad libitum intervenire, con il solo limite della propria coscienza”.
L’espressione spesso usata e abusata all’interno del mondo professionale,
di chiara natura paternalistica, secondo cui il medico agiva in “scienza e
coscienza” è tipica di quella cultura. Oggi è il paziente che decide se cu-
rarsi o meno, se prestare o meno quindi il consenso alle cure. Consenso,
è bene ulteriormente precisarlo, che può essere revocato anche laddove
inizialmente prestato. Sono sempre le parole della Cassazione a precisarlo:
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Il consenso informato • Capitolo 11
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del medico;41
2. la volontà del paziente ha un ruolo decisivo solo quando viene
espressa in forma negativa essendo il medico, nel nostro ordina-
mento, legittimato a sottoporre il paziente al trattamento terapeutico
che giudica necessario alla salvaguardia della sua salute indipenden-
temente dalla presenza di un esplicito consenso e di conseguenza è
da escludere che la condotta del medico che intervenga in carenza di
un informato consenso possa corrispondere alla fattispecie astratta
di un reato.42
Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia
nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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la fattispecie delle lesioni personali al trattamento chirurgico eseguito
senza consenso.
L’incertezza normativa e dottrinaria ha comportato la richiesta del
pronunciamento delle sezioni unite della Corte di cassazione che ancora
non si sono pronunciate.46
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna
delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle
indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577, il delitto è punibile a
querela della persona offesa.
44 Corte di cassazione, sezione IV, sentenza 9 marzo 2001, n. 28132.
45 Art. 610 c.p. – Violenza privata
162
Capitolo
12
L’accanimento terapeutico
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L’espressione “accanimento terapeutico” è da sempre di difficile defini-
zione e anche di contraddittorio significato. Non vi è dubbio che il termine
accanimento contrasti in modo assolutamente evidente con il significato
più genuino di terapia la quale è improntata da sempre al criterio della be-
neficialità. Da sempre la terapia dovrebbe perseguire il bene del paziente
e, di conseguenza, non potrà mai essere vista come accanimento.
Nel mondo anglosassone si utilizza l’espressione di “cure futili” e
vi è chi propone di utilizzare l’espressione “accanimento clinico” che
quanto meno non pone contraddizioni. Anche in Italia vi è chi propone
di abbandonare l’espressione “accanimento terapeutico” per il suo ca-
rattere emozionale e negativo e per la sua perdurante confusione con
l’eutanasia passiva di cui si pone, in realtà, come un fenomeno assolu-
tamente contrapposto. Mentre infatti l’eutanasia passiva evoca una sorta
di abbandono e di desistenza terapeutica, l’accanimento terapeutico si
caratterizza per una ostinata continuazione delle cure anche quando
appaiono del tutto inutili.
Come in altri campi del biodiritto e della bioetica – e forse in questo
campo più di altri negli ultimi decenni – lo scontro tra le opposte visioni
che caratterizzano il dibattito in questi campi è di assoluta contrappo-
sizione. Se è pur vero che non esiste nessuno che si dichiari a favore
dell’accanimento terapeutico, è anche altrettanto vero che il fenomeno
ha acquisito con il progredire delle conoscenze e della tecnicalità medica
163
Parte II • Elementi di biodiritto
Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente laddove espresse, deve
astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa
fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento
della qualità della vita.
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Quindi, secondo il codice di deontologia medica – che tiene conto an-
che delle volontà precedentemente espresse dal paziente e quindi apre al
cosiddetto “testamento biologico” – si definisce accanimento terapeutico
“l’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa
attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento
della qualità della vita”. Sono quindi due i criteri che i medici italiani
pongono per la prosecuzione delle cure: il beneficio per la salute e il
miglioramento della qualità della vita.
È proprio su questo ultimo punto che vi possono essere i maggiori
dissidi. La definizione codicistica è senza dubbio di impronta laica e rico-
nosce il bene vita come non strettamente legato alla mera sopravvivenza
biologica, ma tiene conto anche della “qualità della vita”. Sulla stessa
linea si pone anche il codice dell’altra professione sanitaria coinvolta
nelle cure di fine vita: il codice deontologico degli infermieri. Nel codice
del 1999 all’art. 4.15 si legge che “l’infermiere tutela il diritto a porre dei
limiti a eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti la concezione della
qualità della vita dell’assistito”. Rispetto al codice di deontologia medica
appare meno paternalistico. Mentre il codice di deontologia medica opera
un riferimento astratto alla qualità della vita in generale, il codice degli
infermieri vincola tale concetto alla concezione della qualità di vita del-
l’assistito. Questa definizione appare però in via di precisazione in quanto
nella versione del codice del 2009 – nella versione in bozza approvata nel
2008 e non ancora quindi definitiva – si legge all’art. 37 che “l’infermiere
tutela la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non
164
L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
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Un concetto dirimente per il magistero cattolico – ormai come imposta-
zione tradizionale – sull’accanimento terapeutico è quello relativo alla “or-
dinarietà” e “straordinarietà” delle cure. Questo concetto venne introdotto
negli anni ’50 del secolo scorso e venne ribadito anche successivamente.
Sostanzialmente si sosteneva che fosse obbligatorio per il morente uti-
lizzare i mezzi terapeutici ordinari, mentre si poteva in quei casi, con il
consenso del paziente, rinunciare ai mezzi straordinari. Questa distinzione
viene oggi giudicata difficile dalla stessa bioetica cattolica in quanto “molti
mezzi che ieri erano giudicati straordinari, sono diventati ordinari ragione
per cui vi è oggi la tendenza a parlare non più di ordinarietà e straordina-
rietà delle cure, ma di “mezzi proporzionati” e di “mezzi sproporzionati”.
In sostanza si sostiene che “ciascuno ha il dovere di curarsi e di farsi
curare. Coloro che hanno in cura gli ammalati devono prestare la loro
opera con ogni diligenza e somministrare quei rimedi che riterranno
necessari o utili”. Il tutto viene declinato così:
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Parte II • Elementi di biodiritto
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Si introduce inoltre un’altra distinzione tra “cure normali” e “cure
palliative”. Le prime devono intendersi “l’alimentazione e l’idratazione
(artificiale o meno), l’aspirazione dei secreti bronchiali, la detersione
delle ulcere da decubito”.
Nel quesito 471 del compendio del catechismo della Chiesa Catto-
lica del 2005 si domanda quali procedure mediche siano consentite in
situazioni nelle quali la morte sia considerata imminente. La risposta
recita testualmente:
Le cure che d’ordinario sono dovute a una persona ammalata non possono essere
legittimamente interrotte. Sono legittimi invece l’uso di analgesici, non finalizzati
alla morte, e la rinuncia “all’accanimento terapeutico”, cioè all’utilizzo di procedure
mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo.
pinani A., Bioetica in medicina, CIC Edizioni Internazionali, Roma, 1996, p. 321.
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L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
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lato.12
• Somministrazione ostinata di trattamenti sanitari in eccesso rispetto ai risultati
ottenibili e non in grado, comunque, di assicurare al paziente una più elevata
qualità della vita residua, in situazioni in cui la morte si preannuncia imminente
e inevitabile.13
• Trattamento terapeutico insistito praticato su un malato in fase terminale, con il
solo scopo di prolungargli di poco la vita.14
• Per accanimento clinico si intende una sproporzione tra l’efficacia e la gravosità
delle cure praticate e i benefici ottenibili nelle circostanze cliniche concrete (si
parla al riguardo di cure futili), fermo restando che ogni trattamento va valutato
bilanciandone i potenziali apporti positivi (beneficialità) o negativi (neminem
ledere).15
10 Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), Questioni bioetiche relative alla fine della
vita umana (14 luglio 1995). Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Diparti-
mento per l’Informazione e l’Editoria, 1998.
11 Abel F., Accanimento terapeutico, in Leone S., Privitera S., Nuovo dizionario di
167
Parte II • Elementi di biodiritto
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I PAZIENTI IN STATO VEGETATIVO
Il dibattito sul rifiuto alle cure, nato e sviluppatosi nel nostro Paese par-
tendo dal rifiuto alle cure trasfusionali posto per motivi religiosi dai Te-
stimoni di Geova e continuato con il caso Di Bella, si è arricchito di un
ulteriore aspetto, quello dei pazienti in stato vegetativo permanente.
