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HILKHOT TALMUD TORA

Due mitzvot fondamentali:


 Studiare Torà
 Onorare chi insegna e conosce

CAPITOLO 1
Sul precetto di studiare Torà
Esentati sono donne, schiavi e bambini i padri devono però insegnare ai figli, le madri non sono
obbligate perché solo chi studia deve insegnare.
Insegnare anche ai figli dei figli si intendono gli alunni anche non imparentati, si dice prima dei
figli per far capire la predominanza dell’insegnamento ai propri consanguinei.
Se non istruiti da proprio padre si è tenuti a farlo da sé, raggiunta l’età della ragione.
Lo studio precede il matrimonio e l’azione.
Insegnare sin da quando apre bocca il figlio, all’età di 6/7 anni lo si porta poi da un insegnante.
È vietato ricevere un compenso per l’insegnamento di Torà.
Un momento al giorno per lo studio di Torà è considerato obbligatorio studio da dividere in tra
parti:
 Studio della scrittura
 Studio della Torà orale
 Meditazione/ collegamento di concetti e interpretazione Talmud
Crescendo in saggezza è possibile ridurre lo studio di Torà orale e scritta, dedicandone però
sempre un po’ per non dimenticarle.
Insegnare alle figlie non ha senso mancano della giusta concentrazione e il compenso (morale)
per le donne che studiano è minore di quello per gli uomini perché non sono obbligate da alcun
precetto. Maimonide specifica che ci si riferisce allo studio di Torà orale, quella scritta invece, pur
non dovendo per forza essere insegnata alle donne non è come insegnare cose prive di senso.

CAPITOLO 2
Sul precetto di insegnare Torà
In ogni città è obbligatorio insegnare Torà pena la scomunica e in caso recidivo la distruzione
della città.
6/7 anni per iniziare a studiare possibili le percosse.
Previsto un massimo di 25 alunni a maestro.
Maestro può diventarlo chiunque voglia aprire una scuola è bene che sia sposato.

CAPITOLO 3
Sull’importanza dello studio della Torà
Inizia con concetto delle tre corone date al popolo ebraico: della Torà, del sacerdozio e della
regalità. Alleanza di sacerdozio perenne (Aronne), a Davide la corona della regalità, quella della
Torà è sempre disponibile a ogni ebreo, quest’ultima è la più grande e importante.
Lo studio e la saggezza sono sopra a tutto, anche sopra l’avere una certa carica.
Studiare la Torà equivale al peso che tutti gli altri precetti hanno questo perché lo studio
precede l’azione.
Dopo la morte si viene prima giudicati in base allo studio della Torà.
La Torà deve essere occupazione fissa e il lavoro solo temporanea anche solo il pensiero di
mettere qualcosa prima dello studio nullifica la possibilità di avere la corona della Torà.
Non è in cielo né al di là del mare.
Paragone con l’acqua le parole sacre scorrono non fermandosi tra i superbi ma tra gli umili.
Torà > lavoro però non si può fare elemosina, trascina al peccato, al furto o peggio al vendere le
parole sacre.
Chiunque non studi pur potendo fa parte di chi disdegna il signore.
Chi trascura torà perché ricco finirà a trascurarla perché povero, chi la compie da povero lo farà
anche da ricco.

CAPITOLO QUARTO
A chi e come si insegna la Torà
A chi:
L’alunno deve prima essere indirizzato verso la giusta strada. L’ ”onore” della Torà non è da
indirizzare allo stolto, stessa cosa per il maestro che deve avere un buon comportamento.
Come:
Maestro seduto e alunni in cerchio attorno, prima della distruzione del tempio maestro seduto e
alunni in piedi, poco prima si prese l’usanza di stare tutti seduti.
Possibilità di una traduttore/mediatore tra maestro e allievi nel caso ripeta la lezione poi deve
citare le parole del saggio da cui vengono le parole che usa.
Previste le domande e le precisazioni da parte dei maestri.
“Il timido non impara e l’iracondo non insegna” però il maestro deve arrabbiarsi se la causa
della non comprensione è pigrizia. Deve rimanere della soggezione in modo che gli alunni abbiano
timore del maestro.
Il maestro ha diritto di mettere in difficoltà gli alunni con le sue domande.
Precedenza per domande inerenti: azioni, norme, commenti ai versetti, ragionamenti (Kal
vachomer) domande poste da maestri.
In un’ aula di Torà l’unico argomento di discussione deve essere la Torà.

