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LÁZARO DE TORMES O IL MESTIERE DI SERVIRE

(Con questo saggio, l’autrice mostra come l’intera vita di Lázaro sia stata un continuo servire gli altri per
riuscire a raggiungere una vita serena)

Dall’inizio alla fine, si assiste a un Lázaro de Tormes che apprende progressivamente il mestiere di servitore,
fino ad ottenerne la padronanza. Le continue difficoltà lo conducono a una vita da parassita. In questo
senso, Lazaro è “l’anti-apprendista” a cui ogni padrone offre lezioni di malizia e inganno.
Il cieco lo educò attraverso trappole e maltrattamenti, avvertendolo della necessità di “saperne una più del
diavolo”. Con il chierico mise in atto tutto ciò che apprese in precedenza. La formazione avuta con questi
due primi padroni segna l’inizio di un periodo basato sulla violenza, sulla sudditanza e la disaffezione.
Nonostante ciò, Lazaro mostra segni di riconoscimento verso il primo padrone, fattore che non accadrà mai
con il secondo. Il protagonista, che viene posto dalla madre come guida per il cieco, “non come servo, ma
come figlio”, evoca la formula dei contratti di apprendistato. C’è comunque il proposito da parte dell’autore
di smascherare gli abusi commessi, protetti da questa tradizionale formula.
Il rapporto con il suo terzo padrone, “el hidalgo”, si distingue con quelli precedenti per la totale assenza di
violenza tra i due, per il legame affettivo che li unisce, e per l’inversione dei ruoli che porterà Lázaro
servitore a soccorrere il padrone.
Spicca la scelta da parte dell’autore di presentare i tre padroni, rappresentati di stati sociali di cui viene
sottolineato il lato più basso: il misero cieco, il vile chierico e l’affamato e degradato signorotto.

Il terzo capitolo differisce dai precedenti dal punto di vista formale per la sua particolare estensione e per il
cambio di comunicazione tra il servitore e il padrone. Mentre i primi due capitoli sono principalmente
narrativi, nel terzo sono presenti molti dialoghi. A ciò si aggiunge anche un lungo monologo del cavaliere e
diversi riflessioni. Nelle rare occasioni dialogate precedenti, il linguaggio di Lazaro è popolare. Nel terzo, il
contrasto è evidente (“señor, Vuestra Merced…”). Il ragazzo si adatta, cambia il suo modo di parlare per
assumerne uno adatto a quello di servitore di un nobile. Ovviamente, è impossibile credere che il ragazzo
sia riuscito ad apprendere il linguaggio cortese in poche ore. Risulta comunque sensato che il narratore già
maturo faccia propria la retorica di uno stato dominante. Il terzo padrone rappresenta per il giovane una
rottura col passato e un’apertura verso il futuro. Riceve da lui le lezioni più durature: apprende e diventa
cosciente di quanto sia importante apparire (nei modi, nel vestire, nel camminare), saper scegliere padroni
che lo aiutino nel raggiungimento di una vita migliore, imparando a compiacerli e trascurando princìpi e
virtù. Sono tutte lezioni che metterà in atto, con successo, al servizio dell’arciprete.

L’apparenza e l’inganno diventeranno costanti nella vita di Lázaro. Già la scelta del nome del protagonista e
l’abbandono dei suoi veri cognomi (il nome di Lázaro González Pérez diventa Lazaro de Tormes) può
condurre a pretese ingannevoli di stirpe onorevole, se non fosse che in realtà rappresenta una beffa dei
nomi eroici. Anche l’apparenza del ragazzo è insidiosa: nei primi trattati viene presentato un Lázaro scalzo
cencioso e sdentato a vita, per poi arrivare a un Lázaro che indossa le sue prime scarpe e che poi ottiene un
primo lavoro lucroso, con cui poi farà il suo primo grosso acquisto. Riuscirà, così, a vestirsi in modo onesto.
Questo sforzo di apparire più di ciò che è, è il mezzo con cui Lázaro cercherà di “alcanzar buena vida”.
Attraverso le sue avventure, Lázaro riesce comunque ad affrontare da solo la vita, tramite i suoi soli sforzi,
differentemente da coloro che hanno avuto la fortuna dalla loro parte.
Lázaro dimostra di aver appreso tutte le lezioni del duro mestiere di servire. È riuscito a sopravvivere alla
miseria e acquisì il dono di prosperare. Imparò a servire e a compiacere. Decide di stare dalla parte dei
buoni, accettando una vita da servo obbediente, in cambio di protezione e sicurezza. Identifica il benessere
con l’affetto. Non a caso dichiara di amare sua moglie più di ogni atra cosa, dal momento in cui riesce ad
ottenere con lei mille favori. Il protagonista protegge ad ogni costo ciò che ha ottenuto dopo tanti sacrifici:
benessere materiale, la pace in casa e padronanza nel servire.
Lo sviluppo di Lázaro non si conclude con l’ultimo capitolo, ma con il prologo. Il suo ultimo vero servo non è
l’arciprete, ma “Vuestra Merced” a cui si riferisce nel prologo. La sua vita letteraria si conclude quando
inizia l’opera, quando il protagonista decide di obbedire a “Vuestra Merced” e scrivere il caso. Il narratore-
autore riprende nel prologo il suo compito di servire. Resta solo da ripercorrere il cerchio della vita del
protagonista.

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