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Umberto Saba, Amai

Amai trite parole che non uno osava. M incantò la rima fiore amore.

La piu antica difficile del mondo

Amai la verità che giace al fondo

Quasi un sogno obliato che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta che piu non l
abbandona.

Amo te che mi ascolti e la mia buona

Carta lasciata al fine del mio gioco.

“amai” Saba nutri sempre pur nel dolore, pur nel tormento, un amore profondissimo per la vita. Scriverà la
morante che il segreto della poesia di Saba è il sapere riscattare i valori della vita rispetto alla morte. Il
dettato è semplice, si ripete inoltre il lessema amore. Saba ritorna alla dime sione concreta dell esistenza
con la semplicità della rima fiore amore. Nonostante ci troviamo negli anni della poesia ermetica, Saba
esordisce con “amai trite parole” parole quindi usurate, utilizzate fino all esaurimento. La vita per Saba è
indissolubilmente un connubio di gioie e dolori, e il dolore non deve essere esorcizzato, perche se proviamo
a tenerlo lontano, lui tornerà con effetto ancora piu devastante. Il dolore deve essere riscoperto e fatto
amico, questa era la straordinaria grandezza che vedeva La morante in Saba. Saba dice che anche la sua
propria poesia ha una un grande livello conoscitivo, l obbiettivo principale della poesia di Saba, è essere
onesta. La parola chiave di Saba è onestà, nel 1911 scrive il saggio “quello che resta da fare ai poeti” in cui
scrive che ai poeti non rimane che fare poesia onesta, una poesia che non rinunci ad un interlocutore, un
lettore. Non scrivo perché mi appago, scrivo perché ne senso la responsabilità civile morale. Attraverso la
narrazione di me, anche delle parte piu brutte, Saba parla di “sogno obliato” sogni brutti che lui invece di
cacciare via, ama “amai la verità che giace al fondo” “che il dolore riscopre amica”.

Sia da un punto di vista umano che poetico, è un passaggio quasi fisiologico da Montale a Saba. Saba è
della generazione del 1880, Saba morirà nel 57, questo è importante perche la Morante gli dedicherà il
saggio in cui secondo ella Saba fosse il poeta di tutta la vita. Saba con una componente ebraica forte. Ha
avuto una vita tormentatissima, non conosce il padre ,lo conoscerà solo da adulto. Nella sua infanzia viene
tirato su dalla tata. Saba dopo il. 43 sarà costretto a lasciare la libreria antiquaria che possedeva e sarà
costretto a nascondersi per evitare i rastrellamenti. Saba durante questo periodo riceverà visite da
Montale. Saba scrive il canzoniere, opera che lui ha nutrito tutta la vita. Saba consegna tutto il suo credo
poetico alle poesie del Canzoniere.

Saba, Città vecchia

Spesso, per ritornare alla mia casa


prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
C è un incipit di tipo narrativo, come se stesse iniziando a raccontare
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui in cui non cè nulla di nobile, Saba trova l infinito nell umiltà. In questa realta degradata in cui merci e
uomini sono il detrito del mare. Qui l infinito è il senso della vita, li vi è a metafora dea vita. E il poeta la sente
battere anche dove è piu marcato il degradato, laddove ci verrebbe da chiudere gli occhi. L incipit narrativo
inizia con “Io” poi abbiamo i luoghi “osteria, casa, lupanare” poi si passa alle persone che popolano questi
luoghi “la prostituta, il marinaio, il vecchio che bestemmia, il dragone” ma in questa umanità degradato c è
una figura isolata, “la giovane tumultuante impazzita d amore” in questo degrado c è la giovane. “Sono tutte
creature della vita e del dolore, s agita in esse come in me il signore” il signore non con accezione cattolica, ma
come figurazione della moralità della vita.

Qui prostituta e marinaio, il vecchio


che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia


il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

Dove il degrado è maggiore, egli sente piu puro farsi il suo pensiero.