Lo stato vegetativo è una condizione clinica di recente classificazione,
che negli ultimi decenni viene tendenzialmente distinta in modo netto
dal coma vigile, ed è un quadro “clinico caratterizzato da un apparente
stato di vigilanza senza coscienza, con occhi aperti, frequenti movimenti
afinalistici di masticazione, attività motoria degli arti limitata a riflessi di
retrazione agli stimoli nocicettivi senza movimenti finalistici”.17
In questo contesto “il paziente ventila, gli occhi possono restare aperti,
le pupille reagiscono, i riflessi del tronco e spinali persistono, ma non
vi è alcun segno di attività psichica e di partecipazione all’ambiente, e
le uniche risposte motorie riflesse consistono in una ridistribuzione del
tono muscolare”.18
Quindi un paziente in stato vegetativo non ha la consapevolezza di
sé e degli altri, non interagisce con l’ambiente, non comunica, ha inconti-
nenza urinaria e fecale e mantiene le funzioni respiratorie. Di conseguenza
non è dipendente da alcuna macchina e non si pone il problema – usando
l’espressione verosimilmente più abusata in questo campo – “di staccare
la spina”. Questi soggetti, con un’assistenza medica e infermieristica e con
una costante idratazione e alimentazione, continuano a vivere.
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L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
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Alcuni autori precisano – parlando di stato vegetativo permanente
– che esso sia da considerarsi una “prognosi definitiva”.20
Le cause degli stati vegetativi sono conseguenza di insulti cerebrali di
tipo traumatico oppure ipossico-ischemico o riferibili a emorragie, ence-
faliti e intossicazioni. Altre cause si osservano in alcune malformazioni
(l’anencefalia o l’idrocefalo congenito) e in malattie cronico-progressive
come la malattia di Alzheimer. Infine, ma in realtà come situazione se-
condaria, uno stato vegetativo può far seguito a un arresto cardiaco non
prontamente rianimato. In tutti i casi, comunque, il paziente passa in uno
stato di coma, a cui segue lo stato cronico caratterizzato dalla riapertura
degli occhi senza recupero però della consapevolezza.21
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Parte II • Elementi di biodiritto
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diverso: la Commissione ministeriale che porta il nome “Veronesi-Oleari”
e il Comitato Nazionale di Bioetica.
Nel 2000 una commissione di esperti istituita all’interno del Mini-
stero della salute adotta la posizione che i trattamenti di alimentazione
e idratazione artificiali siano da considerarsi atto medico. Riportiamo
uno stralcio testuale delle argomentazioni poste:
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L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
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Acqua e cibo non diventano infatti una terapia medica soltanto perché vengono
somministrati per via artificiale: si tratta di una procedura che, a parte il piccolo
intervento iniziale, è gestibile e sorvegliabile anche dagli stessi familiari del pa-
ziente. Si tratta di una procedura che, rispettando le condizioni minime, risulta
essere ben tollerata, gestibile a domicilio da personale non esperto con opportuna
preparazione.
Procedure assistenziali non costituiscono atti medici solo per il fatto che sono messe
in atto inizialmente e monitorate periodicamente da operatori sanitari.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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gregazione per la dottrina e la fede – organismo dello Stato Vaticano
– dove in modo estremamente sintetico rispetto ai quesiti posti dalla
Conferenza episcopale statunitense circa l’alimentazione e l’idratazione
artificiali si precisa:22
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L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
Enterale23 che sposa la linea della nutrizione come atto medico. Ripor-
tiamo testualmente:
La posizione del mondo scientifico d’altra parte non poteva non par-
tire dal presupposto che la miscela nutrizionale alla base della nutrizione
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artificiale sia a tutti gli effetti un composto farmaceutico e più esattamente
una preparazione “galenica magistrale”.24
La giurisprudenza italiana è stata recentemente chiamata a dirimere
la questione sul cosiddetto “caso Englaro” stabilendo che:
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Parte II • Elementi di biodiritto
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la compressione del tronco encefalico e la comparsa di un’emorragia
nel mesencefalo.25
Successivamente Eluana viene estubata e comincia a respirare auto-
nomamente, passando dallo stato di coma allo stato vegetativo, inizial-
mente persistente e successivamente permanente.
Eluana, in occasione di vicende personali precedenti all’incidente,
aveva espresso la sua contrarietà per le cure intensive a cui venivano
sottoposti i pazienti nelle rianimazioni senza che vi fosse la possibilità
di recupero di una qualità di vita che lei riteneva irrinunciabile. Comincia
una lunga battaglia culturale e soprattutto giudiziaria da parte del padre
per dare attuazione a quelle volontà della figlia che ne connotavano
profondamente la personalità.
Non è questa la sede per dare conto di tutta la vicenda giudiziaria per
cui ci limiteremo al suo epilogo.26
25 Englaro B., Nave E., Eluana – La libertà e la vita, Rizzoli, 2008, Milano, pp. 10-11.
26 Le tappe della lunga battaglia sono riportate cronologicamente nel volume
testimonianza del padre Beppino Englaro, Eluana – La libertà e la vita, op. cit. Le
tappe sono state:
1) 14 marzo 1999: ricorso-reclamo alla Corte di Appello di Milano, ex art. 739
codice di procedura civile. Esito: rigettato;
2) 26 febbraio 2002: nuovo ricorso al Tribunale di Lecco ex art. 732 codice di
procedura civile. Esito: rigettato;
3) nuovo ricorso alla Corte di Appello di Milano. Esito: rigettato il 16 maggio 2003;
4) ricorso alla corte di cassazione, ex art. 111 Costituzione: il 20 aprile 2005 la
Corte dichiara inammissibile il ricorso, ritenendo necessaria la presenza di un
curatore speciale;
5) il 30 settembre 2005 richiesta al Tribunale di Lecco della nomina di un curatore
speciale;
6) il 16 dicembre 2006 la Corte di Appello di Milano dichiara il nuovo ricorso non
ammissibile ma non suscettibile di accoglimento.
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L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
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zionali alla base del consenso informato, la cassazione specifica che il
diritto del singolo alla salute, “come tutti i diritti di libertà, implica la tutela
del suo risvolto negativo” che consiste nel “diritto di perdere la salute, di
ammalarsi, di non curarsi, di vivere le fasi finali della propria esistenza
secondo canoni di dignità umana propri dell’interessato, finanche di la-
sciarsi morire”. Il rifiuto delle terapie mediche e chirurgiche quindi “anche
quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di
eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita,
causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un
atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo
corso naturale”. In mancanza di consenso, quindi, l’obbligo del medico di
curare viene meno in quanto tale obbligo si basa proprio sul consenso.
Dopo avere ripercorso i poteri del padre in qualità di tutore, la Cassazione
entra nel merito della nutrizione e idratazione artificiali stabilendo che:
Non v’è dubbio che l’idratazione e l’alimentazione artificiali con sondino nasoga-
strico costituiscono un trattamento sanitario. Esse, infatti, integrano un trattamento
che sottende un sapere scientifico, che è posto in essere da medici, anche se poi
proseguito da non medici, e consiste nella somministrazione di preparati come
composto chimico implicanti procedure tecnologiche.
Siffatta qualificazione è, del resto, convalidata dalla comunità scientifica inter-
nazionale; trova il sostegno della giurisprudenza nel caso C. e nel caso B.; si allinea,
infine, agli orientamenti della giurisprudenza costituzionale, la quale ricomprende
il prelievo ematico – anch’esso “pratica medica di ordinaria amministrazione” – tra
le misure di “restrizione della libertà personale quando se ne renda necessaria la
esecuzione coattiva perché la persona sottoposta all’esame peritale non acconsente
spontaneamente al prelievo” (sentenza n. 238 del 1996).
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Parte II • Elementi di biodiritto
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prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato,
tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convinci-
menti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in
stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona.
176
L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
solo dosaggio funzionale a tale scopo, comunque con modalità tali da garantire un
adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della persona (per esempio,
anche con umidificazione frequente delle mucose, somministrazione di sostanze
idonee a eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi, cura dell’igiene del
corpo e dell’abbigliamento ecc.) durante il periodo in cui la sua vita si prolungherà
dopo la sospensione del trattamento, e in modo da rendere sempre possibili le visite,
la presenza e l’assistenza, almeno, dei suoi più stretti familiari.
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Come era ben pronosticabile, questa sentenza della Cassazione e il
relativo decreto del Corte di appello di Milano hanno suscitato un forte
dibattito e reazione contrapposte.