CAPITOLO QUINTO
Sull’obbligo di rispettare il proprio maestro
Si deve più rispetto al maestro che al padre il genitore conduce il figlio alla vita terrena, il
maestro al mondo futuro.
Proibito separarsi dal proprio maestro ovvero aprire scuola di Torà senza suo consenso. Chi
insegna davanti al proprio maestro è passibile di pena di morte.
Almeno 12 sono le miglia di distanza per permettere all’allievo di rispondere a domande su una
norma.
Serve un certo livello di competenze per insegnare Torà. Vale la cosa anche per chi ha le
competenze e non insegna.
Vietato chiamare maestro per nome, o anche dire il suo nome anche riferendosi ad altri (solo per
maestri con nomi particolari). Per il saluto “shalom a te mio signore”.
Non togliersi i filatteri e sedersi come di fronte a un re. Nel congedo non voltargli le spalle.
Alzarsi fin dal momento in cui lo si vede.
Non onorare alunno di fronte al suo maestro a meno che quest’ultimo non sia solito farlo.
Nel caso di morte del Rav Muvhak (maestro che ha mostrato la luce) ci si deve strappare gli abiti
senza più ricucirli.
Un maestro può rinunciare alla gloria e rispetto che gli sono dovuti.
Il rispetto è dovuto anche ai propri allievi, che sono come figli, e che inoltre aumentano la saggezza
del maestro-> questo tramite le loro domande e questioni.
CAPITOLO SESTO
Sull’obbligo di rispettare ogni maestro
1. Tutti i saggi (anziani) sono da rispettare. Da quando sono entro il raggio di 4 braccia ci si
deve alzare.
2. Nel caso alzarsi provochi perdita di guadagno (ad es a lavoro) non si è obbligati
3. I saggi dovrebbero evitare i luoghi affollati per evitare di costringere le persone ad alzarsi
4. A cavallo stessa cosa
5. Se in tre il saggio al centro, più sapiente alla destra e l’altro alla sinistra
6. Nel caso di un av bet din ovvero il presidente di un tribunale rabbinico ci si deve alzare fin
da quando lo si vede e sedersi dopo quattro braccia; nel caso di un nasi, ovvero del capo
del Sinedrio per sedersi si deve aspettare che scompaia alla vista. Nell’entrata in una stanza
per il nasi tutti in piedi finché non dica di sedersi, nel caso del av bet din si fanno due file in
piedi finché non si siede, gli altri possono stare seduti.
7. Nell’entrata ci si alza alternandosi tra i presenti
8. L’allievo che sta davanti al maestro si alza alla sera in modo da dargli lo stesso rispetto che
si dà al cielo
9. Di fronte a un anziano, anche non ebreo, anche un giovane maestro deve alzarsi
10. Saggi non escono per opere di costruzione; non pagano tasse, precedenza nel caso di
essere giudicati
11. Peccato odiare i maestri per Maimonide la distruzione di Gerusalemme è dovuta a
questo odio.
12. Se testimoni delle tue offese a rabbini allora passibile di pensa del Niddui. Se saggio morto
allora scomunicato da tribunale; se vivo deve chiedere perdono. Il saggio vivo può
scomunicare.
13. Se scomunicato dal nasi allora scomunica vale per tutto il popolo ebraico, se dalla sua città
allora da tutte le altre, se scomunicato da altra città nella sua potrebbe non esserlo.
14. Guarda lista su libro

CAPITOLO SETTIMO
Sulla pena della scomunica

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