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Quintiliano, Compiti e doveri dell’insegnante, Institutio oratoria, 2,2, 1-8

1. Quando dunque il ragazzo negli studi avrà raggiunto una solidità tale per cui possa comprendere
quelli che si son detti essere i primi insegnamenti dei retori, allora bisognerà affidarlo ai maestri di
retorica, e di costoro esaminare anzitutto le qualità morali. 2. Aspetto che io ho cominciato a trattare in
modo davvero specifico adesso, non perché non lo ritenga degno della massima attenzione anche negli
altri insegnanti - come ho attestato già nel libro precedente - ma perché è l’età stessa dei ragazzi a
renderne più necessaria la menzione. 3. In effetti, essi vengono affidati a questi precettori quando sono
già piuttosto grandi, e rimangono presso di loro anche dopo aver superato i vent’anni. In quel periodo
bisogna quindi usare un’attenzione particolare, perché la virtù del maestro protegga dai torti i più teneri
d’età, e la sua fermezza trattenga dagli eccessi i più grandi e disinvolti. 4. Del resto, non basta che il
maestro si mostri irreprensibile, se poi con il rigore della propria disciplina non riesce ad arginare i
comportamenti dei ragazzi che si raccolgono intorno a lui. Verso di loro, assuma anzitutto i sentimenti
di un padre, e sia convinto di prendere il posto di quanti gli affidano i figli. 5. Egli non abbia vizi e non
li ammetta negli altri. La sua serietà non assuma i tratti della cupezza e la sua affabilità non sia
sguaiata, affinché a causa della prima non gli venga antipatia e a causa della seconda scarso rispetto.
Parli senza risparmio di ciò che è onesto e di ciò che è bene: quanto più spesso ammonirà, tanto più
raramente punirà. Si adiri il meno possibile, ma non finga di non vedere i difetti da correggere, sia
semplice nelle spiegazioni, resistente alla fatica, assiduo ma non eccessivo. 6. Risponda di buon grado
a chi gli fa domande, di sua iniziativa interroghi chi non gliene pone. Nel lodare le esercitazioni degli
allievi non sia né troppo stretto né troppo largo, poiché il primo atteggiamento fa venire a noia lo
studio, il secondo genera eccessiva sicurezza. 7. Quando corregge gli errori non si mostri aspro e
offenda il meno possibile, perché il fatto che alcuni biasimino i ragazzi quasi come se provassero astio
verso di loro, ne allontana molti dal proposito di studiare. 8. Ogni giorno dica qualche frase, anzi, molte
frasi che i suoi uditori poi ripetano fra sé. Ammettiamo pure, infatti, che fornisca abbastanza esempi da
imitare grazie agli autori che legge: la viva voce, come si usa dire, nutre però in maniera più piena,
specie quando appartiene a un maestro che i discepoli, purché ben educati, amano e temono.
D’altronde, a stento si può esprimere quanto più volentieri imitiamo coloro verso i quali siamo
bendisposti.

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