In primo luogo si è addirittura registrata una presa di posizione del
Parlamento il quale ha sollevato un conflitto di attribuzione presso la
Corte costituzionale, sostenendo il superamento delle competenze da
parte di un giudice – la Corte di cassazione appunto – nei confini che sono
riservati alla legislazione e non alla giurisdizione. La Corte costituzionale
ha dichiarato inammissibile il ricorso.28
La vicenda giudiziaria si è definitivamente conclusa.29 Sul piano dottri-
nario si sono riscontrate le posizioni favorevoli di chi, dopo avere elogiato
28 Il ricorso presentato dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubbli-
ca il 17 settembre 2008 ha sollevato conflitto di attribuzione in quanto la Corte
di cassazione avrebbe “esercitato attribuzioni proprie del potere legislativo, co-
munque interferendo con le prerogative del potere medesimo”. In particolare
la Cassazione, con la sentenza in esame, avrebbe “colmato il vuoto normativo
assunto a presupposto delle varie pronunce mediante una attività che assume
sostanzialmente i connotati di una vera e propria produzione normativa”, attività
riservata al legislatore. La Corte costituzionale ha dichiarato, con l’ordinanza
dell’8 ottobre 2008, inammissibile il ricorso in quanto la sentenza della Corte di
cassazione sul caso Englaro ha “tutte le caratteristiche dell’atto giurisdizionale”.
29 La Procura generale presso la Corte di appello aveva presentato il ricorso contro
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Parte II • Elementi di biodiritto
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giurisdizione. Appare francamente strano che l’autorità amministrativa,
per di più governativa, inviti a disattendere una sentenza della magi-
stratura.
politiche sociali del 16 dicembre 2008 indirizzato alle Regioni e alle Province
autonome e avente per oggetto “Stati vegetativi, nutrizione e idratazione” in cui
si cita il parere del Comitato nazionale di bioetica del 2005 e della Convenzione
dei diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006 (non ancora ratificata
in Italia) e si invita – in modo perentorio – le Regioni a fare disattendere il decreto
della Corte di appello di Milano.
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L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
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la validità del consenso”, argomenta che la tematica “presenta aspetti
problematici in termini di concretezza ed effettività rispetto al profilo della
libera e autonoma determinazione individuale sul rifiuto o l’interruzione
delle terapie salvavita nella fase terminale della vita umana”.
Il Tribunale di Roma, curiosamente, precisa che Welby ha il diritto di
interrompere le cure, ma in concreto ci sono dei problemi.
Il diritto di Welby è chiaro in quanto il nostro ordinamento, precisa
il Tribunale, prevede che:
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Parte II • Elementi di biodiritto
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mente contraddittoria – si riconosce infatti il diritto, ma non il suo effettivo
esercizio – e vi è chi ha parlato di denegata giustizia proprio a opera di
chi, il Tribunale, costituisce “il luogo dove le nuove domande di diritti
possano trovare immediate risposte sulla base dei principi già esistenti
nel sistema giuridico”.35
In ambito ministeriale viene reso noto il parere del Consiglio superiore
di sanità36 – organo consultivo del Ministero della salute (oggi accorpato
al Ministero del welfare) – dove veniva chiesto se il trattamento a cui
era sottoposto Welby fosse da considerarsi “accanimento terapeutico”.
Il Consiglio superiore, dopo avere precisato che “il trattamento medico e
infermieristico, prestato al signor Welby come a qualsiasi altro paziente,
consiste, propriamente parlando, sia in termini medici che etici, in una
cura”, e che non vi sono dubbi sul fatto che il rifiuto alle cure è un diritto
del paziente capace di autodeterminarsi, pone tuttavia degli interrogativi
per “l’interruzione delle terapie di sostegno alle funzioni vitali, la cui
sospensione determini sic et simpliciter la terminazione biologica della
vita”. Le cure si possono rifiutare tranne quelle di sostegno alle funzioni
vitali? L’organo di consulenza del Ministero arriva a sostenere che “sul
piano tecnico-professionale ed etico deontologico nessuna procedura
terapeutica va di per sé ritenuta una forma di accanimento terapeutico”
e che “astenersi dall’accanimento terapeutico non significa abbandonare
ogni progetto di cura per il paziente”. Di conseguenza la ventilazione
meccanica a cui era sottoposto Welby non configurava lo stato di “ac-
canimento terapeutico”.
35 Rodotà S., Prefazione al libro di Milano G., Riccio M., Storia di una morte oppor-
tuna, Sironi, Milano, 2008.
36 Ministero della salute, Consiglio superiore di sanità, seduta del 20 dicembre
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L’accanimento terapeutico • Capitolo 12
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non può essere sottoposta a un intervento sanitario non voluto e ricorda
l’importanza della volontà del paziente quando questa si manifesti in
forma non equivoca. Analizza inoltre il comportamento del dottor Riccio
che ha – con il distacco del respiratore – posto in essere una condotta chia-
ramente diretta, con il consenso del paziente, a fare cessare le funzioni
vitali del paziente stesso. Sulla permanenza della volontà del paziente
di cessare il trattamento il Tribunale non ha avuto dubbi.
Restava a questo punto da qualificare il comportamento del medico
rianimatore. Il rapporto tra lui e Welby, specifica il Tribunale di Roma, è
qualificabile come il rapporto tipico “che si instaura tra un medico e il
suo paziente, preceduto da una precisa acquisizione di informazioni da
parte del medico sulle condizioni del paziente, ed esso aveva a oggetto
competenze di carattere squisitamente sanitario, quali quella di porre fine
al trattamento di respirazione assistita con il distacco del predetto dalla
macchina e quella di somministrare contestualmente una terapia sedativa
al paziente”. Quindi il contesto in cui si è mosso il dottor Riccio è stato
quello del “legittimo esercizio del diritto di autodeterminazione della per-
sona attraverso la richiesta di interruzione del trattamento sanitario”.
A fronte quindi della sussistenza del reato di omicidio del consen-
ziente e al correlativo rapporto-obbligo del medico di rispettare la volontà
del paziente di non essere più curato vi sono gli estremi previsti dalla
scriminante dell’art. 51 del codice penale in merito all’adempimento di un
diritto. Per tale norma, infatti, l’esercizio di un diritto o l’adempimento di
un dovere imposto da una norma giuridica escludono la punibilità.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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Con la sentenza Welby, come del resto con la vicenda giudiziaria del
caso Englaro, si è portato a compimento il principio dell’autodetermina-
zione del paziente anche laddove si metta in discussione la prosecuzione
della vita.
39 Rodotà S., Prefazione al libro di Milano G., Riccio M., Storia di una morte oppor-
tuna, op. cit.
40 Fiori A., Il caso Welby: i medici, i pesi e le misure (editoriale), Medicina e Mora-
182
Capitolo
13
LE DIRETTIVE ANTICIPATE
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LE DIVERSE DEFINIZIONI DELLE DIRETTIVE ANTICIPATE
183
Parte II • Elementi di biodiritto
Testamento biologico
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juris “testamento” potrebbe rivelarsi utile “per attribuire valenza formale
a un documento che non contiene disposizioni patrimoniali, ma non per
questo è meno importante e vincolante per chi è chiamato ad attuare le
dichiarazioni di volontà in esso contenute”.
Testamento di vita
Salito G., Il testamento biologico: ipotesi applicative, Notariato, 2004, 2, 196.
Veronesi U., De Tilla M., Nessuno deve scegliere per noi: la proposta del testa-
mento biologico, Sperling e Kupfer, Milano, 2007, p. 5.
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Le direttive anticipate • Capitolo 13
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e del processo del consenso informato.
In relazione alle disposizioni dettate, possono essere coinvolti anche
altri soggetti. Le direttive possono infatti prevedere disposizioni per il
medico, per il personale sanitario, per il clero (laddove si dettino dispo-
sizioni inerenti alla sepoltura e al rito religioso da seguire), per i familiari
che lo assistono e per l’eventuale fiduciario che può essere nominato per
interpretare le volontà precedentemente espresse. Il fiduciario si pale-
sa come una figura importante nel contesto delle direttive anticipate in
quanto, laddove presente, può interpretare il pensiero e lo stile di vita
della persona a fronte di disposizioni dettate in precedenza allo stato di
incapacità dal soggetto stesso.
Il fiduciario è tenuto ad agire nell’esclusivo e migliore interesse (il
cosiddetto best interest) dell’incapace, deve tenere conto della volontà
espressa, dei valori e delle convinzioni precedenti allo stato di incapa-
cità.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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didattica;
2. indicazioni circa le modalità di umanizzazione della morte (cure palliative,
richiesta di essere curato in casa o in ospedale ecc.);
3. indicazioni che riflettono le preferenze del soggetto in relazione al ventaglio
delle possibilità diagnostico-terapeutiche che si possono prospettare lungo il
decorso della malattia;
4. indicazioni finalizzate a implementare le cure palliative;
5. indicazioni finalizzate a richiedere formalmente la non attivazione di qual-
siasi forma di accanimento terapeutico, cioè di trattamenti di sostegno vitale
che appaiano sproporzionati o ingiustificati;
6. indicazioni finalizzate a richiedere il non inizio o la sospensione di tratta-
menti terapeutici di sostegno vitale, che però non realizzino nella fattispecie
indiscutibili ipotesi di accanimento;
7. indicazioni finalizzate a richiedere la sospensione dell’alimentazione artifi-
ciale.