La metafora è quella della citta vecchia. La citta di Saba è Trieste. Saba spesso personifica questa città

Notiamo che per notare a casa, il poeta non scelga la strada principale, ma i sobborghi, i luoghi per
definizione piu malfamati, degradati. Inizia quindi una descrizione topografica, la strada è affollata con
pozzanghere. Individuiamo 3 luoghi, crocevia di incontri vari, il lupanare, la casa e l osteria. Luoghi in cui
merci e uomini (le due cose vengono messe sullo stesso piano perché spesso in questi luoghi non vi è
differenza tra ciò) sono il sedimento, il detrito di un gran porto di mare.

Il canzoniere viene definito da Saba come un romanzo lirico autoconoscitivo

La semplicità di Saba deriva innanzitutto da un grande lavoro su se stesso. Il fatto di saper trasformare il
dolore in un amico, richiede un grande sforzo.

Il canzoniere, “Il poeta”, Umberto Saba

Io non so amare,
io non so fare
bene che questa cosa,
cui dava a me la vita dolorosa
unico scampo.

Dire da subito “io non so amare” fa capire quanto sia difficile per lui amare ancora la vita, dopo tutti i
turbamenti subiti (l infanzia difficile, l essere stato affidato ad una balia, l essere cresciuto senza un
padre). “ion sono fare bene che questa cosa” qui “questa cosa” indica la scrittura. Egli individua nella
scelta della scrittura, un ancora che lo ha salvato da una vita dolorosa. Vengono subito messe in risalto
due aspetti fondamentali della scrittura Sabina, il dolore e l’ amore.

Io dico l’arte
d’incider carte
di difficili versi,
che spesso stanno fra lor come avversi
nemici in campo.

Qui sceglie una metafora quasi agonistica, calcistica. Esprime la difficoltà di esprimere qualcosa in
scrittura.

Quando più dolce


la rima molce
l’orecchio, e quando pare
che della canzonetta il vago andare
segua d’amica;

“molce” = dolce

ahi che nessuno,


fuor di me e d’uno
ne sa il prezzo in dolore.
Chi beve il vino, e dell’agricoltore
sa la fatica?

Sta chiamando il lettore ad essere partecipe del travaglio che implica la semplicità in scrittore. Tu
lettore che mi ascolti, sappi che ti sento come un fratello in una condizione che è di dolore, ma ti voglio
fare sentire la mia vicinanza, siamo solidali in questo dolore “Chi beve il vino, e dell’agricoltore sa la
fatica?”.

Per questo bene


di quante pene
devo regger l’assalto!
Muovere audace, trar rapido un salto
fuor della rete.

Ardito e scaltro,

per far non altro

che la mia buona guerra,

quante forze ho d’abbatter sulla terra,

e in me secrete!
“La mia buona guerra” è la guerra di Saba di fare cogliere dell’ uomo non solo gli aspetti dell’
imbarbarimento (che Saba vive moltissimo in quanto ebreo). Questa guerra si combatte contro gli
accanimenti della storia pubblica così come della storia privata, quindi non solo una guerra contro gli insulti
che gli vengono dal esterno, ma anche una guerra contro quelle forze che gli si oppongono e che sono “in
me secrete”.

Campar la vita

Con l’infinita

Pena di rei negozi;

e dar la mia giornata per gli ozi

aspri d’un’ora.

Da un lato i latinismi (ozium, negozium) dall’ altro i termini quotidiani “campar la vita”.

E tanto in cuore

Aver d’amore

Da dire: Tutto è bello;

anche l’uomo e il suo male, anche in me quello

che m’addolora.

Ancora una volta Saba insiste sulla importanza di farsi il dolore amico attraverso la conoscenza di sé e il
ribadire che anche nel buio vi è sempre e comunque il barlume della vita. Anche nel male, nell’
annientamento vi è sempre la pulsione vitale.

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