186
Le direttive anticipate • Capitolo 13
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di “alleanza terapeutica”. Se è vero, come è vero, argomenta il Comi-
tato, che chi redige una direttiva anticipata “manifesta chiaramente la
volontà che i suoi desideri vengano onorati”, al tempo stesso vuole che
i suoi desideri siano rispettati alle stesse condizioni in cui li aveva indi-
cati. Riportiamo testualmente il passaggio argomentativo del Comitato
Nazionale di Bioetica:
Orsi L., Bailo R., Gallucci M., La Biocard. La carta di autodeterminazione della
Consulta di bioetica, in Cattorini P. (a cura di), Le direttive anticipate del malato,
Masson, Milano, 1999, p. 74.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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di dare corso alle direttive anticipate non crea problemi di sorta per
la consapevolezza del paziente stesso della propria situazione; nel se-
condo si sostiene che il paziente abbia espresso la propria volontà in
una situazione temporale di sostanziale “ignoranza diagnostica”, il che
ne rende problematica l’attuazione. In altre parole la discussione sulla
vincolatività delle direttive anticipate sconta il requisito della mancanza
dell’attualità del consenso che, manifestato “ora per allora”, risulterebbe
del tutto “decontestualizzato rispetto alla futura e ipotetica situazione”
nella quale è chiamato a operare il personale sanitario.
In una prospettiva legislativa futura, de jure condendo, il rispetto del-
l’autodeterminazione viene riportato nei disegni di legge di parlamentari
di diverse scuole di pensiero sia pure con accenti diversi. Si ritrovano
situazioni perentorie assolute dell’autodeterminazione del paziente a
situazioni in cui le direttive anticipate “sono impegnative per le scelte
sanitarie del medico, il quale può disattenderle solo quando non più cor-
rispondenti a quanto l’interessato aveva espressamente previsto al mo-
mento della redazione della dichiarazione anticipata di trattamento, sulla
base degli sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche, e indican-
do compiutamente le motivazioni della decisione nella cartella clinica”.
Una normativa sulle direttive anticipate che permette al medico di
disattendere le direttive stesse si pone però contro i principi di autodeter-
minazione così come sono oggi intesi in una lettura costituzionalmente
orientata.
188
Le direttive anticipate • Capitolo 13
Nel suo più volte richiamato documento sulle direttive anticipate il Co-
mitato Nazionale di Bioetica ha precisato sia la forma sia le modalità di
implementazione delle direttive anticipate. Riportiamo le conclusioni del
parere del Comitato:
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e di volere, informati, autonomi e non sottoposti ad alcuna pressione
familiare, sociale, ambientale;
b) non contengano disposizioni aventi finalità eutanasiche, che con-
traddicano il diritto positivo, le regole di pratica medica, la deonto-
logia. Comunque il medico non può essere costretto a fare nulla che
vada contro la sua scienza e la sua coscienza;
c) ai fini di una loro adeguata redazione, in conformità a quanto indica-
to nel punto b), si auspica che esse siano compilate con l’assistenza
di un medico, che può controfirmarle;
d) siano tali da garantire la massima personalizzazione della volontà
del futuro paziente, non consistano nella mera sottoscrizione di mo-
duli o di stampati, siano redatte in maniera non generica, in modo
tale da non lasciare equivoci sul loro contenuto e da chiarire quanto
più possibile le situazioni cliniche in relazione alle quali esse debba-
no poi essere prese in considerazione.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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per conto della persona assistita” a compiere atti rilevanti dal punto
di vista sanitario, quali negare il consenso ad attività invasive come
la ventilazione forzata e la tracheotomia. Si sottolinea anche la “as-
soluta superfluità di un intervento del legislatore volto a introdurre e
disciplinare il cosiddetto testamento biologico”.13 Non si nega l’impor-
tanza dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, ma pare eccessiva
la conclusione sulla superfluità dell’intervento del legislatore sulla base
della normativa attualmente vigente.
Testamento biologico
Io sottoscritto/a
Nome e cognome ……………………………………………………………….
Luogo di nascita……………….. Data di nascita………………………………
Domicilio……..............................................................………...……
Documento di identità……………......................................………………..
(segue)
190
Le direttive anticipate • Capitolo 13
nel pieno delle mie facoltà mentali e in totale libertà di scelta dispongo
quanto segue.
In caso di:
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Disposizioni particolari
Luogo e data………….................................………………………………..
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Capitolo
14
L’EUTANASIA
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IL CONCETTO GIURIDICO DI MORTE
193
Parte II • Elementi di biodiritto
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seguenti indicazioni “deve darne immediata comunicazione alla di-
rezione sanitaria”:
194
L’eutanasia • Capitolo 14
Per i bambini di età inferiore a 1 anno, per quei pazienti in cui vi sia
la presenza di fattori concomitanti (farmaci depressori del sistema ner-
voso centrale, ipotermia, alterazioni endocrinometaboliche, ipotensio-
ne sistemica depressa) e per quelle situazioni che non consentano una
diagnosi eziopatogenetica certa devono essere fatte “ulteriori indagini
complementari”.
Il Collegio medico inizia il periodo di osservazione ai fini dell’accerta-
mento della morte. Questo periodo non deve essere inferiore a sei ore.
In tutti i casi di danno cerebrale anossico il periodo di osservazio-
ne “non può iniziare prima di 24 ore dal momento dell’insulto anossi-
co” a eccezione dei casi in cui sia stata rilevata l’assenza del flusso ema-
tico encefalico.
L’attività di origine spinale, spontanea o provocata, non ha alcuna ri-
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levanza ai fini dell’accertamento della morte, essendo compatibile con la
condizione di cessazione irreversibile di tutte le funzioni encefaliche.
Nel neonato, nelle condizioni di cui al presente articolo, l’accerta-
mento della morte può essere eseguito solo se la nascita è avvenuta do-
po la 38a settimana di gestazione e comunque dopo una settimana di vi-
ta extrauterina.
La morte viene dichiarata quanto si realizzano simultaneamente le
condizioni previste dal decreto di attuazione.
Art. 3 – Accertamento della morte nei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti
a trattamento rianimatorio
1. Nei soggetti di cui all’art. 2, la morte è accertata quando sia riscontrata, per
il periodo di osservazione previsto dall’art. 4, la contemporanea presenza delle
seguenti condizioni:
a) assenza dello stato di vigilanza e di coscienza;
b) assenza dei riflessi del tronco encefalico:
– riflesso fotomotore,
– riflesso corneale,
– reazioni a stimoli dolorifici portati nel territorio d’innervazione del trigemino,
– risposta motoria nel territorio del facciale allo stimolo doloroso ovunque
applicato,
– riflesso oculovestibolare,
– riflesso faringeo,
– riflesso carenale;
c) assenza di respiro spontaneo con valori documentati di CO2 arteriosa non in-
195
Parte II • Elementi di biodiritto
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L’omicidio volontario è previsto nell’ordinamento penale italiano dall’art.
575 del codice penale che testualmente recita:
196
L’eutanasia • Capitolo 14
ziona con la morte del soggetto che può anche avvenire successivamente
alla condotta criminosa (reato a evento differito).
A seconda della diversa gravità dell’omicidio, l’art. 577 del codice penale
prevede delle specifiche aggravanti speciali per avere agito:
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naturali riconosciuti;
2. contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il
figlio adottivo, o contro un affine in linea retta. Viene classificato dalla
dottrina come parricidio improprio. Si rivolge al coniuge (uxoricidio)
che mantiene la sua qualità fino al divorzio (hanno valore solo i ma-
trimoni con effetti civili con esclusione dei matrimoni esclusivamen-
te religiosi). La qualità di affine (suocero, suocera, genero, nuora) vie-
ne mantenuta solo in costanza di matrimonio e viene quindi meno in
caso di scioglimento o di annullamento;
3. con premeditazione. Si ha il dolo di premeditazione quando l’azione
delittuosa viene compiuta a distanza di tempo dalla sua decisione. Il
lasso di tempo comporta “una persistenza tenace e ininterrotta del
proposito criminoso” e dimostra una coscienza del valore crimino-
so dell’azione che si pone in essere;
4. per motivi abietti o futili. I primi sono quelli relativi alle motivazioni che
secondo il comune sentire sono da considerarsi ripugnanti, sprege-
voli, turpi, ignobili. I secondi sono invece quelli che vengono consi-
derati sproporzionati rispetto al fatto commesso;
5. adoperando sevizie o con crudeltà verso le persone, laddove per sevizie
si intende l’inflizione di una sofferenza di natura fisica, mentre per
Mantovani F., Diritto penale – Parte generale, Cedam, Padova, 1988, p. 317.
Ormai costantemente la migliore dottrina rigetta l’impostazione tradizionale di
premeditazione come un fatto compiuto frigido pacatoque animo, dato che spesso
l’azione delittuosa si manifesta comunque in modo concitato. Quello che conta
oggi è il lasso di tempo tra la risoluzione criminosa e la sua attuazione e un’accu-
rata preparazione del delitto.
Fiandaca G., Musco E., Delitto penale – Parte generale, Zanichelli, Bologna,
1995, p. 386.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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zi lesivi quali le colture batteriche, l’energia elettrica”12 ecc.;
7. per eseguire od occultare un altro reato, ovvero per conseguire o assicu-
rare a sé o ad altri il profitto o il prodotto o il prezzo ovvero l’impunità di
un altro reato.
8. nell’atto di commettere i reati di violenza sessuale.
198
L’eutanasia • Capitolo 14
to della prima delle attenuanti comuni che consiste nell’avere agito per
motivi di particolare valore morale o sociale. Viene notato che l’interpre-
tazione corretta è relativa ai motivi per cui si agisce.14 Il fine dev’essere
quindi, secondo i parametri comuni, rappresentato da una componente
altruistica e solidaristica. Si discute se l’uccisione pietosa possa rientra-
re in questi parametri (vedi oltre).
Infanticidio
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L’infanticidio è una “figura speciale di omicidio” (insieme all’omicidio del
consenziente) previsto dall’art. 578 del codice penale e rubricato come
“infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e testual-
mente recita:
La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto,
o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abban-
dono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro
a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione
non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire
la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 del codice penale.
tenuità ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conse-
guire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche
l’evento dannoso e pericoloso sia di speciale tenuità;
5. l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione
del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
6. l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarci-
mento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima
del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, ado-
perato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze
dannose o pericolose del reato.
14 Fiandaca G., Musco E., Diritto penale – Parte generale, op. cit., p. 392.
199
Parte II • Elementi di biodiritto
Oggetto materiale del reato è rappresentato dal feto – nel periodo in-
tercorrente tra il distacco del feto dalla madre e il momento in cui acqui-
sisce vita autonoma – e del neonato “immediatamente dopo il parto”.
Infine la condotta dev’essere assunta per le condizioni di abbando-
no materiale e morale connesse al parto riscontrabili fino a quando per-
mangono le condizioni morali e materiali che hanno dato luogo alla con-
dotta feticida o infanticida e immediatamente dopo il parto (termine che
deve essere inteso che si verifichi durante lo stato di emozione che se-
gue il parto).
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L’altra figura autonoma speciale di reato è data dall’omicidio di colui che
consente ed è previsto dell’art. 579 del codice penale che testualmen-
te recita:
Si tratta del reato che compie colui che effettua una eutanasia vo-
lontaria sempreché siano sussistenti le condizioni relative al consenso.
Reato chiaramente ispirato dal principio della “indisponibilità della vita
umana”15 anche se temperato nella pena dalla presenza del consenso. Il
trattamento di favore viene individuato nella minore gravità del fatto che
viene attenuato dalla presenza del consenso della persona.
Viene anche definito “suicidio per mano altrui” dato che la volontà del
fatto materiale proviene dalla stessa vittima e il consenso alla condotta
deve essere determinante.
Il consenso deve essere prestato personalmente, dev’essere in equi-
voco anche se espresso in varie modalità, può essere condizionato al-
200
L’eutanasia • Capitolo 14
l’uso del mezzo con cui porre fine alla vita e prestato in modo attuale. Il
reato in questione presuppone “un consenso non solo serio, esplicito e
non equivoco, ma perdurante anche sino al momento in cui il colpevo-
le commette il fatto”.16
Il consenso non rileva – e quindi si applicano le disposizioni relative
all’omicidio volontario – quando viene prestato secondo i punti 1), 2) e
3) dell’art. 579 del codice penale.
La ratio della norma che limita il consenso è chiara anche se foriera
di vari problemi, come vedremo più avanti. Il consenso prestato deve es-
sere immune da vizi, altrimenti si ricade nella tipologia di omicidio vo-
lontario venendo meno la ratio benevolentiae costituita proprio dal con-
senso della vittima.
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Eutanasia
16 Cassazione penale, sez. I, sentenza n. 8128 del 25 luglio 1991 (cc. del 27 giu-
gno 1991), Vornetti (rv 187999).
17 Mantovani F., Problemi giuridici dell’eutanasia, Archivio giuridico, 1970, 38;
Mantovani F., Eutanasia, Dig, IV, 1990; Mantovani F., Diritto penale – Delitti contro
la persona, Cedam, Padova, 1995, p. 118.
18 ll ricordo storico più recente è dato dell’esperienza nazista che, attraverso l’Eu-
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Parte II • Elementi di biodiritto
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l’esclusivo movente di arrecare beneficio a chi si trova in situazioni pa-
tologiche particolari.
Eutanasia pietosa
19 Tripodina C., Il diritto nell’età della tecnica – il caso dell’eutanasia, Jovene, Napoli,
2004, p. 28.
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L’eutanasia • Capitolo 14
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attivamente la morte; può essere suddivisa ulteriormente in: (a) uccisione
diretta (aiuto a morire), e (b) uccisione indiretta (aiuto nel morire). Nel pri-
mo caso l’azione posta in essere è intenzionalmente perseguita dall’agen-
te, anche se ispirata da motivazioni altruistiche e pietistiche (un esempio
classico dell’aiuto a morire è l’overdose per compassione: si sommini-
strano in un’unica soluzione farmaci analgesici in dosi superiori rispetto
a quelle sufficienti per l’effetto antidolorifico. Nel secondo caso la mor-
te – seppure prevista – non è intenzionalmente perseguita; si pone in es-
sere, cioè, un’attività con l’obiettivo di alleviare la sofferenza del malato
nonostante si sia a conoscenza degli effetti collaterali dell’azione stessa.
L’esempio è dato dal cumulo nel tempo di antidolorifici, somministrati al
paziente con il solo scopo di alleviare il dolore, anche se si ha la consa-
pevolezza che l’effetto analgesico può accelerare la morte.20
Concettualmente simile all’eutanasia è l’aiuto al suicidio che si ha quan-
do la morte è conseguenza dell’atto suicida del paziente, consigliato e aiu-
tato da un terzo (spesso un medico). Questa azione determina nel nostro
ordinamento, come vedremo, una fattispecie autonoma di reato.
Se consideriamo l’eutanasia non come abbiamo visto finora, ovvero
un’azione di chi dà la morte, bensì dal punto di vista della volontà del pa-
ziente, la distinzione va fatta tra eutanasia volontaria e eutanasia involon-
taria. Si ha la prima quando la richiesta di porre fine alla vita viene fatta
direttamente dal paziente; si ha la seconda in assenza di tale richiesta, fa-
cendo riferimento, in genere, a giudizi e voleri di terzi (generalmente vi-
cini al paziente stesso, che si assumono il compito di interpretare le sue
volontà in relazione al caso concreto).
20 Tripodina C., Il diritto nell’età della tecnica– il caso dell’eutanasia, op. cit., p. 50.
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Parte II • Elementi di biodiritto
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o suggestione, ovvero carpito con inganno”. Ora, come è intuibile, sotto
l’espressione “deficienza psichica” può rinvenirsi una serie di situazioni
non strettamente legate alla pura malattia mentale, ma connesse anche
alla particolare situazione psicologica di malati terminali sedati (e quin-
di anche sotto l’influsso di sostanze stupefacenti).
Aggrava il quadro della inapplicabilità della fattispecie dell’uccisione
pietosa la presenza di aggravanti specifiche del reato di omicidio volon-
tario come quelle previste dall’art. 577 e che sono tipiche dei fatti di euta-
nasia volontaria. Ci riferiamo ai rapporti di parentela tra la vittima e l’uc-
cisore, l’uso di sostanze venefiche e la premeditazione. Ecco allora che
l’uccisione pietosa rischia di diventare un reato da ergastolo.
Detto questo, diventa necessario analizzare i passi della dottrina giu-
ridica e medico-legale nonché della giurisprudenza per mitigare i rigori
di taluni aspetti del codice penale vigente – che ricordiamo ancora esse-
re il “codice Rocco” del 1930 – rispetto alla percezione del fatto da par-
te del comune sentire a legislazione vigente, senza cioè introdurre fatti-
specie legittime del fatto eutanasico.
Diverse sono state le vie percorse, senza che però spesso si siano rag-
giunti degli accordi in merito. Riportiamo qui di seguito, per ogni punto,
le diverse posizioni in campo:
21 Cagli S., La rilevanza penale dell’eutanasia, tra indisponibilità della vita e princi-
pio di autodeterminazione, in Canestrari F., Fornasari G. (a cura di), Nuove esigenze
di tutela nell’ambito dei reati contro la persona, CLUEB, Bologna, 2001, p. 107.
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L’eutanasia • Capitolo 14
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le o morale”;
• l’incapacità di intendere e di volere dell’agente;
• la mancanza di dolo nell’agente;
• la scriminante dello stato di necessità: come è noto, la causa di non pu-
nibilità scatta quando il fatto viene posto in essere nella condizione in
cui si è costretti dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attua-
le di un danno grave, e sempre che il fatto sia proporzionato al peri-
colo. Vi è chi ipotizza nella morte della persona affetta da dolori in-
sopportabili e non lenibili come una sorta di liberazione dal pericolo
di dolori futuri.24 I contrari sostengono che non vi è proporzione tra
rimedio e male minacciato: si elimina, è vero, il dolore, ma al prezzo
inaccettabile di sopprimere la vittima;
• la scriminante dell’adempimento del dovere: ricorrerebbe nei casi di se-
dazione a forti dosi di analgesici di pazienti in stato terminale e nei
casi di sospensione del trattamento per manifesto accanimento tera-
peutico. Secondo alcuni autori, dovere del medico è quello di porre
in essere tutti i tentativi in grado di lenire il dolore al paziente e quin-
di il suo comportamento viene giustificato; secondo altri si introdur-
rerebbero casi di vera e propria eutanasia larvata;
• la scriminante dei fatti socialmente adeguati;
matica, Rivista Italiana di diritto e procedura penale, Milano, 1997; Iadecola G.,
Eutanasia, problematiche giuridiche e medico-legali, Liviana, Napoli, 1991.
24 Questa scriminante è stata in gran parte utilizzata dalla giurisprudenza olan-
dese per mandare assolti i medici che avevano compiuto fatti eutanasici negli
anni ‘70 del secolo scorso.
205
Parte II • Elementi di biodiritto
• il ricorso all’istituto della grazia: una parte autorevole della dottrina au-
spica che nei casi di autentica eutanasia pietosa si possa prevedere de
jure condendo “fermo restando il principio della intangibilità della vi-
ta, un trattamento sanzionatorio differenziato e più benevolo rispet-
to a quello previsto dal codice penale vigente per i delitti di omicidio
comune e di omicidio del consenziente, fino a consentire, in certi ca-
si, la sospensione condizionale della pena”.25
L’Olanda nei primi anni ‘9026 aveva approvato una legge di depenalizza-
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zione dell’eutanasia volontaria. In questa legge si definiva l’eutanasia co-
me “l’interruzione della vita del paziente dietro sua personale richiesta at-
traverso l’intervento attivo del medico”. Non vi era un disegno compiuto
di regolamentazione – l’eutanasia infatti continuava a essere considera-
ta un reato – ma una mera depenalizzazione in presenza di determinate
condizioni. In particolare:
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L’eutanasia • Capitolo 14
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medesimo si è venuto a trovare;
e) avere consultato almeno un altro medico indipendente che abbia a
sua volta visitato il paziente e abbia espresso un parere per iscritto
circa il rispetto dei criteri di diligenza, prudenza e perizia di cui alle
precedenti lettere da a) a d);
f) avere praticato l’interruzione della vita o dato assistenza al suicidio
secondo la regola di una buona pratica clinica.
27 La traduzione in italiano della legge olandese è stata tratta da Ricca P., Eutana-
sia – la legge olandese, Claudiana, Torino, 2002; vedi anche Aramini M., L’eutana-
sia, commento giuridico-etico della nuova legge olandese, Giuffrè, Milano, 2003.
28 Verhagen E., Sauer P.J.J., The Groningen Protocol — Euthanasia in severely ill
207
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ALLEGATI
Parte III
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ALLEGATO 1
LEGGE 22 MAGGIO 1978, N. 194
Norme per la tutela sociale
della maternità
e sull’interruzione volontaria
della gravidanza
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Art. 1
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsa-
bile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana
dal suo inizio.
L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge,
non è mezzo per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni
e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, non-
ché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini
della limitazione delle nascite.
Art. 2
I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo re-
stando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato
di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione sta-
tale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concre-
tamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;
b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme
della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo all’ente locale competente o alle
strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la
gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risul-
tino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a);
211
Parte III • Allegati
Art. 3
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Anche per l’adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente
legge ai consultori familiari, il fondo di cui all’articolo 5 della legge 29 lu-
glio 1975, n. 405, è aumentato con uno stanziamento di L. 50.000.000.000
annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal sud-
detto articolo.
Alla copertura dell’onere di lire 50 miliardi relativo all’esercizio finan-
ziario 1978 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stan-
ziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa
del Ministero del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro
è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni
di bilancio.
Art. 4
Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni,
la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravi-
danza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua
salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue con-
dizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avve-
nuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del con-
cepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo
2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura so-
cio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Art. 5
Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i neces-
sari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente
quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’in-
212
Legge 22 maggio 1978, n. 194 • Allegato 1
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donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla
base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la de-
terminano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui di-
ritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ri-
corso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie.
Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o
il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere ur-
gente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato at-
testante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad
una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza.
Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro
il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di
fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza
sulla base delle circostanze di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un do-
cumento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e
l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi
i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della
gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente
comma, presso una delle sedi autorizzate (4) (5).
Art. 6
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni,
può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la
vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a ri-
levanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un
grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
213
Parte III • Allegati
Art. 7
I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo prece-
dente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecolo-
gico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento, che ne cer-
tifica l’esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specia-
listi. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comu-
nicare la sua certificazione al direttore sanitario dell’ospedale per l’in-
tervento da praticarsi immediatamente.
Qualora l’interruzione della gravidanza si renda necessaria per immi-
nente pericolo per la vita della donna, l’intervento può essere praticato
anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma prece-
dente e al di fuori delle sedi di cui all’articolo 8. In questi casi, il medico
è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale.
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Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interru-
zione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla let-
tera a) dell’articolo 6 e il medico che esegue l’intervento deve adottare
ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
Art. 8
L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio
ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati
nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, il quale verifica an-
che l’inesistenza di controindicazioni sanitarie.
Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali pubblici
specializzati, gli istituti ed enti di cui all’articolo 1, penultimo comma, della
legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre
1973, n. 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958,
n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere
praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di
requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici.
Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case
di cura autorizzate, a praticare gli interventi di interruzione della gravi-
danza, stabilendo:
1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che
potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori
eseguiti nell’anno precedente presso la stessa casa di cura;
2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di in-
terruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni di degenza
che nell’anno precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni
con la regione.
214
Legge 22 maggio 1978, n. 194 • Allegato 1
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Art. 9
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a
prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi
per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza,
con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve es-
sere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipen-
dente dell’ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, en-
tro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal consegui-
mento dell’abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a for-
nire prestazioni dirette all’interruzione della gravidanza o dalla stipula-
zione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecu-
zione di tali prestazioni.
L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al
di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la di-
chiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al
medico provinciale.
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le
attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specifica-
mente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravi-
danza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.
Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni
caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7
e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti
secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla
e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.
L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sani-
tario ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle
215
Parte III • Allegati
Art. 10
L’accertamento, l’intervento, la cura e l’eventuale degenza relativi all’in-
terruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, e
attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all’articolo 8, rientrano fra le presta-
zioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386.
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Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti,
cure o degenze necessarie per il compimento della gravidanza nonché
per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto all’assistenza mu-
tualistica.
Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti
commi e gli accertamenti effettuati secondo quanto previsto dal secondo
comma dell’articolo 5 e dal primo comma dell’articolo 7 da medici dipen-
denti pubblici, o che esercitino la loro attività nell’ambito di strutture pub-
bliche o convenzionate con la regione, sono a carico degli enti mutuali-
stici, sino a che non sarà istituito il servizio sanitario nazionale.
Art. 11
L’ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l’intervento
è stato effettuato sono tenuti ad inviare al medico provinciale competente
per territorio una dichiarazione con la quale il medico che lo ha eseguito
dà notizia dell’intervento stesso e della documentazione sulla base della
quale è avvenuto, senza fare menzione dell’identità della donna.
Art. 12
La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della
presente legge è fatta personalmente dalla donna.
Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della
gravidanza è richiesto l’assenso di chi esercita sulla donna stessa la po-
testà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri
motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone
esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il
loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la strut-
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Legge 22 maggio 1978, n. 194 • Allegato 1
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Ai fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni,
si applicano anche alla minore di diciotto anni le procedure di cui all’ar-
ticolo 7, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la
tutela.
Art. 13
Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta di cui agli ar-
ticoli 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche
dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente separato.
Nel caso di richiesta presentata dall’interdetta o dal marito, deve es-
sere sentito il parere del tutore. La richiesta presentata dal tutore o dal
marito deve essere confermata dalla donna.
Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico
di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette giorni
dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli
sulla domanda e sulla sua provenienza, sull’atteggiamento comunque
assunto dalla donna e sulla gravidanza e specie dell’infermità mentale
di essa nonché il parere del tutore, se espresso.
Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno gli interessati, de-
cide entro cinque giorni dal ricevimento della relazione, con atto non
soggetto a reclamo.
Il provvedimento del giudice tutelare ha gli effetti di cui all’ultimo
comma dell’articolo 8.
Art. 14
Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire
alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle na-
217
Parte III • Allegati
Art. 15
Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuo-
vono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausi-
liarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui me-
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todi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso
delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica
della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza. Le re-
gioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare
sia il personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone in-
teressate ad approfondire le questioni relative all’educazione sessuale,
al decorso della gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali e alle
tecniche per l’interruzione della gravidanza.
Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni re-
digono un programma annuale d’aggiornamento e di informazione sulla
legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assisten-
ziali esistenti nel territorio regionale.
Art. 16
Entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello dell’en-
trata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità presenta al
Parlamento una relazione sull’attuazione della legge stessa e sui suoi
effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione.
Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il
mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predispo-
sti dal Ministro.
Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto
riguarda le questioni di specifica competenza del suo Dicastero.
Art. 17
Chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravi-
danza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
218
Legge 22 maggio 1978, n. 194 • Allegato 1
Art. 18
Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso
della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si con-
sidera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia
ovvero carpito con l’inganno.
La stessa pena si applica a chiunque provochi l’interruzione della
gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna.
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Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l’ac-
celeramento del parto.
Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte
della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una
lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni;
se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita.
Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna
è minore degli anni diciotto.
Art. 19
Chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza l’os-
servanza delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la re-
clusione sino a tre anni.
La donna è punita con la multa fino a lire centomila.
Se l’interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l’accer-
tamento medico dei casi previsti dalle lettere a) e b) dell’articolo 6 o co-
munque senza l’osservanza delle modalità previste dall’articolo 7, chi
la cagiona è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La donna è punita con la reclusione sino a sei mesi.
Quando l’interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna
minore degli anni diciotto, o interdetta, fuori dei casi o senza l’osser-
vanza delle modalità previste dagli articoli 12 e 13, chi la cagiona è pu-
nito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumen-
tate fino alla metà. La donna non è punibile.
Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna,
si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva una lesione per-
sonale gravissima si applica la reclusione da due a cinque anni; se la le-
sione personale è grave questa ultima pena è diminuita.
219
Parte III • Allegati
Art. 20
Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l’interruzione della
gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi ha sol-
levato obiezione di coscienza ai sensi dell’articolo 9.
Art. 21
Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 326 del codice penale, es-
sendone venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, ri-
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vela l’identità – o comunque divulga notizie idonee a rivelarla – di chi
ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente
legge, è punito a norma dell’articolo 622 del codice penale.
Art. 22
Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato.
Sono altresì abrogati il n. 3) del primo comma e il n. 5) del secondo
comma dell’articolo 583 del codice penale.
Salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna,
non è punibile per il reato di aborto di donna consenziente chiunque ab-
bia commesso il fatto prima dell’entrata in vigore della presente legge,
se il giudice accerta che sussistevano le condizioni previste dagli arti-
coli 4 e 6.
220
ALLEGATO 2
LEGGE 19 FEBBRAIO 2004, N. 40
Norme
in materia
di procreazione
medicalmente assistita
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Capo I
Principi generali
Art. 1. Finalità
1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti
dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla pro-
creazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità
previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coin-
volti, compreso il concepito.
2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito
qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le
cause di sterilità o infertilità.
221
Parte III • Allegati
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d-bis) l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della steri-
lità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione me-
dicalmente assistita;
d-ter) l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento
familiare.
2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Capo II
Accesso alle tecniche
222
Legge 19 febbraio 2004, n. 40 • Allegato 2
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babilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle rela-
tive conseguenze giuridiche per la donna, per l’uomo e per il nascituro.
Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure
di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184,
e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medical-
mente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle con-
cernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e
dell’uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e
in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e con-
sapevolmente espressa.
2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi eco-
nomici dell’intera procedura qualora si tratti di strutture private auto-
rizzate.
3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di pro-
creazione medicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente
al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con de-
creto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell’ar-
ticolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione
della volontà e l’applicazione della tecnica deve intercorrere un termine
non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno
dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecon-
dazione dell’ovulo (3/e) (3/f).
4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico re-
sponsabile della struttura può decidere di non procedere alla procrea-
zione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine me-
dico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta
di tale decisione.
5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procrea-
223
Parte III • Allegati
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3. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre
anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime pro-
cedure di cui al comma 1.
Capo III
Disposizioni
concernenti la tutela del nascituro
224
Legge 19 febbraio 2004, n. 40 • Allegato 2
Capo IV
Regolamentazione delle strutture autorizzate
all’applicazione delle tecniche
di procreazione medicalmente assistita
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1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realiz-
zati nelle strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte
al registro di cui all’articolo 11.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano defi-
niscono con proprio atto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge:
a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture;
b) le caratteristiche del personale delle strutture;
c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei
casi di revoca delle stesse;
d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni
della presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici
e organizzativi delle strutture.
225
Parte III • Allegati
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tare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Capo V
Divieti e sanzioni
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Legge 19 febbraio 2004, n. 40 • Allegato 2
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niche nei casi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5.
9. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio profes-
sionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condan-
nato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previ-
sto dal comma 7.
10. L’autorizzazione concessa ai sensi dell’articolo 10 alla struttura al
cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente arti-
colo è sospesa per un anno. Nell’ipotesi di più violazioni dei divieti di cui
al presente articolo o di recidiva l’autorizzazione può essere revocata.
Capo VI
Misure di tutela dell’embrione
227
Parte III • Allegati
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rispetto a queste.
5. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio profes-
sionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condan-
nato per uno degli illeciti di cui al presente articolo.
228
Legge 19 febbraio 2004, n. 40 • Allegato 2
Capo VI
Disposizioni finali e transitorie
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1. L’Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di cia-
scun anno, una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai
dati raccolti ai sensi dell’articolo 11, comma 5, sull’attività delle strut-
ture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemio-
logica delle tecniche e degli interventi effettuati.
2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, pre-
senta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sul-
l’attuazione della presente legge.
229
Parte III • Allegati
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vatezza dei dati personali, l’indicazione nominativa di coloro che hanno
fatto ricorso alle tecniche medesime a seguito delle quali sono stati formati
gli embrioni. La violazione della disposizione del presente comma è punita
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 50.000 euro.
3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge
il Ministro della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, defi-
nisce, con proprio decreto, le modalità e i termini di conservazione de-
gli embrioni di cui al comma 2.
230
Bibliografia
Bibliografia
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Aborto, 119 – istituzionale, 38
– chirurgico, 83 Agenzia per i servizi sanitari re-
– clandestino, 82, 91, 94 gionali, 20-23
– farmacologico, 83 Aiuto al suicidio, 203
– legalizzazione dell’, 78 Alimentazione artificiale, 186
– terapeutico, 78, 79, 80 Alleanza terapeutica, concetto di,
– volontario, 78, 79, 80 187
Accanimento clinico, 163-182 Area funzionale omogenea dei
Accanimento diagnostico-tera- dipartimenti, 41
peutico, 121, 163-182 Assistenza, livelli essenziali e
– definizioni di, 166-168 uniformi di (LEA), 28
– divieto di, 179 ASSR, vedi Agenzia per i servizi
– il caso di Eluana Englaro, 173- sanitari regionali
177 Atti medici
– il caso di Piergiorgio Welby, – secondo il Comitato Nazionale
178-181 di Bioetica, 170-172
– in pazienti in stato vegetativo, – secondo la commissione Vero-
168 nesi-Oleari, 170-172
– posizione del magistero catto- Autotrapianti, 45
lico, 165-166 Aziende ospedaliere, 23
– parere del Consiglio superiore – organi delle, 32-35
di sanità sull’, 180 – requisiti delle, 31-32
Accreditamento, 37-39 Aziende sanitarie locali, 22
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Clausola di coscienza, 70, 71 Consiglio dei sanitari, 34
Coito interrotto, 62 Consiglio superiore della sanità,
Collegio di direzione, 40 competenze del, 10, 24-26
Collegio sindacale delle aziende Consultori, 61
ospedaliere, 34 Contraccettivi
Concetto di vitalità e rianimazio- – di barriera, 67
ne del neonato, 119-121 – ormonali, 67
Condom, 65 Contraccezione, 59-76
Conferenza stato-regioni, 18 – e consenso, 61
Consenso informato 139-162 – e obiezione di coscienza, 68
– acquisizione del, 143-150 – di emergenza, 70, 73
– ai trattamenti sanitari, 152 – metodi naturali di, 67
– alla donazione di sangue, 151 – normativa sulla, 59-62
– alla terapia elettroconvulsivan- Contragestativi, 67
te (elettroshock), 155-156 Controllo di qualità, 41
– alla trasfusione di sangue ed Convenzione di Oviedo, 141,
emoderivati, 151-154 145
– dei genitori alle cure sperimen- Crioconservazione
tali, 124 – degli embrioni, divieto della,
– e informazione, 142-143 99, 106
– e paziente incapace, 147 – di gameti femminili, 99
– e paziente minore, 145-147 – di gameti maschili, 99
– e procreazione medicalmente Cure
assistita, 111, 156 – consenso alle, 160
– e rifiuto delle cure, 158-160 – futili, 163-182
– e sperimentazione clinica di – normali, definizione di, 166
farmaci, 156 – palliative, definizione di, 166
– forma del, 150-151 – rifiuto delle, 160
– modulistica di routine, 157 – sospensione delle, 160
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Direttive anticipate, 183-191 – per omissione, 203
– autore delle, 185 – pietosa, 202
– contenuto delle, 185 – – attiva, 202
– di trattamento, 184 – – passiva, 202
– forma e implementazione del- – profilattica, 201
le, 189-200 – solidaristica, 202
– i soggetti delle, 185 – sperimentale, 201
– vincolatività e cogenza delle, – terapeutica, 202
187-189 – volontaria, 200, 203
Diritto alla salute, tutela del, 28-30 – – consenso della vittima, 205
Dissociazione generativa, 110 – – problematiche giuridiche del-
Donazione di organi, principio la, 203-206
del silenzio-assenso, 49
Fecondazione
Elettroshock (TEC) e consenso – assistita, tecniche di, 97-100
informato, 155-156 – in vitro (FIVET), 99
Embrione, impianto dell’, 64 – omologa ed eterologa, 109
Embrioni Fegato, trapianto parziale di, e
– conservazione degli, 105 consenso informato, 154-155
– diagnosi pre-impianto degli, FGM (female genital mutilation),
104 vedi Mutilazioni genitali fem-
– impianto di, 105 minili
– limiti all’applicazione delle tec-
niche sugli, 105 Genitorialità
– misure di tutela degli, 114 – adottiva, 110
Englaro E., il caso di, 173-177 – procreativa, 110
Enteral nutrition, 169 GIFT, 99. Vedi anche Fecondazio-
Escissione del clitoride e delle ne
piccole labbra, 129-130 Grandi prematuri
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Idratazione artificiale, 169
Inabilitazione e consenso, 148 Malattia mentale, normativa sul-
Infanticidio, 199 la, 53-55
Infibulazione, 129 Maternità, norme per la tutela so-
Informazione e consenso infor- ciale della, 2011
mato, 142-143 Metodi contraccettivi, classifica-
Iniezione intracitoplasmatica di zione dei, 65
spermatozoi (ICSI), 99 Metodo
Inseminazione sopracervicale, 99 – Billings, 62
Intercettivi, 67 – Ogino-Knauss, 63
Interdizione e consenso, 148 MGF, vedi Mutilazioni genitali
Interruzione volontaria della gra- femminili
vidanza, 77-95, 118, 120 Ministero del lavoro, della salute
– dopo i 90 giorni, 86 e delle politiche sociali, 18
– entro i primi 90 giorni, 84-86, Ministero della salute, 19
95 – competenze statali del, 20
– in donna minore, 86-87, 95 – dipartimenti del, 20-22
– norme sulla, 211 Ministero della sanità
– tipologie di, 83-87 – competenze del, 10
Intervento chirurgico eseguito – istituzione del, 4
senza acquisizione del consen- Morte, concetto giuridico di, 193
so, conseguenze, 161-162 Mutilazioni genitali femminili
Isotrapianti, 45 (MGF), 129-138
Isterosuzione, 83 – assenza di terapeuticità delle,
Istituto superiore di sanità (ISS), 133
competenze del, 10, 24-26 – danni delle, 131
Istituzioni Pubbliche di Assisten- – e legge islamica, 131
za e Beneficenza (IPAB), 3 – sanzioni legislative, 133
IUD (intrauterine device), 63 – motivazioni delle, 131
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gravidanza, 87-93 Qualità della vita e accanimento
– e procreazione medicalmente terapeutico, 164
assistita, 114
Omicidio Raschiamento, 83
– del consenziente, 200 Regioni, istituzione delle, 5
– – e consenso della vittima, 201 Rene, donazione di, tra viventi, e
– doloso, 196 consenso informato, 154-155
– per causa d’onore, 60 Rifiuto delle cure, 149
– volontario, 196, 204 – e consenso informato, 158
– – aggravanti, 197 Riforma ospedaliera, 5
– – attenuanti, 198 Riforma sanitaria, 7
Omotrapianti, 45 RU-486, 64, 83
Organi, consenso alla donazio-
ne di, 49 Sangue, consenso alla donazio-
Organizzazione nazionale dei ne di, 151
prelievi e dei trapianti, 50 Sanità
Organo-trapianti, 45 – competenze regionali, 10-11
Ovulazione multipla, induzione – competenze statali, 10, 15-26
dell’, 99 Servizio sanitario nazionale
– aziendalizzazione del, 27-43
Piano sanitario nazionale, 29, 38 – istituzione del, 7-10
Pillola – obiettivi del, 8-10
– abortiva, 64, 83 – principi del, 8
– del giorno dopo, 64, 69 Sindaco e conferenza dei sinda-
– estroprogestinica, 63 ci, 35
– RU-486, 64, 83 Soppressione della vita, tutela
Preservativo, 65 penale della, 196-199
Prestazioni socio-sanitarie, defi- Sperimentazione clinica di farma-
nizione di, 36-37 ci e consenso informato, 156
243
Indice analitico
Spermicidi, 65 – di tessuti, 45
Spirale, 63 – di rene tra persone viventi, 46
Stato vegetativo, pazienti in, 168 – divieti e sanzioni, 52
Sterilizzazione – eteroplastici, 45
– femminile, 74 – informazione sui, ai cittadini, 48
– maschile, 74 – normativa sui, 45-52
– per motivi terapeutici, 74 – norme sul personale, 51
– problematiche giuridiche della, – omoplastici, 45
74 – parziale di fegato, 46
– volontaria, 74, 76 – strutture per i prelievi di organi,
Suicidio per mano altrui, 200 51
Sunna, 129 Trasferimento intratubarico
– lievissima, 136-138 – di embrioni (TET), 99
Acquistato da Luca Benci su Bookrepublic Store il 2012-04-01 10:12 Numero Ordine Libreria: b218039-9788838690440 Copyright © 2012, McGraw-Hill Companies
Surrogazione di maternità, divie- – di gameti (GIFT), 99
to di, 110-111 – di zigoti (ZIFT), 99
Trasfusione di sangue ed emode-
TEC, vedi Elettroshock rivati, consenso alla, 151-154
– e consenso informato, 155 Trattamenso sanitario obbligato-
Testamento biologico, 164, 183, rio, 54, 158, 112, 156
184 TSO, vedi Trattamento sanitario
– esempio di, 200-201 obbligatorio
Testo unico delle leggi sanitarie, Tutela sociale della maternità,
4 norme per la, 211
TET, 99. Vedi anche Fecondazio-
ne Unità sanitaria locale (USL), 11-
Total parenteral nutrition, 169 14
Trapianti/o – organi dell’, 15-26, 32
– anonimato dei dati, 51 USL, vedi Unità sanitaria locale
– autologhi, 45
– autoplastici, 45 Vasectomia, 76
– da cadavere, 48
– da vivente, 46-48 Welby P., il caso di, 178-181
– – espressione del consenso per
i, 47 ZIFT, 99. Vedi anche Fecondazio-
– di organi, 45 ne
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